psicovirus b - WebTrekItalia

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psicovirus b - WebTrekItalia
PSICOVIRUS B
di Stefano Massera
Quella che segue è la seconda interpretazione dell’enigma degli psicovirus. La serie comprende
5 racconti autonomi che possono essere letti indipendentemente dagli altri. Se qualcuno è
interessato a leggerli in ordine gli consiglio di iniziare da “Indirizzi IP” (Webtrekitalia di gennaio
2004), continuare con i tre che seguono: “Psicovirus A” (Webtrekitalia di marzo 2004),
“Psicovirus B” (questo) e “Psicovirus C” che hanno delle parti in comune e si svolgono in
parallelo. Il quinto racconto si intitola “Alt F4” e andrebbe letto per ultimo.
Per il momento vi lascio con “Psicovirus B” e ringrazio di nuovo Giancarlo Manfredi e
www.webtrekitalia.com che mi danno l’opportunità di pubblicare questi racconti.
Per commenti, suggerimenti e critiche non esitate a contattarmi tramite il sito o all’indirizzo
[email protected].
Stefano Massera
Psicovirus B
Psicovirus: li avevano chiamati proprio così. Era stato un linguista che a suo tempo
aveva studiato quegli strani messaggi di posta elettronica. Un banale spamming o
poco più: e-mail apparentemente senza significato che attraversavano in poche ore il
pianeta; milioni di monitor restituivano queste frasi bizzarre che agli occhi di alcuni
diventavano delle micidiali offese. Manager, impiegati, professionisti. Era solo una
questione di statistica. Per qualcuno quei messaggi avevano un significato terribile
così come terribili erano le conseguenze: aggressioni, omicidi, suicidi.
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minuti, basta una telefonata e un impegno verbale certificato. Il migliore servizio di
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nostro numero …
La porta finalmente si aprì. I due si strinsero la mano e dopo un attimo erano alla
scrivania, gli sguardi sorridenti, la luce accecante. Rilassati, ben vestiti; il cliente
aveva le mani molto curate mentre l’agente aveva capelli e sopracciglia rasati a zero.
Sulla scrivania c’era una targa: “Xavier Johnson – Executive seller”, l’altro guardò la
targa distrattamente e iniziò con una voce ovattata: «Dunque voi dite di poter
diffondere un messaggio a milioni di destinatari»
«Esattamente. Questo è il nostro mestiere e la nostra mission aziendale»
«Come fate?» Quella era una domanda insulsa ma, forse, il cliente voleva saggiare la
competenza del suo interlocutore.
«Come troverà nella documentazione che le è stata inviata, abbiamo creato dei
software per la diffusione di messaggi su televisioni, computer, proiettori,
videotelefoni e programmi sonori. Possiamo raggiungere un milione di destinazioni in
cinque minuti, cinque milioni in tre ore. Possiamo stipulare contratti con i nostri
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partner internazionali per raggiungere centinaia di milioni di recapiti». Fece una pausa
solo per prendere fiato, «quale è il suo campo di interesse?»
La voce del cliente era quasi un sussurro: «non ho un campo di interesse specifico
ma, se preferisce, diciamo che mi occupo di informazione». L’atmosfera incantata
della stanza fu interrotta da un rumore sordo; un elicottero si fermò a mezz’aria vicino
la loro finestra, sembrò puntare qualcosa verso il basso poi si mosse e andò via
lasciandosi alle spalle una scia di basse frequenze. Il sussurro continuò: «Quali
garanzie ho sul numero di destinatari?»
«Utilizziamo solo algoritmi brevettati. Sulla base dei parametri impostati nel contratto
siamo in grado di simulare la diffusione del messaggio e prevedere tempi e modi della
penetrazione»
«Penetrazione…?»
«Possiamo dirle esattamente dove e come il suo messaggio arriverà a destinazione.
Possiamo differenziare gli obiettivi per classe sociale, livello di istruzione, idee politiche
e decine di altri parametri… »
Il cliente lo interruppe: «Quanto costa una “penetrazione”» usò quel termine con
evidente imbarazzo «una penetrazione generica»
«Il prezzo base è di cento afros per ogni diecimila obiettivi raggiunti. Questa tariffa
può variare in base a ciò che vuole inviare: le foto costano un po’ di più, il testo un po’
meno. Se il messaggio è semplice lo possiamo far penetrare più velocemente»
«Quali informazioni vi servono sui contenuti?» disse l’ultima parola sillabandola per
sottolinearne l’importanza.
«Nessuna. Siamo una società di divulgazione, non rispondiamo dei contenuti ma solo
delle modalità di penetrazione»
«Ed è legale?»
«Lei conosce la sentenza Hellbelt: è tutto legale. Il committente è l’unico responsabile
di ciò che invia. Se lei fa riferimento ai problemi legati agli psicovirus, le ricordo che le
ultime sentenze dicono che è impossibile distinguere questi da una normale stringa di
testo»
Il cliente con la voce ovattata rimase alla scrivania con Xavier per altre tre ore e alla
fine del pomeriggio avevano trovato un accordo. Il messaggio avrebbe raggiunto
cinquanta milioni di utenti in tre giorni. La penetrazione sarebbe stata tenuta sotto
controllo da un sistema automatico. Pochi caratteri, senza immagini, un messaggio
semplice e apparentemente innocuo: “A è la prima ma toglie, Z è l’ultima ma non è
dopo”.
Il messaggio si sarebbe perso nel nulla. La frase si sarebbe trasformata in una
sequenza elettronica e di nuovo in lettere in giro per il mondo. I cavi avrebbero
portato a spasso questa sequenza fino a restituirla su monitor, televisioni, telefoni. Lo
scopo di queste lettere era, in fin dei conti, solo quello di essere lette da occhi. Occhi
umani, elettronici e virtuali dietro ai quali probabilmente c’erano ancora delle persone
curiose di leggere. Qualcuno avrebbe riso, altri avrebbero ignorato il significato, forse
ci sarebbe stato pure chi avrebbe tirato un calcio al televisore o aggredito la prima
persona che incontrava. Probabilmente qualcuno avrebbe preso un fucile e sparato
oppure si sarebbe commosso e avrebbe pianto di emozione.
Anche i soldi si trasferirono da un conto all’altro sotto forma di sequenza elettronica.
L’ordine di pagamento fu digitato, un numero divenne più piccolo, un altro aumentò
un pochino e il prezzo fu saldato. Qualcuno più ricco e qualcuno più povero, ma i soldi
non si mossero dalle loro casseforti.
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La luce della lampada da tavolo squarciava la solitudine della notte. Paolo era alla
scrivania davanti ai monitor. La macchia del caffè rovesciato si allargava su una pila di
fogli, camminava lentamente disegnando un cerchio sempre più chiaro. Lui se ne
accorse, rimase un attimo a guardare l’alone marrone poi si vendicò sulla tazzina
scagliandola verso la cucina. Nella stanza tornò il silenzio più assoluto.
Notte. Era notte fonda e i terminali erano ancora accesi. Gli occhi irritati si posarono
su un foglio con un elenco di frasi senza senso. Era l’ultimo rapporto della sicurezza
sugli psicovirus, parole senza senso e senza fine che facevano impazzire la polizia di
mezzo mondo. Da quando il suo amico Alessandro era stato colpito la sua vita non era
stata più la stessa. Paolo si era dedicato a tempo pieno agli psicovirus, era riuscito ad
entrare nella commissione e aveva lasciato andare a rotoli tutto il resto. Le dita
accarezzavano la tastiera in attesa che il sonno le fermasse. Finalmente Ang entrò in
chat. Lui si identificò come Sie e si fece vivo. Quella sera lo aveva già cercato un paio
di volte.
[Sie] Ciao Ang
[Ang] Ciao Sie, ho visto che mi cercavi
[Sie] Come è andata?
[Ang] Sono andato bene
[Sie] Ho visto i risultati su I-net
[Ang] 65 milioni
[Sie] Domani potresti essere famoso ☺
[Ang] Voglio solo sapere come va adesso
[Sie] L’altro ha fatto 40 milioni
[Ang] Il contratto è mio
[Sie] Dove ti faccio pagare?
[Ang] Vai su 50 02008 39070 X56Y78
[Sie] Oramai sei uno dei nostri
[Ang] Non appartengo a nessuno
[Sie] Ma ti fai pagare
[Ang] Avete avuto i vostri 100 milioni di penetrati? Paga e basta
[Sie] E tu?
[Ang] E io sparisco. E’ stato un piacere Sie. Hasta la vista! ☺
Sie rimase con la comunicazione interrotta e un conto da pagare. Angel sparì anche
questa volta. La sua “voce” si perse tra i cavi, i suoi soldi tra le connessioni. Sulle
tracce di quel contatto Paolo avrebbe avuto molto da lavorare. Avrebbe provato a
ricostruire l’origine di quelle parole, avrebbe lavorato sul numero di conto e fatto di
tutto per associare una persona reale ad “Ang”. Da parte sua l’altro non si sarebbe
fatto più vivo.
Paolo-Sie finalmente spense i terminali, infilò le pantofole e si sdraiò. Attivò il
programma sonoro per addormentarsi.
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flusso ininterrotto di informazioni.
Il cielo azzurro tratteggiato da nuvole opache. Un serpente senza testa e senza coda
fatto da migliaia di autovetture incolonnate. Persone che camminano assorte in un
silenzio cordiale e inverosimile. Una sirena, un elicottero, un rombo.
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Il locale è perfetto: tanti tavolini e toni riposanti. Tanto verde color pistacchio e
arancio. L’arancio è un colore che sta andando forte di questi tempi, anche sui vestiti,
qualcuno preferisce il verde pistacchio purché sia tenue. C’è molta gente, Xavier digita
qualcosa su un palmare, una cameriera gli chiede cordialmente di ordinare. La gente
entra ed esce dal locale, nessuno presta attenzione agli schermi. Lanci di agenzie di
informazione, notizie dal fronte, documentari, pubblicità. La gente entra ed esce.
Xavier sorseggia una bibita e segue un monitor in attesa del pranzo. C’è una teleconferenza stampa o qualcosa del genere. Degli uomini con abiti color pastello
prendono la parola davanti ai microfoni, la sala è piena di gente, quelli delle prime file
registrano tutto. C’è uno stacco pubblicitario di cinque secondi. Ora sta parlando un
ragazzo con i capelli biondo platino. Ora sembra trasalire, succede qualcosa tra il
pubblico, le telecamere esitano sul da farsi, un uomo sale sul palco urlando e tira fuori
una pistola, la punta alla tempia del ragazzo che rimane impietrito di terrore. Due
uomini del servizio d’ordine si precipitano verso il palco, l’uomo gli dirige la pistola ed
esplode due colpi, Xavier alza il volume e sente le urla che provengono dalla sala della
conferenza stampa. I corpi delle guardie colpite non sono inquadrati ma
probabilmente sono a terra dall’altra parte del palco. Ora il ragazzo biondo è di nuovo
con la canna alla tempia e trema di terrore. L’uomo si rivolge alle telecamere ma è
difficile capire cosa dica, spinge la pistola sui capelli e grida, i cronisti si spingono per
avvicinarsi. Il campo si stringe e finalmente si riesce a capire qualcosa. L’uomo ha un
foglio di giornale in mano e urla che lui ha pagato per diffondere uno psicovirus che ha
trovato in un archivio su internet. Ha pagato centomila afros e ha diffuso il testo tra
10 milioni di destinatari. Sta protestando, a modo suo, per qualcosa che non gli va
bene. Xavier assaggia un boccone di Muntex® e continua a seguire; tutti gli altri
passano indifferenti. Il terrorista dice di aver provocato almeno quattro morti con il
suo psicovirus, sventola il giornale e ne mostra i titoli. Un poliziotto prova ad
avvicinarsi ma lui spara di nuovo, poi stringe il collo del ragazzo e continua a parlare.
Dice che la sentenza Helbelt ti permette di uccidere con gli psicovirus senza violare la
legge, dice che lui non ha dovuto rilasciare gli estremi del suo codice fiscale per il
pagamento e di non esistere come persona fisica. Dice che la sentenza Helbelt è un
omicidio di massa. Mostra una fattura alle telecamere ma non si riesce a leggere, un
giornalista si alza in piedi e raggiunge l’uomo, questo gli esplode due colpi in piena
faccia e poi fa esplodere la tempia del ragazzo tra le sue braccia. Il giornalista
continua ad avvicinarsi. L’uomo è cosparso di schizzi di sangue e continua ad urlare
qualcosa sul controllo dei sistemi di comunicazione. Altri due colpi attraversano il
giornalista senza ferirlo.
E’ una telesimulazione, una violazione della frequenza. Succede abbastanza spesso.
Organizzazioni di hacker acquisiscono delle scene di programmi televisivi, le
riproducono al simulatore e violano la frequenza con programmi alterati.
Lo scenario della conferenza è riprodotto e la scena è artificiale. Il terrorista non
esiste, è una simulazione. Il giornalista immortale è solo un meccanismo di difesa
dell’emittente, i colpi di pistola lo attraversano senza ferirlo perché è un’immagine
simulata, si avvicina alla telecamera ed è inquadrato in primo piano e chiede scusa
agli spettatori per l’inconveniente mentre dietro di lui l’altro continua ad urlare e
sparare. La scena ritorna alla normalità, l’emittente libera la frequenza e non è
successo niente. Il ragazzo biondo sta bene e continua la sua relazione. Nella sala è
tutto tranquillo così come nel nostro locale color pistacchio e arancio. Xavier abbassa il
volume e continua il suo Muntex®.
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Finto legno e un sibilo dall’impianto di ventilazione. Degli uomini siedono ad una
scrivania e parlano senza guardarsi negli occhi. E’ una riunione di aggiornamento sul
lavoro della “commissione psicovirus”, uno dei tanti gruppi di lavoro che indagano sul
fenomeno.
«Paolo ha qualcosa di nuovo da dirci?»
«Negli ultimi mesi ho continuato a lavorare sulla rete» si toccò i capelli «mi sto
concentrando sui penetratori free lance. Sono sicuro che molti di loro usano e
producono algoritmi illegali»
«Sei riuscito ad ottenere qualcosa?»
«Ne ho mappati alcuni e ho commissionato loro qualche lavoro. Ho sprecato un po’ di
fondi ma ancora non sono riuscito a prenderne nemmeno uno. Forse sono solo
ragazzini viziati ma sanno lavorare bene»
«Quanti sono quelli che hai in pugno?»
«Sono dieci indirizzi, dietro ci potrebbero essere un paio di persone»
«Hai lavorato sugli indirizzi IP? Sui conti bancari? Sulle…»
«Ho attuato il protocollo alla lettera…»
Uno degli altri chiese: «Le coordinate geografiche che dicono?»
«Ne ho individuati due in Spagna, tre in Africa, quattro in Russia ma usano i
delocalizzatori, sto lavorando sulle connessioni satellitari per restringere l’indagine.
Forse sono la stessa persona o un gruppo ristretto»
Prese la parola quello che sembrava essere il più anziano e tirò fuori qualche foglio
dalla valigetta. Era la copia di una monografia del British Journal of Sociology dedicata
agli psicovirus. Ne lesse alcuni passaggi a tutti e raccontò di una comunità scientifica
convinta del fatto che oramai gli psicovirus erano una parte integrante del sistema di
comunicazione. Qualche anno prima una massiccia campagna di indagini aveva
sgominato organizzazioni e sette che divulgavano questi messaggi di morte. Poi molti
tribunali avevano sentenziato che gli psicovirus erano innocui. Frasi senza senso. La
verità era che mai nessuno ne aveva compreso a fondo il significato e, soprattutto,
l’origine. Il pianeta era disseminato gruppi che avanzavano le ipotesi più fantasiose. I
messaggi sarebbero stati creati da civiltà extraterrestri, da forme di vita sconosciute,
da medium in contatto con chissà cosa, dalla rete informatica stessa. Tutta le ipotesi
erano ugualmente folli e plausibili. La commissione era allo stallo. Qualcuno nel
pianeta progettava gli psicovirus e li diffondeva sapendo di uccidere. Da quando i
messaggi entravano in rete perdevano di identità così come tutti i loro destinatari. Il
progresso dei sistemi di comunicazione era dieci volte più veloce della loro capacità di
indagare. L’uomo annunciò al gruppo di volersi ritirare dalla commissione.
Il mondo è a portata di un battito di ciglia con le lenti a contatto interattive TecFix®.
Tieni il passo con i tempi, contatta un nostro agente e le lenti ti verranno applicate
gratuitamente sottoscrivendo la clausola liberatoria.
Paolo tornò a casa frastornato da quell’incontro. Ogni riunione per lui era una tortura.
Si fermò per strada e fece uno spuntino leggero con un Carmix senza proteine.
Arrivato a casa inghiottì due pasticche di alcool solido e si mise in postazione
aspettando che questo iniziasse a fare effetto. Poco dopo i caratteri sul monitor
sembravano ballare e il tempo aveva perso di significato. Paolo era completamente
immerso nella connessione e la stanza era illuminata a tratti solo dagli schermi. Era
una serata pesante, la testa martellava sulle tempie la sua voglia di riposare.
Un’icona lampeggiava sul desktop. Ancora una chiamata e poi sarebbe andato a letto.
[accetti Axe?]
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[Sie] Ok
[Axe] Ciao Sie
[Sie] Ci conosciamo?
[Axe] Forse, come sempre
[Sie] Mi vuoi bene?
[Axe] Come sempre
[Sie] ☺
[Axe] So che ti occupi di penetrazioni e che c’è un contratto da vincere
[Sie] Dipende dal messaggio
[Axe] Quello lo scegli tu e io provo a mandarlo
[Sie] Prima mi devi dare una risposta
[Axe] Ok
[Sie] Tu che ne pensi della storia di Alessandro?
[Axe] Ale ci sarebbe caduto lo stesso, il messaggio non esisteva
[Sie] Ma ne sei sicuro?
[Axe] Il messaggio non esisteva e nemmeno i destinatari. Sono solo indirizzi.
Paolo si spostò sulla tastiera dell’altro computer e digitò.
[Sie] Allora secondo te non è vero niente
Si spostò di nuovo sull’altra per digitare
[Axe] No. Non è più vero niente
Tornò all’altra tastiera
[Sie] Ma le persone…
Digitò ancora nell’altra per rispondersi
[Axe] Quali persone? Sei sicuro che esistano ormai?
Preferì non andare avanti. Rimase un po’ a rileggere ciò che aveva scritto poi decise
che era ora di andare a dormire.
[Axe] Buonanotte Sie
[Sie] Sogni d’oro Axe
Prima di mettersi a letto bevve un ultimo bicchiere di Atvix® con principi attivi. Lo
avrebbe fatto riposare meglio.
Stefano Massera
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