Questa sintesi presentata nell`anno centenario della nascita di

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Questa sintesi presentata nell`anno centenario della nascita di
Questa sintesi presentata nell'anno centenario della nascita di Galeazzo Alessi si accompagna e si integra
con lo studio per gli itinerari trekking del Trasimeno e con un precedente intervento (settembre 2010) dello
stesso autore in corso di pubblicazione. Foto e disegno, ove non diversamente specificato sono dell'autore.
La celebre mappa della Val di Chiana di Leonardo da Vinci (anno 1502-3) è quella conservata nella Royal
Library di Windsor. La prima cartografia del Lago Trasimeno è stata quella eseguita da Ignazio Danti e
confluita nelle raffigurazioni della Galleria delle Carte Geografiche del Vaticano. alcuni tra i personaggi e le
vicende citate fanno parte dei testi riportati, mentre la frequentazione e gli accostamenti tra loro, tratti
dalle più diffuse biografie, e la comparazione tra luoghi, non erano stati però fin qui evidenziati.
TEMPO, LUOGHI E INNOVAZIONI IN UMBRIA CON GALEAZZO ALESSI.
Sottili innovazioni paesaggistiche sotto l'influenza di Galeazzo Alessi
Nel racconto che Leone Pascoli fa della vita di Ascanio Della Corgna come Architetto, egli intercetta la
collaborazione con Galeazzo Alessi nella rielaborazione della palazzina di caccia dei Baglioni in Castiglion del
Lago, nella rielaborazione di tutto il paese, e nella ripresa delle intere sorti del così detto Chiugi perugino. Il
Pascoli sostiene che Ascanio avesse un “disegno” per Castiglione reperito a Roma. E’ questa una realtà
dell’epoca, ma anche una possibile immagine retorica che si riscontra identica come tratta dalla vita di
Vignola scritta da Ignazio Danti.
Certamente Ascanio si dedica a Castiglione con molta passione e ne fa la sua residenza preferita per il resto
della vita. Le poche notizie che si hanno, non prive di apprezzamento, sono brevi per il carattere altrettanto
breve di questa propria e familiare signoria. Tuttavia lo scenario di questo territorio fino a quel periodo e
dopo quel periodo, consente di riscontrare un impegno ed una competenza che travalicano il “disegno”
preso a Roma e le possibili indiscusse imitazioni a gara tra gli architetti che operavano per conto delle
grandi famiglie italiane del tempo. Non giudichiamo l’Alessi come un semplice spettatore in quanto l’averlo
chiamato ed il lungo operare con lui, ne fanno certamente un collaboratore attivo.
Una brevissima considerazione, derivante sempre dalla vita di Ascanio, dovrebbe risolvere tante passate
ipotesi di attribuzione. Ci riferiamo alla indisponibilità che il Vignola avanza, quasi per malattia, rispetto alla
richiesta che i Della Corgna fanno della sua collaborazione. Certamente il Vignola è divenuto famoso per la
Villa di Valle Giulia e può negarsi in quanto a disposizione del Papa e di altri prelati. Il negarsi ai Della
Corgna poteva avere delle ragioni prudenziali come vedremo per analoga testimonianza del poeta Cesare
Caporali. Però di fatto il Vignola non ha difficoltà di andare a Vignola per il Palazzo Boncompagni ed a
Parma. Certe complicazioni erano diffuse a quel tempo; lo stesso Ascanio si da malato per il papa e
diversamente, quando si presenterà, sperimenterà le carceri di Castel Sant'Angelo. Se non fosse
intervenuto il re di Spagna, vi avrebbe finito i suoi giorni. Celebre è la febbre che prese Giampaolo Baglioni
quando Leone X lo chiamò a Roma. Egli inviò il figlio Malatesta con tante scuse; il Papa non lo accolse,
rimandandolo indietro volle fornire un salvacondotto per Giampaolo. Questi allora accettò di andare a
Roma e vi perse la testa a Castel sant'Angelo. A chi diceva al papa che non fosse stato di parola, questi
rispondeva di aver dato un salvacondotto per entrare a Roma, non per uscirne. Grandi febbri dunque per
convenienza. A questo fenomeno va aggiunta la permanenza di alcuni, non sempre individuabili personaggi,
che sono rimasti in Umbria dopo il grande richiamo (e coinvolgimento) nella esecuzione della fortezza detta
Rocca Paolina in Perugia, prima presenza di Galeazzo Alessi nell'architettura.
Santa Maria in via ed il boschetto
Nel medioevo l’area assegnata ad Ascanio Della Corgna era di confine e chiamata il Chiugi e le chiese più
antiche sono state a lungo in diocesi di Chiusi. Castiglione stessa dipendeva, per assegnazione imperiale
non condivisa dalla guelfa Perugia, dal monastero di Campoleone di Arezzo. Nella Fontana Maggiore di
Perugia la città è raffigurata con la cornucopia in mano che emette il grano del Chiugi. Perugia ha iniziato,
alla fine del XII secolo, a precisare le proprie competenze territoriali, le “sottomissioni”, proprio in direzione
del lago e dalle sue isole. Dopo che la città ha acquisito respiro per le vittorie guelfe sull’imperatore nel
1250, vicenda ricordata sulla facciata della Pieve di Confine a Tuoro, si stabiliscono e si eseguono nel 1275
le così dette “Vie Regali” che, come le vie consolari di Roma, legano il territorio di Perugia a Perugia. La via
del lago viene quindi descritta nel 1275, come le altre, per tracciato e per dimensione. Essa partiva con
andamento regolare secondo una linea spezzata composta da tratti dritti, dalla porta cittadina di Santa
Susanna. Essa piegava a San Quirico, poi a San Manno, poi a sant’Anna, poi a Santa Maria in Via. A San
Rufino di Montebuono superava un valico ormai vicino al lago e dal quale lo vedeva. Questo era il punto di
vista di Perugia medievale che così intendeva il lago Trasimeno. Così anche venne inteso da pittori come il
Perugino. Dal valico si andava lungo la costa fino al porto detto “La Frusta”, vicino alla chiesa di Santa Maria
di Ancaelle; si vedeva (e si vede) sulla sponda di fronte a destra il nucleo di San Feliciano, che ospitava la
rappresentanza della città e la riscossione delle imposte. Di fronte a sinistra c'è l’isola Polvese che mostra
sulla costa il castello perugino. Questo copre la chiesa di San Giuliano, realizzata su ruderi romani. Tutte le
chiese fin qui menzionate sono di indubbia antichità e quindi anche capisaldi del territorio storico. Santa
Maria in Via è oggi un semplice toponimo in quanto la chiesina esistente è intitolata a Sant’Anna. C’è un
cucuzzolo con boschetto, dove piega la via, che è stato solcato con sentieri a croce ad indicare i quattro
punti cardinali; la vegetazione non è antica e probabilmente fa parte di quel senso ‘geografico’ del
panorama che ha dato luogo in epoca recente ad opere come la piramide di sant’Elena o come il panorama
dipinto a 360° nella sala da pranzo della villa La Torre in località Pila. Già il viaggiatore del XIII secolo ben
percepiva così le sue tappe nel contesto.
Questo percorso è in assoluto il più favorevole al raggiungimento del lago Trasimeno.
Da Santa Maria in Via a San Rufino.
Queste descrizioni riguardano, come penso si possa facilmente comprendere, una consapevolezza del
territorio che corrisponde poi sempre ad una percezione minuta dei singoli luoghi che ha naturalmente un
maggior valore per l’uomo residente. La strada percorre gran parte delle terre dominate dal castello di
Montemelino la cui omonima famiglia era stata in quel periodo ostracizzata perché ghibellina. Se
consideriamo l’est del lago alla luce della via regale nel medioevo, scopriamo che si poteva deviare da San
Rufino di Montebuono verso est, dove con magnifico schieramento, e reciproco significativo panorama, si
vedeva (e si vede) il percorso in allineamento dell'antica Pian di Carpine, patria di quel Fra Giovanni inviato
al Gran Kaan della Cina, della Badia-ospedale dei Cavalieri di Malta, della Torre dei Lambardi, di una casa
medievale e del centro scomparso di Castelluccio; se non si saliva si proseguiva con eguale linea retta verso
Col Piccione e Castel Rigone. Al tempo di Ascanio la via regale, che ne aveva già perso anche il nome, viene
deviata decisamente verso est. Non si tratta più di una lettura del territorio, ma di una spinta causata dai
mutati interessi e dai mutati insediamenti umani. Inevitabilmente la ‘gente’ ha preferito un lento
spostamento verso est.
Approdo della Frusta con la sede amministrativa del lago di fronte.
Altra e ben diversa lettura del territorio va ricordata con la decisione del Comune di Perugia nel XIV secolo
di finanziare le mura e gli insediamenti di Monte Colognola e di Castel Rigone, opere che vennero
contestate dagli abitanti limitrofi rispettivamente di Pian di Carpine e di Trecine. Si trattava ormai di
insediare famiglie con il solo criterio della difendibilità dei luoghi per uno sfruttamento delle terre più
diffuso possibile, ma anche e soprattutto il più stanziale possibile. In mancanza di un inserimento entro una
efficace struttura territoriale non sorprende che le località, Trecine e Montecolognola, siano pervenute
nella libera disponibilità all’acquisto da parte di Ascanio; né meraviglia che siano state vendute per prime
tra i suoi beni, da parte del nipote Ascanio II per il mantenimento della sua bella vita.
Un'altra componente rilevante del paesaggio è quella accennata del clima. Se ci rifacciamo al disegno di
Leonardo da Vinci per la bonifica della Val di Chiana, vediamo che egli pone l’est in alto, l’ovest in basso.
Non è un caso che in questo modo egli individui e ponga bene al centro la radice del problema, che è il
fiume Chiani con la sua sorgente, tutto curve ed impaludamenti, che si estendono in corrispondenza del
Trasimeno, valutato come parte dello stesso contesto. Il fiume Chiani parte però, ben descritto, dalla valle
di Chio, il cui ingresso è dominato oggi da Castiglion Fiorentino. Chios è termine greco che indica l’inverno
ed il chianos è il mantello corto del soldato romano che lo accompagna nelle spedizioni invernali. Non fa
meraviglia che in un paesaggio prevalentemente spoglio e da foraggio, d'estate quasi asciutto, d’inverno
cosparso di anse ed isolotti, abbia prosperato la "Chianina", una delle più forti razze bovine. Anticamente
dunque questo paesaggio veniva inteso così.
Così lo hanno visto gli etruschi. Non c’è più esitazione nel riconoscere che una collina intera (Vitiano antica)
abbia svolto la funzione di Mausoleo ben documentato al Museo Archeologico di Cortona (a cura di
M.Torelli). Tutta la località è territorio di indagine per ritrovare l’ancor più famoso mausoleo a cinque cime
del re di Chiusi Porsenna: un idolo perdurante ancora nell’immaginario rinascimentale. Per questo non c’è
problema a considerare l'isolata collina di Castiglione come santuario. Ci sono anche resti di struttura
antica. Non c'è esitazione che ancora Leonardo, con vista dal versante fiorentino, lo intenda così.
Strada moderna e dai tempi di Ascanio. In questa soluzione l'arrivo al lago Trasimeno, dalla parte est ove ha origine la
famiglia Derlla Corgna, utilizza il valico di Montecolognola. (foto Adele Fontanelli)
Infine altro progetto da ricordare è quello di una strada lungolago perchè risale solo alla fine del XIX secolo,
voluta per motivi economici e di propaganda contro il prosciugamento del lago; essa ha creato il paesaggio
come lo intendiamo oggi, visto che un senatore locale del tempo, Guido Pompili, che ad essa si prodigò,
commissionò una descrizione pubblicitaria a fini turistici ad un giornalista del tempo: Alessandro Alfieri, Il
Lago Trasimeno e le sue rive, Fabriano 1908. (M.Chierico, Un'Elite all'opera. I cinquant'anni che segnarono il
destino del Trasimeno, Ed. Era Nuova, Perugia 2003).
Una delle più importanti descrizioni antiche di quale potesse essere la percezione minuta dei singoli luoghi
l’abbiamo proprio da un antenato di Ascanio, Corniolo Della Corgna, che ci ha tramandato il testo De Divina
Villa, nel quale descrive in fondo solo la sua campagna con un preminente interesse agricolo, normale
origine dei valori poi confluiti nelle ville nobili italiane. La Corgna è una modesta valle a nord del Lago
Trasimeno, relativamente impervia, ma ben esposta. Vi era una chiesa dotata fino ad epoca recente di
affreschi del periodo di Corniolo. Ancor meglio esposta è la fattoria detta Bastia Corgna, loro residenza
affacciata sul lago, posta sul fianco impervio della collina. Si tratta di un recinto ben difeso, con abitazione,
comparabile al concetto di caravan serraglio. Tale è rimasto per tanto tempo ed a riguardo si riporta
l’aneddoto che il proprietario del bene nel XX secolo, vi avesse organizzato il frantoio dell’olio e che durante
le lavorazioni dello stesso, chiudesse a chiave gli operai che vi lavoravano. Un poco d'olio prendeva
comunque la via del camino. La Bastia è oggi restaurata e vissuta; essa ha un corpo di fabbrica, un’ala, del
XVII secolo. Questa doveva avere collegamento con la casa medievale raccordato da sala di forma ricurva,
circolare o ellittica, forse una chiesa, da lungo tempo purtroppo scomparsa. Con grande razionalità Corniolo
presenta delle culture prevalentemente arboree ed ortive, non prestandosi il luogo alle arature estensive.
Nell'avere gente stanziale Corniolo era all'avanguardia. Egli dispone di abitanti e di difese perché, come
detto, la ‘gente’ vive ancora solo in castelli o agglomerati favoriti dalla presenza o dalla protezione di
monasteri. Come monasteri sulle colline dolci di Castiglione del Lago si ricordano la Badia di San Martino
che ha dato origine al ‘Borghetto’ di Tuoro a nord, la badia di San Cristoforo a sud; al centro gli Olivetani
che hanno tenuto nel XV secolo la chiesa di Sant’Ansano presso Petrignano. Qui per mano dei Della
Robbia viene tramandata una raffigurazione in ceramica di una apparizione. Ai lati della ragazza che fila la
lana si hanno due scene di campagna dove si aggira e regna il suino. A sinistra l’ambiente ha aspetto
selvaggio e cupo, a destra si ha l’idea di un contado razionalizzato. Per quanto riguarda il suino va ricordato
che secondo un importante, ma ironico, viaggiatore, Hans Cristian Andersen nella favola "Le sovrascarpe
della felicità", il lago è pieno di maiali neri al pascolo con bambini neri (abbronzati e sudici). Di fatto Ascanio
ebbe ribellione da parte degli abitanti per la “tassa sulle ghiande” che determinò una accesa contestazione;
si pagava per portare i maiali nei boschi. (L.Festuccia, Castiglion del Lago, Perugia 1985).
Paesaggi su ceramica dei Della Robbia in Sant'Ansano di Petrignano del Lago.
Ascanio amante della natura, che cavalcava da Perugia verso il Lago per correre con il cavallo nelle sue
montagne, già ai suoi tempi deviava da Santa Maria in Via verso est, lasciando anche la ‘Magione’ a sinistra
e saliva per Castelluccio. C’è un casale del suo tempo ancora conservato in mezzo alla pianura che doveva
fungere da taverna. Un bel giorno Ascanio arriva a Castiglion del Lago da padrone ed ha un ‘disegno’ sotto
braccio. Galeazzo Alessi è con lui. La geometria, le proporzioni, gli ordini architettonici sono oramai
nell’interesse di tutti e sembra possano da soli riportare i fasti dell’antica Roma.
Sulla personalità dei soggetti e per approfondire vicende delle quali si è già abbondantemente scritto si può
ottenere nuova luce confrontandole con situazioni del tempo. Va ricordata l’importanza della cortigianeria
tanto più considerando che si sia paragonato, in modo attendibile, Ascanio al Don Chisciotte di Cervantes
ed il suo poeta a Sancho Pancha.
Alessi figura per Vasari come “cameriere” del cardinale da Rimini, è di un anno più anziano di Ascanio; è
nobile. Lo compareremo al Buontalenti (1531-1608), della famiglia dei Buonaccorsi, amico del giovane
Francesco I (1541-1587), con il quale farà carriera. Ricordiamo inoltre Cesare Caporali, il cantore di Ascanio,
che ci ha lasciato commenti di “non rimpianto” del suo servizio quadriennale con il cardinale Fulvio Della
Corgna e che sarebbe quindi il detto Sancho Pancha. Infine Ignazio Danti (1536-1586), amico e
collaboratore di Cosimo dei Medici, tanto quanto inviso invece al figlio Francesco I e quindi terrorizzato di
rimanere non 'protetto', sebbene da domenicano non ne dovesse aver bisogno, il quale scriverà la Vita di
Jacopo Barozzi da Vignola proprio per ingraziarsi il suo possibile ed ultimo effettivo protettore, Giacomo
Boncompagni (1548-1612), nipote di Gregorio XIII. Costui era di Vignola ed egli, per ingraziarselo, scriverà la
vita dell’architetto Vignola con un solo difetto: portavano tutti un disegno sottobraccio e (i protettori o il
committente) quali novelli Zeus li accoglievano. Per Ignazio il palazzo di Castiglion del Lago è del Vignola,
per quattro storici perugini esso è di Galeazzo Alessi (Alberti, Pascoli, Lancellotti e Milizia). Io propendo
per la versione del Pascoli (Lione Pascoli, Vite de' pittori, scultori ed architetti perugini, 1732. Ed. Forni 1978)
che esprime il desiderio di Ascanio di avere il Vignola (desiderio del 1550) negato con la scusa di una salute
malferma. A Castiglione siamo negli anni sessanta. Per il palazzo di Città della Pieve del 1550 Ascanio può
aver avuto 'altro' disegno visto che gli ordini architettonici del cortile corrispondono perfettamente al
trattato del Vignola, ma in Castiglione è evidente la presenza dell'Alessi che, come Ascanio, si è portato a
Perugia proprio negli stessi anni.
Ascanio si ritiene un esperto delle armi, di architettura militare, non di quella civile. Nel 1965-66 Ascanio è
tra i commissari sulle fortificazioni di Malta, meravigliosamente raffigurate in Cortona, patria del Lapparelli
effettivo esecutore delle stesse. Mettendosi contro tutti gli architetti della commissione colà voluta da
Carlo V e dall'Europa intera nel 1566, afferma: “Se io fossi un principiante nell’arte della guerra, la mia
opposizione a questi progetti mi farebbe apparire temerario, ma non essendo così…”
Ascanio non è architetto civile, Buontelenti aspirerà ad essere architetto militare, cosa che il Vasari gli
rimprovera, e che lo porterà all’anonimato più assoluto. Lapparelli (1521-1570), architetto militare e
progettista finale delle mura de La Valletta, vorrà essere soldato più che architetto; morirà a Candia nella
spedizione veneziana a Cipro. Girolamo Cassaro (1520-1592) di Malta, collaboratore del Lapparelli,
chiamato ad eseguire anche l’architettura civile in La Valletta, chiederà di poter fare un viaggio in Italia,
perché lui non si sente architetto civile. Alessi è solo architetto civile.
A maggiore sottolineatura delle aspirazioni del tempo va ricordato l'episodio di una sfida scientifica che si
tenne a Venezia, con preavviso e con la sequela di tutta Europa, tra i due matematici Cardano e Tartaglia. Il
vertice massimo per elaborazione geometrica e matematica, risultò essere quello che noi chiamiamo
balistica, fine arte militare. Non c'era ancora né il pendolo di Galileo, né l'accelerazione di gravità di
Newton. (F.Toscano, La formula segreta, Tartaglia, Cardano e il duello matematico, Sironi, Milano 2009).
Arte militare dunque che non sminuisce Ascanio davanti ad Alessi, ma al contrario avrebbe visto l'Alessi
farsi umile studioso delle provvigioni di Romagna.
Cesare Caporali, che ci ha lasciato la miglior descrizione della Castiglion del lago di Ascanio, della cui
famiglia si adatterà al servizio (con Ascanio II) fino alla fine dei suoi giorni, con il poemetto Gli Orti di
Mecenate, ci offre un curioso parallelismo. Infatti nel suo altro poema, Il Viaggio di Parnaso (edizione a cura
di Norberto Cacciaglia, Perugia 2007), cita la Villa Medici (Francesco I) di Pratolino, eseguita dal Buontalenti
dal 1568 e terminata nel 1575 (stesso anno per la villa del cardinale Fulvio della Corgna in località Colle
Umberto di Perugia). Il Caporali immagina che l’arte stessa della poesia e l’arte tutta nel regno di Apollo,
siano come la facciata di un palazzo meravigliosamente ed ordinatamente ben impaginato. Con buona pace
della natura e del paesaggio, si esalta la razionalità ed il costruito; l'antenato Corniolo, che pur aveva
strutturato la collina con grande abilità, mai avrebbe potuto concepire al suo tempo un ‘ingranare di
mattoni’ e di ‘invenzioni’ così esteso. Il Buontalenti, coetaneo di Alessi, è di famiglia nobile (Buonaccorsi) è
amico in gioventù di Francesco I Medici, il quale non è ancora signore di Firenze, ed interviene sulla villa di
Pratolino al fine di celebrarvi il proprio matrimonio (1575); per allora il Buontalenti aveva realizzato solo
una delle grotte di Boboli in cui sembra di maggior interesse il rivestimento in finte stallattiti, che non una
forma architettonica. Il Caporali conosce la villa di Pratolino, decisamente allineata al gusto corrente e
Alessiano, evidentemente al tempo del matrimonio durante il quale si aggirava da ospite anche Cervantes.
Essa non ha ancora gli arredi sopraggiunti dieci anni dopo con il Giambologna ed altri artisti, quando
Francesco I è ormai Granduca. Il Caporali la sintetizza paesaggisticamente come luogo di “delitie
serenissime e superbe”… “con altri fior, con vaghe erbe”. Castiglion del lago esiste già ed il Caporali ne
descrive appunto le “vaghe erbe” razionalmente sistemate e non parla dell’edificio. In una lettera di
Scipione Tarlati si descrive così Castiglione: “di fronte al ricco e sontuoso palazzo, sono tre giardini vaghi,
con tutte le sorti di frutta rara e singolare, con spalliere di arance e cedri, con tramezzi di lauri e di
mortelle ben distinte che fanno di bellissima vista i viali sempre verdeggianti e per di più fioriti”.
Solo dieci anni più tardi circa, le “invenzioni” che prevalgono a Pratolino prendono una piega sconosciuta a
Perugia. Il Giambologna con il suo Appennino entra ormai in una casistica del paesaggio personificato e
fantasioso che è già novità per altra rilevanza ed altra direzione. Sono questi anche gli anni della esecuzione
della villa di Colle del Cardinale impostata, non si dimentichi, su di una vallata ed una tenuta di mille ettari.
Questi eventi paralleli, collegati nella persona del Caporali, ci suggeriscono già una autodeterminazione dei
Della Corgna, cioè un loro intervento diretto, fecondo, sapiente e non imitativo, sebbene certamente meno
fortunato e più 'contadino'.
Va ricordato ancora che Paolo IV, oltre a destituire i fratelli Della Corgna nel 1555, espropriò anche Villa
Giulia a Roma. Questo gesto venne da tutti disapprovato a tal punto che veniamo così a sapere quanto la
fama della Villa fosse vastissima. Riprendendo presto i lavori l'Ammannati porrà la firma sulla colonna di
destra del suo portico ed il Vasari parlando della sua vita dirà che è una delle sue opere. Essa era
originata dalla proprietà di tre vigne. L’ingresso era preceduto da una strada in lieve salita, coronata
all'incrocio con la via Flaminia da fontane e portali delle vigne stesse, compreso quello oltre l'importante
arteria consolare, riprodotto ingigantito nel palazzo moderno costruito verso il Tevere; la villa cioè aveva
uno stradone di ingresso in salita, così come vediamo appositamente creare dall'Alessi nelle sue ville. A
Roma ne risulta oggi annullata la percezione con la realizzazione di edifici come il casino di Pio IV, ceduto
ai Borromeo, ma ne rimane la svasatura dell'innesto sulla strada ancor coronata dalle fontane sebbene
abbondantemente rivedute. Non si poteva abbandonare un'opera così famosa e tenere Villa Giulia sfitta
data la sua fama; così diviene già sotto lo stesso Paolo IV e fino alla fine dello Stato Pontificio, ospiteria
diplomatica: Cristina di Svezia vi verrà accolta prima del suo ingresso a Roma. Intanto il cerchio dei
riferimenti Alessiani si stringe.
Il Paese di Castiglione è posto su di una penisola alta sul lago, per derivato di una glaciazione o alluvione, o
terremoti, la sua collina costituisce eccezione geologica. La forma allungata nella direttrice est-ovest,
presenta ad est, sul lago, una fortificazione a sprone dovuta a Federico II, che ha impiegato tutte le pietre
del nucleo antico costituito da un santuario etrusco, poi certamente mutato in chiesa ad impianto basilicale
con tre absidi. Di questa chiesa rimane in vista solo l'abside centrale ed una riduzione in cappella effettuata
su di essa sotto il titolo dei santi Filippo e Giacomo. Il recinto medievale del paese era più basso e merlato;
nel medioevo finale è stato sopraelevato a cura della città di Perugia. La parte occidentale del paese invece
consente dubbi poiché si tramanda per essa una parrocchia esterna alle mura attuali. La parte occidentale,
dunque, tra raddrizzamenti e consolidamenti, è interamente ridisegnata. Per Ascanio l’ingresso importante
al paese è verso nord e si chiama Porta Fiorentina. Si tratta di un grande portale bugnato.
Nel 1563 Ascanio e l’Alessi ne regolarizzano le strade sia per allineamento, sia per livelli, come si nota in
particolare al centro dove confluivano due ingressi contrapposti. La chiesa di San Domenico, voluta da
Eleonora de Mendoza, moglie di Fulvio(II) nel 1600, è stata ricavata in adiacenza al convento agostiniano
venuto con Ascanio, sfruttando le mura di una abitazione quattocentesca, della quale ben si vedono i livelli
inferiori. Poi si è voluto uno stradone esterno per le corse e per la muta. Si è fatto un palazzo alla moderna
e da questo fino a tutto il castello, si è creato un giardino, inteso come “tre giardini”, diviso in settori
collegati da percorsi entro alte mura, comprendente la grande fortificazione federiciana, cui si accede
anche per collegamento coperto alla maniera del telo tra Castel sant'Angelo e i Palazzi Vaticani. Ad
occidente tre strade si dividono a tridente verso i tre nuclei sopramenzionati delle Badie e di Sant’Ansano,
ma il territorio viene ancor più colonizzato in “Poste”(termine preesistente giacché la posta di
Casamaggiore era stata appaltata dal Pinturicchio) che ora potranno essere date in concessione dal
marchese. Sono incentivati nuovi insediamenti agricoli. Ne dovettero comparire almeno cinque. In essi si
progettano abitazioni specifiche che andranno ad occupare le zone strappate al pascolo e di nuova
utilizzazione e, in un contesto di innovazione, a carattere isolato: si tratta della nascita dei casali; nella
campagna di Castiglione sono luoghi plurifamiliari organizzati intorno ad una torre palombara. Per ciascun
luogo nascono chiese di riferimento, alcune delle quali resteranno sproporzionate (vedi la Madonna Del
Poggio) rispetto agli abitanti. L’architettura semplice di queste chiese ci inganna per la sua durata nel gusto,
rimanendo simili fino all’ottocento e oltre. Le ville hanno pozzo, stalle, magazzini e cantine. Le "ville"
ovvero agglomerati ove non esistono mura o si abbatterono quelle che c'erano, sono incroci di strade
molto irregolari perché la viabilità principale è tangente e non necessaria ad una popolazione stanziale.
Ancora nell’ottocento non si riesce a creare piazze definite e talvolta i sagrati sono diversamente orientati
rispetto alle strade e ad un pozzo principale del luogo. Le strade, definibili a stella o a polipo, conducono ai
campi. Nella località Gioiella viene costruita la palazzina di caccia, con giardino e panorama. Ingrediente
indispensabile della vita del signore, che nulla ha a che vedere con il Palazzo principale sede del Ducato.
Strada in forma di ippodromo intorno alle mura di Castiglion del Lago. (Foto di Claudio Baroni)
Torre palombara del versante sud di Castiglione, al centro dei terrazzamenti ortivi. (Foto C.Baroni)
La penisola di Castiglion del lago vista da sud. (Foto C.Baroni)
La Primavera secondo una raffigurazione nel palazzo della famiglia Geraldini ad Amelia.(Immagine di repertorio)
Paesaggio "ancestrale" secondo una raffigurazione nel palazzo Geraldini ad Amelia. (immagine di repertorio)
Palazzo ad Acquasparta, primo feudo acquisito da Pierluigi Farnese e rivenduto ai Cesi. (Foto Massimo Achilli)
Le campagne di Castiglione sono luogo fecondo di boschi, oliveti, vigne e colture di cereali importanti per
Perugia, ma sulle ripe del suo colle, verso sud, il paese ha una torre palombara al centro della scarpata ed
una impostazione a terrazze. Si tratta di colture ortive che verranno proposte anche presso le ville e le
abitazioni coloniche ed è ad esse che si destina come fertilizzante il guano delle palombe allevate. Presso il
paese non si esclude qualche idoneità irrigua di risulta dal giardino di Ascanio sebbene di povera capacità.
Alla base c’è una organizzazione alimentare rinnovata. Una ricerca di una maggiore varietà di cibi. La
stanzialità porta ad un più capillare disboscamento per la necessità di fieno per gli allevamenti parcellizzati
presso ogni famiglia. Il fieno lo si rende reperibile ovunque. Esso comincia a costituire un bene diffuso di
buon ritorno economico. Ancora nel XIX secolo Giuseppe Fabretti, segretario comunale di Magione per lo
Stato Pontificio, si meraviglia di quanto fosse capillare la raccolta del fieno al punto di stoccarlo anche in
paese, anche nelle camere, anche nelle terrazze, con un rischio di incendi assurdo (G.P.Chiodini, Un diario
dell'ottocento. Il Giornale magionese di Giuseppe Fabretti, Ed. Guerra, Perugia 1997) . La variazione dei cibi,
un progetto che deve terminare sulle tavole del signore, è un incredibile insieme per come viene descritto
da Cesare Caporali. Le carni diventano il piatto forte, sono di grande varietà. Le torri palombare assicurano
anche le carni minute accompagnate dai prodotti ortofrutticoli. Le torri e i magazzini nelle ville
costituiscono un sistema di ammasso (e di controllo) di maggiore potenzialità economica, per la
destinazione al commercio della eccedenza. Esiste anche una forma di competitività per chi produce
meglio, cose più buone, animali più belli. E’ la mensa del signore che guarda e seleziona. Tutto questo
finché c’è il signore. La divisione in Poste, lo stanziamento di nuovi nuclei richiede alla base una
quantificazione delle capacità lavorative non più basata solo sugli uomini, ma adesso su di tutta la famiglia.
I campi vengono razionalizzati in base a queste capacità e in base ad un insieme più complesso di culture.
Inoltre facendo attenzione a fossi e allineamenti si ottiene da essi altro fieno.
Portale del Viridarium Cesi ad Acquasparta. (Foto M.Achilli)
Viridarium Cesi ad Acquasparta. (Foto M.Achilli)
Doccione della prima e più bassa gronda del Viridarium. Se si confronta con la gronda di Sant'Angelo della Pace a
Perugia, si distingue l'evoluzione "autoironica" dell'uomo del Rinascimento. (Foto M.Achilli)
Si tratta di elementi in diffusione nel Rinascimento, originati e presenti già nel Quattrocento, ma prima si
era restii, per necessità intrinseche, a lasciare la città o il castello. Le palombe avevano le loro buche sotto
le gronde delle case, poi al tempo di Ascanio ottengono con le torri un vano a loro dedicato.
Successivamente si realizzeranno torri prevalentemente circolari occupate unicamente dalle palombe. Sono
ormai evidenti, per grandi numeri, le abitudini di quei volatili al branco, alla fedeltà alla casa di nascita, alla
preferenza di ambiti di quiete, come le piccole valli fuori mano: l’ideale per chi vuole utilizzare ormai tutto il
territorio. La resistenza maggiore al cambiamento, comunque superata, sembra trovarsi nella
parcellizzazione dei campi, prima concepiti con una unica coltura di squadra.
Ripercorriamo la nostra piccola storia con la variazione della destinazione agricola. Nello statuto del 1279 le
“pedate” (perché ai piedi dei colli) del lago sono unite all’attività di pesca; ci sono dei limiti fissati e c’è una
sorta di strada a monte; l’appalto di queste pedate è per cinque anni. Nel sec. XV il Comune è disattento ed
il lago è nella disponibilità delle grandi famiglie. Dal 1566 il marchese Marco Antonio Florenzi propone ed
ottiene un appalto unico e generale, suscitando il provvedimento legislativo di Pio V rimasto in uso sul Lago
per tutta la durata ulteriore dello Stato Pontificio. Nel 1279 le pedate sono con filari e grano, a monte con
olivi e grano. Il territorio di Castiglione è sempre considerato parte agricola del lago più produttiva
("riproduttiva") e per questo severamente, quanto stranamente, tenuto fuori da un rapporto commerciale
con le disposizioni sulla pesca. (AA.VV., Il Trasimeno, la complessa gestione di un lago laminare, EFFE
Fabrizio Fabbri Editore, Perugia 2011).
Come abbiamo comparato delle persone tra loro, così vale la pena di comparare i territori confrontando
una realtà certamente di eguale ambito culturale, ma che interviene circa settanta anni dopo Ascanio e
Alessi. Si tratta di un parallelismo con Acquasparta, paese quale venne a rinnovarsi su commissione dei
Cesi. Il palazzo ed il suo giardino occupano una estremità del paese, un ingresso è in testa ma il principale
è trasversale; il fianco scosceso è a terrazzamenti con una torre palombara al centro. Una valle chiusa
ricca d’acqua e non sferzata dai venti diventa il Viridarium concepito come loggia di raccordo tra livelli,
contenente una peschiera in grotta (a destra dei tre fornici tamponati), vi si citano le forme e gli elementi
di Sant’Angelo della Pace a Perugia (Portico poi chiesa commissionata dal cardinale Tiberio Crispo nel
1545) come pure alla grotta del Buontalenti o a qualunque altro ninfeo a finta grotta come nel gusto di
quei tempi. C’è il concetto dell’ammasso, ma in questo caso, nella grande contrazione economica
dell’Italia del seicento, è il signore che accumula riserve.
Per concludere, per meglio comprendere quel tempo, davanti alla ricchezza del nostro passato, ma anche
davanti ai problemi ed alle analisi ecologiche attuali certamente meno persuase dell'importanza del
mattone, ci chiediamo se questo paesaggio determinato nel Cinquecento lo si possa oggi giudicare un bene
o un male.
Siamo debitori a questa epoca della varietà di cibo, dei nostri criteri abitativi e di una scala gerarchica degli
elementi del paesaggio. Si può riassumere meglio come percezione del paesaggio per somma di elementi;
esso è bello se gli elementi sono culturalmente accettati, esso è brutto se gli elementi sono culturalmente
rifiutati. Basti pensare che una torre sulla cima di un monte costituisce un bel segno nel territorio, non lo
costituisce un edificio attuale anche se minore, perché non è "cultura". Siamo molto diversi per la
preferenza che abbiamo verso il bosco che riprende terreno sui campi e per una economia meccanizzata
favorevole alle monoculture, riunificando con esse i campi in un'unica lavorazione in esatta antitesi a
quanto sopra descritto ed a quel paesaggio agrario di allora, rimasto fino ai nostri giorni, che va
scomparendo. (Rimando alla foto dell'area di Santa Maria degli Angeli nell'intervento di Paolo Camerieri).
Siamo debitori di una gerarchizzazione del paesaggio, rimossa ad esempio dall’Impressionismo o
dall’attuale ecologia. L'equilibrio si cerca in una sensazione anche inconsueta o lo si conosce per effettiva
sostenibilità dell'equilibrio stesso.
Torre per l'allevamento delle palombe posta sopra il Viridarium Cesi. (Foto M.Achilli)
Incavi naturali utilizzati per la transumanza; qui è l'arrivo agli abbeveratoi prossimi al Viridarium (Foto M.Achilli)
Avviene in Umbria nel Rinascimento quello che più fortunatamente ha esercitato il Palladio: una
architettura magniloquente, ma con materiali poveri per una sperimentazione più diffusa tra le famiglie più
abbienti che cercano di insediare il territorio capillarmente.
Per altro verso è un vero disastro. All’esaurirsi degli eredi della famiglia Della Corgna si è entrati in una sorta
di limbo con fattori o affittuari che nulla hanno mantenuto, ancor meno hanno tramandato della scossa
data in quel periodo. Ascanio era signore assoluto ed il paese ospitava prima di tutto persone al suo
servizio. Le campagne erano al suo servizio. Ma è con lui che la popolazione si fissa. Con la fine di quel
casato la popolazione rimane, si frantuma la proprietà. Ed è proprio da quest'ultimo 'derivato' che si può
osservare un ultimo raffronto che illumina una traccia dell'operato della coppia Ascanio-Alessi, in questo
caso con molto Alessi.
Il raffronto va fatto con le case padronali che si moltiplicheranno nei paesi e nei villaggi per la
frantumazione della proprietà. Esse sono murate e con giardino. Ci sono tre giardini: un giardino per la
cucina, uno per gli ospiti, uno per la famiglia nei giorni comuni. Un belvedere, un grottino, una peschiera,
un edicola o fondale e un boschetto. Sono decine le case così nel perugino, sono strettamente a ridosso dei
paesi e non nell'aperta campagna, sono tali per trecento anni. Proprio qui si nota quel carattere diverso
dalle case derivante da lenta e malcelata imitazione dall'epoca alessiana. Anche le case di tal maniera sono
in via di tramonto così come lo sono stati i sistemi agricoli.
Planimetria schematica di una abitazione padronale prossima alle sue terre, ma collocata in paese. Lo schema propone
soluzioni distanti trecento anni da Alessi. Si notano i tre giardini. Da sinistra a destra: giardino per gli ospiti con in alto il
pergolato-belvedere; ingresso all'edificio affrontato all'ingresso al giardino; ufficio del proprietario entrando a sinistra
(qui il novello Ascanio è soprattutto cacciatore); ufficio del proprietario in rapporto alla lavorazione nelle campagne
entrando a destra (qui è soprattutto economo); l'ufficio è qui in rapporto con il secondo giardino, con un secondo
ingressomaggiormente frequentato e con il magazzino; al centro in alto il cortile per la cucina (posta al primo piano
con la sala e le camere), possiede pozzo attingibile dal piano superiore. Questo schema in piccolo e con le sue varianti,
ripropone il palazzo di Ascanio.
Il Granduca Cosimo I in occasione della costituzione di Castiglione in Ducato, in territorio a lui confinante,
ebbe a dire: "che ci fa un così gran Duca in un così piccolo Ducato!"
Perugia 29 settembre 2012,
architetto Fabio Palombaro