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La variabile Dio p. 003 LA VARIABILE DIO IN COSA CREDONO GLI SCIENZIATI? UN CONFRONTO TRA GEORGE COYNE E ARNO PENZIAS di RICCARDO CHIABERGE Un invito alla lettura La variabile Dio p. 004 P R O P R I E T À LE TT ERAR IA R IS ER VAT A Longanesi & C. F 2008 – Milano Gruppo editoriale Mauri Spagnol www.longanesi.it ISBN 978-88-304-2556-9 È vietata la riproduzione se non per uso personale La variabile Dio p. 005 L A V A R I A B I L E D I O La variabile Dio p. 006 a Sandra La variabile Dio p. 007 1. Arizona. Pellegrini a Mount Graham 7 1 ARIZONA. PELLEGRINI A MOUNT GRAHAM Leggenda vuole che avesse cavalcato giorni e giorni in solitudine tra distese di cactus, sfidando il clima torrido, l’arsura del deserto, gli assalti dei puma e dei coyote. Con il fiuto dell’esploratore e la diligenza del cartografo, prendeva nota di ogni pozza, ogni canyon, ogni traccia di fiume sotterraneo. Finché un giorno del 1692, risalendo il letto arido del Rio Santa Cruz, giunge stremato in una valle ombrosa. Pare un miraggio: c’è una fonte di acqua fresca e un villaggio abitato da una tribù di indiani papago, che accolgono il forestiero, lo dissetano e lo rifocillano. Incredulo, padre Eusebio Chini alza gli occhi ai monti boscosi che sovrastano il pueblo, e non può fare a meno di pensare al suo Trentino. Salpato nel 1678 da Genova con altri diciotto gesuiti, aveva attraversato il Messico per raggiungere la Bassa California e l’Arizona. Una specie di cow-boy in tonaca al servizio del viceré di Spagna. Ovunque passava, nelle sue spedizioni Francisco Kino (come era stato ribattezzato dagli spagnoli) lasciava dietro di sé scuole, missioni, conventi per ampliare il raggio della cristianità. Ma portava anche utensili e sementi alle popolazioni indigene per insegnare loro a coltivare la terra e costruire abitazioni più solide, e si La variabile Dio p. 008 8 La variabile Dio batteva contro i proprietari terrieri che avevano ridotto i nativi in schiavitù per farli lavorare nelle miniere di argento. Il pueblo dei papago si chiamava Stjukshon, o Chuk Shon (« il villaggio della primavera ai piedi della montagna nera »). Gente mite e sedentaria, dedita all’agricoltura, tutt’altra pasta dai cacciatori guerrieri comanche o apache. Oggi Chuk Shon è diventata Tucson, una città di oltre mezzo milione di abitanti. Qualche negozietto ancora ti vende collanine e braccialetti di artigianato dei native americans, ma sono ben altre tribù, artisti, musicisti, neuroscienziati, biologi e informatici, a presidiare il territorio. E soprattutto astrofisici: perché nessun cielo è più cristallino e scintillante di quello dell’Arizona. I lampioni stradali hanno uno schermo speciale che smorza l’inquinamento luminoso, e il vicino Kitt Peak è costellato di decine di osservatori e di casette con su scritto DAY SLEEPERS!, per invitare i gitanti a non turbare il sonno di chi ha vegliato fino a notte fonda con l’occhio al telescopio o al terminale. A padre Chini – che ha pure una statua nel Campidoglio di Washington, tra i fondatori dello Stato dell’Arizona, – era intitolata, fino a qualche anno fa, la residenza dei gesuiti a Tucson. Adesso il Vaticano ne ha costruita una nuova e più confortevole per la sua équipe di astronomi, al 2017 di East Lee Street, a poca distanza dall’università. È qui che ci siamo dati appuntamento, un sabato di novembre. Affratellati dall’età, dagli studi e dagli astri (reali e metaforici), i nostri due pellegrini non si erano mai in- La variabile Dio p. 009 1. Arizona. Pellegrini a Mount Graham 9 contrati. Avevano scelto entrambi l’anno peggiore per venire al mondo – il 1933, proprio mentre Hitler saliva al potere. E nei decenni successivi al diluvio il Nobel ebreo scampato alla Shoah e il gesuita astronomo del papa avrebbero percorso due strade parallele, all’insaputa l’uno dell’altro, sulle sponde opposte dell’Atlantico. Quando, scolaretto nella pacifica Baltimora, muoveva i primi passi della sua educazione religiosa e scientifica, George Vincent Coyne era completamente all’oscuro della tragedia che si stava consumando in Europa, e che avrebbe potuto troncare troppo presto l’avventura terrena del suo coetaneo Arno Allan Penzias, come successe a sei milioni di altri come lui, colpevoli soltanto di essere nati sotto la Stella di David. Ci sono voluti settantacinque anni perché queste due straordinarie vite parallele, questi due ingegni sfavillanti si incrociassero finalmente un giorno a Tucson, Arizona. Chi scrive non ha dovuto faticare molto per realizzare il corto circuito. È bastato uno scambio di email, la proposta di un tema assai più spinoso dei cactus, ma proprio perciò giustamente intrigante – i rapporti tra scienza e fede – perché entrambi accettassero di slancio l’invito. È stato padre George a suggerire di vederci lı̀, non lontano da quell’osservatorio di Mount Graham che è l’orgoglio dell’astronomia vaticana, dotato degli strumenti più all’avanguardia, e meta di studiosi (cattolici e no, atei e credenti) da ogni parte del mondo. Sono appena due ore di volo da San Francisco, e Penzias non ha sollevato obiezioni. La variabile Dio p. 010 10 La variabile Dio Quando ho suonato alla porta del 2017 di East Lee Street l’atletico gesuita è corso ad aprirmi, T-shirt e scarpe da tennis, e mi ha subito buttato le braccia al collo e baciato sulle guance, come fossi un vecchio amico. Alle sue spalle, la figura allampanata di Arno, in maniche di camicia, nervosamente gioviale come sempre, negli occhi appuntiti e mobilissimi una vaga espressione di rimprovero. Non ero in ritardo, ma lui era già lı̀ da un quarto d’ora e cominciava a scalpitare. Cosı̀, senza tanti convenevoli ci siamo avviati verso l’appartamento di Coyne, in fondo al portico ombreggiato da una pergola di fiori gialli – mi spiegheranno poi che sono « artigli di gatto » (Uncaria tomentosa), una pianta medicinale rampicante usata dagli indiani per la cura dell’artrite e di altre malattie. Lo studio di padre George è in realtà una celletta monastica, tavolino, computer, scaffale con pochi libri di astrofisica. Lı̀ abbiamo trascorso molte ore a parlare a ruota libera, di Big Bang e di ateismo, di evoluzione e creazione, di ebraismo e cristianesimo, in una penombra claustrale, mentre fuori il giardino ardeva sotto il sole giaguaro tra ronzii di calabroni e frullare di colibrı̀, e ogni mattina il tassista mi raccontava di avere avvistato qualche cucciolo di puma, un coyote, un uccello corridore come quelli dei cartoon o un branco di pecari, che da queste parti chiamano havelinas. Abitanti furtivi di una natura primigenia, impassibile davanti all’avanzata delle highways, dei campi da golf e dei « resort » esclusivi: quale cornice migliore per una discussione sulla creazione e le origini della vita sulla Terra? La variabile Dio p. 011 1. Arizona. Pellegrini a Mount Graham 11 Come regista dell’incontro mi aspettavo un compito arduo, dover dirigere un duetto di voci stridenti: lo scettico razionalista contro il teologo, l’eloquio accidentato, ellittico e folgorante di Penzias contro quello suadente e morbido, da predicatore, di padre Coyne. Eppure, quasi per incanto, dopo un primo rapido scambio di battute, i due ragazzi del ’33 avevano già trovato l’intonazione giusta, recitavano ciascuno a meraviglia la propria parte. E, nonostante la diversità delle loro storie e del background culturale e religioso, in quasi otto ore di conversazione non c’è stato un solo momento di frizione o di ostilità. Dissensi, molti, divergenze di punti di vista, continue, ma sempre rimarcate senza alzare la voce e senza pronunciare condanne, anatemi o parole aspre l’uno verso l’altro. Tutto l’opposto di quel clima di crociata e di muro contro muro che sembra dominare da qualche anno intorno a questi temi. I due viandanti di Tucson portano sulle spalle bagagli differenti, esperienze di vita e di ricerca che li hanno profondamente segnati. Arno Penzias ha lavorato per trentasette anni ai Bell Labs, dove insieme a Bob Wilson ha scoperto quasi per caso la radiazione cosmica di fondo, una breccia nei misteri del Big Bang che è stata premiata con il Nobel per la fisica nel 1978. Negli anni più recenti è diventato un uomo d’affari, un cacciatore di talenti a Silicon Valley. Ha partecipato alla febbre della New Economy proteggendosi con l’antipiretico di un sano scetticismo: come potevano sbancare il Nasdaq con quotazioni galattiche imprese che non La variabile Dio p. 012 12 La variabile Dio producevano altro che idee di business di cui era arbitrario stabilire il valore monetario? Elenchi o indirizzari online, siti di shopping virtuale, motori di ricerca per navigare su Internet... Ma la sua aspirazione è sempre stata quella di aiutare altri a dare forma a nuove idee e a ricavarne profitto. Via via questa sua attività di seminatore d’innovazione si è consolidata in una società di venture capital, la NEA (New Enterprise Associates), che investe nelle aziende che di volta in volta giudica più promettenti, in prevalenza nel campo delle telecomunicazioni. Un salto notevole, per uno scienziato che ha trascorso buona parte della propria vita scandagliando gli spazi siderali. Dalle stelle alle startup, dalle molecole intergalattiche ai microchip, dalle radiazioni cosmiche alle frequenze dei cellulari. E più di recente, alle energie alternative, al fotovoltaico in particolare. Attività solo in apparenza distanti, perché accomunate da un obiettivo: la creatività, l’invenzione. Anche padre Coyne è reduce da una svolta cruciale. Nel 2006 ha lasciato un incarico prestigioso, quello di direttore della Specola vaticana, l’osservatorio astronomico della Santa Sede (lo aveva chiamato nel 1978 Giovanni Paolo I, il papa che regnò poco più di un mese, ed era stato confermato da Wojtyla). Per più di trent’anni si era diviso tra Castelgandolfo e Tucson, aveva partecipato attivamente alla commissione papale su Galileo e a quella su Darwin, proseguendo nel contempo le sue ricerche sulle galassie a spirale di Seyfert e sulle « variabili cataclismiche », sistemi stellari binari che emettono intensi lampi di radiazione. Prima di ri- La variabile Dio p. 013 1. Arizona. Pellegrini a Mount Graham 13 tornare in campo come presidente e fund-raiser, collettore di finanziamenti per gli osservatori vaticani, si è concesso un sabbatico, o meglio, un lungo e impegnativo ritiro spirituale. Ha fatto il viceparroco a Raleigh, North Carolina, una comunità di quattromila famiglie cattoliche. Per un anno è stato accessibile solo ai fedeli della chiesa di San Raffaele Arcangelo, che ogni domenica avevano il privilegio di ascoltare sermoni ricchi di citazioni e riferimenti colti, dove Bibbia e Vangelo si intrecciavano a filosofia e storia della scienza. Una parentesi faticosissima (un giorno scrisse a un amico: « Oggi ho fatto più battesimi che in tutta la mia carriera di prete ») ma anche una boccata d’ossigeno salutare, dopo decenni di lavoro scientifico e di defatiganti diplomazie nei corridoi della Curia romana. E cosı̀, eccoli seduti uno di fronte all’altro, i due fratelli separati Arno e George, con un registratore digitale sul tavolo e una brocca di acqua gelata per rinfrescarsi ogni tanto la gola. La prima domanda non può che riguardare le loro biografie, l’educazione ricevuta, il loro personale rapporto con la spiritualità e la religione. E qui subito affiora una differenza invalicabile: mentre per Coyne l’incontro con Dio è stato il risultato di una « chiamata », e ha avuto fin dall’inizio un contenuto affettivo emozionale, come verso una figura paterna, Penzias, che non crede in un Dio antropomorfico, non riesce a separare la religione dalla Storia, con la S maiuscola, dalla memoria marcata a fuoco sulla sua pelle dal nazismo e dalle persecuzioni razziali. « Sono La variabile Dio p. 014 14 La variabile Dio nato – racconta – il 26 aprile 1933, lo stesso giorno in cui fu costituita la Gestapo. Infatti ho due certificati di nascita: uno con la svastica e l’altro senza, redatto dall’impiegato qualche ora prima. » Di famiglia numerosa – il padre aveva nove fratelli e sorelle – il piccolo Arno cresce circondato da zie e cugini. La madre, cattolica bavarese, per amore si era convertita al giudaismo, senza immaginare quanto le sarebbe costata cara questa scelta. Il nonno paterno era stato tra i fondatori di una piccola sinagoga incastrata tra le case di Monaco da una comunità di ebrei polacchi. Sopravvissuta miracolosamente alla notte dei cristalli e alle persecuzioni, qualche anno fa è stata riaperta dopo i restauri, e alla cerimonia ha presenziato anche Arno. Insieme a lui il vescovo di Monaco, un certo Joseph Ratzinger. Ricorda ora il premio Nobel: « Ci andavo da bambino, e correvo tutto il tempo su e giù dalla balconata, dove sedeva mia madre, al piano di sotto dove si riunivano i maschi della congregazione, tra cui mio padre. Sono abbastanza sicuro che non partecipavamo ai riti settimanali di Shabbath, e ricordo soltanto le cerimonie delle Grandi Festività (Rosh Hashonah e Yom Kippur) all’inizio di autunno. Per qualche settimana, quando avevo cinque anni, mi iscrissero a una scuola ebraica. Mi bastò per imparare che c’era qualcosa in noi che ci rendeva diversi dai tedeschi intorno a noi e dai bambini che dovevano strillare Sieg heil! ogni giorno, in quelle uniformi sgargianti ». Poi venne il giro di vite del Reich. Nel 1938 i Penzias furono selezionati insieme agli altri ebrei con pas- La variabile Dio p. 015 1. Arizona. Pellegrini a Mount Graham 15 saporto polacco. Caricati su un treno per la Polonia, mancavano poche ore al confine quando inaspettatamente furono rispediti a Monaco. Erano tra gli ultimi arrivati, e nazisti e fascisti polacchi dovevano aver raggiunto qualche accordo in extremis. « Se avessimo proseguito il viaggio – dice Arno – io e tutta la mia famiglia saremmo stati lasciati in un campo all’aperto e saremmo morti assiderati come toccò a metà dei deportati. Tutti gli adulti erano felici e sollevati, ma io cominciai a intuire che c’erano delle brutte cose che sfuggivano al controllo dei miei genitori, qualcosa che aveva a che fare con l’essere ebrei. Appresi anche che tutto sarebbe andato bene se solo fossimo potuti andare in America. » Nel novembre del ’38 la macchina dell’Olocausto si è ormai messa in moto, e in un sobborgo di Monaco il lager di Dachau prende a lavorare a pieno ritmo. I treni tornano ogni giorno dal campo con il loro carico di prigionieri rilasciati alla spicciolata, ma anche con un certo numero di cadaveri: vivi e morti vengono riconsegnati alla comunità ebraica della città. Il padre di Arno è uno dei volontari addetti a questo servizio, e capisce cosı̀ molto presto come funzionano i lager. La voce di Penzias si incrina, mano a mano che entra nel vivo del racconto, la sua espressione si incupisce: « Era chiaro che non ci restava molto tempo per fuggire. Nella tarda primavera del ’39, poco dopo il mio sesto compleanno, i miei genitori misero i loro due bambini, mio fratello e io, su un treno per l’Inghilterra: ognuno aveva una valigia con le sue iniziali e un La variabile Dio p. 016 16 La variabile Dio sacchetto di caramelle. Mi dissero di stare tranquillo e di badare al fratellino più piccolo. Ricordo che quando il treno si mosse dal binario, gli dissi Jetzt sind wir allein (adesso siamo soli) ». Non certo un grande incoraggiamento, la semplice presa d’atto della realtà. In quella frase c’è già tutto il pragmatismo di Arno. Frau Penzias dovrà attendere ancora un mese il suo permesso di espatrio, appena qualche settimana prima dello scoppio della guerra. E subito raggiunge i figli in Inghilterra. Quanto al padre, è internato in un campo per stranieri e riabbraccerà solo più tardi il resto della famiglia. Racconta ancora Penzias: « L’altro avvenimento degno di nota nei circa sei mesi trascorsi in Gran Bretagna in attesa di un passaggio per l’America, mi capitò una mattina in un’improvvisata aula scolastica. In quel momento, di colpo mi resi conto che riuscivo a leggere la pagina del testo inglese che stavo guardando ». A dicembre, finalmente, si salpa su un mercantile delle linee Canard con un cannone da tre pollici sul ponte di poppa per tenere a bada i sottomarini nemici. « Prima di partire mio padre ebbe l’accortezza di insegnarci la preghiera Shema Israel. La si recita quando si è in pericolo e voleva essere sicuro che se fossimo morti in mare avremmo prima pronunciato quelle parole sacre. » La famiglia Penzias sbarca a New York nel gennaio del 1940. E inizia faticosamente una nuova vita. I bambini a scuola, i genitori alla ricerca di un lavoro. La migliore chance è quella di diventare « Super » (cioè soprintendenti di un condominio, un modo elegante La variabile Dio p. 017 1. Arizona. Pellegrini a Mount Graham 17 per dire portinai). Col tempo, la mamma troverà un impiego da sarta in una fabbrica tessile, mentre papà riuscirà a piazzarsi come falegname al Metropolitan Museum. E la religione, in tutto questo? « Una volta stabiliti a New York, la mia famiglia riprese la pratica presso una locale sinagoga conservatrice, ben diversa da quella ortodossa che avevamo frequentato in Germania. Una delle principali differenze era che le donne sedevano insieme agli uomini durante le cerimonie. Al compimento dei dieci anni, mi iscrissi alla scuola ebraica della sinagoga per prepararmi al Bar Mitzvah, che fu celebrato tre anni dopo, al mio tredicesimo compleanno. Mi chiamarono a un rito di Shabbath e partecipai alla lettura della Torah di quella settimana. Come parte della mia preparazione al Bar Mitzvah, mi insegnarono a usare i tefillin (due piccole scatole di legno che contengono versetti della Bibbia) che gli ebrei ortodossi si legano sulla fronte e su un braccio durante le preghiere del mattino. Per la maggior parte della mia adolescenza ho seguito questa pratica, benché non fossi (e più probabilmente, proprio perché non ero) un ebreo ortodosso. Era il mio modo di affermare il mio essere ebreo, qualcosa che nessuno di quelli della mia gente che erano morti in Europa poteva fare per se stesso. Poi, crescendo, ho sostituito la recitazione giornaliera della preghiera con altre forme di identificazione, diventando alla fine membro attivo di una vivace congregazione conservatrice quando mi stabilii in una piccola città del New Jersey a qualche miglio dai Bell Labs di Holmdel. » La variabile Dio p. 018 18 La variabile Dio Per tutto il racconto di Arno, il gesuita è rimasto inchiodato sulla sedia ad ascoltarlo in silenzio, preso dalla descrizione di un mondo e di una religiosità cosı̀ affascinante e al tempo stesso cosı̀ irriducibilmente aliena dalla sua, per quanto strettamente legata alle origini del cristianesimo e fondata sullo stesso Libro. Una religione fatta più che di dogmi o articoli di fede di riti, di comportamenti, di regole osservate con scrupolo. Quando viene il suo turno, Coyne esordisce con una mitragliata di domande. « La prima cosa che sempre mi viene in mente è che noi scienziati e le persone che entrano in contatto con noi sanno cos’è la scienza. La religione è un’idea molto ambigua. Cosa significa la religione? Andare in chiesa? O in sinagoga? Significa seguire certi insegnamenti? Significa fare cose buone? O cose cattive? Ciò che viene definito bene o male non è frutto di una convinzione personale ma forse di quello che mi hanno insegnato? O quello che mi hanno insegnato diventa parte delle mie convinzioni personali? Io contrappongo la religione alla fede. Per me la fede è la cosa principale. È il rapporto con Dio. Il senso migliore della religione discende da quello. È l’implicazione pratica del mio rapporto con Dio. Un’altra ambiguità riguardo alla religione è il numero di culti, congregazioni, perfino all’interno della Chiesa cattolica. Ricordo una barzelletta che mi hanno raccontato: ’Sapete quali sono le tre cose che neppure Dio conosce? La prima è cosa stia pensando un gesuita, la seconda quanto denaro posseggano i frati francescani, la terza quante congregazioni di suore esistano La variabile Dio p. 019 1. Arizona. Pellegrini a Mount Graham 19 nella Chiesa cattolica’. » Via, padre George, non liquidi la questione con una facezia. Ci racconti piuttosto qual è stata la sua educazione spirituale. « Sono nato in una famiglia cattolica di nove figli, una tradizione molto differente da quella di Arno, e profondamente radicata in me. La mia famiglia era molto semplice. Nessuno dei miei genitori aveva fatto le scuole superiori. Solo due di noi ragazzi eravamo andati al college. A quello stadio la religione non era un’impresa intellettuale, né lo è mai stata essenzialmente. Era soltanto profondamente incisa nella mia personalità. Come la maggior parte degli adolescenti, ebbi la mia fase di ribellione. Avevo ricevuto dalle suore un tipo di insegnamento molto irreggimentato. Poi fui iscritto alla High School dei gesuiti. » È lı̀, in quella scuola, che nel giovane Coyne si accende la vocazione. Ma la scintilla decisiva non gli viene tanto dalla dottrina, quanto dall’umana simpatia e dall’ammirazione per i docenti. « Posso dire in tutta onestà, guardandomi indietro, che fu una sorta di vero e proprio culto degli eroi. Io diventai gesuita perché gli insegnanti erano tredici giovani, non ancora ordinati sacerdoti, che stavano facendo il loro tirocinio seminariale. Si spaccavano la schiena giorno e notte facendo lezioni, correggendo esami, svolgendo attività extracurricolari, tennis, teatro e tutto il resto. Un sabato, eravamo fuori dal nostro liceo nei sobborghi di Baltimora; stavamo costruendo un palcoscenico per uno spettacolo teatrale e cinque o sei di questi giovani gesuiti stavano lavorando con noi. A un certo punto ci La variabile Dio p. 020 20 La variabile Dio dicono: ’Ragazzi, se volete continuare a lavorare, potete farlo’. Il sabato a mezzogiorno i gesuiti dovevano pregare. Cosı̀ siamo entrati di soppiatto nella loro residenza, abbiamo sbirciato dentro e accidenti, loro erano proprio lı̀ nella cappella a pregare. Ma ci rimasero non più di cinque minuti. Dopodiché lasciarono la cappella e noi lı̀ a domandarci cosa avrebbero combinato in quel sabato. Ed ecco arrivare tre station wagon, saltano fuori canestri da picnic e un paio di casse di birra e Coca-Cola, li mettono nel bagagliaio e via verso le montagne o il mare o dovunque stessero andando. Perché racconto questo? Quello che mi impressionò è che le intere esistenze di quei giovani erano dedicate agli altri, a lavorare per gli altri, in questo caso per noi studenti. Ma quando volevano rilassarsi, distendersi, lo facevano insieme, come se fossero una famiglia, e questo è quello che intendo per culto degli eroi. Per me è un modo magnifico di vivere. » Un senso, più che di comunità, di fratellanza, che Coyne ha ritrovato alla Specola di Castelgandolfo e qui nell’osservatorio di Mount Graham. « Ognuno di noi – dice – lavora in un’area differente. Bill Stoeger si occupa di cosmologia e relatività generale, Chris Corbally di evoluzione stellare, io di variabili cataclismiche. José Funes, l’attuale direttore della Specola, di struttura galattica. Tutti facciamo cose diverse. Eppure ci sentiamo uniti come una vera famiglia. » Una strana famiglia di sacerdoti in T-shirt e scarpe da tennis, che sta sveglia di notte a scrutare il firmamento con uno specchio, preparato in un forno rotan- La variabile Dio p. 021 1. Arizona. Pellegrini a Mount Graham 21 te, tra i più avanzati del mondo, e che attraverso i monitor e l’elaborazione elettronica ottiene immagini ad altissima risoluzione anche di oggetti poco luminosi. Il VATT, come si chiama in sigla l’osservatorio vaticano, inaugurato nel settembre del 1993, ha trovato il generoso sostegno dei cattolici americani, che hanno raccolto tre milioni e mezzo di dollari per la sua realizzazione, ma ha anche dovuto superare scogli e opposizioni di ogni genere. Cominciarono gli ambientalisti preoccupati per la sorte dello scoiattolo rosso, una specie ritenuta in via di estinzione tanto da essere protetta da una legge ad hoc. Tutti quei redwoods tagliati per fare spazio agli osservatori, tutto quel via vai di camion e fuoristrada, su e giù per le sterrate di Emerald Peak, avrebbero limitato e forse distrutto per sempre il suo habitat. Per giunta con la benedizione del papa, che dovrebbe francescanamente rispettare ogni forma di vita. Quando il Congresso degli Stati Uniti respinse queste obiezioni, approvando una legge che dava il via al progetto, e nell’88 il presidente Reagan vi appose la sua firma, i Verdi passarono al contrattacco con un nuovo alleato: gli indiani apache. « Mount Graham – sentenziarono i capi pellirosse – è sacro agli spiriti della montagna, i visi pallidi non possono profanarlo. » La legge era dunque incostituzionale. La corte Suprema respinse il ricorso, e i lavori proseguirono. Ma gli apache non si diedero per vinti: una loro delegazione andò in Vaticano, e chiese di essere ricevuta da Wojtyla. Non era lui il papa amico dei nativi americani, quello che si era fatto fotografare con un copricapo La variabile Dio p. 022 22 La variabile Dio di piume? E perché ora osava violare uno spazio sacro? Mica gli indiani pretendono di costruire osservatori sulle cupole delle chiese di Roma... Già fatto da secoli! obiettò qualcuno. E le porte del Vaticano rimasero chiuse. Poco tempo dopo, l’università dell’Arizona riuscı̀ a mobilitare altri indiani della riserva, favorevoli al progetto degli « uomini dagli occhi lunghi » che, dopotutto, avrebbero offerto posti di lavoro anche ai membri della tribù. E lo scoiattolo rosso? Pare che grazie alle recinzioni che tengono lontani i cacciatori non solo non si sia estinto, ma si riproduca in letizia, saltellando di ramo in ramo all’ombra delle cupole aperte sulle stelle. Riconciliati con le creature del bosco e gli spiriti della montagna, torniamo all’esperienza religiosa di Coyne. « Dal punto di vista biografico – riprende il gesuita astronomo – posso dire che la religione, pur con tutte le ambiguità, è una parte davvero fondamentale della mia vita. La fede ha rappresentato per me questo personale rapporto con Dio. Mi riconosco nella tradizione agostiniana, almeno nel modo cattolico di insegnarla, cioè che è stato Dio a trovarmi, a darsi e ad amarmi e io fortunatamente ho accettato quel dono. Lavoro su questo e cerco di ricambiare quello stesso amore a Dio. Agostino, per esempio, nelle sue Confessioni ripete molte volte: ’Signore, ti ho inseguito per le strade maestre e per quelle secondarie. Ti ho cercato giorno e notte e non ti ho mai trovato finché non ho capito che eri tu ad avere trovato me’. E questo pensiero davvero colora la mia vita. » La variabile Dio p. 023 1. Arizona. Pellegrini a Mount Graham 23 Ma anche in casa Penzias fioriscono le vocazioni religiose: una delle figlie di Arno, Shifra, fa la rabbina in una sinagoga nei sobborghi di Santa Cruz, California. « Una delle prime e pochissime donne ad avere scelto questa professione », precisa il Nobel. E si capisce che ne va orgoglioso.