cat tifo

Transcript

cat tifo
La Commissione
Il montelukast nel trattamento
della rinite allergica
Un Critically Appraiced Topic (CAT)
A cura della Commissione Rinocongiuntivite
Coordinatore: Giuseppe Pingitore
Componenti: Sergio Arrigoni, Gabriele Di Lorenzo, Gian Luigi Marseglia, Neri Pucci, Giovanni Simeone, Anna Maria Zicari
Scenario clinico
fronto), migliora la sintomatologia soggettiva (Indicatore di esito) ?
2. Ovvero in bambini con rinite allergica stagionale (Popolazione) l’aggiunta dei farmaci antileucotrienici ai farmaci antistaminici (Intervento), rispetto all’uso dei soli farmaci antistaminici e/o dei
soli steroidi nasali (Confronto), migliora la sintomatologia soggettiva (Indicatore di esito)?
Raffaele è un simpatico ragazzo di 9 anni, frequenta
la scuola elementare. Non è che sia molto... contento (come direbbe Edoardo Bennato) all’arrivo della
primavera. Infatti soffre di rinite allergica stagionale
(persistente moderata-grave), i genitori arrivano nel
mio studio per la scorta degli immancabili farmaci
antistaminici e steroidi inalatori nasali.
L’altro giorno ho ricevuto la visita di un informatore
farmaceutico che mi ha illustrato la possibilità di usare gli anti-leucotrienici, in particolare il montelukast,
nella seasonal allergic rhinitis. Me ne ha decantato l’efficacia e la potenza e mi ha proposto di “cominciare a
farmi una certa esperienza in qualche caso di SAR al posto dei soliti farmaci”. Mi ha detto proprio così.
Questi farmaci costano un po’ e quindi, perché ciò sia
compensato e farmi cambiare la mia solita prescrizione “stagionale”, mi piacerebbe che potessero ridurre i
sintomi della rinite di Raffaele (sia diurni che notturni) diciamo del 50% rispetto alla terapia solita, forse
è però pretendere un po’ troppo. Allora, mi accontenterei di sapere intanto se il montelukast è veramente efficace (più del placebo insomma) e, se sì, se lo è
tanto da poter costituire una alternativa, anche solo
temporanea, ai due classici farmaci che qualche effetto avverso ogni tanto potrebbero darlo. Affronto quindi le fatiche di un Critically Appraiced Topic
(CAT), chiedendo aiuto agli amici della Commissione
Rinocongiuntivite, cominciamo proprio dal …
Poche informazioni di fondo
Il trattamento della rinite allergica si avvale, accanto a
misure atte a ridurre l’esposizione allergene (qualora
possibile), di presidi farmacologici. Questi sono rappresentati fondamentalmente dai farmaci:
• anti-istaminici che antagonizzano gli effetti dell'istamina mediante un'azione di tipo competitivo e reversibile a livello dei recettori H1;
• corticosteroidi topici nasali che, grazie alla loro attività antinfiammatoria, hanno la capacità di sopprimere simultaneamente a più livelli la flogosi allergica;
• anti-leucotrienici, che antagonizzano l’ azione dei
leucotrieni, mediatori endogeni dell' infiammazione e giocano un ruolo importante nelle malattie allergiche delle vie respiratorie stimolando la
broncocostrizione, la produzione di muco, l'edema delle mucose, l'infiltrazione da parte degli eosinofili e delle cellule dendritiche. I leucotrieni
giocano un ruolo importante nell'ostruzione nasale, mentre la loro influenza sulla rinorrea è molto modesta e quella sul prurito e sulla starnutazione quasi nulla.
Il montelukast per i pazienti >12 anni è disponibile
in compresse da 10 mg , nei bambini dai 6 ai 12 anni è presente sotto forma di compresse da 4 e 5 mg
masticabili. L'utilizzo di tale farmaco è stato esteso a
Quesito Clinico Strutturato (PICI)
1. In bambini affetti da rinite allergica stagionale o
perenne (Popolazione) la somministrazione di antagonisti dei leucotrieni (Intervento) rispetto alla
terapia con antistaminici o steroidi nasali (Con-
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
16
La Commissione
Tab. I.
Autore, data
Popolazione e Intervento
Wilson AM et al.,
2004
La revisione sistematica comprende 11 Studi Clinici Randomizzati (SCR) per un totale di 4.210
pazienti, non è descritta una popolazione pediatrica. Vengono comparati gli anti-leucotrienici
(10 studi con il montelukast, 1 studio piccolo con lo zafirlukast) vs. placebo o vs. antistaminici e
steroidi nasali. La durata della terapia oscilla tra 2 settimane e 50 giorni.
Esiti
Risultati
primario:
punteggio che valuta i
sintomi nasali diurni e/
o notturni;
secondario:
score ottenuto da un
questionario standard
Antileucotrieni (aLT) vs. placebo:
Migliorano i sintomi nasali del 5% (Intervallo di Confidenza, IC, 95% = 3-7%) rispetto al placebo,
molti studi hanno uno score di Jadad basso. Nei riguardi dello score realizzato nel RQLQ migliorano la qualità della vita di 0,3 U rispetto al placebo senza poter vedere in dettaglio quale sintomo sia in realtà migliorato.
aLT vs. steroidi nasali
Vi sono 4 studi nei quali gli steroidi nasali migliorano i sintomi nasali del 12% in più rispetto agli
aLT. Gli studi sono comunque eterogenei come metodologia e hanno valutato quattro differenti
molecole con potenza differente. Nessuno degli studi ha valutato la qualità della vita.
aLT + antistaminici vs. steroidi nasali
La terapia associata (antiLT +antistaminico) riduce i sintomi della rinite del 3-4% in più rispetto
all’uso del solo aLT o del solo antistamico (3 SCR). Tale differenza tuttavia non appare significativa riguardo al punteggio che valuta la qualità della vita. Non sono rilevabili differenze significative tra l’uso di uno steroide nasale da solo vs. la terapia combinata aLT più antistaminico orale
per ciò che riguarda i sintomi nasali
Note
• 4 degli otto studi che valutano il montelukast vs. un placebo sono sponsorizzati dalle aziende farmaceutiche e tali studi comprendono ben il
90% del campione della popolazione in studio
• Tutti gli studi riguardano pazienti con rinite allergica stagionale, pertanto le conclusioni potrebbero non essere applicabili ai pazienti con
rinite allergica perenne.
bambini dai 6 mesi di vita ed è disponibile in bustine
granulate da 4 mg. In Italia, secondo la recente revisione della scheda tecnica del montelukast, tale farmaco (con nota 82) è approvato per la terapia della
rinite allergica stagionale solo in soggetti > di 15 anni
con asma concomitante, per la quale vi è indicazione
all'uso dell'anti-leucotrienico. In effetti, non è esattamente il caso di Raffaele, ma la nostra curiosità ha la
meglio, andiamo avanti.
nenti per la mia ricerca 3 RS e 4 studi primari 1-7. Li sintetizziamo di seguito.
Wilson et al., Am J Med 2004 1
L’ esito primario di questa RS è stato quello di valutare i sintomi nasali (daytime nasal syntoms) attraverso
un punteggio, calcolato dal paziente giornalmente,
che teneva conto della presenza di rinorrea, starnutazioni, prurito e ostruzione nasale. Il punteggio veniva
espresso come percentuale del punteggio massimo,
più elevato era il punteggio registrato, peggiore era
il controllo dei sintomi. L’ esito secondario riguardava
la qualità di vita misurata attraverso il questionarrio
Standard rhinoconjuntivitis quality of life (RQLQ), che
prende in considerazione 7 parametri riguardanti
eventuali disturbi del sonno, la presenza o l’ assenza
di sintomi nasali e/o oculari, lo svolgimento più o meno regolari delle normali attività quotidiane. Esaminiamo attraverso l’uso di una tabella riassuntiva (Tabella I) i risultati di questa RS.
Strategia di Ricerca
Cerchiamo prima delle sintesi di evidenze, sono comode, diamo un’ occhiata al database della Cochrane Library ma non vi sono, alla data della nostra ricerca (18 Luglio 2007), revisioni sistematiche (RS) sull’argomento. Ci rivolgiamo allora alla banca dati Medline,
usando Pubmed Real Time, una simpatica utility messa
a punto dal Coordinatore della nostra Commissione:
riesco a reperire 75 citazioni, la stringa completa della
ricerca la allego alla fine dell’ articolo), giudico perti-
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
17
La Commissione
Tab. II.
Autore, data
Popolazione
Rodrigo G et al., 2006
Pazienti di età >18 anni con SAR per un totale di 6.260 persone.
La RS comprende 17 SCR: 16 studi hanno valutano il montelukast al dosaggio 10 mg
e uno lo zafirlukast 20 mg. Gli aLT vengono valutati vs. placebo o verso antistaminici
e steroidi nasali. La durata del trattamento è di 2-4 settimane.
Esiti
Risultati
primario:
sintomi nasali sia diurni
che notturni
secondario:
misurazione del flusso nasale inspiratorio e della rinomanometria
aLT vs. placebo
8 SCR valutano gli ALT vs. placebo. I risultati sono i seguenti: gli aLT riducono significativamente i sintomi diurni e notturni e i sintomi oculari, e producono un miglioramento maggiore rispetto al placebo nello punteggio relativo alla valutazione della
qualità di vita
aLT vs. antistaminici
6 SCR valutano questo confronto: 5 usano loratadina e 1 cetirizina come antistaminico. Non si evidenzia alcuna differenza nei sintomi nasali diurni, notturni e oculari e
nel punteggio relativo alla valutazione della qualità di vita
aLT vs. steroidi nasali
3 SCR disponibili, solo due però riportano i punteggi per i sintomi giornalieri e notturni nasali. Gli steroidi nasali (fluticasone) riducono in misura maggiore i sintomi
nasali notturni e diurni rispetto agli aLT
aLT + antistaminici vs. antistaminici da soli
5 SCR hanno valutato questo confronto. Due studi hanno valutato montelukast + loratadina vs loratadina, 1 studio montelukast + loratadina vs. fexofenadina, e 1 montelukast + cetirizina vs. cetirizina da sola. Le informazioni sono insufficienti per valutare i sintomi nasali e la qualità della vita. La terapia associata produce un miglioramento dei sintomi oculari rispetto alla monoterapia.
aLT + antistaminici vs. steroidi nasali
Viene riportata una migliore riduzione dei sintomi di congestione nasale da parte
degli steroidi. Non vi sono informazioni sufficienti per altre valutazioni come l’uso
degli antileucotrieni orali + antistaminici vs. steroidi nasali + antistaminici orali.
Punti di debolezza
•
•
•
10 SCR con Jadad score ≤ 3 (segno di qualità metodologica non sufficiente)
non vi è una popolazione pediatrica
tutti gli studi riguardano pazienti con SAR
Rodrigo et al., Ann Allergy Asthma
Immunol 2006 2
Grainger et al., Clin Otolaryngol 2006 3
Gli Autori, nei criteri di inclusione della loro RS, affermano di voler prendere in considerazione solo studi che siano in lingua inglese, vengono esclusi studi pertinenti l’età pediatrica e studi che confrontino
il montelukast con farmaci non usati in Gran Bretagna. I risultati finali, in ogni caso, non sono dissimili
da quanto emerso nelle RS precedenti.
La RS comprende SCR pubblicati entro il 2005, la popolazione era composta da giovani dai 15 anni in su
con rinite allergica stagionale (SAR). L’ esito primario
considerato è stato la sintomatologia nasale sia diurna che notturna, i sintomi oculari, e la qualita della
vita. Gli esiti secondari sono stati rappresentati dalla
registrazione dal flusso nasale inspiratorio e dalla rinomanometria.
I trattamenti duravano dalle 2 alle 4 settimane. I risultati della RS di Rodrigo et al sono riassunti nella
Tabella II.
Gli studi primari
Nella Tabella III abbiamo sintetizzato gli studi primari 4-7,
pubblicati negli ultimi 3 anni, che abbiano valutato l’uti-
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
18
La Commissione
Tab. III.
Autore, data
Popolazione e Intervento
Outcome
Risultati
Hsieh JC, 2004
60 pazienti tra 6 e 12 anni con
rinite allergica perenne
Intervento: montelukast 5 mg
vs. cetirizina 10 mg vs. placebo
per 12 settimane
Valutazione dei sintomi
mediante punteggio per
la qualità della vita, inoltre picco espiratorio nasale e conta eosinofili nel
muco
La cetirizina migliora la rinorrea, la congestione nasale, gli starnuti più del
montelukast (p <0,01); entrambi i farmaci riducono gli eosinofili nasali ed il
picco espiratorio nasale
Chen ST, 2006
60 bambini tra 2 e 6 anni con ri- Valutazione di un puntegnite allergica perenne
gio per la qualità della vita e dei sintomi, conteggio di eosinofili circolanti,
degli eosinofili nel muco
nasale e delle resistenza
delle vie aeree
Entrambi i farmaci sono attivi nel ridurre, le resistenze delle vie nasali e gli eosinofili.
Sul prurito nasale è più efficace la cetirizina. Sulla qualità del sono notturno
il montelukast è più efficace dell’antistaminico
Keskin, 2006
50 bambini con rinite allergica
stagionale e sensibilizzazione a
pollini.
Intervento: montelukast 5 mg +
loratadina 10 mg vs. placebo
Valutazione della reazione infiammatoria dopo
test di provocazione nasale con allergene a 15 minuti e a 4 ore
La combinazione migliora significativamente i sintomi nasali (p = 0,004) durante la prima ora e gli starnuti (p = 0,012) a
15 minuti rispetto al gruppo placebo.
Successivamente il montelukast (p =
0,017) e l’associazione causano minore
ostruzione nasale a 4 ore (p = 0,011) e
l’associazione riduce il sintomo starnuti a 6 h (p = 0,015).
Razi C, 2006
57 bambini di età compresa tra
7 e 14 anni con SAR.
SCR in doppio cieco a gruppi
paralleli.
Dopo una settimana di run-in
viene effettuata una terapia di
2 settimane con montelukast 5
mg die o placebo.
Valutare il ruolo del montelukast sui sintomi, sul livello dell’eNO, sulla conta
degli eosinofili periferici
nei bambini con SAR, durante la stagione pollinica
Dopo il ciclo terapeutico si osserva un
miglioramento dei sintomi nasali diurni, composti (diurni e notturni) e dei
sintomi oculari maggiore del braccio
“montelukast” ( p < 0,001)
Sempre nel braccio attivo si osserva
una diminuzione della conta degli eosinofili, mentre non vi è alcun effetto
sui livelli dell’eNO.
lizzo del montelukast nella cura della RA in età pediatrica e che non siano già stati inclusi in nessuna delle RS
finora analizzate.
costa 46 euro per un mese di terapia, la prescrizione con nota 82 è a carico del SSN solo per soggetti
> di 15 anni con SAR e asma concomitante, pertanto la famiglia di Raffaele lo dovrebbe pagare di tasca
propria. Una confezione di antistaminico da 10 mg,
20 compresse costa un po’ più di 9 euro, prescrivibile con nota 89. Una confezione di steroide nasale da
60 dosi costa 15 euro, non rimborsabili però dal SSN.
Quello che ci risulta strano, in questa ricerca, è come
mai una classe di farmaci (gli steroidi somministrati
per via nasale) di provata efficacia nella SAR, alla luce
delle diverse RS finora prodotte, non venga ritenuta
rimborsabile dal nostro SSN, mistero. Raffele in fin dei
Risoluzione dello Scenario
Ci sa tanto che anche quest’anno Raffaele dovra’ sopportare la “solita prescrizione” di farmaci antistaminici per os e steroidi nasali. Le evidenze scientifiche fino ad ora esaminate, seppure con alcuni limiti metodologici, confortano questa decisione. E ci sono anche altre considerazioni, per esempio riguardo i costi
e la rimborsabilità. Il montelukast compresse da 5 mg
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
19
La Commissione
conti è un ragazzo diligente, i farmaci li prende senza
tante storie e non ha avuto finora effetti collaterali di
rilievo, vedremo in futuro.
• L'uso degli aLT associati ad antistaminici non migliora il punteggio dei sintomi della rinite, rispetto all' uso separato dei singoli farmaci
• Gli steroidi nasali permettono di ottenere un
maggiore beneficio nei riguardi della sintomatologia rinitica (composite nasal symptoms scores)
sia diurna che notturna rispetto all'uso degli aLT
Clinical Bottom Lines
• Esistono evidenze che dimostrano che l’ aLT nella
terapia della SAR è più efficace del placebo
• Non sono riportati effetti avversi significativi negli
SCR considerati per terapie di durata tra le 2 e le 6
settimane
• Non esistono evidenze che dimostrino un effetto
superiore degli aLT nei riguardi degli antistaminici per il miglioramento dei sintomi della SAR
• L'uso concomitante di aLT e antistaminico migliora il punteggio dei sintomi allergici nasali rispetto
al placebo (Number Needed to Treat, NNT=3)
Stringa di ricerca Pubmed
(allergic[All Fields] AND (“rhinitis”[MeSH Terms] OR
rhinitis[Text Word])) AND (“montelukast”[Substance
Name]
OR
montelukast[Text
Word])
OR
((“leukotrienes”[TIAB]
NOT
Medline[SB])
OR
leukotrienes”[MeSH Terms] OR leukotriene[Text Word]))
AND (“2002/06/28”[PDat] : “2007/06/26”[PDat] AND
humans”[MeSH Terms] AND (“infant”[MeSH Terms] OR
“child”[MeSH Terms] OR “adolescent”[MeSH Terms]))
Bibliografia
1
2
3
4
5
Wilson AM, O’Byrne PM, Parameswaran K. Leukotriene receptor antagonists for allergic rhinitis: a systematic review
and meta-analysis. Am J Med 2004; 116: 338-44.
Rodrigo GJ, Yanez A. The role of antileukotriene therapy
in seasonal allergic rhinitis: a systematic review of randomized trials. Ann Allergy Asthma Immunol 2006; 96:
779-86.
Grainger J, Drake-Lee A. Montelukast in allergic rhinitis:
a systematic review and meta-analysis. Clin Otolaryngol
2006; 31: 360-7.
Hsieh JC, Lue HL, Lai DS, Sun HL, Lin YH. Comparison
of cetirizine and montelukast for treating childhood pe-
6
7
Caprarola da Palazzo Farnese - Stefano Miceli Sopo
rennial allergic rhinitis. Pediatr Asthma Allergy Immunol
2004; 17: 59-69.
Chen ST, Lu KH, Sun HL, Chang WT, Lue KH, Chou MC.
Randomized placebo-controlled trial comparing montelukast and cetirizine for treating perennial allergic rhinitis
in children aged 2-6 yr. Pediatr Allergy Immunol 2006;
17:49-54.
Keskin O, Alyamac E, Tuncer A, Dogan C, Adalioglu G,
Sekerel BE. Do the leukotriene receptor antagonists work
in children with grass pollen-induced allergic rhinitis?
Pediatr Allergy Immunol. 2006; 17: 259-68.
Razi C, Bakirtas A, Harmanci K, Turktas I, Erbas D. Effect of
montelukast on symptoms and exhaled nitric oxide levels
in 7- to 14-year-old children with seasonal allergic rhinitis.
Ann Allergy Asthma Immunol 2006; 97: 767-74.
Palazzo Farnese da Caprarola - Stefano Miceli Sopo
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
20
La Commissione
Perché devo adoperare un
antistaminico per via orale invece che
uno spray nasale al cortisone nella rinite
allergica intermittente lieve?
A cura della Commissione Rinocongiuntivite
Coordinatore: Giuseppe Pingitore
Componenti: Sergio Arrigoni, Gabriele Di Lorenzo, Gian Luigi Marseglia, Neri Pucci, Giovanni Simeone, Anna Maria Zicari
Il quesito che dà il titolo, apparentemente banale
e dalla risposta scontata, aveva suscitato un vivace
scambio di opinioni tra gli iscritti alla mailing list dell’ApPAL (www.apalweb.it). Tra le risposte arrivate ve
ne sottoponiamo alcune:
1. Per la sua maggiore rapidità di azione, il cortisone
spray impiega giorni prima di essere efficace.
2. Perché il cortisone spray è a carico del paziente e
sui sintomi “istaminici” l’antistaminico è efficace.
3. Se prevale la componente ostruttiva adopero il
cortisone spray e se prevalgono le componenti irritativi e secretiva l’antistaminico;
4. Non adopero gli antistaminici nella terapia della
rinite allergica, il cortisone spray è più efficace.
5. Li associo a volte, se il prurito è dominante, non
adopero l’antistaminico da solo.
6. Li associo sempre.
7. Adopero l’antistaminico se è presente anche congiuntivite.
8. Riservo gli steroidi ai casi più severi.
9. Adopero l’antistaminico in caso di sintomi rari e
saltuari, salvo che in caso di ipersensibilità a questo farmaco.
La domanda, come dicevamo, può sembrare banale, ma tra le righe sottintende delle sottili valutazioni
che tenteremo di approfondire, cominciando da una
classica pietra miliare. Gli autorevoli esperti che hanno approntato le Linee Guida ARIA (Allergic Rinithis
and its Impact on Asthma), nel 2006 hanno partorito
un dettagliato update sul trattamento farmacologico 1, chi meglio di loro? In questo documento vengono elencate le proprietà ideali che antistaminici orali
e steroidi topici nasali dovrebbero possedere. L’antistaminico ideale dovrebbe, fra l’altro, “possedere rapida insorgenza d’azione, per dare immediati ed evidenti benefici clinici e permetterne l’uso anche al bi-
sogno”. Lo steroide topico ideale dovrebbe, fra l’altro,
“essere valutato in ulteriori studi per essere proposto
in un impiego al bisogno”.
Va bene… questo per il futuro. Ma le evidenze scientifiche su cui basare la nostra scelta oggi?
Scopriamo che nelle conclusioni i livelli di evidenza si
riferiscono ancora a rinite stagionale e perenne, con
qualche indicazione, per estensione, alla persistente,
di intermittente non si parla (Tab. I). Gli autori ci lasciano dunque senza risposta, auspicando la messa
in opera di nuovi lavori utilizzando la nuova classificazione ARIA (che contempla, appunto, la suddivisione in intermittente e persistente, e per ciascuna delle due, in lieve, moderata e grave). Non ci perdiamo
d’animo e cerchiamo di costruire un Critically Appraiced Topic (CAT).
Scenario clinico
Lorenzo ha dieci anni, è un bel bambino che frequenta con diligenza la quinta primaria (la nostra vecchia
scuola elementare). Dopo 6 anni di odiate lezioni di
nuoto ha chiesto quest’anno di iscriversi ad un corso
di calcetto, ed è stato accontentato. Già da 2 anni soffre di rinite allergica primaverile, con sintomi che vanno e vengono, senza dargli troppi problemi. Dopo insistenze il papà pediatra gli ha fatto in studio i prick
test ed è comparso un bel pomfo per le graminacee.
Giocando a calcetto nei tornei di aprile e maggio ha
iniziato ad avere crisi di starnuti con naso chiuso e la
mamma per qualche giorno gli ha dato il “solito” antistaminico. Facendo il tifo a bordo campo ha saputo
dalla mamma di Federico (il portiere), che lui, con gli
stessi sintomi, fa gli spruzzi nel naso e riesce a parare
meravigliosamente, senza il fazzoletto in mano. Tor-
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
21
La Commissione
Tab. I. Forza della raccomandazione per l’utilizzo dei farmaci indirizzati al trattamento della rinite allergica (modificata da Bousquet et al. 1).
Categorie di farmaci
Rinite stagionale
Rinite perenne
Rinite persistente†
Adulti
Bambini
Adulti
Bambini
Antistaminici H1 orali
A
A
A
A
A
Antistaminici H1 intranasali
A
A
A
A
B*
Steroidi intranasali
A
A
A
A
B*
Cromoni intranasali
A
***
A
***
A
A
***
***
Antileucotrienici
A
A
B**
Anticorpi monoclonali Anti-IgE
A
A
A
A
B*
B : per trasferimento dagli studi sulla rinite allergica perenne di durata ≥ a 4 settimane, studi che adoperino la nuova classificazione devono
però essere effettuati per confermare questa indicazione.
B**: per trasferimento dagli studi sulla rinite allergica stagionale di durata ≥ a 4 settimane, studi che adoperino la nuova classificazione devono
però essere effettuati per confermare questa indicazione.
A***: la maggioranza degli studi è di piccolo numerosità campionaria.
†
Adolescenti e adulti.
*
nata a casa la mamma di Lorenzo chiede al marito se
non sia il caso di provare a fare così anche con il proprio campioncino.
scendo a controllare anche l’ostruzione nasale 3.
4. Gli steroidi nasali sono attivi dopo 7-8 ore dalla
prima somministrazione, esplicando il massimo
effetto dopo 24-48 ore, agendo soprattutto sulla
fase tardiva, caratterizzata prevalentemente dall’afflusso di eosinofili e dalla congestione 1.
5. Le più recenti Linee Guida ARIA raccomandano
l’uso dell’antistaminico orale nella rinite lieve intermittente. Solo nella forma moderata-grave viene indicato l’utilizzo dello steroide nasale.
Quesito Strutturato
Popolazione: nei bambini con rinite allergica intermittente lieve.
Intervento: l’uso di uno steroide nasale.
Confronto: verso un antistaminico orale.
Indicatore di esito: riduce la sintomatologia soggettiva ed oggettiva e migliora la qualità di vita in maniera
più rapida ed efficace?
Nella Tabella I è illustrato l’utilizzo dei vari farmaci
nella terapia della rinite allergica stagionale o perenne, sia nell’adulto sia nell’età pediatrica, con accanto
la forza della raccomandazione.
Informazioni di base necessarie
Strategia di ricerca
1. Secondo la nuova classificazione elaborata dalle
Linee Guida ARIA 2, si parla di rinite intermittente
quando i sintomi persistono per meno di 4 giorni alla settimana o per meno di 4 settimane. Nella
sua forma lieve il sonno è conservato, non vi è alcuna limitazione nelle attività quotidiane, né nella normale attività lavorativa e scolastica; inoltre i
sintomi non sono fastidiosi.
2. È documentato che gli antistaminici posseggono
una rapida insorgenza d’azione, contrastando la
risposta precoce, caratterizzata da rinorrea, starnutazione e prurito.
3. Inoltre, alcuni antistaminici di seconda generazione (cetirizina, levocetirizina, loratadina, desloratadina) possono inibire i mediatori della flogosi, riu-
Cerchiamo dapprima su fonti di letteratura secondaria (sintesi di evidenze) e ci rivolgiamo a Clinical Evidence e alla Cochrane Library, siamo fortunati. Su Clinical Evidence vi è una revisione 4 che in parte potrebbe rispondere al nostro quesito. Nel capitolo “Steroidi nasali vs. antistaminici orali”, l’argomento che a noi
interessa, gli Autori esaminano una revisione sistematica (RS) con metanalisi pubblicata nel 1998 5 (la
esamineremo in dettaglio più avanti) che riporta come dato fondamentale una maggiore efficacia degli
steroidi nasali per quanto riguarda l’ostruzione nasale, la rinorrea, il prurito, pur a fronte di una certa disomogeneità degli studi inclusi.
Sulla Cochrane Library, inserendo nel campo di ricer-
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
22
La Commissione
Tab. II. Caratteristiche e risultati della RS di Weiner et al. 5.
Popolazione
e intervento
RS con metanalisi comprendente 16 RCT (studi randomizzati controllati, 14 in persone con SAR (rinite allergica stagionale), 2 con PAR (rinite allergica perenne). Popolazione studiata = 2267 soggetti, età media
32 anni (range 12-75). Antistaminici orali (desclorfeniramina, terfenadina, astemizolo, loratadina, cetirizina) vs. steroidi nasali (beclometasone, budesonide, fluticasone, triamcinolone).
Esiti
Efficacia degli steroidi nasali vs. antistaminici orali sui sintomi nasali, oculari e sulla resistenza nasale ove misurata. Le misure di esito sono espresse come odds e ne viene calcolato l’IC (intervallo di confidenza).
Risultati
Gli steroidi danno luogo ad un miglioramento maggiore rispetto agli antistaminici orali sulla ostruzione
nasale (14 RCT [inclusi 2 RCT in PAR]; SMD -0.63, 95% IC -0.73 to -0.53), la rinorrea (14 RCT [inclusi 2 RCT
in PAR]; SMD: -0.5, 95% CI -0.6 to -0.4), gli starnuti (14 RCT [inclusi 2 RCT in PAR]; SMD -0.49, 95% CI -0.59
to -0.39).
Per ciò che riguarda il prurito nasale vi è una eterogeneicità statistica significativa tra gli RCT inclusi (11
RCTs [inclusi 2 RCTs in PAR]; SMD -0.38, 95% IC -0.49 to -0.21).
Lo sgocciolamento retronasale (2 RCTs; SMD -0.24, 95% IC -0.42 to -0.06), e i sintomi nasali complessivi
vengono valutati solo in 9 RCTs; (SMD -0.42, 95% IC: -0.53 to -0.32).
2 RCT hanno riportato risultati sulla valutazione globale sul peggioramento dei sintomi: Odds ratio (OR):
0.26, 95% IC: 0.08 to 0.80.
Non vengono trovate differenze significative per i sintomi oculari (11 RCTs [inclusi 2 RCTs in PAR]; SMD 0.043, 95% IC -0.16 to +0.07)
Punti di
debolezza
Non vengono riportati i risultati in maniera separata tra SAR e PAR.
I revisori riportano che alcuni risultati eterogenei esplicitati nella loro RS sarebbero occorsi a causa di differenti metodi di score clinici riportati negli studi presi in considerazione e da come sono stati riportati gli outcome primari, per esempio sull’intera durata della terapia oppure su periodi di tempo (1-2 settimane).
Tab. III. Caratteristiche e risultati dello studio di Kaszuba et al. 7.
Popolazione
ed intervento
Studio in aperto, randomizzato, parallelo su 88 pazienti di età oltre i 18 anni, con SAR da ambrosia. 44
sono stati trattati con fluticasone propionato 100 µg e 44 con loratadina 10 mg. La terapia è stata somministrata al bisogno per 4 settimane, durante il periodo dell’ambrosia (non più di una volta al giorno).
Esiti
Primario: punteggio sulla qualità di vita ottenuto da un questionario validato (RQLQ di Juniper).
Secondario: diario dei sintomi (punteggio totale e scorporato), quantificazione eosinofili ed ECP (proteina cationica degli eosinofili) nei campioni di lavaggio nasale raccolti al tempo 0-14-28 gg.
Risultati
I trattati con fluticasone hanno riportano al secondo e terzo rilevamento un significativo e superiore
miglioramento nello punteggio sulla qualità di vita, con specifico riferimento ai vari 7 punti (sonno, sintomi non nasali e non oculari, emozionali, problemi quotidiani, sintomi nasali, sintomi oculari, normali
attività) (p < 0,05).
Il diario dei sintomi totali segnala un miglioramento significativo nei trattati con fluticasone già dopo 5
giorni, rispetto ai trattati con antistaminici (p = 0,005).
I trattati con fluticasone presentano una riduzione significativa degli eosinofili nasali fra la prima e la terza visita(p = 0,001), come anche di ECP, mentre i trattati con loratadina ne presentano un aumento.
Gli esclusi dall’analisi finale dei dati sono stati contenuti, 2 nei trattati con fluticasone e 2 nei trattati con
loratadina.
Punti di
debolezza
per quanto ci
riguarda
Studio in aperto, casistica non pediatrica.
ca “allergic rhinitis” troviamo una recentissima RS 6. La
RS prende (stranamente) in considerazione solamente 3 studi clinici per un totale di 79 bambini, le misure
di esito sono l’efficacia terapeutica dei farmaci analizzati (nello specifico beclometasone e flunisolide) ed
i loro effetti collaterali. Gli Autori, pur riconoscendo
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
23
La Commissione
un’efficacia terapeutica ai farmaci, concludono che
sono necessarie ulteriori valutazioni e che la scelta di
usarli “deve essere guidata dall’esperienza del medico e dalle esigenze del paziente”, in pieno stile EBM
(Evidence-Based Medicine)!
Ma Lorenzo ci chiede: “E quindi cosa devo fare?” Che
gli steroidi nasali funzionavano bene lo sapevamo
già; ma a noi interessa il confronto con gli antistaminici orali in una situazione particolare (rinite intermittente lieve). Passiamo pertanto ad interrogare Pubmed lanciandoci alla ricerca di studi, primari o secondari, che possano rispondere in maniera più stringente al nostro quesito. Per farlo utilizziamo la seguente
stringa: “rhinitis, allergic, seasonal”[Mesh] AND (“histamine H1 antagonists”[Mesh] OR intranasal corticosteroids [tw]) con limiti “all child” e “last 5”. Otteniamo così facendo 107 titoli. Dalla lettura degli abstract e ampliando la ricerca mediante l’utilizzo dello strumento
related articles, selezioniamo alla fine 2 articoli 5-7 che
utilizzeremo per rispondere al quesito iniziale: uno
è la RS 5 di cui abbiamo già letto su Clinical Evidence 4, l’altro uno studio primario, entrambi riguardano
adulti, li abbiamo riassunti nelle Tabelle II e III. Quindi
studi proprio pertinenti e riguardanti i bambini non
ne abbiamo trovati. Ma queste sono le migliori evidenze scientifiche reperibili al momento e al riguardo, e per prendere la nostra decisione clinica su di esse ci baseremo (anche), come suggerisce l’EBM.
glioramento nei parametri testati per la qualità di
vita.
- Gli steroidi nasali determinano miglioramento di
dati di laboratorio (riduzione di eosinofili nasali
ed ECP – proteina cationica degli eosinofili).
A fronte di questi risultati gli Autori propongono una
revisione del posizionamento degli steroidi nasali,
caldeggiando il loro uso come farmaco di prima scelta nella rinite stagionale al bisogno. In realtà la letteratura, proprio per la mancanza di studi sviluppati
sulle nuove classificazioni, non sembra ancora in grado di dare risposte basate sull’evidenza, tali da sciogliere in modo convincente il nostro quesito. La proposta andrà sempre valutata paziente per paziente,
considerando alcune variabili, quali il costo, l’età del
soggetto e la adesione all’uso degli erogatori nasali,
l’eventuale cortisonofobia e la presenza di altre patologie allergiche concomitanti. Infatti, nei soggetti che soffrono anche d’asma, il rischio di sviluppare
una crisi è meno probabile nei pazienti che assumono steroidi nasali 7.
Risoluzione dello scenario
Lorenzo l’unica “aria” che conosce è quella che tenta
di respirare (preferibilmente bene e dal naso) quando si trova di fronte al portiere avversario. Cosa potremmo consigliare al suo papà, nonché nostro collega? Sicuramente i dati della maggior efficacia dello
steroide andrebbero confermati in lavori con una popolazione selezionata, affetta da rinite allergica intermittente, magari anche lieve. Per cui, pur non sentendoci di dare una indicazione univoca e precisa, potremmo comunque far provare a Lorenzo lo steroide
nasale per un periodo breve, anche consci del buon
profilo sicurezza ed efficacia ed alla luce dei dati seppur parziali trovati nella nostra ricerca.
Riassunto dei risultati
- Gli steroidi nasali determinano un miglioramento
maggiore riguardo all’ostruzione nasale, la rinorrea e gli starnuti.
- Sui sintomi oculari non ci sono differenze significative tra streroidi nasali e antistaminici orali.
- Gli steroidi nasali determinano anche rapido mi-
Bibliografia
1
2
3
4
5
Bousquet J, van Cauwenberge P, Aït Khaled N, Bachert
C, Baena-Cagnani CE, Bouchard J, et al. Pharmacologic
and anti-IgE treatment of allergic rhinitis ARIA update (in
collaboration with GA2LEN). Allergy 2006;61:1086-96.
Bousquet J, Van Cauwenberge P, Khaltaev N. Allergic
rhinitis and its impact on asthma. J Allergy Clin Immunol
2001;108 (Suppl. 5):S147-S334.
Simons FE. Advances in H1-antihistamines. N Engl J Med
2004;351:2207-17.
Sheikh A et al. Seasonal allergic rhinitis in adolescent and
adult. Clinical Evidence, September 2005 http://clinicalevidence.bmj.com/ceweb/index.jsp.
6
7
8
Weiner JM, Abramson MJ, Puy RM. Intranasal corticosteroids versus oral H1 receptor antagonists in allergic
rhinitis:systematic review of randomised controlled trials.
BMJ 1998;317:1624-9.
Al Sayyad JJ, Fedorowicz Z, Alhashimi D, Jamal A. Topical
nasal steroids for intermittent and persistent allergic rhinitis in children. Cochrane Database 2007;1:CD003163.
Kaszuba SM, Baroody FM, Tineo M, Haney L. Superiority
of an intranasal corticosteroid compared with an oral antihistamine in the as-needed treatment of seasonal allergic rhinitis. Arch Intern Med 2001;161:2581-7.
Adams RJ. Intranasal steroids and risk of emergency department visits of asthma. JACI 2002;109:636-42.
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
24
La Commissione
Come faccio a stabilire con ragionevole
certezza che una malattia da reflusso
gastroesofageo dipende da una allergia
alle proteine del latte vaccino?
A cura della Commissione Diagnostica Immunoallergologica
Coordinatore: Alberto Martelli
Membri: Claudia Alessandri, Roberto Berni Canani, Franco Borghesan, Paolo Matricardi, Paolo Pigatto, Lamberto Reggiani
La diagnosi di malattia da reflusso gastroesofageo
(MRGE) secondaria ad allergia alle proteine del latte
vaccino (APLV) è poco agevole e si basa prevalentemente su dati clinici. Infatti, i meccanismi attraverso
cui le proteine del latte vaccino (PLV) inducono anomalie della motilità gastroesofagea sono ancora poco definiti 1. Elemento centrale della diagnosi è l’osservazione di un chiaro miglioramento clinico durante una rigorosa dieta di esclusione priva di PLV, seguito da un marcato peggioramento clinico alla loro
reintroduzione.
nel bambino con sospetta MRGE secondaria ad APLV
prevede la valutazione di:
- anamnesi, tesa a valutare: familiarità allergica, i
rapporti temporali tra insorgenza della sintomatologia ed assunzione delle PLV, la sintomatologia
clinica [per identificare la reale presenza di MRGE
ed escludere altre possibili eziologie di MRGE secondaria (infezioni, patologie metaboliche, disturbi neurologici)];
- esame obiettivo, per cercare eventuali altri segni
clinici concomitanti di allergia (es. dermatite atopica);
- risposta alla terapia farmacologica e/o alla dieta
di esclusione.
Percorso diagnostico
Gli elementi di sospetto per una MRGE da APLV sono riassunti nella Tabella I. Il percorso diagnostico
Terapia farmacologica e/o dieta di
esclusione
Per i soggetti senza un evidente sospetto di APLV
(non storia familiare, non altri segni clinici suggestivi
di allergia, negatività dei test allergologici), una volta
posta la diagnosi di MRGE, oltre alle raccomandazioni comportamentali (per es.: favorire la postura antireflusso ed evitare posture con pressioni extra-addominali), si prescrive generalmente una terapia farmacologia per almeno 14 giorni (ranitidina, 5-10 mg/kg/
die suddivisi in 2 dosi; od omeprazolo 1-3 mg/kg/die
in monosomministrazione). In mancanza di una chiara risposta clinica ed in assenza di indizi di altre forme di MRGE secondaria è legittimo sospettare la presenza di una allergia alimentare alla base della sintomatologia ed eventualmente proporre una dieta di
esclusione senza PLV.
Mareggiata a Scilla - Antonio Cardona
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
25
La Commissione
Tab. I. Criteri di sospetto per la diagnosi di MRGE secondaria ad APLV.
•
Familiarità allergica
•
Rapporti temporali tra insorgenza della sintomatologia ed assunzione delle PLV
•
Esclusione di altre possibili cause di MRGE secondaria
•
Concomitanti segni di allergie (es.: alvo diarroico, rettorragia, stipsi ostinata, scarsa crescita, dermatite atopica)
•
Inefficacia della terapia farmacologia
•
Efficacia della dieta di esclusione con eHF
Nel bambino con forte sospetto di APLV (familiarità positiva; presenza di altri sintomi suggestivi come diarrea, rettorragia, stipsi ostinata, scarsa crescita, dermatite atopica, etc.) per confermare il sospetto diagnostico può essere raccomandata (anche prima di un eventuale tentativo farmacologico
con inibitori dell’acidità gastrica) una dieta di esclusione priva di PLV. In caso di allattamento artificiale, si utilizza un idrolisato spinto (eHF) 2. In caso di
esclusivo allattamento al seno, si deve proporre alla nutrice una dieta rigorosamente priva di PLV 2. È
sempre utile concordare attentamente con i genitori i parametri di valutazione dell’efficacia della dieta
di esclusione, utilizzando un diario giornaliero dettagliato del comportamento del lattante. Se non si
osservano miglioramenti consistenti del quadro clinico, si esclude la diagnosi di APLV. Se, al contrario,
si verificano miglioramenti significativi occorre programmare il Test di Provocazione Orale (TPO) per
ottenere la conferma diagnostica.
te 2-4 settimane di dieta priva di PLV, anche la fase
post-TPO sarà della stessa durata per poter meglio
comparare, anche come durata, il pre- e il post.
È importante sottolineare che né altri esami allergologici nè la diagnostica strumentale sono utili nel
percorso diagnostico per poter distinguere una MRGE primitiva da una MRGE secondaria ad APLV. Infatti, come già accennato, i meccanismi fisiopatologici della MRGE secondaria ad APLV non sono ancora del tutto chiariti.
Altre indagini diagnostiche
Non essendo generalmente in causa reazioni immunoglobuline E (IgE)-mediate, non vanno eseguite né la ricerca delle IgE sieriche specifiche per le
PLV, né i prick test cutanei per PLV e per le loro frazioni. Alcuni studi hanno suggerito meccanismi legati a reazioni allergiche non-IgE mediate. Sarebbe
quindi promettente l’impiego dell’Atopy Patch Test
(APT) con latte fresco 3 4, ma i risultati sono ancora
preliminari e richiedono nuove conferme. In ogni
caso, quindi, non bisognerà mai proporre una dieta di esclusione o una diagnosi di MRGE secondaria
a APLV solo sulla base della positività di questi test
allergologici.
L’ecografia non può che evidenziare quanto già si
osserva clinicamente, cioè i reflussi gastro esofagei.
Quindi ha scarso valore diagnostico anche in virtù
del breve tempo di osservazione.
Il tracciato della pHmetria è poco utile per poter distinguere una MRGE primitiva da una forma secondaria ad APLV 5.
L’eosinofilia della mucosa del tratto gastroesofageo non è patognomonica di MRGE secondaria ad
APLV 6. Può essere utile invece l’esame immunoistochimico della biopsia esofagea per la ricerca di altri
parametri (presenza di eotassina, infiltrato di linfociti T). Tale esame, eseguito in corso di esofagogastroscopia, permette di distinguere la MRGE secon-
TPO
Verrà effettuato in aperto, oppure in cieco nel caso che il piccolo sia ospedalizzato. Certamente, se
il TPO risulta positivo, è possibile porre la diagnosi.
Ma qual’è il limite oltre il quale possiamo etichettare come sicuramente positivo un TPO che orienti per una MRGE secondaria a APLV? Non esiste né
un valore numerico limite in uno punteggio clinico globale, né un numero di episodi di rigurgito o
vomito, nè modificazioni comportamentali rilevabili su scale appropriate, oltre le quali il TPO possa essere considerato sicuramente positivo. È sempre e
solo l’esperienza del pediatra nel gestire e valutare
tali situazioni a consentirgli una sintesi diagnostica
che nei casi dubbi rimane meritevole di conferme
anche con l’esecuzione di un nuovo TPO, possibilmente in cieco, se il primo è stato eseguito in aperto. Poiché l’osservazione pre-TPO è condotta duran-
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
26
La Commissione
daria ad APLV (eosinofilia assente o < 20 eosinofili
per campo) dalla esofagite eosinofila (> 20 eosinofili
per campo). Quest’ultima patologia può infatti presentarsi, specie nei bambini più piccoli, con un qua-
dro clinico molto simile ad una MRGE 7. La metodica
immunoistochimica per il dosaggio dell’eotassina è
appannaggio però di pochissimi centri e quindi, al
momento, di fatto non realizzabile di routine.
Bibliografia
1
2
3
4
5
Heine RG. Gastroesophageal reflux disease, colic and
constipation in infants with food allergy. Curr Opin Allergy Clin Immunol 2006;6:220-5.
Garzi A, Messina M, Frati F, Carfagna L, Zagordo L, Belcastro M, et al. An extensively hydrolysed cow’s milk formula improves clinical symptoms of gastroesophageal reflux and reduces the gastric emptying time in infants. Allergol Immunopathol (Madr) 2002;30:36-41.
De Boissieu D Waguet JC, Dupont C. The atopy patch
test for detection of cow’s milk allergy with digestive
symptoms. J Pediatr 2003;142:203-5.
Berni Canani R, Ruotolo S, Auricchio L, Caldore M, Porcaro F, Manguso F, et al. Diagnostic accuracy of the atopy
patch test in children with food allergy-related gastroin-
6
7
testinal symptoms. Allergy 2007;62:738-43.
Nielsen RG, Bindslev-Jensen C, Kruse-Andersen S, Husby S. Severe gastroesophageal reflux disease and cow
milk hypersensitivity in infants and children: disease association and evaluation of a new challenge procedure. J
Pediatr Gastroenterol Nutr 2004;39:383-91.
Nielsen RG, Fenger C, Bindslev-Jensen C, Husby S. Eosinophilia in the upper gastrointestinal tract is not a characteristic feature in cow’s milk sensitive gastro-oesophageal reflux disease. Measurement by two methodologies.
J Clin Pathol 2006;59:89-94.
Butt AM, Murch SH, Ng CL, Kitching P, Montgomery SM,
Phillips AD, et al. Upregulated eotaxin expression and T
cell infiltration in the basal and papillary epithelium in
cows’ milk associated reflux oesophagitis. Arch Dis Child
2002;87:124-30.
Mareggiata a Scilla - Antonio Cardona
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
27
La Commissione
Il Test di Provocazione Orale alimentare
nel bambino con pregressa anafilassi
Documento congiunto della
Commissione Allergia alimentare, Anafilassi, Dermatite atopica
Coordinatore: Mauro Calvani; Membri: Marcello Bergamini, Irene Berti, Salvatore Bragò, Luigi Calzone, Iride Dello Iacono,
Roberto Lisi
Commissione Diagnostica Immunoallergologica
Coordinatore: Alberto Martelli; Membri: Claudia Alessandri, Roberto Berni Canani, Franco Borghesan, Paolo Matricardi,
Paolo Pigatto, Lamberto Reggiani
Premessa
L’esigenza di rispondere alle seguenti domande nasce
dalla necessità comune a molti pediatri di dover eseguire, nel tempo, il Test di Provocazione Orale (TPO)
con alimenti a bambini che hanno presentato una precedente anafilassi dopo l’assunzione di un alimento. È
proprio un nostro dovere domandarci se quell’alimento, eliminato da tempo dalla dieta, può essere reintrodotto perché la storia naturale dell’allergia alimentare
tende alla tolleranza in tempi più o meno lunghi nei
diversi alimenti. Ma nell’esecuzione di questi TPO devono essere attuate modalità particolari? Pur in mezzo
alle difficoltà di una letteratura davvero carente sull’argomento, cercheranno di rispondere a queste domande, in maniera congiunta, i componenti di 2 commissioni della SIAIP: la Commissione dell’allergia alimentare, dell’anafilassi e della dermatite atopica e la Commissione di diagnostica Immunoallergologica.
L’approccio che ha guidato le Commissioni è stato
quello, da un lato, di cautelare il più possibile il bambino nel corso di un test ipoteticamente pericoloso e
dall’altro di non sconfinare in indicazioni troppo articolate che renderebbero difficilmente realizzabile o
impraticabile il TPO.
Mettetevi tranquilli e prendetevi un po’ di tempo, una
volta tanto. Leggete le risposte (date in forma breve
e in forma estesa), stavolta non con il fucile spianato,
ma con la giusta benevolenza per un argomento davvero ostico. Mentre leggete le risposte potete pensare alla frase “Se tu verrai a trovarmi, per esempio, tutti
i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice”, la scrisse Antoine De Saint-Exupéry ne Il
Piccolo Principe, nel 1943.
Grazie
Mauro Calvani e Alberto Martelli
Quali sono i bambini che hanno
presentato un episodio di anafilassi e
che dovrebbero essere sottoposti a un
TPO?
Risposta estesa
Nel caso di anafilassi da cibo riferita nell’anamnesi, il
TPO andrebbe eseguito solo nelle seguenti due circostanze:
1. Qualora non sia certa l’identificazione dell’alimento
offendente attraverso il racconto anamnestico e/o:
a. quando le prove allergiche verso l’alimento
sospettato, eseguite correttamente e in più
occasioni, risultino negative. In questi casi è
necessario riconsiderare la diagnosi di anafilassi o pensare ad una anafilassi idiopatica o
da altre cause;
Risposta breve
- Quelli per i quali l’alimento offendente non è stato identificato tramite la raccolta della storia e
l’esecuzione di test allergometrici;
- quelli per i quali si intende valutare l’eventuale acquisizione della tolleranza.
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
28
La Commissione
Quali criteri, clinici e di laboratorio,
possiamo utilizzare per stabilire se un
bambino, con pregressa anafilassi da
alimenti, può essere sottoposto ad un
nuovo Test di Provocazione Orale per
saggiare l’eventuale tolleranza?
b. quando le prove allergiche risultino positive
per più alimenti di comune uso (ad es. latte, e
uovo e grano). Talvolta infatti la reazione grave si verifica subito dopo che il bambino ha
consumato più alimenti o più ingredienti nello stesso momento.
Il TPO invece non dovrebbe essere eseguito nel caso
di anafilassi immediatamente successiva all’ingestione di un solo alimento confermato da sensibilizzazione allo stesso in vivo e/o in vitro. L’identificazione dell’alimento implicato nella reazione anafilattica è utile ad evitare inutili restrizioni dietetiche e limitazioni
nello stile di vita 1. Inoltre, se non è possibile, per vari
motivi, individuare l’alimento responsabile, i TPO per
il ventaglio di alimenti, comunque sospetti, possono
risultare salvavita o comunque utili ad evitare diete
troppo estese 2. Nella pratica clinica non è infrequente riscontare situazioni particolari, come il caso del
bambino che abbia manifestato anafilassi dopo aver
assunto due alimenti contemporaneamente e verso i
quali dimostri sensibilizzazione in vivo e/o in vitro (es.
latte e grano assunti con la pastina col formaggino) e
l’anamnesi alimentare non consenta di comprendere quale dei due alimenti possa essere responsabile
dell’episodio di anafilassi. Cosa fare? Una soluzione
potrebbe essere quella di tenere il bambino a dieta
rigorosa per entrambi gli alimenti e non eseguire subito il TPO, a causa della recente anafilassi, ma di programmarlo, dopo 6-12 mesi, prima con uno, poi con
l’altro alimento. Viceversa, non articolando correttamente un programma diagnostico, si rischia anche di
etichettare come allergici bambini che in realtà non
lo sono “medicalizzando” inutilmente situazioni che
non lo richiedono, anche con l’indicazione all’adrenalina autoiniettiva. Poiché l’anafilassi da alimenti,
come tutte le esperienze a rischio di vita, porta ad
un profondo coinvolgimento psicologico, anche dei
genitori di un bambino affetto, come dimostrato nel
caso dell’allergia alle arachidi 3, bisognerà assicurarsi che la diagnosi di anafilassi sia dettagliatamente
comprovata. Quando si parla di anafilassi, pertanto,
si deve far riferimento all’ultima classificazione dell’anafilassi dove vengono annoverate, in questo termine, le manifestazioni cliniche più severe 4.
Risposta breve
- Importanza del cibo nella dieta;
- eventuale reintroduzione erronea o voluta, senza
reazione avversa conseguente, di piccole dosi di
quell’alimento.
Risposta estesa
Attualmente, non esistono criteri di laboratorio certi che possano aiutarci per stabilire i tempi per un
nuovo TPO. Sebbene la dimensione del pomfo evocato dal prick test e il valore assoluto del livello delle
immunoglobuline E (IgE) sieriche specifiche possano sempre più correlare, attraverso il loro incremento, alla reazione positiva del TPO, nessun valore può
essere predittivo della severità della reazione 6. Recentemente un’osservazione del gruppo di Eigenmann ha mostrato, analizzando i dati di 51 TPO eseguiti con uovo cotto o crudo, una chiara correlazione fra il livello sierico di IgE specifiche per le proteine dell’uovo e severità della reazione clinica concludendo che il titolo di IgE specifiche per l’uovo può
aiutare a predire il rischio di una reazione severa al
momento dell’introduzione dell’uovo 7. Non venivano osservate significative differenze statistiche fra
i bambini che avevano eseguito il TPO con l’uovo
cotto o crudo.
Da vari autori sono stati studiati i punti di cut-off per
le IgE sieriche specifiche e per prick test in relazione a
singoli alimenti e alla probabilità che risulti positivo il
TPO per quell’alimento 8-12, ma non sono stati stabiliti
tali valori per il bambino con pregressa anafilassi e sulla predittività di un nuovo analogo episodio.
Di quanto dovrebbe ridursi il pomfo evocato dal prick test o il il valore assoluto del livello delle IgE sieriche specifiche relativi ad uno specifico alimento
per suggerirci, dopo una pregressa anafilassi, la ripetizione di un TPO? Al momento pare impossibile
rispondere. Si potrà rispondere a questa domanda
solo dopo la verifica attraverso studi clinici metodologicamente validi condotti su vaste popolazioni di
età diverse con alimenti differenti. Occorre ricordare inoltre che l’anafilassi assai raramente può verificarsi in bambini con IgE specifiche (cutanee o sieriche) negative per quell’alimento e, viceversa, IgE
specifiche positive (cutanee o sieriche) spesso pos-
2. Nella valutazione dell’acquisizione della tolleranza nei bambini che, dopo congruo periodo di
tempo dalla pregressa anafilassi, potrebbero non
presentare più la loro grave reattività a quel cibo.
Il TPO potrebbe includere anche il test da sforzo
se l’esercizio fisico dovesse risultare un meccanismo favorente 5.
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
29
La Commissione
sono osservarsi in bambini asintomatici che tollerano perfettamente l’alimento 13. È lecito pensare, anche se mancano dati specifici in letteratura, che valori in incremento di IgE specifiche (cutanee o sieriche), rispetto a quelli concomitanti alla precedente
anafilassi, suggeriscano di evitare l’esecuzione di un
TPO. In altre parole i valori di IgE specifiche (cutanee
o sieriche) sono considerati utili, in questo caso, più
per non fare che per fare il TPO. Hill et al. ipotizzano
che una naturale diminuzione delle IgE circolanti,
ma non di quelle adese ai mastociti, in chi è a dieta
di eliminazione, possa rendere spiegazione di quei
casi che hanno basse IgE specifiche ma che reagiscono comunque al TPO e che abitualmente non
vengono annoverati tra i più a rischio 14.
Altre osservazioni suggeriscono che la sensibilizzazione ad epitopi lineari anziché conformazionali, possa
essere responsabile della persistenza dell’allergia 15-17
e come, ad esempio, le IgE dirette contro epitopi lineari dell’ovomucoide possano predire la persistenza
dell’allergia all’uovo15. Inoltre il riconoscimento di più
epitopi sull’allergene può determinare la persistenza
del fenomeno, indipendentemente dalla quantità di
IgE specifiche dirette verso l’estratto allergenico 18.
Anche la severità della reazione clinica almeno per
alcuni alimenti, come le arachidi, potrebbe essere in
parte predetta dall’eterogeneità degli epitopi allergenici coinvolti nella reazione IgE mediata 19.
In conclusione si può eseguire un TPO, a distanza dal
precedente episodio anafilattico, pur in presenza di
valori elevati di IgE o di diametro del pomfo superiore ai cut-off, per non rischiare di innescare un iter di
prosecuzione dietetica per anni, solo in considerazione della persistenza di questi dati.
Chiaramente venire a conoscenza della spontanea o
involontaria assunzione di piccole quantità dell’alimento senza aver riportato reazioni importanti costituisce un criterio per stabilire che il bambino può essere sottoposto ad un TPO.
soprattutto nel caso si tratti di bambini allergici ad
alimenti fondamentali nella dieta (latte, grano, uovo)
e ciò indipendentemente se abbiano reagito a piccole, medie o grandi quantità dell’alimento in causa.
Il TPO va ripetuto, anche questa volta, senza troppo
prolungare i tempi.
L’acquisizione della tolleranza verso un allergene
alimentare è condizionata da diversi fattori, principalmente dal tipo di alimento e dall’età, per questo devono essere considerati anche il tipo di alimento e l’impatto che lo stesso ha nella dieta del
bambino. Ad esempio le proteine del latte, dell’uovo e del grano non possono essere considerate, come valenza nutrizionale, al pari delle proteine del
kiwi o dell’anacardio. In poche parole, il bambino
cresce sicuramente bene senza la frutta secca ma
non si può permettere che rimanga privato delle
proteine “nobili” senza giustificazione. Pertanto sarà più serrata la “caccia alla tolleranza” per latte, uovo e grano proponendo di ritestare annualmente,
educando la famiglia ad evitare il più possibile errori, tra un TPO e l’altro a causa del rischio enorme
che si affronta.
La valutazione di eventuali ingestioni accidentali, anche in tracce e sconosciute, in assenza di sintomi, potrebbe costituire un valido motivo per una proposta
di TPO, come pure il riscontro di IgE specifiche (cutanee o sieriche) negative per quell’alimento, consentono di testare immediatamente l’alimento indice con TPO.
Nel caso in cui si sia verificata una nuova reazione di
anafilassi o comunque allergica a seguito di contatto
voluto od accidentale con l’allergene, i dodici mesi di
attesa per poter riproporre il TPO scatteranno dalla
data del nuovo episodio di anafilassi.
In quale ambiente e in quali condizioni
un bambino con pregressa anafilassi
dovrebbe essere sottoposto a un TPO?
Dopo quanto tempo da un episodio di
anafilassi è lecito ritestare il bambino
TPO?
Risposta breve
- In ambiente ospedaliero;
- con posizionamento di agocannula;
- con farmaci a disposizione;
- con pronta reperibilità del rianimatore.
Risposta breve
Dopo 1 anno e in considerazione dell’età del bambino e del tipo di alimento.
Risposta estesa
Poiché è opportuno, giustamente, cautelarsi in tali
circostanze, è indispensabile eseguire il TPO in ambiente ospedaliero attrezzato con possibilità di intervento rapido del rianimatore e in regime di ricovero
ospedaliero 20-22.
Risposta estesa
Benché non esistano dati certi in merito, c’è uniformità di consensi nel ritenere che si possa ripetere un
TPO dopo 12 mesi da un precedente TPO positivo,
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
30
La Commissione
ri, Reibel et al. 24, osservando tale casistica retrospettivamente, evidenziarono una reazione clinica positiva in 178 casi (51%). Di questi ben 120 bambini (67%)
ebbero bisogno di un intervento terapeutico. In 78
casi (65%) fu sufficiente la terapia orale mentre in 42
casi (35%) fu necessaria la terapia parenterale. In base alla stretta correlazione (90%) osservata, in questa casistica, fra i livelli di IgE specifiche e la necessità dell’intervento terapeutico gli Autori suggeriscono
di preparare un accesso venoso, prima del TPO, nei
bambini con IgE specifiche per latte e grano maggiori di 17,50 kU/l (CAP classe 4) e con IgE specifiche per
l’uovo maggiori di 3,50 kU/l (CAP classe 3).
In merito alla scelta del tipo di TPO da utilizzare (aperto o in doppio cieco verso placebo, Double Blind Placebo Controlled Food Challenge – DBPCFC), poiché si tratta di reazioni IgE mediate con chiara espressività clinica, non servono di norma le procedure per il TPO in
cieco, un TPO in aperto è sufficiente nella quasi totalità dei casi. In rari casi, se il ragazzo è grande e per tanti
anni è cresciuto con la fobia di assumere quell’alimento, si può pensare a un DBPCFC. Non tutti sono d’accordo su questa linea. Ad esempio, nei practice parameters, Liebermanmn et al. affermano che il TPO, in caso di sospetta anafilassi da alimento, andrebbe svolto
comunque in cieco, singolo o doppio che sia 25. Se ci
sono dubbi interpretativi la cecità nella procedura aiuta a limitare i possibili errori. In questo caso, per il mascheramento del verum, occorre fare attenzione al tipo
di placebo prescelto che potrebbe modificare il tipo di
reazione allergica 29. Attenzione andrà posta anche al
rischio di DBPCFC con placebo positivi 27.
Il TPO nei casi di pregressa anafilassi andrebbe sempre
condotto con l’alimento fresco. Infatti i preparati liofilizzati, rispetto all’alimento fresco, possono determinare una difficile interpretazione dei tempi di rottura
della capsula e del successivo assorbimento intestinale. Ciò potrebbe comportare un troppo breve tempo
di attesa per la dose successiva nel caso in cui si verifichi, successivamente, una reazione anafilattica.
Per quanto invece concerne l’assistenza rianimatoria
durante la procedura del TPO, è indubbiamente una
grave limitazione pretendere la presenza del medico
rianimatore durante il test. Lo specialista deve però sapere che in quel momento si sta svolgendo, in pediatria, una procedura potenzialmente a rischio e non deve essere impegnato nel turno di sala operatoria perché si deve mantenere prontamente disponibile. Purtroppo nella realtà territoriale italiana, nel momento
in cui si esegue un TPO, la pronta disponibilità del rianimatore avviene solo in 75 Ospedali su 268 (pari al
27,9%) 28. Non sappiamo, nel sottogruppo di bambini
che esegue il TPO per pregressa anafilassi, quale sia la
Fig. 1. Incremento percentuale di reazioni severe ed uso di
adrenalina nel corso di successive reazioni di anafilassi per
frutta secca.
Infatti la Simmons ha osservato, nella sua casistica,
che le successive reazioni di anafilassi, almeno per
quanto concerne la frutta secca, come le arachidi e le
noci, comportano, nelle recidive, una maggiore percentuale di reazioni severe e di conseguenza un uso
più frequente di adrenalina con l’autoiniettore (Fig.
1) 23. Questo si nota sia nel secondo episodio rispetto al primo sia nel terzo rispetto al secondo. Ovviamente questa osservazione fa riferimento ad una casistica con reazioni di anafilassi verificatisi nella real
life e non indotte da procedure diagnostiche, come il
TPO, dove la somministrazione dell’alimento avviene
in maniera differente e più graduale, interrompendo
le successive somministrazioni ai primi segni clinici
significativi di reattività.
Se il Day Hospital (DH) è correttamente attrezzato
(farmaci, apparecchio per misurazione della pressione arteriosa con differenti bracciali a seconda della
diversa età, aspiratori, lettino con possibilità di postura in Trendelemburg, ossigeno umidificato, saturimetro, nebulizzatore o distanziatore per aerosolterapia,
ecc) non ci sono preclusioni all’esecuzione in tale sede a meno che non ci sia, in virtù degli aspetti strutturali del DH, troppa promiscuità con gli altri bambini
che afferiscono al servizio in quella mattinata. Un’ipotetica reazione grave al TPO deve essere gestita in un
ambiente molto ben equipaggiato ma comunque
riservato. Al bambino dovrebbe essere preliminarmente posta una agocannula per infusione endovenosa, è una cautela indispensabile a fronte di un disagio per il piccolo, davvero contenuto. Non ci sono
ragionevoli motivi per non farlo. Inoltre in un gruppo
di 204 bambini con dermatite atopica, e non con anafilassi, che erano stati sottoposti a 349 TPO alimenta-
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
31
La Commissione
percentuale di pronta disponibilità del rianimatore ma
è probabile che il dato non si discosti molto dal precedente. Per tale motivo è importante che il pediatra
sappia quali farmaci e presidi debba tenere a disposizione per un immediato impiego. Se si verifica una
nuova reazione di anafilassi, durante un TPO, è meglio
ospedalizzare il bambino in virtù dell’anafilassi bifasica 29. In studi pediatrici il 6% dei casi di anafilassi è progredita in una reazione bifasica 30 31.
Anche se non sono stati stabiliti protocolli specifici sulla durata del periodo di osservazione una recente position paper suggerisce di tenere in osservazione per
6-8 ore i bambini con segni o sintomi respiratori, e per
almeno 24 h, in terapia intensiva, i bambini che hanno
presentato anafilassi con ipotensione arteriosa 4.
Le stesse precauzioni da adottare nel caso di pregressa anafilassi alimentare andrebbero attuate nel caso di
una sospetta Food Protein-Induced Enterocolitis Syndrome (FPIES) o enterocolite allergica cibo-indotta, caratterizzata dall’esordio precoce, spesso prima dei 9 mesi di vita, dalla negatività della ricerca delle IgE specifiche, dalla sintomatologia solo gastrointestinale con
vomito e diarrea dopo esposizione all’alimento incriminato, drastico miglioramento con la sospensione dell’alimento responsabile, e ripresa dei segni gastrointestinali al TPO con l’alimento offendente 32 33.
Riassumendo, il TPO per testare un bambino con pregressa anafilassi, dovrebbe essere sempre condotto
in ambiente ospedaliero, sempre con l’alimento fresco e nella maggior parte dei casi in aperto, con posizionamento preliminare dell’agocannula, e con la
pronta disponibilità di un rianimatore.
mg = 0,5 ml) per via intramuscolare profonda, preferibilmente nel muscolo vasto laterale della coscia 34. Per
fare questa iniezione, il bambino andrebbe steso supino sollevandogli le gambe in posizione antishock, allo scopo di ridistribuire la massa circolante e favorire
la perfusione degli organi vitali. Se non vi è dispnea è
meglio porre il bambino nella posizione di Trendelenburg. Tenere sollevato o in posizione eretta il piccolo
potrebbe diminuire il ritorno venoso e causare un arresto cardiaco 35. Inoltre poiché a causa dell’ipossia cerebrale può verificarsi una variazione nel livello neurologico di attività ed obnubilamento del sensorio con
ipotetica perdita di coscienza, è importante mantenere tale posizione per ovviare all’ipotetico inconveniente del trauma cranico da caduta. In seconda battuta
utilizzare antistaminici per via e.v. (ad es. clorfenamina
maleato), infondere soluzioni saline isotoniche (fisiologica) alla dose di 20-30 ml/kg nel bambino nella prima ora e, dopo aver rivalutato la pervietà delle vie aeree, somministrare ossigeno, eventualmente con cannula di Mayo, alla dose di 6-8 l/min, specie se la sintomatologia si protrae o se la saturimetria lo suggerisce.
L’adrenalina, sempre per via i.m., è ripetibile, se non
si osserva efficacia, dopo 5-10 minuti. Devono essere
somministrati anche broncodilatatori short-acting, ad
es. salbutamolo, se compare broncostruzione e corticosteroidi, es. idrocortisone o metilprednisone. Questi
farmaci hanno minore rapidità di azione ed efficacia
rispetto all’adrenalina, ma sono indicati come intervento di supporto aggiuntivo. La loro somministrazione è finalizzata a ottenere un effetto adiuvante in caso
di persistenza dei sintomi. In caso di edema laringeo
con stridore e difficoltà respiratoria si può associare la
somministrazione di adrenalina per via aerosolica 4.
Quali farmaci devono essere tenuti a
portata di mano in caso di reazione di
tipo anafilattico?
Da quale dose iniziale di alimento è
lecito partire nel TPO di un bambino con
pregressa anafilassi?
Risposta breve
- Adrenalina;
- antistaminici;
- cortisonici.
Risposta breve
Dalla dose minima, specifica per alimento, come suggerito dall’anamnesi e dalla letteratura.
Risposta estesa
La prima cosa da fare è assicurarsi che nella sala medica sia già predisposto il necessario dei farmaci (con
i quantitativi individualizzati al peso del bambino, già
pronti nella siringa) e di attrezzature per far fronte a
una eventuale emergenza. L’altro aspetto importante,
in caso di episodio di anafilassi, è riconoscerlo perché
il rapido trattamento è cruciale. Dopo aver assicurato
l’ABC, devono essere somministrati 0,01 ml/kg di una
soluzione acquosa di adrenalina 1:1000 (dose max 0,5
Risposta estesa
Non è possibile stabilire la stessa dose iniziale per tutti gli alimenti, ma la dose iniziale deve essere stabilita alimento per alimento. Nel TPO tradizionale, non
eseguito in bambini con pregressa anafilassi, la dose
iniziale deve essere suggerita dall’anamnesi e dai dati della letteratura 36. Ovviamente tali dosi iniziali non
dovrebbero mai essere superate in virtù del maggior
rischio del bambino con pregressa anafilassi.
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
32
La Commissione
Tab. I. Dosi iniziali dei principali alimenti da utilizzare
nei TPO.
Alimento
Dose
Arachide
0,1 mg
Latte vaccino
0,1 ml
Uovo
1 mg
Merluzzo
5 mg
Grano
100 mg
Soia
1 mg
Gamberetto
5 mg
Nocciola
0,1 mg
Risposta estesa
Non esistono studi comparativi che documentino
una diversa risposta immune tra la somministrazione
a 10, 15, 30 o 60 minuti. Anche su questo argomento
si scontrano le 2 esigenze diverse: da un lato quella
di cautelare il piccolo da reazioni severe, proponendo
intervalli più lunghi fra una somministrazione e l’altra, dall’altro quella di non rendere troppo prolungato il TPO. Poiché però il piccolo è in ambiente ospedaliero e stiamo valutando, per lui, una cosa importante
davvero, crediamo che l’intervallo fra una somministrazione e l’altra non debba essere inferiore a 20 minuti. Così facendo dieci dosi crescenti vengono somministrate in complessive 3 ore e questo sembra più
che ragionevole sia se il bambino è ricoverato in reparto sia se è in DH
Il test labiale, eseguito ponendo un goccia dell’alimento, diluito o non, nel cercine gengivale inferiore e
non sul labbro inferiore, è un buon sistema per iniziare un TPO, benché non ci siano dimostrazioni di una
sua predittività. Attenzione però, perché, una sicura
positività (ovvero il manifestarsi di una reazione clinica evidente), dopo la somministrazione di una dose
così bassa, suggerisce l’opportunità, quando si ripeterà nel tempo il TPO, di progredire più lentamente
e con dosi più basse. Ad esempio per il latte vaccino
può essere seguita la seguente modalità, per preparare la prima dose, diluendo un goccia di latte vaccino in acqua con diluizione 1:100 e proponendo una
goccia della soluzione 37. Di contro una negatività clinica dopo la prima dose labiale non deve indurre una
falsa sensazione di sicurezza ma mantenere invariate
tutte le norme di sicurezza.
Il motivo per cui Spergel et al. hanno osservato su
69 bambini che afferivano al loro centro per anafilassi da alimento solo 22 reazioni di anafilassi al TPO
di controllo verte sul fatto che, almeno in una buona
percentuale dei casi, il TPO veniva interrotto ai primi
segni clinici prima che si verificasse l’anafilassi 38. In
una casistica di bambini portatori di dermatite atopica ma non di anafilassi, con allergia a latte e uovo,
attraverso la realizzazione di 52 TPO, è stato suggerito un modello per TPO a basse dosi, per latte e uovo,
ma occorreranno nuove osservazioni per sapere se
questo modello possa essere traslabile in casistiche
di bambini con anafilassi 39.
Con TPO negativo eseguito per verificare
avvenuta tolleranza dopo pregressa
anafilassi, possiamo dare l’indicazione di
reintrodurre l’alimento a casa senza altre
precauzioni?
Risposta breve
- No.
Risposta estesa
Anche in tale circostanza qualche cautela è raccomandata. Non esistono lavori, nei bambini con anafilassi
alimentare, che abbiano studiato, comparativamente, la reattività nei confronti di una dose di alimento proposta in maniera refratta in 3 o 5 ore rispetto a
quello che può essere il comportamento del sistema
immunitario se la dose è assunta in un breve intervallo di tempo, di norma pochi minuti, come quando,
nella vita di tutti i giorni, si consuma una tazza di latte vaccino o un uovo. La raccomandazione, ove possibile da un punto di vista organizzativo, è quella di
riproporre, nella giornata successiva al classico TPO,
un nuovo test dove l’alimento, ovviamente in aperto, venga riproposto in un tempo molto breve, pochi
minuti, con le identiche modalità di quanto potrebbe
succedere a domicilio, proprio perché, non esistendo
lavori che abbiano studiato comparativamente tale
situazione, dobbiamo mettere in opera ogni provvedimento per tutelare il bambino con pregressa anafilassi specialmente in situazioni di particolare ansietà
della famiglia, in cui è consigliabile dare la possibilità al bambino di ritornare in ospedale e completare
il tutto in una seconda seduta di DH. Il TPO dovrebbe
essere ripetuto, anche se negativo, nel caso ci si ac-
Quale intervallo di tempo è
raccomandato fra una dose e l’altra nel
corso di un TPO con pregressa anafilassi?
Risposta breve
- 20 minuti.
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
33
La Commissione
cutipositivi ipoteticamente cross-reattivi
con l’alimento incriminato?
corgesse di averlo eseguito mentre il bambino assumeva farmaci anti-allergici, che potrebbero aver mascherato o ridotto la possibile reazione allergica.
Risposta breve
- L’alimento cutinegativo può somministrato a domicilio;
- l’alimento cutipositivo deve essere testato con
TPO se non è mai stato assunto di recente;
- l’alimento cutipositivo può essere lasciato nella
dieta se è stato già assunto di recente senza reazione.
Se un bambino con pregressa
anafilassi presenta, ad un TPO
eseguito per saggiare la tolleranza,
una reazione allergica, ad esempio
solo orticaria diffusa, senza anafilassi,
siamo autorizzati a sospendere la
precedente indicazione all’adrenalina
autoiniettabile?
In caso di cutinegatività l’alimento, ipoteticamente
cross-reattivo, può essere somministrato a domicilio senza particolari precauzioni. Non è previsto in
questo caso un TPO ospedaliero.
In caso di cutipositività ci si comporterà come per gli
altri alimenti cutipositivi. Se già introdotti nella dieta
senza reattività clinica devono essere mantenuti nella
dieta, perché non avrebbe senso eliminare dalla dieta un alimento perfettamente tollerato, benché cutipositivo. Nel caso in cui l’alimento cutipositivo non sia
stato ancora introdotto nella dieta si dovrà eseguire la
stessa procedura utilizzata nel TPO per l’alimento coinvolto nell’anafilassi. Infatti il sistema immunitario del
bambino non reagisce ad alimenti ma ad epitopi allergenici posti su proteine allergeniche. Il riconoscimento degli epitopi, da parte dell’allergico è individuale e
non riconducibile a dati statistici. Non esistono ancora mezzi diagnostici applicabili alla routine che ci permettano di distinguere chi reagirà tra coloro che sono
cutipositivi. La cutipositività è legata al riconoscimento di una omologia di sequenza tra molecole simili, la
cross reattività clinica al riconoscimento di un determinato numero e tipo di valenze allergeniche che il singolo bambino “vede” sull’allergene.
Risposta breve
- No.
Risposta estesa
No. Non esistono dati di letteratura o “prove” che ci
assicurino al 100% che ad una nuova reintroduzione dell’allergene la reazione possa essere la stessa,
soprattutto nel singolo bambino e magari in condizioni diverse (infezioni, attività fisica, assunzione di
farmaci, etc.). Saremmo stati autorizzati a sospendere l’adrenalina solo se il bambino, nel corso del TPO,
avesse assunto, senza reazione, tutte le dosi e se l’introduzione dell’alimento, il giorno dopo e in unica
dose, non avesse evocato reazioni.
Se un bambino ha presentato una
pregressa anafilassi da alimenti come
ci comportiamo nei confronti degli
allergeni alimentari cutinegativi o
Bibliografia
1
2
3
4
5
Host A, Andrae S, Charkin S, Diaz-Vazquez C, Dreborg
S, Eigenmann PA, et al. Allergy testing in children: why,
who, when and how? Allergy 2003;58:559-69.
Sampson HA, Mendelson L, Rosen JP. Fatal and near-fatal food anaphylaxis reactions in children. N Eng J Med
1992;327:380-4.
Primeau MN, Kagan R, Joseph L, Lim H, Dufresne C,
Duffy C, et al. The psychological burden of peanut allergy as perceived by adults with peanut allergy and the
parents of peanut-allergic children. Clin Exp Allergy
2000;30:1135-43.
Muraro A, Roberts G, Clark A, Eigenmann PA, Halken
S, Lack G, et al. EAACI Task Force on Anaphylaxis in Children. The management of anaphylaxis in childhood: po-
6
7
8
sition paper of the European academy of allergology and
clinical immunology. Allergy 2007:62:857-71.
Romano A, Di Fonso M, Giuffreda F, Papa G, Artesani
MC, Viola M, et al. Food-dependent exercise-induced anaphylaxis:clinical and laboratory findings in 54 subjects.
Int Arch Allergy Immunol 2001;125:264-72.
Sampson HA. Utility of food-specific IgE concentrations
in predicting symptomatic food allergy. J Allergy Clin Immunol 2001;107:891-6.
Benhamou A, Zamora S, Eigenmann P. Severe allergic
reactions to egg are related to high serum specific IgE titres. Oral Abstract Session 27 – Food Allergy and Anaphylaxis Allergy 2007;62(Suppl. 83):1-69.
Roberts G, Lack G. Diagnosing peanut allergy with skin
prick and specific IgE testing. J Allergy Clin Immunol
2005;115:1291-6.
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
34
La Commissione
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
Sporik R, Hill DJ, Hosking CS. Specificity of allergen
skin testing in predicting positive open food challenges to milk, egg and peanut in children. Clin Exp Allergy
2000;30:1540-6.
Sampson HA, Ho DG. Relationship between food-specific
IgE concentrations and the risk of positive food challenger in children and adolescents. J Allergy Clin Immunol
1997;100:444-51.
Verstege A, Mehl A, Rolinck-Werninghaus C, Staden U,
Nocon M, Beyer K, et al. The predictive value of the skin
prick test wheal size for the outcome of oral food challenges. Clin Exp Allergy 2005;35:1220-6.
Beyer K, Teuber S. Food allergy diagnostics: scientific and
unproven procedures. Curr Opin Allergy Clin Immunol
2005;5:261-6.
Pumphrey R. Anaphylaxis: can we tell who is at risk
of a fatal reaction? Curr Opin Allergy Clin Immunol
2004;4:285-90.
Hill DJ, Hosking CS, Reyes-Benito LV. Reducing the need
for food allergen challenges in young children: a comparison of in vitro with in vivo tests. Clin Exp Allergy
2001;31:1031-5.
Järvinen K-M, Beyer K, Vila L, Bardina L, Mishoe M, Sampson HA. Specificity of IgE antibodies to sequential epitopes of hen’s egg ovomucoid as a marker for persistence of
egg allergy. Allergy 2007;62:758-65.
Vila Sexto L, Beyer K, Järvinen K-M, Chatchatee P, Bardina L, Sampson HA. Role of conformational and linear
epitopes in the achievement of tolerance in cow’s milk allergy. Clin Exp Allergy 2001;31:1599-606.
Järvinen K-M, Vila L, Chatchatee P, Busse PJ, Bardina L,
Beyer K, et al. B-cell epitopes as a screening instrument
for life-long cow’s milk allergy? J Allergy Clin Immunol
2002;110:293-7.
Beyer K, Ellman-Grunther L, Järvinen KM, Wood RA,
Hourihane J, Sampson HA. Measurement of peptidespecific IgE as an additional tool in identifying patients
with clinical reactivity to peanuts. J Allergy Clin Immunol
2003;112:202-7.
Shreffler WG, Beyer K, Burks AW, Sampson HA. Microarray immunoassays:association of clinical history, in vitro
IgE function and heterogeneity of allergenic peanut epitopes. J Allergy Clin Immunol 2004;113:776-82.
Muraro MA. Diagnosis of food allergy: the oral provocation test. Pediatr Allergy Immunol 2001;12 (Suppl.
14):31-6.
Bindslev-Jensen C, Ballmer-Weber BK, Bengtsson U, Blanco C, Ebner C, Hourihane A, et al. Standardization of food
challenges in patients with immediate reactions to foods.
Position paper from the European Academy of Allergology
and Clinical Immunology. Allergy 2004;59:690-7.
Simons FE, Frew AJ, Ansotegui IJ, Bochner BS, Golden
DB, Finkelman FD, et al. Risk assessment in anaphylaxis:
Current and future approaches. J Allergy Clin Immunol
2007;120:S2-S24.
Simons FER. First-aid treatment of anaphylaxis to
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
food: focus on epinephrine. J Allergy Clin Immunol
2004;113:837-44.
Reibel S, Rohr C, Ziegert M, Sommerfeld C, Wahn U,
Niggemann B. What safety measures need to be taken in
oral food challenges in children? Allergy 2000;55:940-4.
Lieberman P, Kemp SF, Oppenheimer J, Lang DM, Bernstein IL, Nicklas RA, et al. The diagnosis and management of anaphylaxis: an update practice parameter. J Allergy Clin Immunol 2005;115:483-523.
Grimshaw KEC. Presentation of allergen in different food
preparations affects the nature of the allergic reaction – a
case series. Clin Exp Allergy 2003;33:1581-5.
Vlieg-Boerstra BJ, van der Heide S, Bijleveld CM, Kukler
J, Duiverman EJ, Dubois AE. Placebo reactions in doubleblind, placebo-controlled food challenges in children. Allergy 2007;62:905-12.
Martelli A, Bouygue GR, Isoardi P, Marelli O, Sarratud T,
Fiocchi A. Oral food challenges in children in Italy. Allergy
2005;60:907-11.
Phil Lieberman. Biphasic anaphylactic reactions. Ann
Allergy, Asthma & Immunology 2005;95:217-26.
Dibs S, Baker M. Anaphylaxis in children: a 5-year experience. Pediatrics 1997;99:1-5.
Lee JM, Greenes DS. Biphasic anaphylactic reactions in
pediatrics. Pediatrics 2000;106:762-6.
Nowak-Wegrzyn A, Sampson HA, Wood RA, Sicherer
SH. Food protein-induced enterocolitis syndrome caused
by solid food proteins. Pediatrics 2003;111:829-35.
Sicherer SH, Eigenmann PA, Sampson HA. Clinical features of food protein-induced enterocolitis syndrome. J
Pediatr 1998;133:214-9.
Simons FE, Roberts JR, Gu X, Simons KJ. Epinephrine absorption in children with a history of anaphylaxis. J Allergy Clin Immunol 1998;101:722-9.
Sampson HA, Munoz-Furlong A, Campbell RL, Adkinson NF Jr, Bock SA, Branum A, et al. Second symposium
on the definition and management of anaphylaxis; summary report. Second National Institute of Allergy and Infectious Disease/Food Allergy and Anaphylaxis Network
symposium. JACI 2006;117:391-7.
Bindslev-Jensen C, Ballmer-Weber BK, Bengtsson U,
Blanco C, Ebner C, Hourihane J, et al. Standardization of food challenges in patients with immediate reactions to food. Position paper from the European Academy of Allergology and Clinical Immunology. Allergy
2004;59:690-7.
Bahna SL. Blind food challenge testing with wide-open
eyes. Ann Allergy 1994;72:235-8.
Spergel JM, Beausoleil JL, Fiedler JM, Ginsberg J, Wagner K, Pawlowski NA. Correlation of initial food reactions
to observed reactions on challenges. Ann Allergy Asthma
Immunol 2004;92:217-24.
Devenney I, Norrman G, Oldaeus G, Stromberg L, Falth-Magnusson K. A new model for low-dose food challenge in children with allergy to milk or egg. Acta Paediatr
2006;95:1133-9.
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
35
La Commissione
Studio prospettico sulla
desensibilizzazione orale
per il latte vaccino
A cura della Commissione Allergia alimentare, Anafilassi, Dermatite atopica
Coordinatore: Mauro Calvani
Membri: Marcello Bergamini, Irene Berti, Salvatore Bragò, Luigi Calzone, Iride Dello Iacono, Roberto Lisi
Introduzione
zioni sono state controllate agevolmente dalla terapia antiallergica.
Non è chiaro quindi quale sia la effettiva efficacia della terapia desensibilizzante orale, né quale la migliore
strategia per praticarla 7.
La terapia delle allergie alimentari è ben codificata, e
consiste nel consigliare di evitare la assunzione dell’alimento allergizzante, quindi una dieta rigorosa,
e in caso di precedenti reazioni anafilattiche, raccomandare l’impiego della adrenalina auto-iniettabile.
Più di recente tuttavia il dogma che la dieta rigorosa sia l’unico modo possibile per favorire lo sviluppo
della tolleranza, oltre che per prevenire ulteriori reazioni allergiche, è stato messo in dubbio da alcune
osservazioni 1, ma anche dal riscontro di una più frequente recidiva della allergia alle arachidi nei soggetti che ne interrompevano la assunzione dopo aver recuperato la tolleranza, rispetto a quelli che continuavano ad assumerle più regolarmente 2. Come a suggerire quindi che non la dieta, bensì la continua somministrazione di un alimento potesse favorire lo sviluppo o il mantenimento della tolleranza. Di qui un
supporto a quanti sostengono la possibilità di praticare una terapia desensibilizzante orale ai bambini
con allergia alimentare, proposta e praticata già circa 20 anni fa da Mc Ewen 3 e oggetto di rinnovato interesse e dibattito in letteratura. Negli ultimi anni in
particolare sono stati pubblicati diversi studi sull’argomento, la gran parte tuttavia di bassa qualità, poiché viziati da bias metodologici (diagnosi di allergia
posta in modo incerto, assenza di randomizzazione,
assenza di gruppi di controllo, casistiche piccole, etc.)
nei quali la desensibilizzazione orale si è dimostrata efficace in percentuali molto variabili (tra il 37% e
l’83%) 4 5. Allo stesso modo molto differente è stata la
frequenza di effetti collaterali descritti, oscillante tra
il 12,5% e il 100% 5 6. In tutti i casi comunque le rea-
Obiettivi dello studio
Obiettivo primario dello studio è valutare l’efficacia e
la tollerabilità della desensibilizzazione orale con latte vaccino fresco, in bambini con allergia alle proteine del latte vaccino (APLV) Ig (immunoglobulina) E
mediata, in un periodo di tempo della durata di sei
mesi, mediante induzione della tolleranza attraverso
2 diversi protocolli:
a) partendo da dosi estremamente basse e con incrementi quotidiani progressivi, fino alla ingestione di una dose di 150 ml o comunque alla dose
massima tollerata;
b) partendo da dosi basse, con incrementi progressivi raggiungere la dose di 1 ml di latte che viene
tenuto in bocca per due minuti e poi sputato.
I risultati dei due gruppi saranno paragonati a quelli di un gruppo di controllo che rimarrà a dieta senza
latte nello stesso periodo di tempo.
L’efficacia sarà valutata determinando:
a) la tolleranza totale per il latte, ovvero la percentuale di bambini che sono in grado di completare
lo studio ingerendo la quantità massima prevista
di latte, e che mantengono la tolleranza, verificata
con un test in doppio cieco contro placebo, dopo
un mese di sospensione del latte dalla dieta;
b) la tolleranza parziale, ovvero la percentuale di
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
36
La Commissione
bambini che sono in grado di completare lo studio ingerendo una quantità di latte inferiore alla
quantità massima prevista di latte, ma comunque
superiore a 30 ml, e che mantengono la tolleranza per la stessa quantità, verificata con un test in
doppio cieco contro placebo, dopo un mese di
sospensione del latte dalla dieta;
c) in coloro che non raggiungono la tolleranza verrà verificato un eventuale aumento della dose minima in grado di provocare la comparsa di sintomi al Test di Provocazione Orale (TPO) in doppio
cieco (Double Blind Placebo Controlled Food Challenge – DBPCFC) eseguito all’arruolamento ed alla
conclusione dello studio;
d) il verificarsi di eventuali reazioni insorte in seguito alla inavvertita assunzione dell’alimento nella
dieta dei soggetti appartenenti ai tre gruppi.
La tollerabilità sarà valutata sulla base della presenza
o meno di sintomi durante gli incrementi della dose
nei due gruppi di pazienti sottoposti a desensibilizzazione orale.
Obiettivo secondario sarà valutare se i trattamenti desensibilizzanti sono in grado di condizionare una riduzione del diametro del pomfo verso le diverse proteine del latte vaccino e/o una variazione nel livello
delle IgE sieriche specifiche (IgEs).
Lo studio dovrà essere sottoposto e approvato dai Comitati Etici dei centri partecipanti (allegato 1) e i genitori del bambino arruolato firmeranno il consenso informato all’arruolamento nello studio (allegato 2).
Criteri di inclusione nello studio
Verranno arruolati pazienti di età compresa tra 5 e 18
anni, affetti da APLV IgE mediata, a dieta priva di proteine del latte vaccino da almeno 12 mesi, giunti all’osservazione nei vari centri partecipanti allo studio.
In tutti la diagnosi di APLV verrà confermata, prima
dell’ inizio della desensibilizzazione orale, attraverso
DBPCFC (Allegato 3). Per eseguire tale test sarà necessario acquisire il consenso informato (Allegato 4).
Protocollo dello studio
I pazienti in cui la APLV verrà confermata saranno
randomizzati, dopo aver ottenuto il consenso informato, in tre gruppi:
a) ai bambini afferenti al primo gruppo (Protocollo n. 1) verranno somministrate dosi lentamente
crescenti di latte vaccino per os, fino a raggiungere la dose di 150 ml (tab. I). Questo gruppo continuerà ad assumere il latte vaccino per cinque mesi, quindi riprenderà la dieta per un mese e poi ripeterà un DBPCFC;
b) ai bambini afferenti al secondo gruppo (Protocollo n. 2) verranno somministrate dosi lentamente
crescenti di latte vaccino, trattenuto in bocca per
due minuti e poi sputato, partendo da 0,1 ml (2
gocce) ed aumentando, progressivamente la dose di 0,1 ml ogni 2 settimane fino alla dose di 1 ml
(Tab. II). Questo secondo gruppo continuerà ogni
mattina e per altri cinque mesi a trattenere in bocca per 2 minuti 1 ml di latte vaccino per poi sputarlo, quindi sospenderà per 1 mese e poi ripeterà
un DBPCFC;
c) i bambini afferenti al terzo gruppo continueranno
la dieta priva di proteine del latte vaccino per 12
mesi ed al termine ripeteranno un DBPCFC.
Popolazione
È previsto l’arruolamento di un minimo di 60 bambini, 20 per gruppo. Il campione è stato calcolato secondo le seguenti assunzioni:
- guarigione del 10% nei trattati a dieta senza proteine del latte vaccino;
- guarigione attesa del 50% nei trattati con desensibilizzazione per il latte vaccino;
- potenza dello studio 80%;
- errore di prima specie 5%.
Date queste assunzioni si ottiene un campione di 17
unità per gruppo che vengono aumentate ad almeno
20 per gruppo per tenere conto dei possibili drop outs.
Inizio dello studio
I pazienti arruolati in entrambi i gruppi di trattamento attivo riceveranno in osservazione, in ospedale (è
consigliato il regime di day hospital), le prime tre somministrazioni di latte all’ inizio dello studio, mentre le
rimanenti somministrazioni verranno effettuate a domicilio. Il trattamento verrà iniziato a partire dal giorno successivo a quello in cui si è concluso il secondo
accesso per DBPCFC (e comunque entro 15 giorni dal
È previsto dal 1 gennaio 2008.
Disegno dello studio
Si tratta di uno studio prospettico, randomizzato,
multicentrico.
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
37
La Commissione
DBPCFC) e sono previsti controlli mensili. A tutti i pazienti arruolati nello studio verranno fornite istruzioni scritte circa la modalità di trattamento di eventuali reazioni anafilattiche. In particolare si prescriverà
adrenalina autoiniettabile e si istruirà adeguatamente la famiglia e/o il paziente stesso circa il trattamento di una reazione allergica e di una anafilassi. Si consiglierà inoltre, durante il periodo dello studio:
- di tenere in osservazione il bambino per almeno 2
ore dopo la somministrazione dell’alimento;
- di evitare la attività sportiva, bagni caldi o la ingestione di altri cibi freddi per almeno sei ore dopo
la somministrazione dell’alimento;
- di registrare eventuali reazioni insorte in seguito
alla inavvertita assunzione di alimenti contenenti
proteine del latte vaccino;
- nel gruppo che esegue la desensibilizzazione orale con ingestione dell’alimento, di diluire il latte in 50 ml di placebo, ad esempio il suo abituale latte sostitutivo del latte vaccino o un succo di
frutta alla banana o alla pera e di non informare il
bambino circa gli aumenti della dose, sì da evitare possibili reazioni psicologiche. Analogamente,
anche i pazienti appartenenti al secondo gruppo,
ossia coloro che non ingeriscono l’alimento ma lo
trattengono in bocca per 2 minuti, dovranno diluire il latte vaccino con 1 ml placebo;
- di compilare un diario clinico, registrando ogni
sintomo insorto nelle ore successive alla ingestione dell’ alimento;
- di somministrare, in caso di reazioni allergiche lievi (rinite, congiuntivite, nausea, fugaci dolori addominali, vomito, prurito del cavo orale o prurito
e orticaria localizzata del volto o generalizzata), in
cui manchi una sostanziale difficoltà respiratoria
o un interessamento cardiovascolare, che non si
risolvano spontaneamente nel giro di 20 minuti,
loratadina, alla dose di 5 mg nei bambini di peso
< 30 kg ed alla dose di 10 mg nei bambini di peso
> 30 kg. In tal caso, il giorno successivo, sarà somministrata nuovamente in ospedale la dose che
ha preceduto quella che ha causato la reazione
clinicamente evidente ed il protocollo riprenderà
da quel momento;
- nel caso invece di reazioni più lievi o dubbie, che
non richiedano la somministrazione di farmaci, o
si realizzino in concomitanza di eventi infettivi o
manifestazioni allergiche respiratorie, sarà consentito procedere con l’aumento della dose di latte, rallentando la progressione e concordando la
procedura con l’investigatore responsabile;
- in caso di reazioni più intense (prurito e orticaria
generalizzata, angioedema, raucedine o difficoltà
respiratoria, vomito o dolori addominali, ipotensione o shock) si somministrerà subito adrenalina
1:1000 alla dose di 0,01 ml/kg (fino alla dose max
di 0,5 ml) (o adrenalina autoiniettabile nelle dosi
adeguate qualora la reazione si verifichi a domicilio) per via intramuscolare profonda e loratadina,
alla dose di 5 mg nei bambini di peso < 30 kg ed
alla dose di 10 mg nei bambini di peso > 30 kg e,
se necessario betametasone, alla dose di 0,1 mg/
kg e β2-stimolante per via aerosolica; se si verificano tali circostanze il paziente interromperà la partecipazione allo studio e il caso verrà conteggiato
come insuccesso.
Metodologia di randomizzazione
I bambini saranno assegnati ad uno dei tre gruppi
di trattamento secondo una sequenza stabilita precedentemente. Per garantire il rispetto della randomizzazione, la assegnazione ad uno dei tre gruppi di
trattamento sarà stabilita di volta in volta da un investigatore “centralizzato” non partecipante all’arruolamento. Per garantire inoltre una omogenea distribuzione dei trattamenti all’interno di ogni centro verrà
effettuata una randomizzazione a blocchi per singolo centro.
Criteri di esclusione dallo studio
- Pazienti di età inferiore ai 5 anni;
- pazienti che abbiano presentato al TPO una anafilassi moderata o grave come recentemente definita dalla European Academy of Allergy and Clinical
Immunology (EAACI) (Tab. III) dopo la ingestione
di una quantità di latte ≤ 0,3 ml.
Dosaggio delle IgE specifiche
Tutti i bambini verranno sottoposti 3 volte al dosaggio delle IgEs (ImmunoCap Phadia) nei confronti della lattalbumina, caseina, beta-lattoglobulina e a prick test (Lofarma) nei confronti del latte intero e delle
tre proteine del latte (lattalbumina, caseina, beta-lattoglobulina). Tali dosaggi verranno eseguiti all’arruolamento nello studio, alla fine del trattamento attivo
dopo 6 mesi, e in occasione del TPO, dopo un mese
di dieta, alla fine dello studio. Infine, negli stessi tempi verranno prelevati e conservati 3 ml di siero a -20
°C per effettuare il dosaggio delle molecole allergeniche con microarray (test ISAC).
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
38
La Commissione
Metodologia di esecuzione del prick test
mentata, sia in campo nazionale che internazionale 1-7,
con risultati incoraggianti per la discreta possibilità di
raggiungere una tolleranza almeno parziale per il latte (50-70%), con una bassa evenienza di reazioni allergiche gravi, peraltro variabile nei diversi protocolli impiegati. Tuttavia gli studi pubblicati fino a oggi hanno
una scarsa qualità metodologica, essendo case report,
o eseguiti senza gruppi di controllo, fatta eccezione
per un unico studio clinico randomizzato 4. Anche le
metodologie proposte sono state diverse: alcuni studi
prevedevano la somministrazione orale del latte a dosi crescenti fino a raggiungere in un tempo più o meno lungo una quantità consistente (circa 200 ml). Altri
invece, studiavano la possibilità di raggiungere la tolleranza attraverso la ripetuta somministrazione di piccole dosi (1 ml) di latte che veniva trattenuto in bocca
solo per qualche minuto, e poi sputato.
Lo studio multicentrico proposto dalla Società Italiana
di Allergologia ed Immunologia pediatrica è il primo
randomizzato e controllato, che si propone di valutare
la possibilità di acquisire la tolleranza nei confronti del
latte vaccino, in bambini di età superiore ai 5 anni, con
entrambe le modalità finora sperimentate.
Esso prevede di confrontare un gruppo che esegue la
desensibilizzazione orale con dosi progressivamente
crescenti di latte vaccino, un secondo gruppo che effettua la somministrazione di piccole dosi, trattenute
in bocca e poi sputate ed un terzo gruppo, di controllo, che continua a mantenere la dieta.
Scopo principale di questo studio è valutare se tale nuovo approccio terapeutico sia in grado di far raggiungere
una tolleranza nei confronti del latte vaccino in un tempo più rapido di quello che occorre naturalmente.
Poiché alcuni studi hanno messo in dubbio la persistenza dei risultati della desensibilizzazione nel tempo, soprattutto se il paziente non dovesse più assumere il latte nella dieta, nello studio è inclusa una seconda fase
che prevede la sospensione della somministrazione del
latte per un mese e un secondo test di provocazione
orale per testare la persistenza della tolleranza.
Si allega il Protocollo, così come elaborato dalla Commissione Allergia alimentare, Anafilassi e Dermatite
atopica della Società Italiana di Allergologica ed Immunologia pediatrica.
I pazienti, arruolati dai vari centri che aderiscono allo studio, verranno continuamente monitorati, sia in
regime di day hospital, che ambulatoriale e gli sperimentatori daranno una disponibilità telefonica 24
ore su 24. La sperimentazione dura, in media, sei mesi per ogni paziente.
I genitori saranno adeguatamente informati del fatto
che si tratta di una terapia ancora sperimentale e firmeranno un modulo di consenso informato (Allegato 2).
Sulla superficie volare dell’avambraccio verranno
eseguiti prick test con latte vaccino fresco intero, ed
estratti commerciali, di caseina, di beta-lattoglobulina e di lattoalbumina (Azienda Lofarma). Verrà utilizzata una lancetta metallica con punta da 1 mm e
si avrà cura di sostituire la lancetta ad ogni prick. In
ogni caso, per la metodologia da utilizzare per l’esecuzione del prick test saranno seguite le indicazioni
internazionali note. Le reazioni verranno lette dopo
15 minuti, ed il prick verrà considerato positivo se il
diametro medio (media della somma dei due diametri ortogonali) del pomfo sarà di almeno 3 mm superiore a quello della soluzione di controllo negativo.
Come controllo positivo si userà istamina (10 mg/ml)
con lettura a 10 minuti. Come controllo negativo sarà
adoperata la soluzione diluente gli allergeni.
Allegato 1
(Richiesta per il Comitato Etico)
Spett. Dott. ……… (il nome del Responsabile del Comitato Etico della struttura di appartenenza)
Noi sottoscritti ……… (i nomi dei medici che condurranno la sperimentazione e qualifica), chiediamo al Comitato Etico della ………, l’autorizzazione a condurre
una sperimentazione terapeutica in bambini affetti da
allergia alle proteine del latte vaccino Ige mediata.
Si tratta di uno studio prospettico, multicentrico, proposto dalla Commissione Allergia alimentare, Anafilassi e Dermatite atopica della Società Italiana di Allergologia ed Immunologia pediatrica, cui noi vorremmo partecipare in qualità di centro allergologico
pediatrico. La sperimentazione consiste in una “desensibilizzazione orale con latte vaccino” in bambini
di età superiore ai 5 anni .
In caso di allergia alimentare IgE mediata le Linee Guida ufficiali prevedono l’esclusione dell’alimento dalla
dieta, fino alla dimostrazione della acquisita tolleranza. La storia naturale delle allergie alimentari infatti
mostra che con il passare degli anni una percentuale
sempre maggiore di bambini posti a dieta tollera il latte vaccino. Tuttavia dall’età di 5 anni tale percentuale
diminuisce e le probabilità di tollerare il latte si riducono, mentre i bambini sono sempre più a rischio di
sviluppare reazioni allergiche, talora gravi, per la frequente eventualità di assumere inavvertitamente il
latte, contenuto spesso in tracce in altri alimenti.
La desensibilizzazione orale per alimenti si contrappone a tale approccio tradizionale, ed è stata già speri-
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
39
La Commissione
Le prospettive di un risultato positivo sembrano essere notevoli e pertanto chiediamo l’autorizzazione a
procedere nella sperimentazione.
Data………
do di 1 mesi, fino alla dose di 1 ml al giorno, e poi
continuando per altri 5 mesi;
c) dieta senza proteine del latte vaccino per 12 mesi.
Alla fine di detto periodo in tutti i bambini verrà effettuato di nuovo un test di provocazione in doppio cieco contro placebo, dopo 1 mese di sospensione del
latte dalla dieta, per verificare lo sviluppo effettivo
della tolleranza verso il latte. Questo perché gli studi
effettuati fino ad ora hanno messo in evidenza che in
molti bambini la tolleranza che si sviluppa verso il latte è comunque dipendente dalla assunzione del latte: ovvero è anche possibile che dopo un periodo di
sospensione del latte vaccino dalla dieta, possano di
nuovo verificarsi reazioni allergiche al latte.
Sarà, ovviamente, rispettata la legge sulla privacy,
pertanto tutti i dati saranno utilizzati a fine scientifico
in maniera aggregata, in altre parole non sarà possibile risalire al singolo paziente.
Infine Lei potrà ritirarsi in qualunque momento dallo
studio, senza che ciò influisca sulla migliore assistenza e terapie che continueranno ad essere assicurate
a suo figlio.
Io sottoscritto genitore, avente la patria potestà del
minore:…………, essendo stato esaurientemente
e chiaramente informato dal Dr.………su: princìpi,
modalità d’esecuzione. scopi e possibili effetti indesiderati, anche possibilmente gravi, della terapia desensibilizzante orale
Acconsento
- a che mio/a figlio/a si sottoponga a tale prova,
conscio che da parte del Dr. ………viene messa
in atto ogni misura prudenziale.
Con osservanza
Allegato 2
Consenso informato alla
partecipazione allo studio sulla terapia
desensibilizzante orale
La terapia della allergia alimentare consiste nella completa esclusione dell’alimento dalla dieta del bambino. Tuttavia, in casi selezionati per la persistenza della sintomatologia, considerato che con il passare del
tempo aumenta anche la possibilità di una involontaria assunzione dell’alimento, che potrebbe esporre il
bambino al rischio di una inaspettata reazione allergica grave, è stato proposto di effettuare un tentativo di
terapia desensibilizzante. Questa terapia consiste nel
somministrare l’alimento allergizzante in dosi progressivamente crescenti, molto lentamente e cominciando con dosi molto basse. Il tutto avendo a disposizione
tutti i consigli e i farmaci utili per sedare l’insorgenza
di una possibile reazione allergica o anafilattica. Negli
studi fino ad ora effettuati le percentuali di successo,
ovvero di raggiungimento della tolleranza dell’alimento, oscillano tra il 45 e l’83% nei diversi studi.
Questo studio, che interessa diversi tra i principali
centri di allergologia pediatrica in Italia, si propone di
valutare l’efficacia e la sicurezza di due diversi protocolli di desensibilizzante orale, paragonandone l’esito con il continuare la dieta senza proteine del latte
vaccino. A tal fine per evitare i fenomeni, anche involontari, di suggestione, per confermare la diagnosi di
allergia al latte sarà utilizzata la metodica del test di
provocazione in doppio cieco contro placebo: il bambino verrà sottoposto a 2 test di provocazione, di cui
solo uno solo conterrà, all’insaputa sia del medico
che del bambino, il latte vaccino. Se il test risulterà
positivo, e Lei accetterà di partecipare allo studio, il
bambino verrà assegnato in modo del tutto casuale (mediante lista di randomizzazione) ad uno dei tre
trattamenti previsti dallo studio:
a) desensibilizzazione orale partendo con dosi bassissime e aumentando gradualmente, nel periodo di 6 mesi, fino alla dose di 150 ml al giorno, o
alla dose massima tollerata, poi continuando per
altri 5 mesi;
b) desensibilizzazione orale partendo con dosi bassissime e aumentando gradualmente, nel perio-
Data
Firma del Genitore/Tutore
Firma del Medico
Allegato 3
Modalità di esecuzione del test di
provocazione in doppio cieco contro
placebo
Il DBPCFC può essere eseguito, secondo il documento dell’EAACI (Allergy 2004) modificato, come sotto
descritto. I pasti verranno preparati secondo le seguenti indicazioni:
- verum = 1/2 latte vaccino (senza lattosio ) + 1/2
miscela aminoacidi + 1 gr di aroma di banana;
- placebo = miscela di aminoacidi + 1 gr di aroma
di banana.
Il pasto viene fornito in una siringa opaca o in un contenitore ricoperto da un foglio metallico. Il TPO viene
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
40
La Commissione
interrotto se compaiono reazioni immediate di sicura positività clinica: rinite (secrezione nasale con starnuti ripetuti), congiuntivite (iperemia congiuntivale
con fastidio oculare), broncostruzione (tosse, sibili,
difficoltà respiratoria), vomito, orticaria (diversi elementi eritematopomfoidi non nelle sede di possibile
contatto con l’alimento), angioedema, indipendentemente dall’intensità e lo si considera positivo. Eseguito il primo TPO con verum o placebo, nelle 48 ore
che seguono il bambino prosegue la dieta di eliminazione. Dopo 48 ore dalla prima provocazione e prima
della seconda prova viene rivalutato l’esame obiettivo. Al termine dei test può essere aperta la busta
chiusa con la randomizzazione, lasciata dal personale
deputato alla preparazione degli alimenti da testare.
Le dosi da somministrare sono 7, per ogni TPO, di verum e placebo, somministrate, ogni 20 minuti: 0,1 ml
(2 gocce), 0.3 ml (6 gocce), 1 ml (20 gocce), 3 ml, 10
ml, 30 ml, 100 ml.
Tab. I. Protocollo n. 1.
1°-6° giorno: 1 goccia + placebo fino a 50 ml
7°-12° giorno: 2 gocce + placebo fino a 50 ml
13°-18° giorno: 3 gocce + placebo fino a 50 ml
19°-24° giorno: 4 gocce + placebo fino a 50 ml
25°-30° giorno: 5 gocce + placebo fino a 50 ml
31°-35° giorno: 6 gocce + placebo fino a 50 ml
36°-40° giorno 7 gocce + placebo fino a 50 ml
41°-45° giorno: 8 gocce + placebo fino a 50 ml
46°-50° giorno: 10 gocce + placebo fino a 50 ml
51°-55° giorno: 12 gocce + placebo fino a 50 ml
56°-60° giorno: 14 gocce + placebo fino a 50 ml
61°-64° giorno: 1 ml + placebo fino a 50 ml
65°-68° giorno: 1,5 ml + placebo fino a 50 ml
69°-72° giorno: 2 ml + placebo fino a 50 ml
73°-76° giorno: 3 ml + placebo fino a 50 ml
77°-80° giorno: 4 ml + placebo fino a 50 ml
81°-84° giorno: 5 ml + placebo fino a 50 ml
85°-88° giorno: 6 ml + placebo fino a 50 ml
89°-92° giorno: 7 ml + placebo fino a 50 ml
93°-95° giorno: 9 ml + placebo fino a 50 ml
96°-98° giorno: 11 ml + placebo fino a 50 ml
99°-101°giorno: 13 ml + placebo fino a 50 ml
102°-104° giorno:15 ml + placebo fino a 50 ml
105°-107° giorno: 18 ml + placebo fino a 50 ml
108°-110° giorno: 21 ml + placebo fino a 50 ml
111°-113° giorno: 24 ml + placebo fino a 50 ml
114°-116° giorno: 28 ml + placebo fino a 50 ml
117°-119° giorno: 32 ml + placebo fino a 50 ml
120°-122° giorno: 36 ml + placebo fino a 50 ml
123°-125° giorno: 41 ml + placebo fino a 50 ml
126°-128° giorno: 46 ml + placebo fino a 50 ml
129°-131° giorno: 51 ml
132°-134° giorno: 56 ml
135°-137° giorno: 62 ml
138°-140° giorno: 68 ml
141°-143° giorno: 74 ml
144°-146° giorno: 80 ml
147°-149° giorno: 86 ml
150°-152° giorno: 92 ml
153°-155° giorno: 98 ml
156°-158 giorno: 104 ml
159°-161° giorno: 110 ml
162°-164° giorno: 116 ml
165°-167° giorno: 122 ml
168°-170° giorno: 129 ml
171°-173° giorno: 136 ml
174°-176° giorno: 143 ml
177°-179° giorno: 150 ml
Allegato 4
Consenso informato per test di
provocazione alimentare
Data…………………
Io sottoscritto/a ………………… padre/madre del
paziente ………………… ricoverato presso l’ Ospedale ………………… dichiaro di essere stato/a informato/a dal Dott. ………………… dei rischi che mio/
a figlio/a corre a seguito della esposizione all’alimento fino ad oggi escluso dalla dieta.
Ho ben compreso che l’alimento sarà somministrato
a mio figlio/a in dosi progressivamente crescenti, in
modo nascosto in altri alimenti.
Sono consapevole, inoltre, che tale test di provocazione rappresenti il modo più attendibile per porre
con certezza la diagnosi di allergia alimentare, come
riconosciuto dalle varie Società di Allergologia ed Immunologia nazionali ed internazionali, ma anche del
fatto che tale test non sia del tutto privo di rischi, potendo causare reazioni anafilattiche anche gravi, solo
eccezionalmente fatali. Avendo, pertanto, chiaramente compreso quanto sopra, acconsento alla somministrazione dell’alimento in oggetto, essendo stato rassicurato dal Dott. …………………………………….
che il test sarà sospeso allorquando compariranno
sintomi chiaramente collegati alla somministrazione
dell’alimento e che ogni misura prudenziale sarà presa per far fronte ad eventuali reazioni, anche gravi.
In fede
Il genitore
Il Medico
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
41
La Commissione
Tab. II. Protocollo n. 2.
1°-15° giorno: 0,1 ml pari a 2 gocce + placebo fino a 1 ml
16°-30° giorno: 0,2 ml “ a 4 gocce + placebo fino a 1 ml
31°-45° giorno: 0,3 ml “ a 6 gocce + placebo fino a 1 ml
46°-60° giorno: 0,4 ml “ a 8 gocce + placebo fino a 1 ml
61°-75° giorno: 0,5 ml “ a 10 gocce + placebo fino a 1 ml
76°-90° giorno: 0,6 ml “ a 12 gocce + placebo fino a 1 ml
91°-105° giorno: 0,7 ml “ a 14 gocce + placebo fino a 1 ml
106°-120° giorno: 0,8 ml “ a 16 gocce + placebo fino a 1 ml
122°-135° giorno: 0,9 ml “ a 18 gocce + placebo fino a 1 ml
136°-180° giorno:1 ml “ a 20 gocce
Mareggiata a Scilla - Antonio Cardona
Tab. III. Gradi di severità della reazione anafilattica (da Muraro et al. 8).
Grado
Cute
Gastrointestinale Respiratorio
1 lieve
Improvviso prurito degli occhi e
del naso, prurito generalizzato,
flushing, orticaria,
angioedema
Prurito o pizzicore
orale, lieve edema
delle labbra, nausea
o vomito, lievi dolori
addominali
Congestione
nasa- Tachicardia (aumen- Variazioni del
le e/o starnuti, rinor- to di > 15 battiti/ livello di attivirea, prurito della go- min)
tà più ansia
la, gonfiore della gola,
lieve wheezing
2 moderata
Come sopra
Come sopra, dolori
crampiformi addominali, diarrea, vomito ricorrente
Come sopra raucedi- Come sopra
ne, tosse abbaiante,
difficoltà alla deglutizione, stridore, dispnea, wheezing moderato
3 grave
Come sopra
Come sopra, perdi- Come sopra, cianosi Ipotensione e/o col- C o n f u s i o n e ,
ta di controllo degli o saturazione di O2 < lasso disritmia, gra- perdita di cosfinteri
92% arresto respira- ve bradicardia e/o scienza
torio
arresto cardiaco
Bibliografia
1
2
3
4
5
Flinterman AE, Knulst AC, Meijer Y, Bruijnzeel-Koomen
CAF M, Pasmans SGMA et al. Acute allergic reactions in
children with AEDS after prolonged cow’s milk elimination diets. Allergy 2006;61:370-4
Sicherer SH. An expanding evidence base provides
food for thought to avoid indigestion in managing difficult dilemmas in food allergy. J Allergy Clin Immunol
2006;117:1419-22.
Mc Ewen LM. Hyposensitization. In: Brostoff J, Challacombe SJ (eds.). Food allergy and intolerance. Philadelphia: Baillier Tindall 1988, pp. 985-994.
Patriarca G, Nucera E, Roncallo C, Pollastrini E, Bartolozzi F, De Pasquale T, et al. Oral desensitizing treatment in
6
7
8
Neurologico
Lieve stordimento, sensazione di morte
imminente
food allergy:clinical and immunological results. Aliment
Pharmacol Ther 2003;17:459-65.
De Boissieu D, Dupont C. Sublingual immunotherapy for
cow’s milk protein allergy: a preliminar report. Allergynet
2006;61:1238-9.
Longo G, Barbi E. Anafilassi da allergia alle proteine del latte vaccino: clinica, storia naturale, challenge e desensibilizzazione orale. Medico e Bambino
2004;23:20-9.
Calvani M, Zappala D, Panetta V. Novità in Allergologia
Pediatrica. Prospettive in Pediatria 2007; in press.
Muraro A, Roberts G, Clark A, Eigenmann PA, Halken S,
Lack G, et al. The management of anaphylaxis in childhood: a position paper of the European academy of allergology and clinical immunology. Allergy 2007;62:857-71.
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
42
Cardiovascolare
La Commissione
Efficacia degli antistaminici anti-H1
nella terapia della dermatite atopica
in età pediatrica.
Una revisione sistematica
A cura della Commissione Allergia alimentare, Anafilassi, Dermatite atopica
Coordinatore: Mauro Calvani
Membri: Marcello Bergamini, Irene Berti, Salvatore Bragò, Luigi Calzone, Iride Dello Iacono, Roberto Lisi
Introduzione
C)” 5. La Consensus sudafricana riporta che “gli studi Evidence Based sulla efficacia degli antistaminici orali nel
trattamento della dermatite atopica hanno dato risultati contrastanti e il loro valore è spesso discusso. Gli
antistaminici sedativi di prima generazione vengono
tradizionalmente prescritti per il trattamento del prurito e per ottenere sedazione. Anche se possono essere
di beneficio in alcuni pazienti, la loro efficacia è breve a
causa della tachifilassi; per tale motivo possono essere
richieste dosi maggiori e quindi vi è una controindicazione alla terapia a lungo termine. Potrebbero essere
utili come terapia aggiuntiva durante le riacutizzazioni,
in specie per l’effetto sedativo e ansiolitico. Dato che il
prurito peggiora di notte, gli antistaminici sedativi potrebbero essere usati alla sera” 6.
La dermatite atopica (DA) è la più comune malattia infiammatoria cronica della cute, descritta con una prevalenza del 10-20% dei casi nell’età pediatrica 1. È una
malattia a decorso cronico-recidivante, intensamente pruriginosa. Per contrastare il prurito vengono frequentemente prescritti gli antistaminici, e tuttavia la
letteratura in proposito è discordante. Nelle stesse più
recenti Linee Guida o Consensus sull’argomento le raccomandazioni non sono uniformi. Ad esempio le Linee
Guida Prodigy inseriscono gli antistaminici tra i trattamenti della DA con valore non provato e sull’argomento dicono che “gli antistaminici sedativi sono prescritti
per favorire il sonno e ridurre il trattamento: comunque
gli studi hanno fallito nel dimostrare un chiaro effetto
sul prurito o sul trattamento globale dell’eczema” 2. La
Position Paper redatta dall’European Task Force on Atopic Dermatitis afferma che “le evidenze a sostegno dell’efficacia degli antistaminici sistemici nel ridurre il prurito sono ancora insufficienti, ma alcuni pazienti sembrano giovarsene” 3. Le Linee Guida di Hanifin a proposito degli antistaminici dicono che “ci sono poche evidenze che gli antistaminici sedativi e non sedativi siano efficaci nell’alleviare il prurito o sintomi orticarioidi
nei bambini con DA. Per i bambini con significativo disturbo del sonno dovuto al prurito, al dermografismo
allergico, alla rinocongiuntivite allergica, gli antistaminici sedativi potrebbero essere utili. Molti dei pazienti
con DA hanno anche rinocongiuntivite allergica, orticaria e dermografismo e quindi l’uso di un antistaminico potrebbe essere utile 4. Le Linee Guida di Leung,
redatte secondo i livelli di evidenza, affermano “Alcuni
pazienti possono giovarsi dell’uso di antistaminici per
alleviare il prurito associato alla DA (livello di evidenza
Scopo della revisione
Lo scopo di questa revisione sistematica è quello di
valutare l’esistenza di prove scientifiche dell’efficacia
degli antistaminici anti-H1 nella terapia della DA in
età pediatrica.
Strategie di ricerca delle prove di
efficacia
Abbiamo condotto il processo di ricerca delle prove
di efficacia selezionandole in modo gerarchico, secondo il principio di saturazione teoretica 7 8: siamo
pertanto partiti dalla ricerca delle fonti di livello superiore (Revisioni Sistematiche – RS) su: Clinical Evidence, Cochrane Library, Database of Abstracts of Reviews
of Effects (DARE), database Health Technology Asses-
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
43
La Commissione
sment (HTA), passando infine alle principali banche
dati di studi biomedici (PubMed ed Embase). Questo
tipo di strategia consente di interrompere la selezione dei lavori al livello di evidenza più elevato, laddove si sia identificata una prova di efficacia rilevante.
Abbiamo consultato il registro meta-Register of Controlled Trials (mRCT) alla ricerca di eventuali studi in
corso, il cui scopo coincidesse con il nostro quesito.
Sia nella valutazione critica delle fonti secondarie che
nella successiva ricerca delle fonti primarie, abbiamo
dato esclusiva priorità, trattandosi di un quesito di
intervento, agli studi randomizzati controllati (SCR),
con la possibile inclusione, fra questi, anche di studi a
popolazione mista, pediatrica e non.
Non essendo a tutt’oggi conosciuto un unico gold
standard terapeutico, né per il trattamento globale
della DA, né per quello del prurito ad essa associato,
abbiamo optato per l’esclusione degli studi di confronto fra due o più antistaminici o fra dosaggi diversi di uno stesso antistaminico in assenza di confronto
con un placebo.
Negli studi con modello “cross-over” abbiamo tenuto
conto del possibile effetto di trascinamento del trattamento eseguito nel primo periodo sui risultati registrati nel secondo periodo.
I termini usati nella ricerca delle sintesi di evidenza sono stati quelli, più generici, di “antihistamines”,
“atopic dermatitis”, “atopic eczema”, “pruritus” e “itch”.
Nella ricerca delle fonti primarie su MedLine, relativamente agli antistaminici, abbiamo utilizzato soltanto i termini inclusivi (Medical Subject Headings – MeSH), dopo aver attentamente controllato che il nome
di ogni singolo principio attivo fosse effettivamente
contenuto in essi. Per quanto riguarda invece Embase, non abbiamo potuto fare altrettanto avendo riscontrato gravi incongruenze fra i risultati della ricerca eseguita attraverso i termini inclusivi di quel database (Emtreeterms) e quelli della ricerca attraverso i
singoli nomi farmacologici; abbiamo pertanto preferito affidarci solo a questi ultimi.
Le fonti di evidenza terziarie (Linee Guida sulla DA)
non sono state considerate.
razione, assolutamente non sistematica, priva di
una qualsivoglia descrizione della strategia di reperimento delle fonti. Il paragrafo dedicato alla
DA riporta l’efficacia proveniente da un totale di
7 studi, solo 4 dei quali erano SCR; di questi, due
erano lavori pediatrici 11 12;
3. una revisione sistematica, ancora del 1999, sull’efficacia degli antistaminici nel trattamento del prurito in corso di DA 13. La metodologia di ricerca prevedeva soltanto la Cochrane Library, Best Evidence e
MedLine; gli Autori selezionano 16 studi clinici, fra
i quali compaiono anche alcuni studi non randomizzati. Gli studi clinici comprendenti popolazione
pediatrica sono sette 13-17; due di questi 11 12 erano
già contenuti nella review precedente;
4. una RS da Health Technology Assessment 18, prodotta dallo stesso gruppo di autori del citato protocollo Cochrane citato, che seleziona 21 lavori. La metodologia di ricerca bibliografica risulta altamente
esaustiva, i criteri adottati per l’inclusione/esclusione dall’analisi dei lavori selezionati sono molto
chiari; a differenza della RS di Klein et al., nella quale era il prurito l’unico outcome di interesse per la ricerca in letteratura, qui vengono considerati pertinenti tutti gli outcomes relativi alla DA (sia i sintomi
soggettivi, come il prurito e la perdita del sonno,
sia i segni oggettivabili, rappresentati dalle multiformi lesioni dermatologiche della malattia, come
eritema, escoriazioni, secchezza, lichenificazione,
etc.). È per questi motivi che Hoare et al. individuano altri sei trials 19-24. Essi peraltro non selezionano
il lavoro di Yoshida, probabilmente perché non lo
ritengono randomizzato.
B. Da qui in avanti la nostra ricerca bibliografica si è
trasferita allo studio delle fonti primarie (gli SCR), dal
1999 ad oggi, in considerazione dell’elevato livello
delle prove ottenute attraverso la RS di Hoare et al.
1. MedLine via PubMed: <[Histamine H1 Antagonists, Non-Sedating (MeSH) OR Histamine H1 Antagonists (MeSH)] AND [dermatitis, atopic (MeSH)
OR eczema, atopic (Text word)]>.
Limits: Publication Date from 1999 to 2007, Randomized Controlled Trial, All Child.
Questa strategia ha ottenuto come risultato sei lavori, di cui cinque pertinenti 25-29.
Risultati della ricerca
A. Attraverso la strategia di ricerca delle fonti secondarie (le revisioni sistematiche) abbiamo selezionato:
1. un protocollo Cochrane dal titolo “Antihistamines
for atopic eczema” 9, indicizzato e attivo dal 1999,
ma non ancora concluso;
2. una revisione dello stesso anno 10: si tratta di una
revisione dedicata ai soli antistaminici di II gene-
2. Embase (Advanced search): <atopic dermatitis
(Emtreeterm)>
Limits: Publication Date from 1999 to 2007, Randomized Controlled Trial, 0-18 anni.
Nota: abbiamo preferito adottare questa strategia di ricerca particolarmente generica, anche se
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
44
La Commissione
sicuramente esaustiva, a causa della mancata corrispondenza fra i rilevamenti ottenuti con il termine generico “histamines H1 receptor antagonists” e
quelli ottenuti con i nomi dei singoli principi attivi.
Questa strategia ha ottenuto 217 rilevamenti di cui
uno soltanto è nuovo e pertinente 30.
Sono stati così individuati 19 articoli che abbiamo poi
sottoposto al vaglio dei criteri di selezione riportati
nella parte introduttiva di questo lavoro.
Le caratteristiche dei lavori esclusi (14) e di quelli inclusi (5) nella nostra analisi finale sono esposte nelle
Tabelle I, IIa e IIb.
Tab. I. Caratteristiche dei 14 lavori pediatrici esclusi dall’analisi finale di efficacia in questa RS, e principali motivazioni per l’esclusione.
Klein 1980 18
20 pazienti di 2-16 anni
Mancanza di controllo con placebo
Disegno: SCR in parallelo
Confronto: idrossizina vs. ciproeptadina
Esito: severità prurito
Fould 1981 16
21 pazienti di 14-29 anni
Disegno: SCR modello cross-over, multiplo
Mancanza di controllo con placebo
Confronto: cimetidina vs. antiH1 sedativo e vs. cimetidina + antiH1
Esito: severità prurito
Frosch 1984 15
18 pazienti di 14-43 anni
Disegno: SCR modello cross-over, multiplo
Confronto: cimetidina + clorfeniramina vs. clorfeniramina e vs. placebo Mancanza di confronto tra clorfeniramina e placebo
Esito: severità prurito
Simons 1984 23
12 pazienti di 1-14 anni
Disegno: SCR modello cross-over
Mancanza di controllo con placebo
Confronto: fra due diversi dosaggi di idrossizina
Esito: severità prurito
Ishibashi 1989 21
168 pazienti di 1-15 anni
Disegno: SCR in parallelo
Mancanza di controllo con placebo
Confronto: fra 3 diversi dosaggi di azelastina
Esito: severità di segni/sintomi di eczema
Ishibashi 1989 22
179 pazienti di 6 anni e oltre
Disegno: SCR in parallelo
Confronto: fra due dosaggi di azelastina e un dosaggio di chetotifene
Mancanza di controllo con placebo
Esito: severità di segni/sintomi di eczema
Yoshida 1989 12
284 pazienti di 9-11 anni
Disegno: SCR in parallelo
Mancanza di controllo con placebo
Confronto: clemastina vs. chetotifene
Esito: severità di segni/sintomi di eczema
Zuluaga de Cadena 1989 24
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
45
La Commissione
52 pazienti di 2-6 anni
Disegno: SCR in parallelo
Mancanza di controllo con placebo
Confronto: idrossizina vs. terfenadina vs. astemizolo
Esito: severità di segni/sintomi di eczema
Hamada 1996 20
64 pazienti di oltre 7 anni
Disegno: SCR in parallelo
Mancanza di controllo con placebo
Confronto: terfenadina + alclometasone vs. betametasone
Esito: severità prurito
Simons 1999
817 pazienti di 12-24 mesi
Disegno: SCR in parallelo
Mancanza di dati di efficacia (tali dati verranno riportati in Diepgen 2002 25)
Confronto: cetirizina vs. placebo
Esito: effetti avversi
Patel 1997 22
118 pazienti di 12-65 anni
Disegno: SCR in parallelo
Mancanza di controllo con placebo
Confronto: terfenadina vs. cetirizina
Esito: severità globale della malattia e sonnolenza
Nakagawa 2006 30
190 pazienti di 7-15 anni
Disegno: SCR in parallelo
Mancanza di controllo con placebo
Confronto: fexofenadina vs. chetotifene
Esito: severità prurito
Simons 2007 28
510 pazienti di 12-24 mesi
Disegno: SCR in parallelo
Mancanza di dati di efficacia
Confronto: levocetirizina vs. placebo
Esito: effetti avversi
Simons 2007 29
510 pazienti di 12-24 mesi
Disegno: SCR in parallelo
Mancanza di dati di efficacia
Confronto: levocetirizina vs. placebo
Esito: incidenza di orticaria
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
46
23 pz. (6-12
anni)
SCR in parallelo
SCR in parallelo
SCR in parallelo
SCR in parallelo
La Rosa
1994 11
Diepgen
2002 25
Munday
2003 26
47
Kawashima
2003 27
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
411 pz. (> 16
anni)
155 pz. (1-12
anni)
817 pz. (12-24
mesi)
Definito “doppio
cieco”, descrizione insufficiente
28 pz. (11-67
anni)
Berth-Jones SCR cross1989 14
over
Doppio cieco
Definito “doppio
cieco”, descrizione insufficiente
Definito “doppio
cieco”, descrizione insufficiente
Definito “doppio
cieco”, descrizione insufficiente
Cecità
Referenza Disegno Popolazione
di studio
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
- Idrocortisone topico
- Emolliente
- *Quantificati
- Emollienti
- Steroidi topici di
varia potenza
- Altri anti-H1
- Antibiotici
*Quantificati
Dati non riportati
- Steroidi topici
(non specificati)
- Emollienti
Co-interventi
Fexofenadina 60 mg Idrocortisone bux 2/die
tirrato
*Quantificato
Clorfeniramina
- 1 mg la sera < 5
anni
- 2 mg la sera > 5
anni
Cetirizina 0,25 mg/
kg x 2/die
Cetirizina
- 5 mg/die < 30 Kg
- 10 mg/die > 30 kg
Terfenadina 120 mg
x 2/die
Placebo Intervento
Tab. IIa. Caratteristiche principali dei 5 lavori inclusi nell’analisi finale di efficacia.
27 (6,6%)
21 (13,5%)
99 (12,2%)
1 (4,3%)
4 (14,3%)
Sì
Sì
Sì
No
No
14 giorni (7 di run
in e 7 di intervento comparativo)
29 giorni
18 mesi
8 settimane
7 giorni (primi 3 di
wash out)
Drop-out Intention To Durata dello
Treat analysis studio
(ITT)
La Commissione
Diepgen
(Studio ETAC)
2002 25
La Rosa 1994 11
Descritte solo età e ade- Variazione di uno score del Differenza fra terfenadina e placebo non significativa - Metodo di randomizzazione e allocasione ai criteri diagnostici prurito, non validato, basa- (punteggio 23,95 gruppo terfenadina vs. 25,13 gruppo tion concealment non chiariti
(Hanifin e Rajka)
to su una VAS*
placebo)
- Insufficiente descrizione della baseline
- Disegno cross-over con 3 soli giorni di
wash out non esclude effetti di trascinamento
- Assenti dati di frequenza dei singoli
eventi**
- Farmaco ritirato dal commercio
- Diagnosi secondo Hani- Variazione di uno score mi- - Differenze fra gli scores medi non significative: da pun- - Studio definito “preliminare”
fin e Rajka
sto (sintomi e segni clini- teggio 230 a 155 gruppo cetirizina; da 205 a 180 gruppo - 11 pazienti per gruppo
- Pazienti con gradi lievi o ci) non validato, compren- placebo (p ≥ 0.05)
- Metodo di randomizzazione e allocamoderati di DA
dente 7 fra segni e sintomi - Significativa la differenza per il solo prurito alla 1°-2° e tion concealment non chiariti
di DA
6° settimana (p ≤ 0,05)
- Assenti dati di frequenza dei singoli
eventi**
Diagnosi via Scorad Sy- - Variazione dello Scorad - Differenze non significative fra gli Scorad medi, ai vari - Studio di prevenzione (Early Treatstem ***
medio a 1, 3, 6, 9, 12, 15 e tempi di rilevamento
ment of the Atopic Child –ETAC), non di
18 mesi
- La % di pazienti che hanno usato antiH1 è inferiore nel terapia
Scorad medio nei 2 grup- - Consumo di farmaci ag- gruppo Cetirizina (p = 0,03), con Number Needed to Treat - Metodo di randomizzazione e di alpi: 25
giuntivi (% di pazienti e % (NNT) = 10
location concealment ottimamente
giorni di terapia)
- Giorni di terapia con antiH1 (%) inferiore nel gruppo descritti nel lavoro ETAC di “safety” (Si- Effetti avversi (%)
attivo (p = 0,035)
mons 1999)
- Nei pazienti attivi con Scorad > 25 è minore l’uso di an- - I risultati per il controllo del prurito sotibatterici topici (p = 0,037; NNT = 10) e la durata di uti- no inglobati nello Scoring System
lizzo degli steroidi topici a media/elevata potenza (p =
0,014)
- Nei pazienti attivi sensibilizzati ad aeroallergeni è minore l’uso di antibatterici locali (p = 0,024; NNT = 6) e la
durata del loro utilizzo (p = 0,038)
- Numero episodi di orticaria inferiore nel gruppo cetirizina (5,8% vs. 16,2%), con NNT = 10
Commenti
Berth-Jones
1989 14
Risultati
Caratteristiche di
Esiti
partenza dei pazienti
Referenza
Tab. IIb. Caratteristiche di partenza, outcomes e risultati rilevati nei 5 lavori inclusi nell’analisi di efficacia; principali commenti.
La Commissione
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
48
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
49
- Significativa la differenza di 0,25 fra gli scores prurito da
-3 a +7 giorni nei 2 gruppi (p = 0.0005)
- La significatività è presente anche per i punteggi diurni
e notturni e per il trend temporale
- Significativa (p = 0.047) la differenza fra % di pazienti
con diminuzione del punteggio > 1 (33,3% gruppo fexofenadina vs. 24,1% gruppo placebo), con NNT = 11
- Significativa la differenza fra % di pazienti con nessun
miglioramento o con peggioramento delle superfici colpite dalla DA (34,8% gruppo fexofenadina vs. 51,2 gruppo placebo) con NNT = 6
- Non significative le differenze fra gli scores medi a 1, 15
e 29 giorni
- Non significative le differenze fra i punteggi del prurito,
in tutti e 3 i periodi
- Non significative le differenze nel consumo di farmaci
- Allocation concealment non descritta
- Analisi ITT su 11 pazienti in meno
- Pochissimi pazienti in età pediatrica
- Farmaco non utilizzabile sotto i 12 anni
- La rilevanza clinica degli effetti risulta modesta
- Gli estremi degli Intervalli di Confidenza degli scores prurito coincidono: -0,75
(-0,88, -0,62) vs. -0,50 (-0,62, -0,38)
- Nessuna descrizione dei metodi di
randomizzazione, di allocation concealment e di ottenimento della doppia cecità
- Baseline valutata solo dai medici, in
seguito prurito notturno valutato solo
dai genitori
- Il 78,1% dei pazienti studiati aveva un
prurito nullo, minimo o lieve in partenza (possibile bias di selezione)
**
Visual Analogue Scale.
Proporzione fra numero di soggetti che, in ognuno dei 2 gruppi, hanno presentato un evento (ad es. una differenza fra gli scores superiore ad un valore predeterminato e ritenuto clinicamente
rilevante).
***
European Task Force on Atopic Dermatitis. Severity scoring of atopic dermatitis; the SCORAD index. Dermatology 1993;186:23-31.
****
Costa C, Rilliet A, Nicolet M, Saurat JH. Scoring atopic dermatitis: the simpler the better? Acta Derm Venereol (Stockh) 1989;69:41-5.
*
- Variazioni degli scores
prurito negli ultimi giorni
di run in e al termine del
trattamento (registrazioni
separate per i periodi diurno e notturno e per ogni
singola giornata)
- Variazione nel computo
delle aree di cute soggette a prurito
Kawashima
2003 23
Pazienti con punteggi da
4 a 8 (massimo possibile
10) di un nuovo score del
prurito, non validato
Variazione dello score di
Costa a 1, 15 e 29 giorni di
trattamento
- Severità prurito notturno
(scala a 5 punti compilata
dai genitori) nei periodi 115 giorni/15-29 giorni/129 giorni)
- Consumo di idrocortisone topico e di emollienti a
termine trattamento
Munday 2003 26 Gradi lievi-moderati di
prurito e di DA diagnosticata (dai medici) con lo
score di Costa ****
La Commissione
La Commissione
Commenti finali
co, in una scala che aveva come massimo possibile 10
punti. Nel terzo studio a favore, quello di La Rosa, l’efficacia del trattamento sul prurito è significativamente presente solo in alcune settimane dello studio. È da
notare tuttavia che si tratta di studi effettuati con antistaminici differenti, di seconda generazione, su popolazioni differenti, di cui una pediatrica solo in parte,
con obiettivi profondamente diversi e con outcomes,
primari e secondari, altrettanto diversi. È perciò impossibile effettuare un qualsivoglia accorpamento dei dati
per eventuali metanalisi.
L’importanza dei risultati favorevoli agli antiH1 nei lavori di La Rosa, Diepgen e Kawashima, appare discreta (NNT = tra 6 e 11) anche se questi lavori presentano
debolezze che limitano l’applicabilità esterna di detti risultati. Il lavoro italiano di La Rosa sulla cetirizina
è stato eseguito su un piccolo campione di pazienti,
tant’è vero che viene definito dagli stessi autori come
uno studio preliminare. Il lavoro di Diepgen riporta i
dati di efficacia del classico studio ETAC nel quale la
cetirizina era stata somministrata per un periodo di un
anno e mezzo; i vantaggi dimostrati dallo studio devono pertanto essere commisurati con l’impatto che
una terapia cronica può avere sia sul bambino che sulla sua famiglia. Il lavoro di Kawashima sulla fexofenadina infine, individuato solo grazie alla strategia di ricerca da noi adottata comprendente l’intera popolazione
pediatrica fino a 18 anni, presenta risultati interessanti
ma la loro applicabilità a fasce di bambini più piccoli è
difficilmente pensabile, anche a causa della limitazione di utilizzo, in scheda tecnica, sotto i 12 anni.
D’altra parte i lavori che negano l’efficacia degli antiH1
hanno una qualità metodologica ancora inferiore. Il lavoro di Berth-Jones aveva un disegno cross-over con soli tre giorni di wash out che può aver mascherato l’effetto del farmaco, arruolava casistica solo in parte pediatrica, utilizzava un antistaminico non più in commercio.
Lo studio di Munday invece arruolava prevalentemente
bambini con dermatite atopica lieve, con prurito minimo o nullo, ed è difficile immaginare che in tale popolazione l’effetto antiprurito dell’antistaminico potesse risultare significativamente superiore al placebo.
L’ipotesi, sostenuta dai risultati degli studi sopra citati, che alcuni antistaminici siano efficaci nel bambino
su alcuni outcomes, andrebbe pertanto verificata con
larghi studi prospettici comparativi, su molecole scelte
e su pazienti pediatrici con ben definite severità della
malattia, pazienti nei quali si sia provveduto a separare
gli indicatori soggettivi (prurito, disturbo della qualità
del sonno e della qualità di vita, irritabilità) da quelli
oggettivi (estensione e gravità dell’eczema), sia al momento dell’inclusione dei pazienti nella sperimentazione, sia durante il rilevamento delle variazioni di tali
La letteratura pediatrica riguardante l’argomento “terapia della DA con antistaminici” è sorprendentemente scarsa, limitatamente agli studi clinici randomizzati.
Lo è ancor di più se si considerano gli SCR nei quali siano contemporaneamente presenti il confronto con il
placebo e i dati di efficacia. Infatti, solo i risultati provenienti da studi con tali prerogative possono costituire
prove robuste dell’efficacia (o dell’inefficacia) di un farmaco, quando per una determinata patologia non esiste ancora un gold standard terapeutico. Come già detto nell’introduzione, le importanti e recenti Linee Guida sulla DA offrono in realtà debolissime raccomandazioni per l’uso degli antiH1, in particolare nel controllo
del prurito durante le riacutizzazioni (flares) e con speciale riguardo agli antiH1 di prima generazione, dotati
di effetto sedativo e ipnotico.
La nostra revisione sottolinea come tutto ciò, per l’età
pediatrica, si basi su uno scarso supporto scientifico.
La qualità metodologica dei 19 studi pediatrici che abbiamo selezionato è globalmente mediocre. La validità interna di questi studi è pertanto piuttosto bassa, ma
tende a migliorare nei lavori prodotti più recentemente.
Come è possibile verificare analizzando le Tabelle IIa
e IIB relative ai 5 studi inclusi nella nostra analisi di efficacia, in tre lavori su 5 la somministrazione di un antistaminico sembra avere una certa efficacia, in due
non sembra avere effetti superiori al placebo. Tuttavia i due lavori (Diepgen 2002 25 e Kawashima 2003 27)
che presentano le migliori caratteristiche metodologiche (qualità e descrizione della randomizzazione, del
mascheramento delle liste, della cecità e numerosità
campionaria elevata) hanno riportato il maggior numero di risultati favorevoli all’uso degli antiH1. In questi studi l’efficacia appare evidente sia sui segni della
malattia (peggioramento della dermatite, riduzione
utilizzo creme steroidee, etc.) che sul sintomo “prurito”. Nello studio di Diepgen il prurito è integrato nello
Scoring System, pertanto l’effetto sul singolo sintomo
non è distinguibile. Nello studio di Kawashima invece
vi è un miglioramento del prurito significativamente
maggiore nel gruppo trattato con fexofenadina. Tale
differenza è riscontrabile già dopo 24 ore di trattamento e si protrae per tutta la durata dello studio. L’entità
di questa differenza appare però modesta (al termine
dello studio è circa 1/16 del massimo miglioramento
possibile) e, d’altra parte anche il miglioramento dello score medio del prurito ottenuto con l’applicazione
della semplice crema steroidea, seppure di bassa potenza (idrocortisone butirrato allo 0,1%), non era entusiasmante, essendo di circa 0,5 punti vs. circa 0,8 punti ottenuti dalla terapia crema steroidea+antistamini-
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
50
La Commissione
indicatori di malattia durante il corso della sperimentazione stessa.
In conclusione, sulla base della letteratura pediatrica
esistente pensiamo di poter concludere che:
a) gli antistaminici orali non dovrebbero costituire
il principale presidio terapeutico della dermatite
atopica;
b) laddove il prurito e la dermatite siano scarsamente controllati da una corretta terapia antinfiammatoria locale, può essere presa in considerazione dal
medico l’eventuale aggiunta di un antistaminico
per via orale, non necessariamente sedativo.
ce che come tocco, e hanno messo in evidenza come
nei soggetti con DA in seguito all’insorgere del prurito
si verifica anche nella cute circostante una aumentata tendenza ad avvertire come pruriginosi altri stimoli
meccanici lievi, un fenomeno denominato “alloknesi”.
E questa anomalia attribuita ad una alterazione della trasmissione neurogena trova conferme sia a livello periferico che a livello centrale. A livello periferico è
stata descritta la presenza di fibre nervose iperplastiche con assoni ingranditi 41, forse per l’aumentato rilascio di nerve growth factor da parte dei cheratinociti 42, ma anche un possibile squilibrio tra fibre sensoriali (aumentate) e fibre nervose adrenergiche autonomiche (ridotte) 43. A livello centrale è segnalata una diminuita attività dei nervi sensoriali nel comunicare il prurito al sistema nervoso centrale 44. E d’altra parte altri
studi hanno dimostrato come talora anche lo stimolo
doloroso possa essere avvertito come pruriginoso nei
soggetti con DA 45.
In conclusione, considerando che nella DA i meccanismi che determinano il prurito sono molteplici e complessi, sia immunologici 46 che non immunologici, si
può comprendere meglio la modesta e incostante (nei
diversi studi) efficacia terapeutica degli antistaminici.
Qualche ulteriore riflessione
La DA è una malattia infiammatoria della cute, a decorso cronico recidivante, pruriginosa. Il prurito è presente sin dalla prima descrizione della malattia nel 1884, il
prurigo di Hebra 31, o nelle successiva nel 1892, il prurigo di Besnier 32. Scompare nella definizione di eczema atopico, proposta da Wise e Sulzberger nel 1933,
che misero l’accento sulla frequente associazione tra
la dermatite e le altre malattie allergiche, quali la rinite e l’asma 33, che è tuttora attuale e sinonimo di dermatite atopica nelle recenti definizioni della American
Academy of Dermatology 34 o della European Academy
of Allergy and Clinical Immunology 35.
Il prurito è universalmente riconosciuto essere il sintomo fondamentale nella malattia, in assenza del quale la diagnosi non può essere posta. E tuttavia il motivo della sua presenza nei bambini con DA, così come
i meccanismi attraverso cui si verifica sono conosciuti
solo in parte.
L’istamina è il mediatore del prurito più importante
nelle reazioni allergiche IgE dipendenti 36. È stato dimostrato che il rilascio di istamina durante la reazione allergica può determinare un transitorio aumento
del prurito nei soggetti con DA, che a sua volta induce il trattamento e quindi la comparsa di eczema 37. E
tuttavia è certo che un ruolo altrettanto importante
viene svolto da altre sostanze come neurotrasmettitori, proteinasi, citochine, eicosanoidi, leucotrieni, etc.
(Tab. III) 38. In particolare i mediatori della flogosi allergica sembrerebbero avere un ruolo, come suggerito
dal fatto che gli inibitori topici della calcineurina, che
inibiscono il rilascio di numerose citochine [quali la interluchina (IL)-2, IL-3, IL-4, IL-5, GM-CSF, e il tumor necrosis factor (TNF)-α] riducono la intensità del prurito
nei soggetti affetti da DA 39.
Inoltre alcuni Autori 40 hanno suggerito che i soggetti con DA abbiano una erronea percezione dello stimolo meccanico, che avvertono come prurito inve-
Il Marco Aurelio ai Musei Capitolini - Stefano Miceli Sopo
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
51
La Commissione
Tab. III. Mediatori del prurito e meccanismi proposti nella DA (modificata da Stander et al. 38).
Mediatori
Prurito
Meccanismo
- Acetilcolina
+
Sconosciuto
- Sostanza P
+
Liberatore di istamina
Neurotrasmettitori
- Calcitonin gene-related +
peptide
Liberatore di istamina, aumenta la IL-8
- Peptide intestinale vasoat- +
tivo
Liberatore di istamina
- Somatostatina
+
Sconosciuto
- Neurotensina
+
Liberatore di istamina
- Endorfine
+
Modulatore centrale e periferico del prurito, istamino indipendente
- Encefaline
+
Modulatore centrale e periferico del prurito, istamino indipendente
- Morfina
+
Modulatore centrale e periferico del prurito, istamino indipendente
Istamina
±
Legame diretto ai recettori del prurito, infiammazione neurogena
- Triptasi
+
Attiva il recettore attivato dalle proteinasi
- Chimasi
+
Sconosciuto
- Papaina
+
Sconosciuto
- Il-2
+
Possibile rilascio di vari mediatori
- Il-6
-
- Il-8
-
Interferon gamma
Allevia il prurito Sconosciuto
Neurotrofina-4
+
Sconosciuto
Eosinofili
+
Rilascio di mediatori come il PAF (Platelet Activating Factor) e i leucotrieni, liberazione di istamina?
Basofili
-
Eicosanoidi-prostaglandine
±
Potenzia il prurito indotto da istamina, serotonina, papaina, abbassa la
soglia del prurito
Leucotrieni
+
Sconosciuto
Platelet-activating factor
+
Liberazione
Proteinasi
Citochine
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
52
La Commissione
Bibliografia
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
Hamada T, Ishii M, Nakagawa K, Kobayashi H, Kitajima
J, Chanoki M, et al. Evaluation of the clinical effect of terfenadine in patients with atopic dermatitis. A comparison
of strong cortico-steroid therapy to mild topical corticosteroid combined with terfenadine administration therapy. Skin Res 1996;38:97-103.
21
Ishibashi Y, Ueda H, Niimura M, Harada S, Tamaki K, Imamura S, et al. Clinical evaluation of E-0659 in atopic dermatitis in infants and children. Dose-finding multicenter study
by the double-blind method. Skin Res 1989;31:458-71.
22
Ishibashi Y, Tamaki K, Yoshida H, Niimura M, Harada S,
Ueda H, et al. Clinical evaluation of E-0659 on atopic
dermatitis. Multicenter double-blind study in comparison
with ketotifen. Rinsho Hyoka 1989;17:77-115.
23
Patel P, Gratton D, Eckstein G, Aberer W, Pryzbilla B, Chelly M, et al. A double-blind study of loratadine and cetirizine
in atopic dermatitis. J Dermatol Treat 1997;8:249-53.
24
Simons R, Estelle F, Simons KJ, Becker AB, Haydey RP.
Pharmacokinetics and antipruritic effects of hydroxyzine in
children with atopic dermatitis. J Pediatr 1984;104:123-7.
25
Zuluaga de Cadena A, Ochoa de VA, Donado JH, Mejia
JI, Chamah HM, Montoya de Restrepo F. Estudio comparativo del efecto de la hidroxicina la terfenadina y el astemizol en ninos con dermatitis atopica: Hospital General
de Medellin-Centro de Especialistas C.E.S. 1986-1988. CES
Med 1989;3:7-13.
26
Diepgen TL; on behalf of the ETAC Study Group. Longterm treatment with cetirizine of infants with atopic dermatitis: A multicountry, double-blind, randomized, placebo-controlled trial (the ETAC trial) over 18 months. Pediatr
Allergy Immunol 2002:13:278-86.
27
Munday J, Bloomfekd R, Goldman R Robey H, Kitowska
GJ, Gwiezdziski Z, et al. Chlorpheniramine is no more effective than placebo in relieving the symptoms of childhood atopic dermatitis with a nocturnal itching and
scratching component. Dermatology 2002;205:40-5.
28
Kawashima M, Tango T, Noguchi T, Inagi M, Nakagawa
H, Harada S, et al. Addition of fexofenadine to a topical
corticosteroid reduces the pruritus associated with atopic
dermatitis in a 1-week randomized, multicentre, doubleblind, placebo-controlled, parallel-group study. Br J Dermatol 2003;148:1212-21.
29
Simons FE. Early Prevention of asthma in Atopic Child
(EPAAC) Study Group Safety of levocetirizine treatment in
young atopic children: An 18-month study. Pediatr Allergy Immunol 2007;18:535-42.
30
Simons FE. Early Prevention of Asthma in Atopic Children
Study Group H1-antihistamine treatment in young atopic
children: effect on urticaria. Ann Allergy Asthma Immunol 2007;99:261-6.
31
Nakagawa H, Kawashima M. Efficacy and safety of fexofenadine hydrochloride in pediatric patients with atopic dermatitis in a phase III, randomized, double-blind,
multi-center comparative study. Nishinihon J Dermatol
2006;68:553-65.
32
Von Hebra H. Dermatomycosis diffusa flexorum. Die
Krankhaften Veranderungen der Haur und ihrer Anhangsge-gebilde mit igrer Beziehungen zu der Krankheiten des
Gesamtorganismus. Braunschweig: Wreden 1884.
33
Besnier ME. Premiere note et observations preliminaries
pour sevir d’introduction à l’etude des prurigos diathesiques (dermatites multiformes prurigineuses chroniques
exacerbantes et paroxystiques, du type prurigo de Hebra).
Ann Dermatol Syphiligr (Paris) 1892;23:634-7.
20
Leung DYM, Boguniewicz M, Howell MD, Nomura I, Hamid QA. New insight into atopic dermatitis. J Clin Invest
2004;113:651-7.
Prodigy Guidance Eczema Atopic: http://www.prodigy.
nhs.uk/guidance.asp?gt=Eczema%20-%20atopic.
Darsow U, Lubbe J, Taieb A, Seidenari S, Wollenberg A,
Calza AM, et al. Position paper on diagnosis and treatment of atopic dermatitis. JEADV 2005;19:286-95.
Hanifin JM, Kooper KD, Ho VC, Kang S, Krafchik BR, Margolis DJ, et al. Guidelines for care for atopic dermatitis. J
Am Acad Dermatol 2004;50:391-404.
Leung DYM, Nicklas RA, Li JT, Bernstein L, BlessingMoore J, Boguniewics M, et al. Disease management of
atopic dermatitis: an updated practice parameter. Ann
Allergy Asthma Immunol 2004;93;S1-S21.
Manjra AI, du Plessis P, Weiss R, Motala CM, Potter PC,
Raboobee N, et al. Childhood atopic eczema consensus
document. SAMJ 2005;95:434-40.
Khan KS, Coomarasamy A. Searching for evidence to inform clinical practice. Current Obstetrics and Gynaecology 2004;14:142-6.
Lilford RJ, Richardson A, Stevens A, Fitzpatrick R, Edwards S, Rock F, et al. Issues in methodological research:
perspectives from researchers and commissioners. Health
Technol Assess 2001;5:1-57.
Eysenbach G, Williams H, Diepgen TL. Antihistamines
for atopic eczema. (Protocol) Cochrane Database of Systematic Reviews 1999;Issue 2:Art. No.: CD001542. DOI:
10.1002/14651858.CD001542.
Slater JW, Zechnich AD, Haxby DG. Second-generation antihistamines: a comparative review Drugs 1999;57:31-47.
La Rosa M, Ranno C, Musarra I, Guglielmo F, Corrias A,
Bellanti JA. Double-blind study of cetirizine in atopic eczema in children. Ann Allergy 1994;73:117-22.
Yoshida H, Niimura M, Ueda H, Imaura S. Clinical evaluation of ketotifen syrup on atopic dermatitis: a comparative multi-center doble-blinded study of ketotifen and clemastine. Ann Allergy 1989;62:507-12.
Klein PA, Clark RAF. An evidence-based review of the efficacy of antihistamines in relieving pruritus in atopic dermatitis. Arch Dermatol 1999;315:1522-5.
Berth-Jones J, Graham-Brown RA. Failure of terfenadine
in relieving the pruritus of atopic dermatitis. Br J Dermatol 1989;121:635-7.
Frosch PJ, Schwanitz HJ, Macher E. A double blind trial of
h1 and h2 receptor antagonists in the treatment of atopic
dermatitis. Arch Dermatol Res 1984;276:36-40.
Foulds IS, MacKie RM. A double-blind trial of the h2 receptor antagonist cimetidine, and the h1 receptor antagonist promethazine hydrochloride in the treatment of atopic dermatitis. Clin Allergy 1981;11:319-23.
Estelle F, Simons R. Prospective long term safety evaluation of the H1-receptor antagonist cetirizine in very young
children with atopic deramtitis. J Allergy Clin Immunol
1999;104:433-40.
Klein GL, Galant SP. A comparison of the antipruritic efficacy of hydroxyzine and cyproheptadine in children with
atopic dermatitis. Ann Allergy 1980;44:142-5.
Hoare C, Li Wan Po A, Williams H. Systematic review of
treatments for atopic eczema. Health Technology Assessment 2000;4:1-191.
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
53
La Commissione
Wise F, Sulzberger MB. Editorial remarks. In: Yearbook of
dermatology, syphilology. Chicago: Yearbook Medical
Publishers 1933, pp. 31-70.
35
Hanifin JM, Cooper KD, Ho VC, Kang S, Krafchik BR, Margolis DJ, et al. Guidelines of care for atopic dermatitis. J
Am Acad Dermatol 2004;50:391-404.
36
Johansson SG, Hourihane JO, Bousquet J, BruijnzeelKoomen C, Dreborg S, Haahtela T, et al. A revised nomenclature for allergy: (Position Paper). Allergy 2001;56:813-24.
37
Carstens E, Kuraishi Y. Animal models of itch: scratching away at the problem. In: Yosipovitch G, Greaves MW,
Fleisher AB, McGlone F (eds.). Itch: basic mechanisms
and therapy. New York: Marcel Dekker Inc. 2004, p. 41.
38
Strauss JS, Kligman AM. The relationship of atopic allergy
and dermatitis. Arch Dermatol 1957;75:806-11.
39
Stander S, Steinhoff M. Pathophysiology of pruritus in atopic dermatitis: an overview. Exp dermatol 2002;11:12-24.
40
Fleisher AB. Reduction in itch severity with topical immunomodulators: a new approach for patients with inflammatory disease. In: Yosipovitch G, Greaves MW, Fleisher
AB, McGlone F (eds.). Itch: basic mechanisms and therapy. New York: Marcell Dekker Inc. 2004, pp. 318-320.
41
Wahlgren CF, Hagermark O, Bergstrom R. Patients’ perception of itch induced by histamine, 44/80, and wool
34
42
43
44
45
46
47
in atopic dermatitis. Acta DermVenereol (Stockh)
1991;71:488-94.
Sugiura H, Omoto M, Hirota Y, Danno K, Uehara M.
Density and fine structure of peripheral nerves in various skin lesions of atopic dermatitis. Arch Dermatol Res
1997;289:125-31.
Albers KM, Wright DE, Davis BM. Overexpression of
nerve growth factor in epidermis of transgenic mice causes hypertrophy of peripheral nerve system. J Neurosci
1994:14:1422-32.
Tobin D, Nabarro G, de la Faille HB, van Vloten WA, van
der Putte SCJ, Schuurman HJ. Increased number of immunoreactive nerve fibers in atopic dermatitis. J Allergy
Clin Immunol 1992:90:613-22.
Heyer G, Hornstein OP, Handwerker HO. Skin reactions
and itch sensation induced by epicutaneous histamine
application in atopic dermatitis and controls. J Invest
Dermatol 1989:93:492-6.
Ikoma A, Fartasch M, Heyer G, Miyachi Y, Handwerker
H, Schmelz M. Painful stimuli evoke itch in patients with
chronic pruritus. Neurology 2004;62:212-7.
Beltrani VS. Suggestion regarding a more appropriate understanding atopic dermatitis Curr Opinion All Clin Immunol 2005;5:413-8.
Mareggiata a Scilla - Antonio Cardona
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
54
La Commissione
Commenti alla Circolare Ministeriale
sulla prevenzione ed il controllo
dell’influenza
A cura della Commissione Vaccini
Coordinatore: Alberto E. Tozzi
Membri: Chiara Azzari, Giorgio Bartolozzi, Susanna Esposito, Gaetano Maria Fara, Milena Lo Giudice
Il Ministero della Salute redige ogni anno una nuova Circolare per la strategia preventiva dell’influenza
stagionale. Il documento rappresenta un riferimento
per tutti i professionisti che offrono la vaccinazione
antinfluenzale, sia per le modalità di scelta dei prodotti vaccinali, che per le categorie oggetto della
strategia, che per le modalità di somministrazione.
Molto si discute su questa vaccinazione alla luce degli studi disponibili e della difficoltà di poter contare
su un corpo di conoscenze solido a causa delle mutazioni stagionali del virus e delle conseguenti modificazioni del vaccino disponibile.
Il ruolo delle Società Scientifiche dovrebbe essere quello di dare supporto alle autorità governative
nella messa a punto delle azioni di prevenzione. Con
questo spirito la Commissione Vaccini della SIAIP ha
analizzato la Circolare sulla prevenzione dell’influenza per la stagione 2007-2008 per quello che riguarda
le indicazioni di interesse pediatrico.
tura vaccinale che viene raggiunta nelle categorie a
rischio è generalmente scarsa. Nella circolare per la
vaccinazione 2007-2008 la vaccinazione è raccomandata ad una serie di pazienti con patologie di interesse pediatrico la cui definizione merita alcuni commenti ed una esemplificazione allo scopo di chiarire
ulteriormente le indicazioni.
Malattie croniche a carico dell’apparato respiratorio
(inclusa l’asma, la displasia broncopolmonare, la
fibrosi cistica)
La indicazione relativa all’asma è probabilmente
troppo generica. Se si pensa che nell’età evolutiva almeno un bambino su cinque ha avuto i sintomi dell’asma bronchiale, magari per una sola volta limitatamente ai primi anni di vita, l’allargamento dell’indicazione sembra veramente eccessivo. Sarebbe opportuno che nella definizione di questa categoria fossero
precisati il requisito di presenza attuale della malattia
e una eventuale soglia di gravità. Nella Circolare della
scorsa stagione la vaccinazione, ad esempio, veniva
raccomandata solo ai pazienti con asma severo. Sarebbe importante che nelle prossime circolari venisse data nuovamente una definizione all’asma bronchiale e fossero chiarite le caratteristiche dei bambini
asmatici che richiedono la vaccinazione (in accordo
alle classificazioni internazionali).
Chiari i riferimenti alla displasia broncopolmonare,
una malattia cronica del polmone dovuta alla prematurità e legata ad una lesione polmonare in lattanti
che hanno richiesto una ventilazione meccanica, e alla fibrosi cistica. È necessario, però, sottolineare che,
nonostante la raccomandazione per la vaccinazione
dei pazienti con fibrosi cistica sia presente in tutto il
mondo, una revisione sistematica della letteratura
condotta dalla Cochrane Collaboration non è riuscita
a dimostrare il beneficio della vaccinazione influenzale in questi pazienti.
Le categorie a rischio
Molte delle raccomandazioni per la vaccinazione influenzale, nazionali e internazionali, definiscono una
serie di categorie di pazienti che come principio dovrebbero avere una maggiore probabilità di sviluppare l’influenza o le sue complicazioni rispetto alla
popolazione generale. Si tratta per lo più di pazienti
con malattie croniche nei quali lo stato di equilibrio
della patologia di base può essere compromesso dall’influenza. Purtroppo non sono disponibili evidenze
incontrovertibili circa il maggiore rischio che alcuni
di questi pazienti corrono in caso di malattia influenzale e sarebbe opportuno raccogliere maggiori dati
per mirare alle categorie che possono trarre il maggior beneficio dalla vaccinazione.
Per contro, nel nostro Paese e in molti altri, la coper-
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
55
La Commissione
Malattie dell’apparato cardio-circolatorio, comprese
le cardiopatie congenite o acquisite
Anche in questo caso, la definizione di cardiopatia
congenita o acquisita è troppo generica. Sarebbe utile disporre di un elenco delle cardiopatie che richiedono la prevenzione dell’influenza, sulla base di dati che dimostrino la gravità della malattia e l’efficacia
della vaccinazione nelle singole categorie. È logico
pensare che un soggetto cardiopatico che si ammala
di influenza possa andare incontro a uno scompenso cardiaco ma è altrettanto ovvio che questo rischio
dipende strettamente dal fatto che la cardiopatia sia
emodinamicamente significativa.
e alla gravità della neutropenia allo scopo di garantire la massima efficacia possibile.
Tumori
Come per le malattie degli organi emopoietici, sarebbero utili precisazioni su quando somministrare il
vaccino in rapporto alle diverse fasi dei cicli di chemioterapia e alla gravità della neutropenia da esso
indotta.
Malattie congenite e acquisite che comportino carente produzione di anticorpi, immunosoppressione indotta da farmaci o HIV
In questo item rientrano le immunodeficienze primitive di diversa gravità (come l’agammaglobulinemia
X-recessiva, l’immunodeficienza comune variabile,
l’immunodeficienza con iper-IgM, il difetto selettivo
di IgA; le immunodeficienza combinate come le immunodeficienze combinate gravi, la SCID; le sindromi o malattie associate ad immunodeficienza come
la sindrome di Di George, l’atassia-telangectasia e la
sindrome di Wiskott-Aldrich). Certamente, è presumibile che nei pazienti con immunodeficienze primitive e in quelli con immunosoppressione indotta da
farmaci la risposta immunitaria alla vaccinazione sia
inferiore a quella che si osserva nei soggetti immunocompetenti. Per questo sarebbero necessarie precisazioni sul tipo di vaccino da utilizzare (ad esempio,
con adiuvanti).
Per quanto riguarda, invece, i dati dei pazienti con infezione da HIV, numerosi sono i dati che dimostrano
l’immunogenicità, la sicurezza, la tollerabilità e l’efficacia della vaccinazione, la quale non determina alcun effetto negativo sulla situazione immuno-virologica dei pazienti.
Diabete mellito e altre malattie metaboliche
La raccomandazione per la vaccinazione dei pazienti con diabete tipo 1 è classicamente disattesa. Non
c’è, infatti, la percezione che l’influenza possa compromettere l’equilibrio metabolico della malattia.
D’altra parte, con i nuovi sistemi di rilascio dell’insulina, le glicemie di questi pazienti sono molto più controllate di quanto avveniva anni fa, anche in corso di
processi infettivi acuti, e poche sono le dimostrazioni
che associano il paziente diabetico a un aumentato
rischio di complicanze in corso di influenza. La presenza di una raccomandazione ministeriale impone,
tuttavia, uno standard. D’altra parte, purtroppo non
è infrequente registrare l’opposizione alla vaccinazione in questi pazienti in alcuni Servizi, a fronte dell’incoraggiamento da parte del proprio pediatra. Si sottolinea al riguardo che non esiste alcun rischio a vaccinare i pazienti diabetici.
Per quanto riguarda le altre malattie metaboliche, sarebbe importante ancora una volta avere un elenco
dettagliato delle condizioni che sono associate a un
aumentato rischio di complicanze in corso di influenza. Anche in questo caso è logico pensare che siano i
pazienti con malattie metaboliche poco controllabili
con la dieta e con i farmaci quelli che possono trarre i
maggiori benefici dalla vaccinazione.
Malattie renali con insufficienza renale
È ovviamente necessario ricordare che questa raccomandazione include anche i pazienti che sono sottoposti ad emodialisi e quelli in terapia immunosopressiva ad alte dosi.
Malattie infiammatorie croniche e sindromi da
malassorbimento intestinali
In realtà, questa categoria viene indicata in modo
specifico soltanto nelle raccomandazioni italiane. Di
fatto, il rischio di complicanze da influenza in questi pazienti è legato alla situazione di immunodeficienza indotta dalla malattia di base e dai farmaci
assunti per controllarla. Quindi, questi stessi pazienti rientrano nella categoria di quelli con immunodeficienze.
Malattie degli organi emopoietici ed emoglobinopatie
In questo gruppo di patologie vanno inclusi i trapianti di midollo osseo, le leucemie e i linfomi. Relativamente ai pazienti con leucemie o linfomi, sarebbero
utili precisazioni su quando somministrare il vaccino
in rapporto alle diverse fasi dei cicli di chemioterapia
Patologie per le quali siano programmati importanti
interventi chirurgici
È necessario ricordare che un imminente intervento
chirurgico è un’indicazione alla vaccinazione influenzale ma, soprattutto, che la recente vaccinazione influenzale non controindica l’intervento.
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
56
La Commissione
La vaccinazione del pediatra
Patologie associate a un aumentato rischio di
aspirazione delle secrezioni respiratorie (es. malattie
neuromuscolari)
Questo item era presente anche nella Circolare
della scorsa stagione con una diversa descrizione
(Bambini affetti da patologie neurologiche e neuromuscolari) con una indicazione forse più facilmente comprensibile per il pediatra. D’altra parte, la definizione di “bambini affetti da patologie
neurologiche” è estremamente ampia e quella di
“bambini con malattie neuromuscolari” risulta per
contro troppo restrittiva. Un elenco delle patologie neurologiche pediatriche che si associano a un
aumentato rischio di complicanze da influenza potrebbe essere utile.
È noto che tra le categorie per le quali la vaccinazione
influenzale è raccomandata è incluso il personale sanitario. Il principio sulla base del quale viene fornita questa indicazione è che il professionista della salute fornisce un servizio di prima necessità e per questo è importante limitare le assenze dovute a malattia proprio
nel periodo in cui vi è maggiore richiesta di assistenza
da parte della popolazione. Inoltre, i medici e il personale infermieristico sono a contatto costante nelle comunità dove esercitano la loro attività lavorativa con
pazienti vulnerabili che possono sviluppare complicazioni a causa dell’influenza. A fronte della raccomandazione di vaccinare il personale sanitario, tuttavia, le
coperture vaccinali che si osservano in questa categoria sono tutt’altro che elevate. La percezione dell’influenza è spesso quella di una malattia banale, oppure
si pensa di essere scarsamente suscettibili all’infezione virale. I numeri dicono, invece, che questo segmento della strategia preventiva è importante e richiede
massima attenzione nella sua applicazione.
Individui di qualunque età ricoverati presso strutture
per lungodegenti
Questa raccomandazione andrebbe estesa anche
ai bambini che vivono in comunità come le case famiglia, gli orfanotrofi e i collegi nelle quali
il rischio di contagio e di epidemie è sicuramente elevato.
Familiari e contatti di soggetti ad alto rischio
Questa categoria dovrebbe includere anche tutti i
contatti stretti dei bambini di età inferiore a 6 mesi,
in quanto la vaccinazione non può essere effettuata
prima di questa età.
Dosaggio e modalità di somministrazione
Come è noto, i vaccini autorizzati per l’uso in età pediatrica sono quelli split, a subunità o adiuvati con virosomi. Interessanti sono i recenti dati ottenuti nei
primi anni di vita con il vaccino adiuvato con MF59
ma al momento questo prodotto è approvato per
l’uso solo nell’anziano. Come al solito, nel bambino
di età compresa tra 6 e 36 mesi va somministrata o
la formulazione pediatrica o mezza dose del vaccino
per adulti (0,25 ml invece che 0,50 ml). Se pur in alcuni Paesi europei dall’età di 3 anni, anche in bambini mai vaccinati in precedenza contro l’influenza, è
prevista un’unica dose di vaccino, in Italia, come negli
Stati Uniti, sono tuttora previste due dosi nei bambini di età inferiore a 9 anni vaccinati per la prima volta.
Questo perché solo una parte minore della popolazione pediatrica di età inferiore a 3 anni risulta essere
stata infettata dai virus influenzali e nei soggetti naive dei primi anni di vita è stato dimostrato che i tassi di sieroconversione e sieroprotezione con un’unica
dose di vaccino sono inferiori e meno persistenti nel
tempo rispetto a quelli ottimali.
Cosa si può fare
Per migliorare la copertura vaccinale nelle categorie a rischio in età pediatrica, nelle scorse stagioni la
SIAIP ha prodotto un indirizzario composto da circa 1000 recapiti relativi a centri specialistici per la
cura di malattie croniche in età pediatrica, associazioni scientifiche e associazioni di familiari. A questi
indirizzi, prima la SIAIP, poi il Ministero della Salute,
hanno inviato una lettera per ricordare l’importanza della vaccinazione prima dell’inizio della stagione influenzale.
È necessario mettere in atto strategie integrate per
raggiungere elevate coperture vaccinali anche nelle
categorie a rischio, ma la chiarezza delle definizioni
per quanto riguarda le categorie a rischio è importante. È noto che per la stessa vaccinazione, infatti,
una chiara definizione della popolazione target come quella degli anziani > 64 anni e l’adozione di strategie che coinvolgono direttamente la medicina del
territorio sono state in grado di ottenere coperture
vaccinali dell’ordine del 70%.
Misure di prevenzione alternative
Non tutti hanno notato che nel documento ministeriale di questa stagione esiste una forte enfasi
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
57
La Commissione
sul ruolo delle misure alternative alla vaccinazione
e dimostratamente efficaci nella prevenzione dell’influenza. È importante, infatti, che misure preventive diverse siano tra loro integrate per ottenere il massimo impatto sulla popolazione. È necessario sottolineare che le misure igieniche standard
come il lavaggio delle mani, l’igiene respiratoria,
l’isolamento volontario dalle comunità in caso di
malattia e l’uso di mascherine da parte delle persone con sintomatologie influenzali abbiano un impatto anche su altre infezioni trasmesse per via respiratoria che si riscontrano comunemente durante la stagione invernale. Tali raccomandazioni vanno sottolineate in particolare modo al pediatra che
può fare di questa azioni preventive un importante strumento di salute nel proprio ambulatorio e in
ambiente ospedaliero.
di grandi dimensioni in grado di definire il potenziale di una simile strategia.
Il futuro
Nessuno può prevedere come sarà la prossima epidemia di influenza e quante infezioni riusciremo a
prevenire attraverso la vaccinazione. Sappiamo, però, che a breve anche nel nostro Paese sarà disponibile un vaccino vivo attenuato contro l’influenza in preparazione spray nasale. Questo vaccino ha dimostrato una migliore efficacia rispetto ai vaccini inattivati e
potrebbe incidere maggiormente sull’epidemiologia
dell’influenza.
Rimangono da sciogliere in modo definitivo i dubbi
sulla tollerabilità dei vaccini vivi attenuati specie in
relazione alla possibilità di innescare una crisi asmatica nei bambini più piccoli. È importante, tuttavia, che
si faccia un maggiore sforzo per raccogliere informazioni più precise sull’epidemiologia dell’influenza nel
nostro Paese e in altri Paesi europei. L’Italia, come abbiamo più volte sostenuto, ha una carta da giocare
che è rappresentata dal potenziale di rete della pediatria di famiglia. È opportuno che si passi dalla raccolta di dati aggregati (come avviene tuttora per la
sorveglianza dell’influenza) alla raccolta di dati individuali e che questi vengano correlati alle informazioni virologiche. L’analisi dei dati per gruppi di età
più attinenti alle possibili strategie vaccinali potrebbe fornire informazioni solide per orientare la vaccinazione, specie in età pediatrica. Ma il nostro Paese
e la nostra pediatria possono scommettere su obiettivi anche più ambiziosi come la realizzazione di studi sperimentali attraverso la pediatria del territorio e
con l’integrazione della sanità pubblica.
Herd immunity
Per l’influenza, come per le altre malattie trasmesse da persona a persona, è verosimile che un intervento vaccinale efficace in un largo segmento della
popolazione possa ridurre la circolazione del virus
e, quindi, indurre una protezione indiretta nel resto
della popolazione. A questo proposito esistono alcuni studi che suggeriscono un possibile effetto in
questa direzione e alcuni ricercatori hanno suggerito che la vaccinazione della popolazione pediatrica
potrebbe avere un impatto superiore a quello della
strategia vaccinale rivolta alle popolazioni a rischio.
Purtroppo le prove a sostegno di questa ipotesi sono ancora limitate ed è necessario che maggiori informazioni vengano raccolte a questo riguardo. È
auspicabile che vengano condotti nel futuro studi
Bibliografia essenziale
controllo dell’influenza: raccomandazioni per la stagione 2007-8”. http://www.iss.it/binary/iflu/cont/C_17_
normativa_1244_allegato.1188806372.pdf.
Commissione Vaccini SIAIP. La vaccinazione contro l’influenza in età pediatrica. RIAP 2007;20(S1).
ECDC. Technical Report of the Scientific Panel on Vaccines
and Immunisation. Infant and children seasonal immunisation against influenza on a routine basis during •
inter-pandemic period. Stockholm, 2007. http://www.
ecdc.eu.int/documents/pdf/Flu_vacc_18_Jan.pdf.
Belshe RB, Edwards KM, Vesikari T, Black SV, Walker RE, Hultquist M, et al.; CAIV-T Comparative Efficacy Study Group.
Live attenuated versus inactivated influenza vaccine in infants and young children. N Engl J Med 2007;356:685-96.
Centers for Disease Control. Prevention and control of influenza. MMWR 2007;56:RR6. http://www.cdc.gov/
mmwr/PDF/rr/rr5606.pdf.
Circolare Ministeriale n. 1, del 9 agosto 2007 “Prevenzione e
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
58
La Commissione
Difetto selettivo di Immunoglobuline A
A cura della Commissione di Immunologia
Coordinatrice: Annarosa Soresina
Membri: Salvo Accomando, Patrizia Bertolini, Rosi Delle Piane, Metello Jacobini, Silvana Martino, Baldo Martire
buzione in sottopopolazioni e funzionalità in vivo e in
vitro dei T linfociti circolanti sono normali.
Il difetto selettivo di immunoglobuline A (IgAD) è la
più frequente immunodeficienza primitiva, pur variando la sua frequenza a seconda delle popolazioni considerate. La prevalenza è di circa 1:500 tra i Caucasici.
Operativamente, si definisce IgAD la condizione caratterizzata da livelli sierici di Ig A inferiori a 5 mg/dl
con livelli sierici di IgG e IgM normali e senza alterazioni dell’immunità cellulo-mediata.
Si definisce:
1. deficit assoluto, la presenza di livelli di IgA < 5
mg/dl;
2. deficit parziale, la presenza di livelli di IgA > 5 mg/
dl, ma inferiori di almeno due deviazioni standard
rispetto ai livelli normali per l’età (Tab. I).
I livelli sierici delle altre classi di immunoglobuline sono normali. Nel 20% dei casi si riscontrano bassi livelli di IgG2 e di IgG4. Normale è la risposta anticorpale
agli stimoli antigenici. I B linfociti sono presenti in numero normale, tuttavia non sono in grado di differenziarsi in plasmacellule secernenti IgA. Numero, distri-
Funzione delle IgA
Le IgA rappresentano quantitativamente la seconda immunoglobulina circolante e la più abbondante presente nelle secrezioni. Mentre le IgA presenti
nelle secrezioni vengono sintetizzate da plasmacellule sottomucose, quelle sieriche sono sintetizzate da
plasmacellule del midollo osseo. Delle due sottoclassi di IgA, le IgA1 prevalgono nel siero (più dell’80%)
mentre IgA1 e IgA2 contribuiscono in eguale misura
alla composizione delle IgA secretorie. Le IgA sono i
principali costituenti delle secrezioni esocrine e rappresentano la principale classe di anticorpi prodotti dalle plasmacellule delle vie respiratorie, del tratto gastrointestinale e delle vie genitourinarie. Gli antigeni esogeni a livello della mucosa di questi orga-
Tab. I. Valori normali di immunoglobuline sieriche in rapporto all’età (da Ugazio et al. 1995).
Età
IgG (mg/dl)
IgA (mg/dl)
IgM (mg/dl)
Cordone ombelicale
1112 (862-1434)
Non dosabili
9 (5-14)
1-3 mesi
468 (231-947)
24 (8-74)
74 (26-210)
4-6 mesi
434 (222-846)
20 (6-60)
62 (28-39)
7-12 mesi
569 (351-919)
29 (10-85)
89 (38-204)
13-24 mesi
801 (264-1509)
54 (17-178)
128 (48-337)
2-3 anni
889 (462-1710)
68 (27-173)
126 (62-257)
4-5 anni
1117 (528-1959)
98 (37-257)
119 (49-292)
6-8 anni
1164 (633-1016)
113 (41-315)
121 (56-261)
9-11 anni
1164 (707-1919)
127 (60-270)
129 (61-276)
12-16 anni
1105 (604-1909)
136 (61-301)
132 (59-297)
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
59
La Commissione
ni stimolano la secrezione di IgA, che impediscono
l’adesione dei patogeni stessi e quindi la loro penetrazione. Neutralizzano inoltre l’infettività locale e sistemica di virus come il poliovirus, i virus parainfluenzali, il citomegalovirus e il virus respiratorio sinciziale;
inibiscono anche l’assorbimento di vari antigeni alimentari; attivano la via alternativa del complemento e sono capaci di attivare il sistema macrofagico.
Le IgA sono anche i principali anticorpi del colostro
e del latte materno.
tavia, alcuni soffrono di numerose infezioni respiratorie, di problemi gastrointestinali o di altre patologie, come è elencato nella Tabella II. Infatti, le infezioni sinupolmonari ricorrenti sono la patologia più
frequente associata al IgAD. È appunto il ripetersi di
queste infezioni che porta alla misurazione delle immunoglobuline sieriche e alla diagnosi di IgAD. Molte infezioni sono causate da agenti batterici minori o,
in assenza di una diagnosi eziologica esatta, da numerosi agenti virali.
Spesso si associano problemi allergici: congiuntivite, rinite, orticaria, eczema, allergia alimentare ed
asma, che possono decorrere in modo resistente alla terapia. Maggiore è pure la frequenza di problemi gastrointestinali: giardiasi, celiachia e malattia
infiammatoria intestinale, epatite cronica, cirrosi biliare ed anemia perniciosa. La giardiasi può essere
resistente alla terapia classica. Anche l’intolleranza
al lattosio sembra essere più frequente. La celiachia
è circa 20 volte più frequente che nella popolazione
generale, ma la prognosi dopo adeguata dieta priva
di glutine è la stessa per i pazienti sia con che senza
IgAD. È importante ricordare che nei soggetti con
IgAD per definizione gli anticorpi IgA anti-transglutaminasi e anti-endomisio sono negativi e quindi, in
tutti i casi con storia clinica suggestiva per celiachia
può essere utile la determinazione di anticorpi IgG
anti-transglutaminasi e per la diagnosi di certezza
deve essere consigliata l’esecuzione di biopsia intestinale. Numerose sono le malattie autoimmuni associate: artrite reumatoide giovanile, lupus eritematoso sistemico (LES), ma anche malattie endocrine,
vitiligine, anemia emolitica, porpora trombocitopenica idiopatica (PTI) e malattie neurologiche. Nel siero è frequente il riscontro di autoanticorpi: anticorpi
anti-nucleo, anticorpi contro tireoglobulina, globuli rossi, cellule pancreatiche, cardiolipina, collagene.
Un numero notevole di soggetti con IgAD presenta
anticorpi anti-IgA. Infine, si possono associare con
maggiore frequenza i seguenti tumori: carcinoma,
in particolare l’adenocarcinoma dello stomaco, e il
linfoma, usualmente a cellule B. Spesso i linfomi sono extranodali e coinvolgono il digiuno. Altri tumori
possono essere il tumore ovarico, il linfosarcoma, il
melanoma e il timoma.
Patogenesi e basi genetiche
Il IgAD è nella maggior parte dei casi sporadico. Tuttavia, sono state descritte famiglie in cui era dimostrabile una trasmissione autosomico-recessiva o autosomico-dominante del difetto. Inoltre il IgAD può
manifestarsi come complicanza, sebbene rara, di infezioni intrauterine come rosolia, citomegalovirus,
toxoplasmosi. Anche farmaci come la fenilidantoina,
il valproato di sodio, la penicillamina, il captopril e i
sali d’oro, possono causare IgAD.
Numerosi autori hanno descritto un’associazione tra
il IgAD ed alcuni alleli del sistema di HLA (Human Leucocyte Antigen). Ad esempio è stata osservata una
maggiore frequenza dell’allele B8 nei soggetti con
diabete mellito e deficit di IgA così come di alleli A1 e
B8 in soggetti con IgAD e malattie autoimmuni. Inoltre, lo studio dell’HLA ha rivelato una forte associazione con gli stessi alleli e con alcuni aplotipi estesi con
cui è associata l’immunodeficienza comune variabile
(CVID). Molti elementi accomunano queste due immunodeficienze: il IgAD si accompagna frequentemente a deficit di sottoclassi IgG; in molte famiglie
le due immunodeficienze si associano; in entrambe è
in gioco un blocco maturativo dei B linfociti. Recenti
studi hanno evidenziato che il locus HLA DQ/DR è il
maggiore determinante ereditario che predispone al
IgAD e alla CVID. Al contrario, alcuni aplotipi sembrano essere “protettivi” rispetto al rischio di sviluppare
il IgAD. Ancora recentemente, sono stati identificati
alcuni pazienti con IgAD e con CVID che presentano
mutazioni del gene TACI: la mutazione compromette
la completa maturazione delle cellule B, impedendo
alle cellule B di passare dalla produzione di IgM alla
produzione di altre famiglie di Ig specifiche.
Prognosi
Clinica
Alcuni pazienti con IgAD sono predisposti a sviluppare immunodeficienze più severe come CVID (in circa
il 5% dei casi), che si presenta con il diminuire della
produzione di IgG e IgM ed un difetto parziale di im-
Molti soggetti sono asintomatici e vengono diagnosticati casualmente nel corso di esami di routine. Tut-
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
60
La Commissione
Tab. II. Numero e percentuale di pazienti con patologie associate nel difetto selettivo di IgA.
Consensus Conference Gruppo
Immunologia e Allergologia
Pediatrica 1990 (modificata)
Cunningham- Rundles 2004
(modificata)
Numero totale di pazienti
258
127
Infezioni ricorrenti
123 (48%)
63 (50%)
Patologie allergiche
39 (15%)
16 (13%)
Patologie autoimmuni
32 (12%)
34 (28%)
LES
2
3
Diabete
13
2
Vitiligo
4
Artrite reumatoide giovanile
5
4
Tiroidite
2
3
Celiachia
8
PIT
4
7
Anemia emolitica
3
5
Kawasaky
1
Patologie gastrointestinali
Patologie tumorali
4 (3%)
3 (1%)
9 (7%)
munità cellulomediata: proprio per evidenziare tale
condizione è consigliato monitorare nel tempo i livelli delle immunoglobuline sieriche. In pochi casi, il
IgAD può sottendere patologie molto severe come
l’atassia teleangectasia: al momento quindi della diagnosi di IgAD, soprattutto in bambini piccoli, sotto i
2 anni di età che hanno da poco cominciato a camminare e che quindi possono non aver manifestato
segni neurologici di atassia, è importante eseguire il
dosaggio della α-fetoproteina.
La prognosi del IgAD è in genere molto buona,
purchè vengano adottate misure efficienti soprattutto per la prevenzione delle infezioni polmonari
ricorrenti. La prognosi dipende anche dal tipo di
difetto: i deficit completi sono in genere irreversibili, mentre nei deficit parziali le IgA sieriche ritornano a livelli normali nel 50% dei casi entro 4 anni
dalla diagnosi.
ti i soggetti è da consigliare l’esecuzione oltre che
del normale calendario vaccinale anche delle vaccinazioni anti-Pneumococco, anti-Haemophilus influentiae, anti-Meningococco e del vaccino antinfluenzale.
Nel IgAD non è indicata la terapia con immunoglobuline per via endovenosa (IVIG). In letteratura
(Quartier, Cunningham-Rundles) è suggerito l’utilizzo di IVIG per i rari casi di soggetti con IgAD associato a deficit di IgG2 o a difettiva risposta anticorpale
che presentano infezioni gravi e ricorrenti. In questi
casi, le infusioni di IVIG, come la somministrazione
di qualunque emoderivato, vanno iniziate soltanto
dopo aver misurato il titolo degli anticorpi sierici anti-IgA e sotto stretta sorveglianza medica, preferendo i preparati a basso contenuto di IgA. Anche in caso di emotrasfusioni è opportuno trasfondere emazie lavate oppure sangue intero da donatori con deficit di IgA. L’incidenza attuale delle reazioni anti-IgA
mediate durante le trasfusioni di sangue è stimata
a 1,3 x milione di unità di sangue trasfuso. Le IVIG
contengono vari titoli di IgA, ma preparati IgA depleti sono facilmente disponibili e sono usualmente
ben tollerati, anche in pazienti con alti titoli di anticorpi anti-IgA.
In pratica, la prognosi e la terapia del IgAD si identifi-
Trattamento
Non esiste una terapia specifica per i pazienti sintomatici con IgAD. In particolare, per i bambini con
infezioni respiratorie ricorrenti, il trattamento va
commisurato alla gravità del quadro clinico. A tut-
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
61
La Commissione
cano con quella della patologia eventualmente associata. Per i bambini con IgAD e infezioni respiratorie
ricorrenti e gravi, va presa in considerazione la fisiochinesiterapia respiratoria nonché una pronta e appropriata antibioticoterapia; la profilassi antibiotica
continuativa può essere indicata nei casi più sintomatici. Il malassorbimento deve essere monitorato
con esami delle feci per la ricerca della Giardia e, se la
clinica lo suggerisce, con indagini strumentali come
l’esofagogastroduodenoscopia per escludere la celiachia. La terapia specifica per ogni patologia associata deve essere pianificata come di norma, in quanto
le malattie autoimmuni, le neoplasie e le enteropatie
rispondono al trattamento come nei soggetti senza
deficit immunitari associati.
Invece, per quanto riguarda le malattie allergiche, soprattutto l’asma che può essere particolarmente resistente alla terapia, la prognosi può essere meno favorevole che nei soggetti senza deficit associati. Questo
sembra essere spiegato dal fatto che la suscettibilità a sviluppare infezioni aggrava la condizione di infiammazione tipica dell’asma.
Indicazioni per la pratica
Bibliografia essenziale
as a major susceptibility locus in selective IgA deficiency
and Common variable immunodeficiency. J Immunol
2003;170:2765-75.
Latiff AHA, Kerr MA. The clinical significance of Immunoglobulin A deficiency. Ann Clin Biochem 2007;44:131-9.
Litzman J, Vilkova M, Pikulova Z, Stikarovska D, Lokai J. T
and B lymphocyte subpopolations and activation/differentiation markers in patients with selective IgA deficiency. Clin Exp Immunol 2006;147:249-54.
Ozkan H, Atlihan F, Genel F, Targan S, Gunvar T, et al. IgA
and/or IgG subclass deficiency in children with recurrent respiratory infections and its relationship with chronic pulmonary damage. J Invest Allergol Clin Immunol
2005;15:69-74.
Quartier P. Deficits en IgA. Arch Pediatr 2001;8:629-33.
Rachid R, Castigli E, Geha RS, Bonilla FA. TACI mutation in
Common Variable immunodeficiency and IgA deficiency.
Curr Allergy Asthma Rep 2006;6:357-62.
Ugazio AG, Duse M, Notarangelo LD, Plebani A, Porta F. Il
bambino immunodepresso: perché lo è e come va difeso.
2a ed. Milano: CEA 1995.
Vorechovsky I, Webster AD, Plebani A, Hammarstrom L. Genetic linkage of IgA deficiency to the major histocompatibility complex:evidence for allele segregation distortion,
parent of origin penetrance differences, and the role of
anti-IgA antibodies in disease predisposition. Am J Hum
Genet 1999;64:1096-109.
Sulla base di quanto noto e di quanto qui riassunto
brevemente, il comportamento suggerito nella pratica quotidiana è il seguente. Alla diagnosi è opportuno effettuare alcuni accertamenti consigliati per
l’inquadramento completo del deficit di IgA: esame
emocromocitometrico completo, dosaggio delle immunoglobuline sieriche, delle sottopopolazioni linfocitarie (CD3, CD4, CD8, CD19), dell’α-fetoproteina
(se il bambino ha meno di due anni di età), degli Ab
(IgG) anti-transglutaminasi. In seguito, si consiglia di
controllare nei soggetti asintomatici gli Ab (IgG) antitransglutaminasi una volta ogni 1-2 anni. La determinazione delle immunoglobuline sieriche non ha utilità pratica nei soggetti asintomatici mentre andrà ripetuta più o meno frequentemente, in base all’andamento del quadro clinico ed a giudizio del pediatra
nei bambini sintomatici. In base all’andamento clinico individuare la comparsa di problemi di autoimmunità, allergici o tumorali con gli accertamenti specifici
caso per caso e provvedimenti terapeutici specifici.
Cataldo F, Lio D, Marino V, Picarelli A, Ventura A, Corazza GR;
and the Working Groups on Celiac Disease of SIGEP. IgG
antiendomysium and IgG antitissue translutaminase (anti-tTG) antibodies in celiac patients with selective IgA deficiency. Gut 2000;47:366-9.
Cataldo F, Marino V, Ventura A, Bottaro G, Corazza GR. Prevalence and clinical features of selective immunoglobulin
A deficiency in celiac disease: an Italian multicenter study.
Gut 1998;42:362-5.
Consensus Conference 1990. RIAP aprile 1991
Cunningham-Rundles C. Physiology of IgA and IgA deficiency. J Clin Immunol 2001;5:303-9.
Cunningham-Rundles C. Selective IgA deficiency. In: Stiehm R,
Ochs HD, Winkelstein JA (eds.). Immunologic disorders in
infants and children. 5th ed., W.B. Saunders Company 2004.
Edwards E, Razvi S, Cunningham-Rundles C. IgA deficiency:
clinical correlates and responses to pneumococcal vaccine. Clin Immunology 2004;111:93-7.
Gruppo di Immunologia e Allergologia Pediatrica della Società Italiana di Pediatria. Il bambino con deficit di IgA:
le caratteristiche cliniche, immunologiche e genetiche per
una corretta gestione.
Kralovicova J, Hammarström L, Plebani A, Webster AD, Vorechovsky I. Fine-scale mapping at IGAD1 and genome-wide genetic linkage analysis implicate HLA-D/DR
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica
62