Dispensa novità Legge 124/2015

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Dispensa novità Legge 124/2015
DISPENSA SULLE NOVITA' INTRODOTTE DALLA LEGGE 124/2015
Il nuovo silenzio assenso procedimentale
Seguendo l'ordine numerico degli articoli aggiunti o modificati alla legge 241/90 ad
opera della legge 124/2015, troviamo innanzitutto aggiunto l'art.17 bis che ha introdotto
l'istituto del silenzio-assenso tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni
pubbliche e gestori di beni e servizi.
A partire dal 28 agosto 2015 ogni atto di assenso, concerto o nulla-osta comunque
denominato, di competenza delle pubbliche amministrazioni nell'ambito di un
procedimento amministrativo, è sostituito dal silenzio-assenso e dunque si intende
acquisito ove l'amministrazione competente non provveda nel termine di 30 giorni dal
ricevimento dello schema di provvedimento.
Il silenzio-assenso, dunque, che in base all'art.20 della legge 241/90 è la regola sulle
istanze dei privati, diventa la regola anche nei rapporti tra pubbliche amministrazioni
nell'istruttoria del procedimento amministrativo.
La norma chiarisce che il termine di 30 giorni per la formazione del silenzio, decorre dal
ricevimento dello schema di provvedimenti, ciò significa che l'amministrazione
procedente deve curare la predisposizione della “bozza” del provvedimento finale e
trasmetterla all'amministrazione competente per l'assenso istruttorio calcolando il
termine non dalla data della spedizione bensì da quella della ricezione.
La trasmissione, pertanto, dovrà avvenire con uno strumento che attesti la data di
ricezione, privilegiando, ovviamente, l'utilizzo della PEC.
La formazione del silenzio-assenso presuppone comunque l'invio di una bozza di
provvedimento praticamente corrispondente al provvedimento finale in modo che non
possano esservi dubbi circa la consapevolezza da parte dell'amministrazione competente
all'assenso istruttorio dell'oggetto, del contenuto, delle motivazioni e delle norme
applicate per l'adozione del provvedimento finale.
In sostanza esattamente come nei rapporti con i privati la formazione del silenzioassenso presuppone la trasmissione di un'istanza completa di tutti gli elementi di legge
per la sua valutazione da parte dell'amministrazione, allo stesso modo la formazione del
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silenzio-assenso istruttorio presuppone la ricezione di uno schema di provvedimento
completo e chiaro circa le norme applicate, l'oggetto e il contenuto del futuro atto da
assentire.
Il silenzio-assenso istruttorio configura un formidabile strumento di semplificazione
dell'azione amministrativa consentendo all'amministrazione competente, non appena
riceve lo schema di provvedimento, di istruirlo e quindi di accantonarlo per la
formazione del provvedimento favorevole silenzioso, potendo così risparmiare il tempo
necessario per la formalizzazione dell'atto di assenso e la sua trasmissione e dedicarlo al
disbrigo di altre pratiche.
Questo importante strumento di semplificazione è dato anche alle amministrazioni
preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute
dei cittadini anche se, ai sensi del comma 3 dell'art.17 bis, il termine nei loro confronti
per la formazione del silenzio-assenso è triplicato e portato a 90 giorni.
Purtroppo il comma 4 dispone che la normativa sul silenzio-assenso che potremmo
definire “procedimentale” non sia applicabile nei casi in cui disposizioni del diritto
dell'Unione Europea richiedano l'adozione di provvedimenti espressi.
Innanzitutto si rileva che l'Ordinamento Europeo richiede la forma scritta per
provvedimenti definitivi non certo per atti interni al procedimento amministrativo.
Ad ogni modo anche ove una qualche norma dell'Ordinamento Europeo dovesse
imporre la forma scritta per un atto endo-procedimentale allora deve rilevarsi che nel
momento in cui viene adottato il provvedimento finale il richiamo scritto nel preambolo
del medesimo alla formazione del silenzio-assenso tutto sommato equivale ad un
provvedimento endo-procedimentale scritto nonché deve rilevarsi la superfluità di tale
disposizione in quanto la giurisprudenza amministrativa riconosce il diritto al
provvedimento espresso anche nei casi di silenzio-significativo con la conseguenza che
in nome della celerità e dell'economicità dell'azione amministrativa gli atti endoprocedimentali ai sensi del 17 bis ben possono essere resi in forma silenziosa salvo
confermarli in forma espressa su richiesta di chi vi abbia interesse.
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Le novità in materia di SCIA
La legge 124/2015 ha modificato il comma 3 e 4 dell'art.19 della legge 241/90 in
materia di segnalazione certificata di inizio dell'attività.
La nuova disciplina stabilisce che, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei
presupposti di legge per lo svolgimento dell'attività soggetta a SCIA, nel termine di 60
giorni dal ricevimento della scia, l'amministrazione adotta motivati provvedimenti di
divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di
essa salvo che non sia possibile conformare l'attività intrapresa e i suoi effetti alla
normativa vigente; nel qual caso, l'amministrazione, invita il privato a provvedere
prescrivendo le misure necessarie per la conformazione con la fissazione di un
termine non inferiore a 30 giorni nonché disponendo, nel frattempo, la sospensione
dell'attività intrapresa.
Dispone, infatti, il nuovo comma 3: L'amministrazione competente, in caso di accertata
carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta
giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati
provvedimenti
eventuali
di
effetti
divieto
dannosi
di
prosecuzione dell'attivita' e di rimozione
di essa. Qualora sia possibile conformare
degli
l'attivita'
intrapresa e i suoi effetti alla normativa vigente, l'amministrazione competente, con
atto motivato, invita il
privato
a
provvedere,
disponendo
la sospensione
dell'attivita' intrapresa e prescrivendo le misure necessarie con la fissazione di un
termine non inferiore a trenta giorni per l'adozione di queste ultime. In difetto di
adozione delle misure stesse, decorso il suddetto termine, l'attivita' si intende vietata.
In precedenza, invece, l'amministrazione competente, nei 60 giorni dal ricevimento
della segnalazione, poteva adottare soltanto provvedimenti di divieto di prosecuzione e
rimozione degli eventuali effetti dannosi salvo che ove ciò fosse possibile l'interessato
non provvedesse di sua iniziativa a conformare alla normativa vigente la propria attività
e i suoi effetti.
Disponeva,
infatti,
il
precedente
comma
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L'amministrazione competente, in caso di accertata
dell'art
carenza
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ora
abrogato:
dei requisiti e dei
presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della
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segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di
prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa, salvo
che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente
detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione, in ogni
caso non inferiore a trenta giorni.
In sostanza, prima della riforma, il potere di individuare le misure necessarie per la
conformazione
a
legge
dell'attività
intrapresa
non
era
dato
alla
pubblica
amministrazione competente, ma era un'iniziativa lasciata al privato interessato mentre
all'amministrazione rimaneva soltanto il potere di assegnare un termine.
Ovviamente appare molto più coerente con l'esigenza di tutela della legalità, affidare
all'amministrazione il potere di individuare le misure necessarie per la conformazione a
legge dell'attività medesima.
Addirittura, nel nuovo testo del comma 3 dell'art. 19, il divieto di prosecuzione e la
rimozione degli effetti dannosi dell'attività intrapresa possono essere pronunciati solo
ove non sia possibile, la conformazione a legge; di conseguenza , è evidente che, in caso
di accertata carenza dei presupposti e dei requisiti di legge, nei 60 giorni dal
ricevimento della segnalazione, l'amministrazione dovrà innanzitutto valutare la
possibilità di conformare a legge l'attività intrapresa, e solo ove non fosse possibile
alcuna misura di conformazione, motivando proprio su tale impossibilità di
conformazione, l'amministrazione potrà legittimamente vietare in modo definitivo la
prosecuzione dell'attività.
L'atto motivato di divieto, dunque, dovrà essere motivato proprio con riferimento
alle ragioni dell'impossibile conformazione mentre l'atto motivato di conformazione,
dovrà spiegare le corrispondenza alla legge delle misure di conformazione individuate
fissando per la loro realizzazione un termine congruo.
La legge si limita a stabilire solo la durata minima di tale termine congruo, 30 giorni,
ma non quella massima proprio per consentire all'amministrazione di assegnare un
termine di volta in volta adeguato alle misure di conformazione concretamente
prescritte.
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Nel frattempo, durante la realizzazione delle misure di conformazione l'attività
intrapresa dovrà essere sospesa.
In merito al procedimento da seguire in caso di accertata carenza dei requisiti e dei
presupposti di legge della segnalazione della SCIA, occorre considerare che, per
giurisprudenza ormai costante, dopo molteplici contrasti, a tale procedimento non
sarebbe applicabile l'art.10 bis sul preavviso di rigetto perché si tratta di un
aggravamento procedimentale vietato in generale dal secondo comma dell'art.1 della
legge 241/90 e pertanto suscettibile di interpretazione e applicazione restrittive limitate
ai soli procedimenti ad istanza di parte, secondo la lettera del medesimo art. 10 bis il
quale, infatti, dispone che “Nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del
procedimento o l'autorità competente, prima della
formale
adozione di un
provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano
all'accoglimento della domanda”.
E la SCIA non è un procedimento ad istanza di parte per cui non le si applica il
preavviso di rigetto.
In verità non è neppure un atto amministrativo; la scia, infatti è un atto privato come
conferma anche il comma 6ter dell'art. 19 il quale dispone infatti che: La segnalazione
certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non
costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili; pertanto, il decorso del
termine di legge senza provvedimenti negativi, non equivale ad un'autorizzazione
silenziosa in quanto il titolo legittimante deriva direttamente dalla legge previa
segnalazione.
Occorre però evidenziare che al fine di fissare le misure più opportune di
conformazione e soprattutto di stabilire il termine più idoneo, un confronto
procedimentale con i privati interessati potrebbe svolgere un importante ruolo
collaborativo ai fini della più corretta determinazione del contenuto del
provvedimento amministrativo e soprattutto deflattivo del futuro contenzioso.
Ad ogni modo sarà il responsabile del procedimento, di volta in volta, a valutare
l'opportunità di una partecipazione procedimentale non necessaria per legge ovvero, ai
sensi del 21 octies secondo comma della legge 241/90, evitabile laddove si possa
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dimostrare in giudizio che il contenuto del provvedimento finale non sarebbe potuto
essere diverso.
Ciò vale soprattutto con riferimento al provvedimento di sospensione dell'attività
intrapresa che l'amministrazione deve disporre contestualmente alle misure di
conformazione da attuare entro un determinato termine.
Tale sospensione è un atto vincolato d'ufficio e dovrebbe essere preceduto dalla
comunicazione di avvio evitabile però ai sensi dell'art. 21 octies secondo comma della
legge 241/90 il quale dispone che “Non e' annullabile il provvedimento adottato in
violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la
natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non
avrebbe potuto essere diverso da quello
in
concreto adottato. Il provvedimento
amministrativo non e' comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio
del
procedimento
qualora l'amministrazione
dimostri in giudizio
che
il
contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto
adottato”
In generale, il provvedimento di sospensione dell'attività intrapresa con l'imposizione
delle misure di conformazione trattandosi di provvedimento d'ufficio a contenuto
vincolato a fronte dell'accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di legge, non
necessita di comunicazione di avvio di procedimento la cui carenza, comunque, a tutto
voler concedere, configurerebbe non un'illegittimità ma solo un'irregolarità inidonea a
legittimare l'annullamento dell'atto ai sensi dell'art. 21 octioes 2 comma della legge
241/90; tuttavia, in omaggio alla “duttilità” del procedimento amministrativo introdotta
dalla legge 241/90 che ha rimesso alla discrezionalità del responsabile del procedimento
in relazione alle peculiariatà di ogni singola istruttoria, individuare i passaggi
procedurali di volta in volta, necessari “per
l'adeguato
e sollecito svolgimento
dell'istruttoria” (art. 6 lett.b), ove l'accertata carenza non sia così certa, allora sarà il
responsabile del procedimento a valutare l'opportunità di anticipare le ragioni del
diniego comunicando contestualmente l'avvio del procedimento di sospensione
dell'attività per le misure di conformazione, in modo da collaborare con l'interessato
anche in funzione deflattiva del contenzioso, per l'accertamento della carenza riscontrata
e per la migliore individuazione delle modalità e della tempistica per la conformazione.
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In sostanza, l'aggravamento degli adempimenti connessi alla partecipazione
procedimentale sarà attuato quando avrà come contropartita il migliore svolgimento
delle proprie competenze da parte dell'amministrazione e sarà evitato quando dalla
partecipazione non potrebbe oggettivamente derivare al cun elemento istruttorio utile.
Il nuovo comma 4 dell'art.19 stabilisce che decorsi i 60 giorni dal ricevimento della
segnalazione senza che l'attività intrapresa sia stata vietata ovvero senza che siano state
ordinate misure per la conformazione a legge, l'amministrazione competente può
adottare comunque i medesimi atti (cioè l'atto di divieto ovvero la sospensione
dell'attività e le misure di conformazione) in presenza delle condizioni previste dal
21nonies, vale a dire ove sussistano ragioni di pubblico interesse da considerarsi
prevalenti rispetto agli interessi dei destinatari e dei controinteressati, nonché entro un
termine ragionevole, comunque non superiore a 18 mesi.
Dunque dal 28 agosto 2015, pur in presenza di ragioni di pubblico interesse superiori e
prevalenti rispetto alla sfera degli interessati e dei controinteressati, tuttavia oltre il
termine di 18 mesi, l'amministrazione competente non potrà più né vietare l'attività
intrapresa e neppure predisporre misure per la sua conformazione a legge con
contestuale sospensione.
Il termine di 18 mesi decorre non dal ricevimento della SCIA bensì dalla scadenza dei
primi 60 dal ricevimento della SCIA, ossia dalla scadenza del termine per adottare i
motivati provvedimenti di divieto o di conformazione con sospensione senza alcun
bisogno di motivazioni sull'interesse pubblico prevalente in bilanciamento con gli
interessi dei destinatari e dei controinteressati.
Pertanto le amministrazioni competenti debbono organizzare la tempistica della propria
attività istruttoria sapendo che, entro 60 giorni dal ricevimento della SCIA, potranno
vietare l'attività intrapresa ovvero sospenderla ed ordinare entro un termine congruo la
conformazione a legge semplicemente motivando sul difetto dei requisiti e dei
presupposti di legge (oltre che sulle ragioni dell'impossibilità di conformazione in caso
di divieto)
mentre dopo il 60° giorno dal ricevimento della SCIA, per adottare
provvedimenti di divieto o di conformazione dell'attività intrapresa, oltre alla
motivazione sulla carenza dei requisiti o dei presupposti di legge, dovranno motivare
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anche sull'interesse pubblico prevalente in bilanciamento con l'interesse degli interessati
e dei controinteressati.
Una volta decorsi 18 mesi, o meglio una volta decorsi complessivamente 24 mesi (6
mesi +18 mesi) l'amministrazione che intervenisse in autotutela adotterebbe non
atti illegittimi per tardività ma atti nulli per difetto di attribuzione trattandosi con
evidenza di termine perentorio in senso tecnico, decorso il qule, cioè, si perde il
potere.
Tale conclusione è confermata anche dall'abrogazione ad opera della legge 124/2015 del
secondo comma dell'art.21 della legge 241/90 il quale disponeva che le sanzioni
attualmente previste in caso di svolgimento dell'attività in carenza dell'atto di assenso
dell'amministrazione o in difformità di esso, si applicano anche nei riguardi di coloro
che diano inizio all'attività ai sensi degli artt.li 19 e 20 in mancanza dei requisiti
richiesti o comunque in contrasto con la normativa vigente.
A seguito dell'abrogazione di tale disposizione, le attività soggette a segnalazione
certificata di inizio di attività, SCIA, ovvero a silenzio-assenso, sono attività che, anche
in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di legge, tuttavia non possono
più essere vietate dopo l'inutile decorso di 20 mesi complessivi vale a dire dopo l'inutile
decorso del doppio termine: i primi 60 giorni per l'adozione silenziosa del
provvedimento di diniego ovvero per l'adozione espressa del divieto di prosecuzione
e/o di sospensione dell'attività con obbligo delle misure di conformazione in caso di
SCIA nonché i successivi 18 mesi o per l'esercizio dell'autotutela ossia per
l'annullamento del silenzio assenso e il diniego espresso dell'autorizzazione richiesta
oppure per l'adozione del divieto di prosecuzione ovvero dell'obbligo di conformazione
con l'aggiunta però della motivazione sull'interesse pubblico prevalente rispetto agli
interessi dei privati e dei controinteressati coinvolti.
Ciò dovrebbe indurre le amministrazioni ad un sollecito esercizio dei loro poteri
soprattutto in funzione preventiva di potenziali danni per il patrimonio artistico e
culturale, per l'ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa
nazionale all'amministrazione che erano gli unici casi in cui, nella precedente versione
dell'art. 19 comma 4, prima della riforma e delle abrogazioni della legge 124/2015, era
consentito alle amministrazioni di intervenire in autotutela dopo l'inutile decorso dei
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termini per provvedere e previo motivato accertamento dell'impossibilita' di tutelare
comunque
tali
interessi
mediante
conformazione dell'attivita' dei privati alla
normativa vigente.
Adesso neppure la necessità di tutelare questi interessi pubblici potrebbe legittimare un
intervento delle amministrazioni rimaste inerti sulla scia o sull'istanza suscettibile di
silenzio-assenso.
Si tratta di una importante disposizione anche nel senso della certezza delle situazioni
giuridiche.
Ovviamente laddove la SCIA fosse stata presentata con false rappresentazioni dei fatti o
con false dichiarazioni sostitutive o comunque con atti falsi e mendaci allora il divieto
di prosecuzione dell'attività come pure l'annullamento in autotutela di qualsiasi
provvedimento autorizzatorio in senso lato fondato sul falso e sul mendace è possibile
in ogni tempo.
La riforma della SCIA, le normative regionali vigenti, “il tempus regit actum” per
i procedimenti in corso
L'Art. 29 della legge 241/90 dispone che “Le regioni a statuto ordinario regolano le
materie disciplinate dalla presente legge nel rispetto dei principi desumibili dalle
disposizioni in essa contenute, che costituiscono principi generali dell'ordinamento
giuridico. Tali disposizioni operano direttamente nei riguardi delle regioni fino a
quando esse non avranno legiferato in materia”
Il nuovo regime della SCIA, dunque, configura una normativa di principio cui le regioni
debbono attenersi
nell'esercizio della loro potestà legislativa e comunque le
disposizioni della 241/90 operano direttamente finché le regioni non abbiano legiferato
in materia.
Ne consegue che la normativa regionale sulla SCIA, attualmente vigente, deve essere
interpretata e applicata, ove possibile, in senso conforme alla nuova versione della
241/90 e in caso di palese difformità, deve intendersi abrogata con immediata
operatività della disciplina della 241/90 fino al nuovo esercizio della potestà legislativa
regionale.
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L’art. 10 L. 62/1953 (c.d. legge Scelba) prevede che le leggi della Repubblica che
modificano i principi fondamentali in materie a competenza legislativa ripartita tra Stato
e Regioni abrogano le norme regionali che siano in contrasto con esse e che siano
entrate in vigore in epoca precedente, determinando altresì l’obbligo per i consigli
regionali di assumere le modifiche conseguenti entro i successivi 90 giorni.
La pronuncia della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 2/2008 ha già chiarito
che tale norma non è mai stata abrogata esplicitamente né implicitamente e che pertanto
essa ancora oggi può fondare l’abrogazione di norme di regioni a statuto ordinario per
contrasto con norme statali sopravvenute emanate in materie a legislazione concorrente.
Tale conclusione si impone tanto più per il fatto che il citato art. 10 della legge 62/53 è
espressione di quello stesso principio di cedevolezza sul quale si fonda anche l’art. 1
comma 2 della legge n. 131/2003, che relativamente alle materia di competenza statale
esclusiva afferma la perdita di efficacia di norme regionali per effetto della
sopravvenienza di norme statali contrastanti. (Tar Piemonte – Sez. I, n. 1305 del 7
dicembre 2012)
L'immediata operatività della nuova SCIA vale anche per i procedimenti in corso i quali
dovranno essere definiti seguendo la nuova procedura, ai sensi del cd principio “tempus
regit actum” desumibile dall'art.11 delle preleggi al codice civile.
Dottrina e giurisprudenza da sempre affermano in modo unanime e costante che “Ogni
provvedimento, per qualsiasi aspetto che riguardi la sua essenza, la struttura o i
requisiti, deve essere sottoposto alla legge del tempo in cui è posto in essere” (Sandulli,
Il procedimento amministrativo, Milano, 1940, 419); ovvero che “Il sopravvenire di
una legge durante lo svolgimento del procedimento da ingresso al principio Tempus
regit actum, nel senso che ciascuna delle fasi va considerata sottoposta alla disciplina
della legge vigente nel tempo in cui venne compiuta” (Cons. Stato. sez IV, 7 Maggio
1999 n. 799, in Foro amm., 1999, 972).
Ci sono pressioni dottrinarie che tentano di sostituire il principio tempus regit actum con
una nuova massima: “Tempus regit actionem”, che volge la propria attenzione al
procedimento, ritenuto lo schema unitario tipico attraverso il quale si esercita la
funzione amministrativa. Tutti gli atti o fatti che lo compongono sono elementi
essenziali ed indefettibili, nell’ambito di una relazione in cui ciascun fattore rileva in
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termini di compartecipazione al risultato finale della fattispecie. L’intero procedimento
sarà disciplinato dalla normativa in vigore al momento in cui esso ha avuto inizio, senza
che il diritto sopravvenuto possa trovare applicazione immediata nel corso dello
sviluppo delle fasi endoprocedimentali (cfr Lo Biundo Leonardo in Diritto
amministrativo 2008).
Ma il tempus regiit actum ancora resiste incrollabile.
Individuazione delle attività soggette a SCIA, a silenzio-assenso, ad autorizzazione
espressa, a comunicazione preventiva.
In merito all'ambito oggettivo di applicazione della SCIA e, dunque, in merito alle
tipologie di attività avviabili mediante SCIA, è opportuno porre l'accento sulle
modifiche in itinere oggetto della legge delega 124/2015.
Al momento, infatti, in base al primo comma dell'art.19 della L.241/90, non modificato,
sono soggette a SCIA tutte le attività economiche esercitabili in base a requisiti
oggettivi di legge e non contingentate.
Dispone, infatti, il primo comma dell'art. 19 al momento rimasto inalterato. “Ogni atto
di
autorizzazione,
licenza,
concessione
non costitutiva, permesso o nulla osta
comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste
per l'esercizio di attivita' imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio
dipenda esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla
legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite
o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il
rilascio degli atti stessi, e' sostituito da una segnalazione dell'interessato...
L'individuazione delle attività economiche con tali caratteristiche e pertanto
assoggettate alla SCIA, è rimessa innanzitutto alla discrezionalità delle varie pubbliche
amministrazioni competenti le quali in base al D.Lgs. 33/2013 sulla trasparenza, art.35,
sono anche tenute a rendere noto sul sito istituzionale i procedimenti soggetti a SCIA
predisponendo anche il modulo per avviarli.
Dispone infatti l'art. 35 del D.Lgs. 33/2013 in materia di obblighi di pubblicazione
relativi ai procedimenti amministrativi, che “Le pubbliche amministrazioni pubblicano
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i dati relativi alle tipologie di procedimento di propria competenza. Per
ciascuna tipologia di procedimento sono pubblicate le seguenti informazioni:
a) una breve descrizione del procedimento con indicazione di
tutti i riferimenti
normativi utili;
b) l'unita' organizzativa responsabile dell'istruttoria;
c) il nome del responsabile del procedimento...;
d) per i procedimenti ad istanza di parte, gli atti e i documenti da allegare all'istanza
e la modulistica necessaria, compresi i fac-simile per le autocertificazioni, anche
se la produzione a corredo dell'istanza e' prevista da norme di legge, regolamenti o
atti pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, nonche' gli uffici ai quali rivolgersi per
informazioni, gli orari e le modalita' di accesso con indicazione degli indirizzi, dei
recapiti telefonici e delle caselle di posta elettronica istituzionale, a cui presentare le
istanze;
e) le modalita' con le quali gli interessati possono ottenere le informazioni relative ai
procedimenti in corso che li riguardino;
f) il termine fissato in sede di disciplina normativa
conclusione con l'adozione
di
un
del procedimento per la
provvedimento espresso e ogni altro termine
procedimentale rilevante;
g) i procedimenti per i quali il provvedimento dell'amministrazione puo' essere
sostituito da una dichiarazione dell'interessato,
ovvero il
procedimento
puo'
concludersi con il silenzio assenso dell'amministrazione;
Ovviamente ciò non impedisce che un imprenditore possa ritenere che la propria attività
sia esercitabile mediante SCIA e, di conseguenza, presentare la SCIA nonostante il
contrario avviso dell'amministrazione competente avviando eventualmente sulla
questione un contenzioso.
Come pure è possibile che una medesima attività imprenditoriale possa non essere
considerata soggetta a SCIA da tutte le amministrazioni territorialmente competenti.
Tale situazione di sostanziale incertezza, potrebbe essere superata con le deleghe
previste dall'art.5 della legge 214/2015.
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Infatti, l'art.5 delega il Governo ad adottare decreti legislativi per la precisa
individuazione dei procedimenti oggetto di segnalazione certificata di inizio attività
ovvero di silenzio-assenso.
Il Governo è altresì delegato ad individuare i procedimenti che richiedono
l'autorizzazione espressa nonché quelli per i quali è sufficiente una comunicazione
preventiva introducendo anche la disciplina generale delle attività non assoggettate ad
autorizzazione preventiva espressa.
Avremo quindi entro la fine del mese di agosto 2016 quattro tipologie di attività
economiche: quelle libere, quelle che richiedono una previa comunicazione, quelle
soggette a SCIA e quelle soggette invece ad autorizzazione espressa.
Per fortuna degli imprenditori è ribadito l'obbligo di comunicare loro al momento della
presentazione di un'istanza i termini entro cui l'amministrazione è tenuta a rispondere
ovvero entro i quali il silenzio dell'amministrazione equivale ad accoglimento della
domanda.
Ovviamente si tratta di una ripetizione degli obblighi contenutistici dell'art. 8 della legge
241/90 sulla comunicazione di avvio nonché dell'art.35 del D.Lgs. n.33/2013 circa le
informazioni procedimentali da indicare obbligatoriamente sul sito istituzionale.
Riflessioni sui criteri delle delega in materia di conferenza dei servizi
L'art.2 della Legge 124/2015 ha delegato il Governo ad adottare entro 12 mesi dalla sua
entrata in vigore, vale a dire dal 28.08.2015, un decreto legislativo di riordino della
disciplina in materia di conferenza di servizi individuando poi nelle lettere dalla a) alla
q), i principi e i criteri direttivi della delega.
I
numerosi principi e criteri direttivi elencati fanno sorgere però delle inevitabili
considerazioni critiche.
Occorre premettere che la conferenza dei servizi avrebbe potuto rappresentare uno
straordinario strumento di semplificazione ed accelerazione per tutti i procedimenti
amministrativi che prevedono per legge l'intervento di amministrazioni diverse ciascuna
preposta alla tutela di un interesse pubblico da bilanciare con quelli tutelati dalle altre
amministrazioni coinvolte.
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Nella pratica, però, questo strumento di snellimento e semplificazione si è rivelato
incapace di reale accelerazione delle procedure per le difficoltà oggettive di coordinare i
vari soggetti coinvolti.
Il legislatore intervenendo sulla disciplina della conferenza dei servizi, ha tentato di
rimuovere i più frequenti ostacoli pratici e a tal fine:

ha individuato, all'art. 14, in capo all'amministrazione procedente la
competenza all'indizione e alla convocazione della conferenza di servizi con
l'obbligo di definire alla prima riunione il termine di conclusione della
conferenza, comunque non superiore a 90 giorni;

ha stabilito, all'art. 14 ter comma 6, l'obbligo di partecipare alla conferenza
in persona di un soggetto dotato del potere di esprimersi per
l'amministrazione partecipante;

ha considerato acquisita la determinazione favorevole al provvedimento
finale in caso di mancata partecipazione, di partecipazione in persona di
soggetto non legittimato ovvero di inerzia da parte delle amministrazioni
convocate;

ha imposto, all'art. 14 quater, l'obbligo di motivare espressamente l'eventuale
diniego con ragioni attinenti al procedimento in corso e non ad altre diverse
procedure;

ha stabilito, all'art. 14 ter comma 6 bis, che la decisione finale sia adottata
secondo il criterio della prevalenza che prende in considerazione, nel
ponderare il peso delle varie posizioni acquisite, anche il rilievo della singola
amministrazione cui esse ineriscono.
Quest'ultima è stata una delle innovazioni più importanti, dettata per sopperire alle
riscontrate difficoltà di calcolare una maggioranza in presenza di amministrazioni di
diversa rilevanza istituzionale e dimensioni. Al fine di stabilire quali siano le posizioni
prevalenti dovrebbe tenersi conto del ruolo che le diverse amministrazioni assumono in
sede di conferenza anche se l'espressione adottata dal legislatore non pare di facile
interpretazione perché la posizione prevalente sembrerebbe piuttosto essere riferita alla
posizione ed importanza istituzionale della singola amministrazione.
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Comunque, nonostante i continui rimaneggiamenti, la conferenza dei servizi rimane
nella pratica uno strumento troppo complicato da gestire per riuscire a rappresentare
quella speranza di accelerazione ed economicità delle procedure
pur nella attenta
ponderazione degli interessi coinvolti che si vorrebbe che fosse.
E così nel tentativo di migliorare gli aspetti pratici che impediscono alla conferenza dei
servizi di realizzare le finalità di semplificazione sue proprie, ecco la delega per
ritoccarla secondo criteri e principi che però suscitano alcune perplessità.
Innanzitutto il Governo dovrà ridefinire e ridurre i casi in cui la convocazione della
conferenza dei servizi è obbligatoria.
Ebbene, in realtà l'ideale sarebbe lasciare al responsabile del procedimento la facoltà di
volta in volta di scegliere se avvalersi o meno di questo strumento di semplificazione e
snellimento procedimentale a seconda delle oggettive peculiarietà del procedimento
avviato.
Infatti, ad esempio, due procedimenti pur appartenendo alla medesima tipologia
soggetta ad identica disciplina normativa, tuttavia, potrebbero, però, in concreto
presentarsi con caratteristiche tali per cui la conferenza dei servizi opportuna per l'uno,
potrebbe essere un inutile aggravamento procedimentale per l'altro.
Pertanto, predeterminare i casi di obbligatorietà della conferenza dei servizi equivale ad
ingessare il responsabile del procedimento entro schemi che all'atto pratico potrebbero
essere superflui.
Ciò tanto più che il responsabile del procedimento sa bene di dover provvedere entro il
termine di legge decorso il quale espone la propria amministrazione al risarcimento del
danno ove il ritardo fosse colpevole (il mancato utilizzo della conferenza dei servizi,
potrebbe essere appunto uno dei casi di colpevole ritardo della pubblica
amministrazione).
Inoltre la predeterminazione dei casi di obbligatorietà della conferenza dei servizi è
contrario alla duttilità dei singoli procedimenti amministrativi introdotta dalla legge
241/90 in base alla quale è appunto il responsabile del procedimento a dover adottare
ogni misura per l'adeguato e sollecito svolgimento dell'istruttoria scegliendo in base alle
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oggettive peculiarietà del procedimento avviato tra i molteplici strumenti di
accelerazione e semplificazione stabiliti dalla legge 241/90.
Identiche perplessità suscita anche la lettera b) che individua quale criterio direttivo
della delega la ridefinizione dei vari tipi di conferenza per introdurre modelli di
istruttoria pubblica per garantire la partecipazione anche telematica degli interessati al
procedimento in alternativa a quanto previsto dall'art.10 della legge 241/90.
Ebbene l'art.10 della legge 241/90 si limita a stabilire i diritti degli interessati che
partecipano al procedimento amministrativo, vale a dire il diritto di prendere visione
degli atti del procedimento e di presentare documenti e memorie scritte che
l'amministrazione deve prendere in considerazione.
E' evidente che già adesso in base al combinato disposto della legge 241/90 con il
codice dell'amministrazione digitale e le modalità di formazione e trasmissione
telematica di atti e documenti tra cittadini e pubblica amministrazione con particolare
riferimento agli artt.li 45, 47, 65 del codice dell'amministrazione digitale, nulla osta alla
partecipazione telematica degli interessati alla conferenza dei servizi.
Per cui ancora una volta sarebbe opportuno lasciare al responsabile del procedimento, in
considerazione delle peculiarietà oggettive del procedimento in corso, la determinazione
delle più opportune forme di svolgimento e partecipazione degli aventi diritto alla
conferenza avvalendosi degli strumenti informatici e telematici.
In realtà affinché la conferenza dei servizi possa finalmente trasformarsi in quel
formidabile strumento di snellimento e semplificazione che in teoria appare, sarebbe
sufficiente disciplinare iol procedimento con particolare riferimento ai termini e i ai
contenuti della convocazione, ai quorum per la validità della seduta e per la validità
della determinazione finale, alle modalità di valida partecipazione delle amministrazioni
convocate; alla previsione del silenzio-assenso per tutte le amministrazioni che entro il
termine dei lavori della conferenza non abbiano validamente espresso il loro parere
contrario.
Insomma il responsabile del procedimento deve poter avere la certezza che, convocate
le amministrazioni interessate nel termine di legge con i contenuti della convocazione
stabiliti dalla legge medesima, ove nessuna delle amministrazioni regolarmente
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convocate si pronunci nel termine, egli abbia l'assenso a poter provvedere come indicato
nella convocazione.
Ugualmente, ove le amministrazioni partecipino alla conferenza, la legge deve aver
stabilito meccanismi decisionali che consentano alla maggioranza di adottare decisioni
valide.
Inoltre appaiono contrarie all'esigenza di coniugare accelerazione delle procedure e
attenta ponderazione degli interessi coinvolti, sia la lettera m) vale a dire la possibilità di
chiedere di assumere determinazioni in via di autotutela, sia la successiva lettera n)
ultimo alinea, ossia la previsione della possibilità di riattivare procedure di riesame per
le amministrazioni che partecipano alla conferenza dei servizi.
L'autotutela e il riesame, sono infatti strumenti di ripensamento in extremis delle
decisioni prese in sede di conferenza dei servizi.
Ebbene, di solito, sapere di poter rivedere quanto viene fatto in un determinato contesto,
induce ad agire, in quel contesto, con minore attenzione contando appunto sulla
possibilità di un tardivo ripensamento.
Invece, se le amministrazioni convocate in una conferenza dei servizi sapessero di
perdere ogni potere individuale in merito a quella procedura dopo la chiusura della
conferenza dei servizi, ciò le indurrebbe a ponderare attentamente la propria posizione
in quella sede esprimendo tempestivamente ed esaurientemente la propria posizione
ovvero le proprie perplessità in relazione alle posizioni delle altre amministrazioni
partecipanti.
Solo così la convocazione ad una conferenza dei servizi, quale unica e perentoria
possibilità di esprimere e tutelare al meglio l'interesse di cui si è portatrici, indurrà le
amministrazioni interessate ad una attenta e collaborativa partecipazione.
Infatti, la possibilità di chiedere l'esercizio dell'autotutela ovvero di attivare la procedura
del riesame, confligge anche con il criterio della lettera q) che vorrebbe invece definire
limiti e termini tassativi per le richieste di integrazioni documentali o chiarimenti
prevedendo che oltre il termine tali richieste non possano essere evase né possano in
alcun modo essere prese in considerazione al fine della definizione del provvedimento
finale.
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Se dunque decorsi i termini procedurali in sede di conferenza dei servizi non è più
possibile chiedere integrazioni documentali o chiarimenti, perché all'esito della
conferenza dovrebbe poi poter essere possibile attivare procedure di riesame ovvero
chiedere l'autotutela?
Sarebbe preferibile dunque che il legislatore si limitasse a precisare i meccanismi
procedurali della conferenza dei servizi cercando di ingessare il meno possibile il
responsabile del procedimento dentro schemi che all'atto pratico a fronte delle
caratteristiche oggettive del peculiare procedimento, potrebbero tradursi in un
aggravamento inutile delle procedure confliggendo con le finalità di accelerazione che
si vorrebbero invece realizzare.
Piuttosto la disciplina della conferenza dei servizi deve sicuramente essere raccordata
con il silenzio-assenso introdotto dall'art.17 bis a fronte del quale probabilmente molti
responsabili di procedimento, ove, ovviamente, non vi fosse per alcune tipologie di
procedimento, una obbligatorietà del ricorso alla conferenza dei servizi, potrebbero
innanzitutto vagliare la possibilità che tutte le amministrazioni coinvolte ritengano di
provvedere individualmente in forma silenziosa e avviare la conferenza dei servizi in un
momento successivo solo nell'eventualità di un diniego espresso meglio superabile
valutando congiuntamente le modifiche da apportare al provvedimento da adottare
tenendo conto delle ragioni del diniego e delle conseguenti posizioni delle altre
amministrazioni coinvolte.
Liliana Farronato
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