Il venditore della playstation non può vietare le modifiche alla

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Il venditore della playstation non può vietare le modifiche alla
Il venditore della playstation non può vietare le modifiche alla macchina per
consentirne l’utilizzo per scopi diversi da quelli graditi al venditore, con la
conseguenza che la commercializzazione di playstation con modifica del chip
originale non costituisce reato.
E' quanto stabilito dal Tribunale di Bolzano, con ordinanza 31 dicembre 2003, con
la quale è stata evidenziata la pratica delle società produttrici della playstation di
limitare artificiosamente le prestazioni della macchina al fine di permettere
soltanto la lettura di CD o analoghi supporti contenenti giochi prodotti e
distribuiti dagli stessi produttori o da ditte con loro licenza.
(Altalex, 11 gennaio 2004. Il provvedimento è tratto dal portale ICT LAW curato
dal Prof. Andrea Monti).
TRIBUNALE DI BOLZANO
Sezione per il riesame
Ordinanza 31 dicembre 2003
Il Tribunale di Bolzano, riunito in camera di consiglio, composto dai Magistrati :
Dott. Edoardo Mori - Presidente
Dott. Claudio Gottardi - Giudice
Dott. Tullio Joppi - Giudice
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
Visto il ricorso proposto da ** Salvatore
indagato per il reato di cui all’art. 171ter, della legge 22 aprile 1941, n. 633, rileva
quanto segue.
Nel corso di una indagine svolta dalla Guardia di Finanza sul presupposto che costituisse
reato la commercializzazione di playstations modificate, il P.M. di Bolzano emanava un
decreto di perquisizione e sequestro a carico di ditte che risultavano aver acquistato
consoles modificate da altra ditta, già indagata dalla Procura della Repubblica di Bassano
del Grappa. L’atto portava al sequestro in data 12-12-2003 di una playstation e di alcuni
chip da utilizzare per le modifiche, presso la ditta di ** Salvatore di Rimini.
** Salvatore ha proposto rituale ricorso al Tribunale del riesame contro il sequestro.
Letti gli atti questo Collegio osserva quanto segue.
Il caso in esame sottende il problema di fondo della modificabilità dei circuiti delle play?
stations ed è stato sollevato a livello internazionale dalla Sony, importante ma non
esclusiva produttrice di questi “computer dedicati” per la lettura di CD o analoghi
supporti contenenti giochi prodotti e distribuiti dagli stessi produttori della playstation o
da ditte con loro licenza.
Per questi produttori l’affare redditizio è il vendere i giochi, del costo di circa 30 €, e non
certo la sola stazione del costo di circa 200 €, spesso anzi venduta sottocosto proprio
per invogliare all’acquisto dei giochi.
Per questo motivo i produttori hanno inserito nelle playstation delle limitazioni per cui
esse sono in grado di leggere solo i supporti sviluppati da loro stessi. Inoltre, per pura
strategia di mercato, il mondo è stato diviso in tre zone (America, Asia, Europa ed
Australia), e le playstations distribuite in America (e da collegare ai televisori con sistema
NTSC) non accettano supporti prodotti per il mercato europeo mentre le playstations
distribuite in Europa per televisori PAL o SECAM non accettano supporti previsti per il
mercato americano.
I supporti inoltre sono registrati in modo tale che una copia di essi non viene accettata
dalla playstation in quanto essa riconosce solo i dischi originali (ciò in contrasto con
quelle disposizioni di legge italiane che consentono ad ogni acquirente di software di
eseguire una copia di sicurezza per il caso di danneggiamento dell’originale).
Di fronte a tali limitazioni artificiose della macchina, i tecnici hanno creato un
semplicissimo chip, del costo di pochi euro, il quale ripristina tutte le funzioni della
macchina la quale pertanto diventa idonea a leggere supporti originali provenienti da
altri mercati, a leggere copie di questi supporti, a leggere giochi creati da produttori
indipendenti o dallo stesso proprietario della macchina, a funzionare, con alcuni ulteriori
accessori, come un computer vero e proprio.
Non è il caso di affrontare qui i problemi tecnici di come siano costruiti una console e un
chip; basti dire che i "mod chips" o "converter chips" sono rappresentati da un chip che
si inserisce nella console e le fornisce l’istruzione che il codice territoriale e il codice del
CD originale devono essere accettati dal sub-bus controller.
E che la console sia un computer vero e proprio e non di una semplice console da gioco
è, ironia del caso, sostenuto a spada tratta dalla stessa Sony la quale, di fronte alla
comunità europea che voleva imporre le tasse doganali previste per le consoles (i
computer sono invece esenti da dogana) è ricorsa alla corte Europea sostenendo che si
tratta invece di computer; e la Corte Europea di Giustizia, in sede di appello, ha stabilito
che effettivamente di computer si tratta (decisione del settembre 2003).
In sostanza ci si trova quindi di fronte a produttori che mettono in vendita delle
macchine limitate in modo che esse possano essere utilizzate solo per gli usi ad essi
graditi.
A livello internazionale il problema è stato affrontato con vari risultati, dipendenti
ovviamente dalle singole legislazioni interessate.
In Australia, dopo una prima decisione favorevole, auspicata e sostenuta direttamente
dall’autorità per la libera concorrenza che accusava la Sony di sottrarre agli australiani i
vantaggi della globalizzazione (Kabushiki Kaisha Sony Computer Entertainment & Ors v.
Eddy Stevens, N929 of 2002) , il 23-7-2003 la Corte Suprema ha stabilito che vi è una
violazione del diritto d’autore; analoga decisione è stata pronunziata in Inghilterra (però
sono state applicate norme più restrittive di quelle europee). In Germania per ora i chip
di modifica sono considerati legali e nello stesso senso è la (scarsa) giurisprudenza di
merito italiana (Trib. Vicenza 27/6/03 nr. 53/03).
Va anche detto che il problema è in parte superato per il fatto che la Sony sta per
lanciare un nuovo sistema PSPTM, con nuovi dischi ottici che renderanno superata la
modifica con i chip.
Analogo a quello in esame è il problema, a cui si accenna solo per completezza, che
sorge dal fatto che le playstations, con modeste modifiche e qualche accessorio,
possono essere trasformate in un computer. L’X-box della Microsoft, del costo di circa
200 E, ha tutta la potenzialità di un computerPentium 3 ed è artificiosamente limitato a
console. Subito è comparso sul mercato lo Xbox-Mod-Chip che consente di usare in
esso molti programmi sotto Linux (il sistema operativo libero). Eppure questa macchina
con ampie possibilità è artificiosamente limitata, non può utilizzare giochi comperati in
America e, sebbene possa leggere senza problemi DVD, occorre pagare altri 30 euro
per accedere a tale opzione. Ma se la macchina, con poche modifiche, gira anche con
Linux, perché mai l’acquirente non dovrebbe poterla usare per tutti gli usi possibili?
Sarebbe un po’ come se la Fiat vendesse un’auto con il divieto di uso per
extracomunitari e per strade extraurbane.
Nella nostra legislazione l’unica norma che regola la materia è l’art. 171ter, della legge
22 aprile 1941, n. 633, che, in attuazione di una direttiva comunitaria, così recita alla
lettera f-bis: (è punito chiunque) fabbrica, importa, distribuisce, vende, noleggia, cede a
qualsiasi titolo, pubblicizza per la vendita o il noleggio, o detiene per scopi commerciali,
attrezzature, prodotti o componenti ovvero presta servizi che abbiano la prevalente
finalità o l'uso commerciale di eludere efficaci misure tecnologiche di cui all'articolo
102quater ovvero siano principalmente progettati, prodotti,adattati o realizzati con la
finalità di rendere possibile o facilitare l'elusione di predette misure.
L’art 102 quater, da parte sua, stabilisce che:
1. I titolari di diritti d'autore e di diritti connessi nonché del diritto di cui all'art. 102-bis
comma 3 possono apporre sulle opere o sui materiali protetti misure tecnologiche di
protezione efficaci che comprendono tutte le tecnologie, i dispositivi o i componenti che,
nel normale corso del loro funzionamento, sono destinati a impedire o limitare atti non
autorizzati dai titolari dei diritti.
2. Le misure tecnologiche di protezione sono considerate efficaci nel caso in cui l'uso
dell'opera o del materiale protetto sia controllato dai titolari tramite l'applicazione di un
dispositivo di accesso o di un procedimento di protezione, quale la cifratura, la
distorsione o qualsiasi altra trasformazione dell'opera o del materiale protetto, ovvero sia
limitato mediante un meccanismo di controllo delle copie che realizzi l'obiettivo di
protezione.
Risultano perciò chiari due punti.
1) che la protezione assicurata dalla legge è solo nei confronti del diritto d’autore e, solo
in via mediata, sui supporti dell’opera (art. 102 q.).
2) che sono vietate solo le attrezzature o componenti che siano destinati in via
prevalente e principale alla elusione delle misure di cui al punto 1 (art. 171ter lett. f bis).
Ma un terzo punto, non regolato dalla legge sul diritto d’autore, è egualmente
importante: in quale misura il venditore di una macchina possa vietarne modifiche per
consentirne l’utilizzo per scopi diversi da quelli graditi al venditore.
Vediamo ora se i chip in commercio possano essere considerati come destinati in via
prevalente e principale alla elusione delle misure di protezione del diritto d’autore
contenute nei supporti dei giochi.
Sul punto si può affermare con tranquillità che la funzione primaria e prevalente dei chip
non è affatto quella di consentire l’uso di copie pirata, ma bensì di superare ostacolo
monopolistici e di meglio utilizzare la playstation, in quanto il chip serve:
- a leggere dischi di importazione (e ciò potrà non fare piacere ai distributori europei, ma
non viola alcun diritto d’autore; anzi è la differenziazione adottata dai distributori che
potrebbe violare norme sulla concorrenza); si consideri che non tutti i giochi presenti sul
mercato americano sono rinvenibili con la codifica europea e che quindi vi è interesse a
procurarseli direttamente e che il loro costo è inferiore anche del 20% a quello europeo;
- a leggere dischi prodotti da società diverse da quella che ha prodotto laplaystation (e
questi potrebbero forse e talvolta violare dei brevetti sul software o la licenza loro
concessa, ma è problema che non può interessare l’acquirente del prodotto sul
mercato);
- a leggere la copia di sicurezza del software che la legge italiana consente di procurarsi;
- a leggere supporti di contenuto diverso da quello originariamente previsto, ma
sicuramente legali;
- a consentire di sfruttare tutte le capacità della playstation come computer.
Vediamo infine se il produttore della macchina possa vietarne un uso diverso da quello
da lui voluto.
In base alle nostre norme civilistiche, la risposta è senz’altro negativa: chi è proprietario
di un bene può goderne nel modo più ampio ed esclusivo.
Consci di ciò i produttori hanno cercato di aggirare l’ostacolo inserendo nella confezione
dell’oggetto un foglio in cui si afferma che se si rimuovono certi sigilli si perde il diritto
alla garanzia (e nulla può vietare al possessore dell’oggetto di rinunziare alla garanzia!) e
che è vietato decodificare odisassemblare il software della console in quanto coperto da
copyright oppure concesso solo in licenza d’uso.
Ebbene, è chiaro che per il nostro diritto queste condizioni sono del tutto prive di valore;
chi va in un negozio e acquista una scatola con dentro un programma o una console
acquista incondizionatamente e senza limitazioni perché in quel momento egli non
conosce quanto sta scritto (magari in inglese) entro la scatola. Dice giustamente il
Codice Civile che le condizioni generali del contratto sono opponibili all’altro contraente
se egli le conosceva al momento della stipulazione nel contratto; come può conoscerle
l’acquirente se il venditore non gliele fa leggere e sottoscrivere prima di consegnare
l’oggetto e di incassare il corrispettivo?
Quindi tutti i tentativi di vincolare l’acquirente con comunicazioni successive all’acquisto
sono semplicemente ridicole; le frasi “chi apre questa busta accetta le condizioni” “chi
vuole usare il programma clicchi qui e accetti le condizioni” sono inesistenti per l’utente
del programma. Egli del resto ben di rado le conosce perché di solito il programma viene
installato da tecnici più esperti del normale utente finale e quindi l’apertura della busta,
la violazione di sigilli, l’OK alle condizioni apparse sullo schermo, sono riferibili a soggetti
diversi dall’acquirente e dall’utente finale.
Si conclude quindi che il disposto sequestro è illegittimo perché la legge invocata non è
applicabile alla fattispecie.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso come sopra proposto, dichiara la illegittimità del
sequestro di data 12-12-03 a carico di ** Salvatore e ordina la restituzione
di quanto in sequestro.
Bolzano 31 dicembre 2003
Il Presidente est.
Edoardo Mori