La pagina de L`espresso con il testo integrale dell`articolo

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La pagina de L`espresso con il testo integrale dell`articolo
L'espresso
SOCIETÀ
SPECIALE TENDENZE
Il frie ndly design
Di Anna assumma
Tessuti che prendono energia dal sole. Creazioni di carta o di ghiaccio. Installazioni rispettose della
natura. Firmati da architetti che alla loro
arte uniscono l'impegno ambientale
L'altra forma del futuro. Le creazioni e i volti dei nuovi talenti: progettisti, designer, intellettuali che
stanno ripensando il paesaggio domestico e umano. Facce e temi della ricerca che si impongono
all'attenzione delle aziende e del pubblico. Anche grazie a collaborazioni inedite, come quelle tra
artisti e scienziati, ingegneri e stilisti, nate per esplorare nuove frontiere. Capaci di toccarci il cuore
con le dita leggere di una creatività diversa, con la sensualità di un design tattile. E di far germogliare
una nuova attenzione, tutta etica, che attraversa sempre di più ogni ambito del fare creativo: con il
nuovo design umanitario, percorso da archi-star come Yves Béhar e Stephen Burks, con una tecnologia
generosa, che pensa anche alle popolazioni disagiate. E soprattutto con tanti giovani che hanno
sempre più voglia di emozionarsi e emozionare, liberando nuove energie.
Claude Cormier
Tra i suoi clienti ci sono Nissan, Cirque du Soleil e la città di Toronto. Eppure il lavoro di Cormier,
architetto del paesaggio di Montreal, ha ben poco di istituzionale. Anzi: rompendo gli schemi,
preferisce veri alberi di plastica a 'finte' specie esotiche decontestualizzate. Perché "l'architettura del
paesaggio, anche nelle sue espressioni più naturali, in realtà fa della natura un artificio". Tra i giardini
artificiali di Cormier il Blue Stick Garden per l'Internationale Flora di Montreal, un prato sintetico con
fili d'erba blu elettrico alti un paio di metri e l'installazione per l'Hotel de Ville di Le Havre, una pergola
con grappoli di palline colorate. "Non c'è nulla di male ad essere verdi", dice: "Purché non si perdano
di vista anche gli altri colori.".
www.claudecormier.com/projets
Sheila Kennedy e Frano Violich
Dalla villa alla lampada solare. A Kennedy e Violich, architetti a Boston dal 1988, pensar case non
basta. "Ogni materiale può avere più usi, spesso impensabili e nascosti. Il compito del progettista è
trovarli". E così con la loro MATx, divisione dello studio dedicata, appunto, alla ricerca sui materiali,
hanno inventato un tessuto che prende l'energia dal sole e la trasforma in luce. Una sorta di lanterna
magica (con un'anima fatta di pannelli fotovoltaici e led) perfetta per l'uso in condizioni disagiate e nei
campi profughi. Le altre qualità: è flessibile (proprio come un tessuto) e non ha parti di vetro o fragili.
I prototipi vengono ora testati in Messico. Intanto Kennedy & Violich stanno costruendo un terminal
per ferry a Manhattan. Il tetto sarà di tessuto: cattura-luce.
www.kvarch.net/
Stephen Burks
A trentotto anni, il designer afroamericano ha all'attivo, con il suo studio Readymade Projects, la
collaborazione con alcune tra le più grandi firme internazionali, come B&B Italia, Estée Lauder,
Cappellini, Missoni. E la bottiglia che ha pensato per un profumo di Calvin Klein è già un'icona. Ma
Burks ha anche tempo (e cuore) per lavorare con Aid To Artisans, associazione non profit che sostiene
l'artigianato locale in paesi in via di sviluppo. Risultato: una serie di tavolini e sgabelli in filo
metallico, commercializzati da Artecnica, che Burks ha realizzato con artigiani sudafricani. Intanto, il
suo coinvolgimento con il mondo del design è totale: è nel trend board della fiera del design di
Colonia e membro della giuria del Cooper-Hewitt Smithsonian Institution National Design Awards. I
suoi lavori si possono vedere (anche) al Victoria & Albert Museum e al Cooper-Hewitt National Design
Museum.
www.readymadeprojects.com
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Yves Béhar
Dietro il computer più rivoluzionario del momento, l'XO, il 'portatile da 100 dollari', c'è lui, uno dei più
attivi designer del momento. Il suo studio, Fuseproject, lavora da anni per clienti come Birkenstock,
Nike, Nissan e Target. E anche Microsoft, Toshiba e Apple. La filosofia: partire sempre da una storia.
Ma questa 'storia' sconfina nel campo del progetto umanitario. Il 'la' è arrivato da Nicholas Negroponte,
il guru dell'informatica: realizzare, con l'organizzazione non profit Olpc, acronimo di 'One laptop per
child', un notebook economico accessibile ai ragazzini dei paesi in via di sviluppo. Béhar ha accettato
la sfida (sostenuta da Google, Red Hat, AMD, BrightStar, News Corp e Nortel Networks con 2 milioni di
dollari a testa). XO è giocoso, colorato, alimentato da una batteria interna ricaricabile. Anche a
manovella. Ora che i primi computer stanno per essere distribuiti, pare che lo slogan di Béhar sia: 'Se
non è etico, non è bello'.
www.fuseproject.com
Nadia Bakhurji
In Arabia Saudita solo recentemente le donne hanno conquistato il diritto di esercitare la professione
di architetto. Cosa che ha permesso a Nadia Bakhurji, architetto, donna e saudita, di chiamare Bakhurji
il suo studio. Ma lei, che è una donna tenace, non si limita a progettare case. Ora è anche uno dei
membri del consiglio direttivo del Saudi Council of Engineers (unica donna). Tra i punti del suo
programma: sostegno professionale, formazione, assistenza alle committenti donne che preferiscono
avere a che fare con architetti dello stesso sesso. Non stupisce che sia sempre più orientata verso una
partecipazione politica: è nel consiglio d'amministrazione dell'Arab International Women's Forum e nel
2005, durante le elezioni municipali saudite, ha presentato la sua candidatura. Il muro, tutto maschile,
delle istituzioni non si è fatto attendere. Ma c'è da scommettere che ci riproverà nel 2009. E che questa
volta ce la farà.
Richard Sweeney
Le sue sculture sono eteree e sinuose. Possono stare nel palmo di una mano o raggiungere parecchi
metri d'altezza. Ma quello che sorprende è il materiale con cui sono realizzate: leggeri fogli di carta,
piegati ad arte fino a ottenere la solidità e la forma volute. I suoi origami made in Manchester, dove
vive e lavora, sembrano strutture molto complesse. "In realtà", afferma Sweeney, "costruirle è molto
semplice". Lui dice di ispirarsi alla natura. Ma anche a edifici che ama catalogare fotografandoli: è
letteralmente soggiogato dal ripetersi modulare degli elementi costruttivi nelle espressioni più
tecniche dell'architettura. Soprattutto nei ponti di Santiago Calatrava, dove forma e struttura sono una
cosa sola. L'unico modo, spiega, per raggiungere un ideale di bellezza totale.
www.richardsweeney.co.uk/
Nedda El Asmar
Quando, nel 2007, la belga Fondation Intérieur l'ha consacrata designer dell'anno, nessuno si è
stupito. Perché questa sofisticata creatrice di accessori per la tavola (tra i clienti, marchi blasé come
Puiforcat e Hermès) ha tutte le carte in regola per essere considerata un astro nascente del design.
Belga d'origine palestinese con lo sguardo ben aperto sul mondo, non ama le etichette. Ciò che la
muove, dice, è il piacere della scoperta. Di nuovi paesi, nuovi materiali, nuove tecniche di lavorazione.
È questa l'energia che l'ha portata alla Académie de Beaux-Arts di Anversa e al Royal College of Art di
Londra. Per un percorso di formazione che ha forgiato la sua personalissima attenzione per
un'eleganza non prevedibile. E una passione etica per l'artigianato: "Il vantaggio di lavorare per
l'industria del lusso è quello di avere la certezza che i prodotti vengano realizzati al meglio e in modo
corretto, rispettando chi lavora. E preservando la sapienza della manualità".
Geir Brendeland, Olav Kristoffersen
Le loro architetture sono colorate. Colori pieni, primari, appena smorzati da velature che li rendono un
po' meno protagonisti. Oppure tutte di legno. Perfette lassù, alle Svalbard, o sui fiordi, o sullo sfondo
di ghiacci letteralmente eterni e di terre totalmente spoglie. A Trondheim, i giovani progettisti
norvegesi hanno lavorato alla riqualificazione di una ex zona industriale costruendo edifici con
metodi sperimentali di bioarchitettura e tecniche edilizie velocissime, non più di dieci giorni, per
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abbattere i costi di costruzione e quelli alla vendita. All'interno: enormi pareti vetrate per profittare di
ogni minuto di luce. E ancora molto legno: povero, naturale, per disegnare spazi tersi e
contemporanei. Una coppia da tenere d'occhio. Soprattutto ora che, anche in Italia, la bio-architettura è
entrata a pieno diritto nell'agenda politica.
www.bkark.no
Richard Greaves
Il profilo è quello, sorprendente, che talvolta accomuna personaggi geniali a ogni latitudine: studi di
teologia e amministrazione, poi chef in un ristorante e infine disegnatore in uno studio grafico. A
trent'anni, nel 1982, il futuro Anarchitecte (così ama definirsi) di Montreal cambia vita: si trasferisce in
un villaggio in Quebec. E lì comincia a demolire vecchi granai abbandonati per rimontarli, un pezzo
dopo l'altro, alla sua maniera: cosa che li fa assomigliare a una folle esplosione congelata a pochi
secondi dalla deflagrazione. O a fragili castelli di carta. Tra le anti-regole: niente angoli retti, nessuna
simmetria. Per ora, le anarchitetture di Greaves sono una ventina. E intanto il suo lavoro fa il giro del
mondo grazie alle foto in bianco e nero dello svizzero Mario del Curto. L'ultima tappa: la galleria Art en
Marge di Bruxelles, fino al 16 febbraio.
www.artenmarge.be
Mathieu Lehanneur
Tra i progetti che si vedranno il prossimo febbraio al MoMA di New York, nell'ambito della rassegna
'Design and elastic mind', c'è Bel Air, la macchina per pulire l'aria inventata dal designer francese,
classe 1974, autore, tra le molte cose, di una spettacolare, gigantesca lampada-installazione per
Christofle. Bel Air, invece, è un piccolo elettrodomestico molto glamour. Una sorta di mini serra che
risucchia l'aria di casa e la 'lava' servendosi di un efficiente filtro naturale: le piante. Tutto ebbe inizio
quando la Nasa si rese conto che le cabine spaziali erano sature di micidiali esalazioni. Le stesse, si
scoprì, che affliggono le nostre case. Responsabili: particelle provenienti da benzene, formaldeide e
triclorotilene, emesse da mobili e materiali moderni. Lehanneur, per creare questo oggetto di design
che compensa i danni causati dagli oggetti di design, si è ispirato agli studi made in Nasa e si è
avvalso della collaborazione di David Edwards, scienziato di Harvard. Complici gerbere, dracene e le
altre.
www.mathieulehanneur.com n
I nipoti di Stradivari
Il trio creativo è insolito: il liutaio Hans Johannsson, l'artista Olafur Eliasson e l'architetto Andreas
Eggertsen. Intenzione: creare un neo violino. Diventare gli eredi
di Stradivari sperimentando materiali sintetici e scandagliando le loro sonorità. Tutto ebbe inizio nel
2005, con l'incontro di Johannsson e Eliasson. L'artista, noto
per i lavori su suono e luce (indimenticabile 'The Weather Project' alla Tate Modern di Londra), voleva
esplorare la relazione tra suono e spazio. Il liutaio sognava di realizzare uno strumento
contemporaneo. Poi arrivò Eggertsen, portando con sé gli algoritmi che usa per progettare le sue
architetture. Ci sono riusciti: il neo violino ha fatto sentire la propria voce alla Serpentine Gallery di
Londra. Per gli strumenti (classici) che Johannsson crea
a Reykjavik c'è una lista d'attesa di due anni. Gli addict del neo super-violino dovranno armarsi di
pazienza.
Trapezi elettronici e abiti tecno
1. Lo stilista Hussein Chalayan ama la tecnologia. Per questo ha inventato indimenticabili abiti da
cocktail elettrici. Che nascono dalla collaborazione con il designer-ingegnere Moritz Waldemeyer. In
passerella sculture da indossare, memori forse degli abiti luminosi dell'artista giapponese Atsouko
Tanaka: si sono visti un tubino trasformato in un'incredibile lattiginosa fonte di luce trapezoidale da
15 mila led su cui vibravano immagini e abiti trafitti da
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gemme immateriali, spot al laser di un profondo rosso rubino (www.husseinchalayan.com)
2. Sacha Latich, il designer, non ha dubbi: la sua Eclectic, prodotta dalla francese Venturi,
è l'automobile del futuro. Il design originale è dettato in realtà dalla funzione, ovvero
dalla necessità di ospitare sul tetto i pannelli fotovoltaici e le pale eoliche che garantiscono
il combustibile. Quindi: niente benzina, emissioni zero. Totale libertà anche dal carburante verde, ma
introvabile. L'energia che l'alimenta si trova attorno a lei: vento, sole
ed eventualmente una semplice presa elettrica. Che la ricarica in cinque ore. Eclectic sarà in vendita
quest'anno (www.venturi.fr)
3. Ancora una concept car (ovvero: un prototipo) che rispetta l'aria che respiriamo. È la Saab Aero X,
nata dal pensiero aeronautico della casa ex-svedese (ora General Motors). Linee
da jet, apertura porte a effetto (verso l'alto) e soprattutto un motore al bioetanolo, rispettoso
dell'ambiente, nonostante il design aggressivo, da performer, dell'auto (www.saabusa.com/aerox).
4. Forse Aaron Edsinger è un fan di 'Guerre stellari'. Come molti. Ma lui ha ricreato in laboratorio il più
amato tra i robottini raccontati dalla fantascienza. Si chiama Domo, è un prototipo, ma ha la stessa
irresistibile gentilezza di C-3PO. Riconosce chi gli parla, risponde, ha uno sguardo vagamente umano.
Ha visto la luce nel MIT CSAIL Humanoid Robotica Lab di Cambridge, Massachusetts. Sponsor: Toyota e
Nasa. La meccanica è del babbo n. 2, Jeff Weber, collaboratore di Edsinger. Domo ha richiesto a
entrambi un anno di lavoro e un numero indefinito di notti insonni. E probabilmente lo sa
(http://people.csail.mit.edu/edsinger/domo.htm).
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