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tesla s future 260716_def
ROMA - CAPO NORD - VENEZIA
8 GIORNI E 10MILA KM
A EMISSIONI ZERO
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Cresciuto professionalmente in Banca Mediolanum dove
lavora dal 1993, prima come Consulente Globale ricopre
attualmente la carica di Training & Learning Manager di
Banca Mediolanum.
Nel 2008 ha ideato, grazie alla sua passione per la tecnologia e l’innovazione, un seminario chiamato Progress,
oggi Centodieci è Progresso, che lo ha portato a incontrare negli ultimi anni oltre 100.000 persone.
Dal 2012 per Mediolanum Corporate University è Responsabile dei percorsi formativi alla clientela per le aree
dell’Innovazione e dell’Educazione Finanziaria.
Dal 2012 è anche autore del sito Guarda il tuo futuro.
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Centodieci
Il Magazine di Mediolanum
Corporate University
Centodieci, un progetto di Mediolanum Corporate University,
lega insieme centinaia di eventi che si tengono sul territorio e un magazine online di cultura del pensiero e del
confronto, un laboratorio di riflessione multidisciplinare
aperto a tutti, perché siamo convinti che oggi più che
mai la cultura sia condivisione.
Su Centodieci.it trovate ogni giorno, nelle categorie Ispirazione, Innovazione, Formazione, Tecnologia e Creatività,
idee e strumenti per innovare con lode.
Siamo convinti
che oggi più che mai
la cultura sia condivisione.
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Tesla S Future
Un viaggio dedicato
a chi guarda il suo futuro
Perché un viaggio a Capo Nord con un’auto elettrica,
10mila chilometri in così pochi giorni attraversando
l’Europa? Per dimostrare a tutti che innovazione e cambiamento sono attuabili, per dare un esempio chiaro di
mobilità sostenibile, per documentare e certificare che
è possibile viaggiare attaccando un’auto a una presa
elettrica per la ricarica. Non a una pompa di benzina.
L’ idea di Tesla S Future è partita da Adriano Ruchini, imprenditore da sempre attento al rispetto per l’ambiente,
al futuro che dobbiamo lasciare alle nuove generazioni.
Da Adriano che aveva già deciso di fare un viaggio con il
figlio Andrea come regalo di maturità, tutti e due a bordo
della sua Tesla Model S (la prima consegnata in Italia)
diretti verso la punta più estrema della Norvegia.
Poi, dopo una chiacchierata con l’amico Marco Nardin,
imprenditore nel campo della grafica, uno di quelli sempre con le antenne dritte e che sa cogliere al volo le idee
più innovative, il progetto ha preso dimensioni e finalità
ancora più ampie. Al gruppo si è unito subito Federico
Lagni, fondatore del Tesla Club Italy e di Tesla Revolution,
primo evento italiano dedicato agli appassionati
del brand.
Perché un viaggio a Capo Nord con un’auto elettrica?
Per dimostrare che innovazione e cambiamento sono attuabili
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Ed è bastato uno squillo sul mio cellulare per farmi salire a bordo, portando dentro questa missione anche
Open BioMedical Initiative: onlus di cui sono cofondatore che impiega la tecnologia 3D per dare la possibilità
alle persone più svantaggiate di ottenere apparecchiature a basso costo e in qualsiasi parte del mondo, grazie
a uno scambio di file in open source. Protesi per gli arti,
per esempio, o un’incubatrice neonatale (BOB, Baby On
Board) che ha viaggiato nel bagagliaio dell’auto, pronta
a farsi ammirare per spiegare alla gente l’importanza
della tecnologia a sostegno dei bambini più bisognosi.
Tutto il resto è condensato in una data, l’8 luglio 2016,
giorno della partenza da via della Conciliazione a Roma,
e nelle tappe successive che hanno scandito il ritmo di
una sfida. Io, Adriano, Andrea, Marco e Federico a bordo
della Tesla S, cinque professionisti tra videomaker, fotografi e blogger sempre pronti a documentare ogni istante
del viaggio sulla safety car. E Gabriele Grassi, imprenditore (Electric80 e Bema) tra gli sponsor della missione.
Al nostro fianco un filo rosso, quello dei Tesla Supercharger in cui è stato possibile ricaricare l’auto velocemente,
mezz’ora per ottenere un’autonomia di 270 chilometri e
ripartire verso le mete prefissate. Verso il primo obiettivo,
Capo Nord e il sole di mezzanotte.
Poi verso Sud, tornando indietro diretti a Venezia dove il
16 luglio abbiamo festeggiato il traguardo della missione
durante la Festa del Redentore. Ma quello che conta di più
sta in mezzo, sta nel vedere che gli altri Paesi incontrati
in questo viaggio hanno già dato una forte sterzata verso
l’ecosostenibilità, stanno cioè credendo in un mondo in
grado di andare avanti anche senza combustibili fossili
proprio come abbiamo fatto noi con Tesla S Future. Perché
quella è la direzione, quello deve essere l’impegno di tutti,
quello è il vero progresso e il futuro di cui abbiamo bisogno.
Giancarlo Orsini.
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Day 1
Da Roma al Brennero,
743 km attaccati a una presa
Ore 9.30, via della Conciliazione, la Basilica di San Pietro
alle spalle. Tesla S Future parte dal centro della capitale,
una città che più di altre non ha ancora trovato un equilibrio di mobilità sostenibile. La gente si avvicina, è curiosa: «Ma che davero va a acqua ‘sta maghina?» chiede un
tipo de Roma. No, va a corrente elettrica, non inquina, si
ricarica con una presa, mica come le tante, troppe auto
che ogni giorno bruciano combustibile non rinnovabile».
Un’elegante signora inglese di mezza età punta Adriano
Ruchini, poi alla fine chiede un autografo. Adriano non
è un personaggio famoso, eppure si merita l’attenzione
della gente della strada perché nel dare una possibilità
a questo Pianeta ci crede davvero. Ci crede e macina chilometri e non si stanca di spiegare che siamo ancora in
tempo a fare una virata verso l’ecosostenibilità.
«Ma che davero va a acqua ‘sta maghina?»
chiede un tipo de Roma.
No, va a corrente elettrica, non inquina,
si ricarica con una presa, mica come
le tante, troppe auto che ogni giorno
bruciano combustibile non rinnovabile»
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743 km
Da Roma al Passo del Brennero
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Alle 11 il sole romano tiene i turisti all’ombra, le bancarelle distribuiscono acqua fresca al prezzo di un vino
d’annata, mentre i cicalini della polizia avvertono che sta
per arrivare il numero 2 della città. Il vice sindaco Luciano Frongia è qui per noi, apriamo il bagagliaio della Tesla
S per mostrargli un piccolo tesoro: l’incubatrice stampata in 3D da Open BioMedical Initiative, il futuro di tanti
bambini che va sostenuto non solo a parole. Poi si mette
al volante: «Che dire… è proprio bella, il prossimo anno
comprerò una Model 3, questa è bellissima ma costa un
po’ di più». Due strette di mano, le foto di rito, il volto che
annuisce al saluto secco di Ruchini: «Mi raccomando, ora
tocca a voi dare il vostro contributo per restituire a tutti
una Roma più green».
Il vice sindaco: «Che dire…
è proprio bella, il prossimo
anno comprerò una Model 3,
questa è bellissima ma costa
un po’ di più»
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Dati
a confronto
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E allora via, scortati verso la periferia della città, verso
il primo tratta d’autostrada, verso la prima colonna di
ricarica Supercharger a Magliano Sabina. Incontriamo
altre due compagne di viaggio, due gemelle Tesla S, sono
di due proprietari a tavola nel vicino ristorante. Fame?
Anche noi abbiamo bisogno di una ricarica, ma non c’è
tempo, dobbiamo raggiungere Arezzo per un’altra iniezione di elettricità. E di nuovo via fino Modena, dove la telecamera della giornalista Federica Galli è già accesa per
la prima intervista della Tv locale TRC. È questa la forza
di Tesla S Future, attirare l’attenzione, informare le persone che benzina e gasolio non sono gli unici carburanti,
come conferma il dirigente per gli affari generali di Autobrennero Mauro Azzolini. C’è lui ad aspettarci all’autogrill
di Affi, in provincia di Verona.
Da qui in poi sarà una staffetta di passione, 743 chilometri in un giorno, il primo.
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Day 2
Più di 2.000 km sulle strade
dell’Europa più green
La notte, i chilometri, la temperatura che scende salendo
verso Austria, Germania, Danimarca e Svezia. Altri colori,
insegne, odori. E poi il vento che nel Nord Europa fa girare pale e turbine eoliche. Attraversiamo Monaco, il capoluogo della Bavaria che si è prefissato un obiettivo totally
green: essere la prima metropoli al mondo a coprire
il fabbisogno elettrico attraverso fonti rinnovabili entro
il 2025. Ce la farà? Dei 7,5 miliardi di Kw/ora consumati
ogni anno, 1,3 sono già generati dal wind park a ovest
dell’ isola di Sylt, nel Mare del Nord. È questa la grande
rivoluzione tedesca che va sotto il nome di Energy Transition, che cerca di compensare in maniera sostenibile
entrate e uscite energetiche e che nella sola industry
dell’eolico dà lavoro a 33mila persone. Impossibile allora
non pensare a una circular green economy che potrebbe
intersecarsi con il mondo dell’auto: energia fornita dalla
natura ed energia consumata da macchine come Tesla.
Input e output a impatto zero.
L’industry dell’eolico dà lavoro a 33mila
persone. Impossibile allora non pensare a
una circular green economy che potrebbe
intersecarsi con il mondo dell’auto.
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Come stiamo facendo noi tappa dopo tappa, scoprendo
che più aumentano i gradi della latitudine, più cresce il
numero di Tesla e Supercharger a disposizione.
Anche otto, dieci auto in carica nello stesso momento,
una piccola vetrina che oggi ha messo in mostra la nuova Model X che a breve sarà disponibile per il mercato
italiano.
1.452 km
Dal Passo del Brennero
a Middelfart, in Danimarca
Tanti proprietari che nei prossimi anni saranno ancora
più incentivati a viaggiare in versione elettrica, visto che
il costo della produzione derivante dal solare e dall’eolico presto scenderà rispettivamente del 60 e del 40 per
cento, diventando più affordable di quella a carbone.
Il costo della produzione derivante dal solare e dall’eolico
presto scenderà rispettivamente del 60 e del 40 per cento.
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Dati
a confronto
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Ne sa qualcosa la Danimarca, quando l’abbiamo raggiunta a metà pomeriggio passando sul ponte che la collega
alla Germania; le turbine dell’eolico erano la coreografia
perfetta per descrivere quello che i numeri confermano:
il 42 per cento dell’elettricità del Paese arriva dalle turbine eoliche (record mondiale) e il 40 per cento dell’energia in eccesso viene reimmessa in rete e venduta
all’estero. E che dire della Svezia, con la vicina di casa
è in cerca del primato first fossil-fuel free country in
the world. Di sicuro ha già tagliato il traguardo come prima Nazione a produrre energia dalle onde a largo della
costa occidentale, oltre alla creazione di 20mila posti di
lavori nei prossimi 15 anni.
I segnali ci sono tutti per seguire la strada della green
economy, un pezzo alla volta, un chilometro alla volta
con in mente sempre la stessa mission: We Help Eco
Challenge diretti verso Capo Nord.
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Day 3
Il circolo polare, Nordkapp
a un pugno di chilometri
La Norvegia, una lingua verde che ci sta portando a Capo
Nord, l’obiettivo della missione Tesla S Future. Nessuna
autostrada, solo una striscia d’asfalto in mezzo ai boschi,
poche abitazioni, qualche punto di ristoro nei piccoli
centri. Ma tanti viaggiatori con in testa la voglia di raggiungere l’estremo Nord esplorabile su terraferma.
La prima ricarica è in mezzo a decine di Ford Mustung
pronte per il raduno della domenica, in Italia il sole
deve ancora sorgere, qui la luce non è mai andata via
del tutto. E noi la inseguiamo macinando chilometri
su chilometri.
La Tesla davanti, la safety car con gli operatori che documentano il viaggio dietro. La strada è di quelle meno
noiose, ricca di curve: da una parte il verde scuro della
vegetazione norvegese, dall’altra l’acqua di torrenti
e laghi. Come il Lake Snasavatnet che gira intorno
al piccolo paese di Hell. «Nonostante la latitudine
siamo arrivati all’inferno» dice Valentino mentre se
la ride. E invece no, quelle isolette che affiorano dal
pelo appena increspato sembrano il paradiso.
La Norvegia, una lingua verde
che ci sta portando a Capo Nord,
l’obiettivo della missione Tesla S Future.
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E noi non resistiamo a far alzare il drone di Daniele per
qualche ripresa dall’alto e qualche selfie con il pollice in
su. Poi via di nuovo come contrabbandieri di ecosostenibilità.
A ogni sosta la gente si ferma, incrocia le braccia, guarda
dal vivo un’auto che piace perché Tesla è riuscita a unire
zero emission a prestazioni da supercar.
1.668 km
Da Middelfart in Danimarca
a Mosjøen, Norvegia
Allora noi apriamo il bagagliaio e mostriamo qualcosa
dalle prestazioni ineguagliabili.
A tutti presentiamo BOB, Baby On Board, l’incubatrice
neonatale stampata in 3D che grazie al movimento open
source può essere replicata in qualsiasi parte del mondo.
A ogni sosta la gente si ferma,
guarda dal vivo un’auto che
piace perché Tesla è riuscita
a unire zero emission
a prestazioni da supercar.
Tesla S Future
Dati
a confronto
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Un centinaio di chilometri più in là, a metà pomeriggio,
raggiungiamo Mosjoen. Il tempo per un boccone in un
paesino che rispecchia l’anima della Norvegia: un albergo con giardino fronte lago, qualche ristorantino, la banca, la piazzetta centrale con i manifesti dei cantanti folk
attesi alla sagra locale. Il silenzio. Perché qui c’è rispetto
per il silenzio, quasi a ricordare che la natura non fa mai
rumore e noi ne facciamo parte. Poi però le esclamazioni
di stupore si fanno sentire quando valichiamo un confine, quello che segna l’inizio del Circolo Polare Artico.
La terra è montanara, la luce anche, la temperatura pure.
È solo l’inizio, da ora in poi meglio comprare maglioni e
piumini. A fine serata tocchiamo quota 4.300 chilometri.
Ne mancano circa settecento per raggiungere la meta.
Vai Tesla vai, soprattutto oggi che è il compleanno di un
certo Nikola Tesla, grazie a lui noi siamo qui oggi.
Vai, ancora qualche scarica elettrica e ci siamo!
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Day 4
Arrivati. 80 ore di viaggio e
5mila km, siamo a Capo Nord!
Portare una Tesla S a Capo Nord partendo da Roma,
senza fermarsi mai se non per ricaricare le batterie.
Fatto! Arrivati, dimenticando in un attimo gli ultimi chilometri, i più duri, quelli che fanno dire: «Ma se prima
mancavano 520 km, come è possibile che dopo due ore
ne manchino 540?!». È un abbraccio collettivo, mani che
si stringono, maglioni di lana che cercano di riscaldare i
7 gradi di temperatura esterna. La gente che si avvicina,
vede le bandiere italiane e quelle di Open BioMedical
Initiative: «Itagliani ah, bravi, bellla idea». Soprattutto
quando vedono BOB, l’incubatrice neonatale, quando
ascoltano che salverà le vite di tanti bambini. E dicono:
«Siete venuti nel posto giusto, andate a vedere la scultura dei sette medaglioni chiamata I bambini del mondo».
Oltre a chiedere: «Come si fa a fare una donazione?».
Alle 20.30 con il sole a picco nemmeno fossero le 15 uno
si domanda: «Dai, facciamo presto, altrimenti la luce va
giù e addio riprese». E invece il sole potrebbe anche farci
lavorare per tutta quella che di solito chiamiamo notte.
Di fronte a noi non ci sono altri Stati europei procedendo verso Nord. Stop. Basta. Solo il Mare di Barents, le
Isole Svalbard, il Mare Glaciale Artico. Il niente o il tutto.
Portare una Tesla S a Capo Nord
partendo da Roma, senza fermarsi mai
se non per ricaricare le batterie. Fatto!
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Missione compiuta (ma non ancora terminata, il 16 luglio torniamo a Venezia per la Festa del Redentore) grazie alla voglia di andare, di quel pizzico di avventura che
mette insieme tempo, tabelle di marcia, soste ridotte al
minimo, panini al volo, zero materassi e occhiaie scure
come le acque dei laghi norvegesi.
1.443 km
Da Mosjoen a Capo Nord, Norvegia
Soprattutto quest’ultima tappa di North Cape, la più difficile e più bella anche paesaggisticamente. Quella che
ci fa decidere di staccarci per un paio d’ore dallo staff
di professionisti che documentano il progetto Tesla S Future,
perché quest’ultimo è un roadbook in cui le colonne di
ricarica sono ancora poche e servono più minuti per assicurarci una buona autonomia.
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Dati
a confronto
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Adriano Ruchini alla guida sa centellinare ogni singola
scossa di energia per il motore della Tesla S.
È lui il mago organizzatore di questa impresa. È lui che
aspettiamo a Honningsvag per ripartire subito: gli ultimi
13 chilometri scartando autobus e ciclisti, buttando un
occhio a destra e sinistra, a delfini e renne, a laghi
e neve che si scioglie dai fiordi.
A farci soprendere ancora una volta dalla forza della
natura e a far dire a uno del gruppo: «La stiamo distruggendo in tutti i modi e allo stesso tempo cerchiamo
di ricostruirla. Pensate che tutta questa bellezza ce
l’avevano già!».
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Day 5
Puntando verso Sud,
portando a casa tanto Nord
Sulla stessa via dell’andata, ripassando sugli stessi luoghi ma con occhi diversi. Basta una nuvola a cambiare la
percezione, a definire un luogo pieno di vita o a giudicarlo carico di malinconia. E anche quando c’è il sole ti trovi
alle 11 di sera a cercare una qualsiasi tavola calda in un
centro urbanizzato come Narvik, sentendoti però rispondere: «Too late, It’s closed man, welcome in Norway». Ti
ritrovi davanti a un vecchio palco bianco e rotondo che
aspetta solo un pensiero di fronte a una platea che non
c’è, che è già chiusa dentro casa perché fuori puoi fare
due chiacchiere solo con un poliziotto tagliato come una
sequoia, lì al freddo a cercare qualche traccia d’alcol nel
driver dello staff Tesla S Future.
Welcome in Norway, che tanto la natura è così ingombrante da tirarti dentro la sua pancia, da farti parcheggiare in mezzo al nulla, la sua più grande dote fatta di
tanta acqua scura come il colore dei boschi, di rocce che
si sbriciolano, di alberi e tundra lunare. Perché di spazio
cosmico parliamo risalendo le curve per tornare sulla
linea del Circolo Polare Artico. È solo un luogo simbolico,
ma per la gente che ha sempre bisogno di una meta
è assai di più, è il certificato esistenziale che fa poi dire:
«I was here».
Basta una nuvola a cambiare la
percezione, a definire un luogo pieno di
vita o a giudicarlo carico di malinconia.
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1.443 km
Da Capo Nord a Mosjoen, Norvegia
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È l’improvvisazione che fa salire un viottolo e apre a una
distesa di piccoli cumoli di sassi, il ricordo di chi lì non ci
è passato per caso, il matrimonio voluto tra l’uomo e la
terra rispettata più della propria anima.
È qui che ci sorridono Silvia Brogli e Daniel Beutler, due
che si vogliono così bene da decidere che a Capo Nord
ci arriveranno dalla Svizzera su un trattore con la roulotte sul rimorchio. Silvia e Daniel che scopriranno tutta
l’Europa così, in giro per quattro mesi. Ci danno la loro
benedizione applaudendo alla nostra sfida che viaggia
sempre su quattro ruote, si allontanano guardando i due
cippi con la stella yugoslava e la falce e il martello sovietici, lì a ricordare che cosa è stata la Seconda Guerra
Mondiale da queste parti. La guerra che oggi fa scappare
ancora tante vite a queste latitudini e altitudini, quelle
dei migranti che aggirano confini troppo controllati sfidando il freddo polare per entrare in Europa dalla Norvegia. Confondendosi tra camperisti, viaggiatori in bici,
passatori allenati, mimetizzandosi tra la natura, l’unica
che ancora non chiede il permesso d’entrata.
La natura, l’unica
che ancora non chiede
il permesso d’entrata.
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Dati
a confronto
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Noi invece puntiamo verso Sud, quasi senza soste se non
quelle per il cambio di volante, seguendo tappe serrate
per festeggiare a Venezia un’impresa per nulla scontata.
Fame, stanchezza, scomodità? Poco importa, viaggiare
è voglia di scoprire, di condividere, di crescere ancora nonostante l’età anagrafica. Il prezzo da pagare sarà
sempre troppo poco rispetto alla conoscenza che fa più
luce di un sole di mezzanotte.
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Day 6
Copenhagen, assorbendo
tutta la sua energia green
La Svezia di notte, gli autogrill, hot dog chili & mexicana,
«compriamo un maglione senti che freddo che fa», caffè
king size, «vado in bagno, noi vai tu ma fai presto», autovelox e 60 all’ora, «oh basta con questa playlist, metti la
radio piuttosto». Dalla strada non puoi scappare, la strada ha la sua lingua, la strada ha sempre fame di biscotti
al cioccolato, alla marmellata, al cocco, al ginseng che
magari ci tengono su. La strada sa raccontare una città
e la sua gente. Tiene insieme alberi e rocce, ma anche
design e urbanistica ecosostenibile come quella danese
di Copenhagen. Mica è un caso se tre anni fa ha ricevuto
il Climate Leadership Prize e l’anno dopo è stata eletta
capitale più green d’Europa. E sì, fanno invidia i danesi,
perché ci credono più di noi: nel 2025 puntano a far diventare la loro city cento per cento carbon neutral.
Quanto ci credono ce lo dice l’asfalto del The Bicycle
Snake, un ponte alto sette metri che si snoda tra Vesterbro e Islandbrygge, tra il porto con le sue piscine artificiali e office building di cinque piani. Sopra ci sfrecciano
solo biciclette, nessuna auto, solo pedoni se rispettano
la loro corsia, perché le due ruote a pedale devono permettere di andare da una parte all’altra della città rapidamente. La corsia preferenziale è tutta loro.
Copenhagen tre anni fa ha ricevuto il
Climate Leadership Prize e l’anno dopo
è stata eletta capitale più green d’Europa.
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Copenhagen però è una città che ha dato anche un
altro valore alla sostenibilità. Lo vediamo a Norrebro, il
quartiere più multiculturale che chiedeva integrazione
al posto di delinquenza e scontri quotidiani, a cui il
governo loale ha risposto con un parco urbano in cui
il design è riuscito a unire le 57 comunità etniche con
colori e arredi ludici.
1.481 km
Da Mosjoen in Norvegia,
a Copenhagen in Danimarca
Il risultato: oggi bambini biondissimi giocano insieme
a coetanei con la pelle più scura mentre i loro genitori
chiacchierano sulle panchine. Perché anche questa
è educazione a un’energia vitale che si autosostiene
grazie alle nuove generazioni.
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Dati
a confronto
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Copenhagen è una città che si nutre della sua volontà,
compresa quella di sfornare pasti a chilometro zero, con
ingredienti coltivati sul tetto di un ex edificio industriale.
OsterGRO è molto di più di un ristorante, è the first rooftop farm and urban garden di tutta la Scandinavia.
Per entrare abbiamo salito quattro piani di una scala
a chiocciola in ferro, di quelle per le fughe in caso di incendio. Poi, dopo l’ultimo scalino, a darci il benvenuto
abbiamo trovato un comitato d’accoglienza inusuale:
cavolo, insalata, spinaci, menta, peperoncino, galline pronte a deporre le uova, api intente a produrre miele… Tutto sopra un tetto green, in cui la filiera non è nemmeno
corta, non esiste proprio. Dal coltivatore alla tavola percorrendo al massimo dieci metri. Senza camion in giro a
consumare benzina, senza spreco di cibo, senza packaging
in plastica o cartone da smaltire. L’economia green gira
anche così, peccato che non abbiate assaggiato la zuppa
di verdure dello chef chef Flemming Schiøtt Hansen.
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Day 7
Tesla Vs Human: le migliori
batterie, quelle dell’uomo
Siamo quasi a diecimila chilometri percorsi, a Kufstein,
in Austria per l’ultima sosta prima di Venezia. Una birra
nello storico pub Stollen 1930, poi un’altra che ammorbidisce la tensione serale. E arrivano i primi bilanci. Che
cosa ha funzionato in questa missione? Come siamo
riusciti a portare la Tesla Model S fino a Capo Nord?
Quanto è stata importante la tecnologia e quanto
l’uomo? Progettualità, organizzazione, esecuzione: l’essere umano continua a fare la differenza rispetto alla macchina. Perché un’auto, per quanto evoluta e con capacità
di analizzare dati e di condividerli in un network per
aggiornarsi in real time, rimane human centered.
Adriano Ruchini lo ha vissuto tutti i giorni durante
la gestione della ricarica elettrica: è sempre l’uomo che
spinge sull’acceleratore, che ne conosce potenzialità
di consumo e risparmio, che sa che una media di 115
chilometri in autostrada e di 95 su percorsi extraurbani
(come le grandi arterie della Norvegia) sono le migliori
medie orarie per ottimizzare il consumo giornaliero.
Tutti dati che ovviamente variano in base a tanti fattori
esterni da tenere sempre in considerazione.
L’essere umano continua a fare
la differenza. Un’auto, per quanto
evoluta, rimane human centered.
Tesla S Future
1.259 km
Da Copenhagen in Danimarca,
a Kufstein in Austria
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È sempre l’uomo che si ferma alle stazioni Supercharger
e decide il tempo di ricarica delle batterie: un rifornimento che inizia dal dieci per cento di carica sarà sempre più efficiente di uno che parte dal 70. Oltre al fatto
che la macchina non può sapere quale presa elettrica
è disponibile e quante altre Tesla in quel momento
stanno attingendo energia dai Supercharger o da
charger con una potenza inferiore.
È sempre l’uomo che decide se e come utilizzare il pilota automatico, consapevole che si tratta di una tecnologia in versione beta: noi lo abbiamo tenuto inserito per
almeno il 50 per cento del tempo, pronti però a correggere con le nostre mani gli eventuali difetti di gioventù
del sistema. Come dire: la capacità computazionale di
una macchina come Tesla è probabilmente le più evoluta
sul mercato, ma gli spazi di perfettibilità sono comunque
presenti.
Tesla S Future
Dati
a confronto
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E l’uomo è dietro a tutti quei processi relazionali che
determinano il successo o l’insuccesso di una missione
come questa: in quasi diecimila chilometri non esiste
alcun software in grado di gestire un team di 11 persone.
Non esistono batterie così flessibili come quelle umane
che lavorano in linea e si danno il cambio alla guida.
E soprattutto non esistono Supercharger in grado di ricaricare l’energia di un gruppo affiatato che fin dall’inizio
aveva chiaro in mente l’obiettivo di Tesla S Future.
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Day 8
La roccia, ancora una volta, quella severa del Brennero
che porta di là. Verso casa, curve e tornanti stretti che
sanno di Dolomiti, fiordi e laghi e forme dolci finlandesi
ormai sono a migliaia di chilometri di distanza. Davanti
alla Tesla S c’è la Statale 48 e il Passo del Falzarego, ci
sono le 5 Torri Giau e subito dopo Cortina che riportano
verso un’italianità da cinema con quel Guido Dogui Nicheli che alla sua Ivana (Stefania Sandrelli) in Vacanze
di Natale del 1983 diceva: «Amore, fai ballare l’occhio sul
tic, via della Spiga-Hotel Cristallo in 2 ore, 54 minuti e 27
secondi. Alboreto is nothing!».
Anche noi abbiamo un po’ di fretta per raggiungere l’ultima tappa. Entrando in Veneto iniziamo a guardare il numero di chilometri percorsi da Roma, dall’8 luglio quando
siamo partiti da via della Conciliazione davanti al Vaticano. Ne mancano 10 e ci assale un conto alla rovescia da
festa di Capodanno. Meno 9, meno 8, meno 7… Fin quando
arriviamo davanti a un cartello che annuncia l’uscita per
Mestre. Un abbraccio, una stretta di mano, occhiate di
approvazione: insieme abbiamo percorso diecimila chilometri per raggiungere il punto più estremo dell’Europa e
tornare indietro. Per far vedere che la possibilità di viaggiare a emissioni zero è possibile. Per far capire che ora
non ci sono più scuse: né per chi può scegliere se acquistare un’auto a carburante fossile o un’auto elettrica, né
per i produttori di veicoli che possono utilizzare la tecnologia Tesla disponibile in open source. Come aperti sono
i file che Open Biomedical Initiative mette a disposizione
di un network che sta crescendo in tutto il mondo, per far
stampare in 3D e a basso costo un’incubatrice neonatale
e protesi per gli arti, gli stessi che hanno viaggiato con
noi dentro il bagagliaio della Tesla.
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Ancora pochi chilometri e siamo davanti allo svincolo per Venezia Porto, in via de la Scomensera 1 c’è una
chiatta che ci aspetta.
536 km
Da Kufstein in Austria,
a Venezia: il traguardo finale
Saliamo in mezzo a giornalisti e blogger che documentano l’arrivo e la nuova partenza verso la laguna centrale. La Tesla è su con il freno a mano tirato e pian piano
inizia a girare intorno all’Isola della Giudecca, poi San
Marco e il campanile, a destra Riva degli Schiavoni.
Siamo diretti lì, è il nostro palco per chi guarda al suo
futuro, davanti all’auto che in questo viaggio non ci ha
mai tradito, la Model S, ma soprattutto noi che l’abbiamo
guidata, ascoltata, gestita.
L’auto che in questo viaggio non ci ha mai tradito,
la Model S.
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Dati
a confronto
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Perché se siamo arrivati fino a qui lo dobbiamo a un
gruppo di piccoli-grandi esploratori contemporanei. Non
un gruppo di eroi, non un team della Nasa che sta per
atterrare su un nuovo Pianeta. Ma 11 uomini con una
can do attitude che dovrebbe accomunare tutti noi intesi come community, come società. È questo che spieghiamo alla gente incuriosita che passeggia in una delle
città più belle del mondo. Tra «ma quanti chilometri avete fatto con un pieno?» alle domande più interessanti:
«Ma chi ve lo ha fatto fare?». La nostra risposta sta dentro due caselle. Quella dei dati: 10mila chilometri, 1988,2
kilowatt consumati, nessun gas proveniente dall’auto
emesso in atmosfera.
E quella che incornicia un sorriso: se abbiamo fatto
questo viaggio è perché crediamo nel cambiamento, nel
progresso, nell’innovazione. Ma anche nella tradizione,
quella ti sorprende e quando meno te l’aspetti spara il
primo colpo di fuoco d’artificio in aria. È mezzanotte,
è la Festa del Redentore, è la festa di Tesla S Future.
Tesla S Future
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Dati finali
Dati
a confronto
Tesla S Future
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Gli ebook Centodieci
Oscar di Montigny
Viaggio nel futuro
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Un diario fotografico per toccare con mano
il futuro dell’innovazione.
Il viaggio di Oscar di Montigny in Silicon
Valley, il luogo in cui l’impossibile accade.
Patch Adams
Il potere del sorriso
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Patch Adams si racconta perché la sua
esperienza possa essere d’ispirazione per
percorrere strade nuove e avere un approccio alla vita basato su valori come amore,
empatia e condivisione.
E-book pubblicato nel luglio 2016
Fotografie di:
Matteo Perniconi/Daniele Basso/Staff Tesla S Future
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