Fondamenti epistemologici dell`Approccio Centrato sulla

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Fondamenti epistemologici dell`Approccio Centrato sulla
ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2006
Fondamenti epistemologici
dell'Approccio Centrato sulla
Persona
Giuseppe Innamorato
Introduzione
l'epistemologia (dal gr. epistéme, "scienza" e lògos, "discorso") è definibile
come "la filosofia della scienza, ossia la disciplina che studia criticamente la
struttura conoscitiva delle scienze, i caratteri generali del sapere scientifico"
(cfr. Il Dizionario Garzanti della Lingua Italiana, 1965); o ancora "quella
branca della filosofia della scienza, che studia i fondamenti, il valore, i
presupposti di validità ed i limiti delle scienze, sia «esatte» (matematica e
logica) sia empiriche (biologia, fisica, chimica, sociologia, storiografia,
psicologia)" (cfr. Abbagnano, 2003).
Il vocabolo paradigma (dal gr. paràdeigma "modello, esempio"; comp. da
para "vicino, accanto" e deikynai "indicare, spiegare") sta ad indicare un
insieme di "credenze condivise da una particolare comunità scientifica" (cfr.
Kuhn,1969, pag. 213 dell'edizione italiana).
Discutere sui fondamenti epistemologici di un paradigma scientifico
significa in sostanza analizzare criticamente quali sono le credenze e le
ipotesi alla base di un modello interpretativo della realtà.
Tali ipotesi fondanti, solitamente, non sono empiricamente verificabili
bensì rappresentano una sorta di convenzione metodologica in base alle
quale il ricercatore può formulare ipotesi passibili di verifica. Le ipotesi
fondanti di un paradigma sono definibili come postulati (o assiomi) qualora,
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all'interno di un paradigma stesso, se ne espliciti l'indimostrabilità ovvero se
ne riconosca il carattere eminentemente speculativo; viceversa, tali ipotesi
sono definibili come assunti impliciti nel momento in cui la loro
indimostrabilità rimanga tacita.1
Fine di questa tesina sarà pertanto quello di analizzare criticamente i
fondamenti epistemologici dell'approccio rogersiano al fine di individuarne i
postulati, gli assunti impliciti e la loro eventuale derivazione storica.
L'Approccio Centrato sulla Persona
Per Approccio Centrato sulla Persona (ACP) si intende l'insieme delle
ipotesi formulate da C. R. Rogers e collaboratori (1942, 1951, 1957, 1961,
1967, 1969, 1970, 1980; Rogers e Kinget, 1962) in ambito psicoterapeutico e
psicologico. Esse sono raggruppabili attraverso una classificazione
quadrupla:
•
•
•
•
ipotesi
ipotesi
ipotesi
ipotesi
riguardanti
riguardanti
riguardanti
riguardanti
la natura della scienza e della conoscenza;
la natura dell'uomo;
l'eziopatologia;
l'efficacia del la psicoterapia.
La nostra analisi non sarà effettuata differentemente per ciascuna di
queste quattro categorie, principalmente perché risulterebbe a nostro avviso
macchinoso separare il contributo che un determinato approccio
epistemologico offre al pensiero dell'A. (es. il contributo del pragmatismo si
riverbera tanto sulla concezione della scienza, quanto sulla teoria della
terapia).
Pragmatismo, Fenomenologia ed Empirismo
Questa è la concezione che Rogers ha della scienza: "Sono così giunto a
considerare sia la ricerca scientifica che il processo di costruzione di una
teoria come strumenti utili per dare un ordine interno all'esperienza
significativa. La ricerca è lo sforzo preesistente e disciplinato volto a trarre
senso e ordine dai fenomeni dell'esperienza umana" (cfr. Rogers, 1961; pag.
43 dell'edizione italiana).
In tale affermazione sono evidenti tre delle grandi influenze che hanno
caratterizzato la formazione dell'A.: il pragmatismo, la fenomenologia e
1
M. Farr, psicologo sociale, esponente della prospettiva delle Rappresentazioni Sociali,
sottolinea come alla base della formulazione delle teorie scientifiche vi siano
rappresentazioni ascientifiche della realtà, generate da un ragionamento deduttivo o per
associazioni, piuttosto che induttivo (cfr. 1993); tali rappresentazioni possono essere, per il
ricercatore, consapevoli o meno.
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l'empirismo.
Il pragmatismo è un movimento filosofico sorto negli USA alla fine
dell'Ottocento. La sua tesi fondamentale è che un concetto è valido non per
un astratto criterio di verità, ma se si dimostra utile per la vita dell'individuo
e della società.
Nel saggio Come rendere chiare le nostre idee (1878), il filosofo
statunitense C. S. Peirce (1839-1914), che per primo utilizzò il termine
«pragmatism», sostenne che il pensiero ha la funzione di produrre
«credenze», regole di azione che la filosofia deve analizzarle in base ai loro
effetti sul comportamento degli uomini.
W. James (1842-1910) (cfr. 1907), filosofo e psicologo statunitense,
riprese la tesi di Peirce e diede al pragmatismo una diffusione mondiale.
Anche J. Dewey (1859-1952), uno dei maggiori filosofi del Novecento e
autore tra l'altro di Democrazia ed educazione (1916), aderì al pragmatismo.
Egli sostenne che è possibile valutare una determinata conoscenza sulla base
della capacità che questa ha di migliorare la situazione esistente. Considerò
la storia come progresso e ritenne l'educazione il metodo fondamentale per
costruire una società sempre più democratica.
Dal pragmatismo Rogers mutua innanzitutto la convinzione della
relatività di ogni teoria, la cui validità è sempre subordinata all'esperienza
ovvero all'efficacia che un determinato modello teorico rivela
nell'interpretare la realtà2. In questo senso, la teoria rogersiana, non si pone
un fine ontologico, cioè non persegue un'ipotesi di realismo epistemologico,
bensì si propone come un metodo comprendente (cfr. Weber, 1913), ovvero
come una "mappa" che renda possibile agire sulla realtà senza la pretesa di
coglierne necessariamente l'essenza (sposando quindi
un'ipotesi
di
relativismo epistemologico3) (cfr. ancora, Feyerabend,1975).
In secondo luogo, Rogers rimane profondamente influenzato dal pensiero
di Dewey, ricavando, dalla già citata opera Democrazia ed educazione,
importanti implicazioni per quel che concerne la teoria della terapia: la
fiducia nella democrazia come schema di vita comune, aperta alla
realizzazione di forme sempre più umane di esistenza, si concretizzerà nella
progettazione di un setting terapeutico "democratico"4 in cui il paziente
2
Questa "posizione epistemologia" appare oggigiorno decisamente attuale, soprattutto se si
pensa alla svolta postmodernista che ha caratterizzato il dibattito scientifico (cfr. tra gli altri
Feyerabend, 1975; Gergen, 1985) negli ultimi trent'anni. A tal proposito il ritorno del
pensiero pragmatista, mutuato anche in Europa principalmente da Rorty (1979), può essere
interpretato come una parziale vittoria del pensiero post-moderno in psicologia e non solo,
oltre a rappresentare l'esigenza di un principio regolatore che attesti la validità di differenti
epistemologie (cfr. Krunglanski e Jost, 2003).
3
Sebbene la teoria rogersiana non possa essere considerata propriamente come un modello.
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Altro esempio di tale "ispirazione democratica" e la teorizzazione riguardante i gruppi di
incontro (cfr. Rogers, 1970), con riferimento alla mancanza di un leader ed alla libertà di
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diventerà un cliente, la cui dignità esistenziale sarà pari a quella dello
psicoterapeuta.
Rogers, in tal modo, sarà il primo a rovesciare il setting classico della
psicoterapia (sia di tipo psicodinamico che comportamentista), per quanto
riguarda la distribuzione fortemente asimmetrica del potere all'interno della
relazione psicoterapeutica; asimmetria, questa, derivante principalmente
dalla diretta filiazione della psicoterapia dalla psichiatria ottocentesca
(soprattutto in riferimento alla Psicanalisi ed a molte delle sue evoluzioni), il
fine della quale era quello di rispondere ad una domanda di controllo sociale
nei confronti della malattia mentale (cfr. Ellenberger, 1970).
In questo senso la Terapia Centrata sul Cliente5 rappresenta storicamente
il compiersi del passaggio da una psicoterapia psichiatrizzata, ad una
psicoterapia psicologizzata6.
La priorità assegnata all'esperienza come fattore alla base del processo
conoscitivo, rappresenta un esempio dell'influenza che ebbe sul pensiero di
Rogers la prospettiva filosofica denominata fenomenologia.
La fenomenologia è un movimento filosofico contemporaneo.
Storicamente la sua genesi va ascritta al filosofo tedesco E. Husserl (18591938) (cfr. 1913), che fu a sua volta fortemente influenzato dalle idee di
Brentano, il filosofo dell'intenzionalità, alle cui lezioni universitarie assistette
anche S. Freud. La fenomenologia si pone in antitesi all'obiettività del
positivismo; essa fa valere come sua parola d'ordine il "ritorno alle cose
stesse" (i dati immediati dell'esperienza interiore ed esteriore, ma anche le
oggettività di ordine più alto, come lo Stato, il diritto, l'eticità, ecc.). Il
pensiero deve sforzarsi di riviverle nel loro momento originario, mettendo da
parte ogni pregiudizio aprioristico. Se l'obiettivo è quello di cogliere il senso
della realtà, quest'ultima è sempre una realtà per l'essere umano, il quale
deve possedere gli strumenti che gli consentono di coglierla (cfr.
Abbagnano).
Il contributo che la fenomenologia offre al pensiero di Rogers per quanto
concerne la concezione della conoscenza e della scienza si sostanzia
nell'importanza che assume nella ricerca della verità il potersi fidare delle
proprie esperienze soggettive, del proprio "mondo fenomenologico" che
viene poi sottoposto al vaglio scientifico.
Il metodo fenomenologico7, nella sua accezione di antitesi al metodo
espressione dei sentimenti che viene garantita ai partecipanti..
5
La Terapia Centrata sul Cliente è la teoria della terapia dell'Approccio Centrato sulla
Persona.
E difatti, ad esempio, Rogers era uno psicologo clinico, mentre ad esempio Freud un
medico fisiologo con una tesi di laurea sul sistema nervoso dei ratti.
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Più precisamente il metodo fenomenologico può essere definito come un metodo
idiografico, il cui obiettivo è quello di catturare l'irriducibilità di un fenomeno (nello
specifico la vita psichica) dal punto di vista di chi lo epserisce, piuttosto che di individuare
relazioni deterministiche di causa-effetto (attraverso un'atteggiamento nomotetico che è
invece tipico delle scienze naturali).
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sperimentale, appartiene, seppur in modi diversi, sia alla Terapia Centrata
sul Cliente (e più in generale alle psicoterapie ad orientamento umanisticoesistenziale), quanto ad altre psicoterapie (ad esclusione di quelle di stampo
comportamentista che si caratterizzano per il rifiuto dello studio dei
fenomeni mentali), e risulta alla base della psicopatologia descrittiva (cfr.
Sims, 1992).
Da questo punto di vista, l'adozione di tale metodo nella psichiatria (la
quale può essere antesignanamente ascritta per prima a Charchot ed alla
Scuola di Nancy; cfr. ancora Ellenberger) rappresenta il punto distintivo di
quel movimento culturale che porterà alla formulazione della Psicanalisi e,
successivamente, delle altre psicoterapie, e che si caratterizza come un
tentativo di comprensione del significato individuale e soggettivo della
malattia mentale al fine di una sua guarigione, in luogo di un semplice
trattamento dei sintomi con l'obiettivo di ridurne l'impatto sociale.
Nella Terapia Centrata sul Cliente l'influenza del metodo fenomenologico
si sostanzia fortemente nella definizione del processo denominato empatia,
che consiste in una "comprensione del mondo esperienziale dell'altro, come
se si fosse l'altro" (cfr. Rogers 1957, pag. 51 della traduzione italiana), la
quale rappresenta è una delle 6 condizioni necessarie e sufficienti per
l'efficacia della psicoterapia.
L'influenza dell'empirismo e dello sperimentalismo sul pensiero di
Rogers trae origine dalla personale storia di vita dell'autore e dalla sua
passione per la botanica (come egli ben chiarisce nel I cap. di On Becoming a
Person).
L'empirismo (dal gr. empeiria, "esperienza") è un indirizzo filosofico per
il quale l'esperienza è l'origine e il solo criterio di validità di ogni
conoscenza. Esso sostiene che non esistono conoscenze innate (cioè, non
derivanti dai sensi) e che la ragione umana non può stabilire verità assolute,
ma ogni verità deve essere controllata dall'esperienza.
L'empirismo non si oppone alla ragione ma riconosce i limiti delle
possibilità umane di conoscere la verità. L'uomo deve adoperare la propria
ragione ma non pretendere di possedere verità assolute, che non tollerano
critiche: ogni teoria deve essere messa alla prova dall'esperienza (e quindi
confermata, modificata o confutata) (cfr. Abbagnano).
L'influenza dell'empirismo sul pensiero di Rogers, si riverbera nel
tentativo dell'A. di formulare una teoria che non sia un semplice insieme di
postulati indimostrabili, quanto piuttosto una serie di ipotesi
operazionalizzabili e verificabili attraverso la ricerca; a tal proposito,
l'apertura del mondo delle sedute psicoterapeutiche allo indagine empirica,
attraverso la registrazione al magnetofono del caso di Herbert Bryan, poi
pubblicato nel 1942 (in Counseling and Psychotherapy), rappresenta un
grosso credito dell'A. nei confronti della psicoterapia.
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Visione della natura umana, Psicologia
Umanistica, Esistenzialismo, M. Buber, JJ.
Rousseau, Maieutica ed Action-Research
Rogers formula una sua propria Teoria della personalità che consta di 19
proposizioni88 (cfr. 1961), la quale rappresenta esaurientemente la
concezione che l'A. elabora rispetto alla natura umana.
La visione che Rogers ha della natura umana è molto diversa da quella
degli altri due paradigmi allora imperanti nel panorama della psicoterapia, il
paradigma psicodinamico e quello comportamentista.
Freud (cfr., a titolo esemplificativo, Introduzione alla psicanalisi)
considera la natura umana in maniera deterministica e pessimistica: l'uomo,
in preda alle violente ed ancestrali pulsioni provenienti dall'Es, è condannato
all'eterno conflitto tra principio di piacere e principio di realtà; la più
auspicabile delle sue aspirazioni consisterebbe nel canalizzare il contenuto
delle sue forze inconsce in attività socialmente desiderabili, attraverso i
processi di interiorizzazione e sublimazione.
Il comportamentismo (cfr. Watson, 1913) ha della natura umana una
concezione fondamentalmente deterministica e meccanicistica: l'essere
umano è sostanzialmente "programmato" dall'ambiente attraverso i
meccanismi del condizionamento classico e operante; i comportamenti
umani sono il frutto di un apprendimento regolato da rinforzi negativi o
positivi ricevuti dall'ambiente.
La visione di Rogers si accomuna invece a quella di altri autori, quali
Maslow, Allport, May, Feifel ed altri, rappresentanti di quella che verrà
chiamata Psicologia Umanistica o "terza forza" in psicologia (in
contrapposizione, per l'appunto, all'approccio psicodinamico e al
comportamentismo).
La Psicologia Umanistica (per un quadro d'insieme si vedano: May, 1969;
De Carvalho R.J., 1990) presenta i caratteri di un movimento culturale
anziché quelli di un indirizzo teorico-omogeneo con un preciso quadro di
riferimento concettuale. Essa si sviluppa nei primi anni'60 negli Stati Uniti ed
in essa confluiscono varie espressioni della psicologia, che condividono una
Nel presente lavoro non faremo intera menzione delle 19 proposizioni; si rimanda pertanto
il lettore alla fonte originaria.
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comune ispirazione in senso lato umanistica, ed una comune
insoddisfazione per quanto vi è di riduzionismo nei paradigmi che
dominano la ricerca e la pratica psicologica del tempo.
Nel 1962 un gruppo di 125 psicologi si riunirono alla Sonoma State
College University in California, sotto la guida di Abraham Maslow, Carl
Rogers e Rollo May, per fondare l'Associazione di Psicologia umanistica
"AAHP", e di li a poco nacque sotto la direzione di A. Sutich il "Journal of
Humanistic Psychology".
Come sottolinea C. Buhler, sebbene non vi sia all'interno della psicologia
umanistica una completa unanimità il manifesto dell'AAHP si presenta con i
seguenti elementi cardinali:
• concentrazione dell'attenzione sulla persona che esperisce e quindi una
•
•
•
focalizzazione dell'interesse sulla esperienza del soggetto come
fenomeno primario nello studio dell'uomo. Tanto le spiegazioni teoriche
quanto il comportamento osservabile vengono ritenuti secondari nei
confronti dell'esperienza stessa e del suo significato per la persona;
un'accentuazione delle qualità che sono distintamente umane come la
scelta, la creatività, la valutazione e l'autorealizzazione, in opposizione al
modo d'intendere l'uomo in termini meccanicistici e riduzionistici;
un attenersi fedelmente alla significanza nella scelta dei problemi da
studiare e dei metodi di ricerca, ed una opposizione al porre
principalmente in rilievo l'oggettività a spese della significanza;
un fondamentale interesse per la dignità e il valore dell'uomo ed un
impegno inteso a sviluppare tutto il potenziale inerente ad ogni persona.
Il punto focale di questa concezione è rappresentato dalla persona in
quanto essa discopre il proprio essere e si rapporta alle altre persone e ai
gruppi sociali (Bhuler, Allen, 1972, p. 12 dell'edizione italiana).
Il sistema filosofia al quale la psicologia umanistica si riferisce più da
vicino è rappresentato dall'esistenzialismo.
l'esistenzialismo costituisce un indirizzo filosofico (e più in generale un
movimento culturale) mirante a valorizzare l'uomo e l'esistenza come modo
di essere caratteristico dell'uomo. Tale indirizzo di pensiero si afferma come
una reazione alla riduzione del singolo a mero oggetto di trattazione
scientifica. L'esistenzialismo si sviluppò soprattutto negli anni successivi alla
seconda guerra mondiale (caratterizzati dalla crisi delle certezze in seguito
alle distruzioni della guerra) con la ripresa del pensiero del filosofo danese
Kierkegaard (1813-1855). Nella sua polemica contro ogni «sistema», ossia
contro ogni filosofia sterile e totalizzante (come l'idealismo di Hegel),
Kierkegaard (cfr., 1844) aveva sottolineato l'esigenza di porre al centro
dell'analisi, la situazione esistenziale di ogni individuo ed i problemi
dell'uomo di fronte alla vita e alla morte, l'esistenzialismo si è sviluppato
secondo direttrici diverse, influenzate ciascuna da un diverso modo di
sentire il mondo. Si parla, in tal modo, di esistenzialismo ateo con M.
Heidegger (1889-1976) e J.P. Sartre (1905-1980); di esistenzialismo religioso
(più vicino alla psicologia umanistica) con Kierkegaard, Buber e K. Jaspers
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(1883-1969); di esistenzialismo positivo con N. Abbagnano. Tutte le filosofie
dell'esistenza, comunque, hanno in comune l'importanza attribuita alla
libertà. L'individuo non è predeterminato al momento della nascita ma è
artefice del proprio destino a causa delle proprie libere scelte; ogni uomo è
dunque responsabile di se stesso.
Dall'esistenzialismo gli psicologi umanisti importarono innanzitutto la
convinzione che il comprendere la natura umana debba confidare
nell'immediata esperienza dell'individuo; in secondo luogo temi tipici
dell'esistenzialismo, quali la libertà, la scelta, la decisione, la responsabilità e
l'intenzionalità dell'esistenza umana sono al centro dell'interesse degli
psicologi umanisti.
Fra i filosofi che possono essere ascritti all'esistenzialismo, M. Buber
rappresenta un punto di sicuro riferimento nel pensiero di Rogers.
Martin Buber nasce a Vienna nel 1878 e studia in svariate università
europee, annoverando fra i suoi maestri pensatori del calibro di Simmel e
Dilthey, che molto incideranno sulla sua formazione. Nel 1923 pubblicò una
delle opere più famose, lo e Tu. Buber elabora innanzitutto una prospettiva
di pensiero il cui cardine sono i temi del dialogo e della relazione: infatti, a
partire dall'idea secondo la quale l'uomo non è una sostanza, ma una fitta
trama di rapporti e di relazioni, egli è pervenuto a quella che si potrebbe
definire una sorta di relazionismo personalista. Ad avviso di Buber, il mondo
è duplice, giacché l'uomo può porsi dinanzi all'essere in due modi distinti,
richiamati dalle due parole-base che può pronunciare al suo cospetto: lo-Tu e
Io-Esso. L'Io-Esso coincide con l'ambito dei rapporti impersonali, strumentali
e superficiali con l'alterità. Ciò equivale a dire che l'Io dell'Io-Esso
corrisponde all'individuo, mentre l'Io dell'Io-Tu alla persona.
Per Buber "nessun uomo è pura persona, nessuno è pura individualità. [...]
Ognuno vive nell'Io dal duplice volto" (pag. 3 dell'edizione italiana). Agli
occhi di Buber, l'Io autentico (la persona) si costituisce unicamente
rapportandosi con le altre persone9, giacché l'Io "si fa lo solo nel Tu". Ma
asserire che la realtà umana è costitutivamente relazione equivale a dire che
essa è costitutivamente dialogo, per cui, se la dimensione dell'Io-Esso è la
superficiale dimensione del possesso e dell'avere, la dimensione dell'Io-Tu, di
contro, è la profonda ed intima dimensione del dialogo e dell'essere: lo-Tu
corrisponde all'essere, Io-Esso all'avere.
L'influenza di Buber su Rogers è profonda; testimonianza di essa ci è
data, ad esempio, dalla prima delle sei condizioni necessarie e sufficienti per
l'efficacia della psicoterapia, la quale recita: "La prima condizione specifica,
richiede che vi sia un contatto psicologico, seppur minimo. Si pone, in questo
modo, l'ipotesi che una modificazione significativa della personalità non
avvenga se non nel quadro di una relazione interpersonale". (cfr. Rogers,
1957, pagg. 51-52 dell'edizione italiana).
Parole che appaiono profondamente connesse a quelle di Buber, che di
seguito citiamo: "Lo scopo della relazione è la sua stessa essenza, ovvero il
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In questo passo appare evidente l'influenza hegeliana, per quanto riguarda la nozione di
autocoscienza che si relaziona ad altre autocoscienze (cfr. Hegel, 1807).
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contatto con il Tu; poiché attraverso il contatto ogni Tu coglie un alito del
Tu, cioè della vita eterna. Chi sta nella relazione partecipa a una realtà, cioè a
un essere, che non è puramente in lui né puramente fuori di lui. Tutta la
realtà è un agire cui io partecipo senza potermi adattare a essa. Dove non v'è
partecipazione non v'è nemmeno realtà. Dove v'è egoismo non v'è realtà. La
partecipazione è tanto più completa quanto più immediato è il contatto del
Tu. È la partecipazione alla realtà che fa l'Io reale; ed esso è tanto più reale
quanto più completa è la partecipazione" (cfr. lo e tu pag. 6 dell'edizione
italiana).
L'idea che Buber ha della relazione interpersonale appare pertanto
assai analoga all'idea che Rogers ha della relazione psicoterapeutica la
quale, per essere efficace, deve essere caratterizzata da un'accettazione
positiva incondizionata del cliente da parte dello psicoterapeuta, da
comprensione empatica del mondo esperienziale del cliente, e da uno
stato di relativa congruenza dello psicoterapeuta. Sarebbe però improprio
affermare che Rogers mutua la sua idea di relazione dall'opera di Buber in
quanto, come l'autore spesso afferma, le sue idee sono principalmente una
simbolizzazione della sua esperienza.
Coerentemente ai principi della Psicologia Umanistica, secondo Rogers la
natura umana è positiva, degna di fiducia e razionale quando gli individui
vivono in accordo con questa loro vera natura. L'uomo è un agente libero ed
è in grado di fare delle scelte, in quanto è capace di coscienza ed
autocoscienza. Ogni organismo umano ha in se una tendenza attualizzante
che lo spinge nella direzione di sviluppare quelle capacità utili a mantenere,
autoregolare ed autorealizzare l'organismo.
Questa concezione "ottimistica" della natura umana, appare per molti
versi analoga a quella elaborata dal filosofo e pedagogista ginevrino J.J.
Rousseau (1712-1778)10. Nell’Emilio o dell'educazione (1762), l'A. sostiene
che ogni uomo nasce buono e giusto, e se diventa ingiusto la causa è da
ricercare nella società che ne corrompe l'originario stato di purezza. Questo
stato originario di purezza è il cosiddetto "stato di natura", ovvero quella
condizione propria dell'uomo selvaggio che vive assecondando le sole leggi
naturali. Questi concetti vanno a definire la teoria del "buon selvaggio",
ovvero la teoria per la quale la condizione migliore di vita sia propria
solamente dell'uomo pre-civile.
Rogers afferma, in maniera per alcuni versi analoga, che l'individuo
nascerebbe in uno stato di congruenza, cioè in uno stato in cui il Sé reale e
l'identità di Sé (il Sé percepito) sono perfettamente sovrapponibili, ovvero in
uno stato in cui l'organismo è capace di valutare il suo stato in modo
efficace, ovvero è capace di simbolizzare in maniera non distorta la propria
10
Alla quale, solitamente, si contrappone, nelle antologie filosofiche del pensiero
occidentale, la visione "pessimistica" elaborata dal filosofo inglese T.Hobbes (1588-1679)
(cfr. Abbagnano).
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esperienza11; successivamente, a causa del suo bisogno di considerazione
positiva da parte di altri significativi, l'individuo introietterà una serie di
condizioni di valore, non derivanti direttamente dalla sua esperienza
organismica, causando l'insorgenza di uno stato di incongruenza; maggiore
sarà l'incongruenza, maggiore sarà la difficoltà nel soddisfare pienamente i
propri bisogni12.
La differenza principale che intercorre tra queste due concezioni (quella
di Rousseau e quella di Rogers) consiste nella accezione etica presente nella
prima (l'uomo che nasce "buono e giusto"), rispetto ad un
concettualizzazione della "bontà" nei termini di funzionalità organismica,
presente invece nella seconda.
Un'altra analogia intercorrente tra i due autori riguarda la nozione di non
direttività, caratteristica dell'approccio rogersiano.
Sempre nell'Emilio13, Rousseau sostiene che la corretta educazione deve
procedere nella direzione di intervenire in minima parte sul naturale
sviluppo dell'individuo. L'educazione deve essere passiva, non invasiva, non
deve intervenire sul naturale sviluppo dell'individuo, innatamente portato a
trovare da sé il giusto approccio ai problemi e il giusto equilibrio fra i
momenti educativi. L'educatore deve evitare all'alunno le cattive influenze
morali della società, deve incoraggiarne l'innata curiosità e predisporlo ad
una crescita spontanea, non mediata da fattori esterni degeneranti.
Come è facile notare, in Rousseau sono già presenti alcuni germi del
pensiero rogersiano, in particolare per quanto riguarda le nozioni di
tendenza attualizzante e costrutti rigidi, oltre alla già citata non direttività. E'
opportuno in ogni caso affermare che l'influenza di Rousseau su Rogers non
è, con molte probabilità, diretta; piuttosto appare plausibile che Rogers
abbia, come dire, filtrato questi contenuti, dai già citati Dewey e Buber14, oltre
11
12
Nella nona proposizione della sua Teoria della personalità.
Nella decima proposizione della sua Teoria della personalità.
13
Si ricorda che l'Emilio o dell'educazione narra la storia di un ragazzine (Emilio, appunto),
allontanato dalla società ed educato in una villa in campagna da un educatore che non
impone all'allievo alcuna visione pre-concetta indotta dalla società, ma cerca di far emergere
l'istintiva e naturale curiosità del ragazzo verso gli accadimenti naturali. Questo testo è
peraltro considerato il fondamento della pedagogia moderna.
Nel senso che l'opera di Rousseau costituisce un orizzonte imprescindibile del pensiero
occidentale, e che quindi essa sia presente nelle posizioni di molti autori anche qualora la
sua influenza non derivi da una lettura diretta dell’Emilio.
14
10
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che ad averli appresi dalla propria esperienza.
Effettuando, da un punto di vista prettamente storico, un passo indietro
di un paio di millenni, ci pare legittimo evidenziare come la nozione di non
direttività trovi il suo antecedente filosofico più antico, nella definizione che
Socrate ci fornisce della maieutica (dal greco maio "madre, levatrice" e téchne
"tecnica"). Questo termine sta a significare la tecnica per la quale, attraverso
il dialogo, le verità sedimentate nella coscienza vengono portate alla luce e
palesate dagli interlocutori con i propri mezzi in ragione dei passaggi logici
propri del discorso (cfr Abbagnano).
Ancora rispetto alla nozione di non direttività, un ultimo elemento che ci
preme sottolineare riguarda l'opera di K. Lewin (1951), con particolare
riferimento alla formulazione del modello denominato action-research.
Secondo tale approccio, l'individuo non rappresenta un soggetto isolato dal
contesto (la relazione con l'altro, il gruppo, le istituzioni, la comunità sociale)
e, come tale, ogni processo di analisi deve essere attivato in relazione al
campo psicologico del soggetto stesso, inteso come la totalità dei fenomeni
interagenti:
•
•
•
lo spazio di vita ovvero il mondo delle percezioni, dei vissuti, delle
rappresentazioni e delle conoscenze, delle emozioni e dei desideri, quali
fenomeni interni alla persona, che interagiscono con il contesto
ambientale in una relazione di interdipendenza;
lo spazio di frontiera ovvero il mondo delle interrelazioni e delle
modifiche del campo, nel quale hanno sede i "processi di azione", quale
sintesi tra il mondo soggettivo del campo e gli aspetti oggettivi delle
stesso;
l'ambiente esterno ovvero il mondo dei "fatti esterni" che non
interagiscono con il campo psicologico dell'individuo nel "qui ed ora".
Particolarmente analoga alla nozione di non direttività, risulta essere
l'ipotesi, interna all'action-research, per la quale ogni diagnosi costituisce un
intervento, nel senso che implica necessariamente un cambiamento nello
stato del sistema.
Da un punto di vista epistemologico, l'action-research trae diretta
ispirazione dalla Gestalttheorie (della quale tratteremo nel paragrafo
successivo) e dalla cibernetica di secondo ordine15 (per una trattazione di
carattere storico sugli sviluppi della cibernetica e sulle sue influenze nei
confronti dell'epistemologia, della psicologia e della psicoterapia, cfr.
Foerster, Glasersfeld, 1999). Questi approcci non influenzarono in maniera
diretta C.Rogers, piuttosto rappresentano una sorta di "humus culturale" che
ha alimentato l'evolversi della psicologia americana dagli anni '30 agli anni
'70, ed in questo senso basti pensare alle innumerevoli connessioni (senza
15
La cibernetica di primo ordine si differenzia dalla cibernetica di secondo ordine, in questi
termini:
- la cibernetica di primo ordine studia le relazioni tra gli elementi di un sistema;
- la cibernetica di secondo ordine studia in cambiamenti che la presenza di un osservatore
implica nelle relazioni tra gli elementi di un sistema.
11
ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2006
comunque dimenticare le grosse differenze epistemologiche) fra l'opera di
Rogers e i percorsi intellettuali di autori quali Bateson (1972), Watzlawick
(1967) ed altri ancora.
Olismo, Gestalttheorie, Teoria Generale dei
Sistemi e Paradigma bio-psico-sociale
Rogers parla sempre dell'essere umano come organismo: la sua è una
visione olistica che considera l'uomo come unità inscindibile di psiche e
soma.
Con il termine olismo (dal gr. "hólos, tutto, intero") si designa una teoria
della conoscenza secondo la quale i sistemi complessi (organismi biologici,
sistemi sociali e normativi) presentano caratteri che non sono presenti nei
loro singoli elementi costitutivi, per cui devono essere studiati nella loro
totalità e non in quanto somma di parti (cfr. Abbagnano).
L'adozione, per la prima volta, di una prospettiva olistica nell'ambito
della psicologia scientifica, viene storicamente ascritta alla scuola
psicologica tedesca denominata Gestalt (vocabolo tedesco che sta a
significare totalità organizzata o più semplicemente forma), che elesse i
fenomeni percettivi a suo oggetto di studio privilegiato. La Gestalttheorie si
sviluppò in Germania a partire dal 1912 dando il suo massimo contributo
negli anni '20-30 (cfr. per una trattazione storica degli sviluppo di questa
scuola, tra gli altri, Mecacci, 1992). Esponenti illustri di questa scuola furono
Max Wertheimer, Kurt Koffka, Wolfang Kòhler, e in seguito Kurt Lewin e Kurt
Goldstein. La Gestalt ha esercitato una grossa influenza sugli sviluppi della
psicologia; alcuni dei suoi esponenti, tra i quali quelli citati poc'anzi,
emigrarono negli Stati Uniti a seguito delle persecuzioni naziste,
influenzando Rogers e l'intera Psicologia Umanistica, talvolta in maniera
diretta (come nel caso di K. Goldstein, al quale ci dedicheremo poco più
avanti), talvolta indirettamente (è il caso di K. Lewin e dei suoi studi sui
gruppi16, molto vicina all'esperienza dei gruppi d'incontro, oltre alla già citata
action-research).
K. Goldstein, neurologo, nel suo lavoro The Organism (1939), formulò
una teoria sulla capacità di autoregolazione degli organismi, che rappresenta
il referente teorico più prossimo alla nozione di tendenza attualizzante. L'A.
effettuò una serie di ricerche su ex-combattenti con danni cerebrali, al fine di
studiare le capacità riorganizzative dell'organismo in seguito a traumi. Egli
giunse ad affermare che "Il comportamento è organizzato in modo da
coinvolgere sempre l'intero organismo. L'unico istinto o impulso di cui si
possa parlare nel comportamento umano è l'impulso ad interagire con
l'ambiente e a organizzare quella interazione in schemi" (p.39). Goldstein
chiamò impulso all'auto-attualizzazione questo unico vero impulso, che
organizza tutti gli altri pseudoimpulsi e comportamenti dell'organismo in
modo gerarchico.
16
Ci riferiamo all'esperienza dei T-Croup.
12
ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2006
L'adozione di una prospettiva olistica è caratteristica anche
dell'approccio sistemico. La Teoria Generale dei Sistemi (TGS) fu introdotta
da L. von Bertalanffy (1928), biologo, teorico e matematico, all'università di
Chicago dove nel 1929 diede una conferenza sulla TGS come una
metodologia valida per tutti i domini della scienza.
La TGS poggia principalmente su due assunti:
•
•
un assunto di totalità vs. additività, per il quale a) il sistema ha proprietà
diverse da quelle derivanti dalla somma delle sue singole parti, b) un
cambiamento in un qualsivoglia elemento del sistema, comporta un
cambiamento nello stato del sistema;
un assunto di circolarità vs. determinismo, per il quale non vi è più una
relazione univoca monodirezionale tra causa ed effetto, quanto piuttosto
una valutazione di processo delle relazioni intercorrenti tra gli elementi
di un sistema.
La
TGS
rappresenta
l'antecedente
concettuale
più
prossimo
del
paradigma bio-psico-sociale alla promozione della salute, che costituisce
l'orizzonte epistemologico all'interno del quale si situa l'ACP (cfr Capra,1982;
Zucconi, Howell, 2003).
Il paradigma bio-psico-sociale si contrappone al modello bio-medico (cfr.
ancora Capra, 1982). Quest'ultimo fa direttamente riferimento al dualismo
cartesiano, cioè alla distinzione operata dal filosofo e matematico francese
R.Descartes (1637) tra un mondo materiale ed oggettivo (res-Extensa) il cui
funzionamento sarebbe sottomesso ai principi della meccanica razionale, ed
un mondo soggettivo (res-Cogitans) la cui natura sarebbe al di fuori del
dominio dell'indagine scientifica. Coerentemente a questa premesse, il
modello bio-medico sposa quindi degli assunti di meccanicismo, per il quale
il funzionamento del corpo umano viene interpretato alla stregua di una
macchina, e di riduzionismo, assecondando l'ipotesi di senso comune per la
quale la realtà microscopica è più facilmente comprensibile di quella
macroscopica. Nel modello bio-medico pertanto, la persona, l'organismo, il
corpo umano, vengono visti come un insieme di piccole parti analizzabili
l'una separatamente dall'altra, insensibili all'influenza di fattori psicologici
(ascrivibili alla rex cogitans, e quindi esclusi dall'indagine scientifica).
Il paradigma bio-psico-sociale, rompe i presupposti del modello biomedico. Secondo la nuova prospettiva lo stato di salute di una persona, e
quindi l'identità stessa di una persona, può essere vista come l'effetto
dell'interazione di numerosi fattori:
•
•
•
biologici: fattori genetici, aggressioni di virus, batteri, etc.
psicologici: credenze, attitudini, comportamenti etc.
sociali: livello d'istruzione, censo, classe sociale, tipo di lavoro, tipo di
società in cui si vive, etc.
Cade pertanto il principio deterministico della relazione biunivoca tra
effetto e causa singola: salute e malattia vengono considerate come le
13
ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2006
risultanti di un processo all'interno del quale le variabili biologiche,
psicologiche e sociali interagiscono.
In conseguenza di ciò il campo della salute diviene interdisciplinare: oltre
alla medicina varie discipline, come la biologia, la psicologia, la sociologia,
l'economia e la politica concorrono a formulare le ipotesi e le conseguenti
politiche della salute.
Un progetto di ricerca
A conclusione di questo lavoro, vogliamo qui di seguito presentare un
progetto di ricerca, nella consapevolezza, "profondamente rogersiana", che
ad una simbolizzazione cognitiva dell'esperienza (in questo caso trattasi di
una esperienza di tipo culturale, quale la frequentazione di una scuola di
specializzazione e la lettura di alcuni testi, ma non solo) possa (e debba) far
seguito una indagine empirica che si proponga di verificare le ipotesi
formulate.
La presente trattazione ha avuto, come si sarà sicuramente notato, un
carattere storico; quella che si sta proponendo è dunque un'indagine di tipo
storiografico.
La tradizione storiografica, e più in generale il "racconto storico" (cfr.
Braudel, 1980) ha una storia antica nella cultura occidentale, e si è evoluta da
forme metodologicamente molto libere, quali ad esempio i miti e le leggende,
fino ad alcune delle forme attuali, caratteristica delle quali è quella di
garantire alla comunità scientifica requisiti di rigore metodologico e
replicabilità, attraverso l'ausilio della documentazione e della statistica.
a) Inquadramento teorico generale della ricerca
La tecnica d'indagine che presenteremo è inscrivibile nella prospettiva
delle Rappresentazioni Sociali (RS) (cfr. Moscovici, [1961/76]), ed in
particolare in quelli sviluppi delle RS che hanno accolto l'influenza del
cosiddetto Approccio Retorico Discorsivo in Psicologia Sociale (cfr. Billig
1987; Mazzoleni, 2003).
La metodologia che utilizzeremo è stata messa a punto da Sensales e
coll., in ricerche ancora in corso e quindi non pubblicate, inerenti la storia
della psicologia sociale.
b) Obiettivi
L'obiettivo della ricerca sarà quello di studiare, attraverso un analisi
degli abstract delle pubblicazioni di C. R. Rogers, l'universo lessicale
rappresentativo del suo pensiero e la sua evoluzione nel corso degli anni,
attraverso:
-b1. un analisi descrittiva che permetta di individuare il dizionario dei
termini lessicali utilizzati da Rogers negli abstract con relativa frequenza, sia
ad un livello sincronico che ad un livello diacronico;
14
ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2006
-b2. l'individuazione dei Nuclei Lessicali Stabili, cioè di quelle parole
significativamente caratteristiche di un determinato anno o intervallo di
tempo;
-b3. l'individuazione di eventuali dimensioni latenti individuate dall'Analisi
delle Corrispondenze Multiple (ACM) (cfr. in proposito Ercolani, Areni,
Mannetti, 1998), con attenzione alla dislocazione sul piano fattoriale della
variabile relativa all'anno (o al periodo) di pubblicazione.
-b4. un confronto tra i risultati emersi e i contenuti della letteratura
storiografica inerente l'approccio rogersiano.
c) Metodologia e tecniche di analisi dei dati
c1. I casi di questa ricerca, come si è già affermato in precedenza, saranno
costituiti dagli abstract delle pubblicazioni di Rogers. Ci si riserva (data
l'enorme bibliografia dell'autore) di operare più in là una scelta rispetto alla
popolazione e al campione.
c2. La procedura sperimentale si articolerà nel modo seguente:
c2.1. gli abstract, qualora non siano già presenti in formato elettronico,
saranno scannerizzati. Su di essi verrà effettuata una "pulizia" che eliminerà
la punteggiatura, gli articoli, le esclamazioni e le preposizioni;
c.2.2. i testi così ricavati verranno immessi nel programma statistico SPAD-t17
(cfr. Lebàrt, Morineau, Bècue, 1989);
c.2.3. l'unità d'analisi sarà rappresentata dalla singola unità lessicale;
c.2.4. la procedura Equivalence permetterà di accorpare le forme lessicali
simili (quali ad es. singolare/plurale, maschile/femminile, olismo/olistico
etc.);
c.2.5. la procedura Setex, permetterà di evidenziare il dizionario di tutte le
parole prodotte (punto b 1. degli obiettivi);
c.2.6. successivamente si individueranno, attraverso l'utilizzo della tappa
Mocar, i nuclei lessicali stabili descritti dal differente periodo di
pubblicazione (punto 02 degli obiettivi);
c.2.7. si individueranno infine, attraverso l'utilizzo delle tappe Aspar e Posit,
le dimensioni latenti all'universo lessicale (punto b3 degli obiettivi) ed il
relativo piano fattoriale.
c. 3. Procedure di analisi dei dati
La tappa Mocar permette di effettuare un'analisi differenziale per
l'individuazione delle unità lessicali tipiche di uno specifico periodo di
pubblicazione; essa è condotta in funzione delle frequenze lessicali
all'interno dei periodi stessi. Una unità lessicale sarà considerata tipica di un
periodo di pubblicazione, quando vi comparirà con una frequenza interna
significativamente diversa da quella globale (p<0.05). La significatività delle
17
II software SPAD-t è stato realizzato per permettere l'elaborazione statistica di dati
qualitativi.
15
ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2006
differenze sarà valutata in base ad un confronto tra la frequenza dell'unità
lessicale in un determinato periodo di pubblicazione e la frequenza che tale
unità lessicale avrebbe in base all'ipotesi di distribuzione casuale (test chi
quadro).
L'Analisi delle Corrispondenze Multiple è una tecnica di tipo fattoriale
per l'elaborazione di dati qualitativi; per una trattazione esaustiva della
stessa, data la complessità, rimandiamo il lettore ad un altro testo (Ercolani,
Areni, Mannetti, 1998).
Qui ci basterà dire che essa segue una logica del tutto analoga all'Analisi
delle Componenti Principali.
Un'ultima annotazione riguarda il fatto che le percentuali di varianza
spiegata dalle soluzioni fattoriali saranno calcolate addizionando alla
varianza spiegata singolarmente da ciascun fattore il contributo inerziale
dell'asse stesso, stimato attraverso l'utilizzo della formula ottimista di
Benzecri18 (cfr. Ercolani, Areni, Mannetti, 1998).
18
La formula ottimista di Benzecri rivaluta il contributo inerziale dei fattori alla spiegazione della
varianza. Con questo metodo si tiene conto solo degli autovalori di entità "non trascurabile": se λi =
autovalore del fattore i, e p= numero delle variabili, si considerano solo gli autovalori fino a λs, laddove
λs > 1/p; si trasformano quindi i λi in:
λ’i = (λi - l/p) ^2
La varianza totale si ricalcola sommando i λ’i per i che va da 1 a s e si rapporta ciascun λ’ i a questo
nuovo totale:
s
λi / Σ λi
16
ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2006
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