INDICE GENERALE DISPENSA

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INDICE GENERALE DISPENSA
Titolo dispensa
INDICE GENERALE
DISPENSA
Il vecchio redditometro “danza” tra indici vecchi e nuovi
(a cura di Carlo Nocera)................................................................................................................... 5
Il redditometro e la prova contraria: fondamentale la “raccolta di dati e documentazione
(a cura di Carlo Nocera)................................................................................................................. 15
La rivisitazione dell’accertamento sintetico: prime riflessioni
(a cura di Carlo Nocera)................................................................................................................. 21
I beni utilizzati dai soci di società: novità
(a cura di Duilio Liburdi) ............................................................................................................... 35
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Il vecchio redditometro “danza” tra indici vecchi e nuovi
IL VECCHIO REDDITOMETRO “DANZA” TRA INDICI VECCHI E NUOVI
di Carlo Nocera
INDICE
1 PREMESSA ................................................................................................................................6
2 RATIO VALIDA MA TABELLA “OBSOLETA” ..................................................................6
3 INDICI NIENTE AFFATTO “LUSSUOSI” ...........................................................................8
4 NUOVI BENI E SERVIZI.........................................................................................................9
Come opera la Guardia di Finanza ................................................................................................10
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Gli accertamenti sintetici: confronto e interazioni con gli strumenti di controllo
1 PREMESSA
Per il “revival” degli accertamenti sintetici – redditometro e incrementi patrimoniali – si può tranquillamente affermare che “c’è del bello e c’è del nuovo”: ma il
“bello” non è nuovo e, soprattutto, il “nuovo” non è bello.
Che il Fisco stesse affilando le armi, probabilmente consapevole della strada imboccata ormai definitivamente dagli studi di settore, ne eravamo consapevoli: deponevano
in tal senso vari “segnali” quali, su tutti, la menzione di un qual certo ritorno all’accertamento sintetico suggerita da almeno un paio di circolari dell’Agenzia delle Entrate,
quelle del biennio 2006/2007 - diramate in materia di controlli (alla stregua di quanto
peraltro contenuto negli atti di indirizzo dell’attività di politica fiscale annualmente
rilasciati al Parlamento dal pro tempore Ministro dell’Economia).
Attualmente, dopo la “sperimentazione” dettata dalla circ. 49/E/2007 e l’avvento del
piano straordinario previsto normativamente dalla manovra estiva del 2008, l’Agenzia
delle Entrate ha l’obbligo di concludere entro il 2011 un piano concernente diverse
decine di migliaia di accertamento fondati sulle risultanze “sintetiche”.
2 RATIO VALIDA MA TABELLA “OBSOLETA”
Che la filosofia di fondo che anima la modalità “sintetica” sia del tutto corretta, e per
quanto mi riguarda “condivisa”, è fuori di dubbio: se si spende è indiscutibile che occorre avere delle disponibilità finanziarie (proprie o di provenienza da terzi qui non rileva).
Quanto, invece, non è condiviso è il sostanziale “immobilismo” del legislatore in termini di tabella ministeriale che individua gli elementi indice di capacità contributiva e,
per molti aspetti, il conseguente meccanismo di determinazione del reddito sinteticamente attribuibile al contribuente.
Di fatto, i beni che attualmente compongono il paniere degli elementi in ordine ai
quali si perviene alla determinazione del reddito complessivo attribuibile ad una persona fisica in ragione della disponibilità dei medesimi sono gli stessi di quelli individuati nel 1992.
I beni e i servizi da “redditometro” sono contemplati da un’apposita tabella ministeriale varata con il DM 10.9.92: nelle intenzioni del legislatore dell’epoca si volevano
individuare quegli “elementi-indice di capacità contributiva” che avrebbero permesso la
“misurazione” del tenore di vita del contribuente e, con esso, il riscontro della sua
coerenza con il reddito imponibile dichiarato al Fisco.
La tabella contempla:
• aerei ed elicotteri da turismo, alianti e motoalianti, ultraleggeri e deltaplani a motore;
• navi e imbarcazioni da diporto;
• autoveicoli, camper, autocaravan e motocicli con cilindrata superiore a 250 cc.;
• roulotte;
• residenze principali e secondarie;
• collaboratori familiari a tempo pieno conviventi, a tempo parziale o non conviventi;
• cavalli da corsa ed equitazione;
• assicurazioni di ogni tipo.
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Il vecchio redditometro “danza” tra indici vecchi e nuovi
Per giungere alla determinazione del reddito sinteticamente attribuibile al contribuente il passaggio non è dei più semplici: la legge prevede infatti che la disponibilità
di uno o più dei beni e servizi, anche della stessa categoria, compresi nella tabella è
indicativa, per il relativo periodo di imposta, di un valore che si ottiene mediante la
moltiplicazione di ciascun importo per il rispettivo coefficiente indicato nella tabella.
Si ottengono così i valori che concorrono alla formazione del reddito sintetico secondo il criterio che segue:
• il valore più elevato è considerato per intero;
• il secondo valore è ridotto del 40%;
• il terzo valore è ridotto del 50%;
• il quarto valore è ridotto del 60%;
• i valori successivi sono ridotti dell’80%.
Gli importi in questione devono però essere proporzionalmente ridotti se il contribuente dimostra che il bene o servizio è nella disponibilità anche di altri soggetti ovvero
che per detto bene o servizio sopporta solo in parte le spese, o che lo stesso è utilizzato
nell’esercizio di impresa, arti o professioni e tale circostanza risulti da idonea documentazione.
A fungere da ideale corredo dei beni individuati dal legislatore quasi venti anni fa,
giungono anche i cosiddetti “incrementi patrimoniali”, ossia quelle fattispecie che
incidono in termini di accertamenti sintetico mediante una presunzione relativa di
disponibilità – e quindi di reddito sinteticamente attribuibile – per “quinti” nell’anno in cui si è verificato l’evento di “accrescimento patrimoniale” del soggetto e nei
quattro precedenti (secondo quanto prevede, in proposito, il quinto comma dell’art. 38
del DPR 600/73).
In proposito, però, non esiste una tabella ministeriale e il novero che si suole
attribuire a queste fattispecie deriva dall’interpretazione giurisprudenziale dei giudici di
legittimità e dalla prassi dell’Amministrazione finanziaria e dell’Agenzia delle Entrate.
Possiamo dunque affermare che il corollario degli “incrementi patrimoniali” sia composto da:
• acquisto unità immobiliari;
• acquisto terreni ed aree edificabili;
• conferimenti societari;
• acquisto quote societarie;
• acquisto o incremento pacchetti azionari;
• acquisto o incremento prodotti e strumenti finanziari.
Ovviamente l’elenco prospettato non è affatto esaustivo e ben potrebbe verificarsi
che l’ufficio riscontri “incrementi patrimoniali” anche al di fuori di questo novero: in
sostanza, possiamo affermare che se la tabella del “redditometro” è l’elemento “statico”
dell’accertamento sintetico – ma attenzione che nulla vieta all’ufficio, anche in quel
caso, di valorizzare anche ulteriori “elementi-indice di capacità contributiva”, anche se
poi ciò accade di rado nonostante gli “impulsi” di cui si dirà nel prosieguo – il novero
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Gli accertamenti sintetici: confronto e interazioni con gli strumenti di controllo
degli “incrementi patrimoniali” rappresenta invece l’elemento “dinamico” di questa
particolare forma di accertamento.
3 INDICI NIENTE AFFATTO “LUSSUOSI”
Se, probabilmente, più di quindici anni fa la disponibilità di determinati beni o servizi
poteva anche essere connotata come “voluttuaria” oggi, ad oltre tre lustri di distanza, le
cose sono decisamente cambiate.
Tuttavia, continuiamo a mantenere nella tabella beni e servizi che incidono – eccome se incidono! – sul reddito sinteticamente attribuibile nonostante col “lusso” e col
“voluttuario” non abbiano niente a che fare.
Affermare, oggi, che la proprietà di un’unità immobiliare adibita a prima abitazione,
la disponibilità di una colf per poche ore alla settimana o la stipula di una polizza sanitaria rappresentino un qualcosa del quale si possa fare tranquillamente a meno significa
avere una visione ottocentesca della società italiana.
Facciamo qualche considerazione che prospetta la più classica delle antinomie:
• la “casa” - più di otto famiglie su dieci, dati ISTAT e Censis, vivono nella casa di
proprietà e questo ”bene” rappresenta l’ambito traguardo delle giovani coppie. Ci
si indebita per la casa, si stipulano mutui a venti o a trenta anni. Il Fisco esenta la
“prima casa” dall’imposizione diretta. I Comuni esentano la “prima casa” dall’ICI.
Tutto bene, sembrerebbe: e invece no. Per il redditometro, una “prima casa” di
proprietà di 80 (ottanta) metri quadrati gravata da un mutuo di 1.000 euro al
mese ai fini del redditometro “pesa”, in termini assoluti, per ben 41.133,60
euro. Il “sogno” degli italiani che diventa il “sogno” per il Fisco.
• i collaboratori familiari, forse in passato – ma molto in la nel tempo – poteva
essere una disponibilità “da gran signori”, il collaboratore o la collaboratrice
casalinga: oggi rappresenta una necessità per le coppie standard alle prese con
attività lavorative assorbenti, casa e figli da governare. Ma risulta che molte delle
collaborazioni siano “in nero”. Il Fisco rispolvera il “conflitto di interessi” e
“premia” il contribuente consentendo una detrazione d’imposta sui contributi versati
dal datore di lavoro per i collaboratori familiari. Anche in questo caso, sembrerebbe
tutto bene: e, anche stavolta, nient’affatto. Per il Fisco un collaboratore familiare
non convivente che presta la sua attività per 9 (nove) ore settimanali per 44
settimane, il cui costo annuo per il datore di lavoro al lordo dei contributi
ammonta a circa 3.000 euro secondo il contratto attualmente vigente, ai fini del
redditometro “pesa”, in termini assoluti, per ben 13.907,52 euro. Con buona
pace all’attività di induzione all’emersione delle posizioni “in nero”.
• la polizza sanitaria. Con molte Regioni che fanno acqua quanto ai bilanci della
spesa sanitaria – che peraltro si ripercuote anche in ambito di tassazione con
l’incremento di un punto percentuale dell’aliquota IRAP – e, conseguentemente, con disservizi della sanità pubblica, vedi alla voce “appuntamento per esami
clinici”, la stipula di una polizza per la famiglia rappresenta una esigenza di “serenità”. Le primarie compagnie del ramo, attualmente, offrono ottime polizze per un
ammontare di premio annuo di circa 2.500 euro: ma proteggersi non conviene,
visto che per il redditometro questa spesa, complice il coefficiente 10 –
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Il vecchio redditometro “danza” tra indici vecchi e nuovi
mentre gli aerei da turismo hanno un coefficiente 8!!! – pesa per ben 25.000
euro. Cosicché si viene indotti ad operare una comparazione tra il rischio di
attendere una risonanza magnetica per 8/10 mesi e quello di vedersi “misurare” la
spesa “voluttuaria” dal Fisco per un importo decuplicato.
Si potrebbe continuare, basti pensare alle automobili: ma fermiamoci qui.
Per cui, se nientemeno dal paniere ISTAT sono finalmente scomparsi il “chinino” e il
“pennino da inchiostro” a favore dell’inclusione di beni più attuali, come ad esempio la
“chiavetta USB”, per il redditometro lo spirito conservativo sembra inossidabile: come
detto in precedenza, il “bello” che non è nuovo.
4 NUOVI BENI E SERVIZI
Ma ho detto anche che il “nuovo” non è bello.
Mi riferisco all’evoluzione circa l’individuazione di ulteriori beni e servizi, prospettata, per prima, dalla Guardia di Finanza nella sua monumentale circ. 1/2008.
Nel documento si afferma che nel caso in cui siano disponibili elementi e circostanze
di fatto indicative di capacità contributiva diversi dai beni e servizi riportati nella tabella
ministeriale del 1992 è evidente come non possano essere utilizzati gli importi ed i
coefficienti indicati nella stessa.
In questo caso, ai “nuovi” beni e servizi dovrà essere attribuito, sulla base di un ragionamento ispirato a logica e coerenza, un valore che possa essere esponenzialmente
espressivo di una corrispondente disponibilità reddituale: l’esempio formulato è quello
che se si accerta come un soggetto paghi annualmente alcune migliaia di euro per
l’iscrizione ad un circolo privato di particolare lusso e prestigio, si dovrà presuntivamente determinare un valore di riferimento espressivo di una corrispondente esponenziale disponibilità reddituale.
Eventuali valori che, manco a dirlo, dovranno essere sommati a quelli che sono stati
calcolati applicando gli importi ed i coefficienti della tabella per i beni e servizi invece
contemplati.
La circolare, inoltre, a titolo di orientamento ed in via assolutamente non esaustiva,
fra gli elementi e le circostanze di fatto indicativi di capacità contributiva da considerare nel quadro della procedura di ricostruzione sintetica del reddito, in aggiunta a
quelli espressamente riportati nella tabella ministeriale, individua i seguenti:
• pagamento di consistenti rate di mutuo;
• pagamento di canoni di locazione finanziaria (leasing), soprattutto in relazione a
unità immobiliari di pregio, auto di lusso e natanti da diporto;
• pagamento di canoni per l’affitto di “posti barca”;
• sostenimento di spese per ristrutturazione di immobili;
• sostenimento di spese per arredi di lusso di abitazioni;
• pagamento di quote di iscrizione in circoli esclusivi;
• pagamento di rette consistenti per la frequentazione di scuole private particolarmente costose;
• assidua frequentazione di case da gioco;
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Gli accertamenti sintetici: confronto e interazioni con gli strumenti di controllo
•
•
•
•
•
partecipazione ad aste;
frequenti viaggi e crociere;
acquisto di beni di particolare valore (quadri, sculture, gioielli, reperti di interesse
storico - archeologico, ecc.);
disponibilità di quote di riserve di caccia o di pesca;
hobby particolarmente costosi (ad esempio, partecipazione a gare automobilistiche, rally, gare di motonautica, ecc).
Ora, il “nuovo” non è bello in quanto mal si accorda un novero del genere, ancorché
indicativo, con l’attuale impianto normativo: insomma, non si vede come si possa “ragionevolmente” accordare una tabella come quella del 1992 con questa nuova frontiera
di beni.
Se, come pare si intendere dai primi documenti di prassi, per lo meno l’incidenza del
“nuovo” bene o servizio sarà per lo meno pari alla spesa sostenuta, si corre il rischio che
un’iscrizione ad un circolo esclusivo o l’acquisto di beni di particolare valore “pesi”
molto di meno di una prima casa, di ridotte dimensioni, gravata dal mutuo.
Infatti, mentre per il “nuovo” bene non si è in presenza di indici moltiplicatori – e
quindi è esclusa qualsiasi considerazione di tipo esponenziale – per il bene tabellare è
alquanto difficile ottenere un “ammorbidimento” del relativo calcolo.
Per evitare discrezionalità che, nel caso di specie, non recherebbero altro che aspetti e
conseguenze negative, è ormai indispensabile l’aggiornamento della tabella ministeriale, magari operando, come per il paniere ISTAT utilizzato ai fini del calcolo dell’inflazione, le necessarie sostituzioni.
Altrimenti, da strumento di controllo alquanto aderente al dettato costituzionale della
capacità contributiva, il passo a strumento di vessazione è decisamente breve.
Come opera la Guardia di Finanza
L’operatività delle Fiamme Gialle per il controllo del territorio, anche pro redditometro, è stata delineata dalla circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza,
III Reparto Operazioni, ufficio Tutela Entrate, prot. 21.5.2010 n. 0171772/09.
Con questo documento sono state dettate istruzioni agli Organi del Corpo inerenti il
piano straordinario di controlli per l’accertamento sintetico del reddito delle persone
fisiche: più precisamente, è stata illustrata l’acquisizione degli elementi di fatto certi
mediante l’applicativo “C.E.TE”, acronimo di controllo economico del territorio.
Le mosse delle Fiamme Gialle partono dalla previsione normativa di cui all’art. 83,
co. da 8 a 11, del DL 112/2008 – la cosiddetta “manovra estiva” dello scorso anno
– mediante la quale è stato previsto un piano straordinario triennale, 2009-2011, di
controlli “sintetici”, da rivolgere prioritariamente nei confronti delle persone fisiche che
hanno rimosso in dichiarazione il presupposto d’imposta, pur risultando soggetti nelle
cui disponibilità rientrano i beni e gli elementi indice di capacità contributiva ovvero
che hanno realizzato incrementi patrimoniali.
L’attività di controllo che specificamente è stata e sarà realizzata in questo ambito,
frutto del previo coordinamento con l’Agenzia delle Entrate, riguarderà l’acquisizione
dei dati relativi al possesso dei beni o servizi oggetto della tabella ministeriale –
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10.9.92 – nonché di altri beni i quali, ancorché non tabellari, esprimono con sufficiente certezza un correlato livello di capacità contributiva - acquisizione che la circolare premette dovrà derivare dai servizi di controllo del territorio ed a mare nonché
dalle attività ispettive di carattere fiscale: successivamente, essa potrà tradursi nell’invio
di apposite segnalazioni agli uffici periferici dell’Agenzia delle Entrate con finalità di
attivazione delle procedure di accertamento sintetico.
La circolare evidenzia anche un numero minimale di controlli sugli indici di capacità
contributiva – i cosiddetti “C.I.C.” – individuato in 20.000 interventi su scala
nazionale: l’estensore sottolinea la circostanza che questo obiettivo costituisce la soglia
minima dei rilevamenti da effettuare sul campo, ragione per cui si tratta di una soglia,
possibilmente, da superare.
L’azione di controllo sarà sensibilmente influenzata dallo strumento informatico, la
cui vocazione, per un’operatività del genere, è essenzialmente quella di razionalizzare
la raccolta dei dati e degli elementi, che saranno successivamente oggetto di “incrocio”
con la base informativa dell’Anagrafe tributaria.
In sostanza, l’architettura del sistema sarà caratterizzata dalle seguenti tre fasi principali:
1 rilevazione, sul campo, delle manifestazioni di “ricchezza visibile” e nella successiva trasmissione telematica degli elementi al “C.E.TE.” (fase di input);
2. analisi e incroci automatizzati delle informazioni immesse in “C.E.TE.” con
l’Anagrafe tributaria e gli altri archivi disponibili (quali la Motorizzazione Civile, il
Pubblico Registro Automobilistico, le Camere di Commercio, gli Enti previdenziali e
assistenziali, ecc.), con finalità di individuazione dei “soggetti a rischio” sotto il profilo
economico-finanziario, in quanto titolari di disponibilità economiche e patrimoniali non
congrue rispetto ai redditi dichiarati (fase di elaborazione);
3. diramazione ai Reparti del Corpo di liste di “posizioni a rischio” elaborate sulla
base dei profili di pericolosità individuati, con finalità di orientamento delle
conseguenti attività ispettive o delle segnalazioni agli uffici dell’Agenzia delle Entrate
(fase di output).
Quanto alla prima fase, la circolare da atto che nel primo periodo di attivazione il
sistema “C.E.TE.” consentirà la raccolta sistematica dei seguenti beni “tabellari”:
• autovetture di cilindrata pari o superiore a 2.080 cc. Immatricolate a far data dal 1°
gennaio 2003;
• imbarcazioni da diporto di stazza variabile, comunque non inferiore a 3 tonnellate,
ivi inclusi i casi di locazione per periodi non superiore, complessivamente, a tre
mesi;
• autovetture di lusso;
• mezzi concessi in noleggio con conducente;
• veicoli adibiti al trasporto di merci per conto terzi;
• natanti ad uso privati, a noleggio, in leasing.
Da un punto di vista soggettivo, non si assiste ad alcun risparmio quanto alle unità
operative incaricate della raccolta degli elementi espressivi di capacità contributiva:
infatti, le pattuglie impiegate in attività di controllo del territorio saranno preposte alla
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raccolta dei dati concernenti gli automezzi; i reparti navali, quelli operanti in aree
portuali e i reparti territoriali in località marinare a vocazione turistica, saranno preposti
all’effettuazione di quei riscontri necessari per l’individuazione degli effettivi
utilizzatori ed intestatari delle imbarcazioni controllate; i reparti aerei preposti, durante i
servizi di perlustrazione aerea, all’osservazione di immobili di particolare lusso e pregio
ovvero connotati da pertinenze visibilmente appariscenti (come nel caso di piscine,
parchi, eliporti, ecc.) nonché alla rilevazione, presso aeroporti aperti al traffico civile e
campi di volo, dei dati sugli utilizzatori di velivoli e ultraleggeri particolarmente
performanti e di elevato valore economico.
Non solo: la circolare richiama comunque tutti i reparti operativi alla valorizzazione
di ogni dato, notizia o informazione rilevante acquisita nel corso di attività ispettive e/o
d’indagine – dalle verifiche e controlli fiscali sino agli accertamenti di polizia
amministrativa e giudiziaria – che sia pertinente ad acquisti, noleggi e spese di
autovetture, natanti di lusso e altri beni o servizi di capacità contributiva, da parte di
soggetti diversi da quelli sottoposti a verifica o accertamento.
Successivamente all’acquisizione, come accennato in premessa, i dati saranno
oggetto di elaborazione principalmente con il database dell’Anagrafe tributaria, che
permette un primo, efficace, incrocio: dall’esito del quale deriverà la creazione di
elenchi di posizioni “a rischio”, caratterizzate da un’evidente sproporzione tra la
situazione reddituale dichiarata e quella risultante dalle manifestazioni di ricchezza
individuate.
Una volta stilato l’elenco, sarà il Comandante del Reparto destinatario dell’elenco a
valutare l’approccio operativo più idoneo per riscontrare le possibili fonti di produzioni
dei redditi “consumati” e/o “reinvestiti nel patrimonio”, rispettivamente inerenti i beni o
servizi da redditometro e gli “incrementi patrimoniali”.
Ciò in quanto la circolare si sofferma sulla circostanza che il possesso di patrimoni o
capitali sensibilmente sproporzionati alla capacità reddituale espressa dalla persona
fisica in termini dichiarativi può anche essere un segnale di casi di riciclaggio o
reinvestimento o intestazione fittizia di beni costituenti frutto di attività illecite.
Pertanto, a seconda del caso sottoposto alle attenzione del Reparto, si potrà optare per
l’avvio di indagini patrimoniali ai fini antiriciclaggio, laddove emergano sospetti di
collegamenti con la commissione di reati a monte ovvero per la verifica o segnalazione
all’Agenzia delle Entrate nei casi di presunta evasione discale di redditi non dichiarati,
ancorché prodotti lecitamente.
A deporre verso la decisione dell’avvio di indagini patrimoniali potrà contribuire la
sussistenza di precedenti e/o pendenze penali, misure di prevenzione o provvedimenti
di pubblica sicurezza, notizie o elementi d’intelligence relativi a possibili coinvolgimenti dei soggetti segnalati e/o di quelli ad essi collegati in reati o condotte in condotte
illecite a scopo di lucro nonché di collegamenti diretti o indiretti di questi soggetti con
persone gravate di indizi di appartenenza ad organizzazione criminali o, comunque,
contigui ad ambienti della criminalità.
Laddove, diversamente, non sussistessero elementi che facciano deporre verso la
commissione di gravi illeciti, l’operatività del Reparto delle Fiamme Gialle potrà indirizzarsi verso:
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•
•
•
•
la segnalazione all’Agenzia delle Entrate per l’applicazione del “redditometro”;
l’utilizzo delle risultanze relative ai soggetti che svolgono attività d’impresa o di
lavoro autonomo;
l’approfondimento relativo ai casi di intestazione fittizia o di distrazione dei beni
aziendali;
lo sviluppo dei casi di sommerso d’azienda o di lavoro.
Fatta eccezione per il primo punto, dove evidentemente l’operatività sarà di pertinenza dell’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente per territorio, nei restanti casi
si potrà prospettare l’inserimento dei soggetti interessati nei piani di verifica del Reparto.
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Il redditometro e la prova contraria: fondamentale la “raccolta” di dati e documentazione
IL REDDITOMETRO E LA PROVA CONTRARIA: FONDAMENTALE LA
“RACCOLTA” DI DATI E DOCUMENTAZIONE
di Carlo Nocera
INDICE
1 PREMESSA ..............................................................................................................................16
2 CASSAZIONE “STRINGENTE” SULLA PROVA CONTRARIA....................................17
3 ELEMENTI E PRESUNZIONI DA FRONTEGGIARE .....................................................18
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Gli accertamenti sintetici: confronto e interazioni con gli strumenti di controllo
1 PREMESSA
La strada per la difesa del contribuente in ordine alle possibili contestazioni da
“redditometro” passa, ineludibilmente, per la raccolta e conservazione di elementi di
prove riguardo la possibilità di sostenimento di un certo tenore di vita, in apparente
contrasto con il risultato al quale giunge la dichiarazione dei redditi.
Vista la particolare importanza che il fisco sta riconoscendo a questo strumento di
controllo – attuale, mediante l’esecuzione dell’ormai noto piano di controllo straordinario previsto dalla manovra estiva del 2008, destinato a concludersi nel 2011, e futuro,
attesa la revisione in essere degli elementi indice di capacità contributiva – risulta
opportuno uno screening delle risultanze reddituali della dichiarazione del contribuente
rispetto alla “misurazione” da redditometro, tutte le volte in cui il tenore di vita può
apparire in contrasto con l’importo del reddito dichiarato.
È bene, infatti, che le presunzioni cui giunge nel suo complesso l’accertamento
sintetico – frutto sia della valutazione degli elementi indice di capacità contributiva
sia dell’incidenza di possibili incrementi patrimoniali – siano efficacemente contestate con un pro memoria da redigere opportunamente nella fase conclusiva della
predisposizione della dichiarazione dei redditi.
E, in considerazione del fatto che la prova contraria in ordine alla possibile discrasia
tra reddito dichiarato e quanto invece sinteticamente attribuibile in base all’applicazione
dell’art. 38 co. 4 ss. del DPR 600/73, passa pressoché esclusivamente per la fornitura di
elementi documentali, detta redazione va poi corroborata dalla allegazione di tutta la
documentazione idonea ad attestare la “regolarità” della posizione del contribuente.
Va innanzitutto sottolineato che, per una più efficace difesa, vanno utilizzate tutte le
opportunità e gli strumenti che la normativa vigente offre al contribuente, a cominciare
dalla facoltà concessa ex art. 38 co. 6 del DPR 600/73 sino al ricorso giurisdizionale
dinanzi al giudice tributario, passando anche per l’eventuale contraddittorio da accertamento con adesione: lungo tutto questo asse ideale comunque aleggia, come detto, la
necessità che le controdeduzioni siano corredate da adeguata documentazione circa la
disponibilità delle somme di denaro che permettono il sostenimento di un qual certo
tenore di vita così come degli incrementi patrimoniali.
REDDITI CON
RITENUTA
“SECCA”
REDDITI
ESENTI
DISINVESTIMENTI
FINANZIAMENTI
ACCRESCIMENTO
CAPACITÀ
CONTRIBUTIVA
DISPONIBILITÀ
“FAMILIARI”
EREDITÀ,
DONAZIONE E
VINCITE
Fig. 1 - Le linee di difesa
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Il redditometro e la prova contraria: fondamentale la “raccolta” di dati e documentazione
Infatti, non si può pensare di sfaldare le presunzioni del Fisco con argomentazioni
generiche ovvero non corredate da un adeguato percorso logico e documentale.
In altre parole, per effetto del rilevante vincolo al “pezzo di carta” che più che mai
caratterizza lo strumento di controllo in esame, non è destinata a trovare accoglimento
la tesi del sostenimento di un certo tenore di vita grazie a redditi di provenienza
familiare se i genitori, ad esempio, sono titolari di una pensione non certo eclatante e
non hanno altre disponibilità reddituali e men che meno patrimoniali. All’opposto, è
necessario che i flussi provenienti dall’ambito familiare siano stati, per così dire,
“certificati” allorquando si sia trattato di importi consistenti soprattutto con riferimento
al contribuente beneficiario.
Ci si riferisce alla pratica di stipulare con regolare atto notarile una “donazione” da
parte di un parente – sovente il genitore – ad un soggetto in ambito familiare,
necessaria per il sostenimento di un’acquisizione patrimoniale, rispetto al “canonico”
acquisto, in termini di esborso, da parte di un soggetto a fronte dell’intestazione del
bene al soggetto patrimonialmente o redditualmente “debole”.
2 CASSAZIONE “STRINGENTE” SULLA PROVA CONTRARIA
Peraltro, la massima giurisprudenza sul punto non lascia alimentare eccessive speranze al contribuente, per cui occorre strutturare le linee difensive cercando di sfruttare
tutte le circostanze possibili, che vanno dal possesso di redditi esenti o assoggettati a
ritenuta alla fonte a titolo d’imposta sino all’utilizzo di somme riscosse, fuori dall’esercizio dell’impresa, a titolo di risarcimento patrimoniale, passando per la disponibilità di
denaro derivante da eredità, donazioni, vincite.
La Corte di cassazione, infatti, lascia spazi decisamente angusti per quanto riguarda
la difesa del contribuente dalle presunzioni da redditometro: in pratica, o si dimostra,
con adeguata documentazione, la capacità di fronteggiare le spese a vario titolo
sostenute, oppure si va incontro alla “ratifica” delle presunzioni del Fisco.
A cominciare dal fatto che la ricostruzione del reddito sintetico è del tutto legittima,
come affermato, su tutte, dalla sentenza 10 marzo 2006, n. 5355, con la quale i giudici
di legittimità hanno sostenuto come sia stato “già posto in evidenza (cfr. sent. 14691/00)
che l’art. 38 comma 4, D.P.R. 29.9.1973 n. 600 consente all’amministrazione finanziaria di rettificare le dichiarazioni e di determinare sinteticamente un imponibile maggiore di quello ricavabile dalla valutazione analitica in presenza di fatti che, provando
un certo ammontare di spesa, presuppongano la disponibilità di un corrispondente
reddito (salva restando la facoltà del contribuente di allegare e provare, in contrario,
che la disponibilità accertata non dipende da redditi prodotti nell’anno cui la rettifica
contestata si riferisce, ovvero ha la sua origine in redditi esenti, o rispetto ai quali sia
stata operata ritenuta alla fonte) con la conseguenza che il potere di rettifica in
discorso deve intendersi legittimamente, e fondatamente, esercitato tutte le volte che la
realizzata determinazione di imponibile, si riveli correlata a manifestazioni di spesa
non giustificate dal reddito dichiarato o a situazione indicative di una capacità di spesa
di natura reddituale (cfr., in tal senso, Cass. Sez. I civ., sent. n. 8392 del 27.8.1993, id.,
sent. n. 13089 del 22.12.1995)”.
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Gli accertamenti sintetici: confronto e interazioni con gli strumenti di controllo
Quanto all’inversione dell’onere della prova, con la sentenza 17.3.2006 n. 5991, gli
stessi giudici della Sezione Tributaria hanno affermato che “In tema di accertamento
dell’imposta sui redditi ed al fine della determinazione sintetica del reddito annuale
complessivo, secondo la previsione dell’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 che consiste nell’applicazione di presunzioni semplici, in virtù delle quali (art. 2727
cod. civ.) l’ufficio finanziario è legittimato a risalire da un fatto noto (nella specie,
l’esborso di rilevanti somme di denaro per l’acquisto di beni) a quello ignorato
(sussistenza di un certo reddito e, quindi, di capacità contributiva) -, la presunzione
semplice genera l’inversione dell’onere della prova, trasferendo al contribuente
l’impegno di dimostrare che il dato di fatto sul quale essa si fonda non corrisponde alla
realtà”.
Inversione dell’onere probatorio che si traduce anche nella non necessità che l’atto
sia motivato, come sostiene sempre la Sezione Tributaria con la sentenza 11 gennaio
2006, n. 327 nell’affermare che: “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, il
metodo disciplinato dall’art. 38 quarto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 –
come via via modificato – consente, a fronte di circostanze ed elementi certi, che
evidenzino un reddito complessivo superiore a quello dichiarato o ricostruibile su base
analitica, la determinazione del maggior imponibile in modo sintetico, in relazione al
contenuto induttivo di tali circostanze ed elementi. Pertanto, la norma esige dati certi
con riguardo alla esistenza del maggiore reddito imponibile e, in presenza di dati
siffatti, richiede la individuazione dell’entità del reddito stesso con parametri indiziari,
in via di deduzione logica dal fatto noto del fatto taciuto dal dichiarante, secondo i
comuni canoni di regolarità causale. Ne consegue che, in presenza di dati certi ed
incontestati, non è consentito pretendere una motivazione specifica dei criteri in concreto adottati per pervenire alle poste di reddito fissate in via sintetica nel cosiddetto
redditometro, in quanto esse, proprio per fondarsi su parametri fissati in via generale,
si sottraggono all’obbligo di motivazione, secondo il principio stabilito dall’art. 3
secondo comma, della legge 7 agosto 1990, n. 241”.
3 ELEMENTI E PRESUNZIONI DA FRONTEGGIARE
Va ricordato che nulla vieta al Fisco di porre in correlazione con le risultanze del
redditometro anche ulteriori elementi di fatto grazie ai quali supportare ulteriormente
una pretesa che, come detto in precedenza, è di per se stessa legittimata dall’interprete
giurisprudenziale.
Il tutto, sia in termini di individuazione di elementi indice di capacità contributiva
attualmente non contemplati dalla tabella ministeriale del 1992 sia mediante il ricorso,
congiunto, ad altre metodologie di controllo.
Pertanto, l’atteggiamento del contribuente nella fase di reperimento delle prove
idonee a giustificare il reddito dichiarato rispetto al tenore di vita che si viene a delineare deve essere caratterizzato dalla massima “elasticità”, qui intesa come la capacità
di fronteggiare tutte quelle richieste, prima, e contestazioni, poi, che dovessero provenire dall’ufficio finanziario.
Questa “libertà” operativa degli uffici è nota da tempo, essendo possibile agli stessi
adottare le modalità istruttorie che ritengono più opportune ai fini dell’efficacia dei
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Il redditometro e la prova contraria: fondamentale la “raccolta” di dati e documentazione
controlli: a cominciare dalla possibilità di esperire le indagini finanziarie nei confronti
del contribuente coinvolto nel controllo sintetico.
In casi del genere, l’indagine sarà condotta con riguardo ai movimenti relativi ai conti
correnti e alle cosiddette operazioni extra-conto, considerati indici “diretti” di capacità
contributiva: mentre, quanto ai conti deposito titoli, gli eventuali finanziamenti e i
crediti concessi, indipendentemente dalla natura (come ad esempio fidi), per il fisco
costituiscono indici “indiretti” di capacità contributiva, in quanto l’Agenzia delle
entrate ha ritenuto che, di per sé, essi evidenziano una potenziale capacità di spesa che
si realizza attraverso movimenti finanziari, inclusi generalmente nei movimenti del
conto corrente, ovvero attraverso operazioni extra-conto (pertanto, il portafoglio di un
conto deposito titoli rappresenta un indice “indiretto” in quanto evidenzia il possesso di
attività finanziarie – quali azioni, fondi comuni di investimento, ecc. – mentre le
operazioni finanziarie di acquisto o di vendita dei titoli possono essere riscontrate dal
conto corrente oppure dall’esame delle operazioni extra-conto).
CONTROLLO “SINTETICO” E INDAGINI “FINANZIARIE”
VALUTAZIONE
PROFICUITÀ
RINFORZO DELLE
PRESUNZIONI
“SINTETICHE” IN CASO
DI ESITO POSITIVO
POSSIBILE RICADUTA
SU REDDITO
D’IMPRESA E DI
LAVORO AUTONOMO
Fig. 2 - Il ricorso alle indagini “finanziarie”
In queste eventualità, che tuttavia rappresentano certamente l’eccezione e non la regola, la raccolta dei dati documentali viene svolta dall’Agenzia delle entrate, nell’ambito dell’utilizzo delle indagini finanziarie, per cui al contribuente spetta, più che
“documentare” quanto è stato già cartolarmente riscontrato, “giustificare” il flusso o
l’operazione finanziaria.
Quando, invece, il controllo da redditometro resta circoscritto al suo ambito più
“fisiologico”, ossia si fonda sulla considerazione degli elementi indice e sugli incrementi patrimoniali riscontrati, gli Uffici sono tenuti ad esaminare la documentazione
prodotta dal contribuente, valutandone la relativa efficacia probatoria.
Cerchiamo, allora, di tracciare un quadro sinottico da utilizzare per la fase di raccolta
della documentazione e per l’eventuale successiva difesa relativamente alle più
frequenti giustificazioni che vengono formulate.
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Gli accertamenti sintetici: confronto e interazioni con gli strumenti di controllo
Tipologia indice o elemento
Documentazione
Ulteriori argomentazioni
giustificative
Redditi esenti
Normativa di riferimento
Riscontro nelle istruzioni della
dichiarazione dei redditi
Redditi assoggettati a ritenuta alla
fonte a titolo d’imposta
Certificazione rilasciata dal
sostituto d’imposta
—
Somme riscosse a titolo di
disinvestimenti patrimoniali
Atto di cessione del bene e atto di
provenienza del bene
Riscontro circa l’eventuale
percezione frazionata, in anni
solari diversi, del prezzo del bene
Finanziamenti
Documentazione inerente la
richiesta al soggetto finanziatore
e la concessione del credito
Documentazione inerente
l’utilizzo del finanziamento
Eredità, donazioni o vincite
Atto di provenienza o
documentazione attestante la
vincita
—
Somme riscosse a titolo di
risarcimento patrimoniale
Certificazione della compagnia
assicurativa con causale
Va ricordato, infine, che la documentazione acquisita dall’Ufficio in ordine alle
giustificazioni fornite sarà esaminata, oltre che per procedere o meno con l’accertamento, anche per valutare la complessiva posizione fiscale dell’eventuale familiare del
contribuente, se dall’istruttoria risulterà aver effettivamente sostenuto gli esborsi o le
spese di gestione.
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La rivisitazione dell’accertamento sintetico: prime riflessioni
LA RIVISITAZIONE DELL’ACCERTAMENTO SINTETICO: PRIME RIFLESSIONI
di Carlo Nocera
INDICE
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
PREMESSA ..............................................................................................................................22
ANCORA LUCI DELLA RIBALTA PER IL “VECCHIO” REDDITOMETRO ............22
VERSO UN TURN OVER TRA CONCETTO DI DISPONIBILITÀ E SPESA? ..............23
ASSENZA DEGLI “INCREMENTI PATRIMONIALI” ....................................................24
LA MANCATA RISPOSTA AL QUESTIONARIO NON FA PIÙ SCATTARE
L’ACCERTAMENTO SINTETICO .....................................................................................26
MANCATO CONTRADDITTORIO: LA “LATITANZA” DELLA NULLITÀ
DELL’ATTO............................................................................................................................27
RELAZIONI “PERICOLOSE E NECESSARIE” TRA REDDITOMETRO E
INDAGINI FINANZIARIE ....................................................................................................29
“FAMILIARI” DA MANEGGIARE CON CAUTELA .......................................................30
DIFESA TRA VECCHIO E NUOVO PROCEDIMENTO..................................................31
MOSSE “FUTURE” DELL’UFFICIO ..................................................................................32
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Gli accertamenti sintetici: confronto e interazioni con gli strumenti di controllo
1 PREMESSA
Le riflessioni che seguono sono frutto dell’analisi della disciplina, completamente innovata, che regola il nuovo accertamento sintetico.
A più di un anno dalla sua entrata in vigore, il nuovo art. 38 del DPR 600/73 presenta
non pochi dubbi, ancora ben lungi dall’essere sciolti e, a nostro avviso, taluni anche dall’essere affrontati.
I commenti che riportiamo, però, tengono conto del novellato impianto normativo e
non promuovono supposizioni ma, al più, comparazioni con la previgente disciplina:
insomma, volutamente abbiamo operato de iure condito e non de iure condendo, al fine
di prospettare al professionista una visione chiara sull’evoluzione subita dallo strumento di controllo.
2
ANCORA LUCI DELLA RIBALTA PER IL “VECCHIO” REDDITOMETRO
Se è innegabile che le luci della ribalta in materia accertativa, da qualche mese a
questa parte, siano tutte per il “nuovo” redditometro, per il quale si attende la prossima
attuazione con la diramazione del previsto decreto ministeriale, è altrettante vero che il
2011 sarà l’anno in cui, con molta probabilità, si assisterà alla sublimazione del “vecchio” accertamento sintetico.
Il tutto a causa del piano straordinario triennale, 2009/2011, varato dal legislatore con
la manovra estiva del 2008, che prevedeva complessivamente un numero di circa 65.000
accertamenti fondati sulla ricostruzione sintetica basata sugli elementi-indice di capacità
contributiva e sugli incrementi patrimoniali.
Quindi, con oltre 30.000 accertamenti da notificare nell’anno in corso, al quale corrispondono ragionevolmente almeno 40.000 controlli da attivare per preservarsi da archiviazioni di procedimenti causati dalle giustificazioni dei contribuenti, è bene tenere a
mente due regole comportamentali semplici ma decisamente rilevanti per il prosieguo
del procedimento.
In primo luogo occorre ricordare che gli uffici non sono obbligati a procedere alla
convocazione preventiva del contribuente per l’avvio dell’accertamento con adesione:
l’invito di cui all’art. 5 DLgs. 218/97 è infatti una prerogativa del procedimento che riguarderà gli accertamenti sintetici aventi per oggetto il periodo d’imposta 2009 e successivi.
Pertanto, la “presa di contatto” tra ufficio e contribuente avverrà, come di consueto,
mediante la notifica di un questionario ex art. 32 del DPR 600/73, con il quale verrà richiesto al contribuente di fornire dati, elementi e documentazione rilevanti ai fini dell’accertamento nei suoi confronti.
Questa avvenuta conoscenza circa le attenzioni del Fisco impone al soggetto posto
sotto osservazione due cautele.
La prima, consiste nella circostanza che occorre fornire all’ufficio procedente quanto
richiesto, al fine di non incorrere nella “sterilizzazione” di quanto non addotto in risposta ad un questionario: il penultimo comma del citato art. 32 recita, infatti, come le
notizie e i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non
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La rivisitazione dell’accertamento sintetico: prime riflessioni
trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non possono essere presi in considerazione a
favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa.
Per cui, un’eventuale passo falso in questa fase del procedimento rischia di pregiudicarne considerevolmente il prosieguo, laddove l’ufficio avrà buon gioco, secondo
quanto prevede la norma, a non ammettere quanto in precedenza non sottoposto alla sua
attenzione (fatta salva la via di fuga dalla sterilizzazione rappresentata dalla dimostrazione, in sede giurisdizionale, che la mancata fornitura non è dipesa dal contribuente
ma da cause di forza maggiore).
La seconda cautela è ravvisabile nel fatto che l’adempimento al questionario – vera
e propria “anticamera” dell’accertamento sintetico – deve rappresentare l’impulso
per il contribuente all’avvio di un contraddittorio “non verbale” con l’ufficio.
Infatti, la conoscenza dell’avvio del controllo dovrebbe indurre il contribuente a dispiegare le prime tesi difensive già all’atto della restituzione del questionario avvalendosi della previsione di cui al co. 6 del “vecchio” art. 38: la norma, in proposito, recita
come il contribuente ha facoltà di dimostrare, anche prima della notifica dell’accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in
tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta e che l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea
documentazione.
Questo passo difensivo, la cui tempistica coeva alla consegna dei documenti e delle
informazioni richieste assolve la funzione di garantire la certezza che l’incidenza nel
procedimento di controllo avverrà prima della notifica dell’avviso di accertamento,
pone il contribuente nella posizione di pretendere che l’eventuale successivo avviso di
accertamento sintetico, che come detto ben potrebbe essere notificato inaudita altera
parte, rechi in motivazione le ragioni per le quali l’ufficio non ha ritenuto idonee le
giustificazioni addotte con le memorie prodotte nella fase endoprocedimentale.
Diversamente, l’avviso di accertamento è da ritenersi nullo per difetto di motivazione, a condizione che il contribuente promuova puntualmente tale doglianza nel ricorso
introduttivo.
3 VERSO UN TURN OVER TRA CONCETTO DI DISPONIBILITÀ E SPESA?
Il nuovo redditometro delineato dall’art. 22 della manovra estiva, DL 78 convertito,
con modificazioni, dalla L. 122/2010, manda in soffitta la significatività, a fini di ricostruzione sintetica del reddito delle persone fisiche, della disponibilità di beni o servizi
ritenuti indicatori di capacità contributiva.
Il “vecchio” strumento, che vale la pena ricordare troverà applicazione almeno per un
paio di anni stante la sua vigenza per gli accertamenti sino al periodo d’imposta 2008
compreso, prevede come gli elementi individuati nella Tabella ministeriale del 1992 si
considerano nella “disponibilità” della persona fisica che a qualsiasi titolo o anche di
fatto utilizza o fa utilizzare i beni, ovvero riceve o fa ricevere i servizi o, ancora, sopporta in tutto o in parte i relativi costi: un ampio ventaglio di circostanze, come si vede,
che rifuggono dalla semplice “titolarità” per giungere sino all’utilizzo o al sostenimento
dei costi a per conto di terzi.
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Gli accertamenti sintetici: confronto e interazioni con gli strumenti di controllo
Pertanto, solo per fare un esempio tipicamente “balneare” la disponibilità di un’imbarcazione necessariamente riconduce una qual certa capacità contributiva al contribuente utilizzatore, anche nel caso in cui la proprietà del bene sia di terzi.
Il “nuovo” redditometro come noto fa invece esclusivo riferimento alle “spese di
qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta”, così da abbandonare apparentemente tanto la fattispecie della proprietà quanto quella del possesso: sembrerebbe
dunque che il tutto possa tradursi in un vantaggio per il contribuente e, conseguentemente, in un disagio per il Fisco, ma non è così.
Cominciamo col dire che, nonostante il nuovo art. 38 sia “tarato” sul solo concetto di
spesa, è abbastanza probabile che la selezione dei contribuenti da sottoporre a controllo
venga avviata alla stregua del riscontro, oltre che della proprietà, anche della “disponibilità” di beni o servizi di una certa rilevanza, dai quali successivamente ricavare l’entità
delle relative spese che andranno a formare il montante del reddito complessivo sinteticamente attribuibile al contribuente da confrontare con quello dallo stesso dichiarato.
Ebbene, una linea difensiva attestata sull’evidenza che dalla disponibilità dei beni o
dei servizi individuati non discenda il sostenimento di alcuna spesa per il contribuente
sotto osservazione, implica necessariamente la possibile “traslazione”, ovvero l’attivazione ex novo, del controllo sul terzo prospettato come il soggetto che sopporta i costi
in questione.
In proposito, infatti, va sottolineata la circostanza che tanto nell’attuale quanto nel
futuro procedimento la prova contraria spetta al contribuente: per cui, per potersi scrollare di dosso la presunzione reddituale derivante dalle spese è necessario che venga
fornita adeguata prova contraria attestante l’effettivo sostenimento a cura di soggetti
terzi.
Proprio a questo punto può scattare l’eventuale coinvolgimento del terzo, laddove
l’ufficio procedente ritenga sussistenti elementi idonei a consentirgli un fruttuoso avvio
di un ulteriore controllo, peraltro già suffragato in termini redditometrici dall’avvenuta
attestazione della corretta imputazione della spesa.
In fondo, niente di nuovo sotto il sole, visto che già con la circ. 9.8.2007 n. 49,
l’Agenzia delle Entrate dettando istruzioni agli uffici riguardo la nuova operatività sperimentale sull’accertamento sintetico, ebbe modo di precisare come la documentazione
acquisita dal contribuente sarebbe stata esaminata, “oltre che per procedere o meno con
l’accertamento, anche per valutare la complessiva posizione fiscale dell’eventuale contribuente correlato al soggetto selezionato in quanto è risultato aver effettivamente sostenuto gli esborsi o le spese di gestione” e laddove fossero emersi “elementi di certa e
concreta rilevanza fiscale a carico di detti contribuenti, anche a seguito dell’acquisizione di ulteriori informazioni reperibili con gli strumenti informatici a disposizione o
presenti in Ufficio, si procederà all’inserimento delle relative posizioni nel Piano dei
controlli”.
4
ASSENZA DEGLI “INCREMENTI PATRIMONIALI”
La riformulazione del redditometro a partire dal periodo d’imposta 2009 si è sostanziata nella sostituzione integrale, ad opera dell’art. 22 del DL 78/2010, dei commi dal
quarto all’ottavo dell’art. 38 del DPR 600/73, così da mandare letteralmente in soffitta
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La rivisitazione dell’accertamento sintetico: prime riflessioni
la vecchia versione dello strumento che da ultimo, complici le innovazioni legislative
della manovra estiva del 2008 – il DL 112, è tornato sugli scudi per la previsione di
un piano straordinario di accertamenti sintetici destinato a completarsi entro la fine del
2011.
La problematica oggetto di riflessione questa volta riguarda la completa eliminazione
della presunzione prevista, sino all’avvento del decreto legge e dunque per gli accertamenti sintetici esperibili sino al periodo d’imposta 2008, in materia di “incrementi patrimoniali”.
Il “vecchio” co. 5 dell’art. 38 prevedeva che nel caso in cui l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la
stessa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti.
Come dire, insomma, che un incremento patrimoniale di 100.000,00 euro realizzato
nel 2007 incide per 20.000,00 euro di reddito sinteticamente attribuibile per ciascuno
degli anni che vanno dal 2003 al 2007 compresi: una ragionevole “spalmatura” prevista
per tenere conto della quota di reddito che viene accantonata in termini di risparmio per
procedere, successivamente, all’effettuazione della spesa costituente incremento patrimoniale.
Una previsione ulteriormente ragionevole se si tiene conto che si tratta di una presunzione relativa la quale, quindi, ammette il sostenimento della prova contraria da parte
del contribuente: cosicché questi, in grado di documentare accadimenti di senso contrario che hanno caratterizzato il reperimento delle finanze necessarie all’incremento
patrimoniale, ha diritto a che la ripartizione sul quinquennio possa essere derogata con
conseguente rimodulazione della presunzione in ragione dei fatti prospettati e provati.
Tutto ciò con il nuovo redditometro viene meno: il legislatore, come noto, ha ridisegnato lo strumento caratterizzandolo per la messa a fuoco “delle spese di qualsiasi
genere sostenute nel corso del periodo d’imposta” a meno che il contribuente fornisca
“la prova che il relativo finanziamento è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta” e ferma restando l’incidenza dei redditi esenti,
soggetti alla ritenuta a titolo d’imposta o esclusi legalmente dalla formazione della base
imponibile.
Nel nuovo testo dell’art. 38, pertanto, non trova più spazio la presunzione della
“provvista fondi” per il sostenimento della spesa “per quinti”, a favore di una concentrazione reddituale nel periodo d’imposta oggetto di controllo.
Certamente, l’inciso del nuovo co. 4 dell’art. 38 che riferisce della possibilità di sostenere la prova contraria mediante l’utilizzo di redditi “diversi da quelli posseduti nello
stesso periodo d’imposta” a ben vedere permette di prospettare una tesi difensiva di
analogo tenore.
Anzi, considerando che non poche difficoltà si sono sinora incontrate nella pratica
professionale quanto al riconoscimento da parte dell’ufficio che un incremento patrimoniale inerente un immobile ben difficilmente può essere ricondotto ad una capacità
di risparmio limitata al quadriennio precedente l’anno di acquisto, la nuova formulazione potrebbe essere di giovamento alla complessiva valutazione della posizione reddituale del contribuente.
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Gli accertamenti sintetici: confronto e interazioni con gli strumenti di controllo
Il tutto, però, in punta di diritto e alla stregua di criteri di ragionevolezza per il passato: per il futuro, il nuovo assetto “concentrato” dell’accertamento sintetico pone seriamente la questione circa l’individuazione di un lasso temporale “ragionevole” al quale
fare riferimento per valutare la progressione, reddituale e non, funzionale alla spesa –
rectius incremento patrimoniale – sostenuta.
La previsione normativa del “vecchio” co. 5, con tutti i suoi limiti, rappresentava comunque una certezza, un diritto certo per il contribuente dal quale partire per intavolare
il dialogo con l’ufficio: l’attuale, nuova, struttura della disposizione che ci occupa, al
contrario, non replica una definizione altrettanto puntuale.
Pertanto, trattandosi di una disposizione che non prevede, per l’aspetto esaminato,
alcuna norma di attuazione, sarebbe necessario che l’Agenzia delle entrate fissasse criteri standard per la trattazione della casistica, idonei a prevenire comportamenti differenziati in sede di contraddittorio e a garantire la solidità della base di partenza per il
nuovo contraddittorio obbligatorio ante notifica dell’avviso di accertamento sintetico.
5 LA MANCATA RISPOSTA AL QUESTIONARIO NON FA PIÙ SCATTARE L’ACCERTAMENTO SINTETICO
L’avvento del nuovo accertamento sintetico segna anche il significativo sfrondamento del novero delle sanzioni “indirette” che possono interessare un contribuente il
quale dimostra scarso spirito collaborativo con gli uffici finanziari.
Il “vecchio” art. 38 all’ultimo comma prevedeva come le disposizioni in materia di
redditometro si applicavano anche nei confronti del contribuente che non aveva ottemperato agli inviti disposti dagli uffici ai sensi dell’art. 32 co. 1 n. 2, 3 e 4 del medesimo
decreto Presidenziale: si tratta, in sostanza, di una delle norme che compongono il “pacchetto” delle sanzioni indirette nei confronti di quanti risultano “renitenti” ad una richiesta di chiarimenti da parte dell’ufficio finanziario.
Ferma restando la sanzione monetaria irrogabile nei casi che ci occupano, se nei
confronti dei titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo un’ulteriore norma punitiva è individuabile nella possibilità che il contribuente inadempiente possa essere
sottoposto ad accertamento cosiddetto “induttivo” – giusta l’art. 39 co. 2 lett. d-bis)
del citato decreto 600 – per il contribuente persona fisica, e dunque a nulla rilevando
l’eventuale titolarità della partita IVA, un’ulteriore previsione sanzionatoria è ravvisabile nella possibilità di essere sottoposto alla disciplina del “vecchio” co. 4 dell’art. 38.
Ora, con l’avvento dell’art. 22 del DL 78/2010 i co. 4, 5, 6, 7 e 8 sono stati aspresamente sostituiti dalla nuova versione dell’accertamento sintetico, come noto basato su
diverse modalità di ricostruzione del reddito presunto delle persone fisiche, che però
non replica la previsione del “vecchio” co. 8, il quale oggi contempla la novità, rispetto
al passato, della rilevanza degli oneri deducibili e delle detrazioni d’imposta sul reddito
accertato sinteticamente (“Dal reddito complessivo determinato sinteticamente sono deducibili i soli oneri previsti dall’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica
22 dicembre 1986 n. 917; competono, inoltre, per gli oneri sostenuti dal contribuente,
le detrazioni dall’imposta lorda previste dalla legge”).
Personalmente non ritengo che si tratti di un lapsus del legislatore, quanto piuttosto
della consapevolezza della nuova funzione selettiva attribuita all’accertamento sintetico:
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La rivisitazione dell’accertamento sintetico: prime riflessioni
in altre parole, può anche prospettarsi poco proficuo avviare il nuovo procedimento
previsto dall’art. 38, con quanto ne consegue a fronte dell’individuazione di tutte le
spese sostenute dal contribuente, solo perché il contribuente non ha ottemperato alla
richiesta di informazioni dell’ufficio tanto relativa alla propria posizione quanto a quella
di soggetti terzi.
Anche perché, in fondo, per il contribuente “renitente” resta fermo in ogni caso un
“carico” di tutto rispetto derivante, in primo luogo, dalla sterilizzazione degli elementi e
dei dati non forniti successivamente alla richiesta dell’ufficio in sede sia stragiudiziale
(strumenti deflativi) sia giudiziale e, in secondo luogo, dalla circostanza che questa condotta può legittimare l’ufficio a procedere induttivamente alla ricostruzione del reddito
d’impresa o di lavoro autonomo prescindendo completamente dalle risultanze delle
scritture contabili: ferma restando, come detto, la sanzione prevista dal DLgs. 471/97 in
caso di mancata risposta ad un questionario.
In conclusione, occorre altresì sottolineare come la novità di cui si discute è destinata
a trovare applicazione “con effetto per gli accertamenti relativi ai redditi per i quali il
termine di dichiarazione non è ancora scaduto” alla data di entrata in vigore del DL 78,
e quindi generalmente con decorrenza dal periodo d’imposta 2009: il che significa come per tutte le richieste disattese da un contribuente persona fisica aventi per oggetto
annualità d’imposta sino al 2008 continua a trovare applicazione la versione dell’art. 38
ante riforma e, pertanto, la sanzione della sottoposizione ad accertamento sintetico
mediante l’applicazione delle “vecchie” regole, prima fra tutte la sommatoria degli importi derivanti dalla tabella ministeriale del 10.9.92.
6 MANCATO CONTRADDITTORIO: LA “LATITANZA” DELLA NULLITÀ DELL’ATTO
Il nuovo art. 38 del DPR 600/73, profondamente innovato dall’art. 22 della manovra
estiva dello scorso anno – il DL 78/2010, rivisita completamente lo strumento dell’accertamento sintetico prevedendo, tra le altre novità, l’obbligatorietà dell’avvio del
contraddittorio da accertamento con adesione in caso di utilizzo delle risultanze delle
“spese” del contribuente al fine di (ri)determinazione del suo reddito complessivo.
Ad essere più precisi la norma prevede come “L’ufficio che procede alla determinazione sintetica del reddito complessivo ha l’obbligo di invitare il contribuente a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai
fini dell’accertamento e, successivamente, di avviare il procedimento di accertamento
con adesione ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218”:
pertanto, due fasi distinte che, a far data dagli accertamenti per il periodo d’imposta
2009, condensano e implementano il procedimento previsto dall’art. 38 vigente sino
all’entrata in vigore del DL 78.
Come noto, sinora il procedimento di controllo fondato sull’accertamento sintetico,
qui inteso nel dualismo creato dai “vecchi” co. 4 e 5 del citato art. 38 – rispettivamente disciplinanti il “redditometro” e la capacità contributiva misurata in ragione dei
cosiddetti “incrementi patrimoniali”, non prevede alcun contraddittorio preventivo: nella prassi operativa invalsa il contribuente “in odore” di controllo sintetico è inizialmente
destinatario di un questionario o di una richiesta di fornitura di dati ed elementi rilevanti
nei suoi confronti ex art. 32 del DPR 600/73.
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Gli accertamenti sintetici: confronto e interazioni con gli strumenti di controllo
Da quel momento il soggetto interessato è a conoscenza che nei suoi confronti l’ufficio competente ha aperto un procedimento, teoricamente anche di possibile archiviazione, e perciò si trova nella condizione di dover corrispondere alla richiesta ricevuta, a
pena delle conseguenze derivanti dal mancato adempimento (sanzione pecuniaria, invalidità elementi non addotti, eccetera).
Questa sua conoscenza, sempre con il “vecchio” procedimento, può essere opportunamente sfruttata per avviare una sorta di “contraddittorio anticipato” con l’ufficio, mediante il co. 6 dell’art. 38 che dispone come “Il contribuente ha facoltà di dimostrare,
anche prima della notificazione dell’accertamento, che il maggior reddito determinato
o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. L’entità di tali redditi e la durata
del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”.
Una opportunità che lascia trasparire tutta la sua efficacia in termini difensivi in
quanto la produzione di una memoria ex ante l’eventuale esperimento dell’accertamento sortisce l’effetto di obbligare l’ufficio a motivare l’atto anche in ragione delle
argomentazioni prodotte dal contribuente: pena, come insegna la giurisprudenza di
legittimità – Cass. sez. trib. 4624/2008 – la nullità dell’atto per difetto di motivazione.
Il nuovo procedimento, invece, obbliga l’ufficio dapprima a convocare il contribuente
per la fornitura dei dati e delle notizie e, vagliati i quali, ad invitarlo per l’avvio della
fase contraddittoria propria dell’accertamento con adesione.
Nonostante il meritevole intento di prevedere normativamente il “dialogo” preventivo
rispetto alla “diretta” concretazione della pretesa in un atto formale, nella novella
manca l’espressa sanzione di nullità dell’avviso di accertamento sintetico che dovesse
essere notificato in assenza di contraddittorio: la medesima lacuna, e l’aspetto è certamente singolare, che si registra con il procedimento di accertamento fondato sugli studi
di settore.
Non solo: la “rifondazione” del redditometro poteva essere sfruttata anche per prevedere, sempre normativamente, che la mancata considerazione delle controdeduzioni
operate dal contribuente in epoca anteriore alla notifica dell’atto genera la nullità dello
stesso per difetto di motivazione.
È vero che su questo principio di carattere generale anche la giurisprudenza di
merito, come ha già fatto quella comunitaria e quella di legittimità, sta progressivamente affinando la propria sensibilità in ordine alla rilevanza dell’anticipazione della
difesa sulla motivazione dell’atto, ma si tratta pur sempre di un processo di stampo
bradisismico per il quale, peraltro, non può ancora dirsi tracciato un solco significativo.
Sarebbe stata necessaria, invece, quella “certezza” di natura normativa che caratterizza soltanto le accelerazioni, brusche, che depongono a favore del fisco: come nel
caso, solo per dirne una, della coeva novità recata dall’art. 29 della manovra in materia
di concentrazione della riscossione nell’avviso di accertamento, come noto entrata in
vigore a far data dallo scorso 1° ottobre.
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La rivisitazione dell’accertamento sintetico: prime riflessioni
7 RELAZIONI “PERICOLOSE E NECESSARIE” TRA REDDITOMETRO E INDAGINI
FINANZIARIE
Nell’attesa che venga diramato il decreto del Ministro dell’Economia concernente i
nuovi elementi indice di capacità contributiva, previsto dal co. 5 dell’art. 38 del DPR
600/73 siccome ridisegnato dalla manovra estiva del 2010, è opportuno soffermarsi sulla operatività degli uffici alle prese con la nuova modalità di ricostruzione del reddito
sintetico mediante le spese sostenute dal contribuente.
Abbiamo già esaminato le quattro fasi che caratterizzano le indagini inerenti il nuovo
strumento di controllo: ebbene, in proposito occorre considerare una qual certa difficoltà che incontreranno gli uffici nell’individuazione delle spese sostenute dal soggetto
posto sotto osservazione.
Se è vero che molti elementi saranno reperiti grazie all’ausilio dell’Anagrafe tributaria, considerevolmente implementata anche dal sostanziale “ritorno” dell’elenco clienti
e fornitori per le operazioni rilevanti ai fini Iva di importo non inferiore a 3.000,00
euro, è altrettanto vero che non tutte le spese sono “tracciabili”, così come alcune spese
sostenute “in proprio” andrebbero ad alimentare acquisto o disponibilità di beni e servizi formalmente intestati a terzi.
Soprattutto quest’ultimo espediente potrebbe rivelarsi fastidioso per l’attività di controllo, nonostante il presidio dell’utilizzabilità dei nuovi indicatori di ricchezza di cui al
citato co. 5, in ragione delle potenzialità ampiamente “dispersive” che una condotta del
genere può prospettare: in altre parole, il contribuente Alpha, sottraendo massa
imponibile al Fisco, potrebbe alimentare le spese di un soggetto terzo Beta in ordine a
beni o servizi, per i quali il “benefattore” manterrebbe la disponibilità, così da creare
una dicotomia tra la sua posizione personale e il bene o servizio che ha generato la
spesa.
In effetti, il compito dell’ufficio si complicherebbe alquanto, soprattutto se Alpha
avesse “l’accortezza” di procedere coinvolgendo Beta, il cui reddito dichiarato non presenta quelle rilevanti discrasie che, qui nulla rilevando lo scarto del 20% previsto dalla
legge tra reddito sinteticamente accertabile e quello dichiarato, potrebbero porlo al riparo dalla selettiva attività di individuazione delle posizioni a rischio che dovrebbe caratterizzare l’utilizzo del nuovo strumento di controllo (o, almeno, questa condotta risulta
certamente meno rischiosa di quella dell’affrontare la spesa “in proprio”).
Una vicenda del genere, poi, non potrebbe essere risolta dall’ufficio procedente nel
contesto dei “contatti” obbligatori, previsti dalla legge, con il contribuente (convocazione ex art. 32 del DPR 600/73 e successivo accertamento con adesione): giacché costui non ha alcun interesse nella fase procedimentale a disvelare motu proprio l’effettivo possesso o disponibilità del bene o servizio fittiziamente riconducibile al terzo.
Ecco perché, probabilmente, è anche per questo motivo che l’Agenzia delle entrate
sta meditando di accostare all’operatività da redditometro anche quella da indagini
finanziarie, con le quali gli uffici finanziari hanno sempre più dimistichezza e le cui
modalità di acquisizione ed utilizzo dei dati, grazie all’Anagrafe centrale dei rapporti finanziari, sono quasi in real time.
In effetti, lo scandaglio di tutte le posizioni finanziarie del contribuente aperte sul
territorio potrebbe portare a risultati altrimenti difficili da conseguire, atteso che laddove
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Gli accertamenti sintetici: confronto e interazioni con gli strumenti di controllo
i flussi tracciati presso gli operatori finanziari conducessero a soggetti terzi sarebbe un
gioco da ragazzi per l’ufficio contestare al soggetto controllato il sostenimento delle
spese: lasciandogli poi in mano il cerino acceso di dover giustificare oltre alle medesime,
per il conseguente riverbero in termini di ricostruzione reddituale, anche eventualmente
l’intestazione fittizia del bene a terzi.
8 “FAMILIARI” DA MANEGGIARE CON CAUTELA
In un precedente intervento mi sono soffermato sulla circostanza che la “famiglia
fiscale” è praticamente cosa fatta per il nuovo accertamento sintetico: alla stregua di
quanto già sperimentato dagli uffici finanziari nel corso dell’ultimo triennio, in ragione
del piano straordinario di accertamenti sintetici varato dalla manovra estiva del 2008, il
“quoziente familiare” può recare indubbi benefici alla difesa del contribuente.
Proprio con riferimento all’attuale operatività – atteso che il redditometro è pienamente “sugli scudi” come sembrano attestare le statistiche in ordine ai recuperi effettuati
nel corso del 2010 diramate dall’Agenzia delle Entrate – è tuttavia opportuno puntualizzare alcuni aspetti fondamentali per la difesa dispiegata con l’ausilio del “familiare”.
Innanzitutto, va sottolineata la circostanza che per essere ammissibile un apporto
“familiare” in termini finanziari e/o patrimoniali non è rilevante il solo “nucleo” inteso
tradizionalmente come soggetti conviventi ma, per lo meno, il raggio delineato dall’art.
433 c.c.
Detto ciò, occorre ricordare che, soprattutto per questo genere di apporto, assume
rilievo la previsione normativa secondo cui le argomentazioni devono essere suffragate
da documentazione inoppugnabile: pena il mancato accoglimento della controdeduzione in qualsiasi sede, tanto amministrativa quanto giudiziale.
Non è superfluo sottolineare, in proposito, come la giurisprudenza di cassazione abbia
addirittura legittimato una causa “apparente” – compravendita immobile tra padre e
figlio – quale presupposto per l’accertamento sintetico, stigmatizzando il mancato
assolvimento dell’onere documentale (Cass. sez. trib. ordinanza 16.9.2010 n. 19637) e
consolidando, quindi, il filone secondo il quale, in materia di accertamento sintetico, la
sottoscrizione di un atto pubblico (nella specie: una compravendita) contenente la dichiarazione di pagamento di una somma di denaro da parte del contribuente può costituire elemento sulla cui base determinare induttivamente il reddito posseduto che l’ufficio finanziario è legittimato ad applicare per l’accertamento sintetico, risalendo dal fatto
noto a quello ignoto, restando poi sempre consentita, a carico del contribuente, la prova
contraria in ordine al fatto che manca del tutto una disponibilità patrimoniale, essendo
questa meramente apparente, per avere l’atto stipulato, in ragione della sua natura simulata, una causa gratuita anziché quella onerosa apparente (così anche Cass. n. 8665/2002,
5991/2006 e 23252/2006).
Da ultimo, ma non per questo meno importante, è indispensabile che la “discesa in
campo” del familiare poggi solidamente su una sua adeguata capacità reddituale o
finanziaria (anche dettata da eventi contingenti: solo per fare un esempio, si pensi al
caso di un genitore che, a seguito di una lascito ereditario, devolve le somme disponibili
per l’acquisto dell’immobile di un figlio) che, per economia amministrative di ambedue
le parti in causa, è bene documentare addirittura in risposta la questionario col quale il
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La rivisitazione dell’accertamento sintetico: prime riflessioni
contribuente sotto osservazione viene interpellato dall’ufficio (oltre all’eventuale “replica” in sede di eventuale fase di accertamento con adesione).
Anche perché, e non è certo una novità, l’Agenzia già da tempo ha fornito istruzioni ai
propri uffici riguardo la necessità che la documentazione acquisita dal contribuente
venga valutata anche per riscontrare “…la complessiva posizione fiscale dell’eventuale
contribuente correlato al soggetto selezionato in quanto è risultato aver effettivamente
sostenuto gli esborsi o le spese di gestione. Qualora sussistano elementi di certa e concreta rilevanza fiscale a carico di detti contribuenti (i familiari chiamati in causa, n.d.a.),
anche a seguito dell’acquisizione di ulteriori informazioni reperibili con gli strumenti
informatici a disposizione o presenti in Ufficio, si procederà all’inserimento delle relative posizioni nel piano dei controlli” (Circ. 9.8.2007 n. 49/E).
Come dire, insomma, che laddove la linea difensiva si è rivelata improvvida, una
“virata” dell’ufficio anche sul familiare “allegramente” chiamato in causa rappresenta
più di una probabilità.
9 DIFESA TRA VECCHIO E NUOVO PROCEDIMENTO
Tra “vecchio” e “nuovo” accertamento sintetico le differenze non riguardano soltanto
le modalità di ricostruzione del reddito presuntivamente attribuibile al contribuente ma
anche il procedimento: con quanto ne deriva in termini di difesa del contribuente.
Andiamo per ordine, così da tenere conto dei due procedimenti destinati a convivere
in parallelo per lo meno per un paio di anni: sino a quando, in sostanza, avrà piena ed
esclusiva attuazione il nuovo art. 38 del DPR 600/73 che, come noto, non può applicarsi che per gli accertamenti riguardanti il periodo d’imposta 2009 e successivi.
Pertanto, per gli accertamenti sintetici riguardanti i periodi d’imposta sino al 2008
compreso, attualmente quindi il quadriennio 2006/2008 in caso di presentazione della
dichiarazione dei redditi e il 2005 in caso di omessa presentazione della dichiarazione,
la procedura non contempla affatto l’obbligo per l’ufficio di avviare il contraddittorio
da accertamento con adesione prima di procedere alla notifica dell’avviso di accertamento.
È buona norma, tuttavia, cercare di sfruttare le opportunità che derivano da una difesa
da dispiegare “fuori dal processo” secondo quanto contemplato dall’art. 38 co. 6 nella
versione non aggiornata dalla manovra estiva del 2010, il quale recita come “Il contribuente ha facoltà di dimostrare, anche prima della notificazione dell’accertamento, che
il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in
parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta.
L’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”.
Così da realizzare, in sostanza, un’interposizione nel procedimento di controllo quanto mai benefica, laddove l’ufficio non abbia proceduto alla convocazione del contribuente per l’avvio del contraddittorio, secondo la facoltà prevista dall’art. 5 del DLgs.
218/97, ma si sia limitato a notificargli una richiesta di elementi e dati, ex art. 32 del
DPR 600, concernenti il possesso o la disponibilità di elementi indice di capacità contributiva nonché l’eventuale realizzo di incrementi patrimoniali.
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Gli accertamenti sintetici: confronto e interazioni con gli strumenti di controllo
Il beneficio che ne può derivare per il contribuente consiste nel costringere l’ufficio,
in caso di mancato accoglimento delle argomentazioni esposte nella memoria difensiva
presentata, ad evidenziare adeguatamente il suo comportamento nella motivazione dell’atto: pena la nullità dell’avviso di accertamento secondo quanto autorevolmente affermato dalla Corte di Cassazione (come fatto, esemplarmente, con la sentenza 22.2.2008
n. 4624).
Con il “nuovo” redditometro, ossia quello applicabile per i periodi d’imposta dal
2009 in avanti, il legislatore ha contemplato, in luogo della facoltà di attivazione riconosciuta al contribuente secondo il sostituito co. 6, l’obbligo per l’ufficio di avviare
preventivamente il contraddittorio per la fase di accertamento con adesione.
A questo punto è bene sottolineare come il tratto comune ai due procedimenti sia
ravvisabile nella circostanza che la difesa deve essere sempre imperniata su elementi
documentali a suffragio della disponibilità finanziaria idonea, a seconda dei casi, ai fini
della disponibilità o del possesso di beni e servizi indici di capacità contributiva, del
realizzo di incremento patrimoniali o, per quanto riguarda la nuova frontiera, per il sostenimento delle spese nel corso del periodo d’imposta messo sotto osservazione dall’ufficio.
10 MOSSE “FUTURE” DELL’UFFICIO
La futura operatività degli uffici in materia di accertamento sintetico, a ben vedere, è
già significativamente delineata da diverse disposizioni della “manovra estiva” del 2010
tra di loro correlate: le norme di interesse, infatti, sono l’art. 18, Partecipazione dei
Comuni all’attività di accertamento tributario e contributivo; l’art. 21, rubricato
Comunicazioni telematiche alla Agenzia delle entrate e, ovviamente, l’art. 22, rubricato
Aggiornamento dell’accertamento sintetico.
La prima mossa per l’approccio dell’ufficio al redditometro è ravvisabile nello scandaglio dell’Anagrafe tributaria per la preventiva acquisizione di tutti gli elementi che è
possibile reperire al fine di avviare una prima valutazione circa la posizione del contribuente: in tal senso è ragionevole ritenere che, nonostante il nuovo strumento fondi le
sue presunzioni sulle spese, l’Anagrafe tributaria verrà dragata in prima battuta al fine
di individuare la consistenza patrimoniale del contribuente.
Sul versante delle “spese”, ferma restando l’incidenza di qualsiasi incremento patrimoniale che, come noto, è destinato a scaricare completamente i suoi effetti nell’anno
in cui si è verificato, un aiuto di tutto rispetto verrà dall’attuazione del “moderno” elenco clienti e fornitori, previsto dall’art. 21, inerente la comunicazione telematica delle
operazioni rilevanti ai fini Iva di importo pari o superiore a 3.000,00 euro.
D’altronde, anche la Relazione illustrativa al decreto legge non fa mistero che i dati
di prossima comunicazione consentiranno anche “l’individuazione di spese e consumi
di particolare rilevanza utili alla individuazione della capacità contributiva, in specie
ai fini dell’accertamento sintetico”.
Una volta acquisita la mole di dati ritenuta sufficiente per l’avvio del controllo, per la
seconda mossa entra in gioco l’art. 22, il quale statuisce l’obbligo per l’ufficio di convocare il contribuente, ex art. 32 del DPR 600/73, a comparire di persona o a mezzo di
propri rappresentanti per fornire dati e notizie riguardo l’accertamento nei propri confronti.
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La rivisitazione dell’accertamento sintetico: prime riflessioni
Anche in questo caso l’ufficio valuterà gli ulteriori elementi acquisiti, ed eventualmente anche le prime controdeduzioni del contribuente, e, ove ritenuto opportuno, darà
seguito alla terza mossa, sempre delineata dal citato art. 22 del DL 78, ravvisabile nella
convocazione del contribuente per l’avvio del rituale contraddittorio previsto dal DLgs.
218/97.
La quarta mossa vede il coinvolgimento del Comune di residenza del contribuente,
complice la nuova partecipazione delineata dall’art. 18 della manovra estiva: questa, infatti, nel ridisegnare la partecipazione dei Comuni all’accertamento fiscale statuisce
l’obbligo per gli uffici dell’Agenzia delle entrate, prima dell’emissione degli avvisi di
accertamento sintetico, di inviare una segnalazione ai Comuni di domicilio fiscale dei
soggetti passivi.
A questo punto, il Comune interessato ha tempo sessanta giorni da quello del ricevimento della segnalazione per la comunicazione di ogni elemento in suo possesso utile
alla determinazione del reddito complessivo: tale da generare eventualmente la “partecipazione” che può dare diritto, secondo le disposizioni vigenti, anche al 100 per cento
della maggiori imposte relative a tributi statali riscosse a titolo definitivo nonché delle
sanzioni civili applicate sui maggiori contributi riscossi a titolo definitivo.
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I beni utilizzati dai soci di società: novità
I BENI UTILIZZATI DAI SOCI DI SOCIETÀ: NOVITÀ
di Duilio Liburdi
INDICE
1 PREMESSA ..............................................................................................................................36
2 DISPOSIZIONI SUI BENI AI SOCI .....................................................................................36
Co. 36-terdecies ...................................................................................................................36
Co. 36-quaterdecies..............................................................................................................36
Co. 36-quinquiesdecies .........................................................................................................36
Co. 36-sexiesdecies ..............................................................................................................36
Co. 36-septiesdecies .............................................................................................................37
Co. 36- duodevicies ..............................................................................................................37
3 ATTRIBUZIONE DEI BENI AI SOCI..................................................................................37
3.1 Circ. Agenzia delle Entrate 1/2007 ..................................................................................38
3.2 Circ. Agenzia delle Entrate 11/2007 ................................................................................40
4 STRUMENTI PARALLELI DI ACCERTAMENTO: L’UTILIZZO DELLO
SPESOMETRO.........................................................................................................................43
4.1 Soggetti obbligati alla comunicazione .............................................................................44
4.2 Oggetto della comunicazione ...........................................................................................44
4.3 Elementi da indicare nella comunicazione......................................................................45
4.4 Termini di invio della comunicazione telematica delle operazioni rilevanti ai fini
dell’IVA .............................................................................................................................45
5 INDAGINI FINANZIARIE: DATI A SUPPORTO DELL’ACCERTAMENTO..............53
5.1 Aspetto di natura procedurale..........................................................................................56
5.2 Utilizzo dei dati di natura finanziaria ai fini del redditometro .......................................58
5.3 Importi rilevanti................................................................................................................59
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Gli accertamenti sintetici: confronto e interazioni con gli strumenti di controllo
1 PREMESSA
La L. 148/2011 contiene un pacchetto di interventi normativi con finalità anti elusive
mediante i quali il legislatore ha comunque messo in cantiere un importante recupero di
gettito. Le linee guida degli interventi in questione riguardano, essenzialmente, la fiscalità societaria in materia di enti non operativi con l’introduzione di fatto di un concetto
di società che svolge una attività anti economica nonché l’individuazione e la conseguente penalizzazione ai fini tributari di quelle situazioni nelle quali beni intestati formalmente a società vengono invece utilizzati dai soci delle stesse o dai familiari dell’imprenditore.
Da un punto di vista strettamente normativo, sono i commi che vanno dal 36-quinquies
al 36-septiesdecies dell’art. 2 della L. 148/2011 che regolano i fenomeni sopra delineati.
2 DISPOSIZIONI SUI BENI AI SOCI
Co. 36-terdecies
All’art. 67 co. 1, del TUIR, e successive modificazioni, dopo la lettera h-bis), è inserita la seguente:
“h-ter) la differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per la concessione in godimento di beni dell’impresa a soci o familiari dell’imprenditore”.
Co. 36-quaterdecies
I costi relativi ai beni dell’impresa concessi in godimento a soci o familiari dell’imprenditore per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato del diritto di godimento non sono in ogni caso ammessi in deduzione dal reddito imponibile.
Co. 36-quinquiesdecies
La differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo concorre alla formazione del reddito imponibile del socio o familiare utilizzatore ai sensi dell’art. 67 co. 1
lett. h-ter), del TUIR, introdotta dal co. 36-terdecies del presente articolo.
Co. 36-sexiesdecies
Al fine di garantire l’attività di controllo, nelle ipotesi di cui al co. 36-quaterdecies
l’impresa concedente ovvero il socio o il familiare dell’imprenditore comunicano all’Agenzia delle entrate i dati relativi ai beni concessi in godimento. Con provvedimento
del direttore dell’Agenzia delle Entrate da emanare entro sessanta giorni dalla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto sono individuati modalità
e termini per l’effettuazione della predetta comunicazione. Per l’omissione della comunicazione, ovvero per la trasmissione della stessa con dati incompleti o non veritieri, è
dovuta, in solido, una sanzione amministrativa pari al 30 per cento della differenza di cui
al co. 36-quinquiesdecies. Qualora, nell’ipotesi di cui al precedente periodo, i contribuenti
si siano conformati alle disposizioni di cui ai co. 36-quaterdecies e 36-quinquiesdecies, è
dovuta, in solido, la sanzione di cui all’art. 11 co. 1 lett. a) del DLgs. 18.12.97 n. 471.
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I beni utilizzati dai soci di società: novità
Co. 36-septiesdecies
L’Agenzia delle entrate procede a controllare sistematicamente la posizione delle
persone fisiche che hanno utilizzato i beni concessi in godimento e ai fini della ricostruzione sintetica del reddito tiene conto, in particolare, di qualsiasi forma di finanziamento o capitalizzazione effettuata nei confronti della società.
Co. 36-duodevicies
Le disposizioni di cui ai co. da 36-terdecies a 36-septiesdecies si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della
legge di conversione del presente decreto. Nella determinazione degli acconti dovuti
per il periodo di imposta di prima applicazione si assume, quale imposta del periodo
precedente, quella che si sarebbe determinata applicando le disposizioni di cui ai co. da
36-terdecies a 36-septiesdecies.
3
ATTRIBUZIONE DEI BENI AI SOCI
Ulteriore elemento anti elusivo è rappresentato dalla nuova ipotesi di reddito diverso
nel caso in cui dei beni di impresa siano utilizzati dai soci. Da un punto di vista pratico,
il caso è assolutamente frequente nel senso che ricorre molto spesso l’ipotesi di utilizzo
dell’automezzo o dell’immobile da parte di uno dei componenti della compagine societaria. La formulazione della norma utilizzata dal legislatore fa sì che, a fronte del
verificarsi di questa ipotesi, i costi del bene siano indeducibili nella determinazione del
reddito di impresa ed in capo al socio si generi un reddito diverso pari alla differenza tra
il valore di mercato del bene e quanto corrisposto dal socio utilizzatore del bene stesso.
Quindi, immaginando l’utilizzo di un bene societario il cui valore di mercato annuo è
10 mila euro (ad esempio un canone di locazione) con utilizzo in comodato gratuito, la
società non potrà dedurre alcun costo riferito a quel bene ed il socio sconterà la tassazione IRPEF su 10 mila come reddito diverso. Peraltro, la formulazione della norma fa
ipotizzare che a prescindere dall’ammontare della differenza in questione, l’intero
ammontare dei costi sostenuti dalla società e riferiti a quel bene siano indeducibili nella
determinazione del reddito di impresa quindi anche nel caso in cui il socio versi un
corrispettivo per l’utilizzo del bene in questione.
Va osservato come:
• la norma è finalizzata a regolare un fenomeno diverso da quello della estromissione dal ciclo produttivo dell’impresa di alcuni beni. La fattispecie di “estromissione” è regolata dagli artt. 85 ed 86 del TUIR che prevedono le ipotesi di
formazione di ricavi e plusvalenze nel caso in cui, appunto, un bene di impresa sia
destinato ai soci. La nuova ipotesi prevista dalla norma è il godimento dei beni da
parte dei soci e non la loro attribuzione in proprietà agli stessi;
• in alcuni casi ed in relazione a particolari beni, già le norme del testo unico delle
imposte sui redditi, prevedono di fatto la sostanziale indeducibilità dei costi riferiti
al bene stesso. Basti pensare, ad esempio, a quanto previsto dall’articolo 90 del
testo unico delle imposte sui redditi in relazione a quanto previsto per gli immobili
patrimoniali dove, appunto, la norma prevede la sostanziale indeducibilità di tutti i
componenti negativi. Sul punto, si dovrebbe ragionare, laddove si verificasse il
caso di specie, sul mantenimento della deducibilità integrale degli interessi passivi
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37
Gli accertamenti sintetici: confronto e interazioni con gli strumenti di controllo
•
•
laddove la società avesse applicato le disposizioni di favore previste dalla L.
244/2007 come interpretate dall’amministrazione finanziaria;
la norma non è stata correlata con una previsione che consenta, ad esempio, l’assegnazione agevolata dei beni ai soci ovvero lo scioglimento della società stessa. Il
tema è comune alle società non operative nel senso che, ogni volta che il legislatore ha provveduto ad intervenire in tema di società di comodo ha corrispondentemente previsto anche un provvedimento che consentisse di eliminare gli enti di
comodo;
nel novero dei soggetti interessati dalla norma anti elusiva non rientrano le società
semplici in quanto la disposizione di legge fa espresso riferimento ai beni di impresa il che, evidentemente, non può riguardare le società che non svolgono attività produttiva di reddito di impresa. Non è detto però che, in linea di principio, il
fenomeno che il legislatore intende contrastare non si possa verificare in capo ad
una società semplice che ben potrebbe essere uno “schermo” per l’utilizzo diretto
dei beni da parte dei soci.
In tema di beni da destinare ai soci il caso che ricorre con maggiore frequenza è
quello della attribuzione di un automezzo magari perché il socio è anche l’amministratore della società. Il punto centrale della questione è:
• se a fronte della introduzione di una previsione di indeducibilità assoluta del costo,
la stessa superi quanto previsto dall’art. 164 del TUIR che, come noto, contiene
una limitazione alla deducibilità dei costi auto in ragione anche della stima della
possibilità che l’automezzo venga utilizzato anche a fini personali;
• se, invece, una parziale deducibilità del costo possa comunque verificarsi in capo
alla società soprattutto nel caso in cui vi sia un rimborso da parte del socio stesso
rappresentativo del corrispettivo per l’utilizzo del bene.
Il tema non è nuovo, nel senso che l’amministrazione finanziaria ha affrontato la
questione in relazione alla posizione degli amministratori posto che la norma, di fatto,
disciplina una ipotesi di fringe benefit per i soci analogamente a quanto già previsto per
i lavoratori dipendenti.
In tal senso appare opportuno richiamare quanto precisato dall’amministrazione
finanziaria nelle circ. Agenzia delle Entrate 1/2007 e 11/2007.
3.1 CIRC. AGENZIA DELLE ENTRATE 1/2007
Nel caso in cui il dipendente corrisponda delle somme a fronte dell’utilizzo del veicolo per rimborsare in tutto o in parte il relativo costo sostenuto dall’impresa, si ribadisce che dette somme vanno a decurtare il reddito di lavoro dipendente. In tal caso,
considerato che le somme rimborsate dal dipendente concorrono a formare il reddito
dell’impresa, è da ritenere che i costi effettivamente sostenuti dall’impresa, per un ammontare corrispondente a dette spese, possano essere portati in deduzione dal reddito in
quanto strettamente correlati al componente positivo tassato. In ogni caso l’importo
complessivamente deducibile dall’impresa, a titolo di fringe benefit e di altri costi, non
può eccedere quello delle spese sostenute per l’autoveicolo dato in uso promiscuo.
Si considerino i seguenti esempi:
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Esempio 1
Costi sostenuti dall’impresa 210
Fringe benefit
Somme rimborsate
100
40
L’impresa registrerà:
• un componente positivo di reddito, incluso nell’utile civilistico, pari a 40 a fronte
dei costi rimborsati;
• una variazione fiscale in aumento pari a 110, per riprendere a tassazione i costi
sostenuti (210) al netto del fringe benefit (60) e delle somme rimborsate (40), che
sono deducibili.
Esempio 2
Costi sostenuti dall’impresa
Fringe benefit
Somme rimborsate
80
100
40
L’impresa registrerà:
• un componente positivo di reddito, incluso nell’utile civilistico, pari a 40 a fronte
dei costi rimborsati;
• nessuna variazione fiscale in aumento o in diminuzione, in quanto ai costi
complessivamente sostenuti (80) vanno sottratti il fringe benefit (60) e le somme
rimborsate, ma solo fino a concorrenza dei predetti costi (20).
Si fa presente, inoltre, che la nuova lett. b-bis) non prevede, diversamente da quanto
stabilito dalla previgente disciplina, alcun riferimento al periodo di possesso del veicolo
da parte del dipendente. Ciò considerato, affinché trovi applicazione la disciplina
portata dalla lett. b-bis), non si richiede più che il dipendente utilizzi il veicolo per la
maggior parte del periodo d’imposta. Come prima precisato, il periodo di concessione
in uso al dipendente del veicolo, inciderà sul calcolo del fringe benefit e, conseguentemente, sull’ammontare dei relativi costi deducibili da parte dell’impresa. Si
ricorda, infatti, che l’importo da far concorrere alla formazione del reddito deve essere
ragguagliato al periodo dell’anno durante il quale al dipendente viene concesso l’uso
promiscuo del veicolo, conteggiando il numero dei giorni per i quali il veicolo è assegnato, indipendentemente dal suo effettivo utilizzo.
In caso di concessione in uso del medesimo mezzo a più dipendenti nel corso dello
stesso anno, ai fini dell’ammontare deducibile occorre sommare il valore di ciascun
fringe benefit concesso.
In caso di veicoli concessi in uso a titolari di rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa, ovvero all’amministratore di società, si conferma quanto affermato con la
circ. Agenzia delle Entrate 5/2001, punto 10, secondo la quale l’assimilazione, operata
dall’art. 34 della L. 342/2000, del trattamento fiscale dei redditi derivanti da rapporti di
collaborazione coordinata ai redditi di lavoro dipendente, concerne le modalità di determinazione del reddito del collaboratore ai fini delle imposte dirette, ma non si configura
quale assimilazione delle due tipologie di rapporto di lavoro a tutti gli effetti di legge
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Gli accertamenti sintetici: confronto e interazioni con gli strumenti di controllo
ed, in particolare, non opera con riferimento alle disposizioni che regolano la deduzione
dal reddito di impresa o di lavoro autonomo.
Pertanto, qualora un’autovettura venga data in uso promiscuo all’amministratore,
l’ammontare del fringe benefit che concorre a formare il reddito dell’amministratore è
deducibile per l’impresa, ai sensi dell’art. 95 del TUIR, fino a concorrenza delle spese
sostenute da quest’ultima. L’eventuale eccedenza delle spese sostenute dall’impresa
rispetto al fringe benefit non è deducibile, in ragione del nuovo regime di indeducibilità
dei veicoli non strumentali, per il commento del quale si rinvia al successivo punto.
Si fa presente, infine che, nei casi in cui è possibile che un dipendente rivesta, per lo
stesso periodo, anche la carica di amministratore, e che tale ufficio rientri nei compiti
istituzionali compresi nell’attività di lavoro dipendente, i redditi percepiti in relazione a
tale qualità sono attratti nel reddito di lavoro dipendente. In questo caso, poiché tutte le
somme e i valori percepiti saranno qualificati e determinati come redditi di lavoro
dipendente, si ritiene che, anche ai fini della deduzione dei costi dei veicoli da parte
dell’impresa, trovino applicazione le disposizioni di cui all’art. 164 del TUIR.
3.2 CIRC. AGENZIA DELLE ENTRATE 11/2007
D. Con riguardo al nuovo testo dell’art. 164 del T.U.I.R. si chiede, nel caso di auto
concessa in uso promiscuo da una impresa al dipendente con un benefit calcolato in
misura forfetaria pari a 1000, quale risulti essere la quota deducibile dal reddito
d’impresa, nell’ipotesi in cui una parte di tale importo sia rimborsato dal dipendente e
determini, pertanto, una riduzione del benefit tassato. Ipotizzando un rimborso di 400, il
quantum deducibile per l’impresa risulta essere pari a 1000 o a 600? Nel caso in cui fosse
pari a 600 quale sarà il trattamento fiscale dell’addebito effettuato dall’impresa per 400?
R. Nel caso in cui il dipendente corrisponda delle somme a fronte dell’utilizzo del
veicolo per rimborsare in tutto o in parte il relativo costo sostenuto dall’impresa, dette
somme vanno a decurtare il reddito di lavoro dipendente.
In tal caso, considerato che le somme rimborsate dal dipendente concorrono a formare il reddito dell’impresa, è da ritenere che i costi effettivamente sostenuti dall’impresa, per un ammontare corrispondente a dette spese, possano essere portati in deduzione dal reddito in quanto strettamente correlati al componente positivo tassato. In
ogni caso l’importo complessivamente deducibile dall’impresa, a titolo di fringe benefit
e di altri costi, non può eccedere quello delle spese sostenute per l’autoveicolo dato in
uso promiscuo.
In relazione all’esempio proposto, nell’ipotesi in cui i costi sostenuti dall’impresa
siano superiori al fringe benefit , si avrà:
Costi sostenuti dall’impresa 2100
Fringe benefit
Somme rimborsate
1000
400
L’impresa registrerà:
• un componente positivo di reddito, incluso nell’utile civilistico, pari a 400 a fronte
dei costi rimborsati;
40
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•
una variazione fiscale in aumento pari a 1100, per riprendere a tassazione i costi
sostenuti (2100) al netto del fringe benefit tassato in capo al dipendente (600) e
delle somme rimborsate (400), che sono deducibili.
Nell’ipotesi, invece, in cui i costi sostenuti dall’impresa siano inferiori al fringe
benefit , si avrà:
Costi sostenuti dall’impresa
Fringe benefit
Somme rimborsate
800
1000
400
L’impresa registrerà:
• un componente positivo di reddito, incluso nell’utile civilistico, pari a 400 a fronte
dei costi rimborsati;
• nessuna variazione fiscale in aumento o in diminuzione, in quanto ai costi complessivamente sostenuti (800) vanno sottratti il fringe benefit tassato in capo al
dipendente (600) e le somme rimborsate, ma solo fino a concorrenza dei predetti
costi (200).
In merito alle ricadute della norma sulla tassazione delle persone fisiche, è chiaro
come il legislatore abbia voluto introdurre una nuova ipotesi di reddito diverso in
considerazione dell’aggiunta di una lettera specifica all’art. 67 del TUIR. In relazione
alla situazione del socio delle società di capitali, il trattamento reddituale come reddito
diverso evita che la componente positiva da determinarsi in capo alla persona fisica sia
soltanto parzialmente assoggettata ad imposta. Infatti, laddove l’ipotesi fosse quella del
dividendo in natura, la tassazione si sarebbe attestata unicamente su una percentuale
pari al 49,72% ovvero con una imposizione a titolo definitivo del 12,5% (20%
dall’1.1.2012). Il problema potrebbe però verificarsi in capo alle società di persone in
quanto:
• da un lato l’indeducibilità dei costi viene ad incrementare il reddito complessivo
della società attribuito per trasparenza a tutti i soci, compresi quelli che non sono
degli utilizzatori dei beni della società;
• dall’altro vi è una previsione di reddito diverso che si aggiunge, appunto, al
reddito di partecipazione determinato tenendo conto dei costi non deducibili.
Al di là del possibile fenomeno di doppia tassazione, vi è da chiedersi se sia corretto
che in capo ad un socio che non utilizza alcun bene societario, vi sia un aggravio
rappresentato dal fatto che il costo del bene è completamente indeducibile per effetto
dell’utilizzo del bene stesso da parte di un altro soggetto. In tal senso, in via interpretativa, potrebbe essere assunto quanto chiarito dall’agenzia delle entrate in materia
di thin capitalization con la circ. Agenzia delle Entrate 11/2005 nella quale si faceva
l’esempio di una società trasparente dove nella compagine era presente solo un socio
che, con il suo finanziamento, superava il limite massimo previsto dalla norma.
“La norma che ai fini fiscali assimila la remunerazione dei finanziamenti eccedenti
di cui all’art. 98 del T.U.I.R. agli utili da partecipazione non è suscettibile di analoga
applicazione nell’ipotesi in cui il finanziamento sia stato erogato o garantito ad una
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società di persone ovvero ad una società che abbia optato per il regime della
tassazione per trasparenza in base all’art. 115 del T.U.I.R., da parte dei rispettivi soci.
In tale situazione, infatti, la parte indeducibile della remunerazione dei finanziamenti
eccedenti direttamente o indirettamente concessi o garantiti dal socio qualificato
concorre a formare il reddito della società trasparente e pertanto “è imputato a ciascun
socio, indipendentemente dall’effettiva percezione, proporzionalmente alla sua quota di
partecipazione agli utili” .
Ciò comporta che, tenendo conto degli effetti della thin capitalization rule , in tale
circostanza non vi è spazio per tassare nuovamente come dividendo, all’atto della
percezione, il maggior reddito conseguente alla indeduciblità degli interessi passivi
eccedenti già quantificato e tassato per trasparenza in capo ai soci.
Tenuto conto dell’espresso riferimento al “socio qualificato” presente nel comma 1
dell’art. 98 del T.U.I.R., deve ritenersi che quanto prima precisato in ordine alle società
trasparenti rileva esclusivamente nei riguardi di quest’ultima categoria di soci e non
anche nei confronti dei soci “non qualificati” , indipendentemente dalla loro quota di
partecipazione al capitale sociale. Ciò comporta, quindi, che ricorrendo i presupposti
per l’applicazione della thin capitalization rule , qualora la società abbia più soci
qualificati e sia stata finanziata da uno solo di essi, il maggior reddito che consegue
alla indeducibilità degli interessi passivi in applicazione della disposizione di cui al
citato art. 98 dovrà essere imputato unicamente a quest’ultimo”
Di fatto, in quella occasione, l’amministrazione ebbe modo di precisare che la quota
parte di interessi passivi indeducibili per effetto del finanziamento di uno specifico
socio doveva essere imputata esclusivamente al socio finanziatore senza che ne fossero
coinvolti altri soggetti.
Ad esempio:
• reddito della società di persone 300
• quota di costi indeducibili per effetto di utilizzo del bene da parte di un socio 100
• reddito complessivo 400
• numero dei soci : 4
• seguendo l’esempio dell’agenzia delle entrate si potrebbe sostenere come :
− i quattro soci si vedono imputato un reddito di 75
− il socio utilizzatore del bene si vede imputato un reddito per 100 costituito, per
un ammontare di 100 dai costi indeducibili riferiti al bene utilizzato. Naturalmente, si pone in questa ipotesi la problematica di doppia tassazione in relazione
all’ipotesi recata dalla norma relativa alla determinazione del reddito diverso.
Il sistema è poi incentrato su un meccanismo di comunicazioni che dovranno essere
effettuate alla luce di un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate e che,
per come appare la formulazione letterale della norma, dovrà essere comunque effettuata anche nell’ipotesi in cui il socio paghi un corrispettivo per l’utilizzazione del bene
di impresa. Infatti, la norma disciplina un impianto sanzionatorio che varia in relazione
alla omissione od incompletezza della comunicazione di specie a seconda dei casi in cui
vi sia un reddito da assoggettare a tassazione o meno:
42
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•
•
nel primo caso, la sanzione è del 30 per cento della differenza tra valore di mercato del bene e corrispettivo. Va osservato che la norma, in relazione alla determinazione del valore del bene non fa alcun riferimento a quanto previsto dall’art. 9
del TUIR anche se si ritiene che debba essere questo il riferimento sostanziale;
nel secondo caso la sanzione è di 258 euro e punisce la semplice mancata comunicazione o quella inesatta nell’ipotesi in cui via sia un corrispettivo pagato dal
socio a fronte del godimento del bene.
Un ulteriore riflesso è previsto dal legislatore in termini di applicazione del redditometro. Si prospetta, infatti, un controllo sistematico nei confronti delle persone fisiche
con particolare rilievo al caso in cui il socio abbia finanziato o capitalizzato la società
che ha acquisito il bene. Il messaggio appare chiaro e tiene conto, evidentemente, delle
modifiche apportate alla disciplina di cui all’art. 38 del DPR 600/73 ad opera del DL
78/2010. Come chiarito dall’agenzia delle entrate, infatti, la possibilità di accertamento
del reddito complessivo delle persone fisiche in base alla norma sopra richiamata si
compone di due momenti :
• una prima possibilità è rappresentata dalla sommatoria delle spese di qualunque
natura sostenute dalla persona fisica. In tale concetto rientra dunque, sicuramente,
anche l’ipotesi del flusso di denaro dal socio alla società che, almeno in parte,
potrebbe aver generato la provvista per l’acquisizione del bene da parte della
società stessa e poi utilizzato dal socio;
• la seconda possibilità è rappresentata dalla attivazione dell’accertamento nel caso
in cui la persona fisica abbia a disposizione dei beni che possono inquadrare la sua
capacità contributiva. Il caso è appunto quello del bene di impresa utilizzato in
godimento da parte del socio.
4 STRUMENTI PARALLELI DI ACCERTAMENTO: L’UTILIZZO DELLO SPESOMETRO
Con le disposizioni contenute nell’art. 21 del DL 78/2010 è stato introdotto il
cosiddetto “spesometro”, strumento mediante il quale, evidentemente, l’amministrazione finanziaria vuole procedere alla mappatura delle operazioni di importo ritenuto
significativo ai fini di alimentare una successiva attività di accertamento nei confronti,
essenzialmente, delle persone fisiche. Il testo della norma prevede infatti come:
• con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate sono individuate modalità e termini, tali da limitare al massimo l’aggravio per i contribuenti per la
comunicazione telematica delle operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore
aggiunto, di importo non inferiore a euro tremila. Per l’omissione delle comunicazioni, ovvero per la loro effettuazione con dati incompleti o non veritieri si
applica la sanzione di cui all’art. 11 del DLgs. 18.12.97 n. 471;
• al fine di semplificare gli adempimenti dei contribuenti, l’obbligo di comunicazione delle operazioni, effettuate nei confronti di contribuenti non soggetti passivi
ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, è escluso qualora il pagamento dei corrispettivi avvenga mediante carte di credito, di debito o prepagate emesse da
operatori finanziari soggetti all’obbligo di comunicazione previsto dall’art. 7co. 6,
del DPR 29.9.73 n. 605;
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•
gli operatori finanziari soggetti all’obbligo di comunicazione previsto dall’art. 7
co. 6 del DPR 29.9.73 n. 605 che emettono carte di credito, di debito o prepagate,
comunicano all’Agenzia delle entrate le operazioni di cui al co. 1-bis in relazione
alle quali il pagamento dei corrispettivi sia avvenuto mediante carte di credito, di
debito o prepagate emesse dagli operatori finanziari stessi, secondo modalità e
termini stabiliti con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate.
Alla norma in questione è stata data attuazione mediante l’adozione del provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 21.10.2010 e, con un recente intervento del
settembre 2011, la scadenza della comunicazione in questione, relativamente al periodo
di imposta 2010, è stata fissata al prossimo 31 dicembre 2011.
4.1
SOGGETTI OBBLIGATI ALLA COMUNICAZIONE
4.1.1 Sono obbligati alla comunicazione di cui all’art. 21 del DL 31.5.2010 n. 78,
convertito con modificazioni dalla L. 30.7.2010 n. 122, tutti i soggetti passivi ai fini
dell’imposta sul valore aggiunto i quali effettuano operazioni rilevanti ai fini di tale
imposta, così come individuate al successivo § 4.2.
4.1.2 Nei casi di operazioni straordinarie o altre trasformazioni sostanziali soggettive, avvenute durante il periodo cui si riferisce la comunicazione, è necessario distinguere le seguenti ipotesi:
• nel caso in cui il soggetto si è estinto per effetto dell’operazione straordinaria o
della trasformazione sostanziale soggettiva, quello subentrante deve trasmettere la
comunicazione contenente anche i dati delle operazioni effettuate dal soggetto
estinto;
• Nel caso in cui il soggetto non si è estinto per effetto dell’operazione straordinaria,
la comunicazione deve essere presentata dallo stesso.
4.2 OGGETTO DELLA COMUNICAZIONE
4.2.1 Oggetto della comunicazione sono le cessioni di beni e le prestazioni di servizi
rese e ricevute dai soggetti passivi di cui al punto 1, per le quali i corrispettivi dovuti,
secondo le condizioni contrattuali, sono di importo pari o superiore a euro tremila al
netto dell’imposta sul valore aggiunto. Per le operazioni rilevanti ai fini dell’imposta
sul valore aggiunto per le quali non ricorre l’obbligo di emissione della fattura il
predetto limite è elevato a euro tremilaseicento al lordo dell’imposta sul valore aggiunto
applicata. Qualora siano stipulati più contratti tra loro collegati, ai fini del calcolo del
limite, si considera l’ammontare complessivo dei corrispettivi previsti per tutti i predetti
contratti.
4.2.2 Per i contratti di appalto, di fornitura, di somministrazione e gli altri contratti
da cui derivano corrispettivi periodici, l’operazione è da comunicare qualora i corrispettivi dovuti in un anno solare siano complessivamente di importo pari o superiore a euro
tremila.
4.2.3 Per il periodo d’imposta 2010 l’importo previsto dai precedenti § 4.1 e 4.2 è
elevato ad euro venticinquemila e la comunicazione è limitata alle sole operazioni
soggette all’obbligo di fatturazione.
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4.2.4 Sono escluse dall’obbligo di comunicazione le seguenti operazioni:
• importazioni;
• esportazioni di cui all’art. 8 co. 1 lett. a) e b) del DPR 26.10.72 n. 633;
• cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate e ricevute, registrate o soggette
a registrazione, nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o
domicilio in Paesi cosiddetti black list di cui al decreto del Ministro delle Finanze
in data 4.5.99, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 10.5.99 n. 107 e al decreto del
Ministro dell’Economia e delle Finanze 21.11.2001, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 23.11.2001 n. 273;
• operazioni che hanno costituito oggetto di comunicazione all’Anagrafe tributaria,
ai sensi dell’art. 7 del DPR 29.8.73 n. 605.
4.2.5 Sono altresì escluse, in fase di prima applicazione, le operazioni rilevanti ai fini
dell’imposta sul valore aggiunto per le quali non ricorre l’obbligo di emissione della
fattura, effettuate fino al 30 giugno 2011 .
4.2.6 Sono esclusi, altresì, dall’obbligo di comunicazione dei dati di cui ai paragrafi
2.1 e seguenti lo Stato, le regioni, le province, i comuni e gli altri organismi di diritto
pubblico.
4.3
ELEMENTI DA INDICARE NELLA COMUNICAZIONE
4.3.1 Nella comunicazione vanno indicati, per ciascuna cessione o prestazione di
cui ai punti 4.2.1 e 4.2.2:
• l’anno di riferimento;
• la partita IVA o, in mancanza, il codice fiscale del cedente, prestatore, cessionario
o committente;
• per i soggetti non residenti nel territorio dello Stato, privi di codice fiscale, i dati di
cui all’articolo 4, primo comma, lettere a) e b), del decreto del presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 605;
• i corrispettivi dovuti dal cessionario o committente, o al cedente o prestatore,
secondo le condizioni contrattuali, e l’importo dell’imposta sul valore aggiunto
applicata o la specificazione che trattasi di operazioni non imponibili o esenti; per
le operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto per le quali non
ricorre l’obbligo della fattura, i corrispettivi comprensivi dell’imposta sul valore
aggiunto applicata.
4.3.2 Ai fini della comunicazione dei dati di cui al punto 3.1, per le operazioni non
soggette all’obbligo di fatturazione, il committente o il commissionario è tenuto a
fornire i propri dati identificativi di cui alle lett. b) e c) del medesimo punto.
4.4 TERMINI DI INVIO DELLA COMUNICAZIONE TELEMATICA DELLE OPERAZIONI
RILEVANTI AI FINI DELL’IVA
4.4.1 I soggetti di cui al punto 4.1.1 effettuano la comunicazione entro il 30 aprile
dell’anno successivo a quello di riferimento.
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4.4.2 Nell’individuazione degli elementi informativi da trasmettere il soggetto obbligato farà riferimento al momento della registrazione ai sensi degli artt. 23, 24 e 25 DPR
26.10.72 n. 633 o, in mancanza, al momento di cui all’art. 6 del medesimo decreto.
4.4.3 Per il periodo d’imposta 2010 la comunicazione può essere effettuata fino al 31
dicembre 2011.
4.4.4 È consentita la trasmissione di una comunicazione in sostituzione di un’altra
precedentemente inviata, purché essa si riferisca al medesimo periodo temporale e la
sostituzione avvenga, previo annullamento della precedente comunicazione, non oltre
30 giorni dalla scadenza del termine previsto per la trasmissione dei dati.
La norma in materia di spesometro è stata oggetto di chiarimenti da parte dell’amministrazione finanziaria con particolare riferimento alla circ. Agenzia delle Entrate
30.5.2011 n. 24.
La circolare chiarisce le modalità applicative dell’obbligo di comunicazione delle
operazioni rilevanti ai fini IVA, di importo non inferiore a 3.000 euro, introdotto
dall’art. 21 del DL 78/2010. La comunicazione, avente cadenza annuale, deve essere
inviata entro il 30 aprile di ciascun anno, anche se – per il 2010 – il termine è
differito al 31.12.2011 ed ha per oggetto le sole operazioni, soggette all’obbligo di
fatturazione, di importo almeno pari a 25.000 euro, al netto dell’imposta. Sul punto, la
circolare precisa che, ai fini della rettifica o dell’integrazione della comunicazione, è
possibile inviare file integralmente sostitutivi dei precedenti non oltre 30 giorni dalla
scadenza del termine, scaduto il quale si applica – se del caso – l’istituto del ravvedimento operoso. La sanzione irrogata per l’omessa, incompleta o infedele comunicazione varia da 258 a 2.065 euro, così come previsto dal citato art. 21 del DL 78/2010. Il
nuovo adempimento riguarda, senza eccezioni, tutti i soggetti passivi IVA che agiscono
in quanto tali come cedenti/prestatori o cessionari/committenti. Conseguentemente, la
comunicazione è obbligatoria anche per: i soggetti in contabilità semplificata; gli enti
non commerciali, se agiscono nell’esercizio dell’attività commerciale o agricola; i
soggetti non residenti con stabile organizzazione in Italia o ivi identificati direttamente
o per mezzo di un rappresentante fiscale; i curatori fallimentari e commissari liquidatori
per conto della società fallita o in liquidazione coatta amministrativa; i soggetti che
hanno optato per la dispensa dagli adempimenti per le operazioni esenti; i soggetti che
applicano il regime fiscale agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro
autonomo; i contribuenti minimi, invece, sono esonerati dall’obbligo di comunicazione.
Sotto il profilo oggettivo, la circ. Agenzia delle Entrate 24/2011 chiarisce che vanno
comunicate anche: le operazioni, di importo almeno pari a 3.600 euro, nella cui fattura
l’imposta non deve essere esposta, cioè indicata separatamente dal corrispettivo (es.
agenzie di viaggio che applicano il regime speciale di cui all’art. 74-ter del DPR
633/72); le operazioni in reverse charge e quelle soggette al regime del margine, fermo
restando che, per queste ultime, si comunica il solo “margine”, che rappresenta la base
di commisurazione dell’imposta; le cessioni gratuite di beni oggetto dell’attività
d’impresa, nonché le ipotesi di autoconsumo e di destinazione di beni a finalità extraimprenditoriali o extraprofessionali, in riferimento al prezzo di acquisto o, in mancanza, al
prezzo di costo dei beni o di beni simili, che costituisce la base imponibile ex art. 13 co.
2 lett. c) del DPR 633/72.
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È stato, inoltre, chiarito che, in via generale, ai fini della verifica del raggiungimento
della soglia di 3.000 e 3.600 euro, occorre avere riguardo ai corrispettivi dovuti secondo
le condizioni contrattuali, fatta eccezione per le operazioni assoggettate ad imposta in
base al “valore normale”. Nel calcolo delle soglie non vanno considerate le anticipazioni in nome e per conto del cliente, in quanto escluse da IVA ai sensi dell’art. 15, co.
1 n. 3) del DPR 633/72.
Rispetto alle operazioni che il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del
22.12.2010 ha escluso dall’obbligo comunicativo, la circolare in esame – in via
interpretativa – estende l’esonero alle operazioni intracomunitarie da dichiarare ai
fini INTRASTAT ed ai passaggi interni di beni tra rami d’azienda, ove documentati da
fattura. È stata, inoltre, confermata la previsione contenuta nell’art. 7 del DL 70/2011
(c.d. “Decreto sviluppo”), che esclude dall’adempimento le operazioni effettuate nei
confronti di soggetti che non rivestono la qualifica di soggetti passivi IVA, se il
pagamento del corrispettivo avviene mediante carte di credito, di debito o prepagate
emesse dagli operatori finanziari di cui all’art. 7 co. 6 del DPR 605/73 (es. banche e
poste); sul punto, viene chiarito che l’esonero non si applica qualora il pagamento sia
eseguito con carte emesse da operatori finanziari non residenti privi di stabile organizzazione in Italia.
Infine, riguardo ai dati da indicare nella comunicazione, necessari per individuare le
operazioni poste in essere, occorre tenere conto anche delle note di variazione (in
aumento o in diminuzione) di cui all’art. 26 del DPR 633/72. Il comportamento da
seguire dipende dal momento della variazione, anteriore o meno al termine previsto per
la comunicazione: nel primo caso (variazione anteriore alla comunicazione), si deve
considerare l’importo rettificato dell’operazione, risultante cioè dalla variazione in
diminuzione o in aumento; nel secondo caso (variazione successiva alla comunicazione), la circolare sembrerebbe considerare la sola ipotesi in cui la soglia risulti superata dopo la comunicazione, nel qual caso l’operazione va rilevata, nella sua interezza,
nell’anno di emissione della nota di variazione.
Vi è da rilevare come il legislatore, mediante le disposizioni contenute nel DL
70/2011 abbia in qualche modo alleggerito gli adempimenti legati al cosiddetto spesometro in relazione ad una ipotesi molto semplice: vi è già un soggetto che procede ad
effettuare le comunicazioni all’anagrafe tributaria. In generale, l’intervento normativo
del 2011 si pone sulla linea della già prevista esclusione di quelle operazioni che devono essere comunicate all’amministrazione finanziaria mediante l’applicazione delle
disposizioni di cui all’art. 7 del DPR 605/73 (ad esempio le compravendite immobiliari,
le prestazioni di servizi concernenti le utenze quali i contratti di somministrazione di
energia elettrica, i servizi telefonici, ecc.).
La norma in questione prevede infatti come :
Gli uffici pubblici devono comunicare all’anagrafe tributaria i dati e le notizie contenuti
negli atti di cui alle lettere e-bis) e g) del primo comma dell’articolo 6.
A partire dall’1 luglio 1989 le camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura devono comunicare mensilmente all’anagrafe tributaria i dati e le notizie contenuti
nelle domande di iscrizione, variazione e cancellazione, di cui alla lettera f) dell’articolo
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Gli accertamenti sintetici: confronto e interazioni con gli strumenti di controllo
6, anche se relative a singole unità locali. Le comunicazioni delle iscrizioni, variazioni e
cancellazioni negli albi degli artigiani saranno omesse dalle camere di commercio,
industria, artigianato ed agricoltura che provvedono alla iscrizione d’ufficio dei suddetti
dati nei registri delle ditte.
Gli ordini professionali e gli altri enti ed uffici preposti alla tenuta di albi, registri ed
elenchi, che verranno indicati con decreto del Ministro per le Finanze, devono comunicare all’anagrafe tributaria le iscrizioni, variazioni e cancellazioni.
Le comunicazioni di cui ai commi precedenti, con esclusione di quelle effettuate dalle
camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura, devono essere eseguite entro
il 30 giugno di ciascun anno relativamente agli atti emessi ed alle iscrizioni, variazioni e
cancellazioni intervenute nell’anno precedente.
Le aziende, gli istituti, gli enti e le società devono comunicare all’anagrafe tributaria i dati e
le notizie riguardanti i contratti di cui alla lettera g ter) del primo comma dell’art. 6. Al fine
dell’emersione delle attività economiche, con particolare riferimento all’applicazione dei
tributi erariali e locali nel settore immobiliare, gli stessi soggetti devono comunicare i dati
catastali identificativi dell’immobile presso cui è attivata l’utenza, dichiarati dagli utenti.
Le banche, la società Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di
investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione
del risparmio, nonché ogni altro operatore finanziario, fatto salvo quanto disposto dal
secondo comma dell’articolo 6 per i soggetti non residenti, sono tenuti a rilevare e a tenere
in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga
con loro qualsiasi rapporto o effettui, per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi,
qualsiasi operazione di natura finanziaria ad esclusione di quelle effettuate tramite
bollettino di conto corrente postale per un importo unitario inferiore a 1.500 euro;
l’esistenza dei rapporti e l’esistenza di qualsiasi operazione di cui al precedente periodo,
compiuta al di fuori di un rapporto continuativo, nonché la natura degli stessi sono
comunicate all’anagrafe tributaria, ed archiviate in apposita sezione, con l’indicazione dei
dati anagrafici dei titolari e dei soggetti che intrattengono con gli operatori finanziari
qualsiasi rapporto o effettuano operazioni al di fuori di un rapporto continuativo per conto
proprio ovvero per conto o a nome di terzi, compreso il codice fiscale.
Gli ordini professionali e gli altri enti ed uffici preposti alla tenuta di albi, registri ed
elenchi, di cui alla lettera f) dell’art. 6, ai quali l’anagrafe tributaria trasmette la lista
degli esercenti attività professionale devono comunicare all’anagrafe tributaria
medesima i dati necessari per il completamento o l’aggiornamento della lista, entro sei
mesi dalla data di ricevimento della stessa.
I rappresentanti legali dei soggetti diversi dalle persone fisiche, che non siano tenuti a
presentare la dichiarazione od a fornire le notizie previste dall’art. 35 del D.P.R. 26
ottobre 1972, n. 633, o dall’art. 36 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, devono
comunicare all’anagrafe tributaria, entro trenta giorni, l’avvenuta estinzione e le
avvenute operazioni di trasformazione, concentrazione o fusione.
Gli amministratori di condominio negli edifici devono comunicare annualmente
all’anagrafe tributaria l’ammontare dei beni e servizi acquistati dal condominio e i dati
identificativi dei relativi fornitori.
Con decreto del Ministro delle finanze sono stabiliti il contenuto, le modalità e i termini
delle comunicazioni.
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I beni utilizzati dai soci di società: novità
Le comunicazioni di cui ai precedenti commi devono indicare il numero di codice fiscale
dei soggetti cui le comunicazioni stesse si riferiscono e devono essere sottoscritte dal
legale rappresentante dell’ente o dalla persona che ne è autorizzata secondo
l’ordinamento dell’ente stesso. Per le amministrazioni dello Stato la comunicazione è
sottoscritta dalla persona preposta all’ufficio che ha emesso il provvedimento.
Le comunicazioni di cui ai commi dal primo al quinto e dal settimo all’ottavo del presente
articolo sono trasmesse esclusivamente per via telematica. Le modalità e i termini delle
trasmissioni nonché le specifiche tecniche del formato dei dati sono definite con
provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate. Le rilevazioni e le evidenziazioni,
nonché le comunicazioni di cui al sesto comma sono utilizzate ai fini delle richieste e delle
risposte in via telematica di cui all’articolo 32, primo comma, numero 7), del decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e
all’articolo 51, secondo comma, numero 7), del decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre 1972, n.633, e successive modificazioni. Le informazioni comunicate sono altresì
utilizzabili per le attività connesse alla riscossione mediante ruolo, nonché dai soggetti di
cui all’articolo 4, comma 2, lettere a), b), c) ed e), del regolamento di cui al decreto del
Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica 4 agosto 2000, n. 269,
ai fini dell’espletamento degli accertamenti finalizzati alla ricerca e all’acquisizione della
prova e delle fonti di prova nel corso di un procedimento penale, sia ai fini delle indagini
preliminari e dell’esercizio delle funzioni previste dall’articolo 371-bis del codice di
procedura penale, sia nelle fasi processuali successive, ovvero degli accertamenti di
carattere patrimoniale per le finalità di prevenzione previste da specifiche disposizioni di
legge e per l’applicazione delle misure di prevenzione.
Ai fini dei controlli sulle dichiarazioni dei contribuenti, il Direttore dell’Agenzia delle
entrate puo’ richiedere a pubbliche amministrazioni, enti pubblici, organismi ed imprese,
anche limitatamente a particolari categorie, di effettuare comunicazioni all’Anagrafe
tributaria di dati e notizie in loro possesso; la richiesta deve stabilire anche il contenuto,
i termini e le modalità delle comunicazioni.
Le imprese, gli intermediari e tutti gli altri operatori del settore delle assicurazioni che
erogano, in ragione dei contratti di assicurazione di qualsiasi ramo, somme di denaro a
qualsiasi titolo nei confronti dei danneggiati, comunicano in via telematica all’anagrafe
tributaria, anche in deroga a contrarie disposizioni legislative, l’ammontare delle somme
liquidate, il codice fiscale o la partita IVA del beneficiario e dei soggetti le cui
prestazioni sono state valutate ai fini della quantificazione della somma liquidata. La
presente disposizione si applica con riferimento alle somme erogate a decorrere dal 1
ottobre 2006. I dati acquisiti ai sensi del presente comma sono utilizzati prioritariamente
nell’attività di accertamento effettuata nei confronti dei soggetti le cui prestazioni sono
state valutate ai fini della quantificazione della somma liquidata.
Il contenuto, le modalità ed i termini delle trasmissioni, nonché le specifiche tecniche del
formato, sono definite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.
Peraltro, per comprendere appieno il senso della norma, appare opportuno anche
riportare il contenuto del precedente art. 6 del DPR 605/73.
Il numero di codice fiscale deve essere indicato nei seguenti atti:
a) fatture e documenti equipollenti emessi ai sensi delle norme concernenti l’imposta sul
valore aggiunto, relativamente all’emittente;
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Gli accertamenti sintetici: confronto e interazioni con gli strumenti di controllo
b) richieste di registrazione, di cui all’ultimo comma del presente articolo, degli atti da
registrare in termine fisso o in caso d’uso relativamente ai soggetti destinatari degli
effetti giuridici immediati dell’atto, nonché, per gli atti degli organi giurisdizionali,
anche relativamente ai difensori, esclusi gli atti elencati nella tabella allegata al presente
decreto. Il Ministro per le finanze ha facoltà, con proprio decreto, di aggiungere
all’elenco atti dai quali non risultino fatti o rapporti giuridici indicativi di capacità
contributiva o escludere atti dai quali risultino fatti o rapporti giuridici indicativi di
capacità contributiva. Non è obbligatoria l’indicazione del numero di codice fiscale nelle
richieste di registrazione degli atti pubblici formati e delle scritture private autenticate
prima del 1° gennaio 1978, nelle scritture private non autenticate presentate per la
registrazione prima di tale data, nonché nelle note di trascrizione da prodursi al pubblico registro automobilistico per gli atti stipulati fino al 28 febbraio 1978 relativamente ai
veicoli già iscritti nel pubblico registro automobilistico;
c) comunicazioni allo schedario generale dei titoli azionari, relativamente alla società
emittente, ai soggetti da cui provengono se diversi dalla società emittente, agli intestatari
o cointestatari del titolo, nonché agli altri soggetti per cui tale indicazione è richiesta nel
modello di comunicazione approvato con decreto del Ministro per le finanze . Non è
obbligatoria l’indicazione del numero di codice fiscale nelle comunicazioni allo
schedario generale dei titoli azionari che concernono pagamenti di dividendi o altre
operazioni effettuati anteriormente all’1 gennaio 1978;
d) dichiarazioni dei redditi previste dalle norme concernenti l’imposta sul reddito delle
persone fisiche, l’imposta sul reddito delle persone giuridiche e l’imposta locale sui
redditi, comprese le dichiarazioni dei sostituti d’imposta ed i certificati attestanti le
ritenute alla fonte operate dagli stessi, relativamente ai soggetti da cui provengono ed
agli altri soggetti in esse indicati o indicati in elenchi nominativi la cui allegazione è
prescritta da leggi tributarie. Per i soggetti indicati nelle dichiarazioni dei sostituti
d’imposta e nei relativi certificati, l’indicazione del numero di codice fiscale è limitata ai
soggetti per i quali è stata operata la ritenuta alla fonte. Per le persone a carico,
l’indicazione del numero di codice fiscale nelle dichiarazioni annuali ai fini dell’imposta
sul reddito delle persone fisiche è limitata alle persone che hanno redditi propri;
richieste di attestazione della posizione tributaria dei contribuenti e relative
certificazioni degli uffici finanziari, limitatamente alle persone che hanno redditi propri.
Nelle dichiarazioni, nelle richieste di certificazione, nei certificati e negli elenchi non è
obbligatoria l’indicazione del numero di codice fiscale dei soggetti per i quali il rapporto
con i soggetti da cui provengono è cessato anteriormente all’1 gennaio 1978; non è
obbligatoria l’indicazione del numero di codice fiscale nei certificati rilasciati per i fini
di cui all’art. 3, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre
1973, n. 600, dalle amministrazioni dello Stato e dall’Istituto nazionale della previdenza
sociale per le somme corrisposte e le ritenute operate per il periodo precedente l’1
gennaio 1978; distinte e bollettini di conto corrente postale per i versamenti diretti alle
esattorie delle ritenute alla fonte e delle imposte sui redditi, relativamente ai soggetti da
cui provengono i versamenti; bollettini di conto corrente postale per il pagamento delle
imposte dirette iscritte a ruolo, relativamente ai soggetti tenuti al pagamento; atti di
delega alle aziende di credito previsti dall’art. 17 della L. 2 dicembre 1975, n. 576 e
conseguenti attestazioni di pagamento rilasciate dalle aziende delegate, relativamente ai
soggetti deleganti; atti e comunicazioni da inviare agli uffici distrettuali delle imposte
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dirette a norma dell’art. 36 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre
1973, n. 600, relativamente ai soggetti in essi indicati; domande e note di voltura
catastale, relativamente ai soggetti interessati. Non è obbligatoria l’indicazione del
numero di codice fiscale nelle domande e note di voltura relative ad atti pubblici formati
ed a scritture private autenticate anteriormente all’1 gennaio 1978; dichiarazioni e
relativi allegati da presentare agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, relativamente
ai soggetti da cui provengono ed agli altri soggetti in essi indicati. Non è obbligatoria,
negli elenchi nominativi da allegare alle dichiarazioni annuali ai fini dell’imposta sul
valore aggiunto, l’indicazione del numero di codice fiscale dei contraenti per le
operazioni effettuate, ai sensi dell’art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre 1972, n. 633, anteriormente all’1 gennaio 1978; distinte e dichiarazioni di
incasso da presentare ad enti delegati dal Ministero delle finanze all’accertamento e alla
riscossione dei tributi, relativamente ai soggetti tenuti alla compilazione dei documenti;
denunce di successione, relativamente al dante causa ed agli aventi causa. Non è
obbligatoria l’indicazione del numero di codice fiscale del dante causa se il decesso è
avvenuto anteriormente all’1 gennaio 1978; dichiarazioni decennali da presentare ai
sensi dell’art. 18, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre
1972, n. 643, relativamente ai soggetti interessati; note di trascrizione, iscrizione ed
annotazione, da presentare alle conservatorie dei registri immobiliari, con esclusione di
quelle relative agli atti degli organi giurisdizionali, con le modalità ed i termini stabiliti
con decreto del Ministro delle finanze. Il Ministro delle finanze, con proprio decreto, può
escludere dall’obbligo le note relative ad atti non indicativi di capacità contributiva;
e) domande per autorizzazioni a produrre e mettere in commercio specialità medicinali,
alimenti per la prima infanzia, prodotti dietetici, prodotti chimici usati in medicina,
preparati galenici e presidi medici e chirurgici; domande per autorizzazioni all’esercizio
di stabilimenti di acque minerali e di fabbriche di acque gassate o di bibite analcoliche;
domande per l’autorizzazione all’esercizio di stabilimenti termali, balneari, di cure
idropiniche, idroterapiche o fisiche; domande per autorizzazioni o licenze per l’esercizio
del commercio; domande per licenze di importazione delle armi non da guerra e loro
parti; domande per licenze di pubblico esercizio; domande per licenze di esercizio delle
arti tipografiche, litografiche o fotografiche; domande per licenze di esercizio delle
investigazioni o ricerche per la raccolta di informazioni per conto di privati; domande
per licenze di esercizio di rimessa di autoveicoli o di vetture; domande per licenze di produzione, commercio o mediazione di oggetti e metalli preziosi; domande per concessioni
di aree pubbliche; domande per concessione del permesso di ricerca mineraria; domande per autorizzazioni per la ricerca, estrazione ed utilizzazione di acque sotterranee;
domande per licenze, autorizzazioni e concessioni per i servizi di autotrasporto di merci,
per servizi pubblici automobilistici per viaggiatori, bagagli e pacchi agricoli; domande
per concessioni all’apertura ed al funzionamento di scuole non statali; [...] domande ad
amministrazioni statali per la concessione di contributi e di agevolazioni; domande per
altre autorizzazioni, concessioni e licenze che il Ministro per le finanze ha facoltà di
indicare con proprio decreto, entro il 31 ottobre di ciascun anno con efficacia a
decorrere dall’1 gennaio dell’anno successivo; immatricolazione e reimmatricolazione di
autoveicoli, motoveicoli e rimorchi;
e-bis) denunce di inizio attività presentate allo sportello unico comunale per l’edilizia,
permessi di costruire e ogni altro atto di assenso comunque denominato in materia di
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Gli accertamenti sintetici: confronto e interazioni con gli strumenti di controllo
attività edilizia rilasciato dai comuni ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative
e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6
giugno 2001, n. 380, relativamente ai soggetti dichiaranti, agli esecutori e ai progettisti
dell’opera;
f) domande di iscrizione, variazione e cancellazione nei registri delle ditte e negli albi
degli artigiani tenuti dalle Camere di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura,
relativamente ai soggetti che esercitano l’attività; domande di iscrizione e note di
trascrizione di atti costitutivi, traslativi o estintivi della proprietà o di altri diritti reali di
godimento, nonché dichiarazioni di armatore, concernenti navi, galleggianti ed unità da
diporto, o quote di essi soggette ad iscrizione nei registri tenuti dagli uffici marittimi o
dagli uffici della motorizzazione civile-sezione nautica; domande di iscrizione di
aeromobili nel Registro aeronautico nazionale, note di trascrizione di atti costitutivi,
traslativi o estintivi della proprietà o di altri diritti reali di godimento sugli aeromobili o
quote di essi, soggetti ad iscrizione nel Registro aeronautico nazionale, nonché dichiarazioni di esercente di aeromobili soggette a trascrizione nei registri tenuti dal direttore
della circoscrizione di aeroporto competente ; domande di iscrizione, variazione e
cancellazione negli albi, registri ed elenchi istituiti per l’esercizio di attività professionali
e di altre attività di lavoro autonomo, relativamente ai soggetti che esercitano l’attività;
g) atti emessi da uffici pubblici riguardanti le concessioni, autorizzazioni e licenze di cui
alla precedente lettera e), relativamente ai soggetti beneficiari. Non è obbligatoria
l’indicazione del numero di codice fiscale negli atti emessi in dipendenza di domande
presentate prima dell’1 gennaio 1978;
g-bis) mandati, ordini ed altri titoli di spesa emessi dalle amministrazioni dello Stato o
da altri enti pubblici, in esecuzione di obbligazioni diverse da quelle concernenti le borse
di studio o derivanti da rapporti di impiego o di lavoro subordinato, anche in quiescenza,
relativamente al beneficiario della spesa e diverse da quelle derivanti da vincite e premi
del lotto, delle lotterie nazionali e dei giochi e concorsi menzionati nei commi quarto,
quinto e sesto dell’art. 30 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e successive
modificazioni;
g-ter) contratti di assicurazione, ad esclusione di quelli relativi alla responsabilita civile
ed alla assistenza e garanzie accessorie, relativamente ai soggetti contraenti; contratti di
somministrazione di energia elettrica di servizi di telefonia, fissa, mobile e satellitare, di
servizi idrici e del gas, relativamente agli utenti;
g-quater) ricorsi alle commissioni tributarie di ogni grado relativamente ai ricorrenti ed
ai rappresentanti in giudizio, con le modalità ed i termini stabiliti con decreto del
Ministro delle Finanze;
g-quinquies) atti o negozi delle società e degli enti di cui all’articolo 32, primo comma,
numero 7), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600,
conclusi con i clienti per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi clienti,
riguardanti l’apertura o la chiusura di qualsiasi rapporto continuativo.
Coloro che sono tenuti agli obblighi di indicazione del numero di codice fiscale di altri
soggetti hanno diritto di riceverne da questi ultimi comunicazione scritta e, se tale
comunicazione non perviene almeno dieci giorni prima del termine in cui l’obbligo di
indicazione deve essere adempiuto, possono rivolgersi direttamente all’Amministrazione
finanziaria, anche utilizzando sistemi telematici, previa indicazione dei dati di cui
all’articolo 4, relativi al soggetto di cui si richiede l’attribuzione del numero di codice
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fiscale. L’obbligo di indicazione del numero di codice fiscale dei soggetti non residenti
nel territorio dello Stato, cui tale codice non risulti già attribuito, si intende adempiuto
con la sola indicazione dei dati di cui all’articolo 4, con l’eccezione del domicilio fiscale,
in luogo del quale va indicato il domicilio o sede legale all’estero, salvo per gli atti o
negozi di cui alla lettera g-quinquies) . Nel caso in cui non sia stato possibile acquisire
tutti i dati indicati nell’articolo 4 relativi ai soggetti cui l’indicazione si riferisce, coloro
che sono tenuti a tale indicazione devono richiedere l’attribuzione di un codice numerico
all’Amministrazione finanziaria, che provvede previo accertamento delle ragioni addotte.
Se l’indicazione del numero di codice fiscale o dei dati di cui all’articolo 4 deve essere
fatta nelle comunicazioni di cui alla lettera c) del precedente comma, i soggetti tenuti ad
indicarli possono sospendere l’adempimento delle prestazioni dovute ai soggetti
interessati fino a quando ne ricevano comunicazione da questi ultimi o dall’Amministrazione finanziaria.
[...]
La registrazione degli atti, diversi da quelli degli organi giurisdizionali, deve essere
richiesta separatamente per ogni singolo atto. La richiesta deve essere redatta in
conformità ai modelli approvati con decreti del Ministro per le finanze e deve contenere
le indicazioni prescritte nei modelli stessi.
Il Ministro delle finanze, con proprio decreto, può individuare altre tipologie di atti nei
quali deve essere indicato il numero di codice fiscale; tale decreto deve essere pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale almeno novanta giorni prima della sua entrata in vigore.
Quindi, per effetto delle previsioni contenute nel già richiamato articolo 7, sono state
ora escluse dall’obbligo di comunicazione previsto dal cosiddetto spesometro, anche le
operazioni i cui incassi avvengono con l’utilizzo della moneta elettronica. La semplificazione in questione riguarda :
• tutti i soggetti passivi IVA siano o meno obbligati alla emissione della fattura;
• tutte le transazioni effettuate nei confronti di coloro che non sono titolari di partita
IVA;
• le operazioni che sono regolate attraverso strumenti bancari tracciabili ma limitatamente a carte di credito, di debito o prepagate.
Tenendo in considerazione anche i nuovi limiti previsti in merito alla disciplina anti
riciclaggio, l’obbligo di comunicazione in questione dovrebbe dunque rimanere con
riferimento alle transazioni di importo pari o superiore a 3 mila euro i cui pagamenti
sono effettuati con ulteriori mezzi di pagamento tracciabili quali assegni o bonifici.
5 INDAGINI FINANZIARIE: DATI A SUPPORTO DELL’ACCERTAMENTO
Uno degli aspetti correlati alla possibilità di rettificare la posizione delle persone
fisiche in base al nuovo redditometro (integrando anche le informazioni mediante lo
spesometro), è rappresentato dall’utilizzo dei dati di natura finanziaria, anche alla luce
di quanto previsto dal DL 138/2011 in materia di adozione di liste selettive appositamente formate. Verranno dunque analizzati alcuni aspetti strettamente legati alla possibilità di utilizzo dei dati in questione muovendo, ovviamente, dalla disposizione normativa di riferimento
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Art. 32 DPR 600/73 - Poteri degli Uffici
[1] Per l’adempimento dei loro compiti gli Uffici delle imposte possono:
1) procedere all’esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche a norma del successivo art. 33;
2) invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a comparire di persona o per mezzo di
rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro
confronti, anche relativamente ai rapporti ed alle operazioni, i cui dati, notizie e
documenti siano stati acquisiti a norma del numero 7), ovvero rilevati a norma dell’
articolo 33 , secondo e terzo comma , o acquisiti ai sensi dell’ articolo 18, comma 3,
lettera b), del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 . I dati ed elementi attinenti ai
rapporti ed alle operazioni acquisiti e rilevati rispettivamente a norma del numero 7) e
dell’ articolo 33 , secondo e terzo comma ,, o acquisiti ai sensi dell’ articolo 18, comma 3,
lettera b), del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 sono posti a base delle rettifiche
e degli accertamenti previsti dagli artt. 38, 39, 40 e 41 se il contribuente non dimostra
che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non
hanno rilevanza allo stesso fine; alle stesse condizioni sono altresì posti come ricavi o
compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il
soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o
gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni. Le richieste fatte e le
risposte ricevute devono risultare da verbale sottoscritto anche dal contribuente o dal
suo rappresentante; in mancanza deve essere indicato il motivo della mancata
sottoscrizione. Il contribuente ha diritto ad avere copia del verbale.;
3) invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a esibire o trasmettere atti e documenti
rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti, compresi i documenti di cui al
successivo art. 34 . Ai soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili secondo le
disposizioni del titolo III può essere richiesta anche l’esibizione dei bilanci o rendiconti e
dei libri o registri previsti dalle disposizioni tributarie. L’ufficio può estrarne copia
ovvero trattenerli, rilasciandone ricevuta, per un periodo non superiore a sessanta giorni
dalla ricezione. Non possono essere trattenute le scritture cronologiche in uso ;
4) inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti
ai fini dell’accertamento nei loro confronti nonché nei confronti di altri contribuenti con i
quali abbiano intrattenuto rapporti , con invito a restituirli compilati e firmati;
5) richiedere agli organi e alle Amministrazioni dello Stato, agli enti pubblici non
economici, alle società ed enti di assicurazione ed alle società ed enti che effettuano
istituzionalmente riscossioni e pagamenti per conto di terzi la comunicazione, anche in
deroga a contrarie disposizioni legislative, statutarie o regolamentari, di dati e notizie
relativi a soggetti indicati singolarmente o per categorie. Alle società ed enti di
assicurazione, per quanto riguarda i rapporti con gli assicurati del ramo vita, possono
essere richiesti dati e notizie attinenti esclusivamente alla durata del contratto di
assicurazione, all’ammontare del premio e alla individuazione del soggetto tenuto a
corrisponderlo. Le informazioni sulla categoria devono essere fornite, a seconda della
richiesta, cumulativamente o specificamente per ogni soggetto che ne fa parte. Questa
disposizione non si applica all’Istituto centrale di statistica, agli Ispettorati del lavoro
per quanto riguarda le rilevazioni loro commesse dalla legge, e, salvo il disposto del n.
7), alle banche, alla società Poste italiane Spa, per le attività finanziarie e creditizie, agli
intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento
collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie;
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6) richiedere copie o estratti degli atti e dei documenti depositati presso i notai, i
procuratori del registro, i conservatori dei registri immobiliari e gli altri pubblici ufficiali.
Le copie e gli estratti, con l’attestazione di conformità all’originale, devono essere
rilasciate gratuitamente;
6-bis) richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di
finanza, del comandante regionale, ai soggetti sottoposti ad accertamento, ispezione o
verifica il rilascio di una dichiarazione contenente l’indicazione della natura, del numero e
degli estremi identificativi dei rapporti intrattenuti con le banche, la società Poste italiane
Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento
collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio e le società fiduciarie,
nazionali o stranieri, in corso ovvero estinti da non più di cinque anni dalla data della
richiesta. Il richiedente e coloro che vengono in possesso dei dati raccolti devono assumere
direttamente le cautele necessarie alla riservatezza dei dati acquisiti;
7) richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia
delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di
finanza, del comandante regionale, alle banche, alla società Poste italiane Spa, per le
attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento,
agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del
risparmio e alle società fiduciarie, dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto
intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti,
nonché alle garanzie prestate da terzi. Alle società fiduciarie di cui alla legge 23
novembre 1939, n. 1966, e a quelle iscritte nella sezione speciale dell’albo di cui all’
articolo 20 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di
cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, può essere richiesto, tra l’altro,
specificando i periodi temporali di interesse, di comunicare le generalità dei soggetti per
conto dei quali esse hanno detenuto o amministrato o gestito beni, strumenti finanziari e
partecipazioni in imprese, inequivocamente individuati. La richiesta deve essere indirizzata al responsabile della struttura accentrata, ovvero al responsabile della sede o
dell’ufficio destinatario che ne dà notizia immediata al soggetto interessato; la relativa
risposta deve essere inviata al titolare dell’ufficio procedente;
7-bis) richiedere, con modalità stabilite con decreto di natura non regolamentare del
Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare d’intesa con l’Autorità di vigilanza in
coerenza con le regole europee e internazionali in materia di vigilanza e, comunque,
previa autorizzazione del direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate
o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del
comandante regionale, ad autorità ed enti, notizie, dati, documenti e informazioni di
natura creditizia, finanziaria e assicurativa, relativi alle attività di controllo e di
vigilanza svolte dagli stessi, anche in deroga a specifiche disposizioni di legge
8) richiedere ai soggetti indicati nell’ articolo 13 dati, notizie e documenti relativi ad
attività svolte in un determinato periodo d’imposta rilevanti ai fini dell’accertamento, nei
confronti di loro clienti, fornitori e prestatori di lavoro autonomo;
8-bis) invitare ogni altro soggetto ad esibire o trasmettere, anche in copia fotostatica, atti
o documenti fiscalmente rilevanti concernenti specifici rapporti intrattenuti con il
contribuente e a fornire i chiarimenti relativi;
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Gli accertamenti sintetici: confronto e interazioni con gli strumenti di controllo
8-ter) richiedere agli amministratori di condominio negli edifici dati, notizie e documenti
relativi alla gestione condominiale.
[2] Gli inviti e le richieste di cui al presente articolo devono essere notificati ai sensi dell’
art. 60 . Dalla data di notifica decorre il termine fissato dall’Ufficio per l’adempimento,
che non può essere inferiore a quindici giorni ovvero per il caso di cui al n. 7) a trenta
giorni. Il termine può essere prorogato per un periodo di venti giorni su istanza dell’operatore finanziario, per giustificati motivi, dal competente direttore centrale o direttore
regionale per l’Agenzia delle entrate, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, dal
comandante regionale
[3] Le richieste di cui al primo comma, numero 7), nonché le relative risposte, anche se
negative, devono essere effettuate esclusivamente in via telematica. Con provvedimento
del direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabilite le disposizioni attuative e le
modalità di trasmissione delle richieste, delle risposte, nonché dei dati e delle notizie
riguardanti i rapporti e le operazioni indicati nel citato numero 7)
[4] Le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o
non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non possono essere presi in considerazione
a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa.
Di ciò l’ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta.
[5] Le cause di inutilizzabilità previste dal terzo comma non operano nei confronti del
contribuente che depositi in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado in
sede contenziosa le notizie, i dati, i documenti, i libri e i registri, dichiarando comunque
contestualmente di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui
non imputabile.
5.1
ASPETTO DI NATURA PROCEDURALE
Il sistema che si fonda sulla acquisizione della documentazione avente ad oggetto
dati di natura finanziaria si pone, in linea di principio, come uno strumento di tutela per
il contribuente sottoposto ad un tipo di controllo particolarmente “invasivo” come
peraltro sottolineato dalla stessa amministrazione finanziaria nella circ. 32/2006. La
vera questione è quando un accertamento che si fonda sui dati in questione possa essere
attivato da parte dell’organo di controllo non essendo sufficiente, probabilmente,
rispondere come l’attività di controllo può essere esercitata in modo libero da parte
degli organi in questione.
Una prima indicazione su questo aspetto può essere rintracciata nella C.M. 131/94
nella quale l’amministrazione finanziaria affermò come le indagini bancarie saranno in
particolare attivate nei confronti dei soggetti:
• evasori totali o paratotali;
• mancanti di contabilità ovvero con contabilità palesemente inattendibile;
• che effettuano operazioni di import-export;
• che hanno emesso e/o utilizzato fatture per operazioni inesistenti;
• che evidenziano una capacità contributiva in aperto e notevole contrasto con i
redditi dichiarati.
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Percorso Formativo 2011/2012
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I beni utilizzati dai soci di società: novità
Gli accertamenti bancari dovranno altresì essere utilizzati per individuare i trasferimenti tra le diverse società di un gruppo e tra queste ed il patrimonio personale degli
amministratori e dei soci.
Gli Uffici devono sufficientemente motivare le richieste di autorizzazione alle Direzioni regionali, allo scopo di fornire loro utili elementi di valutazione.
Nelle richieste dovranno, pertanto, essere evidenziati i seguenti dati e notizie:
• generalità del contribuente;
• fonte d’ innesco del controllo;
• elementi di giudizio in ordine alla posizione fiscale del contribuente;
• ragioni che fanno ritenere utile l’ indagine bancaria ai fini dell’ accertamento;
• il periodo temporale cui gli accertamenti bancari dovranno riferirsi;
• gli istituti di credito e gli Uffici dell’ Amministrazione postale ai quali si intende
indirizzare la richiesta, indicando le eventuali ragioni che giustificano l’ estensione
a tutti quelli esistenti sul territorio nazionale;
• i motivi che rendono eventualmente opportuna l’ estensione dell’ indagine su altri
soggetti ai sensi dell’ art. 37 co. 3 del DPR 600/73, specificandone i significativi
collegamenti con il soggetto sottoposto a controllo.
Anche le successive circolari del 1996 e del 2006 hanno fatto riferimento alla particolare attenzione che deve essere posta sull’aspetto procedimentale ed autorizzativo
muovendo, dunque, dalla individuazione degli elementi di accertamento esistenti nei
confronti di un contribuente. Ovvero, come nell’ipotesi dell’attivazione di attività di
verifica, dalla possibilità di rilascio di una dichiarazione che evidenzia l’esistenza di
rapporti di natura finanziaria. Sotto questo aspetto, le novità normative del 2011
potrebbero aprire uno scenario nuovo, nel senso che l’articolo 2, comma undevicies
afferma espressamente come:
“In deroga a quanto previsto dall’articolo 7, undicesimo comma, del decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, l’Agenzia delle entrate puo’
procedere alla elaborazione di specifiche liste selettive di contribuenti da sottoporre a
controllo basate su informazioni relative ai rapporti e operazioni di cui al citato
articolo 7, sesto comma, sentite le associazioni di categoria degli operatori finanziari
per le tipologie di informazioni da acquisire”.
Come espressamente affermato nelle relazioni di accompagnamento al provvedimento
normativo, la disposizione introdotta intende superare i limiti della normativa primaria e
secondaria vigente al fine di effettuare interrogazioni all’anagrafe tributaria non solo per
individuare i singoli rapporti finanziari che eventualmente possiede ciascun determinato
contribuente ma anche estrarre elenchi di soggetti da sottoporre a controllo. Si passa,
quindi, da una logica di controllo del singolo contribuente che presenta, in linea di
principio, alcuni indicatori di pericolosità fiscale, ad una logica di massa dove il dato
sensibile può essere rappresentato dall’importo di alcune operazioni che, individuate per
massa, superano un certo importo. Si può ipotizzare, ad esempio, che un filone di
controlli potrebbe essere quello del soggetto che effettua trasferimenti verso l’estero e
che, non necessariamente, devono essere evidenziati nel quadro RW della dichiarazione
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Gli accertamenti sintetici: confronto e interazioni con gli strumenti di controllo
dei redditi. Un nuovo scenario, dunque, potrebbe aprirsi in tema di controllo ed
acquisizione dei dati di natura finanziaria e di utilizzo degli stessi ai fini del redditometro.
Peraltro, va osservato come la deroga al co. 11 dell’art. 7 del DPR 605/73, di fatto stia ad
evidenziare una sorta di “aggiramento” della riferibilità della posizione al singolo
contribuente cosicché la norma consente di esplicare la sua efficacia anche senza il rigido
procedimento autorizzativo previsto dall’art. 32 del DPR 600/73.
5.2 UTILIZZO DEI DATI DI NATURA FINANZIARIA AI FINI DEL REDDITOMETRO
Che i dati di natura finanziaria possano supportare l’utilizzo del redditometro è ormai
elemento assodato anche nella prassi dell’agenzia delle entrate. Proprio nella circ.
Agenzia delle Entrate 32/2006 viene infatti fatto riferimento, trattando anche della presunzione operante sui prelevamenti, che nel nuovo contesto normativo, non solo i
versamenti risultanti dai conti bancari ma anche quelli rilevati dai conti finanziari o da
operazioni “fuori conto” si presumono come ricavi, compensi ovvero elementi positivi
rappresentativi per le sole persone fisiche di altri elementi reddituali da porre a base
delle rettifiche e degli accertamenti di tipo analitico, analitico-induttivo, induttivo e
sintetico, laddove la locuzione “posto a base” va intesa come il riconoscimento legale
dell’attitudine probatoria che tali movimentazioni assumono ai fini dell’efficacia presuntiva che l’organo procedente intende utilizzare per assolvere il proprio onere dimostrativo. In proposito, occorre altresì sottolineare che il dato letterale della disposizione
in commento, al pari dell’omologa previsione in materia di IVA, fa riferimento all’endiadi “dati ed elementi”, mentre il testo anteriore alla novella utilizzava l’espressione “i singoli dati ed elementi”. La mancata conferma dell’aggettivo “singoli” non
deve indurre, tuttavia, a un facile sovradimensionamento della relativa soppressione nel
senso che la stessa non rappresenta sostanzialmente un allargamento delle modalità di
utilizzo degli elementi di prova. Tale abolizione, in concreto, non consente di ritenere
che la contestazione dei singoli addebiti possa avvenire per “masse” o addirittura sulla
base di un mero “saldo contabile”, atteso che, anche dopo tale soppressione, l’analisi
deve riguardare ogni singolo elemento della movimentazione, quand’anche ricompresa
in un’operazione unica e, a maggior ragione, quando si tratti di operazioni autonome.
Valga, a titolo di esempio, il caso in cui il contribuente versi con un’unica distinta più
assegni bancari, assegni circolari, assegni postali, vaglia ed eventualmente contanti, ecc.
..., annotati sul conto corrente bancario con un’unica e complessiva rappresentazione
numeraria. Conseguentemente, nella esemplificata fattispecie – eventualmente comprensiva anche di operazioni di segno negativo – occorrerà che l’organo procedente
distingua per i singoli prelevamenti e versamenti, nonché per qualsiasi altra operazione
finanziaria, i rispettivi elementi identificativi, senza escludere in via di principio la possibilità di una compensazione di operazioni di segno contrario, sempreché il contribuente
specifichi il beneficiario della operazione passiva contestata, qualificando così anche
l’inerenza dell’operazione. Sotto altro profilo, stante l’espresso richiamo della norma alle
ordinarie tipologie di accertamento si ritiene che l’operatività delle presunzioni in esame
si estenda, almeno dal lato dei versamenti, alla generalità dei soggetti passivi e delle
diverse categorie reddituali. Analogamente, il medesimo numero 2) prevede che, alle
“stesse condizioni” (mancata considerazione in dichiarazione e rilevanza fiscale), i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito di tali rapporti od operazioni e non risultanti
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dalle scritture contabili, nel caso in cui il soggetto controllato non ne indichi l’effettivo
beneficiario, sono considerati ricavi o compensi e accertati in capo allo stesso soggetto.
Evidentemente, la disposizione intende procedimentalizzare l’analisi, da parte dell’ufficio finanziario, della maggiore capacità di spesa non giustificata dal contribuente,
e correlare tale maggiore capacità di spesa con le ulteriori operazioni attive effettuate
presuntivamente “in nero”. Oltre a ciò, appare opportuno evidenziare che, stante il
riferimento normativo alle scritture contabili, tale ultima disposizione trova applicazione solo nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta delle stesse scritture, e quindi
solo nel caso in cui sia configurabile un’attività economica, anche di natura professionale. Resta inteso che si sottrae alla regola dell’inversione dell’onere della prova l’ipotesi in cui il contribuente indica il beneficiario del prelevamento utilizzato per
l’acquisto di un bene o servizio non fatto transitare in contabilità; in tale ipotesi non
scatta il meccanismo presuntivo ma l’operazione deve essere valorizzata alla stregua
degli ordinari criteri dell’accertamento, i quali presiedono al riconoscimento del costo
in funzione della ricostruzione del relativo ricavo.
5.3 GLI IMPORTI RILEVANTI
Uno degli aspetti di ordine pratico di maggiore spessore che vengono alla luce nel
momento in cui si analizza ovvero si fronteggia la problematica degli accertamenti
effettuati sulla base dei dati di natura finanziaria, è rappresentata dall’importo minimo
delle operazioni che sono valorizzate dagli uffici, soprattutto in relazione ai prelievi.
Sul punto va detto subito che non vi è un comportamento uniforme da parte di tutti gli
uffici dell’amministrazione finanziaria di modo che il contribuente potrebbe trovarsi
nella necessità di giustificare anche piccoli importi prelevati che, intuitivamente,
possono essere stati utilizzati per le semplici incombenze della vita quotidiana.
Sul punto, va detto come la circolare n. 32 del 2006 ha affermato un principio che
appare del tutto condivisibile e cioè che i contribuenti interessati possono ritenersi
sollevati dall’onere di fornire la predetta dimostrazione in relazione a prelievi che,
avuto riguardo all’entità del relativo importo ed alle normali esigenze personali o
familiari, possono essere ragionevolmente ricondotte nella gestione extra-professionale.
In linea di principio dovrebbe essere questa la linea seguita dagli uffici che procedono
alla contestazione nei confronti del contribuente sulla scorta dei dati di natura finanziaria, e cioè procedere, in una valutazione comparata, i prelevamenti effettuati rispetto
all’ammontare del reddito dichiarato. Nella sostanza, infatti, è oggettivamente logico
che un contribuente che dichiara un reddito, ad esempio, di 300 mila euro, possa non
essere in grado di giustificare un prelevamento di 3 mila euro magari effettuato
mediante l’emissione di un assegno e magari nel periodo estivo. Intuitivamente, ad
esempio, potrà valutarsi che le somme in questione siano state destinate all’acquisto di
un pacchetto vacanze, Diversa, ovviamente, potrà essere la posizione di quel contribuente che, a fronte del medesimo prelievo, dichiara un reddito pari a 30 mila euro. In
questo caso, infatti, il prelievo rappresenta un importo pari al 10 per cento del proprio
reddito complessivo e più ancora, in termini percentuali, del proprio reddito imponibile.
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