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Relazione storico-araldica
per il Comune di Cavallino-Treporti
in Provincia di Venezia
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ANALISI STORICA (*)
La data di istituzione del Comune di Cavallino-Treporti risale al 2 aprile 1999,
corrispondente alla data di pubblicazione nel B.U.R. della Legge Regionale n. 11/1999,
istitutiva del Comune.
Da segnalare che nel referendum consultivo, svoltosi il 13 dicembre 1998, la maggioranza
della popolazione si era espressa chiaramente a favore della creazione del nuovo Comune
per scorporo da quello di Venezia (su un totale di 7.694 voti validi espressi, 4.690 voti a
favore dell’autonomia amministrativa).
Dalla statistica Istat al 30 settembre 2007 si evince che il Comune annovera 12.868 abitanti
(maschi 6.337 - femmine 6.531) con un’ estensione territoriale di 44,87 chilometri quadrati
e 12 frazioni o contrade: Cavallino; Treporti; Ca’Savio; Lio Piccolo; Saccagnana; Mesole;
Punta Sabbioni – Lio Grando; Ca’Vio; Ca’Pasquali; Ca’Ballarin; Ca’ di Valle; Faro Piave
Vecchia.
È dall’affascinante equilibrio tra terra e acqua che la penisola di Cavallino-Treporti trae la
sua originalità e ricchezza ambientale, paesaggistica e culturale.
A sud il mare Adriatico e il tipico ambiente costiero mediterraneo, a nord la laguna
veneziana, una delle “zone umide” di maggior pregio e di importanza internazionale, a est
le sponde del fiume Sile (o Piave Vecchia), a ovest la vista sulla bocca di porto del Lido: in
questo territorio, ulteriormente impreziosito da una rete di canali interni navigabili, dalle
“barene” e dalle pescose valli lagunari, è conservato un vasto patrimonio storico e
naturalistico.
Un contesto straordinario, che ha inevitabilmente caratterizzato la vita, le tradizioni, le
attività sociali ed economiche degli abitanti di questo luogo.
I settori economici maggiormente sviluppatisi sono il turismo e l’agricoltura, ma non
secondaria è l’importanza dei comparti del commercio, della pesca e dell’artigianato.
Spiagge, pinete, percorsi di terra e d’acqua, floridi orti, ne fanno una meta ideale per
vacanze ed escursioni, per soggiorni in strutture ricettive dotate di comfort ed efficienti
servizi: per numero di presenze turistiche, Cavallino-Treporti è la prima località balneare
del Veneto, la seconda d’Italia ed è leader assoluto in Europa dell’offerta turistica “all’aria
aperta”. I villaggi turistici e campeggi e, in minor misura, gli alberghi e gli appartamenti,
fanno registrare ogni anno complessivamente quasi sei milioni di presenze di ospiti
italiani e stranieri, provenienti soprattutto dai Paesi del centro e nord Europa.
È doveroso sottolineare che dal 2006 nelle spiagge di Cavallino-Treporti sventola la
“Bandiera Blu”, riconoscimento internazionale rilasciato dalla Fee Italia, per la qualità
dell’acqua di balneazione, dei servizi e per la cura dell’ambiente.
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Quello di Cavallino-Treporti è anche un ambito agricolo di primario interesse: le
particolarissime composizioni dei terreni agrari favoriscono la produzione di ortaggi dalle
specifiche caratteristiche organolettiche e gustative.
Qui si è sviluppata un’attività orticola specializzata e di qualità, che è garanzia di
produzioni pregiate e genuine: il pomodoro (per il quale è stato avviato l’iter di
riconoscimento del marchio Igp), la melanzana, il peperone, le zucchine, i cetrioli, le
diverse varietà di insalata. Gli ortaggi del litorale sono considerati prodotti di eccellenza in
tutti i mercati del nord Italia.
Ricostruire ora la storia del Litorale Nord della Laguna di Venezia è un’avventura difficile
e per certi versi affascinante: se, infatti, per Lio Piccolo esistono testimonianze risalenti
all’epoca romana - scavi archeologici testimoniano in tale sito i resti di splendidi pavimenti
a mosaico - per località come Ca’ Savio e Punta Sabbioni bisogna, invece, parlare di origini
meno antiche.
Terre, acque dolci, acque salse: questi sono i tre elementi che scontrandosi, combinandosi,
ridividendonsi hanno creato i confini di Cavallino-Treporti, uno dei pochi comuni italiani
dove il territorio ha subito cambiamenti naturali ininterrotti nel corso dell’ultimo
millennio.
Dopo la caduta dell’Impero Romano, le isole lagunari costituirono un rifugio per le
popolazioni provenienti da Altino e da altre grandi città, in fuga davanti alle invasioni
barbariche. Ma i secoli seguenti furono di decadenza: regnavano incontrastate la povertà e
la malaria.
Attorno all’anno Mille dalle acque emergeva solo Lio Piccolo che apparteneva al cordone
di isole che separava la laguna di Venezia dal mare; successivamente si formarono,
alzandosi dalle acque marine, i lidi delle Mesole, di Cavallino e Saccagnana e, nel corso del
XV secolo, dell’isola della Chiesa (in origine chiamata lido di Saccagnana).
Al XV secolo può ricondursi la nascita dell’idronimo Trium Portuum che
contraddistingueva quel collegamento tra mare e laguna - e di conseguenza anche con
alcuni punti della terraferma - che qualche secolo precedente era costituito degli antichi
canali di Torcello, Costanziaco, Ammiana (le ultime due isole scomparse della laguna
Nord).
Nel corso del Cinquecento l’idronimo Tre Porti (diventato poi Treporti a cavallo tra Otto e
Novecento) per contaminazione arriva a indicare anche le isole che si trovavano di fronte
al lido di S. Erasmo ed erano separate, appunto, dal canale di Treporti: erano le isole della
Chiesa e la nascente isola di Portosecco (consolidatasi nel Seicento).
Per quanto riguarda Cavallino, che è una traduzione letterale dal latino Equilinum (la
prima attestazione nota risale al 1289) o anche del tardo medievale Caballinus, il toponimo
si dovrebbe ricondurre alla vicinanza con Equilium (l’antica Jesolo) di cui il lido in
formazione ne costituiva un’appendice identificata con il diminutivo Equilinum. Da
accertare, tuttora, se il nome attribuito alla vicina località Equilium sia da mettere in
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relazione con la presenza in età preromana di nuclei di Veneti dediti all’allevamento dei
cavalli.
Dato il continuo espandersi del territorio con l’emergere di nuovi lidi, che venivano via via
difesi dalle acque e poi messi a coltura, gli insediamenti umani si costituirono col continuo
afflusso di coloni (e questo per tutto il corso del passato millennio) che provenivano da tre
aree geografiche ben precise: le isole della laguna compresa Chioggia e dintorni, la
terraferma attorno alla gronda lagunare, l’asta fluviale di Sile e Piave.
Lo scavo del Canale Cavallino (ora denominato Casson), consentì una nuova via di
navigazione tra la laguna e il Piave e contribuì a rendere più sano e salubre il territorio: il
canale fu aperto alla navigazione nel 1632, come testimonia la lapide posta sulla facciata di
una casa, presso le “porte”, o chiuse, di Cavallino.
Nel territorio - di particolare interesse storico-artistico-architettonico - risultano l'edificio
trecentesco delle Mesole , conosciuto come il “convento”, riconoscibile dai camini rotondi,
“alla vallesana”; l’elegante villa cinquecentesca di Saccagnana - originale esempio di villa
veneta inserita in ambito lagunare - al centro del “Prà”; l'ampio cortile con i suoi edifici
rurali e la piccola chiesetta disposti a quadrilatero; le chiese della SS.ma Trinità a Treporti,
della fine del Seicento, e le settecentesche Santa Maria Elisabetta a Cavallino e Lio Piccolo
e, infine, le porte del Cavallino - con la bella costruzione dell’antico casello daziale delle
conche - che collegano il Sile (un tempo la Piave) con la laguna, per secoli passaggio
obbligato dei traffici acquei da e per Venezia.
Si segnalano, inoltre, le costruzioni militari - batterie e forti - in particolare il Forte Vecchio
costruito dagli Austriaci dal 1845 al 1851 sul Lungomare San Felice, a Punta Sabbioni, e le
torri telemetriche, costruzioni sulla cui cima veniva sistemato un “telemetro”, strumento
capace di misurare rapidamente le distanze e quindi di avvistare e individuare l'obiettivo
nemico. Un sistema di fortificazioni, che sottolinea l’importante posizione strategica di
Cavallino-Treporti durante le guerre, a difesa di Venezia da ogni minaccia
ANALISI ARALDICA
Blasonatura:
Stemma: “Tagliato dalla sbarra ondata, diminuita, d’oro: il primo, di verde, al cavallo
inalberato, rivoltato, d’argento; il secondo, di azzurro, alle tre ancore, poste una, due, la
terza in palo sotto la prima, di argento. Ornamenti esteriori da Comune”.
Gonfalone: Drappo di bianco, riccamente ornato di ricami d'argento e caricato dello
stemma sopra descritto con la iscrizione centrata in argento recante la denominazione del
Comune. Le parti di metallo e i cordoni saranno argentati. L'asta verticale sarà ricoperta di
velluto bianco, con bullette argentate poste a spirale. Nella freccia sarà rappresentato lo
stemma del Comune e sul gambo inciso il nome. Cravatta con nastri tricolorati dai colori
nazionali frangiati d'argento.
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Esegesi
La sbarra ondata d’oro simboleggia il litorale sabbioso e richiama il mare; il di verde
rappresenta la terra con i campi e i famosi orti; il d’azzurro l’acqua, così copiosa, che
circonda il territorio, mentre il cavallo inalberato richiama il primo nome del Comune che
è Cavallino e le tre ancore il secondo che è Treporti.
“L’Araldica è soprattutto, è essenzialmente un linguaggio figurato. Lo stemma esprime
un’impresa, ricorda un fatto; per questo diventa un contrassegno; un cognome, direi,
illustrato. Agli studiosi esso basta per indovinare di un monumento, di un sepolcro, di un
edificio, quand’anche ogni scritta ne sia sparita, a chi appartenga. Certe lacune storiche
sono state così colmate dall’Araldica, non solo per la parte genealogica, scienza sussidiaria
della storia”1.
L’araldica, che insegna a comporre gli stemmi, deriverebbe dal termine Herold, araldo,
ossia messo, funzionario, uomo di fiducia del re, traendo origine dal vocabolo tedesco
hariowaldus, che era, nel medioevo, l’ufficiale che aveva il compito di custodire le armi del
proprio signore, di identificare, nelle giostre e nei tornei, le insegne smaltate sugli scudi,
dipinte nei sorcotti dei cavalieri e nelle gualdrappe dei cavalli, oltre a riconoscere le
insegne caricate nel drappo dei vessilli dei vari corpi militari nel corso delle battaglie.
Infatti, l’araldica traccia sugli scudi delle nazioni, delle città, delle famiglie, le vicende, i
titoli e le particolarità di esse, servendosi di un mezzo conosciuto da tutti i popoli, il
simbolo, che si esplica con la rappresentazione di animali, corpi celesti, figure mitologiche,
piante, croci ed un’altra infinità di figure, chiamate appunto figure araldiche.
Con il termine blasone intendiamo, invece, la disciplina che insegna a comprendere il
significato degli stemmi e a descriverli secondo le terminologie araldiche; tale vocabolo
deriverebbe dal verbo tedesco blasen, ossia il suonare del corno per chiamare a raccolta i
cavalieri che partecipavano al torneo.
Una delle norme fondamentali che regola l’araldica asserisce che chi ha meno ha più, con
riguardo alla composizione degli smalti, figure e positure dello scudo.
Preme, a tal punto, evidenziare che, in estrema sintesi, le figure che caricano o
compongono uno scudo si suddividono in figure araldiche, figure naturali e figure ideali.
Per figure araldiche intendiamo le partizioni e le pezze onorevoli e araldiche, così definite,
in quanto furono le più antiche ad essere dipinte, quali la fascia, il palo, la banda, la sbarra,
la croce, il decusse, la pergola, lo scaglione e il capo; figure naturali sono tutte quelle
raffigurazioni che sono tratte da una scienza, quali la flora, la fauna, l’astrologia, la
meteorologia o da un’arte o mestiere; figure ideali, infine, sono quelle tratte, ad esempio,
dall’agiologia o dalla demonologia, chiamate anche figure chimeriche in quanto siamo in
presenza di figure fantastiche o mostruose, quali i draghi, i demoni, gli unicorni, le sirene,
i grifoni.
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Per gli smalti del campo dello scudo ricordiamo, invece, che si distinguono in metalli, oro e
argento, e in colori, rosso, nero, azzurro, verde e porpora.
Per completezza, vale la pena ricordare che gli araldisti aggiungono anche il naturale,
quando le figure caricate nell’arme conservano il loro proprio colore. Il colore della carne
del corpo umano però, più specificatamente, si blasona con di carnagione, mentre il cielo,
con nuvole e prospettiva, come in un vero paesaggio, si descrive con campo di cielo. Gli
araldisti inglesi e olandesi usano altresì i colori aranciato e cannellato, sanguigno e lionato.
I metalli e i colori si chiamano smalti dall’usanza dei cavalieri di porre, nel medioevo,
sopra i loro sorcotti le figure dei propri emblemi araldici in stagno battuto e smaltato di
rosso, di verde, di nero, di turchino e di porpora. Da tale consuetudine di smaltare gli
emblemi araldici in stagno derivò il termine araldico di smalto.
Ricordiamo, altresì, che il campo di uno scudo può anche essere ricoperto da due pellicce,
che sono l'ermellino e il vajo. Gli araldisti chiamano tali pelli anfibie, in quanto è permesso,
senza alterare le regole del blasone, porre dei metalli o dei colori sopra le medesime.
Infatti, una delle regole araldiche più note recita che non si deve mai porre metallo su metallo o
colore su colore; se ciò si riscontra, lo scudo prende il nome di stemma d’inchiesta, dovendosi
appurare il motivo.
Altra regola fondamentale riguarda la posizione degli animali che devono di norma essere volti alla loro destra, cioè a sinistra per chi osserva l’animale caricato nello scudo.
Gli araldisti fanno derivare tale positura dalla tradizione delle giostre e dei tornei
cavallereschi, nei quali il cavaliere avanzava tenendo nella destra la lancia e nella sinistra
lo scudo e quindi l’eventuale animale rappresentatovi doveva sembrare anch’esso
incedere, volto nella stessa direzione del cavallo e cavaliere, senza notare che il caricare gli
animali e le altre figure araldiche alla loro destra, nella simbologia, richiama al dettato
della “destra evangelica”. Gli animali girati di 180 gradi dalla loro posizione normale e
che guardano la sinistra dello scudo, si blasonano con il termine rivoltato2.
Annotiamo che nel blasonare o descrivere araldicamente uno stemma, la sinistra dello
scudo, per chi lo osserva, viene, invece, indicata e descritta con la destra e viceversa; il
motivo, secondo alcuni araldisti, deriverebbe dal fatto che è lo scudo che si blasona da
solo, per altri, invece, il motivo risale al fatto che, nel reggere lo scudo sul braccio, la parte
sinistra dell’insegna, per il cavaliere, corrispondeva al lato destro dell’arma, per la persona
che gli stava di fronte.
Ci preme, altresì, evidenziare che fu necessario creare dei segni convenzionali per
comprendere ed individuare gli “smalti” dello scudo, quando lo stemma risulta riprodotto
nei sigilli e nelle stampe in bianco e nero.
Così gli araldisti, nel tempo, usarono vari sistemi; ad esempio, scrissero nei vari campi
occupati dagli smalti, l’iniziale della prima lettera corrispondente al colore dello smalto,
oppure individuarono i colori con l’iscrivere le prime sette lettere dell’alfabeto o, ancora
riprodussero, sempre nei campi dello smalto, i primi sette numeri cardinali.
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Nel XVII secolo, l’araldista francese Vulson de la Colombière propose, invece, dei particolari
segni convenzionali per riconoscere il colore degli smalti negli scudi riprodotti in bianco e
nero. L’araldista padre Silvestro di Pietrasanta della Compagnia di Gesù, per primo, ne
fece uso nella sua opera Tesserae gentilitiae ex legibus fecialium descriptae, diffondendone,
così, la conoscenza e l’uso.
Tale sistema di classificazione, tuttora usato, identifica il rosso con fitte linee
perpendicolari, l’azzurro con orizzontali, il verde con diagonali da sinistra a destra, il
porpora con diagonali da destra a sinistra, il nero con orizzontali e verticali incrociate,
mentre l’oro si rende punteggiato e l’argento senza tratteggio.
Per rappresentare il colore “al naturale” alcuni araldisti prevedono altri segni
convenzionali, ma intendiamo sposare la tesi dell’araldista Goffredo di Crollalanza dove,
per il colore “al naturale”, dopo aver ricordato che si può porre sopra metallo e sopra
colore indifferentemente, senza ledere la legge della sovrapposizione degli smalti,
chiarisce che si esprime nei disegni lasciando in bianco il pezzo e ombreggiando la figura
nei luoghi acconci3.
Cercare il proprio stemma, quindi, quello vero, da poter innalzare come vessillo, con il
quale segnare le proprie carte, comprenderne compiutamente i simboli, non è, in qualche
modo, cercare se stessi, la propria immagine, la propria dignità?
Ecco come un atto, che potrebbe essere letto solo formalmente, può acquisire invece un
significato simbolico e fortemente pregnante.
Addentrandoci più specificatamente nel simbolismo araldico degli smalti e delle figure
presenti nello stemma del Comune di Cavallino-Treporti, ricordiamo che fra i metalli, l’oro
rappresenta la Fede fra le virtù, il Sole fra i pianeti, il Leone nei segni zodiacali, luglio fra i
mesi, la domenica fra i giorni della settimana, il topazio fra le pietre preziose,
l’adolescenza sino ai vent’anni fra le età dell’uomo, il girasole fra i fiori, il sette fra i numeri
e se stesso fra i metalli, mentre l’argento simboleggia la Speranza fra le virtù, la Luna fra i
pianeti, il Cancro nei segni zodiacali, giugno fra i mesi, il lunedì fra i giorni della
settimana, la perla fra le pietre preziose, l’acqua fra gli elementi, l’infanzia sino a sette anni
fra le età dell’uomo, il flemmatico fra i temperamenti, il giglio fra i fiori, il due fra i numeri
e se stesso fra i metalli.
Fra i colori, invece, l’azzurro rappresenta la Giustizia fra le virtù, Giove fra i pianeti, il Toro
e la Bilancia nei segni zodiacali, aprile e settembre fra i mesi, il martedì fra i giorni della
settimana, lo zaffiro fra le pietre preziose, l’aria fra gli elementi, l’estate fra le stagioni, la
fanciullezza sino ai quindici anni fra le età dell’uomo, il collerico fra i temperamenti, la
rosa fra i fiori, il sei fra i numeri e lo stagno fra i metalli, mentre il verde simboleggia la
Fortezza fra le virtù, Venere fra i pianeti, i Gemelli e la Vergine nei segni zodiacali, maggio
e agosto fra i mesi, il giovedì fra i giorni della settimana, lo smeraldo fra le pietre preziose,
la primavera fra le stagioni, la giovinezza sino ai trent’anni fra le età dell’uomo, ogni
pianta verde fra i fiori, il cinque fra i numeri e il piombo fra i metalli.
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Per le figure del cavallo e delle ancore caricate nel campo dello scudo, ricordiamo che il
cavallo simboleggia il valore, l’animo intrepido, la generosità e la vittoria, mentre l’ancora
simboleggia la costanza e la fermezza.
Giorgio ALDRIGHETTI
Novembre 20007
(*) I dati storico-statistici, per la maggior parte, sono stati forniti dal Comune di Cavallino-Treporti.
1
Dalla Torre G., L’araldica ecclesiastica, “Vita e pensiero”, settembre 1941, pp. 412-416.
Neubecker O., Araldica, cit. v. Rivoltato, p. 50; Manno A., Vocabolario Araldico Ufficiale, Roma 1907, voce
Rivoltato, p. 49.
3
G. Crollalanza (di), Enciclopedia araldico-cavalleresca, Pisa 1886, p. 28, voce Al naturale.
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