Esperienza e prospettive del regionalismo in Spagna

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Esperienza e prospettive del regionalismo in Spagna
ESPERIENZA E PROSPETTIVE
DEL REGIONALISMO IN SPAGNA
Emilia Girón Reguera
Prof.ssa. di Diritto Costituzionale
Universitá di Cadice (Spagna)
SUMMARIO. I. Premessa. II. Esperienza del sistema delle autonomie
territoriali spagnole. II.1. L’avvio del proceso di decentralizzazione. II.2. Gli
Statuti delle Comunità Autonome: natura, ruolo, contenuto e limiti. II.3.
L’organizzazione istituzionale. II.4. La ripartizione territoriale delle
competenze tra Stato centrale e Comunità Autonome. II.5. Fatti
differenziali. II.6. Il sistema di finanziamento dello Stato Autonomico. II.7.
I controlli. III. Prospettive dello Stato Autonomico spagnolo.
I.
PREMESSA.
A partire dalla Costituzione spagnola del 1978, sopratutto dal suo articolo 2 –che,
accanto all’unità indissolubile della Nazione spagnola, riconosce e garantisce anche il
diritto dall’autonomia delle nazionalità e delle regioni che la compongono- e dal suo
Titolo VIII –dedicato all’organizzazione territoriale di Spagna- si è avviato un ampio e
graduale processo di decentramento politico in Spagna, parallelo al processo di
democratizzazione, che nei suoi ventisette anni di vita, ha portato al consolidamento di
uno Stato Democratico di Diritto ed anche di uno Stato delle Autonomie con un forte
decentramento istituzionale, il cui é articolato in diciasette Comunità Autonome (d’ora
in avanti CCAA), con piena autonomia politica1.
Lo Stato Spagnolo è oggi una forma decentrata intermedia tra lo Stato regionale e lo
Stato federale, perchè, benché nasca con forma regionale, ha acquisito progresivamente
tratti e connotazioni di tipo federale e ha dato origine a un modello fortemente
decentralizzato e, quindi, si può dire che è uno Stato cuasi-federale. Secondo me, più
vicino a uno Stato Federale che a uno Stato Regionale.
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Le diciasette Comunità Autonome sono: Andalusia, Aragona, Asturie, Baleari, Canarie, Cantabria,
Castiglia-La Mancha, Castiglia e Leòn, Catalogna, Comunità Valenciana, Estremadura, Galizia, La Rioja,
Madrid, Murcia, Navarra e Paese Basco. Vi sono inoltre due città autonome, Ceuta e Melilla, che non
sono configurate come Comunità Autonome, anche se la Costituzione prevede una tale possibilità.
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In tal modo, la peculiarità più importante della Costituzione spagnola, rispetto a
quanto succede nel diritto comparato, consiste nel non compiere una definizione del
modello territoriale adottato. Il Costituente, invece di adottare uno dei modelli
tradizionali di forma territoriale decentrata dello Stato (Stato federale o regionale) ha
seguito un diverso camino, che si caratterizza, fondamentalmente, per evitare la
definizione della forma di Stato, lasciando aperto un processo dal punto di vista
giuridico e politico dell’attuazione concreta dell’organizzazione territoriale dello Stato.
II.
ESPERIENZA DEL SISTEMA DELLE AUTONOMIE
TERRITORIALI SPAGNOLE.
Il costituente spagnolo del 78, oltre a sancire il ritorno alla democrazia, cercò
una soluzione per rispondere alla richieste di autonomia provenienti dalla forze
nazionaliste, sopratutto basca e catalana, e, in generale, per risolvere le diversità
regionali che caratterizano Spagna, come Stato plurinazionale, ma rifiutate dal regime
autoritario franchista. La soluzione che emerge dalla Costituzione del 1978 constituisce
il compromesso raggiunto tra
le forze potitiche con diverse posizioni rispetto al
decentramento dello Stato, che oscillavano fra la idea di uno Stato unitario e
centralizzato o una qualche forma di “federazione”.
Il disegno di decentramento territoriale del potere contenuto nella Costituzione
spagnola ha un carattere sostanzialmente aperto. La costituzione spagnola, a differenza
di quella italiana, non indica, infatti, quali sono le regioni in cui si ripartisce lo Stato, nè
le istituisce, ma si limita solamente a prevedere il procedimento attraverso il quale le
comunità territoriali possono, se vogliono, acconsetire all’autonomia politica e
organizzarsi in Comunità Autonome oppure le competenze alle quali le comunità
autonome una volta costituitesi possono accedere. L’autonomia politica è riconosciuta
como un diritto all’autogoverno, che le regioni potevano esescitare o no. Questo
principio è conosciuto come principio “dispositivo” o di “voluntarietà”. Alla fine, tutte
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le regioni, non solo le regioni storiche2, lo esercitarono e già nel 1983, tutte le province
spagnole erano organizzate in comunità autonome; alcune formate da più province, altre
da una sola. Tutto il territorio nazionale fu diviso in diciasette Comunità Autonome –
quindici di regime comune e due di regime forale (Paesi Baschi e Navarra)-, che furono
costituendosi progresivamente tra il 1979 e il 1983.
In questo processo, gli Accordi Autonomici del 31 luglio del 1981, sottoscritti
dal Governo della Nazione e dal partito che lo sosteneva (Uniòn de Centro
Democrático), insieme ai rappresentanti del Partito Socialista, ebbero una straordinaria
importanza storica, dissolvendo qualsiasi dubbio sul modello di stato che sarebbe stato
adottato in Spagna a partire dalla Costituzione del 1978. Essi orientarono la struttura
dello Stato verso una generalizzazione della formula delle Comunità Autonome ed una
omogeneizzazione dell’autonomia politica di cui queste avrebbero goduto. Si approvò la
mappa autonomica, si adottò il calendario per l’elaborazione ed approvazione degli
Statuti di Autonomia, si definirono le competenze delle Comunità Autonome, gli organi
rappresentativi e di governo delle stesse ed il calendario per il trasferimento di
competenze da parte dello Stato.
II.1. L’avvio del proceso di decentralizzazione.
La Costituzione disegna due differenti vie per costitutirsi in Comunità Autonome
ed esse potevano scegliere quale procedimiento di acceso all’autonomia seguire.
La prima via, chiamata procedimento ordinario, c’è nell’articolo 143 e prevede per
“le province limitrofe, con caratteristiche storiche, culturali ed economiche comuni, i
territori insulari e le province d’importanza regionale storica” la possibilità di accedere
all’autogoverno costituendosi in comunità autonome. Quest’articolo richiede l’esercizio
dell’iniziativa per tutte le Province e due terzi dei Comuni, la cui popolazione abbia la
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Le regioni storiche sono Catalogna, Paesi Baschi e Galicia, cioé, quelle che già prima del
regime franchista, durante la Seconda Reppublica, avessero visto approvati giá i propi Statuti
d’autonomia.
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maggioranza dal censimento elettorale d’ogni Provincia, e dopo l’approvazione dello
Statuto regionale mediante legge organica. Le Comunità autonome sono costituite con
la approvazione dello Statuto di autonomia.
L’altra modalità per l’ottenimento dell’autonomia è prevista nell’articolo 151 CE, ed
è chiamata procedimento aggravato, perchè era più complicata, perciò le Comunità
dovevano soddisfare complessi requisiti procedurali. In primo luogo si richiede
l’esercizio dell’iniciativa per le Province e tre quarti delle Comuni, nonchè la ratifica
della maggioranza degli elettori d’ogni provincia attraverso referendum popolari.
Nonostante le regione storiche non rispettarono questa fase del procedimento di
costituzione previsto dall’art. 151, perché era suficiente l’accordo, per maggioranza
assoluta degli organi preautonomici in virtù della disposizione transitoria seconda della
Costituzione. In secondo luogo, l’approvazione dello Statuto regionale che deve essere
approvato anche mediante un nuovo referendum e per il Parlamento mediante legge
organica. Le regioni storiche, insieme all’Andalusia, hanno utilizzato questa seconda
via.
Qual’era l’importanza di seguire un procedimento di formazione invece di un’altro?
L’articolo 143 prevedeva un acceso graduale all’autonomia, riconoscendo in un primo
tempo le sole competenze ordinarie, quelle minime previste dall’articolo 148 –che
elenca le competenze regionali alle quali comunità autonome una volta costituite
possono accedere-. È, quindi, solo dopo cinque anni avevano la possibilità di ampliare
con una riforma statutaria le competenze nell’ambito stabilito dall’articolo 149, che
enumera le competenze esclusive dello Stato (relazioni internazionali e difesa,
condizioni di uguaglianza dei cittadini, amministrazione della gistuzia, eccetera). Al
contrario, l’articolo 151 CE prefigurava una strada più veloce/rapida che consenteva alle
Comunità Autonome di accedere subito a un livello superiore di autonomia, potevano
assumere direttamente tutte le competenze desiderate, cioé, il più ampio ambito di
competenze, eccezioni fatta solo per le competenze esclusive dello Stato riferite
espressamente nell’articolo 149 comma uno.
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Per questo motivo si possono distinguere due tipologie di Comunità: le Comunità
dal’articolo 143 CE, che si sono chiamate Comunità di via lenta, di secondo grado
oppure di livello ordinario o autonomia limitata. Al contrario, le Comunità dell’articolo
151 CE si sono chiamate Comunità autonome di via rapida, di primo grado, di piena
autonomia oppure di livello superiore di autonomia. Ma la costituzione prevedeva la
possibilità che le Comunità di livello ordinario potessero trascorsi cinque anni
dall’approvazione dei loro statuti, ricevere maggiori competenze, raggiungendo quelle
di livello superiore.
II.2. Gli Statuti delle Comunità Autonome: natura, ruolo, contenuto e limiti.
Per quanto riguarda allo Statuto della Comunità Autonoma è la norma istituzionale
principale d’ogni Comunità Autonoma, essendo definita dalla Costituzione spagnola
come la « norma istituzionale basica della Comunità Autonoma ». In tal senso lo
statuto, non la Costituzione, è la norma che crea, costituisce e pone in essere la
Comunità Autonoma.
Dal punto di vista della natura degli Statuti, essi sono leggi organiche e, pertanto,
dello Stato, che richiedano l’approvazione del Parlamento nazionale (Cortes Generali),
cioé, devono essere approvati dallo Stato centrale con la maggioranza qualificata
(absoluta) della Camera dei Deputati, invece de quella semplice, ordinariamente
richiesta. Allora sono leggi organiche rinforzate perchè non possono essere approvate
oppure modificate
senza il consenso della Comunità. Una volta approvate dal
Parlamento centrale non possono essere più modifichate da parte della legislazione
ordinaria, neanche statale.
Gli Statuti di Autonomia sono “quasi-costituzioni”, “norme quasi-costituzionali”,
perchè presiede all’ordinamento della Comunitá. Questo spiega che le leggi regionali
(ordinarie) siano gerarchicamente inferiori agli statuti di autonomia, ma leggi statali non
sono gerarchicamente superiori alle leggi regionali, il rapporto tra legge regionale e
legge statale si spiega con il principio di competenza.
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La Costituzione spagnola delinea i contenuti degli Statuti in maniera minima.
Secondo la costituzione, gli statuti di autonomia devono contenere necessariamente:
a) la denominazzione della Comunità.
b) la delimitazione del suo territorio.
c) le competenze assunte dalla comunità autonoma nel quadro stabilito dalla
Costituzione.
d) la definizione dell’organizzazione istituzionale.
e) il suo procedimento di riforma.
Dunque gli Statuti avrebbero dovuto disciplinare in ordine, sopratutto,
all’organizzazione interna. Nonostante un minimum di configurazione istituzionale è
stato previsto per quelle Comunità autonome il cui processo di attuazione si sarebbe
svolto secondo quanto previsto dai meccanismi dall’art. 151 CE (Comunità autonome
di via rapida) e che, ab initio, avrebbero goduto di un livello superiore di competenze.
II.3. Organizzazione istituzionale.
Per queste ultime l’art. 152 prevede che l’organizzazione istituzionale debba
fondarsi “su un’assamblea legislativa eletta a sufragio universale secondo un sistema di
rappresentanza proporcionale che assicuri, inoltre, la rappresentanza delle diverse zone
del territorio; un Consiglio di governo con funzioni esecutive ed amministrative, e un
Presidente eletto dall’Assemblea tra i suoi membri e nominato dal Re”. Tuttavia, in
virtù del’Accordo autonomico del 1981 tra l’Unione del Centro Democratico al governo
e l’opposizione socialista, anche le
Comunità di via lenta” hanno la stessa
configurazione istituzionale prevista nell’art. 152 CE.
Sul piano istituzionale, nello Stato delle autonomie, ogni Comunità è dotata
degli istituzioni di autogoverno riferite nell’articolo 152 CE:
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a) Un parlamento regionale unicamerale o assamblea rappresentativa eletta a
sufragio universale, con la potestà legislativa e le funzioni finanziaria e di
controllo del governo regionale.
b) l’esecutivo regionale o governo regionale, formato dal Presidente della regione e
dai consiglieri, responsabile di fronte a Parlamento, e con poteri esecutivi. La
figura del Presidente è al vertice dell’esecutivo regionale. Al Presidente spetta la
direzione del Consiglio di Governo, la suprema rappresentanza della Comunità e
l’ordinaria rappresentanza dello Stato in essa.
c) l’amministrazione pubblica regionale.
d) Le finanze autonoma.
e) Il tribunal superiore di giustizia, benché le Comunità non possiedano un propio
potere giudizario –sí un potere legislativo ed un potere esecutivo-, perchè il
potere giudiziario non è decentralizzato, è unico in tutto lo Stato.
f) La Corte Costituzionale è il organo competente per la risoluzione dei conflitti di
competenza fra le autonomie ed il governo centrale, ma le Comunita Autonomè
non partecipano al processo di designazione dei suoi membri. Inoltre le leggi
regionali sono controllate da parte del Tribunale Costituzionale.
La forma di governo regionale è di tipo parlamentare, dov’è fondamentale il
rapporto fiduciario tra il presidente e l’Assamblea. Il Presidente e i membri del
Consiglio di Governo sono politicamente responsabili davanti all’Assamblea e,
pertanto, il governo deve dimettersi se viene approvata una mozione di sfiducia.
Peraltro c’è il Senato spagnolo, anche se è definito dalla costituzione come camera
di rappresentanza territoriale, offre alle Comunità Autonome una possibilità molto
limitata di partecipazione alle decisioni nazionali:
a) In primo luogo, solo un quinto dei senatori sul totale (51 su 259 –cinquantuno su
duecentocinquantanove-) viene infatti designato dai parlamenti regionali –nella
misura di un rappresentante per ciascuna Comunità, più un altro pero ogni
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milione di abitanti-; i restanti quattro quinti sono invece eletti in modo analogo
al Congreso dei Deputati (camera bassa).
b) In secondo luogo, il bicameralismo spagnolo è imperfetto, perchè attribuisce al
Senato funzioni più ridotte rispetto all’altra camera, per esempio, sebbene il
Senato partecipi alla funzione legislativa, il suo potere di veto è meramente
sospensivo in quanto la camera bassa può superarlo per maggioranza assoluta, e
trascorsi due mesi per maggioranza semplice.
Per questi ragioni, la riforma del Senato è oggetto di discussione da anni in quanto
la sua trasformazione in camera di effettiva rappresentanza delle diverse Comunità
Autonome è fondamentale per il consolidamento dello Stato delle Autonomie e per
configurarsi come un vero Stato Federale.
II.4. La ripartizione territoriale delle competenze
tra Stato Centrale e Comunità Autonome.
Per quanto riguarda le regole di ripartizione di competenze tra Stato e Regioni,
la Costituzione Spagnola, dopo aver elencato nell’articolo 148 le competenze ordinarie
che ogni CA può assumere facultativamente negli propi Statuti (3), indica le materia
riservate allo Stato nell’articolo 149, comma 1, Cost, che siano materie di indubbia
rilevanza nazionale (4).
(3) Quelle competenze spettanti alle CCAA sono di rilievo eminentemente locale, quali:
l’autorganizzazione delle istituzioni di autogoverno; l’ordinamento del territorio; lo sviluppo
economico, l’urbanistica, abitazione e opere pubbliche, trasporti locali; l’agricoltura,
l’allevamento, i boschi e migliorie forestali, la tutela ambientale; gli impianti idraulici e i
sistema di irrigazione, la gestione di terme e fonti; pesca, caccia, mercati locali, l’artigianato, i
musei, le biblioteche e i conservatori, il patrimonio artistico, l’aiuto alla cultura e alla ricerca,
turismo, sport, tempo libero; assistenza sociale, sanitá e higiene; la polizia locale, eccetera.
(4) L’elenco è lungo e dettagliato, tra le quali sono: le condizioni fondamentali che
garantiscono l’uguaglianza dei cittadini spagnoli di fronte ai diritti e ai doveri costituzionali
sanciti; nazionalitá, immigrazione ed emigrazione; rapporti internazionali; difesa e forze armate;
amministrazione della giustizia; diritto del lavoro, commerciale, penale, processuale,
penitenziario e civile, propietà intellettuale e industriale; normativa doganale e tariffaria,
commercio con l’estero; sistema monetario, bancario, creditizio e assicurativo; pesi, misure,
finanza e debito pubblico; legislazione di base in materia di sanitá, previdenza sociale,
ambiente, amministrazioni pubbliche, ambiente, boschi, regime minerario ed energetico ed
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Le stesse materie riservate alla competenza esclusiva dello Stato lo sono con un
diverso grado di esclusività nell’articolo 149.1 Cost. In quest’articolo alcuni campi
materiali sono di esclusiva spettanza dello Stato, per cui lo Stato esercita in talune
materie tutte le funzioni (è il caso, ad esempio, i rapporti internazionali o
l’immigrazione); ma la maggior parte delle competenze sono condivise oppure
concorrenti. Alcuni materie sono ripartite: la competenza legislativa spetta allo Stato,
mentre la funzione esecutiva viene demandata alle Regioni (ad esempio, il diritto del
lavoro). Infine le competenze possono essere concorrenti: la legislazione fondamentale
oppure basica spetta allo Stato, mentre lo sviluppo legislativo e l’esecuzione spetta alle
Comunità Autonome. Cosí la legge regionale di sviluppo può disciplinare la materia in
dettaglio solo nella missura e nei limiti della legge statale che detta la disciplina di base
(ad esempio, ciò avviene nella sanitá o tutela dell’ambiente).
I due elenchi di materia contenuti in Costituzione, nonostante il grado di
precisione che li caratterizzano, non hanno carattere esaustivo di tutte le competenze
pubbliche, perció esistono settori che non sono ricompresi né nell’uno né nell’altro
elenco. Inoltre, in realtà, sono poche le materia di competenza autenticamente esclusiva
delle Comunità Autonome, dal momento que lo Stato centrale ha titoli trasversali e
generici che gli consentono di intervenire nelle materie riservate alle Comunità. Quindi,
benché la relazioni tra ordinamento statale ed ordinamento delle Comunità Autonome
non siano regolate dal principio di gerarchia, è frequente che si venga a creare una
tensione dialettica tra i due sistemi. C’è un alto grado di conflittualità e si produce
spesso sovrapposizioni di competenze.
La Costituzione non attribuisce le competenze alle CCAA. Ciascuna CA poteva
scegliere liberamente le competenze che voleva assumere nel suo statuto.
L’acquisizione di competenze da parte delle CCAA infatti dipende dalla loro stessa
volontà. Dunque, la puntuale delimitazione delle competenze delle CCAA non è
effettuata direttamente a livello costituzionale, le competenze della rispettiva CA sono
mezzi di comunicazione; porti di interesse generale, aeroporti e gli altri trasporti che
attraversino il territorio di più Comunità; opere pubbliche di interesse generale; tutela del
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contenute nei singoli Statuti. Le CCAA possono determinare la quantità delle propie
competenze attraverso lo Statuto.
Bisogna dire che nell’articolo 149.3 Cost. sono stabilite, infine, tre clausole di
chiusura del sistema di ripartizione delle competenze:
a) La clausola residuale che gioca in favore dello Stato. Significa che quelle
competenze non espressamente attribuite allo Stato, possono competere alle
Comunità, includendole nei loro Statuti. Ma, allo stesso tempo, la competenza
in materie non inserite negli statuti di autonomia, rimane allo Stato. Pertanto,
allo Stato competono i poteri residui non contenuti fra quelli a esso riservati né
assunti dalle Comunitá nei loro Statuti.
b) La clausola preferenziale oppure di preminenza del diritto statale. La regola
della prevalenza significa che le norme statali prevalgono in caso di conflitto
con quelle regionali negli ambiti non espressamente attribuiti alla competenza
esclusiva delle CCAA. La norma dello Stato prevale sempre, a meno che non si
tratti di materia di esclusiva competenza delle Comunità Autonome. Opera,
infatti, quando ci siano due norme entrambe valide e competente, ma
incompatibili.
c) La clausola di supplenza o di suppletorietà del diritto statale, secondo cui, il
diritto statale è suppletivo del diritto regionale quando occorra colmare una
lacuna legale nel diritto autonomico.
Però il sistema di ripartizione è aperto, flessibile e indeterminato, perchè nessuna
competenza risulta, al meno teoricamente, esclusa dalla posibilità di essere ceduta, con
il limite dell’unità indissolubile della nazione spagnola. L’art. 150 della Costituzione
prevedeve due tipi di leggi in questo senso:
patrimonio artistico e culturale, pubblica sicurezza, eccetera.
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In primo luogo, lo Stato, attaverso la Legge Organica di trasferimento delle
competenze dall’articolo 150.2 CE, potrà trasferire allè Comunità materie di
competenze esclusive, suscettibili di tale trasferimento, riservandosi forme di controllo.
In caso di delega, lo Stato dovrá fornire alle Comunità i mezzi finanziari necessari. Si
tratta, comunque, di competenze revocabili in qualsiasi momento.
In secondo luogo, c’è la legge quadro dall’art. 150 CE. Lo Stato, con questa legge,
potrà attribuire, a tutte o ad alcune comunità, la facoltà di emanare norme legislative che
regoli una materia di aspettanza dello Stato all’interno dei principi fissati da leggiquadro dall’articolo 150.1 CE.
Inoltre, la Costituzione consente allo Stato nel suo articolo 150.3 di emanare leggi
per armonizzare disposizioni normative delle comunità, quando lo esiga l’interesse
generale apprezzato dalla maggioranza assoluta dei entreambi Camere. In tal caso il
legislatore statale può emanare norme che stabiliscono i principi necessari ad
armonizzare le differenti legislazioni delle Comunitá. Non si è approvata mai nessuna
legge d’armonizzazione, perché la LOAPA fu annullata dalla Corte Costituzionale
prima di essere approvata.
Come anticipato in precedenza, all’inicio del processo c’era un’asimmetria tra le
Comunità con competenze ordinarie, quelle comprese nell’articolo 148 Cost.,
e
Comunitá con competenze elevate, le quale raggiungerono un livello di autonomia
competenciale superiore rispetto alle altre. La diversità fra i due tipologie di CA ha
riguardato principalmente le competenze in materia di istruzione scolastica e
universitaria ed sanità. Era una diversità significativa, in quanto le sole competenze
sanitarie assorbivano il 43% delle risorse finanziarie, mentre quelle di pubblica
istruzione il 39%.
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Con il tempo, le competenze delle Comunità autonome si sono progresivamente
ampliate. Con gli accordi politici successivi, particolare del 1992 e 2002, si è avuto una
sostanziale equiparazione, le competenze delle comunità ordinarie sono state ampliate
gradualmente fino al raggiungimento dello stesso livello delle Comunitá di primo grado.
Dunque, nel 1992, con la firma dei Patti Autonomistici fra il governo centrale e i
due grandi partiti nazionali –Partito Socialista (al governo dal 1982) e Partito Popolare-,
si accordò il trasferimento di nuove competenze alle Comunità dall’art. 143 CE o di
livello ordinario al fine di equipararle a quelle di livello superiore. Dopo nell’anno 2001
si accordò il trasferimento della competenza sanitaria alle Comunità dell’art. 143 CE
che mancava da trasferire. Fino a quell’anno sette Comunità Autonome (le tre comunità
di nazionalità periferica, più Andalusia, Navarra, Comunità Valenziana e Isole Canarie)
possedevano un livello di competenze superiore, mentre le restanti sono rimasti di
livello ordinario.
Oggi tutte le Comunità Autonome possiedono sostanzialmente le stesse competenze,
benché alcune competenze speciali, come la lingua oppure il diritto civile forale, sono
esclusive di alcune Comunità Autonome (5).
II.5. Fatti differenziali.
Gli elementi peculiari di alcune Comunitá Autonome, chiamati fatti differenziali,
trovano riconoscimento negli Statuti di Autonomia e perfino nella Costituzione, come
segni di autoidentificazione. La Costituzione del 1978 è la prima ed unica costituzione
spagnola che riconosce i fatti differenziali.
(5) Al riguardo della lingua. Il castigliano è utilizzato como lengua ufficiale in tutto il territorio;
ma il catalano, il galiziano, l’Euskera (la lingua basca), il valenziano e la lingua di Majorca sono
considerate lingue coufficiali nelle relative Comunità. La Lingua è un fatto differenziale molto
importante in Spagna.
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Cinque sono le situazioni di differenziazione sono il regime di diritto civile
forale, il pluralismo linguistico, un livello di governo intermedio diverso alle Province
chiamati “Diputaciones Forali” in Paesi Baschi e “Cabildos” in Isole Canarie e Baleari,
propie forze di policia e il sistema di finanziamento.
In particolare, l’elenco dei fatti differenziali per Comunità Autonoma è il
seguente:
1. Paesi Baschi: territori forali (Alava, Guipùzcoa e Vizcaya), lingua, diritto civile
forale, polizia propia e sistema di finanziamento speciale.
2. Catalogna: lingua, diritto civile speciale e polizia propia.
3. Galicia: lingua e diritto civile forale.
4. Navarra: diritto civile forale, polizia propia, sistema di finanziamento speciale
(“convenio economico”), ed euskera (cioè, la lingua basca) nel area
bascoparlante.
5. Canarie: “Cabildos” e particolare regime economico e fiscale, giustificato
nell’insularità.
6. Le Baleari: Lingua, “consiglii insulari”, diritto civile speciale.
7. Comunità Valenciana: lingua e diritto civile.
8. Aragona, soltanto il diritto civile.
Sul questo punto della lingua e del diritto forale, l’accordo del Consiglio
Generale del Potere Giudiziario, del 25 febbraio 1998, è stato molto polemico. Secondo
quest’accordo la conoscenza delle lingue coufficiali e del diritto civile forale o speciale
è considerato come titolo preferenziale per concorrere al posto di giudice in quelle
Comunità in cui tali idiomi si parlano e tale diritto speciale si applica. Il Tribunale
Supremo spagnolo ha avallato la legalità di quest’accordo, perchè, sotto il suo punto di
vista, è giustificabile incentivare i giudici ad apprendere lingua e diritti speciali delle
Comunità in cui intendono esercitare la professione. La Corte Suprema ha considerato
che l’Accordo non viola il diritto di accedere, in condizioni di eguaglianza, alle
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funzione ed agli impieghi pubblici di cui all’art. 23 della Costituzione spagnola, giacchè
la conoscenza degli idiomi è un valore relativo e non escludente nei concorsi.
II.6. Il sistema di finanziamento dello Stato Autonomico.
L’autonomia finanziaria delle Comunità è garantita dall’art. 156 Cost, ma é limitata
per il principio di coordinazione e collaborazione finanziaria ed il principio de
solidarietà, in virtù del quale non si debbono avere differenze sostanziali di
finanziamento fra le varie Comunità.
Secondo la Costituzione, le risorse regionali possono essere costituite da tributi
propi, da imposte di provenienza statale, in tutto o in parte, e da trasferimenti dal
bilancio statale. Anche nell’art. 158 Cost. sono istituite due fondi di compensazione, in
applicazione del principio di solidarietà tra le Comunità. La Costituzione non dice quale
tipo de finanziamento debba prevalere, rimandando la scelta ad un’apposita legge
organica prevista dall’art. 157.3 della Costituzione.
Per quanto riguarda il sistema di finanziamento, ci sono due diversi regimi di
autonomia: il regime forale, fatto differenziale applicato solo alle Comunitá dei Paesi
Baschi e Navarra, e il regime comune, applicato alle restante quindici Comunitá:
a) Alle Comunità Autonome del regime comune si aplica la Legge Organica di
Finanziamento delle Comunità Autonome (LOFCA).
La LOFCA, però, non ha delineato in modo nitido ed inequivocabile un sistema di
finanziamento, dando spazio ad una pluralità di sistema molto differenti gli uni dagli
altri. Per questo motivo, il sistema di finanziamento della LOFCA è definito attaverso
dei modelli quinquenali che sono approvati dal Consiglio di Politica Fiscale e
Finanziaria, che riuniscono gli esecutivi dello Stato e delle Comunità Autonome.
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Occorre mencionare che per molto tempo agli enti autonomici è stata riconosciuta
un’autonomia finanziaria intensa nel senso di autonomia nel determinare le spese, ma
non le entrate, giungendo cosí una deresponsabilizzazione politica degli enti medesimi.
I trasferimenti statali hanno rappresentato la forma principale di finanziamento delle
Comunità Autonome, coprendo, fino alla metà degli anni 90, circa il 70% del loro
fabbisogno. Queste Comunità Autonome hanno avuto una capacità impositiva più
limitata e si finanziarono in larga mistura attraverso i trasferimenti finanziari del
governo centrale.
I tre primi modelli configurano Finanze dipendenti finanziariamente dal governo
centrale, ma dal 1993 si è prodotto un ampliamento dei poteri impositivi regionali,
perché la centralizzazione fiscale era uno dei punti di maggiore debolezza dello Stato
delle Autonomie. C’era un’assenza di un vero e propio federalismo fiscale, con
l’eccezione di Paesi Baschi e Navarra, che sí hanno un modello di federalismo fiscale ab
initio.
Perciò nel 1996 e 2001 sono state attuate due riforme del sistema fiscale, che ha
innestato una sorta di federalismo in materia fiscale, accrescendo l’autonomia delle
Comunità. Due ultimi modelli – quinquennio 1997-2001 e quinquenio 2002-2006hanno fatto una riforma della finanza pubblica ispirata nei principi del federalismo
fiscale, che hanno ridotto la dipendenza dai traferimenti statali e sono aumentati
considerevolmente l’ammontare dei finanziamenti. L’autonomia finanziara è stata
ampliata con la cessione di maggiore tributi statali, inclusi i poteri impositivi, cioé, con
i tributi ceduti. I tributi ceduti sono di titolarità nazionale, ma lo Stato effettua una
cessione di alcune competenze normative, del rendimento –totale oppure parziale- è
della gestione.
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33% del gettito dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, con una serie di
facoltà nella definizione dell’imponible e dell’aliquota.
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35% dell’imposta sul valore aggiunto.
-
40% degli imposte speciali sugli idrocarburi, tabacco, alcol e birra.
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100% delle imposte sul patrimonio, successioni e donazioni, sulle trasmissioni
patrimoniali e sugli atti giuridici documentati.
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100% del gettito delle imposte sull’elettricitá ed immatricolazione dei veicoli.
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100% del imposta minorista sugli idrocarburi.
-
100% della Tassa sul Gioco.
b) Le Comunità Autonome del regime forale, invece, godono di un sistema di
finanziamento speciale, definito di “concerto” o di “convenio” economico,
riconosciuto per motivi storici. Tale sistema, di lontane origini storiche, e
pattuito, perchè si basa su un patto fra le Comunità forale ed il governo centrale
in base al quale alle Comunità viene riconosciuto pieno potere di determinare,
riscuotere e gestire la totalitá dei tributi nei loro territori.
I Paesi Baschi e la Navarra hanno un regime d’imposizione fiscale autonome,
pertanto, hanno un pieno potere impositivo. Attraverso tali tributi si finanziano non solo
le competenze assunte dalle due Comunità, ma anche i servizi di titolaritá statale. Questi
servizi sono finanziati attraverso i risorse finanziarie dalle Comunità allo Stato. Questa
quantità trasferita si chiama “cupo” nei Paesi Baschi ed apportazione in Navarra. Si
tratta di un assetto di natura quasi confederale.
Quest’asimmetria, sotto il profilo fiscale, è diventata contraria ai principi di
uguaglianza territoriale e di non-discriminazione tra i diversi territori, perchè rende alle
Comunità forale maggiore risorse per abitanti che alle altre comunità, è di solidarietà tra
Comunità.
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Esperienza e prospettive del regionalismo in Spagna
II.7. I controlli.
Sull’attività delle CCAA gli apparati centrali esercitano un controllo principalmente
di carattere giurisdizionale: alla giurisdizione contenzioso-amministrativa è affidato il
controllo sull’amministrazione autonoma e i rispettivi regolamenti, mentre la giustizia
costituzionale esercita il controllo sulle disposizione normative con forza di legge e
risolve i conflitti sulle attribuzioni di competenze fra lo Stato e le Comunità Autonome.
In fine, il Tribunale dei Conti vigila sulle correttezze economiche e del bilancio.
C’é anche il Delegato del Governo, il cui è designato per il Governo centrale. Il
Delegato dirige l’Amministrazione dello Stato nel territorio della Comunità e la
coordina con l’Amministrazione propia delle Comunità.
Infine i poteri centrali possono esercitare anche un potere di sostituzione degli
organi delle CCAA, nel caso in cui una Comunità non adempia ai propi obblighi
imposti dalla Costituzione o da altre leggi o attenti gravemente all’interese nazionale. A
tale intervento non si è ancora mai dovuto ricorrere.
III.
LE PROSPETTIVE DELLO STATO AUTONOMICO SPAGNOLO.
Dagli anni ottanta fino ad oggi se é svolto un processo di regionalizzazione in
Spagna, il cui é ancora aperto. Nello sviluppo dello Stato autonomico spagnolo, i
principali partiti nazionali hanno ricoperto un ruolo di primo piano. Quando il governo
centrale è stato in minoranza, come attualmente, i partiti politici nazionalisti –
sopratuttto basco e catalano- acquisiscono e giungono a stipulare patti, che danno un
impulso al processo di federalizzazione.
Sebbene non abbia questa denominazione, lo Stato autonomico spagnolo può
considerarsi di indole federale, perchè possiede quasi tutte le caratteristiche propie di
uno stato federale: autonomia garantita
a
livello
costituzionale; istituzioni
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Emilia Girón Reguera
rappresentative proprie; distribuzione di competenze politiche, e amministrative, che
comprendono la potestá legislativa in numerose materie e soluzioni dei conflitti da parte
dalla Corte Costituzionale. Di conseguenza le Comunità Autonome possiedono un
autentico potere politico, come gli Stati o i Länder di una Federazione.
Tuttavia, secondo il mio punto di vista,
lo Stato delle Autonomie è molto
decentrato, ma non è ancora uno Stato Federale. L’attribuzione della cualifica di
federale allo Stato Spagnolo non é tuttora possibile per diversi ragioni:
1. Non c’é una vera Camera delle Autonomie nel parlamento nazionale. Non esiste,
nel sistema istituzionale spagnolo, una camera federale che rappresenti
le
diverse comunità autonome. Oggi il Senato è composto solo da un numero
limitato di rappresentanti delle comunità e ha limitati poteri costituzionali e, in
campo legislativo, solo un debole potere di veto. Dunque è necesaria una
riforma del Senato in Spagna.
2. Le regioni spagnole sono autonome, ma non sono sovrane come negli Stati
Federali.
La Corte Costituzionale spagnola ha chiarito che autonomia e
sovranità sono due cose distinte. Dunque le Comunitá Autonome spagnole non
sono dotati di un vero e propio potere costituente, benche siano investite di una
potestà statutaria.
3. Non stabilisce la partecipazione delle regioni ai processi di revisione
costituzionale o alla nomina dei membri della Corte Costituzionale.
4. Lo Stato Autonomico deve rinforzare strumenti di cooperazione territoriale.
5. Affrontare i problemi di “eguaglianza” fra i cittadini delle differenti Comunità
Autonome per conseguire l’omogeneità territoriale.
6. Oltre a questo, esistono le leggi d’armonizzazione, cioè, la facoltà di emanare
leggi, anche in materia di competenza delle comunità, quando lo esiga
l’interesse generale.
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Esperienza e prospettive del regionalismo in Spagna
Insomma non si può perciò parlare in senso stretto di federalismo spagnolo. Il
decentramento spagnolo si colloca oggi in una posizione intermedia tra regionalismo e
vero e propio federalismo.
Dal 1996 si stanno discutendo riforme che riguardano in particolare le competenze
finanziarie e fiscali delle Comunità Autonome e la loro partecipazione al Consiglio dei
Ministri dell’Unione Europea. Ora si svolge anche un processo di riforme statutarie in
Spagna in particulare nelle due regioni del nazionalismo storico: Catalogna e Paesi
Baschi sono in atto processi paralleli per giungere a un più vasto autogoverno, nella
prospettiva della società distinta dal resto del Paese, come accade nel Quebec
francofono rispetto al Canada. Anche Andalusia, Madrid, Aragón, Canarias richiedeno
in questo periodo nuovi Statuti.
Il Parlamento basco approvò il progetto di nuovo statuto della comunità basca,
conosciuto come Plan Ibarretxe, l’anno scorso. La proposta di Statuto della Comunità
di Euskadi rappresentava più che una riforma statutaria, una vera e propria
proclamazione di sovranità della comunità basca, che vorrebbe trasformare il Paese
basco in nazione «liberamente associata alla Spagna». Secondo il lehendakari Ibarretxe,
il progetto dovrebbe mettere fine al conflitto basco grazie all'autodeterminazione, alla
“libera associazione” alla Spagna e alla “sovranità condivisa”. Il Parlamento nazionale
ha respinto il piano di Ibarretxe in un’approvazione parlamentare il passato uno di
febbraio, perchè era un progetto secessionista. Il Governo centrale ha difuso che la
proposta rappresentava una rottura con la Costituzione.
Catalogna ha presentato anche il passato 27 di aprile il suo progetto di riforma dello
Statuto regionale, il cui ha l’obiettivo di maggiori competenze, soprattutto in campo
fiscale. Si vuole che il gettito delle imposte rimanga nella Regione e allo Stato siano
versati una semplice percentuale ed un contributo di solidarietà. In pratica quello che già
avviene nei Paesi baschi. Questo progetto ha provocato una grande polemica nelle due
settimane scorse, perchè proporre un modelo di federalismo fiscale inaccettabile per lo
Stato centrale.
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Emilia Girón Reguera
In generale, le Comunità autonome chiedono riformare i sugli Statuti d’Autonomia
per introdurre alcune modifiche:
1. Migliorare il sistema elettorale.
2. Concretare di forma esaustiva le competenze propie negli Statuti con la finalità
di proteggere il loro spazio competenziale piú effetivamente di fronte allo Stato,
rafforzando cosí il loro livello di autogoverno.
3. Configurare la Corte Suprema d ‘ogni CA come l’ultima istituzione giudiziaria
nei suoi rispettivi territori. In materia di amministrazione della giustizia, la
Costituzione spagnola prevede la competenza esclusiva dello Stato, escludendo
perciò qualsiasi intervento delle Comunità Autonome nell’art. 149, comma 1, n.
della Costituzione e cosí gli organi giurisdizionali presenti nella CA sono organi
statali "nella" CA e non "della" CA
4. Aumentare le competenze in tema di fisco.
5. La creazione di un’Agenzia Fiscale propia.
6. La partecipazione delle regioni alla determinazione della posizione dello Stato
rispetto all’Unione Europea.
Ovviamente non è sufficiente, quindi, che l’iniziativa di riforma provenga dai
parlamenti autonomici, è necessario che la proposta sia appoggiata dal Parlamento
centrale. Le riforme degli Statuti di autonomia non possono assumere una funzione
costituente, adottando decisioni che siano di competenza della Costituzione. Allora
credo che sarebbe necessario una previa riforma costituzionale, come in Italia, la cui
razionalizzi questa seconda fase statutaria, che si avvicina in Spagna.
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