Pressbook - Film e Documentari

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Pressbook - Film e Documentari
Amedeo Pagani e Istituto Luce
presentano
Gli amanti del Nilo
Un film di
Eric Heumann
con
EMMA DE CAUNES
ERIC CARAVACA
BERNADETTE LAFONT
JACQUES NOLOT
MURRAY HEAD
Durata: 1h30 Francia/2001/1.85/Dolby SR/SRD
Ufficio Stampa
ISTITUTO LUCE
Tel. 06/72992274
Fax. 06/7222493
www.luce.it
LISTA TECNICA
Regia
ERIC HEUMANN
Sceneggiatura
ERIC HEUMANN
JACQUES LEBAS
FRANCOIS-OLIVIER ROUSSEAU
Dialoghi
FRANCOIS-OLIVIER ROUSSEAU
Produttore
MARC SILLAM
Direttore della fotografia
YORGOS ARVANITIS, AFC
Aiuto regista
MARC BARADUC
Scenografia
THIERRY LEPROUST
Fonico
Montaggio
FRANÇOIS WALEDISCH
MARTINE BARRAQUÉ
Creazione dei costumi
CARINE SARFATI
Costumi
MICHÈLE PEZZIN
Direttore di produzione
WILHELM LALIGANT
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Trucco
Parrucchiera
Casting
Adattamento e
orchestrazione musicale
Missaggio
THI-THANH-TU N’GUYEN
MARIE-FRANCE THIBAULT
FREDERIQUE MOIDON
HOUBERT BOUGIS
JEAN-CHARLES MARTEL
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SINOSSI
Nella Tunisia meridionale, la giovane Anne Frendo, vive sola con suo padre
a Bessariani, la piantagione di famiglia.
E' il 1943. Ogni giorno gli eserciti delle potenze dell'Asse sono costrette a
ritirarsi dalle forze alleate che avanzano.
Un giorno, mentre cammina lungo la spiaggia deserta di Bessariani, Anne
si imbatte in un soldato francese che si è lanciato col paracadute da un
aereoplano di ricognizione. L'uomo è rimasto ferito dalla caduta e ha
camminato finché le forze glielo hanno permesso; per poi morire.
Accompagnata da sua zia, l'archeologa Sophie Frendo, comincia così un
viaggio nel tempo in cui Anne cerca di impedire l'inevitabile. Anne ritorna
a tre giorni prima, in un palazzo egiziano sulle rive del Nilo, dove alcuni
ufficiali alleati stanno preparando l'offensiva in Tunisia. Riconosce in uno
di loro l'uomo della spiaggia.
Ha pochissimo tempo per fermarlo, e una sola arma: i suoi poteri di
seduzione. Decide di usarli. Anne è pronta e decisa a fare qualsiasi cosa per
cambiare il destino di Samuel, l'estraneo trovato sulla spiaggia, e per
impedire che prenda quel volo fatale.
Tra traffici spionistici e segreti militari, in incantevoli paesaggi sulle rive
del Nilo, Anne deve fare di tutto per tenere in mano la chiave del suo
destino e del suo amore per Samuel. E’ una questione di sogno o di morte.
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EMMA DE CAUNES
1996
L’ECHAPPEE BELLE di Etienne Dhaene
AU BORD DE L’AUTOROUTE (cortometraggio) di Olivier Jahan
L’ILE DU DOCTEUR MOREAU (CD Rom) di Aîda Julian
1997
UN FRERE di Sylvie Verheyde
César per la migliore attrice esordiente 1998
Premio Première del Pubblico 1998 Saint Denis Les acteurs à l’écran
LA VOIE EST LIBRE di Stéphane Clavier
RESTONS GROUPES di Jean-Paul Salomé
BEACOUP TROP LOIN (cortometraggio) di Olivier Jahan
1998
MILLE BORNES di Alain Beigel
MONDIALITO di Nicolas Wadimoff
1999
PRINCESSES di Sylvie Verheyde
FAITES COMME SI JE N’ETAIS PAS LA di Olivier Jahan
SANS PLOMB di Muriel Téodori
2001
ASTERIX E CLEOPATRA di Alain Chabat
GLI AMANTI DEL NILO di Eric Heumann
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ERIC CARAVACA
BRASERO (cortometraggio) di Bruno Chiche
L’ECHAPPEE BELLE (cortometraggio) di Antoine Vaton
1996
UN SAMEDI SUR LA TERRE LA VOIE EST LIBRE di Diane Bertrand
Selezione ufficiale Clermont Ferrand 1997
NICOTINE (cortometraggio) di Pablo Lopez Paredes
1998
LA VOIE EST LIBRE di Stéphane Clavier
BEAUCOUP TROP LOIN (mediometraggio) di Olivier Jahan
LA VIE NE ME FAIT PAS PEUR di Noémie Lvovsky
C’EST QUOI LA VIE di François Dupeyron
César per il migliore attore esordiente 2000
Etoile d’Or della Stampa – Miglior Rivelazione Maschile Francese
1998
LA PARENTHESE ENCHANTEE di Michel Spinosa
RIEN A FAIRE di Marion Vernoux
SANS PLOMB di Muriel Téodori
1999
LA CHAMBRE DES OFFICIERS di François Dupeyron
2001
GLI AMANTI DEL NILO di Eric Heumann
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BERNADETTE LAFONT
1957
LES MISTONS di François Truffaut
1959
LE BEAU SERGE di Claude Chabrol
A DOPPIA MANDATA di Claude Chabrol
1960
LES BONNES FEMMES di Claude Chabrol
1965
VAGONE LETTO PER ASSASSINI di Costa Gavras
1967
IL LADRO DI PARIGI di Louis Malle
1971
LES DOIGTS CROISES di René Clément
1972
MICA SCEMA LA RAGAZZA di François Truffaut
1973
LA MAMAN ET LA PUTAIN di Jean Eustache
1976
NOROIT di Jacques Rivette
1978
VIOLETTE NOZIERE di Claude Chabrol
1978
IL VIZIETTO DELL’ONOREVOLE di Pierre Tchernia
1980
RETOUR EN FORCE di Jean-Marie Poiré
1983
UN BON PETIT DIABLE di Jean-Claude Brialy
1984
CANICULA di Yves Boisset
1985
LE PACTOLE di Jean-Pierre Mocky
SARA’ PERCHE’ TI AMO di Claude Miller
César per la migliore attrice non protagonista 1986
1986
ISPETTORE LAVARDIN di Claude Chabrol
1987
VOLTO SEGRETO - MASQUES di Claude Chabrol
1988
LA SAISON DU PLAISIR di Jean-Poerre Mocky
UNE NUIT A L’ASSEMBLEE NATIONALE di Jean-Pierre Mocky
1992
SAM SUFFIT di Virginie Thévenet
VILLE A VENDRE di Jean-Pierre Mocky
SISSI LA VALSE DE COEURS di Cristoph Böll
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1993
PERSONNE NE M’AIME di Marion Vernoux
Premio per la Migliore interpretazione femminile a Locarno
1996
RAINBOW POUR RIMBAUD di Jean Teule
1997
GENEALOGIA DI UN CRIMINE di Raoul Ruiz
SOUS LES PIEDS DES FEMMES di Rachida Krim
VENT DE COLEUR di Michael Reoburn
1998
RIEN SUR ROBERT di Pascal Bonitzer
RECTO VERSO di Jean-Marc Longval
2000
UN POSSIBLE AMOUR di Christophe Lamotte
2001
GLI AMANTI DEL NILO di Eric Heumann
LES PETITS COULEURS di Patricia Plattner
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JACQUES NOLOT
1981
HOTEL DES AMERIQUES di André Téchiné
1982
LA SIGNORA E’ DI PASSAGGIO di Jacques Rouffio
1983
L’ESTATE ASSASSINA di Jean Becker
L’HOMME A LA SILHOUETTE di André Téchiné
1985
RENDEZ-VOUS di André Téchiné
1986
IL LUOGO DEL CRIMINE di André Téchiné
1987
LES INNOCENTS di André Téchiné
1988
TROIS PLACES POUR LE 26 di Jacques Demy
1989
HIVER 54, L’ABBE PIERRE di Denis Amar
LE CAFE’ DES JULES di Paul Vecchiali
1992
BORDER LINE di Daniel Dubroux
1991
NIENTE BACI SULLA BOCCA di André Téchiné
1993
MA SAISON PREFEREE di André Téchiné
1994
J’AI PAS SOMMEIL di Claire Denis
L’ETA’ ACERBA di André Téchiné
1995
OUBLIE-MOI di Noémie Lvovsky
1996
LE JOURNAL D’UN SEDUCTEUR di D. Dubroux
LES GRANDS DUCS di Patrice Lecomte
NENETTE E BONI di Claire Denis
1997
A MORT LA MORT di Romain Goupil
2000
LE CAFE DE LA PLAGE di Benôit Graffin
SOTTO LA SABBIA di François Ozon
2000
GLI AMANTI DEL NILO di Eric Heumann
REGIA
1986
MA NEIGE (cortometraggio)
1998
L’ARRIERE PAYS
2001
LA CHATTE A DEUX TETES
SCENEGGIATURE
1989
LE CAFE DES JULES di Paul Vecchiali
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1991
NIENTE BACI SULLA BOCCA di André Téchiné
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INTERVISTA A ERIC HEUMANN
Il suo film precedente, “Viaggio a titolo privato”, inventava una città, Port Djema, nel
corno d’Africa. Lei è un regista che ama l’evasione, come Anne Frendo, l’eroina del suo
“Gli amanti del Nilo”?
Amo l’immaginario. Ma l’immaginario è ampio! “Viaggio a titolo privato” era un
film sull’impegno, la storia di un medico che partiva alla ricerca di un bambino che il
suo migliore amico gli aveva chiesto di ritrovare, e che scopriva che quel bambino non
esisteva, che si trattava di un invito al viaggio, e attraverso il viaggio a una riflessione
su se stesso… Stavolta è diverso, ma si tratta sempre di un viaggio, verso un altrove
molto particolare: un mondo inventato da una giovane artista, che si crea una vita di
fantasia con frammenti della sua vita reale, come il calesse con il quale lascia la propria
casa in Tunisia e che ritroviamo in Egitto. La sua vita produce l’immaginario, e
l’immaginario produce la sua vita.
Il suo film appartiene al cosiddetto cinema d’evasione…
Sì, un cinema che cerca di far sognare. Anche lì, il genere è ampio! C’è una
tradizione dei film d’avventura nel cinema americano, e oggi in Francia si ha voglia di
riannodare le fila con un certo cinema popolare. Poi c’è un altro genere di film
d’evasione, al quale mi sento forse ancora più vicino: le storie di personaggi che
desiderano l’evasione, come Gene Tierney in “L’aventure de Madame Muir” de
Mankievicz. Incontriamo questi personaggi anche nella letteratura francese, e
particolarmente nel romanticismo. Anne Frendo d’altra parte è un personaggio molto
francese, molto D’Artagnan: crede nella parola data, nell’impegno, come molti eroi
popolari francesi.
Evade in un mondo inventato per cercare lì l’amore dei suoi sogni: lei è tutta
nell’immaginario…
Anne è amante e artista, è dunque doppiamente inventrice: la delizia dell’amore è
quella di ricrearsi attraverso l’altro, di sfuggire a quello che si era e alla vita in cui
l’altro non c’era. E anche il piacere dell’artista, è quello di ricreare il mondo. Questo mi
ha interessato del personaggio, e anche il fatto che si tratti di un’innamorata. L’amore è
il valore che lei difende prima di tutto. E’ l’amore cristiano, sotto la protezione della
Santa Vergine di cui si vede la statua all’inizio del film (lei ama la sua famiglia, il padre
che protegge e il fratello, la cui tomba adorna di fiori). E poi è l’amore passione, che
viene allo stesso tempo impedito e reso vero dalla morte.
Come è stato creato l’universo del film, tra Tunisia ed Egitto nel 1943?
Si sogna una storia, un personaggio, e le immagini nascono con naturalezza. Io
amo l’Africa e conosco bene il Sud della Tunisia. Ero molto affascinato da questo mondo
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che una volta veniva chiamato la Francia d’oltremare, con persone che avevano
costruito su dei deserti delle proprietà illusorie. Anne e suo padre vivono in maniera
dolce la fine di un mondo, è una famiglia in cui il tempo è passato, una piccola
aristocrazia in declino che veglia suoi suoi ricordi e i suoi morti. La zia di Anne è rivolta
al passato, all’archeologia, e anche lei vive circondata dai morti. La guerra provoca una
tensione nel loro universo. In un momento in cui il mondo si afferma nella sua brutalità,
in cui il destino umano è impigliato nella storia politica e militare, le persone
reagiscono, evidentemente, in molti modi diversi. Qui, quello che mi interessava, era il
confronto tra l’impegno politico del protagonista (Samuel), e il temperamento di Anne
che privilegia il sogno, l’immaginario, la creazione artistica, i giochi con l’inconscio. E’ la
via che sceglie lei.
L’Egitto è permeato da un immaginario e da una serie di immagini molto romanzesche:
è questo che l’ha sedotta?
Amo quell’universo di palazzi egiziani cosmopoliti, dove sembra che possa
succedere di tutto. Mi sono chiesto che tipo di viaggio poteva immaginare una ragazza
di quell’epoca. Un viaggio sul Nilo ovviamente fa sognare. Quindi ho anch’io fatto
questo viaggio, ho visto i palazzi, ho scoperto le storie che c’erano tra Francesi, Inglesi
ed Egiziani durante la Seconda Guerra mondiale. Allora era l’inizio del nazionalismo
arabo, i partigiani facevano spionaggio contro gli Inglesi e cercavano di associarsi con le
forze francesi collaborazioniste. Dei Francesi liberi arrivavano insieme ad Inglesi che
combattevano altri Francesi. Si sente la complessità di questa situazione nel film, ma
non c’è una preoccupazione di precisione storica. C’è un po’ di Tintin e di Blake et
Mortimer nell’Egitto de “Gli amanti del Nilo”.
Lei è amante dei fumetti?
Non sono un lettore esperto ma è il mondo della mia infanzia, un mondo molto
semplice pieno di eroi popolari e di cliché. Si dice che bisogna evitare a ogni costo i
cliché, come se questo bastasse a essere giusti, veri. Io non credo. I cliché hanno
qualcosa da dirci, da farci vedere. Il mio film è fatto di cliché, e vi ho trovato piacere
proprio perché questi si accompagnano al mondo semplice dell’infanzia. Quando si
comincia a vedere la complessità delle cose, ci si trova tra adulti. E’ quello che dice la
zia di Anne: la vita è grigia, non è bianca o nera, non devi credere all’amore… Lei
vorrebbe che Anne entrasse nel mondo degli adulti. Ma Anne è l’amore, è quello che è
bianco o nero. Ha i valori dell’infanzia, della giovinezza, e anche degli artisti, che si
aggrappano sempre a quella parte di assoluto che ci viene dall’infanzia.
Visualmente, il film è il prolungamento degli acquarelli di Anne e del quadro che
l’affascina.
Assolutamente. E’ un misto di parecchi stili che si rispondono. C’è anche un po’
dell’estetica delle fotografie o delle pubblicità che si potevano vedere all’epoca. Ho
immaginato che Anne leggesse Vogue e ho sfogliato i numeri degli anni ’40. E’ anche
l’epoca dei primi Tintin. E’ tutto l’immaginario che troviamo in letteratura nei romanzi
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di Pierre Véry o di Pierre Benoit. Anne ascolta Jean Sablon, legge anche Modes et
Travaux e Louise de Vilmorin… Ho costruito il suo Egitto con pezzi di quell’epoca. Nel
1943, non dovevano arrivare fino a Sfax tutte quelle riviste, ma siamo al cinema. Un
cinema che ama le belle immagini, come dice Anne a Samuel quando si trovano,
appunto, al cinema: “Abbiamo bisogno di belle immagini nella vita”.
E’ evidente che le è stato piacevole ricreare l’Egitto in studio.
Sì, perché un Egitto di sogno mi interessava di più di un Egitto reale. Ricreando
questo universo in studio, si ottiene qualcosa di più divertente, e credo di più giusto
visto che Anne stessa inventa un Egitto.
Quando Anne fa un giro in calesse in Egitto, lei utilizza una retroproiezione per simulare
il paesaggio dietro di lei, come nei film del passato. Ha ritrovato l’estetica ma anche la
tecnica di quell’epoca?
Ci sono allo stesso tempo dei truka in stile antico, che sono in sintonia con il suo
mondo ricreato, e delle tecniche molto moderne. Il cinema di ieri e quello di oggi si
confondono. Ho ritrovato negli studi de La Victorine dei vecchi apparecchi di
retroproiezione utilizzati da Hitchcock per “Nodo alla gola”. Il cinema fa parte del sogno
di Anne. Del resto, quando va al cinema con Samuel, c’è una retroproiezione nel film che
stanno vedendo. E’ un B-movie che non è del 1943, “Le Mousson”, ma mi piaceva molto
quella scena per quello che dice la donna: “Non sono qui per caso”.
Bisogna cercare nel film delle citazioni dirette di Hitchcock o di altri registi?
Delle citazioni, no. Ma in ogni caso non si può fare cinema senza passare per
Hitchcock. Per l’Africa, si può pensare a “L’uomo che sapeva troppo” e a “Nodo alla gola”
per l’uso delle trasparenze. Vengono omaggiati altri registi che amo: il bacio del finale
assomiglia a una scena di un film di Douglas Sirk e, nell’albergo, i personaggi vanno e
vengono un po’ come in Lubitsch. Ma spero che la regia rimanga semplice. Un
montaggio classico, piccole carrellate, ma non una volontà di emancipazione della
macchina da presa, mai. A differenza di “Viaggio a titolo privato”, dove la macchina da
presa raccontava delle cose, qui sono gli attori a raccontare, e i personaggi disegnano da
sé il proprio percorso.
Il personaggio di Samuel è un aviatore che è stato critico cinematografico… e anche un
po’ avventuriero, un po’ artista?
E’ una sorta di Romain Gary, aviatore e allo stesso tempo letterato, un
innamorato romantico che è anche un conquistatore, attaccato alla legge e ribelle allo
stesso tempo … E’ come quei giovani che circondavano De Gaulle a Londra, degli
intellettuali che però preferivano l’azione, capaci di farsi uccidere per un ideale di
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tolleranza. Viene detto molto chiaramente nel film quando Samuel ritrova l’amico che
arriva da Londra.
E’ anche segnato dalla morte: si comincia scoprendolo morto, e la morte lo perseguita con
la notizia del suicidio di una donna che amava…
Venendo a conoscere la morte di questa donna, lui ha la misura della violenza
della sua libertà: quando uno si concede la libertà, scopre che fa del male agli altri. Ma
essere liberi, è proprio accettare questo. Anne fa anche lei questa esperienza. Quando
Samuel la incontra, finalmente è in pace. E’ un ragazzo che brucia dentro: non si parte
a combattere per l’Africa se non si è un po’ pazzi. Solo Anne può ridargli la pace che gli
manca. Solo l’amore può pacificare la guerra.
Sono delle apparizioni l’uno per l’altra...
Sì, sono degli spettri, dei fantasmi della creazione. Lei gli dice “Sono un effetto
della tua febbre”, quando effettivamente è lui a essere un effetto della febbre di lei. In
ogni caso, è una febbre che si impossessa di entrambi. Lui scrive a una Anna, e lei
diventa Anna. Chi è che fa cosa? Nel desiderio, imitiamo gli uni gli altri. E nel desiderio,
c’è anche un desiderio di morte, un desiderio di affondare nell’altro, e che l’altro affondi
dentro di te.
Il film prende sul serio la questione del desiderio. Lei gli dà in ogni caso un valore
cruciale: bisogna credere al proprio desiderio, ai propri sogni. Quando Anne dice “E’ la
prima volta che sarò quello che desidero…”, sentiamo che il desiderio non ha solamente
la chiave dei sogni, ma la chiave della sua persona.
E’ allo stesso tempo una cosa seria e una cosa di fantasia. Anne ha l’audacia di
desiderare e di identificare la sua vita con il proprio desiderio. E’ una cosa impossibile:
non si può essere quello che si desidera. D’altra parte, perfino nel sogno, Anne è
richiamata all’ordine dall’impossibilità rappresentata dal piccolo scarabeo. Lei ama
Samuel, ma se vuole stare con lui, deve tradirlo. Alla fine, vuole rimanere nel suo sogno,
ma anche lì viene richiamata all’ordine: se resta, muore.
E sceglie la morte…
Perché è profondamente romantica. Non solo Anne vive circondata dai morti, ma
sceglie la morte come amore. E nel suo amore, va fino in fondo. Sfida le proibizioni,
prima non prendendo le sue medicine, poi sprofondando nella propria malattia, quindi
andando in un territorio proibito, quello del sogno. Passa tutte le frontiere, quella della
realtà, quella del tempo, quella della morte… E’ ribelle, combatte la fatalità del suo
destino. In questo, è totalmente romantica. Emma de Caunes del resto è un po’ così.
Non transige, va fino in fondo alle passioni, ai suoi ruoli. E’ romantica, e lo è anche Eric
Caravaca, con una determinazione più maschile.
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Come li ha diretti? La loro interpretazione non è semplicemente realistica, e Emma de
Caunes ha perfino due registri interpretativi molto distinti…
Prima è la ragazza che si annoia in Tunisia, assente al mondo e a se stessa, e poi
la ragazza che prende in mano la propria vita. Ha subito capito come scivolare in questo
universo, e anche Eric. Perché tutti e due amano il cinema, e anche perché sono
veramente i due giovani attori più romantici del cinema francese. E’ per questo che li ho
scelti. Sono tutti e due ancora attaccati all’infanzia, come i loro personaggi, e mi hanno
regalato un po’ della loro giovinezza.
Dietro di loro, gli altri personaggi sono più di fantasia…
E’ tutto un mondo di fantasia. C’è l’ufficiale inglese, che ho immaginato partendo
da un ritratto fatto da Cecil Beaton, il famoso fotografo di moda, che era stato inviato al
fronte come reporter di guerra. Rappresenta bene l’idea che i Francesi si facevano delle
forze britanniche. E’ meravigliosamente caratterizzato da un Murray Head in gran
forma. Ci sono i due nazionalisti arabi che sono antiquari costretti a collaborare con
tutto un mondo losco legato al fascismo. Questo contravviene completamente alle loro
idee e si disperano di dover lottare contro gli Inglesi in quelle condizioni. Sono delle spie
da operetta. C’è la zia di Anne, l’archeologa un po’ pazza che non smette di richiamarla
all’ordine della ragione, ma che vive lei stessa in un universo di egittologia un po’
allucinato. Bernadette Lafont dà a questo ruolo la sua dolcezza energica e la sua fragile
generosità. Il padre è un personaggio più tradizionale, ma anche lui non è del tutto
nella realtà, perché ha perduto sua moglie e suo figlio, vive all’ombra dei morti, e nel
dialogo silenzioso con loro. Jacques Nolot dona a questo personaggio un’umanità
singolare.
Ma con delle sfumature mutevoli. La musica batte sul tasto del romanticismo… Con
evidente franchezza!
E a volte la stilizzazione crea un effetto più distanziato, si passa dal primo al
secondo grado…
E’ questo che amo della vita. Le persone che hanno un approccio franco e che hanno allo
stesso tempo un po’ di umorismo, che recitano con sincerità il proprio ruolo sapendo che
stanno recitando. Il film è così. Io sono veramente nella storia, con il personaggio, ma
allo stesso tempo mantengo un po’ di distanza divertita.
Il film instaura un rapporto ludico con lo spettatore.
Un rapporto di piacere. Non c’è né di più né di meno di quello che si vede sullo
schermo. Si possono vedere tante cose, o semplicemente delle belle immagini, e va
benissimo. Si può dire tutto, far vedere tutto al cinema, ma bisogna conservare il
piacere. Più invecchio, più credo che bisogna parlare di cose importanti con leggerezza.
Ne “Gli amanti del Nilo” si possono capire cose sulla creazione, sulla fuga. Ma
divertendosi.
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Sull’evasione, il film dice due cose diverse. Attraverso la canzone di Jean Sablon, c’è
l’incoraggiamento a evadere: non bisogna spezzare un sogno. Ma quando Anne e Samuel
si trovano davanti al quadro di una nave, parlano dei demoni dell’immaginazione…
C’è il sogno, e la trappola del sogno! Quello che dice il sogno di Anne è la
passione, il desiderio, l’avventura amorosa e l’avventura dell’immaginazione che
portano l’incontro, ma anche la rottura con il mondo. Nella sceneggiatura, quando Anne
incontrava Samuel, che stava guardando il quadro della nave, lui le dice: “Viene voglia
di essere a bordo, non è vero?” Lei rispondeva: “Ma prende pochissimi passeggeri”, e
attaccava i primi versi del Bateau ivre di Rimbaud: “Porteur de blés flamands ou de
cotons anglais”… La nave del quadro rappresenta questo: la vera vita è altrove. Ma
l’attaccamento a quello che non è la vita vera è anche portatore di morte, e la storia di
Rimbaud lo dimostra.
L’evasione può essere Rimbaud o la collezione Arlequin, e lei non si oppone a questi
piaceri…
Ci sono Arlequin e Rimbaud nel film. E credo che ci sia Arlequin in Rimbaud:
nelle situazioni più geniali, c’è un essere con emozioni dirette, semplici. La vita è
altrove, ma l’altrove può essere l’eternità degli amanti come un viaggio sul Nilo, l’arte o
l’esotismo di un romanzo di Arlequin. In tutto questo, c’è una parte di infanzia, ci sono
emozioni dirette e semplici. E’ veramente questo che mi interessa, ed è quello che amo
nel cinema.
Intervista di Frédéric Strauss
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