Scarica l`invito alla lettura di questo libro in formato PDF

Transcript

Scarica l`invito alla lettura di questo libro in formato PDF
La variabile Dio p. 003
LA VARIABILE
DIO
IN COSA CREDONO GLI SCIENZIATI?
UN CONFRONTO TRA
GEORGE COYNE E ARNO PENZIAS
di
RICCARDO CHIABERGE
Un invito alla lettura
La variabile Dio p. 004
P R O P R I E T À
LE TT ERAR IA
R IS ER VAT A
Longanesi & C. F 2008 – Milano
Gruppo editoriale Mauri Spagnol
www.longanesi.it
ISBN 978-88-304-2556-9
È vietata la riproduzione
se non per uso personale
La variabile Dio p. 005
L A
V A R I A B I L E
D I O
La variabile Dio p. 006
a Sandra
La variabile Dio p. 007
1. Arizona. Pellegrini a Mount Graham
7
1
ARIZONA. PELLEGRINI A MOUNT GRAHAM
Leggenda vuole che avesse cavalcato giorni e giorni in
solitudine tra distese di cactus, sfidando il clima torrido, l’arsura del deserto, gli assalti dei puma e dei coyote. Con il fiuto dell’esploratore e la diligenza del cartografo, prendeva nota di ogni pozza, ogni canyon, ogni
traccia di fiume sotterraneo. Finché un giorno del
1692, risalendo il letto arido del Rio Santa Cruz, giunge stremato in una valle ombrosa. Pare un miraggio:
c’è una fonte di acqua fresca e un villaggio abitato
da una tribù di indiani papago, che accolgono il forestiero, lo dissetano e lo rifocillano. Incredulo, padre
Eusebio Chini alza gli occhi ai monti boscosi che sovrastano il pueblo, e non può fare a meno di pensare
al suo Trentino. Salpato nel 1678 da Genova con altri
diciotto gesuiti, aveva attraversato il Messico per raggiungere la Bassa California e l’Arizona. Una specie
di cow-boy in tonaca al servizio del viceré di Spagna.
Ovunque passava, nelle sue spedizioni Francisco Kino
(come era stato ribattezzato dagli spagnoli) lasciava
dietro di sé scuole, missioni, conventi per ampliare il
raggio della cristianità. Ma portava anche utensili e sementi alle popolazioni indigene per insegnare loro a
coltivare la terra e costruire abitazioni più solide, e si
La variabile Dio p. 008
8
La variabile Dio
batteva contro i proprietari terrieri che avevano ridotto
i nativi in schiavitù per farli lavorare nelle miniere di argento. Il pueblo dei papago si chiamava Stjukshon, o
Chuk Shon (« il villaggio della primavera ai piedi della
montagna nera »). Gente mite e sedentaria, dedita all’agricoltura, tutt’altra pasta dai cacciatori guerrieri comanche o apache. Oggi Chuk Shon è diventata Tucson, una città di oltre mezzo milione di abitanti. Qualche negozietto ancora ti vende collanine e braccialetti di
artigianato dei native americans, ma sono ben altre tribù, artisti, musicisti, neuroscienziati, biologi e informatici, a presidiare il territorio.
E soprattutto astrofisici: perché nessun cielo è più
cristallino e scintillante di quello dell’Arizona. I lampioni stradali hanno uno schermo speciale che smorza
l’inquinamento luminoso, e il vicino Kitt Peak è costellato di decine di osservatori e di casette con su scritto DAY SLEEPERS!, per invitare i gitanti a non turbare il
sonno di chi ha vegliato fino a notte fonda con l’occhio
al telescopio o al terminale.
A padre Chini – che ha pure una statua nel Campidoglio di Washington, tra i fondatori dello Stato dell’Arizona, – era intitolata, fino a qualche anno fa, la residenza dei gesuiti a Tucson. Adesso il Vaticano ne ha
costruita una nuova e più confortevole per la sua équipe di astronomi, al 2017 di East Lee Street, a poca distanza dall’università. È qui che ci siamo dati appuntamento, un sabato di novembre.
Affratellati dall’età, dagli studi e dagli astri (reali e
metaforici), i nostri due pellegrini non si erano mai in-
La variabile Dio p. 009
1. Arizona. Pellegrini a Mount Graham
9
contrati. Avevano scelto entrambi l’anno peggiore per
venire al mondo – il 1933, proprio mentre Hitler saliva al potere. E nei decenni successivi al diluvio il Nobel ebreo scampato alla Shoah e il gesuita astronomo
del papa avrebbero percorso due strade parallele, all’insaputa l’uno dell’altro, sulle sponde opposte dell’Atlantico. Quando, scolaretto nella pacifica Baltimora,
muoveva i primi passi della sua educazione religiosa
e scientifica, George Vincent Coyne era completamente all’oscuro della tragedia che si stava consumando in
Europa, e che avrebbe potuto troncare troppo presto
l’avventura terrena del suo coetaneo Arno Allan Penzias, come successe a sei milioni di altri come lui, colpevoli soltanto di essere nati sotto la Stella di David.
Ci sono voluti settantacinque anni perché queste
due straordinarie vite parallele, questi due ingegni sfavillanti si incrociassero finalmente un giorno a Tucson,
Arizona. Chi scrive non ha dovuto faticare molto per
realizzare il corto circuito. È bastato uno scambio di
email, la proposta di un tema assai più spinoso dei cactus, ma proprio perciò giustamente intrigante – i rapporti tra scienza e fede – perché entrambi accettassero
di slancio l’invito. È stato padre George a suggerire di
vederci lı̀, non lontano da quell’osservatorio di Mount
Graham che è l’orgoglio dell’astronomia vaticana, dotato degli strumenti più all’avanguardia, e meta di studiosi (cattolici e no, atei e credenti) da ogni parte del
mondo. Sono appena due ore di volo da San Francisco, e Penzias non ha sollevato obiezioni.
La variabile Dio p. 010
10
La variabile Dio
Quando ho suonato alla porta del 2017 di East Lee
Street l’atletico gesuita è corso ad aprirmi, T-shirt e
scarpe da tennis, e mi ha subito buttato le braccia al
collo e baciato sulle guance, come fossi un vecchio
amico. Alle sue spalle, la figura allampanata di Arno,
in maniche di camicia, nervosamente gioviale come
sempre, negli occhi appuntiti e mobilissimi una vaga
espressione di rimprovero. Non ero in ritardo, ma
lui era già lı̀ da un quarto d’ora e cominciava a scalpitare. Cosı̀, senza tanti convenevoli ci siamo avviati verso l’appartamento di Coyne, in fondo al portico ombreggiato da una pergola di fiori gialli – mi spiegheranno poi che sono « artigli di gatto » (Uncaria tomentosa),
una pianta medicinale rampicante usata dagli indiani
per la cura dell’artrite e di altre malattie. Lo studio
di padre George è in realtà una celletta monastica, tavolino, computer, scaffale con pochi libri di astrofisica.
Lı̀ abbiamo trascorso molte ore a parlare a ruota libera,
di Big Bang e di ateismo, di evoluzione e creazione, di
ebraismo e cristianesimo, in una penombra claustrale,
mentre fuori il giardino ardeva sotto il sole giaguaro
tra ronzii di calabroni e frullare di colibrı̀, e ogni mattina il tassista mi raccontava di avere avvistato qualche
cucciolo di puma, un coyote, un uccello corridore come quelli dei cartoon o un branco di pecari, che da
queste parti chiamano havelinas. Abitanti furtivi di
una natura primigenia, impassibile davanti all’avanzata
delle highways, dei campi da golf e dei « resort » esclusivi: quale cornice migliore per una discussione sulla
creazione e le origini della vita sulla Terra?
La variabile Dio p. 011
1. Arizona. Pellegrini a Mount Graham
11
Come regista dell’incontro mi aspettavo un compito
arduo, dover dirigere un duetto di voci stridenti: lo
scettico razionalista contro il teologo, l’eloquio accidentato, ellittico e folgorante di Penzias contro quello
suadente e morbido, da predicatore, di padre Coyne.
Eppure, quasi per incanto, dopo un primo rapido
scambio di battute, i due ragazzi del ’33 avevano già
trovato l’intonazione giusta, recitavano ciascuno a meraviglia la propria parte. E, nonostante la diversità delle
loro storie e del background culturale e religioso, in
quasi otto ore di conversazione non c’è stato un solo
momento di frizione o di ostilità. Dissensi, molti, divergenze di punti di vista, continue, ma sempre rimarcate senza alzare la voce e senza pronunciare condanne,
anatemi o parole aspre l’uno verso l’altro. Tutto l’opposto di quel clima di crociata e di muro contro muro
che sembra dominare da qualche anno intorno a questi
temi.
I due viandanti di Tucson portano sulle spalle bagagli differenti, esperienze di vita e di ricerca che li hanno
profondamente segnati. Arno Penzias ha lavorato per
trentasette anni ai Bell Labs, dove insieme a Bob Wilson ha scoperto quasi per caso la radiazione cosmica di
fondo, una breccia nei misteri del Big Bang che è stata
premiata con il Nobel per la fisica nel 1978. Negli anni più recenti è diventato un uomo d’affari, un cacciatore di talenti a Silicon Valley. Ha partecipato alla febbre della New Economy proteggendosi con l’antipiretico di un sano scetticismo: come potevano sbancare il
Nasdaq con quotazioni galattiche imprese che non
La variabile Dio p. 012
12
La variabile Dio
producevano altro che idee di business di cui era arbitrario stabilire il valore monetario? Elenchi o indirizzari online, siti di shopping virtuale, motori di ricerca
per navigare su Internet... Ma la sua aspirazione è sempre stata quella di aiutare altri a dare forma a nuove
idee e a ricavarne profitto. Via via questa sua attività
di seminatore d’innovazione si è consolidata in una società di venture capital, la NEA (New Enterprise Associates), che investe nelle aziende che di volta in volta
giudica più promettenti, in prevalenza nel campo delle
telecomunicazioni. Un salto notevole, per uno scienziato che ha trascorso buona parte della propria vita
scandagliando gli spazi siderali. Dalle stelle alle startup,
dalle molecole intergalattiche ai microchip, dalle radiazioni cosmiche alle frequenze dei cellulari. E più di recente, alle energie alternative, al fotovoltaico in particolare. Attività solo in apparenza distanti, perché accomunate da un obiettivo: la creatività, l’invenzione. Anche padre Coyne è reduce da una svolta cruciale. Nel
2006 ha lasciato un incarico prestigioso, quello di direttore della Specola vaticana, l’osservatorio astronomico della Santa Sede (lo aveva chiamato nel 1978
Giovanni Paolo I, il papa che regnò poco più di un
mese, ed era stato confermato da Wojtyla). Per più
di trent’anni si era diviso tra Castelgandolfo e Tucson,
aveva partecipato attivamente alla commissione papale
su Galileo e a quella su Darwin, proseguendo nel contempo le sue ricerche sulle galassie a spirale di Seyfert e
sulle « variabili cataclismiche », sistemi stellari binari
che emettono intensi lampi di radiazione. Prima di ri-
La variabile Dio p. 013
1. Arizona. Pellegrini a Mount Graham
13
tornare in campo come presidente e fund-raiser, collettore di finanziamenti per gli osservatori vaticani, si è
concesso un sabbatico, o meglio, un lungo e impegnativo ritiro spirituale. Ha fatto il viceparroco a Raleigh,
North Carolina, una comunità di quattromila famiglie
cattoliche. Per un anno è stato accessibile solo ai fedeli
della chiesa di San Raffaele Arcangelo, che ogni domenica avevano il privilegio di ascoltare sermoni ricchi di
citazioni e riferimenti colti, dove Bibbia e Vangelo si
intrecciavano a filosofia e storia della scienza. Una parentesi faticosissima (un giorno scrisse a un amico:
« Oggi ho fatto più battesimi che in tutta la mia carriera di prete ») ma anche una boccata d’ossigeno salutare,
dopo decenni di lavoro scientifico e di defatiganti diplomazie nei corridoi della Curia romana.
E cosı̀, eccoli seduti uno di fronte all’altro, i due fratelli
separati Arno e George, con un registratore digitale sul
tavolo e una brocca di acqua gelata per rinfrescarsi
ogni tanto la gola. La prima domanda non può che riguardare le loro biografie, l’educazione ricevuta, il loro
personale rapporto con la spiritualità e la religione.
E qui subito affiora una differenza invalicabile:
mentre per Coyne l’incontro con Dio è stato il risultato di una « chiamata », e ha avuto fin dall’inizio un contenuto affettivo emozionale, come verso una figura paterna, Penzias, che non crede in un Dio antropomorfico, non riesce a separare la religione dalla Storia, con la
S maiuscola, dalla memoria marcata a fuoco sulla sua
pelle dal nazismo e dalle persecuzioni razziali. « Sono
La variabile Dio p. 014
14
La variabile Dio
nato – racconta – il 26 aprile 1933, lo stesso giorno in
cui fu costituita la Gestapo. Infatti ho due certificati di
nascita: uno con la svastica e l’altro senza, redatto dall’impiegato qualche ora prima. » Di famiglia numerosa
– il padre aveva nove fratelli e sorelle – il piccolo Arno
cresce circondato da zie e cugini. La madre, cattolica
bavarese, per amore si era convertita al giudaismo, senza immaginare quanto le sarebbe costata cara questa
scelta. Il nonno paterno era stato tra i fondatori di
una piccola sinagoga incastrata tra le case di Monaco
da una comunità di ebrei polacchi. Sopravvissuta miracolosamente alla notte dei cristalli e alle persecuzioni,
qualche anno fa è stata riaperta dopo i restauri, e alla
cerimonia ha presenziato anche Arno. Insieme a lui il
vescovo di Monaco, un certo Joseph Ratzinger. Ricorda ora il premio Nobel: « Ci andavo da bambino, e
correvo tutto il tempo su e giù dalla balconata, dove
sedeva mia madre, al piano di sotto dove si riunivano
i maschi della congregazione, tra cui mio padre. Sono
abbastanza sicuro che non partecipavamo ai riti settimanali di Shabbath, e ricordo soltanto le cerimonie
delle Grandi Festività (Rosh Hashonah e Yom Kippur)
all’inizio di autunno. Per qualche settimana, quando
avevo cinque anni, mi iscrissero a una scuola ebraica.
Mi bastò per imparare che c’era qualcosa in noi che
ci rendeva diversi dai tedeschi intorno a noi e dai bambini che dovevano strillare Sieg heil! ogni giorno, in
quelle uniformi sgargianti ».
Poi venne il giro di vite del Reich. Nel 1938 i Penzias furono selezionati insieme agli altri ebrei con pas-
La variabile Dio p. 015
1. Arizona. Pellegrini a Mount Graham
15
saporto polacco. Caricati su un treno per la Polonia,
mancavano poche ore al confine quando inaspettatamente furono rispediti a Monaco. Erano tra gli ultimi
arrivati, e nazisti e fascisti polacchi dovevano aver raggiunto qualche accordo in extremis. « Se avessimo proseguito il viaggio – dice Arno – io e tutta la mia famiglia saremmo stati lasciati in un campo all’aperto e saremmo morti assiderati come toccò a metà dei deportati. Tutti gli adulti erano felici e sollevati, ma io cominciai a intuire che c’erano delle brutte cose che sfuggivano al controllo dei miei genitori, qualcosa che aveva a che fare con l’essere ebrei. Appresi anche che tutto
sarebbe andato bene se solo fossimo potuti andare in
America. »
Nel novembre del ’38 la macchina dell’Olocausto si
è ormai messa in moto, e in un sobborgo di Monaco il
lager di Dachau prende a lavorare a pieno ritmo. I treni tornano ogni giorno dal campo con il loro carico di
prigionieri rilasciati alla spicciolata, ma anche con un
certo numero di cadaveri: vivi e morti vengono riconsegnati alla comunità ebraica della città. Il padre di
Arno è uno dei volontari addetti a questo servizio, e
capisce cosı̀ molto presto come funzionano i lager.
La voce di Penzias si incrina, mano a mano che entra
nel vivo del racconto, la sua espressione si incupisce:
« Era chiaro che non ci restava molto tempo per fuggire. Nella tarda primavera del ’39, poco dopo il mio
sesto compleanno, i miei genitori misero i loro due
bambini, mio fratello e io, su un treno per l’Inghilterra: ognuno aveva una valigia con le sue iniziali e un
La variabile Dio p. 016
16
La variabile Dio
sacchetto di caramelle. Mi dissero di stare tranquillo e
di badare al fratellino più piccolo. Ricordo che quando il treno si mosse dal binario, gli dissi Jetzt sind wir
allein (adesso siamo soli) ». Non certo un grande incoraggiamento, la semplice presa d’atto della realtà. In
quella frase c’è già tutto il pragmatismo di Arno. Frau
Penzias dovrà attendere ancora un mese il suo permesso di espatrio, appena qualche settimana prima dello
scoppio della guerra. E subito raggiunge i figli in Inghilterra. Quanto al padre, è internato in un campo
per stranieri e riabbraccerà solo più tardi il resto della
famiglia. Racconta ancora Penzias: « L’altro avvenimento degno di nota nei circa sei mesi trascorsi in
Gran Bretagna in attesa di un passaggio per l’America,
mi capitò una mattina in un’improvvisata aula scolastica. In quel momento, di colpo mi resi conto che
riuscivo a leggere la pagina del testo inglese che stavo
guardando ». A dicembre, finalmente, si salpa su un
mercantile delle linee Canard con un cannone da tre
pollici sul ponte di poppa per tenere a bada i sottomarini nemici. « Prima di partire mio padre ebbe l’accortezza di insegnarci la preghiera Shema Israel. La si recita quando si è in pericolo e voleva essere sicuro che
se fossimo morti in mare avremmo prima pronunciato
quelle parole sacre. »
La famiglia Penzias sbarca a New York nel gennaio
del 1940. E inizia faticosamente una nuova vita. I
bambini a scuola, i genitori alla ricerca di un lavoro.
La migliore chance è quella di diventare « Super » (cioè
soprintendenti di un condominio, un modo elegante
La variabile Dio p. 017
1. Arizona. Pellegrini a Mount Graham
17
per dire portinai). Col tempo, la mamma troverà un
impiego da sarta in una fabbrica tessile, mentre papà
riuscirà a piazzarsi come falegname al Metropolitan
Museum. E la religione, in tutto questo?
« Una volta stabiliti a New York, la mia famiglia riprese la pratica presso una locale sinagoga conservatrice, ben diversa da quella ortodossa che avevamo frequentato in Germania. Una delle principali differenze
era che le donne sedevano insieme agli uomini durante
le cerimonie. Al compimento dei dieci anni, mi iscrissi
alla scuola ebraica della sinagoga per prepararmi al Bar
Mitzvah, che fu celebrato tre anni dopo, al mio tredicesimo compleanno. Mi chiamarono a un rito di
Shabbath e partecipai alla lettura della Torah di quella
settimana. Come parte della mia preparazione al Bar
Mitzvah, mi insegnarono a usare i tefillin (due piccole
scatole di legno che contengono versetti della Bibbia)
che gli ebrei ortodossi si legano sulla fronte e su un
braccio durante le preghiere del mattino. Per la maggior parte della mia adolescenza ho seguito questa pratica, benché non fossi (e più probabilmente, proprio
perché non ero) un ebreo ortodosso. Era il mio modo
di affermare il mio essere ebreo, qualcosa che nessuno
di quelli della mia gente che erano morti in Europa
poteva fare per se stesso. Poi, crescendo, ho sostituito
la recitazione giornaliera della preghiera con altre forme di identificazione, diventando alla fine membro attivo di una vivace congregazione conservatrice quando
mi stabilii in una piccola città del New Jersey a qualche
miglio dai Bell Labs di Holmdel. »
La variabile Dio p. 018
18
La variabile Dio
Per tutto il racconto di Arno, il gesuita è rimasto inchiodato sulla sedia ad ascoltarlo in silenzio, preso dalla descrizione di un mondo e di una religiosità cosı̀ affascinante e al tempo stesso cosı̀ irriducibilmente aliena dalla sua, per quanto strettamente legata alle origini
del cristianesimo e fondata sullo stesso Libro. Una religione fatta più che di dogmi o articoli di fede di riti,
di comportamenti, di regole osservate con scrupolo.
Quando viene il suo turno, Coyne esordisce con
una mitragliata di domande. « La prima cosa che sempre mi viene in mente è che noi scienziati e le persone
che entrano in contatto con noi sanno cos’è la scienza.
La religione è un’idea molto ambigua. Cosa significa
la religione? Andare in chiesa? O in sinagoga? Significa
seguire certi insegnamenti? Significa fare cose buone?
O cose cattive? Ciò che viene definito bene o male
non è frutto di una convinzione personale ma forse
di quello che mi hanno insegnato? O quello che mi
hanno insegnato diventa parte delle mie convinzioni
personali? Io contrappongo la religione alla fede. Per
me la fede è la cosa principale. È il rapporto con
Dio. Il senso migliore della religione discende da quello. È l’implicazione pratica del mio rapporto con Dio.
Un’altra ambiguità riguardo alla religione è il numero
di culti, congregazioni, perfino all’interno della Chiesa
cattolica. Ricordo una barzelletta che mi hanno raccontato: ’Sapete quali sono le tre cose che neppure
Dio conosce? La prima è cosa stia pensando un gesuita, la seconda quanto denaro posseggano i frati francescani, la terza quante congregazioni di suore esistano
La variabile Dio p. 019
1. Arizona. Pellegrini a Mount Graham
19
nella Chiesa cattolica’. » Via, padre George, non liquidi la questione con una facezia. Ci racconti piuttosto
qual è stata la sua educazione spirituale. « Sono nato in
una famiglia cattolica di nove figli, una tradizione
molto differente da quella di Arno, e profondamente
radicata in me. La mia famiglia era molto semplice.
Nessuno dei miei genitori aveva fatto le scuole superiori. Solo due di noi ragazzi eravamo andati al college. A
quello stadio la religione non era un’impresa intellettuale, né lo è mai stata essenzialmente. Era soltanto
profondamente incisa nella mia personalità. Come la
maggior parte degli adolescenti, ebbi la mia fase di ribellione. Avevo ricevuto dalle suore un tipo di insegnamento molto irreggimentato. Poi fui iscritto alla High
School dei gesuiti. »
È lı̀, in quella scuola, che nel giovane Coyne si accende la vocazione. Ma la scintilla decisiva non gli viene tanto dalla dottrina, quanto dall’umana simpatia e
dall’ammirazione per i docenti. « Posso dire in tutta
onestà, guardandomi indietro, che fu una sorta di vero
e proprio culto degli eroi. Io diventai gesuita perché gli
insegnanti erano tredici giovani, non ancora ordinati
sacerdoti, che stavano facendo il loro tirocinio seminariale. Si spaccavano la schiena giorno e notte facendo
lezioni, correggendo esami, svolgendo attività extracurricolari, tennis, teatro e tutto il resto. Un sabato,
eravamo fuori dal nostro liceo nei sobborghi di Baltimora; stavamo costruendo un palcoscenico per uno
spettacolo teatrale e cinque o sei di questi giovani gesuiti stavano lavorando con noi. A un certo punto ci
La variabile Dio p. 020
20
La variabile Dio
dicono: ’Ragazzi, se volete continuare a lavorare, potete farlo’. Il sabato a mezzogiorno i gesuiti dovevano
pregare. Cosı̀ siamo entrati di soppiatto nella loro residenza, abbiamo sbirciato dentro e accidenti, loro erano proprio lı̀ nella cappella a pregare. Ma ci rimasero
non più di cinque minuti. Dopodiché lasciarono la
cappella e noi lı̀ a domandarci cosa avrebbero combinato in quel sabato. Ed ecco arrivare tre station wagon,
saltano fuori canestri da picnic e un paio di casse di
birra e Coca-Cola, li mettono nel bagagliaio e via verso
le montagne o il mare o dovunque stessero andando.
Perché racconto questo? Quello che mi impressionò
è che le intere esistenze di quei giovani erano dedicate
agli altri, a lavorare per gli altri, in questo caso per noi
studenti. Ma quando volevano rilassarsi, distendersi, lo
facevano insieme, come se fossero una famiglia, e questo è quello che intendo per culto degli eroi. Per me è
un modo magnifico di vivere. »
Un senso, più che di comunità, di fratellanza, che
Coyne ha ritrovato alla Specola di Castelgandolfo e
qui nell’osservatorio di Mount Graham. « Ognuno di
noi – dice – lavora in un’area differente. Bill Stoeger si
occupa di cosmologia e relatività generale, Chris Corbally di evoluzione stellare, io di variabili cataclismiche. José Funes, l’attuale direttore della Specola, di
struttura galattica. Tutti facciamo cose diverse. Eppure
ci sentiamo uniti come una vera famiglia. »
Una strana famiglia di sacerdoti in T-shirt e scarpe
da tennis, che sta sveglia di notte a scrutare il firmamento con uno specchio, preparato in un forno rotan-
La variabile Dio p. 021
1. Arizona. Pellegrini a Mount Graham
21
te, tra i più avanzati del mondo, e che attraverso i monitor e l’elaborazione elettronica ottiene immagini ad
altissima risoluzione anche di oggetti poco luminosi.
Il VATT, come si chiama in sigla l’osservatorio vaticano, inaugurato nel settembre del 1993, ha trovato il
generoso sostegno dei cattolici americani, che hanno
raccolto tre milioni e mezzo di dollari per la sua realizzazione, ma ha anche dovuto superare scogli e opposizioni di ogni genere. Cominciarono gli ambientalisti preoccupati per la sorte dello scoiattolo rosso, una
specie ritenuta in via di estinzione tanto da essere protetta da una legge ad hoc. Tutti quei redwoods tagliati
per fare spazio agli osservatori, tutto quel via vai di camion e fuoristrada, su e giù per le sterrate di Emerald
Peak, avrebbero limitato e forse distrutto per sempre il
suo habitat. Per giunta con la benedizione del papa,
che dovrebbe francescanamente rispettare ogni forma
di vita. Quando il Congresso degli Stati Uniti respinse
queste obiezioni, approvando una legge che dava il via
al progetto, e nell’88 il presidente Reagan vi appose la
sua firma, i Verdi passarono al contrattacco con un
nuovo alleato: gli indiani apache. « Mount Graham
– sentenziarono i capi pellirosse – è sacro agli spiriti
della montagna, i visi pallidi non possono profanarlo. » La legge era dunque incostituzionale. La corte Suprema respinse il ricorso, e i lavori proseguirono. Ma
gli apache non si diedero per vinti: una loro delegazione andò in Vaticano, e chiese di essere ricevuta da
Wojtyla. Non era lui il papa amico dei nativi americani, quello che si era fatto fotografare con un copricapo
La variabile Dio p. 022
22
La variabile Dio
di piume? E perché ora osava violare uno spazio sacro?
Mica gli indiani pretendono di costruire osservatori
sulle cupole delle chiese di Roma... Già fatto da secoli!
obiettò qualcuno. E le porte del Vaticano rimasero
chiuse. Poco tempo dopo, l’università dell’Arizona
riuscı̀ a mobilitare altri indiani della riserva, favorevoli
al progetto degli « uomini dagli occhi lunghi » che, dopotutto, avrebbero offerto posti di lavoro anche ai
membri della tribù. E lo scoiattolo rosso? Pare che grazie alle recinzioni che tengono lontani i cacciatori non
solo non si sia estinto, ma si riproduca in letizia, saltellando di ramo in ramo all’ombra delle cupole aperte
sulle stelle.
Riconciliati con le creature del bosco e gli spiriti della montagna, torniamo all’esperienza religiosa di Coyne. « Dal punto di vista biografico – riprende il gesuita
astronomo – posso dire che la religione, pur con tutte
le ambiguità, è una parte davvero fondamentale della
mia vita. La fede ha rappresentato per me questo personale rapporto con Dio. Mi riconosco nella tradizione agostiniana, almeno nel modo cattolico di insegnarla, cioè che è stato Dio a trovarmi, a darsi e ad amarmi
e io fortunatamente ho accettato quel dono. Lavoro su
questo e cerco di ricambiare quello stesso amore a Dio.
Agostino, per esempio, nelle sue Confessioni ripete
molte volte: ’Signore, ti ho inseguito per le strade maestre e per quelle secondarie. Ti ho cercato giorno e notte e non ti ho mai trovato finché non ho capito che eri
tu ad avere trovato me’. E questo pensiero davvero colora la mia vita. »
La variabile Dio p. 023
1. Arizona. Pellegrini a Mount Graham
23
Ma anche in casa Penzias fioriscono le vocazioni religiose: una delle figlie di Arno, Shifra, fa la rabbina in
una sinagoga nei sobborghi di Santa Cruz, California.
« Una delle prime e pochissime donne ad avere scelto
questa professione », precisa il Nobel. E si capisce che
ne va orgoglioso.