Scerbanenco e il romanzo giallo - E-Learning

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Scerbanenco e il romanzo giallo - E-Learning
Il romanzo giallo nella didattica dell’italiano L2: Giorgio Scerbanenco
GLORIA CORBUCCI
Università per stranieri di Perugia
Abstract
Il testo letterario è tradizionalmente impiegato nell’insegnamento di una lingua straniera con finalità
non solo linguistiche, ma di coinvolgimento emotivo: gli studenti si identificano nelle personalità o
nelle imprese dei protagonisti, e ritrovano nei testi i grandi temi che emergono nelle nostre vite,
come la giustizia e i problemi sociali.
Il romanzo giallo in una classe di italiano L2 può essere una piacevole sfida per l’insegnante e può
incrementare la motivazione dello studente, che, attraverso attività di problem solving, coglierà
quegli indizi necessari alla risoluzione dei casi proposti dall’autore. Il giallo, considerato per molto
tempo un tipo di letteratura “minore”, è stato ormai rivalutato dalla critica ufficiale e anche il
mondo accademico, tendenzialmente conservatore, ha riconosciuto le sue potenzialità. Sarebbe
impensabile, d’altronde, non dare la giusta importanza a un genere che ha sempre avuto il favore del
pubblico, sempre più attento ai fatti di cronaca nera e ai delitti irrisolti, avvolti da mistero, di cui ci
parlano ogni giorno i mass media; non si può altresì ignorare che grandi scrittori italiani, come
Carlo Emilio Gadda, Leonardo Sciascia, Giovanni Arpino, Mario Soldati, Umberto Eco hanno
utilizzato in alcune loro opere gli stilemi del giallo. Più di ogni altro genere letterario il giallo si
propone come metodo di interpretazione del mondo reale e indaga a fondo sui malcostumi del
nostro paese, mettendo a nudo la violenza della nostra età contemporanea.
Origini del romanzo giallo in Italia
Soltanto in Italia si usa il termine romanzo giallo, dal nome della prima collana italiana di romanzi
polizieschi della casa editrice Mondadori, piccoli volumi con la copertina color giallo. Era il 1929 e
il primo romanzo della collana aveva come titolo La strana morte del signor Benson, di S. S. van
Dyne. La base della narrazione di un giallo “classico” è elementare ma rigorosa: tutto parte da un
delitto, la causa scatenante della storia, che avviene in un luogo preciso e ristretto (spesso in una
camera chiusa o in una casa isolata), a cui fa seguito un’indagine, incentrata sulla figura e il
carattere del detective. Il detective, esaminando moventi e alibi, deve trovare il colpevole, che è in
genere la persona più innocua e meno sospetta. Sinonimi in altre lingue del genere “giallo” sono
Romanzo Criminale (Kriminalroman) in Germania, Detective story e Crime Novel nei paesi
anglosassoni, Romanzo Poliziesco (Roman Policiere) nei paesi francofoni, Novela negra in Spagna
e in America Latina. I primi romanzi pubblicati dalla collana erano di autori angloamericani
(Agatha Christie, Edgar Wallace, Austin Freeman, Ellery Queen ...), con ambientazioni esotiche
(Londra, Parigi, New York). Si dovrà attendere il 1931 per l’uscita del primo giallo italiano: Sette
bello di Alessandro Varaldo, ambientato nella Roma fascista. Seguirono altri autori italiani, tra cui
ricordiamo Augusto De Angelis, che è stato sicuramente l’inventore del primo detective nostrano,
non deliberatamente ricalcato sui modelli anglosassoni. Il commissario De Vincenzi, che operava in
una Milano nebbiosa che preludeva alla “Milano nera” di Scerbanenco, non rispecchiava più,
infatti, l’archetipo del detective o inglese, lucido, freddo e distaccato. Al contrario, egli viveva un
rapporto sofferto ed ossessivo con il delitto, e le sue inchieste sono state tratteggiate dall’autore con
notevole spessore narrativo e psicologico. Nel 1943, il governo fascista proibì la pubblicazione di
romanzi gialli e ordinò il sequestro di quelli già esistenti. Il giallo risorse negli anni dell’immediato
dopoguerra, ma la preferenza delle case editrici fu per gli autori americani; di conseguenza, gli
scrittori italiani presero a modello la narrativa americana e il suo linguaggio, usando anche
pseudonimi stranieri. Nel 1966, con la pubblicazione di “Venere privata” di Giorgio Scerbanenco, il
giallo italiano iniziò una nuova stagione, recuperando vigore e slancio. Questo genere, negli ultimi
anni, ha assunto sempre di più una connotazione sociale, ovvero si occupa molto dei problemi del
contesto socio-politico che stiamo vivendo: corruzione, mafia, delitti insensati che hanno suscitato il
vivo interesse dei mass media e dell’opinione pubblica. Il giallo, oltre ad essere uno strumento che
garantisce la tensione e l’interesse del lettore, si rivela anche un veicolo privilegiato per indagini
diverse – storiche, sociali, esistenziali – e diventa un meccanismo conoscitivo capace di dare un
senso alla complessa e frammentata realtà contemporanea.
Profilo di Giorgio Scerbanenco e sua importanza nel giallo italiano
Nel panorama del giallo italiano spicca un nome, Giorgio Scerbanenco, che, dopo essere stato
dimenticato per lungo tempo dopo la sua morte prematura, ora è stato “riabilitato” con numerose
pubblicazioni, mentre “giallisti” noti come Carlo Lucarelli ne parlano come di un loro maestro.
Scerbanenco, definito da Oreste Del Buono come “una formidabile macchina per scrivere storie”,
ha lasciato una produzione sterminata costituita da ottanta romanzi e un migliaio di racconti; ha
avuto una vita breve e molto romanzesca, che racconta in appendice a Venere privata. Vale la pena
soffermarsi un poco in queste pagine, per farsi un’idea di un autore così prolifico e particolare, che
rivela molto di sé nei suoi romanzi. Nato a Kiev nel 1911 da padre russo e madre italiana (vero
nome Vladimir Giorgio Scerbanenko), perse il padre da bambino, quando i rivoluzionari russi lo
fucilarono perchè era un funzionario dello Stato; dopo qualche anno a Roma, andò a Milano con la
madre, che si ammalò di tumore e morì dopo una lunga degenza in ospedale. A Milano Scerbanenco
si sentiva uno straniero, e per questo motivo eliminò la k dal cognome e usò solo il secondo nome,
Giorgio: nonostante ciò, continuava a sentirsi straniero, e provava molto fastidio se qualcuno gli
ricordava le sue origini. Cominciarono le sue peregrinazioni lavorative. Lavorò come operaio alla
Borletti, dove lo passarono al magazzino spedizioni “perchè si accorsero che ero un poeta”
(SCERBANENCO 2005:234). La sera studiava filosofia: era un autodidatta che non aveva finito
neppure le elementari. Si ammalò di tubercolosi, e venne mandato in sanatorio: nonostante la
malattia, era un accanito fumatore, e spendeva in sigarette quello che vinceva giocando a biliardo.
Tutti i protagonisti dei suoi romanzi, come uno specchio di se stesso, hanno il vizio del fumo: negli
anni in cui Scerbanenco scriveva, non era ancora iniziata la crociata odierna contro le sue nefaste
conseguenze. In seguito, lo scrittore lavorò alla Croce Rossa come barelliere del pronto soccorso,
venendo a contatto con tanti casi pietosi, che non riuscì in seguito a riportare nei suoi romanzi,
perchè gli episodi veri suonavano “falsi” e poco credibili nella finzione letteraria.
(SCERBANENCO 2005: 239). Infine, dopo aver lavorato come contabile e continuato a scrivere
racconti che spediva ai giornali, senza alcun esito positivo, venne assunto alla Rizzoli. Scerbanenco
ottenne così, finalmente, la sicurezza economica, ma non riusciva a liberarsi dal ricordo della
miseria del passato che gli procurava un forte complesso di inferiorità, e che era sempre presente
nei suoi racconti: “Tutti i miei personaggi erano gente modesta, spesso anche umile, che pensava
solo a vivere, oscuramente, e oscuramente soffriva o era felice.” (SCERBANENCO 2005: 240).
Nella sua breve autobiografia non mancano episodi che testimoniano il suo spirito romantico, come
quando fuggì dai tedeschi durante la guerra e raggiunse il confine svizzero, a piedi, salendo le
impervie stradine di una montagna: in un momento così drammatico, indossava un elegante
completo con cravatta, e portava con sé una borsa con dentro l’abbozzo di un romanzo d’amore che
stava scrivendo. Diventò direttore di riviste femminili, come Annabella e Bella, e scrisse racconti
rosa, che, nonostante fossero giudicati“popolari” dalla critica, non risultavano mai melensi o banali;
ai racconti rosa alternava i polizieschi. Riusciva in maniera sorprendente a mescolare cliché
narrativi diversi, con i meccanismi del giallo messi al servizio di storie rosa e viceversa. Esordì nel
giallo tra il 1940 e il 1943 con una serie di sei romanzi in cui mise in scena il detective Arthur
Jelling, archivista della polizia di Boston, timido e introverso, che è stato definito uno dei primi
antieroi della letteratura poliziesca; lo scrittore non aveva mai visto Boston, si era servito di un
atlante geografico e della sua immensa fantasia. Raggiunse il successo in questo campo venti anni
dopo, con una serie di quattro romanzi polizieschi ambientati a Milano, che hanno come
protagonista il detective Duca Lamberti, un investigatore del tutto particolare: è un ex medico
radiato dall’albo per aver aiutato una malata terminale a morire e per questo motivo condannato a
tre anni di carcere. Duca Lamberti collabora con il commissario di origini sarde Carrua alla questura
Fatebenefratelli di Milano ed è affiancato nelle sue indagini dall’infaticabile poliziotto Mascaranti.
Con Scerbanenco il giallo assume le sfumature del noir: infatti, mentre nei gialli tradizionali è
l’indagine a svolgere la parte più importante della narrazione e l’intreccio si basa sulla risoluzione
di un enigma che prelude alla vittoria dei buoni e alla sconfitta dei cattivi, nel noir sono i personaggi
e la loro psicologia “complessa” ad essere in primo piano. Alla conclusione felice del giallo
corrisponde l’epilogo tragico del noir; mentre il giallo “semplifica” la realtà, il noir ha una spiccata
vocazione al realismo e alla critica d’ambiente. La città, nel noir, assume una fisionomia negativa,
cupa, minacciosa. Il primo romanzo della serie di romanzi con Duca Lamberti come protagonista è
Venere privata, del 1966, a cui fanno seguito Traditori di tutti, che vinse in Francia “Il Gran Prix de
la Littérature policière”, I ragazzi del massacro, I milanesi ammazzano al sabato. A lungo relegato
fra i protagonisti di una letteratura marginale, e apprezzato solo perchè “grande professionista del
romanzo minore”, Scerbanenco fu riabilitato dalla critica e tradotto in mezzo mondo. Nel 1969 la
sua morte improvvisa interruppe la produzione di questi piccoli capolavori del noir, dai quali
avrebbe avuto origine la narrativa italiana di genere. In sua memoria è stato istituito il “premio
Scerbanenco”, il più importante per la narrativa gialla italiana.
I testi
I suoi romanzi ambientati negli anni Sessanta rivelano un’Italia difficile, spietata, ansiosa di
emergere, disincantata, certo diversa dall’immagine patinata e brillante che spesso viene data
dell’era del miracolo economico. Il giallo diventa, quindi, un’interessante chiave di lettura di un
determinato contesto storico-sociale: per comprendere la Milano di quegli anni, ancora lontana
dall’immagine della Milano da bere, non c’è nulla di migliore dei testi di Scerbanenco. L’autore
descrive bene l’indifferenza, il cinismo, lo squallore che pervade la città, scelta come simbolo di
un’Italia che stava cambiando e che oscillava tra benessere e disagi sociali. Con le sue innumerevoli
etnie, con i suoi bassifondi, i suoi senzatetto e i tossicomani che si mescolano alle signore altoborghesi di via Montenapoleone e ai colossi dell’alta finanza, Milano è la città ideale per
ambientare un noir. “C’è qualcuno che non ha ancora capito che Milano è una grande città...Non
hanno ancora capito il cambio di dimensioni, qualcuno continua a parlare di Milano come se finisse
a Porta Venezia, o come se la gente non facesse altro che mangiare panettoni o pan meino. Se uno
dice Marsiglia, Chicago, Parigi, quelle sì che sono metropoli, con tanti delinquenti dentro, ma
Milano no, a qualcuno non dà la sensazione della grande città, cercano ancora quello che chiamano
il colore locale, la brasera, la pesa, e magari il gamba de legn.” (SCERBANENCO 2007: 118 ss).
Milano è lo scenario privilegiato dei romanzi di Scerbanenco, ma non l’unico: La sabbia non
ricorda è ambientato sulla spiaggia di Lignano Sabbiadoro, Ladro contro assassino in Umbria, Le
principesse di Acapulco addirittura in Messico. Oltre alle caratteristiche proprie del noir, i cultori
del genere hanno notato negli ultimi romanzi milanesi, quelli della “serie” di Duca Lamberti, in cui
domina la violenza, uno spietato realismo e un rassegnato fatalismo, una sorta di parallelismo con
l’hard boiled statunitense: nelle azioni degli assassini esplodono le angosciose tensioni
dell’aggressività metropolitana e il crimine viene combattuto da un detective privato con metodi
spesso non meno violenti di quelli usati dal delinquente. Gli autori italiani di hard boiled, fino ad
allora, avevano ambientato le storie in America e dato ai protagonisti nomi americani; con
Scerbanenco ciò non accade, e Duca Lamberti può essere considerato a pieno titolo un “duro” alla
stregua di investigatori americani come Philip Marlowe di Raymond Chandler e Sam Spade di
Dashiell Hammet. Duca Lamberti è stato considerato da molti critici, e dalla moglie dello stesso
Scerbanenco, un alter ego dell’autore: un duro che crede più nella sua giustizia che in quella della
polizia, rigoroso, intransigente, ma molto dolce e protettivo nei confronti di sua sorella Lorenza e
della sua compagna Livia Ussaro, che, in Venere privata, viene sfregiata al volto mentre lo aiutava
in un’indagine. Scerbanenco era un un uomo del suo tempo, con i pregiudizi tipici degli anni
precedenti al Sessantotto, privo di ipocrisie, molto lontano dalla mentalità “politically correct” che
domina oggi. L’autore non sembra considerare le donne allo stesso livello degli uomini: “La donna,
in genere, è la maglia debole di qualsiasi rete”(SCERBANENCO 2007:34); o sono angeli, vittime
di qualche mascalzone, come la sorella di Duca Lamberti, Lorenza, e come Michela in La sabbia
non ricorda, o ragazze poco serie che si vendono per soldi, come Alberta e Maurilia in Venere
privata. Fa eccezione la compagna di avventure di Duca Lamberti, Livia Ussaro, che risulta,
invece, una figura affascinante: moderna,intelligente, colta, profondamente interessata alla
sociologia, di ampie vedute, non ha paura di affrontare argomenti scabrosi nel primo incontro con
l’investigatore: “Fin da quando avevo sedici anni, desideravo fare un esperimento di prostituzione.
(...) L’esperimento che volevo fare io era di scendere in strada, lasciarmi fermare da qualcuno e
andare con lui per denaro” (SCERBANENCO 2005: 117 e segg.). Scerbanenco ha una pessima
opinione degli omosessuali, per i quali prova una vera e propria repulsione, come si evince dalla
descrizione del fotografo assassino in Venere privata: “un invertito, un vero, squallido terzo sesso,
adesso l’incolore della sua persona fisica si spiegava, doveva essere l’incolore mostruoso dei
mutanti descritti nei romanzi di fantascienza, a metà strada esatta della mutazione, quando ancora
hanno solo l’involucro umano, ma mente e sistema appartengono già all’orrenda nuova specie.”
(SCERBANENCO 2005: 185 ss.) Analogamente descrive Fiorello Grassi, uno dei “ragazzi del
massacro”, come un “anormale”, per cui, tuttavia, prova pietà : “ Benché il contatto con quel
ragazzo anormale non gli fosse proprio molto gradito, Duca sentì così sincero l’intenso pianto di lui,
che lo sopportò” (SCERBANENCO 1999:75); “aveva esattamente capito che il ragazzo si sarebbe
ucciso se fosse stato forzato a fare una confessione, e lui non voleva che morisse, perchè era un
ragazzo tarato, ma non era un delinquente”. (SCERBANENCO 1999:77). L’omosessualità vista
come malattia e perversione era l’opinione dominante di quaranta anni fa, e può essere letta come
testimonianza dei tempi; allo stesso modo la “scorrettezza politica”di Scerbanenco gli fa desiderare
di eliminare i criminali senza tanti riguardi e di usare modi violenti durante gli interrogatori dei
presunti colpevoli: “la legge proibisce di ammazzare le canaglie, i traditori di tutti, anzi
specialmente questi che devono avere sempre un avvocato difensore, un processo regolare, una
regolare giuria e un verdetto ispirato alla redenzione del disadattato, mentre invece si può, senza
nessun permesso, innaffiare di proiettili due carabinieri di pattuglia, o sparare in bocca a un
impiegato di banca che non si sbriga a consegnare le mazzette di biglietti da diecimila, o mitragliare
in mezzo alla folla, per scappare, dopo una rapina, questo si può, ma dare un buffetto sulla gota
rosea al figlio di baldracca che vive di canagliate, questo no, la legge lo proibisce, è male, non avete
capito niente di Beccaria, no, lui, Duca Lamberti, non aveva capito niente Dei delitti e delle pene,
era un grossolano e non aveva speranza di raffinarsi, ma gli sarebbe piaciuto incontrare quelle
canaglie, lui glieli avrebbe dati, i buffetti sul viso”. (SCERBANENCO 1999:125). Come
acutamente osserva Luca Doninelli nella prefazione a Venere privata (SCERBANENCO 2005: V),
il crimine per Scerbanenco è mercimonio, ed è legato soprattutto al mercato del sesso: nel romanzo
I milanesi ammazzano al sabato, ad esempio, gli sfruttatori non hanno scrupoli nel rapire una
povera ragazza debole di mente per farla prostituire, per poi arrivare a bruciarla viva quando si
rendono conto che è diventata pericolosa. In Dove il sole non sorge mai la contessina Emanuela
Sinistalqui fugge dalla casa di sua nonna, quando si rende conto che è una casa di appuntamenti.
“Se fosse vivo oggi, forse Scerbanenco si occuperebbe di commercio di organi, di prostitute dell’est
europeo, di compravendita di bambini, dell’orrore dell’industria pornografica” (SCERBANENCO
2005 :V).
Il linguaggio
Lo stile dell’autore è essenziale, asciutto, fotografico, e riesce a comunicare al lettore un’immagine
precisa, come se stesse vedendo un film. Pier Vittorio Tondelli disse di lui: ”Il talento descrittivo è
la sua qualità maggiore, egli sa impossessarsi sadicamente delle manie della gente comune, sa
manipolare con perfidia glaciale il kitsch piccolo borghese”. I romanzi procedono generalmente su
due piani che si intersecano: la ricerca dell’assassino, meccanismo fondante del giallo,con
l’andamento incalzante degli interrogatori che il detective fa alle persone sospettate e ai conoscenti
della vittima, e le riflessioni interiori del detective, formulate tramite il discorso indiretto libero, in
cui domina una scrittura che si avvicina all’uso comune, quotidiano, orale. Come osserva Luca
Crovi (CROVI 2002), Scerbanenco riuscì a portare nelle sue opere il linguaggio duro e spietato
della strada; nell’idioma di Scerbanenco, infatti, si riscontrano varie concessioni al parlato e al
colloquiale, con caratteristiche dell’italiano dell’uso medio o neostandard che sociolinguisti come
Francesco Sabatini e Gaetano Berruto avrebbero descritto una ventina di anni dopo. Nei suoi
romanzi si trovano quindi spunti interessanti di lingua d’uso, che possono essere fatti notare agli
apprendenti. Un tratto tipico dell’italiano neostandard è la presenza dei pronomi personali soggetto
lui, lei in sostituzione di egli, ella; Scerbanenco negli anni Sessanta usa già il pronome personale
soggetto femminile lei, mentre continua a usare raramente egli come pronome maschile: preferisce
omettere il soggetto, come nella frase “andò a piedi, da casa alla Questura”(SCERBANENCO
2007:22). In Traditori di tutti e I ragazzi del massacro appare lui come pronome personale soggetto
maschile: “Lui aveva finito, ma lei stava dicendo delle cose interessanti, e finse di
continuare”(SCERBANENCO 2007:40); “Lei era una prostituta veterana che riconosceva i
poliziotti anche da trenta metri di altezza, e lui era un magro ragazzo di quattordici anni troppo
cretino per vivere”. (SCERBANENCO 2006:119). Non mancano spaccati di parlato triviale con
disfemismi: “Brutti merdosi” ripete più volte la donna di un bandito a Duca Lamberti e a
Mascaranti in Traditori di tutti; Duca Lamberti stesso, riflettendo sul caso che sta cercando di
risolvere e usando il discorso indiretto libero, si abbandona al parlato colloquiale: “Questi
buggeroni di criminali, possono fare quello che vogliono, poi c’è sempre una donna scriteriata che
chiacchiera, che va in giro a raccontare ogni storia” (SCERBANENCO 1999:90). Sono presenti
frasi segmentate, con dislocazione a sinistra del complemento oggetto e ripresa pronominale: “Mi
scusi, le foto le faremo dopo” (SCERBANENCO 2005:185), e frasi con la “relativa debole”,
introdotte da un elemento invariabile, che, a cui si aggiunge un elemento di ripresa, generalmente
un clitico, che segnala il ruolo sintattico dell’elemento relativizzato: “Ed è gente che non ci si può
fidare” (SCERBANENCO 2000: 172); “quello di sedici anni, che non gli piacciono le donne”
(SCERBANENCO 1999:78). L’uso del “che polivalente”, così comune nell’uso colloquiale
odierno, è sorprendentemente presente nei testi di Scerbanenco, in anni in cui gli scrittori erano
certamente più attenti alla norma linguistica; un esempio è: “stia tranquillo che ritroviamo la sua
bambina” (SCERBANENCO 1994:4), dove che ha un valore causale. Una frase scissa introdotta da
“Non è che” seguito dal contenuto proposizionale residuo è un altro interessante elemento
dell’italiano neostandard, soprattutto in unione a un’altra proposizione che presenta una
dislocazione a sinistra: “un giovane invertito implicato nel mostruoso massacro di una povera
maestrina, non è che la società vada in fallimento, se lo perde.”(SCERBANENCO 1999:76).
Interessanti espressioni gergali tipiche di quegli anni, ormai desuete, si trovano in Venere privata:
“Forse lei è rimasto alle ragazze con la giacca di pelle vicino al juke-box, alle bruciate del 1960 coi
capelli lunghi all’annegata: quelle sì, secondo lei, possono battere il marciapiede, le altre
no.”(SCERBANENCO 2005: 160). Altrettanto interessante è l’espressione “che bella sgarzolina”,
per indicare una bella ragazza, completamente fuori uso al giorno d’oggi (SCERBANENCO 2005:
ibidem). In La sabbia non ricorda lo scrittore gioca con la lingua, creando neologismi legati alle
star cinematografiche degli anni Sessanta: “[...] una ragazza di paese che si dava le arie brigittose
delle forestiere”(SCERBANENCO 2000:110), e, con un taglio bozzettistico e colloquiale, descrive
la serata al bar di una comitiva di ragazzi: “In quel locale quasi in aperta campagna, non c’era
pericolo di disturbare nessuno e il juke box marciava al massimo volume con intorno la ragazzaglia
che si dimenava mentre Celentano latrava scatenato: <<Mai, mai, mai più ti amerò come prima>>.
(SCERBANENCO 2000:109). Anche il dialetto fa capolino nei suoi romanzi per dare maggiore
enfasi ed espressività; ad esempio, in I milanesi ammazzano al sabato Amanzio Berzaghi ricorre al
milanese quando viene accusato di aver ucciso gli assassini di sua figlia: “Certo, signori, che non è
giusto ammazzare, segùra de sì, che l’è minga giust!” (SCERBANENCO 1994: 169), mentre in
Ladro contro assassino Carlone, un anziano contadino di Passignano sul Trasimeno, in provincia di
Perugia, usa il vernacolo perugino: “Oh, chi sè tu?”; “Ih che vòi che nun te faccia entrà, poverina,
per venire qui a quest’ora di notte devi averne di pena in còre.” (SCERBANENCO 1975: 83).
L’assenza di linguaggio politically correct, diffuso in America ma non ancora nell’Italia di quegli
anni, si riscontra nell’uso di termini come “terrone” rivolto a uno sfruttatore di prostitute
meridionale: “Entra, terrone, se no ti spacco la faccia!” (SCERBANENCO 1994: 55), e nell’uso dei
termini “negro” e “negra”, non ancora trasformati in “afroamericano/a” o “di colore”: l’autore parla
di una prostituta, Herero, chiamandola ripetutamente “la negra” in I milanesi ammazzano al sabato
(SCERBANENCO 1994: 82 ss) e la donna stessa, quando Duca Lamberti gli chiede la sua identità,
si definisce “negra prostituta”. Il detective, tuttavia, tratta la “negra” Herero con grande sensibilità e
umanità, a dimostrazione del fatto che non solo con i termini politicamente corretti si porta rispetto
verso gli altri, ma anche con un atteggiamento solidale. Le frasi sono brevi, ad effetto, e per quanto
riguarda le scelte sintattiche si può notare una netta preferenza per la paratassi. Lo stile secco e l’uso
rigoroso della punteggiatura riflettono la sua capacità di interpretare gli eventi in conformità a
parametri razionali. Nei romanzi ambientati a Milano sono frequenti varianti lessicali regionali,
come l’articolo davanti ai nomi propri, uso tipico della varietà diatopica settentrionale (il Piero, la
Giovanna), termini milanesi come pappa “sfruttatore di prostitute”, trani “bettola, osteria” e
geosinonimi come tapparelle “serrande avvolgibili”, in uso nel nord Italia, mentre in Toscana e al
centro-sud si preferisce serrande, e al centro-sud anche persiane. Le caratteristiche stilistiche
dell’autore sono descritte con maestria da Carlo Lucarelli: “Lo stile di Scerbanenco è asciutto,
veloce e diretto, a volte addirittura sgrammaticato e quasi dialettale. Le virgole, spesso, scombinano
la frase, la inceppano, e ai dialoghi mancano verbi e soggetti. E' perché è lo stile del linguaggio
parlato, ma non quello pensato dagli scrittori quando vogliono imitarlo, quello parlato veramente,
con la voce, e te ne accorgi appena te lo fai risuonare in testa, sonoramente, come se leggessi a voce
alta. Poi, appena il periodo scorre e corre il rischio di andare troppo veloce, ecco una parola strana,
anche antica, che blocca tutto, fa riflettere su quello che si sta leggendo e fa capire che quello stile
così realistico è il frutto consapevole della scelta di un grande scrittore.”
( http://www.ilportoritrovato.net/html/lucarelliart4.html)
Percorsi didattici
Per avviare la riflessione degli studenti alle componenti emotive connesse a un romanzo giallo, si
può discutere sulla paura e su ciò che la provoca: che cosa ci fa paura? Le nostre paure sono
oggettive, reali oppure irrazionali? Si può esaminare anche la parola “delitto” e discutere su quali
possono essere le motivazioni di un crimine: individuali, come quelle di un serial killer, o sociali,
come risultati di una corruzione e di una degenerazione del potere politico ed economico. L’autore
può essere presentato tramite la lettura della sua autobiografia, che aiuta a introdurre il suo pensiero
e la sua visione del mondo. Si procederà poi alla lettura del testo e alla verifica della comprensione
globale mediante un questionario con domande aperte. La lettura analitica è utile per presentare le
caratteristiche dell’impianto narrativo riscontrabili nel poliziesco. Scerbanenco usa in prevalenza il
racconto-enigma, che si sviluppa dall’effetto, rappresentato dalla scoperta di un delitto, per risalire
alla causa, al movente del crimine: dal punto di vista cronologico, procede dunque a ritroso.
L’indagine del detective, che avviene ricostruendo un puzzle tramite il ragionamento, riesce infine a
risolvere l’enigma e a dare una spiegazione degli avvenimenti. Il racconto giallo è una macchina
narrativa guidata da meccanismi di suspense che conducono a un finale a sorpresa; è fondamentale
che il coinvolgimento emotivo del lettore resti costante fino in fondo, e per mantenere viva la sua
curiosità occorrono rapidità d’azione, frequenti e imprevedibili colpi di scena, dialoghi fitti ed
essenziali, “monologhi interiori” del detective che spieghino a poco a poco il dipanarsi del mistero.
La lettura analitica pone inoltre l’attenzione sulle strutture linguistiche e il loro rapporto con la
natura comunicativa e pragmatica del testo, allo scopo di individuare gli elementi che
contraddistinguono lo stile dell’autore. Si può passare poi alla riesposizione e alla riformulazione
dei contenuti del testo tramite il riassunto, che può essere guidato tramite una serie di tecniche: la
“scaletta” che indica il percorso da seguire, con le parole e le espressioni chiave che devono trovare
un’idonea sistemazione nel testo che l’allievo ricostruisce; la riorganizzazione delle informazioni, in
cui l’allievo deve dare il giusto ordine alle informazioni che vengono fornite in ordine sparso,
ricostruendo un testo che sia una sintesi di quello di partenza mediante l’uso di connettivi e di altri
elementi informativi; il riassunto con assunzione di ruoli, in cui si chiede agli studenti di assumere il
punto di vista di un personaggio della storia o di un ipotetico spettatore. Il romanzo giallo offre
interessanti spunti per la produzione orale, in quanto favorisce il confronto sugli aspetti
‘interculturali’: gli studenti possono fare confronti con genere il poliziesco dei loro paesi, e si
possono comparare personaggi letterari e caratteristiche principali dei protagonisti, come
commissari, detective ecc. Nella fase di produzione scritta gli studenti possono elaborare racconti
polizieschi a partire da alcuni elementi, oppure costruire racconti come un puzzle: sono forniti dati
che caratterizzano i protagonisti, l’ambiente, il tempo, il tipo di esordio e la forma con cui si chiude
il racconto (finale a sorpresa, drammatico, lieto, ecc). Un’ulteriore possibilità è quella di
completare racconti in cui è fornito l’inizio o la fine. Proponiamo di seguito alcuni suggerimenti per
la produzione orale e per la produzione scritta di racconti gialli, da utilizzare in classi di studenti di
livello avanzato, corrispondente al livello C1 del Quadro Comune Europeo. A questo livello, infatti,
il discente è in grado di capire testi lunghi di narrativa contemporanea, di discutere di aspetti
complessi della lingua e delle sue sfumature di stile e di registro a seconda del contesto
comunicativo e di scrivere testi lunghi e articolati che descrivano situazioni o personaggi fittizi,
anche proseguendo incipit già redatti.
Produzione orale
L’insegnante comunica agli studenti che un noto romanzo di Scerbanenco si intitola I ragazzi del
massacro e li invita a formulare ipotesi sulla trama. In seguito, gli studenti leggono la
presentazione del libro, in modo da poter verificare l’esattezza delle loro ipotesi.
Un’aula scolastica, una lavagna piena di parolacce e disegni osceni e il cadavere di una giovane
donna completamente nuda, orrendamente massacrata di botte, i suoi abiti sparsi dappertutto. La
vittima è Matilde Crescenzaghi, fragile e delicata signorina della piccola borghesia dell’alta Italia,
“insegnante di varie materie e anche di buona educazione” nella scuola serale Andrea e Maria
Fustagni: un ambiente non molto raccomandabile, visto che spesso gli studenti sono già passati per
il riformatorio o vengono da famiglie difficili. A risolvere il caso sarà un personaggio famoso come
Duca Lamberti, medico e investigatore, alle prese questa volta con un ambiente insolito, morboso,
feroce.
Successivamente, l’insegnante presenta il seguente brano tratto dal romanzo:
I ragazzi per entrare a scuola dovevano suonare il campanello, la custode doveva aprire la porta e
quindi poteva sapere chi era entrato, e infatti aveva testimoniato che la sera del massacro erano
entrati undici ragazzi. [..] Al di là di ogni dubbio la custode della scuola aveva testimoniato di
averli visti entrare poco prima delle sette di sera, e aveva firmato la sua testimonianza. Erano già
stati interrogati, e la comune difesa degli undici giovani delinquenti era stata semplice e puerile:
ciascuno affermava che lui non aveva fatto nulla, erano stati gli altri compagni a seviziare la
maestra, ma lui no. La polizia scientifica aveva preso tutte le impronte possibili e presto si sarebbe
saputo cosa era successo. Ma prima che alle dieci del mattino arrivasse il giudice istruttore, Duca
voleva interrogarli, e soprattutto voleva vederli in faccia.
(adattato da: Scerbanenco, G., I ragazzi del massacro, 2006 (III ristampa), Milano, Garzanti, pp.
26-27).
Dopo la lettura, si può inscenare una detective story. Uno studente impersona Duca Lamberti e
interroga i compagni di classe, che rappresentano le persone coinvolte nell’omicidio
dell’insegnante. Chi impersona il detective deve fare domande precise, cercando di capire chi
mente. Gli altri studenti devono narrare la loro versione dei fatti, cercando di non cadere in
contraddizione e di non fornire indizi a loro carico.
Produzione scritta
RIFORMULAZIONE DI UN RACCONTO GIALLO
Riorganizzate le seguenti informazioni espresse in frasi singole in periodi complessi con
proposizione coordinate e subordinate:
Rinaldino ed Enrichella non avevano i soldi necessari per sposarsi. Decisero di fare una rapina in
un negozio di polli. Fissarono la data: sabato 31 marzo. Decisero di rubare una macchina. Lui
pensò di tingersi il viso di nero. Avrebbe minacciato le proprietarie con una rivoltella finta all’ora
di chiusura. Lei lo avrebbe aspettato fuori. Avrebbero abbandonato la macchina. Sarebbero tornati
a casa a piedi. Il venerdì 30 rimasero fuori casa fino alle due di notte. Era molto freddo.
Dovevano parlare del piano. Enrichella non dormì tutta la notte. Aveva paura. Al mattino chiamò
la sorellina. Le disse di andare da Rinaldino. Doveva dirgli che lei aveva la febbre. Lui doveva
venire a trovarla.
La sorellina andò da Rinaldino. Tornò. Anche Rinaldino aveva la febbre. Non poteva venire. Il
giorno dopo Rinaldino andò a trovarla. Si rammaricò di avere avuto la febbre il giorno prima. Non
sapeva recitare. 1
ELABORAZIONE DI UN RACCONTO GIALLO A PARTIRE DA UNA TRACCIA
Sulla scorta degli elementi sotto riportati, costruite un racconto giallo e scegliete un titolo
appropriato alla trama.
Il delitto avviene in estate, sulle spiagge dell’Adriatico. Un uomo giace sulla sabbia con la gola
squarciata: è un siciliano, si chiama Giannuzzo. Era venuto a Lignano Sabbiadoro per minacciare
Roberto, che aveva sedotto sua sorella Maruzza. Roberto gli aveva dato del denaro, ma lui
1
La trama è tratta dal racconto “La rapina del 31”, in: SCERBANENCO, G., 1996, Millestorie, Milano, Frassinelli.
continuava a chiederne sempre di più. La sera in cui è avvenuto il delitto i due avevano fatto a
pugni e Roberto, alla fine, aveva dato altri soldi a Giannuzzo e poi lo aveva accompagnato in
macchina fino alla spiaggia. La mattina dopo due carabinieri lo trovarono morto. Il medico legale
accertò che la morte era avvenuto tra le undici e l’una di notte, e che Giannuzzo era stato ucciso
con un colpo di coltello. L’arma del delitto non è stata ritrovata. Roberto l’aveva lasciato poco
dopo le 11. Giannuzzo frequentava una ragazza tedesca, Gertrude, in vacanza a Lignano
Sabbiadoro, e chiedeva continuamente soldi anche a lei. Gertrude è partita all’alba del giorno
dopo in cui è avvenuto il delitto. Indaga sul delitto l’ispettore di polizia Alberto Missaglia, che
scopre che l’assassino aveva scritto sulla sabbia la parola “Morgen”; ma qualcuno l’aveva
cancellata...2
COSTRUZIONE DI UN RACCONTO GIALLO COME UN PUZZLE
Costruite il racconto giallo scegliendo, di volta in volta, un’opzione tra quelle proposte. A lavoro
concluso, scegliete un titolo che possa spiegare lo svolgimento della trama.
Presentazione del protagonista
Mario è:
-un borseggiatore appena uscito dal carcere;
-un ragazzo laureato da poco;
-un appassionato di racconti gialli;
-un manager di una nota azienda.
Il tempo d’ambientazione
La vicenda si svolge:
-in un’epoca del passato;
-negli anni 60;
-negli anni 80;
-nel futuro.
Il luogo d’ambientazione
La vicenda è ambientata:
-negli Stati Uniti;
-in Germania;
-in Italia, tra Genova e Torino;
-in Italia, tra Milano, Perugia e Orvieto.
Esordio
Mario:
-legge un libro giallo e trova un’inquietante somiglianza con un fatto recente di cronaca nera;
-va a fare una gita ad Orvieto con Caterina, la sua ragazza;
-aspetta a casa una giornalista che deve passare da lui per un’intervista;
-legge gli annunci di lavoro sul giornale e scopre un messaggio in codice.
Svolgimento della storia
Mario:
2
La trama è tratta dal romanzo La sabbia non ricorda, di SCERBANENCO, G., 2000, Milano, Garzanti.
-incontra un assassino;
-assiste a una rapina in una banca ed è preso come ostaggio;
-dopo un delitto, è scambiato per l’assassino;
-è testimone involontario di un delitto.
Epilogo
Che tipo di finale ha il racconto?
-Lieto fine;
-drammatico;
-a sorpresa, con un colpo di scena;
-inquietante. 3
COSTRUZIONE DI UN RACCONTO GIALLO DI CUI E’ DATO L’INIZIO
Costruite il vostro racconto giallo a partire dal seguente incipit: descrivete, in particolare, che fine
ha fatto la ragazza, chi può averla rapita e la reazione di suo padre.
Donatella è scomparsa. E’ bellissima, sembra una svedese, con quei lunghi capelli biondi e quel
profilo antico. Ma è debole di mente: per la strada guarda gli uomini, sorride a tutti e, qualunque
cosa le dicano, risponde di sì. Perciò suo padre, il vecchio Amanzio Berzaghi, un ex camionista, la
tiene chiusa in casa, tra bambole e dischi di canzonette. Ma una mattina l’ex camionista non la
trova più...Il caso viene affidato all’investigatore Duca Lamberti, che cerca la ragazza nei
bassifondi di Milano, tra sfruttatori e case d’appuntamento.4
ATTIVITA’ DI FOLLOW-UP
Al fine di un approfondimento sulle tematiche del giallo, si potrebbe ricorrere a un project work da
eseguire in parte fuori dalla classe, in cui gli studenti leggono altre opere dell’autore, procedendo
poi a una rielaborazione e a un giudizio critico su di esse. Alla fine di quest’attività, gli allievi
dovrebbero essere in grado di creare il personaggio di un investigatore e di renderlo protagonista di
un breve racconto; si potrebbe ricorrere altresì a un’attività di produzione orale come il talk-show,
in cui uno studente impersona il detective Duca Lamberti -o un detective immaginario creato da
loro stessi- e gli altri compagni lo intervistano in merito alle sue avventure, alle sue esperienze in
merito alle vittime di azioni criminali, agli assassini e alle diverse modalità di risoluzione di un
crimine. Sarebbe interessante, infine, procedere alla visione di qualche spezzone dei film tratti dai
racconti di Scerbanenco (“Milano calibro 9” di Fernando Di Leo tratto dai racconti omonimi, “Il
caso ‘Venere privata’” di Yves Boisset, “I ragazzi del massacro” di Fernando Di Leo, “La morte
risale a ieri sera” di Duccio Tessari, tratto da “I milanesi ammazzano al sabato” ) e mettere a
confronto i libri con le versioni cinematografiche.
BIBLIOGRAFIA
3
Uno dei possibili percorsi del puzzle si riferisce, a grandi linee, alla trama del romanzo Ladro contro assassino, in
Metropoli del delitto, 1975, Milano, Garzanti, pagg.71-149.
4
I milanesi ammazzano al sabato, 1994, Milano, Garzanti.
BALBONI, P.E., Le sfide di Babele. Insegnare le lingue nelle società complesse, 2002, Torino,
Utet.
BERRUTO, G., 1987, Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo, Roma, La Nuova Italia
Scientifica.
CARLONI, M., 1994, L’Italia in giallo, Reggio Emilia, Diabasis.
CROVI, L., Tutti i colori del giallo. Il giallo italiano da De Marchi a Scerbanenco a Camilleri,
2002, Venezia, Marsilio.
DONINELLI, L. “Prefazione”, in: SCERBANENCO, G., Venere privata, 2005 (IV ristampa),
Milano, Garzanti, pp. I-VIII.
OLIVA, C, “Prefazione”, in: SCERBANENCO, G., Traditori di tutti, 1998, Milano, Garzanti,pp. IVI.
PISTELLI, M., Un secolo in giallo. Storia del poliziesco italiano (1860-1960), 2006, Roma,
Donzelli.
SABATINI, F., 1985, “L’’italiano dell’uso medio: una realtà tra le varietà linguistiche italiane”, in:
Gesprochenes Italienisch in Geschichte und Gegenwart, Tübingen, Gunter Narr Verlag, pp. 154184.
SCERBANENCO, G., Venere privata, 2005 (IV ristampa), Milano, Garzanti
SCERBANENCO, G., La sabbia non ricorda, 2000, Milano, Garzanti
SCERBANENCO, G., I ragazzi del massacro, 1999 (II ed.), Milano, Garzanti.
SCERBANENCO, G., Traditori di tutti, 1998, Milano, Garzanti.
SCERBANENCO, G., Millestorie, 1996, Milano, Frassinelli.
SCERBANENCO, G., I milanesi ammazzano al sabato, 1994, Milano, Garzanti.
SCERBANENCO, G., Metropoli del delitto, 1975, Milano, Garzanti.
SITOGRAFIA
http://www.homolaicus.com/letteratura/genere_poliziesco.htm
http://www.agoramagazine.it/agora/spip.php?article%3225
http://www.thrillermagazine.it/
http://www.arts.ed.ac.uk/italian/gadda/Pages/resources/archive/periphery/pierigiallo.php
http://www.ilportoritrovato.net/html/lucarelliart4.html