cineforum - Cinema Teatro Astra

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cineforum - Cinema Teatro Astra
presenta
Stagione
2009
2010
l’altro
inema
C
cineforum
San Giovanni Lupatoto
Anno XVIII
Informazioni
TIPO DI INGRESSO
NUMERO DI FILM
PER CHI
COSTO
Tessera Standard
26
Tutti
€ 65,00
Tessera Senior
26
Dai 65 anni
compiuti in su
€ 45,00
Tessera Junior
26
Dai 15 ai 26 anni
€ 45,00
Ingresso Singolo
1
Tutti
€ 6,00
Prevendite
Proiezioni
Le proiezioni si terranno nelle serate di:
Biglietteria Cinema Teatro Astra nei
giorni di apertura;
Parrucchiere Estro, via Garofoli 86;
Scampoli Donà Nerino, via Roma 58 (di
fronte alla chiesa di S. Giovanni Battista).
Lunedì ore 20.45
Martedì ore 21.00
Mercoledì ore 21.15
La programmazione de “l’Altro Cinema”
Cineforum inizierà lunedì 12 ottobre 2009
e terminerà mercoledì 28 aprile 2010, con
un’interruzione dal 17 dicembre 2009 al
10 gennaio 2010.
La prevendita delle tessere terminerà
mercoledì 14 ottobre 2009 (salvo
esaurimento delle stesse prima di tale data).
Le Tessere Junior e Senior devono essere
acquistate personalmente dal titolare
munito di documento di identità.
Le Tessere Junior e Senior possono essere
cedute solo a persone con gli stessi requisiti
necessari per l’acquisto delle stesse.
Per ulteriori informazioni
Cinema Teatro Astra, via Roma 3/B
San Giovanni Lupatoto (VR)
tel/fax 045 925 08 25
www.cinemateatroastra.it
Avvisi
Non sarà consentito l’accesso in sala a
proiezione iniziata.
Le tessere danneggiate e/o smarrite non
possono essere sostituite o rimborsate.
La direzione del Cinema Teatro Astra si
riserva la possibilità di variare il presente
programma se necessario.
Si raccomanda a tutti il massimo silenzio
durante le proiezioni e di spegnere i
cellulari.
Ottobre 2009
lun 12 ore 20.45
mar 13 ore 21.00
merc 14 ore 21.15
Regia
Clint Eastwood
~
Interpreti
Clint Eastwood, Bee Vang,
Ahney Her, Christopher
Carley, Austin Douglas
Smith, John Carroll Lynch,
William Hill, Chee Thao,
Choua Kue, Brooke Chia
Thao, Scott Eastwood
~
Anno
USA 2008
~
Genere
Drammatico
~
Durata
116’
~
Nastri d’Argento 2009
Miglior film extraeuropeo
David di Donatello 2009
Miglior film straniero
Ciak D’Oro 2009
Miglior film straniero
1
Gran Torino
W
alt Kowalski ha perso la moglie e la presenza dei figli con le relative famiglie, al funerale non gli è di
alcun conforto. Così come non gli è gradita l’insistenza
con cui il giovane parroco cerca di convincerlo a confessarsi. Walt è un veterano della
guerra in Corea e non sopporta di avere, nell’abitazione a fianco, una famiglia di asiatici
di etnia Hmong. Le uniche sue passioni, oltre
alla birra, sono il suo cane e un’auto modello
Gran Torino che viene sottoposta a continua
manutenzione. La sua vita cambia il giorno
in cui il giovane vicino Thao, spinto dalla
gang capeggiata dal cugino Spider, si introduce nel suo garage avendo come mira l’auto.
Walt lo fa fuggire ma di lì a poco tempo assisterà a una violenta irruzione dei membri della gang con inatteso sconfinamento nella sua
proprietà. In quell’occasione sottrarrà Thao
alla violenza del branco ottenendo la riconoscenza della sua famiglia. Clint Eastwood non smette
mai di stupirci. Dopo averci narrato di Iwo Jima vista dai
due fronti e di un’altra intrusione dello Stato nella vita
degli individui (Changeling) ci immerge ora nel privato
di un uomo che ha fatto dell’astio nei confronti dei diversi da sé (siano essi asiatici, neri o più semplicemente
giovani) la sua ragione di vita. Il suo personaggio si chiama Kowalski. Eastwood ha una cultura cinematografica
così vasta da non poter aver scelto a caso questo cognome. Stanley Kowalski era il brutale protagonista di Un
tram che si chiama desiderio da Tennessee Williams interpretato da un Marlon Brando al suo top. Anche Walt
è brutale, in maniera così rozza che nessuno fa quasi più
caso alle sue offese di stampo razzista. È come se, ormai
anziano, il mondo attorno a lui gli facesse percepire la
sua inutilità anche da quel punto di vista. Il suo andare
sopra le righe ad ogni minima occasione lo apparenta
con l’altrettanto anziana vicina di casa asiatica che sa solo inveire e lamentarsi sul portico di casa. Saranno però
i giovani ’diversi’ (Thao e sua sorella Sue) ad aprire una
breccia nelle sue difese. Hanno l’età dei detestati nipoti
ma, a differenza di loro, hanno saputo conservare dei valori che l’Occidente non si è limitato a dimenticare ma
ha addirittura rovesciato.
Una parte della critica americana ha deriso il ’buonismo’
di questo film e chi non lo ha attaccato si è spesso trincerato dietro la fredda analisi che vorrebbe trovare in
Kowalski una sintesi dei personaggi interpretati nella
sua lunga carriera dall’attore. Può anche essere ma
Eastwood non è un regista che assembla ruoli per cinefilia compiaciuta o per autoesaltazione. Walt è un personaggio sicuramente nella linea di quelli da lui già portati sullo schermo ma è molto più complesso di quanto non
possa apparire a prima vista. Il suo rapporto con l’auto e
con le armi (straordinario e determinante il segno di pollice e indice a indicare la pistola come nei giochi dei
bambini) ma anche quello con l’unico essere umano che
si potrebbe definire suo amico (il barbiere) sono solo alcuni degli elementi che, insieme all’insorgere della malattia, costituiscono il mosaico della personalità di un
protagonista non facile da dimenticare.
Giancarlo Zappoli - MYmovies
L
e prime notizie arrivate su Gran Torino parlavano di
un Eastwood di pregio, però più semplice, più da
"grande pubblico" del solito: non un capolavoro. Ma allora, da che cosa si riconosce un capolavoro? Intanto, la
semplicità - quando è unita alla capacità di dire cose importanti - è un pregio, non un difetto. E Clint dice cose
molto importanti con estrema, classica semplicità. Nel
Il ritratto di un uomo che ha
fatto dell’odio verso i diversi
la sua ragione di vita.
raccontarci la storia di Walt Kowalski, metalmeccanico
in pensione reduce dalla guerra di Corea e fresco vedovo, convoca temi come il razzismo, il rapporto padri-figli, nientemeno che la capacità di amare. Interpretato
da Clint, Kowalski è un misantropo che ringhia come
un mastino, sta sempre a un passo dal suo fucile M-1,
manifesta odio per i "musi gialli" che gli hanno invaso il
quartiere. Eppure Walt sa amare, molto più dei suoi
grassi e squallidi figli, bravi padri di famiglia americani
cui il film riserva tutto il suo disprezzo.
Diventato eroe per caso della comunità cinese, il vecchio solitario s’ incaricherà dell’ educazione - virile,
sentimentale, al lavoro - di un timido adolescente asiatico, Thao, proprio quello che ha tentato di rubare la
sua auto-feticcio, la Gran Torino del ’ 72 centro simbolico della storia. Un grande romanzo di formazione, e in
due sensi: non solo "cresce" il ragazzino, ma anche l’ uomo al tramonto della vita. Kowalski consegna al ragazzo
le chiavi per il mondo degli adulti, impara che si possono avere molte più cose in comune con i musi gialli della porta accanto che con i propri figli.
Semplice ed epico, Clint è più eroico quando estrae un
accendino di quando, giovane Callaghan, tirava fuori la
sua 44 Magnum.
Non basta? In un film che flirta di continuo con la morte, inserisce pause da commedia geniali. Come in tutti i
tragici, in Clint alberga l’ anima di un grande comico.
Che occorre, ancora, per fare un capolavoro?
Roberto Nepoti - La Repubblica
Presentando
la tessera del Cineforum
sconto del 10%
Via Garofoli, 157 - Info line 045 545316
S. Giovanni Lupatoto - Verona - Chiuso lunedì
Ottobre 2009
lun 19 ore 20.45
mar 20 ore 21.00
merc 21 ore 21.15
Regia
Umberto Carteni
~
Interpreti
Luca Argentero, Claudia
Gerini, Filippo Nigro,
Antonio Catania, Francesco
Pannofino, Giuseppe
Cederna, Rinaldo Rocco,
Antonio Bazza, Lucia
Mascino
~
Anno
Italia 2008
~
Genere
Commedia
Durata
102’
~
Nastri d’Argento 2009
Miglior soggetto
Ciak D’Oro 2009
Miglior attrice protagonista
Claudia Gerini
2
Diverso da chi?
M
entre in Italia il dibattito sulle coppie di fatto e i
matrimoni gay si è spostato negli ultimi tempi sul
terreno etico e genetico, complice la canzone sanremese di Povia («Luca era gay») e su quello mediatico-politico-spettacolare (la candidatura di un trans alle prossime elezioni per cui ora anche la destra avrà il suo
Luxuria), la commedia «Diverso da chi?» dell’esordiente Umberto Carteni ipotizza una terza via di convivenza e coesistenza tra omo e eterosessuali. Insomma, se nel
Paese reale il confronto serio sull’argomento ristagna limitandosi agli exploit di qualche clamoroso outing, a
una canzonetta che ha ridato fiato agli italiani provinciali o a tutto ciò che fa audience, tendenza e politicamente corretto, la fiction si dimostra più audace, fantasiosa e problematicamente moderna. A riproporre un
tema sempre scottante e attuale è l’insolito triangolo
erotico-politico formato da Piero, il fidanzato Remo e la
bella Adele. Nell’imminenza delle elezioni comunali di
una indefinita città del profondo Nord, Piero, un brillante trentacinquenne, gay, militante impegnato nelle
battaglie per il diritto alla diversità e alla libertà sessuale, vince le primarie del centrosinistra diventando il
candidato sindaco. Difronte ai pregiudizi degli avversari, pronti a speculare, e allo sgomento del partito, gli viene affiancata Adele, una moderata soprannominata «la
furia centrista», espressione dei valori tradizionali e contraria persino al divorzio. L’inizio della
campagna elettorale è disastroso perché i due
candidati litigano su tutto, finché spinto da
Remo, Piero comincia a corteggiare politicamente Adele per trovare un accordo. La situazione però sfugge di mano: i due vengono travolti da
un’imprevedibile e irresistibile attrazione (...).
Luca Argentero, Claudia Gerini e Filippo Nigro
cementano il triangolo con disinvoltura e misura
in un film che non rischia più di tanto nel problematico
innesto del paradosso di un gay nella tradizione della
commedia all’italiana. Occhio al grande doppiatore
Francesco Pannofino nel ruolo del candidato del centrodestra.
Alberto Castellano - Il Mattino
N
el profondo nord-est un gruppo consiliare di centrosinistra si trova a fare i conti con la candidatura
a sindaco e le inevitabili primarie. Alla ricerca di qual-
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armadi, arredobagno, complementi.
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cuno da "bruciare", puntano il dito sul giovane gay Piero
(Luca Argentero), politico appassionato ai temi delle
"diversità". Ingenuo ma sinceramente impegnato, Piero
decide di correre alla poltrona del municipio. Dalla sua
parte, un gruppo di amici "omo" pronti a sostenerlo in
tutto: contro, la candidata iper-centrista Adele
(Claudia Gerini) e i burocrati di partito. Come al solito,
il meglio del cinema italiano lo si trova in questi titoli
"minori", figli guarda caso di un regista debuttante,
Umberto Carteni, e di una scommessa produttiva (la
prima produzione della coppia Cattleya-Uip). Con
estrema grazia e sapienza di scrittura (Fabio Bonifaci),
con una regia misurata e a tratti sin troppo timida,
Diverso da chi? è una commedia con molti pregi. E’ presente a se stessa, parla di un’Italia reale, in cui le coppie
gay sono un dato di fatto e non più una strana particolarità, ne dà finalmente per scontata la legittimità e fa un
passo in avanti, costringendo il pubblico ad assistere
con i propri occhi all’assurdità di non poter convolare
ad ufficiale convivenza (Dico latitanti). Pone, sempre
con grazia, la domanda cruciale sin dal titolo, giocando
felicemente con gli stereotipi. Piero, infatti, è nell’assurda situazione di essere fortemente attratto da Adele,
ma di non poterlo dire a nessuno, perché da politico gay
è inaccettabile il suo tradimento di Remo (Filippo
Nigro) con una "lei". Incorrerebbe infatti in una discriminazione al contrario. Non può confessarsi neppure
Quando la commedia italiana
esce dalle macchiette.
con suo padre, che ci ha messo vent’anni ad accettarlo
per quello che è ed ora non ha intenzione di ricontrattare le nuove certezze. Con una colonna sonora anni
Sessanta Settanta (i decenni delle grandi battaglie), un
lavoro eccelso sui costumi (Roberto Chiocchi) e soprattutto una partecipazione sincera e ad alta professionalità di tutti gli attori (in secondo piano ma bravissimi i
"burocrati" Antonio Catania e Giuseppe Cederna), con
al centro una Claudia Gerini iper-femminile e brava come raramente, Diverso da chi? è alla lunga il titolo italiano da preferire in questi giorni in sala.
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San Giovanni Lupatoto (VR)
Ottobre 2009
lun 26 ore 20.45
mar 27 ore 21.00
merc 28 ore 21.15
Regia
Kevin Macdonald
~
Interpreti
Russell Crowe, Ben Affleck,
Rachel McAdams, Helen
Mirren, Wendy Makkena,
Katy Mixon, Viola Davis,
Jeff Daniels, Maria Thayer,
Harry Lennix, David
Harbour, Rob Benedict, Zoe
Lister Jones, Gregg Binkley,
Arabella Field, Cornell
Womack, Robert Bizik, Dan
Brown, Eileen Grubba,
Brennan Brown, Jason
Bateman, Robin Wright
Penn
~
Anno
USA, Gran Bretagna 2009
~
Genere
Azione
~
Durata
125’
3
State of play
C
al McAffrey è un veterano della carta stampata, il
suo è un giornalismo che va di persona alla fonte,
che investiga, si pone domande, nel nome della verità e di una buona storia. Stephen Collins
è stato suo compagno di studi e di stanza e ora è
un giovane ed ambizioso deputato a capo di un
comitato che controlla le spese per la difesa nazionale, in odore di abnormi illeciti. Quando la
bella assistente nonché amante di Collins
muore in un dubbio incidente, le strade dei due
amici tornano ad incrociarsi tra loro e con
quelle della giovane Della Frye, reginetta della
blogosfera, e di Anne Collins, moglie di
Stephen, alla quale Cal è tutt’altro che estraneo. Riduzione e reinvenzione dell’omonima
miniserie inglese di sei ore, State of Play sposta l’azione
nel cuore simbolico del potere, Washington D.C., e racconta un’appassionante partita a guardie e ladri tra politica e giornalismo, dove ognuno dei contendenti conosce ed usa gli strumenti dell’altro e fa leva sulle sue debolezze. Arbitra Kevin McDonald, che viene dal documentario (e che documentario, Un giorno a settembre)
e sa trovare la verità nell’invenzione. Il mondo del giornalismo è ritratto con l’occhio dell’insider: tra la macchina da presa e il mestiere messo in scena non c’è altro
filtro che una parete di vetro, trasparente; il mondo della politica, al contrario, è il regno della mediazione:
schermi televisivi, obiettivi fotografici, microfoni cui affidare frasi scelte e ponderate. L’umanità della storia s’infila nel mezzo, là dove il politico bussa alla porta del reporter e viceversa. Tutto, qui, ha almeno una doppia prospettiva e più spesso un ventaglio di prospettive: un ventaglio di penne, una per ogni versione possibile dell’articolo da scrivere. Il film stesso raddoppia, rilanciandosi
nel finale, e innestando magistralmente, sul tempo "reale" del giornale che deve andare in stampa, il tempo finzionale del genere: le intuizioni dell’ultimo minuto, l’arrivo provvidenziale della polizia. Il risultato è un presente caricato di urgenza, una situazione in costante divenire, uno "state of play" bisognoso di costante aggiornamento, per il quale, forse, il vecchio giornalismo sporco
d’inchiostro non è più adatto. Russell Crowe e Ben
Affleck hanno preso in corso d’opera il posto che doveva essere di Brad Pitt e Edward Norton e ci stanno così
bene che si fatica a pensarli altrove: il primo col suo mimetismo e l’aria un poco fuori moda e fuori uso, e il secondo con quell’aria belloccia e compassionevole in
un’era in cui i bellocci non fanno più compassione a nessuno. Al loro fianco, Helen Mirren e Jason Bateman assicurano il movimento della pagina, il tocco di stile.
Marianna Cappi - MYmovies 2009
involgere un politico al di sopra di ogni sospetto (Ben
Affleck), un giovane astro nascente del congresso che
presiede una commissione di inchiesta sull’outsourcing
del Pentagono verso una società di mercenari. (...) Cal
MacAffrey, il tignoso ma integerrimo protagonista del
Un’appassionante partita
a guardie e ladri
tra politica e giornalismo.
film di Macdonald discende dalla categoria proletaria di
reporter che nei noir di Hollywood e nelle foto di
Weegee pattugliano i commissariati e i corridoi del municipio in cerca di utili soffiate. Una figura virtuosa all’opposto della casta cortigiana portavoce della politica
e dei potenti. Un modello ideale e idealizzato che nell’era radiofonica ha il suo campione in Edward Murrow e in
quella tv trova il suo massimo momento nella copertura
della guerra in Vietnam. La realtà è naturalmente un po’
più complessa ai tempi dei corrispondenti embedded e
dei media gestiti da portavoce e amministratori del consenso, ciò che rimane del giornalismo «vero» in teoria si
trova asserragliato nelle redazioni dei grandi giornali, tutelato da direttori all’antica che insistono sulle doppie
fonti e sulle regole deontologiche insegnate nelle università. Un’isola minacciata però dalla marea montante
delle notizie «spazzatura» e così MacAffrey 30 anni dopo
Watergate si ritrova a navigare una geografia mediatica
irriconoscibile. Il suo giornale è in piena crisi acquistato
di fresco da una grande holding che esige utili industriali ed è pronta a tutto per ottenerli. Soprattutto non ha la
pazienza necessaria per assemblare coerentemente e indipendentemente i fatti necessari alle vere denunce e
punta molto invece sui blog dell’edizione on-line, il cosiddetto twitteraggio delle notizie, la presenza ellittica
ma istantanea in rete. È questo a intralciare, più ancora
dei depistaggi e le reticenze ufficiali, il lavoro di
MacAffrey. Il crepuscolo dei quotidiani dà amarezza a
questa storia di giornalismo riflettendo fedelmente l’attuale situazione nordamericana.
Luca Celada - Il Manifesto
R
ussell Crowe è un giornalista, vero mastino nella redazione del Washington Globe, veterano di mille
inchieste che si muove in una rete di utili amicizie e preziose fonti: il commissario di polizia, la patologa dell’obitorio, il funzionario del ministero. Un cronista all’antica
che sa portare a casa la storia, fatti e fonti dietro la verità. In apertura indaga su un evento di apparente ordinaria cronaca nera, un omicidio in un quartiere malfamato;
una matassa che inaspettatamente si infittisce fino a co-
Via F. Garofoli, 1
tel. 045 8753435
fax 045 547878
San Giovanni Lupatoto
(Verona)
Novembre 2009
lun 2 ore 20.45
mar 3 ore 21.00
merc 4 ore 21.15
Regia
Francesca Archibugi
~
Interpreti
Antonio Albanese, Kim
Rossi Stuart, Micaela
Ramazzotti, Francesca
Inaudi, Andrea Calligari,
Nelsi Xhemalaj, Chiara
Noschese, Paolo Villaggio,
Sabina Vannucchi
Anno
Italia 2008
~
Genere
Drammatico
~
Durata
104’
~
Ciak D’Oro 2009
Miglior attrice
non protagonista
Micaela Ramazzotti
Questione di cuore
A
ngelo è un giovane carrozziere che accumula beni,
Alberto uno sceneggiatore di successo che spreca
parole. Colpiti al cuore da un infarto e dalla vita, vengono ricoverati nella stessa notte e nella stessa clinica.
Vicini di letto e lontani di mondi, Angelo e Alberto scoprono una zona franca, dove scambiarsi emozioni, ricaricare il cuore e risollevare lo spirito. Angelo, padre di due
figli e marito innamorato di Rossana, organizza il disagio
seguito alla malattia, Alberto, fidanzato senza più voglie
di Carla, esplora la sua infelicità e cerca parole per raccontarla. Dimessi dalla clinica, la casa di Angelo diventerà l’officina in cui mettere a punto il motore, il ricovero dove il Pigneto incontra la prima circoscrizione, il laboratorio dove lo scrittore ritrova la curiosità sincera di
un’osservazione partecipe. Se Mignon è partita, Verso
sera, L’albero delle pere e Lezioni di volo misuravano gli
intervalli fra generazioni e le irriducibili incomprensioni
fra padri/madri e figli/figlie, Questione di cuore confronta e incontra la stessa età. Da una parte il disagio
agiato di uno sceneggiatore gaudente, dall’altra l’accomodante accomodare di un carrozziere familista.
Francesca Archibugi, impartita la lezione a due acerbi sprovveduti che hanno rinunciato volontariamente a ogni impegno intellettuale, "rientra"
dall’India nel paesaggio italiano, più peculiarmente
romano e ampiamente frequentato dalla sua filmografia. Rincasa con un un’amicizia al maschile che
diventa il pretesto per interrogarsi e indagare il rapporto tra realtà e scrittura. Esplorando la storia di
due uomini di diversa estrazione culturale, attaccati
ai reciproci pregiudizi di classe ma uniti dall’esperienza
drammatica trascorsa nel reparto di terapia intensiva di
un ospedale romano, la regista affronta le sue personali
inquietudini riguardo alla crisi sociale e culturale del nostro paese. Storia e cronaca non entrano nel film se non
attraverso "finestre aperte" sulla borgata e finiscono per
riflettersi in maniera decisiva sulle esistenze e sui vincoli affettivi (e di classe) dei protagonisti. La vita colpita al
cuore abbatte il rapporto di asimmetria sociale, determina un cambio o una liberazione nel modo in cui i "soggetti a rischio" si relazionano col mondo: l’aria da divo di
Alberto, che consuma nel suo grande appartamento gli
ultimi scampoli di un’ormai tramontata agiatezza, e il
proletario senso pratico di Angelo, che ha cresciuto due
figli e farà amorevolmente fronte all’inettitudine dell’a-
NEL
CENTRO COMMERCIALE
SAN GIOVANNI LUPATOTO
S. S. VERONA-LEGNAGO
4
mico. Nonostante la società abbia costruito fra di loro
una barriera invalicabile, la necrosi del cuore li ha uniti,
allentando i ruoli, aprendo la possibilità di guardarsi in
modo diverso e progredendo verso una reciproca comprensione. Se l’Archibugi è indubbiamente abile a descrivere le sfumature del comportamento dei suoi personaggi, la raffinatezza di Questione di cuore si deve in
grande misura all’interpretazione di Antonio Albanese e
di Kim Rossi Stuart. Il primo mostrando la vulnerabilità
che si cela sotto la superficie caustica, il secondo mantenendo una presenza più discreta e distaccata, ma non
meno capace di suscitare venature di intenso sentimento. La storia di Alberto e Angelo invita lo spettatore a
contemplare, nel contesto di due vite (stra)ordinarie, i
paradossi dell’amicizia, il vincolo di necessità e di affetto
sincero che la patologia cardiovascolare e la malattia esistenziale hanno stabilito. Questione di cuore è la registrazione dell’attività elettrica ed emotiva di cuori affini
che hanno sfidato il dolore senza bypassarlo? Questa è la
domanda. Parola di Antonio Albanese.
Marzia Gandolfi - MYmovies 2009
Nel cuore degli uomini.
U
na bellissima storia di amicizia maschile e bravissimi attori stanno al centro di Questione di cuore, diretto da Francesca Archibugi, tratto dal romanzo di
Umberto Contarello (Feltrinelli). Due uomini giovani si
conoscono per caso nel reparto rianimazione dell’ospedale romano in cui sono tutti e due ricoverati per aver
subìto un infarto. Non si somigliano, hanno nulla in comune. Kim Rossi Stuart è uno degli infiniti italiani senza
più identità sociale: ex sottoproletario, ex carrozziere di
ex borgata divenuto piccolo imprenditore d’un quartiere
alla moda. Quel che non ha perduto è l’identità umana:
un uomo bello, calmo, innamorato della moglie, buon
padre di due figli, generoso, scherzoso. L’altro, Antonio
Albanese, è uno sceneggiatore solitario, temperamentale, rumoroso, freddo sentimentalmente. Diventano amici senza ragione, al modo degli adolescenti: complicità,
risate, divertimento, confidenza. (...) La bravura degli attori, specialmente di Kim Rossi Stuart, è grande; la drammaticità della vicenda pure, e anche la presenza di
Micaela Ramazzotti nella parte della moglie di Kim è essenziale per espressività e femminilità profonde. La finezza dell’attrice nel vedere spegnersi il marito e fingere di
nulla è simile alla eloquenza di Rossi Stuart con le sue
gambe deboli, il colorito terreo, i piccoli gesti affaticati, i
sorrisi forzati della paura. Albanese, bravissimo sempre,
sembra una molla caricata di vitalità: chiede e chiede al
nuovo amico divenuto ormai indispensabile, vuole lavorare con lui e sperimentare i vantaggi della fatica fisica, si
mescola alla famiglia di lui, pare un cinghiale che frughi
alla ricerca di nutrimento.Bisogna essere davvero bravi
per ottenere qualcosa di simile, e lo è Francesca
Archibugi, da sempre architetto dei sentimenti, investigatrice delicata e forte del cuore della gente, eccellente
direttrice d’attori e analista d’Italia.
Lietta Tornabuoni - La Stampa
Coco Avant Chanel
L’amore prima del mito
I
Regia
Anne Fontaine
~
Interpreti
Audrey Tautou, Alessandro
Nivola, Benoît Poelvoorde,
Marie Gillain, Emmanuelle
Devos, Régis Royer, Etienne
Bartholomeus, Yan Duffas,
Fabien Béhar, Roch
Leibovici, Jean-Yves
Chatelais, Pierre Diot,
Vincent Nemeth, Bruno
Abraham-Kremer, MarieBénédicte Roy
~
Anno
Francia 2008
~
Genere
Biografico
~
Durata
110’
5
l titolo è esatto. Non è la biografia di una delle personalità più celebrate dell’alta moda del Novecento, in
Francia e nel mondo, ma sono i suoi esordi, la sua infanzia, la sua giovinezza prima che Coco diventasse Chanel.
Una nascita in campagna, quasi subito, morta
la madre, scompare il padre, un orfanotrofio
insieme con la sorella, poi dei tentativi, presto
falliti, di diventare un cantante in locali frequentati da militari, impieghi modesti in sartorie di provincia, fino ad incontrare un gentiluomo di campagna che la porterà a vivere
con sé in un suo castello frequentato dalla società frivola del luogo, dedita a feste, a balli,
all’equitazione.
Lì, pur con quella relazione con il padron di
casa, cui non la legano veri sentimenti, l’incontro con
un giovane inglese che potrebbe invece diventare il
grande amore, subito troncato, però, dalla tragica fine di
lui al volante della propria auto.
Da qui il distacco da tutti e da tutto e l’approdo a Parigi
dove quelle sue prime esperienze di sartoria (si era ispirata solo a linee semplici e sobrie) non tarderanno a farla arrivare alla gloria. La lasciamo così dopo una delle
sue più famose sfilate, tra i suoi prestigiosi modelli. Al
momento in cui è diventata Chanel.
Ci ha raccontato queste vicende, desumendole da un libro che non aveva avuto il bisogno di romanzarle, una
regista parigina, Anne Fontaine, di cui, fra i tanti film,
si ricorderà quasi certamente «Nathalie» nel 2003 con
Fanny Ardant. L’infanzia, la solitudine, l’orfanotrofio li
ha rappresentati con luci scure, quasi plumbee, anche
quando le campagne attorno erano immerse nel sole. La
vita al castello, le mondanità, i rapporti con i due uomini, il protettore e il vero amante, li ha affidati invece a
una grande varietà di colori per farli meglio contrastare
con la discrezione del nuovo modo di vestirsi di Coco,
all’insegna, specie dopo il lutto, di quel nero che favorirà presto il taglio quasi maschile e senza ornamenti degli
abiti cui cominciava a dedicarsi.
Con ritmi disinvolti, soste attente sulle evoluzioni psicologiche dei personaggi, immagini, quasi all’opposto,
sempre poeticamente preziose (i campi, il mare, gli interni del castello). Lasciando che vi «vivesse» in mezzo,
come Coco, una vitalissima Audrey Tautou, attenta a
comporre un personaggio tutto riserbo e grazia con tocchi fini.
Gian Luigi Rondi - Il Tempo
racconto parte dal suo arrivo in orfanotrofio con la sorellina Adrienne. Seguono agli inizi del ’900 gli spettacolini da bar con cui la coppia arrotondava cantando.
Coco lavora come sartina, ma vorrebbe sbarcare a
Parigi, per cantare, così, inaspettata si presenta nella
magione di Balsan. Che la ospita come amante di qualche giorno. Il rapporto è aspro, di interesse e senza amo-
Una sartina alla conquista
del mondo dell’alta moda.
re. Ma Coco ha verve, temperamento, pur dovendo rimanere defilata impone i suoi gusti. Toglie penne e orpelli ai cappelli delle donne del belmondo, si veste come un maschio per andare a cavallo, impone un’eleganza fatta di sobrietà. E alla lunga tra i due nasce un sentimento, messo in discussione dall’arrivo di Arthur Boy
Capel. Inglese, belloccio, ma costretto a sposare una nobildonna, fatto che non impedisce a Coco di vivere
un’intensa storia d’amore. Anzi è lui a fornirle il denaro
per aprire un atelier da modista, volano per quel che sarà il futuro della maison. Coco diventerà per sempre un
marchio. Protagonista assoluta Audrey Tautou che
punta a rievocare più che somigliare, accanto al belga
Benoit Poelvoorde, Alessandro Nivola e Marie Gillain.
Come in tutti i biopic c’è un po’ troppo senno di poi,
con frasi piazzate per dimostrare le intuizioni che renderanno grande la stilista Coco, che in seguito avrà anche
una vita discutibile, ma ha sicuramente il merito di aver
contribuito a gettare alle ortiche busti e ammennicoli
che ingabbiavano le donne. Forse l’immagine più efficace del film è nel finale, quando Coco, più avanti con
gli anni, vestita con uno dei suoi tailleur, vede sfilare le
modelle con le sue creazioni, seduta su una scala, applaudita ma anche profondamente sola. Quasi che quei
due amori di tanto tempo prima siano stati vissuti da
un’altra donna quella che di cognome faceva Bonheur
prima di Chanel.
Antonello Catacchio - Il Manifesto
BANCHETTI CERIMONIE MEETING
E
ra di Chanel il tailleur rosa che indossava
Jacqueline Kennedy quel giorno maledetto a
Dallas. Erano due gocce di Chanel n.5 l’unica cosa che
Marilyn dichiarava di indossare a letto. Di tutto questo
però, giustamente, non c’è traccia in Coco avant
Chanel, l’amore prima del mito, il film che Anne
Fontaine ha dedicato a Gabrielle Coco Chanel, recentemente riscoperta anche attraverso una miniserie tv e
il film che ha chiuso Cannes su Coco e Stravinsky.
Ispirato al libro L’irregolare di Charles-Roux Edmond il
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Novembre 2009