OGM-LA-GRANDE-TRUFFA_Dario-Dongo
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OGM-LA-GRANDE-TRUFFA_Dario-Dongo
Copyright © Great Italian Food Trade Ottobre 2015 Copertina: Renato Floris Coordinamento editoriale: Marta Strinati Edizione digitale: Marco Pigliapoco È incoraggiata la riproduzione e la diffusione, citando l’autore Dario Dongo e il sito greatitalianfoodtrade.it PREMESSA Al Professor Adelino Cattani, docente di Teoria dell’argomentazione all’Università degli Studi di Padova, va il merito di avere organiz1 zato in Expo, al Palazzo della Biodiversità il 10 luglio 2015, una disputa dialettica su ‘OGM, Pro e Contro’ . L’occasione è valsa a raccogliere alcune idee, per un breve esercizio di logica che non pretende ragione né esaustività. Si propone piuttosto, agli operatori della filiera e ai consumatori interessati, di approfondire la riflessione con alcuni spunti che si ha il piacere di condividere. Il testo che segue è partigiano, di denuncia e mobilitazione. Contro la gigantesca frode delle ‘Corporations’ che, dietro false promesse di ‘evoluzione’, usano gli OGM come un semplice ‘cavallo di Troia’ per realizzare il predominio diretto sulla produzione globale delle derrate agricole di base. Basta costringere la filiera alla dipendenza dai propri mezzi, e il controllo sull’oro verde potrà estendersi a vari altri aspetti di economia, politica, società. Imperialismo. Sine cura della devastazione del pianeta e dei suoi ecosistemi, la salute delle popolazioni e degli animali. Tifiamo rivolta! Gli argomenti trattati e le riflessioni che ne derivano trovano suffragio in documenti di lavoro di organizzazioni internazionali, università e studi di ricerca indipendente etc, citati mediante appositi link. Affinché ciascuno possa liberamente approfondire i vari temi 2 esposti, e sviluppare le proprie idee quanto possibile prive di condizionamenti esterni. ‘None but ourselves can free our mind’. Buona lettura, e buona Vita! Dario 1 La disputa dialettica su ‘OGM, Pro e Contro’ in Expo, nel Padiglione della biodiversità, è stata concepita e proposta nell’ambito di una attività di formazione degli studenti al dibattito regolamentato, denominata “Palestra di Botta e risposta”. 2 ‘Nessuno al di fuori di noi può liberare le nostre menti’, Bob Marley, ‘Redemption Song’, 1979. IDENTIKIT Cosa è un OGM Secondo la FAO (Food and Agriculture Organization), ‘A genetically modified organism (GMO) is an organism in which one or more genes (called transgenes) have been introduced into its genetic material from another organism using recombinant DNA technology. For example, the genes may be from a different kingdom (such as from a bacterium to a plant) or a different species within the same kingdom (e.g. from one plant species to another)’. Secondo la Direttiva europea 2001/18, un OGM è ‘un organismo, il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura con l’accoppiamento e/o la ricombinazione genica naturale’. Non sono considerati “organismi geneticamente modificati” tutti quegli organismi il cui patrimonio genetico viene modificato a seguito di processi spontanei (modificazioni e trasferimenti di materiale genetico avvengono infatti in natura in molteplici occasioni e tali processi sono all’origine della diversità della vita sulla terra), o indotti dall’uomo tramite altre tecniche che non sono incluse nella definizione data dalla normativa. Dove si trova Le coltivazioni OGM nel 2014 hanno occupato complessivamente 181,5 milioni di ettari (ha), in 28 Paesi. Con una straordinaria crescita di anno in anno, rispetto agli 1,7 milioni (mln) di ha nel 1996. Nella pole position si trovano USA (70 mln ha), Brasile (42,2 mln ha), Argentina (24,3 mln ha), India e Canada a pari merito (11,6 mln ha). A seguire - con appezzamenti assai inferiori, se pur superiori ai 50.000 ha, e dalle svariate caratteristiche - Cina, Paraguay, Pakistan, Sud Africa, Uruguay, Bolivia, Filippine, Australia, Burkina Faso, Myanmar, Mexico, Spagna, Colombia, Sudan. Quali colture interessa Le piantagioni biotech più diffuse riguardano soia (90,7 mln ha, l’82% della soia planetaria), cotone (25,1 mln ha, il 68% del cotone globale), mais (55,2 mln ha, 30%), colza (36 mln ha, 25%). Seguono patate e riso, in quote minori zucchine e pomodori, papaya e banane. Le vendite di sementi OGM su scala mondiale hanno raggiunto i 15,7 miliardi di US$, circa il 35% del mercato delle sementi (45 miliardi di dollari USA, dati 2014). ‘AGROTOXICOS’, IL BUSINESS VENEFICO DEI PESTICIDI La diffusione delle colture geneticamente modificate è uno strumento di controllo della produzione agricola globale e al contempo un’arma di distruzione di massa innescata in ogni dove. Oltre a disperdere ‘Franken-genes’ negli habitat naturali, con effetti che vedremo 3 più avanti, avvelena il pianeta con gli ‘agrotoxicos’ . Inquinanti ‘scaricati’ in quantità crescente, senza alcun riguardo per ogni questione che esuli dal profitto dei pochi. Resistenza ai pesticidi. La ‘Rivoluzione Grigio Fumo’ Dalla Green revolution alla Smoke Grey Revolution. L’obiettivo primario del business globale è la resistenza ai diserbanti, il cui fiorente mercato vale oltre il quadruplo del biotech (54 miliardi di US$). Due piccioni (morti) con una fava (OGM), a esclusivo profitto dei pochi monopolisti di entrambi, che spesso coincidono. Viene perciò promosso un modello agricolo che si basa su monocolture intensive di sementi sterili, le quali sono progettate al preciso scopo di resistere - esse soltanto - a inondazioni di glifosato e altri veleni che si accumulano nei suoli e inquinano irreversibilmente le piogge e i corsi d’acqua. ‘A scientific report published in 2012 (Benbrook) analyzes the use of agritoxins in the United States in the production of GM soy, maize, and cotton from 1996 to 2011, and it demonstrates that GM varieties increased the use of agritoxins by more than 183 million kilograms in those eighteen years’. ‘Herbicide resistance is by far the most common genetically modified trait in commercial agriculture. Currently, two of these herbicide systems are commonly used: Roundup Ready (active ingredient: glyphosate) and LibertyLink (active ingredient: glufosinate). ‘All GMO soybean planted today is herbicide resistant’. Negli Stati Uniti, anche la totalità del cotone OGM e quasi l’80% del mais appartengono alla categoria dei ‘resistenti ai pesticidi’. L’85% delle colture OGM nel pianeta risulta essere progettato per la resistenza al glifosato e altri venefici erbicidi, il cui impiego è perciò aumentato in misura straordinaria, così come la loro residuazione in alimenti e mangimi. Al punto che numerosi governi, per garantire la copertura legislativa della soia OGM, avrebbero aumentato fino a 200 volte i limiti di residui di glifosato ammessi nei cibi (Bøhn and Cuhra, 2014). Gli effetti sono già manifesti nell’ambiente in cui viviamo. Uno studio pubblicato nel 2014 sul ‘Journal of the American Water Resources’ conferma la presenza di glifosato - spesso in compagnia dell’altrettanto micidiale ‘aminomethylphosphonic acid’ (AMPA) - in terreni e sedimenti, fossi e canali, piogge, fiumi e torrenti, talora anche laghi e stagni, paludi, acque profonde e di superficie, nei 38 degli Stati Uniti d’America oggetto di dieci anni di monitoraggio. 4.000 scuole elementari in USA sono esposte all’inquinamento atmosferico da tali agenti. Acqua potabile e latte materno, dall’India alla Germania, risultano a loro volta contaminati da glifosato in quantità preoccupanti. 34.000 intossicazioni da ‘agrotoxicos’ in Brasile, registrate dal Ministero della Salute dal 2007 al 2014. Residui di glifosato e AMPA, va da sé, nella quasi totalità dei campioni di urine analizzate in un recentissimo studio argentino. Ed è così dappertutto, anzi è facile immaginare che la situazione sia ancor peggiore laddove le leggi, le ricerche e le sensibilità siano meno spiccate. 3 È questa la definizione più coerente dei c.d. ‘agro-chemicals’, che solo in Italia i furbetti di settore sono riusciti a tradurre e presentare come ‘fitofarmaci’, addirittura come ‘medicine’ nel gergo dei purtroppo ingenui agricoltori nostrani. ‘Profit over people’ è la sinapsi che residua alla neurotossicità indotta dal glifosato, la cui estrema pericolosità abbiamo già riferito nei dettagli (cfr. Allegato, editoriali ‘Glifosato, Arma Distruzione di Massa’ e ‘Glifosato, Mò Basta!’). Interferenze endocrine e metaboliche e così infertilità, malformazioni del feto e danni al DNA e cancerogenicità (IARC, WHO), danni al fegato e ai reni, forte correlazione con autismo, celiachia, resistenza agli antibiotici. Pericoli concreti, valutati dalle accademie e da enti internazionali come l’Agenzia OMS per la ricerca sul cancro, che riguardano anche altri pesticidi di largo impiego, come l’atrazina e il 2,4 D. Ma le lobby dei colossi dell’agro-chimica sono così potenti da essere riuscite a bloccare le politiche europee sugli interferenti endocrini, con il supporto dei funzionari USA incaricati di condurre i negoziati sul TTIP, il Trattato di libero scambio tra Unione europea e Stati Uniti. Ed è facile immaginare altrettanto efficaci freni negli Stati Uniti, ove pure la ‘Environmental Protection Agency’ dovrebbe portare avanti le ricerche sui rischi per la salute umana dei c.d. ‘endocrine disruptors’, nonché valutare il rischio di estinzione di oltre 1.500 specie vegetali e animali messe in pericolo a causa dal massiccio impiego di pesticidi, che residua nel 95% delle derrate agricole USA. 4 Le popolazioni iniziano a reagire, là dove hanno possibilità di comprendere l’estrema gravità del fenomeno. Ma 1,5 milioni di firme sulle petizioni internazionali non sono finora bastati a smuovere le Autorità competenti, per rivalutare il rischio legato all’esposizione a questi veleni. Addirittura, le Autorità federali americane non hanno previsto controlli di sorta sui residui di glifosato negli alimenti, né tantomeno il monitoraggio della sua presenza nel sangue e tessuti umani. Mancano del tutto perciò i dati sul livello di esposizione a tali sostanze di coloro che lavorino nei campi o vivano nelle vicinanze, e di chi si nutra con alimenti ove ne residuino tracce (oltre il 90%, secondo la ‘Washington State University’). 5 Quali conseguenze? Il business dei pochi è concepito per alimentare una dipendenza continua e crescente dai pusher di agrochimica e biotech. Poiché i semi sono sterili e la loro efficacia è comunque limitata nel tempo. Quand’anche i monopoli di brevetto saranno scaduti, gli utilizzatori dovranno acquistare altri pesticidi - poiché quelli originari non saranno più capaci di resistere alla naturale evoluzione dei parassiti - e fertilizzanti chimici idonei a salvare i terreni, frattanto inariditi da monocolture intensive e veleni. In attesa di innovative sementi OGM, e nuovi vincoli brevettuali. ‘Widespread planting of Roundup Ready corn and soybeans, and associated widespread use of Roundup weed killer, has contributed to the rise of weeds resistant to glyphosate. The weed resistance problem has become such a significant problem for crop production that farmers are seeking alternatives, and Monsanto and its rivals in the agrichemical industry are racing to introduce new options for glyphosate and Roundup Ready crops’ (Reuters, 24.6.2015). Proprio in ragione della accresciuta e fisiologica resistenza delle piante ‘target’, sottoposte ad una ‘selezione naturale’ forzata e rapida, già da anni negli USA si è osservato un significativo aumento - fino al 300% sulle piantagioni di mais - anziché un calo nell’uso di pesticidi (Benbrook, Environmental Sciences Europe 2012, 24:24). Così in Brasile, nel 2013 sono stati acquistati pesticidi per 10 mld di US$ (quasi il 20% del mercato globale). E poiché il glifosato non basta, gli agricoltori brasiliani ricorrono a micidiali mix di antiparassitari che sono da anni vietati nei loro stessi Paesi di produzione, Europa e Stati Uniti. Come il paraquat e i carbofurani, già nel 2006 dichiarati intollerabili in USA dalla Environmental Protection Agency. La produzione di queste Weapons of Mass Destruction - al pari dell’industria bellica - prosegue infatti indisturbata, in USA e in Europa, secondo la logica NIMBY (Not In My Back Yard). Un esempio su tutti il desfoliante Agente Orange, prodotto ininterrottamente dal 1948 al 2004 per la deliberata devastazione del pianeta. Proprio quest’anno, con mezzo secolo di ritardo, Monsanto è stata condannata a risarcire i soli reduci americani del Vietnam e gli abitanti di Nitro, West Virginia, ove ha avuto luogo la produzione. E al resto del pianeta? Chi inquina non paga. L’affare è però così lucroso da motivare investimenti miliardari nella ricerca e brevettazione di nuove armi di sterminio, come il progetto Dicamba. La dose si rincara sempre più, niente potrà resistervi al di fuori dei soli OGM precisamente progettati a tal fine, e nessuno 4 Le firme raccolte dalla petizione su https://secure.avaaz.org/en/monsanto_dont_silence_science_loc/?aszsxbb erano 1.417.066 il 7/9/2015. 5 ‘The six largest manufacturers of agrochemicals in the world control 76% of the global agritoxin market. The same six corporations are among the largest seed companies in the world and control 60% of that market. And these six corporations control 100% of the global GM seed market’ (ETC Group, 2013). potrà decidere altrimenti. Poiché già ora l’82% della soia coltivata sul globo è OGM - ‘Round-up Ready’ (cioè glifosato-resistente) - la contaminazione avrà definitivo sopravvento sulla coesistenza. Interferenza endocrina, di che si tratta? Gli “Endocrine Disrupting” (ED), sono un eterogeneo gruppo di sostanze caratterizzate dalla capacità di interferire - attraverso svariati meccanismi - con il funzionamento del sistema endocrino. In particolare, con l’omeostasi degli ormoni sessuali e della tiroide. La definizione classica e ormai unanimemente accettata di distruttore endocrino è la seguente: “An endocrine disrupter is an exogenous substance or mixture that alters function(s) of the endocrine system and consequently causes adverse health effects in an intact organism, or its progeny, or (sub)population“. (Weybridge, UK, 2-4/12/1996). Tra gli effetti indesiderati degli ED, si segnala la loro capacità di legarsi ai recettori intracellulari (IR), al posto di alcuni ormoni prodotti fisiologicamente dal nostro organismo. Gli ormoni, molecole sintetizzate da specifiche ghiandole, vengono liberati nel sistema circolatorio in piccole quantità in risposta a stimoli esterni nonché in funzione del sesso e dell’età dell’individuo. Nel momento in cui gli ED si legano ai recettori intracellulari al posto degli ormoni, il complesso ED-IR si lega a particolari sequenze del DNA inducendo l’attivazione o l’inibizione della trascrizione di geni. E l’inibizione o l’attivazione di geni è strettamente correlata all’aumento o alla diminuzione di una proteina nella cellula. Vale a dire che una variazione anomala dei livelli di una proteina si ripercuote in un funzionamento anomalo del metabolismo cellulare. Di conseguenza, gli ED sono sostanze che mimano gli ormoni endogeni ma possono anche interferire la farmacocinetica. La tossicità di un estrogeno esogeno può coinvolgere una serie di fattori. Il primo, come già detto, è che legandosi agli IR inducano una risposta ormonale “fuori luogo e fuori tempo”; il secondo è che esplichino una azione tossica legata alle loro proprietà chimiche. Infine, c’è anche la possibilità che un ED possa produrre una sbilanciata risposta estrogenica a livello di un tessuto specifico. La riproduzione e lo sviluppo pre- e post-natale sono le fasi biologiche più sensibili agli effetti endocrini degli ED. Numerosi punti restano tuttavia ancora da chiarire, tra questi i meccanismi biologici alla base di tali correlazioni e gli eventuali fattori di suscettibilità e/o di rischio concomitanti. Gli ED possono: - indurre nel feto particolari effetti che non si manifestano fino a che l’organismo non raggiunga l’età riproduttiva; - stimolare particolari cambiamenti a livello biochimico e/o fisiologico che intaccano la capacità riproduttiva di un organismo, senza ridurre il grado di sopravvivenza e la crescita; - influenzare negativamente i processi endocrini caratteristici di alcune specie, ma assenti in altre specie surrogate usate nei test di tossicità. Studi epidemiologici suggeriscono che vi sia una correlazione tra l’esposizione a specifici gruppi di ED e alterazioni dell’apparato riproduttivo, quali ad esempio malformazioni, infertilità, aumentato rischio di seminomi e di endometriosi. Lo spettro di patologie correlabili a questi composti è peraltro ancor più ampio e comprende l’aumento del numero di aborti precoci associato all’esposizione lavorativa a pesticidi, effetti a lungo termine sulla funzionalità tiroidea o riproduttiva in seguito a danni indotti in utero o durante l’infanzia, patologie metaboliche correlabili con un’alterata omeostasi di estrogeni e androgeni. Inoltre, va ricordato che il problema della contaminazione ambientale e quello alimentare sono strettamente ricollegabili tra loro, poiché qualsiasi sostanza dispersa nell’ambiente non può esimersi dall’entrare nella catena alimentare. Nel caso particolare degli ED ci troviamo di fronte, come già ricordato, a sostanze lipofile, che quindi tendono ad accumularsi nel tessuto adiposo dell’uomo e degli animali. Ne deriva che tutte queste sostanze possono venire ritrovate nella carne, nel pesce e nel latte, con loro conseguente trasmissione da madre a figlio durante l’allattamento. Infine e non da ultimo, è emerso negli ultimi anni che gli ED producono anche effetti nocivi a livello neurologico e comportamentale, inducendo alterazioni dello sviluppo e del differenziamento cerebrale, alterazioni del comportamento sessuale e del successo riproduttivo, alterazioni della memoria e deficit cognitivi. OGM, COME LA ‘MANO INVISIBILE’ CONTROLLA IL PIANETA Incremento delle rese, il falso paradigma L’80% della produzione alimentare, a livello globale, è affidata ad aziende familiari. Ma il modello imposto dai colossi del c.d. ‘agrochemical’ - all’insegna del falso paradigma dell’incremento delle rese - impone l’esasperata specializzazione delle colture e l’introduzione massiva di fitofarmaci, mettendo da parte le tecniche agronomiche tradizionali come il sistema di rotazione. E le aziende agrarie, gestite come industrie qualsiasi - a prescindere da dimensioni, luoghi e frutti della produzione - perdono completamente di vista le persone e gli ecosistemi. Quando anche le terre non vengano rapinate ai loro abitanti nei Paesi in Via di Sviluppo (land grabbing), i piccoli agricoltori di fatto in schiavitù sono costretti a pagare le dosi annuali di semi sterili e pesticidi, pur in carenza di resa dei raccolti. Alla storia i quasi 300mila suicidi di coltivatori indiani vincolati al cotone OGM. Le imprese di piccola scala hanno invece bisogno di mezzi produttivi rispettosi delle culture locali, le tradizioni, la biodiversità. La ricerca e sviluppo, come la produzione e la formazione devono perciò venire orientate verso i parametri della eco-agricultura. E allora si lavori e si investano risorse anche pubbliche - come pure sollecitato dalla ‘Union of Concerned Scientists’ - per sviluppare nuove tecniche e strumenti di agronomia sostenibile e biologica, come i rizomi, le micro-spore e i probiotici. È paradossale, come evidenzia la stessa FAO, che ‘in the past, and still today, there has been too much emphasis on genetic modification and GMOs and too little focus on the potential merits of the other biotechnologies and the positive role that they can play for food security and sustainable development in developing countries. The polarized debate has led to these other biotechnologies being overshadowed and is likely to have hindered their development and application’. Ed è questa infatti la direzione dell’Europa, come si evidenzia nella recente riforma della PAC (per il periodo 2014-2020). La fame nel mondo, che viene pure invocata a sproposito dai paladini dell’eugenetica, deve piuttosto venire affrontata con la redistribuzione delle risorse, dall’1 al restante 99%. Come chiarisce la stessa FAO, ‘we do not need GMOs to resolve the current world hunger problem. There is enough food for everybody, but millions of people are poor and simply do not have the money to buy food – that is why access to food is a major problem’. Bisogna quindi affermare gli Equal Rights, che in questo ambito significa garantire il diritto fondamentale di ogni individuo all’acces6 7 8 so al cibo - sicuro, sano, nutriente - e all’acqua potabile . Senza tralasciare i suoi presupposti, Food Sovereignty e Food Democracy . Del 6 Food Security, when all people at all times have access to sufficient, safe, nutritious food to maintain a healthy and active life’ (World Food Summit, 1996) 7 Food sovereignty can be defined as ‘the right of peoples to healthy and culturally appropriate food produced through ecologically sound and sustainable methods, and their right to define their own food and agriculture systems. It puts the aspirations and needs of those who produce, distribute and consume food at the heart of food systems and policies rather than the demands of markets and corporations.’ (Declaration of Nyéléni, the first global forum on food sovereignty, Mali, 2007). Cfr. www.laviacampesina.org 8 ‘Food democracy seeks to organize the food system so that communities can participate in the decision-making, can see the ecological risks and benefits to food system choices, and can respond collectively and accordingly’ (Neva Hassanein, ‘Practicing food democracy: a pragmatic politics of transformation’, Journal of Rural Studies 19, no. 1 (2003): 77-86). resto, se a 2 mld di esseri umani che vivono con meno di 2 US$ al giorno - perciò condannati a vari livelli di malnutrizione - corrispondono 2,2 mld di individui obesi e sovrappeso, non si può credere che la soluzione sia solo quella di ‘produrre più’. Devono poi applicarsi efficaci criteri di sviluppo sostenibile, from the farm to the fork. Otto pianeti non basterebbero neppure a nutrire i soli bovini, se il consumo globale di carni rosse fosse pari a quello degli USA (ove tra l’altro gli sprechi alimentari sono triplicati dal 1960 a oggi). Possiamo davvero credere che la distruzione delle foreste tropicali per impiantarvi monocolture di soia GM a uso mangimistico e palma da olio possano salvare l’umanità? E se pure ci si volesse illudere di ciò, quali sarebbero i costi per l’ambiente, i diritti umani e la salute delle popolazioni? Al contrario, vi è ragione di credere che sia invece la c.d. agroecologia ad avere maggiori possibilità di successo - nel rispetto di ambiente, ecosistemi e biodiversità - anche sotto il profilo dell’incremento delle rese. In poche parole, ‘Agroecology applies the principles of ecology to the design and management of sustainable food systems’ (Steve Gliessman, ‘Agroecology’). In pratica, ‘farmers and researchers work together to develop farming practices that enhance soil fertility, recycle nutrients, optimize the use of energy and water, and, perhaps most importantly, increase the beneficial interactions of organisms with and within their ecosystems’. Senza trascurare un altro aspetto indispensabile a garantire la sostenibilità dell’intera filiera ovunque basata, l’attenzione e il rispetto verso i lavoratori. In Europa, a ben vedere, gli unici Paesi ove si coltiva biotech sono Spagna e Portogallo. È un dato di fatto, l’Europa ha una cultura e un’agricoltura diversa, vuole proteggere la sua biodiversità. Ancora dipende da approvvigionamenti di soia GM per produrre mangimi, a causa della sostanziale indisponibilità di materia prima convenzionale. Eppure si impegna per ridurre i vincoli, aumentare l’autosufficienza. Coldiretti ad esempio, la prima confederazione agricola in Italia e in Europa, sta lavorando con i Consorzi agrari nazionali per lanciare una linea di mangimi OGM free. La grande industria in Italia a sua volta è giunta a dubitare il ruolo stesso degli OGM, proprio perché nessuno di essi è stato pensato per risolvere la fame nel mondo, né per altri nobili scopi che ne giustifichino l’utilizzo. E i suoi pionieri si dedicano ad affrontare il tema della sostenibilità all’insegna del nuovo paradigma - già inteso nel significato, se non anche nella definizione coniata dallo scrivente - di CSV (‘Contributing to Social Values’). Impatto sulla salute umana Tutti gli studi sottoposti a Efsa (European Food Safety Authority) per valutare la sicurezza di nuovi OGM provengono dalle industrie richiedenti (!). Opacità e conflitto di interessi sono in bella mostra, come è possibile attendere l’obiettività di un Risk Assessment (RA) basato sui dati di chi ha investito enormi cifre per vendere il prodotto? Quale considerazione può venire offerta agli aspetti delicati o controversi? A ciò si aggiunge la pressione ‘muscolare’ dei colossi del biotech, platealmente esibita da Monsanto quando minacciò pubblicamente un’azione legale contro l’Autorità europea, per avere quest’ultima pubblicato alcuni dati relativi al dossier MON NK603 (di cui allo studio Séralini più avanti citato). Serve quindi attuare in concreto quanto previsto nel regolamento che ha istituito la stessa Autorità: ‘Occorre far sì che i consumatori, gli altri soggetti interessati e le controparti commerciali abbiano fiducia nei processi decisionali alla base della legislazione alimentare, nel suo fondamento scientifico e nella struttura e nell’indipendenza delle istituzioni che tutelano la salute e altri interessi.’ (reg. CE 178/02, considerando 9. Si vedano anche i successivi articoli 33 - Raccolta dei dati, e 34 - Individuazione di rischi emergenti). I potenziali rischi degli OGM per la salute umana sono molteplici. La FAO ha a suo tempo descritto solo quelli più palesi: - allergie e intolleranze, che sono manifeste nel caso citato dall’Agenzia (trasferimento di geni di noce brasiliana nella soia), meno evidenti e anzi da approfondire in parecchie altre situazioni, - contaminazioni involontarie della filiera alimentare con OGM non autorizzati. FAO richiamava la storia del mais transgenico Starlink, destinato ai mangimi eppur finito nei cibi, ma gli incidenti di questo tipo sono continui, a centinaia solo in Europa. Così come sono attuali le denunce di contaminazioni forse neppure involontarie, da ultimo in Brasile, - resistenza agli antibiotici. I geni che conferiscono antibiotico–resistenza vengono inseriti come ‘markers’ per confermare il successo del mix transgenico. Ma non è dato escludere che la resistenza possa venire trasferita ai destinatari dei prodotti derivati dalla coltura OGM. Gli studi sulla nocività degli OGM per la salute animale sono numerosi. Gli effetti nocivi di lungo termine tendono invece a sfuggire alla ricerca, come alla letteratura ufficiale. Tanto che i pochi audaci ad aver condotto ricerche al proposito - come il Prof. Gilles-Eric Séralini, che ha studiato sui ratti gli effetti di lungo periodo del consumo di mais GM NK603 e sul pesticida Roundup (Monsanto) - hanno subito la reazione violentissima delle lobby. Il primo studio Séralini, pubblicato su Food and Chemical Toxicology (FCT) a settembre 2012, aveva rilevato disfunzioni ormonali, danni al fegato e ai reni, incremento della mortalità e maggiore incidenza di tumori nella maggior parte dei gruppi testati. Troppo, rispetto ai parametri di informazione ammessa. Il direttore della rivista veniva perciò costretto a ritirare la pubblicazione scientifica, che è stata poi ripubblicata a giugno 2014 su Environmental Sciences Europe, a seguito di rigorosa peer-review. Il ricercatore francese è poi tornato alla carica, dimostrando come gli animali scelti per le sperimentazioni dell’industria biotech fossero già esposti a numerosi contaminanti e perciò predisposti ad ammalarsi - a prescindere dai mangimi assunti - sì da neutralizzare gli esiti dei test che avrebbero potuto rivelare una maggiore esposizione alle malattie legata agli apporti di materiali OGM. Un altro recente studio evidenzia l’infertilità dei ratti nutriti con mais OGM, ma si ha ragione per credere che anch’esso riceverà 9 scarsa considerazione, dopo essere stato ‘bilanciato’ con studi finanziati dai soliti noti che dimostreranno il contrario, o quantomeno insinueranno dubbi sulla sua validità. Ma la valutazione del rischio per la salute degli esseri umani legata al consumo di alimenti OGM - a dispetto di quanto invece stabilito per i farmaci - non richiede test clinici su individui. Così, le uniche sperimentazioni sinora pubblicate rivelano che le sequenze genetiche inserite nella soia GM si trasferiscono nella flora batterica dell’intestino umano e proseguono la loro funzione. Ciò significa che le proteine OGM permangono per anni nel nostro organismo. Quali possibili conseguenze per l’uomo? - Quando venga inserito un gene antibiotico, come nella gran parte degli OGM, l’essere umano può sviluppare una resistenza invincibile agli antibiotici. Non è un caso forse che la resistenza agli antibiotici mieta ogni anno 23.000 vittime proprio negli Stati Uniti d’America. - Quando invece sia stata inserita una tossina (come il ‘best seller’ Bacillus Thuringiens, cfr. paragrafo successivo), i batteri intestinali possono trasformarsi in ‘fabbriche viventi’ di pesticidi. Ragionevoli dubbi sono stati espressi dalla ‘American Academy of Environmental Medicine’ che già nel 2009 aveva espresso una posizione pubblica, chiedendo alle Autorità di stabilire con urgenza - ‘for the health and safety of consumers’ - una ‘moratorium on GM food [and the] implementation of immediate long-term independent safety testing’. Poiché, sulla base dei vari studi disponibili, ‘there is causation in the strength of association, consistency, specificity, biological gradient, and biological plausibility between the consumption of GM foods and adverse health impacts. Among the adverse effects, demonstrated by a number of studies with animals, they mention “serious risks” such as infertility, immune dysregulation, accelerated aging, dysregulation of genes associated with cholesterol synthesis and insulin regulation, changes in the liver, kidney, spleen and gastrointestinal system’. Tutela dell’ambiente e biodiversità La FAO, già nel 2003, aveva preconizzato solo alcuni dei rischi per l’ambiente associati alle coltivazioni di OGM: - migrazioni incontrollate delle sequenze genetiche modificate. La ‘fuga dei geni’ può condurre gli stessi presso altri membri della stessa specie, o verso diverse specie. A livello di singoli tratti, cellule, piante, ecosistemi. La resistenza agli erbicidi ad esempio può venire trasferita alle piante che il veleno avrebbe dovuto sconfiggere. Come è infatti gia capitato, nel decennio successivo al monito dell’Agenzia, - mutazioni dei geni estranei, con possibili effetti nocivi. Non è ancora possibile sapere se l’inserimento artificiale di geni estranei possa destabilizzare un organismo, incoraggiando sue ulteriori mutazioni, ovvero se i tratti genetici introdotti rimarranno stabili nel susseguirsi delle generazioni, - attivazioni e disattivazioni accidentali dei geni modificati. I geni le cui funzioni siano state inibite (c.d. ‘sleeper genes’) potrebbero improvvisamente riattivarsi, così come quelli attivati potrebbero disattivarsi. Alcuni geni si attivano negli organismi al ricorrere di determinate condizioni, come l’attacco di patogeni o eventi climatici estremi. E l’inserzione di un gene estraneo viene in genere accompagnata a quella di un gene promotore (‘promoter’), che serve ad attivarlo. Il gene ‘promoter’ potrebbe però anche attivare altri geni ‘dormienti’ (‘sleepers’) in circostanze inappropriate, o disattivare tratti genetici utili. Meccanismi difficili da prevedere e tantomeno da controllare nel corso del tempo, soprattutto in organismi la cui vita sia più estesa rispetto a un singolo raccolto, come gli alberi ad esempio, 9 Qui un recente esempio di disinformazione, se pure riferita al diverso tema della sostenibilità socio-ambientale dell’olio di palma. - interazioni con specie native e spontanee (o selvagge). Tanto nel mondo vegetale come in quello animale, le specie geneticamente modificate possono entrare in competizione con quelle naturali. Basti pensare ai pesci d’allevamento (vedi successivo capitolo ‘Gli orizzonti di Biotech e Sintech’) ma anche alle colture che prendano il sopravvento sulle piante autoctone, a loro volta evolute nel corso dei secoli per meglio resistere alle condizioni territoriali e alle avversità climatiche locali. Le monocolture OGM potrebbero non sopportare gli stress ambientali, e riattivare fenomeni già tristemente noti come la carestia in Irlanda nel XIX secolo. La biodiversità tende a venire inesorabilmente compromessa, - impatto sui biotipi di uccelli, insetti, microorganismi e suoli. Un’altra questione di rilievo attiene alla sopravvivenza e il benessere di quelle specie - come uccelli, insetti impollinatori e microorganismi - che, pur esulando dagli obiettivi specifici di interazione degli OGM, entrino in contatto o consumino gli stessi. Ad esempio, quali effetti possono produrre le sequenze genetiche modificate per la resistenza a taluni parassiti sull’intestino delle api? Quale impatto avranno le piante OGM sui funghi e sui batteri del suolo e dell’humus? Quali resistenze potranno svilupparsi nelle popolazioni di insetti esposte a ecosistemi manomessi? Lo sterminio delle api, causato dalle monocolture OGM e dai pesticidi su di esse irrorati, è sotto gli occhi di tutti. Solo per citare alcuni esempi, la produzione di miele in Argentina, un tempo leader globale, è drasticamente crollata negli ultimi anni. 37 milioni di api sono state uccise in Canada nel 2013, ed è ora in corso la rivolta di 100mila apicoltori tedeschi contro OGM e neonicotinoidi. Un esempio su tutti è quello del mais Bt11, progettato mediante inserzione di geni del Bacillus Thuringiensis che dovrebbero permettere alla pianta di resistere agli attacchi di un insetto devastatore, la piralide. Neppure così efficace, secondo un recente studio. Eppure, la manipolazione genetica è più complessa di quanto si potrebbe credere, poiché esprime ben 32 proteine diverse rispetto al mais convenzionale (Agapito-Tenfen et al, 2013). E a dispetto della straordinaria diffusione del mais Bt a livello planetario diversi enti di ricerca, anche in Europa e in Italia, hanno espresso motivate perplessità circa il suo impatto ambientale: - gli esperti Efsa del panel scientifico GMO, a seguito della scoperta di effetti indesiderati nel tempo su lepidotteri non target e di altre avversità inizialmente non previste, hanno ravvisato nella coltivazione del mais MON810 un grave rischio per l’agrobiodiversità, richiedendo perciò stringenti piani di monitoraggio e misure di gestione indispensabili a mitigare tale rischio (parere 8.11.2011), - il Consiglio italiano per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura (CRA), nel dossier allegato alla nota del 2.4.13, ‘Rassegna delle evidenze scientifiche posteriori al 2009 sugli impatti della coltivazione del mais MON810, con particolare esame degli effetti su organismi non bersaglio e sulla persistenza della tossina Bt nell’ambiente’ - ha sottolineato che il mais MON810’ avrà un impatto sugli imenotteri parassitoidi specialisti di O. Nubilalis’, ‘potrebbe modificare le popolazioni di lepidotteri non bersaglio’ e ‘potrebbe favorire lo sviluppo di parassiti secondari, potenzialmente dannosi per le altre colture’, - l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) a sua volta, in ‘Approfondimento tecnico-scientifico relativo al mais geneticamente modificato MON810’ (30.4.2013, prot. 017903), ha ritenuto che gli studi sugli impatti ambientali relativi alla coltivazione del mais MON810 evidenzino rischi per le popolazioni di lepidotteri non target e non escludano la possibilità di impatto negativo sugli organismi acquatici sensibili alle sue tossine. Addirittura Papa Francesco, con l’enciclica ‘Laudato Si’ - ‘Un cantico forte e chiaro’ titolava il Manifesto, quotidiano comunista al di sopra di ogni sospetto - denuncia il metodo scientifico con la sua sperimentazione ‘che è già esplicitamente una tecnica di possesso, dominio e trasformazione ... Quando si analizza l’impatto ambientale di qualche iniziativa economica ... non sempre si include uno studio attento dell’impatto sulla biodiversità, come se la perdita di alcune specie o di gruppi animali o vegetali fosse qualcosa di poco rilevante’. LO SCENARIO Regole e lacune Le politiche e le regole europee in ambito ambientale e agro-alimentare sono fondate sul principio di precauzione (Trattato, articolo 191), che si esprime nella tutela preventiva della salute umana e animale, e dell’ambiente, escludendo l’adozione di disposizioni autorizzative quando i dati scientifici disponibili non consentano di escludere i rischi per gli interessi tutelati. L’utilizzo di materiali derivati da OGM nelle filiere alimentare e mangimistica è disciplinato con rigore dai regolamenti CE 1829, 1830/2003, che lo condizionano alla presenza di autorizzazioni europee specifiche in relazione ai diversi impieghi, all’indicazione obbligatoria in etichetta su alimenti e mangimi - quand’anche in essi non residuino tracce di DNA modificato (come è nel caso di oli raffinati con le tecniche più moderne, che escludono completamente i residui di proteine) - e alla rintracciabilità, che viene rafforzata dall’obbligo di conservare per 5 anni i documenti relativi alle transazioni eseguite. Il c.d. General Food Law del resto, se pure basato sulla valutazione scientifica del rischio, riconosce che ‘è legittimo prendere in considerazione altri fattori pertinenti, tra i quali aspetti di natura societale, economica, tradizionale, etica e ambientale nonché la realizzabilità dei controlli’ (reg. CE 178/02, considerando 19). Così, l’autorizzazione all’impiego di OGM in agricoltura - grazie alla direttiva 2015/412/UE, - prevede la ‘possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) sul loro territorio’. Le lacune normative non mancano, la loro ampiezza anzi dimostra l’abilità della lobby biotech nel creare angoli bui ove il business possa prosperare in silenzio, lontano dai riflettori, privo di regole di informazione. È il caso ad esempio di prodotti derivati da animali nutriti con mangimi OGM, come pure di enzimi e microrganismi geneticamente modificati, di cui si fa largo impiego nelle produzioni di food & feed. Altri casi ancor più gravi riguardano l’applicazione della biologia sintetica (cfr. paragrafo successivo) in settori produttivi diversi dall’alimentare, ove gli stessi requisiti di sicurezza incontrano barriere variamente elastiche (es. farmaceutica, cosmetica, house care). Gli orizzonti di Biotech e Syntech Da decenni ormai i fautori della manipolazione genetica provano a incantare il grande pubblico con le favole degli OGM ‘virtuosi’, come il riso con inserzione di vitamina A (il fatidico ‘Golden rice’) o le patate proteiche. Ma si tratta solo di esperimenti di laboratorio, dagli esiti incerti e soprattutto privi di applicazioni concrete. Lo scenario reale è diverso, centinaia di milioni di ettari di terre sono invece coltivati con OGM progettati soltanto per resistere all’irrorazione con venefici erbicidi. Ciò premesso, l’ampiezza delle ricerche supera i limiti dell’immaginazione, ed è difficile costituire un’opinione su ciò che è ignoto, in tutto o quasi. Gli scopi sono innumerevoli e talora stravaganti, come pure gli strumenti cui si prova a fare cenno. Tenendo a mente che al mix genetico più facile a comprendersi poiché prossimo ai sistemi tradizionali di riproduzione - vegetale-vegetale - si aggiungono: - vegetale-animale (batteri inclusi). Tra gli esperimenti più imprevedibili, autorizzati dallo United States Department for Agriculture (USDA) a inizio secolo, tratti di pollo nel grano per sviluppare la resistenza a un fungo (Nebraska), ancora tratti di pollo o sistemi immunitari di insetti a rafforzar patate, ormoni di carpa nello zafferano per replicare proteine a uso farmaceutico (North Dakota e Nevada), geni di ratto norvegese per alterare le catene dei grassi nella soia del Kentucky, - vegetale-umano, di cui si ha notizia in relazione ai c.d. ‘pharma-crops’. ‘Last year, the California Rice Commission advised the state Food and Agriculture Department to allow Ventria Bioscience of Sacramento to grow 50 hectares of GM rice near San Diego. Ventria planned to grow two types of rice modified with synthetic human genes-one to make human lactoferrin to treat anemia and the second to produce lysozyme to treat diarrhea’ (Dalton, Rex: ‘California Edges towards Farming Drug-producing Rice’, Nature 428: 591, 2004), - animale-umano. Il paradigma, su questo fronte, è quello della chimera. In nome della scienza e di nuovi orizzonti di cura, ad esempio, i ratti dotati di cromosomi umani. Del resto, una scuola americana di pensiero ‘genetista’ attribuisce all’uomo una natura ibrida, quasi a intendere l’opportunità di esplorare ulteriori ibridazioni tra mammiferi. Con la giustificazione di produrre organi umani senza bisogno di ricorrere alle donazioni individuali, si ha ragione di credere che siano in corso varie sperimentazioni, ignote al grande pubblico come ai decisori politici fino a quando le ricerche non avranno condotto a risultati ritenuti degni di notorietà e copertura legislativa. Che altro? - Animale-animale. L’animale geneticamente modificato più vicino all’immissione in commercio è il c.d. Aquadvantage salmon, un salmone coi geni di un grosso pesce artico che ne permettono un rapido e colossale sviluppo. La pecora francese con proteine di medusa, per attribuire un colore verde alle sue carni (?), il cui primo esemplare si è perduto nella filiera alimentare per opera di un dipendente ribelle. Ma anche la capra-ragno e la capra-lampreda (pesce), dal Canada allo Utah, per estrarre una resistente seta sintetica dal suo latte. Si è così sviluppato il concetto di biologia sintetica - che comprende la replica artificiale di tratti genetici esistenti, e la costruzione di nuovi tratti - in vista di applicazioni potenzialmente infinite, dai transistor alle carni sintetiche, fino agli organi umani... Uomo bionico in vista! ‘The saddest aspect of life right now is that science gathers knowledge faster than society gathers wisdom’ (Isaac Asimov). CONCLUSIONI Opportunità e bisogni È velleitario illudersi di poter ostacolare la ricerca, spesso condotta sotto condizioni di segreti industriali e militari invalicabili. Vi è solo da auspicare che le sperimentazioni nell’ambiente esterno siano il più possibile limitate, e vengano adottate procedure idonee a ridurre al minimo i pur inevitabili rischi di immissione involontaria dei Franken-genes nell’ecosistema. Appare invece indispensabile assumere posizioni nette sulle applicazioni industriali e commerciali di tali ricerche. Con attenzione ai seguenti aspetti: - valutazione scientifica dei rischi per la salute umana e animale, l’ambiente e la biodiversità. Non ci si può accontentare di procedure opache che si basino sulle prove offerte dagli operatori economici interessati, in assenza di rigorosi protocolli atti a garantire la 10 completezza dei dati sperimentali e di regole ferree sui conflitti di interesse. Indipendenza , trasparenza, qualità della valutazione del rischio tramite la replicabilità degli studi sono le parole chiave. La valutazione del rischio deve inoltre venire estesa a periodi più ampi - di 11 lungo e lunghissimo termine, anche nei confronti dei discendenti - e approfondire l’indagine su ogni possibile impatto sulla biodiversità, - moratoria dei prodotti derivanti dalla biologia sintetica i cui effetti non sono finora noti, e il cui inquinamento è irreversibile. Il principio di precauzione, su cui il diritto alimentare europeo si basa, deve venire esteso a ogni possibile applicazione industriale, - libertà di scelta e democrazia alimentare. Le scelte individuali devono venire rese possibili anzitutto mediante una corretta informazione. Gli agricoltori necessitano di notizie obiettive e indipendenti, di parte pubblica, su implicazioni e rischi legati alle opzioni OGM. E i consumatori dell’intero pianeta hanno diritto a sapere se un alimento è stato prodotto a partire da OGM, grazie a un’indicazione obbligatoria in etichetta che viene tuttora negata a Washington, laddove ‘about 75% of processed food that is produced in the United States contains some GM ingredients’. Libertà di scelta ed esigenze di democrazia alimentare comportano poi la necessità di interventi politici atti a garantire la effettiva disponibilità di materie prime agricole non-OGM. Il solo fatto che la quasi totalità (82%) della soia mondiale sia ‘Round Up-Ready’ costringe oggi la quasi totalità delle industrie mangimistiche e alimentari del pianeta a rifornirsi di materie prime derivate da OGM, vanificando 10 ‘Avvalendosi delle migliori risorse scientifiche indipendenti disponibili, l’Autorità commissiona studi scientifici necessari all’adempimento delle sue funzioni’ (reg. CE 178/02, art. 32). Con quali risorse? Secondo logica, dovrebbero essere i richiedenti a finanziare gli studi indipendenti commissionati dall’Efsa per la valutazione del rischio relativo a prodotti di loro interesse. Ma ancora si attendono risoluzioni politiche sul finanziamento dell’Autorità. Non a caso, forse. 11 Il regolamento CE 178/02, c.d. General Food Law, dispone che ‘Per determinare se un alimento sia dannoso per la salute occorre prendere in considerazione quanto segue: a) non soltanto i probabili effetti immediati e/o a breve termine, e/o a lungo termine dell’alimento sulla salute di una persona che lo consuma, ma anche su quella dei discendenti; b) c) i probabili effetti tossici cumulativi di un alimento; la particolare sensibilità, sotto il profilo della salute, di una specifica categoria di consumatori, nel caso in cui l’alimento sia destinato ad essa’ (art. 14.4). di fatto ogni possibilità di scelta. Al paradosso gli Stati Uniti, primo produttore mondiale di mais, sono costretti a importare il biologico da Oltreoceano per fare fronte alla crescente domanda interna (36 miliardi di US$ nel 2014, +12% su anno precedente) che l’agricoltura locale non è in grado di soddisfare proprio a causa della massiva contaminazione da OGM, - diritto d’informazione. Devono venire colmate alcune delle lacune normative evidenziate in precedenza. Se un microrganismo o un enzima alimentare sono stati realizzati con tecniche di biologia sintetica, lo si dichiari in etichetta. Idem per i prodotti derivati da animali nutriti con mangimi OGM. Quand’anche in tali casi non si ponga in linea di massima - e salve alcune eccezioni - un problema di sicurezza, bisogna ricordare gli obiettivi generali della normativa UE, secondo cui ‘La fornitura di informazioni sugli alimenti tende a un livello elevato di protezione della salute e degli interessi dei consumatori, fornendo ai consumatori finali le basi per effettuare delle scelte consapevoli e per utilizzare gli alimenti in modo sicuro, nel rispetto in particolare di considerazioni sanitarie, economiche, ambientali, 12 sociali ed etiche’ . Un approfondimento merita poi il tema della privativa industriale sui diritti genetici. La coalizione europea No Patents on Seeds! ha presentato un esposto all’Ufficio europeo dei brevetti, nel 2014, accusando l’abuso della legge brevettuale su una varietà di pomodoro non OGM con elevato livello di resistenza al patogeno botrite, ottenuto però con incrocio tradizionale. Il brevetto Monsanto riguarda l’identificazione di un QTL (Quantitative Trait Locus) associato alla resistenza nella varietà selvatica, e la conseguente introgressione del materiale genetico nella varietà di pomodoro comunemente coltivata. La coalizione ha denunciato frode, poiché i pomodori in questione derivano da un incrocio tradizionale e non sono ottenuti trasferendo singole sequenze isolate di DNA, e biopirateria, in quanto i pomodori originari provenivano dalla banca genetica di Gatersleben (D), il cui compito è salvaguardare i semi per garantire la sicurezza alimentare globale. Che fare? I cittadini hanno diritto di pretendere dai loro rappresentanti politici e dalle istituzioni - come pure dalle Corporations che ‘predicano bene e razzolano male’ - il rispetto dei propri valori sociali ed economici, culturali ed etici. Ricordando che ‘i nostri valori morali, le nostre emozioni, i nostri amori non sono meno veri per il fatto di essere parte della natura, di essere condivisi con il mondo animale per essere cresciuti ed essere stati determinati dai milioni di anni dell’evoluzione della nostra specie.’ (‘Sette brevi lezioni di fisica’, Carlo Rovelli, Adelphi 2014). ‘A una persona, a un giovane che - oggi - abbia voglia di impegnarsi per cambiare lo stato di cose esistente, che voglia lottare per un mondo più giusto, più equo, più capace di futuro, proporrei di vivere con consapevolezza la sua quotidianità, praticare il consumo critico, il risparmio responsabile, la sobrietà e nel contempo di (...) partecipare, partecipare, partecipare, cercando di volta in volta gli strumenti più idonei e sapendo sempre che per vincere, per portare a casa qualche risultato, bisogna raggiungere una certa massa critica’ (Francesco Gesualdi, ‘Cambiare il sistema’, AltraEconomia, 2014). E dunque, affinché le filiere agroalimentari globali possano davvero perseguire gli obiettivi di efficacia, tutela dell’ambiente e degli esseri umani, solidarietà, bisogna portare avanti la via dell’agroecologia, i cui criteri e orizzonti sono finalmente stati condivisi a livello internazionale anche grazie alla FAO sotto la guida di Graziano da Silva. Dario Dongo GIFT (Great Italian Food Trade www.greatitalianfoodtrade.com) e FARE (Food & Agriculture Requirements www.foodagriculturerequirements.com), fondatore. 12 Reg. UE n. 1169/2011, c.d. ‘Food Information Regulation’, articolo 3 - Obiettivi generali Armi di distruzione di massa, il glifosato Pubblicato il 16 maggio 2015 su GIFT - Food Times 13 Abbiamo iniziato a denunciare i pericoli associati al glifosato nel giugno 2011 . Quando un gruppo di ricerca anglo-irlandese-brasiliano pubblicò il rapporto ‘Roundup e difetti delle nascite: si sta mantenendo il pubblico all’oscuro?’. Era già tardi, e altre prove sono frattanto emerse, sotto la colpevole indifferenza delle autorità che in ogni parte del pianeta dovrebbero proteggere la salute dei cittadini e degli animali, oltre all’ambiente. Fino a quando? Il glifosato è l’erbicida più utilizzato a livello planetario, in agricoltura come nella manutenzione di orti e giardini, urbani e domestici. È stato ideato dalla Monsanto, già famosa per la produzione dell’Agente Orange, arma chimica impiegata nella guerra del Vietnam, che ha mantenuto il brevetto sul ‘Roundup’ fino al 2001. Il colosso americano ha peraltro giocato in anticipo, rispetto ai tempi di ordinaria decadenza del brevetto internazionale sul glifosato, manipolando il DNA di mais, soia e cotone al preciso scopo di garantire la sola sopravvivenza dei suoi OGM al suo micidiale pesticida. Un’operazione di successo, presto seguita da altri big player del Franken-Food come Dow Agrochemicals, Bayer, Basf. La straordinaria diffusione di tali sementi, nei due ultimi decenni, ha infatti permesso di sviluppare le vendite sia del veleno, sia dei semi concepiti per resistergli. Già a partire dal 1980 le autorità americane erano a conoscenza delle malformazioni agli animali da laboratorio provocate dal glifo14 sato, si evidenzia nel rapporto ‘Roundup and birth defects: Is the public being kept in the dark?’ . Nel 1985 la Environment Protection Agency (EPA) qualificava il glifosato come potenziale cancerogeno, a seguito di test sui ratti e della raccolta di studi in Canada e in Svezia che ne associavano l’esposizione all’insorgenza del linfoma non-Hodgkin. Ma grazie alla potente lobby di Monsanto, la stessa Agenzia U.S.A. per la protezione ambientale trasferiva il glifosato nel gruppo delle ‘sostanze che non hanno dimostrato potenzialità cancerogene in almeno due studi su animali, condotti in modo adeguato su specie diverse, o sia in studi animali sia epidemiologici’. Nel 2010 in Argentina l’ente governativo di ricerca Conicet pubblicava uno studio ove si associa un elevato rischio di malformazioni alla nascita di rane e pollame all’esposizione di glifosato in diluizioni assai inferiori a quelle abitualmente impiegate per combattere le erbacce. Notizia di per sé allarmante, atteso che già allora in Argentina oltre il 50% dei terreni era coltivato con la soia OGM glifosato-resistente (‘Roundup Ready’). Eppure l’autorità tedesca ‘per la protezione dei consumatori e la sicurezza alimentare’ (German Federal Office for Consumer Protection and Food Safety, BVL), cui l’Europa aveva affidato la valutazione del rischio su glifosato e altri antiparassitari, ha prontamente negato le evidenze argentine. Le agenzie USA e la Commissione europea sono molto efficaci nel proteggere il business dei veleni: - nel 2011 la Commissione europea decideva di posticipare di tre anni, al 2015, la revisione delle verifiche sulla sicurezza del glifo15 sato che era in origine stabilita per il 2012 , - nel 2013 l’agenzia USA per la Protezione dell’Ambiente addirittura innalzava le soglie di tolleranza dei residui di glifosato ammessi nei raccolti. Poiché le erbacce si sono progressivamente adattate al veleno, servivano maggiori dosi per sterminare anche loro... e aumentare le vendite, 16 - tuttora la Commissione tiene nascosto il documento scientifico sui rischi legati agli interferenti endocrini contenuti in 31 antiparassitari autorizzati in Europa. Il quotidiano britannico The Guardian ha pubblicato un’inchiesta a tale riguardo, a febbraio 2015, ove si 17 riferisce a pericoli di deformazioni fetali con perdita del quoziente intellettivo, mutilazioni genitali, infertilità e carcinogenesi . L’Autorità 13 http://www.ilfattoalimentare.it/malformazioni-animali-diserbante-piu-diffuso-mondo-note-decenni- autorita-nuovo-report-scientifico.html 14 “Roundup and birth defects: Is the public being kept in the dark?”, rapporto a cura di Michael Antoniou (King’s College London School of Medicine, UK), Mohamed Ezz El-Din Mostafa Habib (Institute of Biology, Unicamp, São Paulo, Brazil), C. Vyvyan Howard (University of Ulster, Irlanda del Nord), Richard C. Jennings (University of Cambridge, UK), Carlo Leifert (Newcastle University, UK), Rubens Onofre Nodari (Federal University of Santa Catarina, Brazil), Claire Robinson e John Fagan (editorialista e co-fondatore di “Earth Open Source”, rispettivamente), ©Earth Open Source, 2011 15 http://www.ilfattoalimentare.it/glifosato-erbicida-malformazioni-europa-preoccupa.html 16 Un interessante documentario dedicato agli interferenti endocrini è disponibile su http://youtu.be/6ks5OSVDl00 17 http://www.theguardian.com/environment/2015/feb/02/suppressed-eu-report-could-have-banned- pesticides-worth-billions Europea per la Sicurezza Alimentare si era espressa già nel 2013 sui criteri da adottare per la valutazione dei rischi, ma la roadmap eu18 ropea è ancora priva di applicazione . A marzo 2015 l’Agenzia OMS per la ricerca sul cancro - la IARC, ‘International Agency for Research on Cancer’ - ha confermato i gravi 19 pericoli associati al glifosato. Il rapporto, pubblicato su ‘The Lancet Oncology’ dopo tre anni di ricerche coordinate da 17 esperti in 11 paesi, rivela una forte correlazione epidemiologica tra l’esposizione al glifosato e il linfoma non-Hodgkin. In aggiunta ai già noti aumenti di ricorrenza di leucemie infantili e malattie neurodegenerative, Parkinson in testa. 20 Le numerose petizioni lanciate in diversi Paesi, col contributo di ONG tra le quali Greenpeace International e Friends of Earth , mirano tutte a ottenere il divieto di impiego del glifosato, sulla base dei convergenti studi che ne rivelano la pericolosità per la salute umana, animale e dell’ambiente. Evidenziando come il venefico pesticida abbia già inquinato in ogni dove le falde acquifere e i terreni, fino a contaminare gli organismi e i DNA delle popolazioni di ogni età. Milioni di firme, nessuna risposta. Ora Basta! (Dario Dongo) 18 http://ec.europa.eu/smart-regulation/impact/planned_ia/docs/2014_env_009_endocrine_disruptors_en.pdf 19 http://www.thelancet.com/journals/lanonc/article/PIIS1470-2045(15)70134-8/fulltext 20 https://secure.avaaz.org/en/monsanto_dont_silence_science_loc/?aSZsxbb http://www.generations-futures.fr/petition/action-demandons-le-retrait-du-glyfosate http://scotlandagainstmonsanto.co.uk/greenpeace-petition-glyphosate-causes-cancer https://www.change.org/p/round-up-glyphosate-deadly-to-all http://inhabitat.com/tell-world-leaders-to-ban-glyphosate-which-has-been-linked-to-cancer-autism http://www.gmwatch.eu/index.php/news/archive/2014/15425-sign-petition-protesting-flawed-glyphosate-consultation http://www.thepetitionsite.com/973/154/917/monsantos-roundup-pesticide-causes-birth-defects http://action.fooddemocracynow.org/sign/tell_the_epa_to_keep_glyphosate_off_your_plate/ http://petitions.moveon.org/sign/ban-use-of-glyphosate http://act.credoaction.com/sign/suspend_roundup Glifosato, ora basta! Pubblicato il 29 maggio 2015 su GIFT - Food Times Abbiamo già fatto il punto sul glifosato, il pesticida più diffuso a livello planetario cui sono attribuiti pericolosi effetti di interferenza endocrina e infertilità, cancerogenesi e danni al DNA, malformazioni del feto, neurotossicità, promozione della resistenza agli anti21 biotici . Abbiamo denunciato l’indifferenza della Commissione europea e dell’autorità federale tedesca, da essa delegata alla ri-valutazione del rischio legato all’impiego del glifosato, rispetto agli autorevoli studi che ne hanno evidenziato la pericolosità per i lavoratori e i consumatori, l’ambiente e gli animali. Evidenziando altresì come i più gravi pericoli fossero già noti a partire dagli anni ‘80, se pure sottaciuti grazie alle potenti lobby delle multinazionali interessate. Ma c’è dell’altro, la società scientifica e quella civile iniziano a reagire. Vediamo come. L’esposizione ai pericoli del glifosato è elevata in tutti i Paesi che non ne abbiano ancora vietato l’utilizzo. I primi ad essere esposti sono gli agricoltori e gli addetti alla manutenzione di parchi, giardini e orti. Adulti e minori - almeno 260.000 sotto i 16 anni di età solo 22 negli Stati Uniti - lavorano nei campi senza neppure impiegare i Dispositivi di Protezione Individuale comunque necessari a limitare l’integrazione del veleno con l’organismo umano. Il pericolo poi si estende alle popolazioni che vivono nei pressi di appezzamenti ove il pesticida viene cosparso in abbondanza. L’Environmental Working Group ha di recente pubblicato una mappa interattiva ove si mostra 23 il massiccio impiego di glifosato su campi OGM nei pressi di quasi 4000 scuole elementari negli USA . La contaminazione dei terreni, delle colture e delle falde acquifere non è accidentale bensì sistematica, e deliberata. Soprattutto nelle coltivazioni intensive di soia, mais e cotone OGM appositamente progettati per resistere al ‘Round-up’. Più del 90% delle produzioni agricole ‘Made in USA’, ivi comprese quelle di frumento e patate, riso, arachidi, pomodori, mele, arance, uva figurano nella top list della 24 USDA (United States Department for Agriculture) per i quantitativi di pesticidi utilizzati . La situazione è poi ulteriormente aggravata a causa di una folle pratica diffusa negli USA a partire dagli anni ‘90, l’impiego tardivo del glifosato poco prima della trebbiatura per 25 incrementare le rese . 26 La crescente diffusione della celiachia pare a sua volta correlata all’elevata contaminazione del frumento con glifosato . La D.ssa Stephanie Seneff, ricercatore senior del MIT (Massachussets Institute of Technology), aveva già pubblicato vari studi sulla correlazione 27 tra glifosato e maggiore ricorrenza di svariate patologie, ivi compresi neurotossicità e autismo . Ed è infine giunta a dimostrare che il glifosato danneggia i villi intestinali - riducendo la capacità dell’intestino di assorbire vitamine e minerali - e si lega con la gliadina, una 28 delle frazioni proteiche del glutine , in una reazione chimica che ne ostacola gravemente la digeribilità. “The end result is that your 29 body develops an immune reaction” , conclude la ricerca del MIT, “glyphosate appears to be strongly correlated with the rise in celiac 30 disease” . 21 “Increasingly common chemicals used in agriculture, domestic gardens, and public places can induce a multiple-antibiotic resistance phenotype in potential pathogens. The effect occurs upon simultaneous exposure to antibiotics and is faster than the lethal effect of antibiotics. The magnitude of the induced response may undermine antibiotic therapy and substantially increase the probability of spontaneous mutation to higher levels of resistance”, http://mbio.asm.org/content/6/2/ e00009-15 22 http://civileats.com/2015/05/13/children-are-harvesting-your-food-are-they-safe 23 http://www.ewg.org/agmag/2015/05/monsanto-s-glyphosate-blankets-gmo-crops-near-schools 24 http://civileats.com/2015/03/16/how-europes-regulation-of-pesticides-could-impact-your-food 25 http://www1.agric.gov.ab.ca/$department/deptdocs.nsf/all/faq7206?opendocument 26 http://articles.mercola.com/sites/articles/archive/2014/09/14/glyphosate-celiac-disease-connection.aspx 27 intervista D.ssa Stephanie Seneff sul legame tra glifosato e autismo, 16.9.14, su http://youtu.be/BIC58VpYE4A 28 http://www.celiachia.it/Aic/AIC.aspx?SS=351&M=368 29 “Gut dysbiosis, brought on by exposure to glyphosate, plays a crucial role in the development of celiac disease. Many CYP enzymes are impaired in association with celiac disease, and we show that glyphosate’s known suppression of CYP enzyme activity in plants and animals plausibly explains this effect in humans.” 30 http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3945755 Speranze, indifferenza e reazioni. La Russia ha bandito definitivamente la coltivazione e l’importazione di OGM, causa primaria di 31 32 inquinamento da ‘Round-up’, già nel 2014 . Ma in Europa la Commissione continua a ignorare i nuovi rischi emersi in relazione al 33 glifosato, anziché - come doveroso - sospendere la sua autorizzazione in attesa di nuove valutazioni scientifiche . Anzi ancor peggio, il 6 maggio 2015 il Commissario europeo per la Salute Vytenis Andriukaitis ha risposto a Greenpeace di non avere intenzione di accelerare i termini per la revisione della licenza del pesticida, che erano già scaduti nel 2012, sono stati rinviati a fine 2015 e potrebbero 34 ulteriormente slittare in avanti . L’8 maggio tra l’altro i ministri degli Stati tedeschi con delega alla salute pubblica hanno adottato una risoluzione per il bando della vendita di prodotti da giardinaggio contenenti glifosato e il divieto del suo impiego in prossimità di aree abitative. Hanno pure sollecitato l’autorità federale a rivalutare con urgenza il rischio ‘Round-Up’, alla luce degli ultimi studi scientifici di 35 cui al successivo paragrafo , - il 14 maggio 2015 la ‘International Society of Doctors for the Environment’ (ISDE) ha scritto una lettera aperta, al Presidente del Parlamento Europeo Martin Shultz, alla Commissione europea e ai suoi direttori generali per la Salute dei consumatori e la Sicurezza 36 Alimentare, Agricoltura e Ambiente, Mercato Interno . Chiedendo a viva voce il divieto, immediato e permanente, alla commercializzazione e l’impiego in Europa di glifosato e diserbanti che contengano il glifosato e gli altri quattro pesticidi che il 20 marzo 2015 l’Agenzia 37 Internazionale per la Ricerca sul Cancro, OMS, ha classificato come potenzialmente cancerogeni , - 1,4 milioni di firme sono state raccolte ad oggi sulla PETIZIONE lanciata su Avaaz, che invitiamo tutti i nostri lettori a sottoscrivere. L’appello è rivolto alle Autorità, ai Ministeri e ai legislatori di Unione Europea, Stati Uniti, Canada e Brasile, affinché ricorrano al principio 38 di precauzione per la sospensione immediata delle autorizzazioni all’impiego e alla vendita di glifosato . Frattanto, alcune catene della 39 grande distribuzione in Germania, Svizzera e Italia hanno iniziato a sospendere la vendita di erbicidi contenenti il pericoloso veleno . (Dario Dongo) 31 http://youtu.be/GGSNtGMiFp8. I terreni della vicina Ucraina, altro grande esportatore di cereali, sono invece già in buona parte nelle mani di investitori USA che si daranno certo da fare per coltivare OGM resistenti al glifosato. Cfr. http://farmlandgrab.org/post/view/24880 32 http://www.greatitalianfoodtrade.it/food-times/armi-di-distruzione-di-massa-il-glifosato 33 Il c.d. principio di precauzione, cui sono ispirate le politiche europee in ambito ambientale e agro-alimentare prevede infatti l’adozione di efficaci e tempestive misure di salvaguardia, quando i dati scientifici a disposizione non consentano di escludere i rischi per l’ambiente, la salute umana e quella animale. Cfr. http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=URISERV:l32042 34 http://planetark.org/wen/73202 35 Si noti bene che il ‘Federal Institute for Risk Analysis’ (BfR), ripetutamente sollecitato al riesame del dossier, ancora nell’estate 2014 aveva dichiarato la tossicità ‘relativamente bassa’ del glifosato (!). Cfr. http://www.euractiv.de/sections/gesundheit-und-verbraucherschutz/pflanzenschutzmittel-glyphosatbundeslaender-fordern-eu, https://www.organicconsumers.org/news/german-states-call-ban-monsantos-glyphosate 36 http://www.isde.org/Appeal_glyphosate_IARC.pdf 37 ‘International Agency for Research on Cancer’ (IARC), Agenzia della ‘World Health Organization’ (WHO). Il rapporto si basa su tre ampi studi epidemiologici condotti in USA, Canada e Svezia. Cfr. http://www.iarc.fr/en/media-centre/iarcnews/pdf/MonographVolume112.pdf 38 Per le altre petizioni in corso si veda la nota 8 al precedente editoriale, su http://www.greatitalianfoodtrade.it/food-times/armi-di-distruzione-di-massa-il- glifosato 39 http://www.ilfattoalimentare.it/glifosato-ritiri-volontari-svizzera.html L’AUTORE Dario Dongo (Genova 1971), avvocato e giornalista esperto in diritto alimentare e dei consumatori a livello europeo e internazionale. Inizia la sua carriera nel 1993 occupandosi di diritto penale, alimentare e tributario nello studio legale Vernazza a Genova. Nel 1999 entra in Ferruzzi (Eridania-Beghin Say), quale responsabile affari legali delle società italiane del gruppo. Dal 2002 al 2012 assume il ruolo di responsabile politiche europee e regolative in Federalimentare (Confindustria), federazione delle industrie alimentari in Italia, su Bruxelles e Roma. Nel 2010 co-fonda il sito www.ilfattoalimentare.it. Nel 2012 avvia una start-up, WIISE Srl (Workable Ideas & Initiatives 4 a Sustainable Economy. Roma-Milano-Genova-Bruxelles), nel cui ambito dapprima si sviluppano i progetti - GIFT (Great Italian Food Trade, dedicato alla promozione della cultura alimentare italiana più autentica e suoi valori, all’insegna dello sviluppo sostenibile e della nutrizione equilibrata. Un progetto editoriale di informazione indipendente in 8 lingue, www.greatitalianfoodtrade.it, e un network internazionale di professionisti per facilitare la vendita dei prodotti agroalimentari consoni ai suddetti valori), e - FARE (www.foodagriculturerequirements.com, una squadra di tecnici esperti in tutti i servizi legali e tecnici nei settori specifici di food & feed, FMCG, diritto dei consumatori. Ivi compresi consulenza strategica e lobbying, relazioni istituzionali amministrative e coi media, costruzione e revisione etichette, audit e formazione, procedure organizzative e gestione delle crisi. In conformità alle regole cogenti e volontarie applicate nei 5 continenti. Il tutto a favore delle sole imprese e progetti coerenti ai valori di WIISE - che si sintetizzano nel concetto di CSV, Contributing to Social Values - oltreché di enti pubblici (ivi compresi i servizi sanitari) e privati, ONG, associazioni territoriali e di categoria, etc. Negli anni, pubblica un migliaio di articoli e vari libri (di cui l’ultimo, assieme alla capo-redattrice di GIFT Marta Strinati, ‘Leggere le etichette, per sapere cosa mangiamo’, AltroConsumo, 2015), e collabora con varie riviste di settore (tra cui Alimenti & Bevande - Point Veterinaire Italie, Agrisole - Il Sole 24 Ore, il Fatto Alimentare, NewsFood, Food Times - Great Italian Food Trade, Cerca la Notizia). Insegna diritto alimentare alle università di Milano-Bicocca (Master in Nutrizione Avanzata) e Campus Bio-Medico di Roma, oltre a tenere lezioni e intervenire a convegni sui temi collegati, in Italia, in Europa e Paesi vicini (circa 250 seminari, negli ultimi 15 anni). Dottorando in sicurezza alimentare all’Università Cattolica di Piacenza e Cremona, Dipartimento di Agraria.