Recensioni - Frozen
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Recensioni - Frozen Marianna Cappi Dopo Ribelle, un altro passo della Disney verso un nuovo modello di principessa, in salsa musical Dell'ispirazione dichiarata, fornita da una delle fiabe più ermetiche e suggestive di Andersen, "La regina delle nevi", c'è ben poco, a parte la scheggia di ghiaccio nel cuore e il viaggio di una ragazzina per riportare a casa l'oggetto del suo amore. Ma questo racconto più tradizionale, sceneggiato da Jennifer Lee, ha un suo appeal, differente, nell'urgenza emotiva che porta in scena e nell'originalità dei personaggi principali, nessuno dei quali si svela del tutto al primo ingresso. Così come il dono di Elsa ha un risvolto maledetto, anche i sentimenti di Anna acquistano infatti un'imprevista doppiezza, parallela a quella di Kristoff, per non parlare di quella molto meno ingenua che anima il principe Hans. La natura di vera e propria operetta musicale di Frozen (una scelta ardita, che rischia di non incontrare un consenso unanime) assegna ad ognuno il suo momento di gloria, approfittandone per innescare un'efficace sintesi narrativa in materia di presentazione del cast. Ecco allora che "Per la prima volta" ("For the first time in forever") racconta in poche strofe il disperato desiderio di vita e d'amore di Anna, mentre "All'alba sorgerò" ("Let it go") dà adito alla liberazione di Elsa dalle catene nelle quali si era costretta da sola e alla completa accettazione della sua natura portentosa. E, come in ogni musical che si rispetti, i costumi non sono accessori ma parte integrante dello spettacolo, che qui si arricchisce delle architetture nordiche, delle citazioni pittoriche e dello straordinario livello tecnico con cui il digitale dà forma, luce e sostanza al ghiaccio. Gli adulti non potranno non pensare a Carrie o ai mutanti della saga degli X-Men, mentre i più piccoli non avranno occhi che per Olaf, il pupazzo di neve. Intanto la Disney conferma di aver intrapreso un cammino lento ma ben visibile verso un nuovo modello di principessa, che non ha più bisogno del bacio del principe per scoprirsi degna del proprio ruolo. Buio e gelo nell'anima Dimentichiamoci La Regina delle Nevi di Andersen nonostante i richiami e gli omaggi del film, ben poco resta della fiaba. Detto questo, che comunque non è una novità nei film Disney (si pensi per rimanere allo stesso autore allo splendido sovvertimento di La Sirenetta), il film è un vero capolavoro. Ed è originalissimo. Della fiaba classica mantiene -oltre al ghiaccio- il tema della ricerca e della salvezza, ma se tanto si discosta dalla fiaba, altrettanto innovativo è lo sviluppo dei personaggi rispetto alle classiche principesse Disney. Innanzitutto questa volta le principesse sono due e non sono, a stretto rigore, antagoniste. Se non proprio nemesi, Anna ed Elsa sono almeno complementari. Entrambe belle e buone, Anna è entusiasta e frenetica quanto Elsa riluttante e controllata. La consapevolezza dei loro ruoli arriva dopo percorso di dolore per entrambe che parte dalla paura dei genitori del potere della già spaventata Elsa, i quali, per proteggerla, altro non fanno che accrescere le sue insicurezze. Elsa ha paura del proprio potere che, di per sé, non è una maledizione. I sudditi hanno paura di Elsa, divenuta regina. Anna, invece, che non si spiega il rifiuto da parte della sorella, alla quale era legatissima (non a caso, il giorno della incoronazione Anna le dice: 'Sei spaventosamente bella'), non ha paura di niente. Sicchè la paura genera solitudine e la solitudine genera mostri. Più nella mente di chi è spaventato che non nella realtà. Elsa liberata dalla paura diventa sicura di sè e ancora più bella (e vengono alla mente Carrie e ai mutanti). Ma la stessa Elsa, atterrita dal perdere la sorella Anna, manifesta la più grande prova di amore e riesce a superare ogni paura, che, al confronto, risulta ben poca cosa. I mostri sono altri, quelli che ricercano unicamente il profitto ed il potere. Perfetti all'apparenza e alla presentazione, ma corrotti e calcolatori nell'anima. Ben venga, quindi, il lieto fine, che è comunque una sorpresa: la paura si supera con la condivisione e non con l'isolamento. Il ritorno della luce, oltre a far sciogliere il ghiaccio, fa ritornare la prosperità (anche economica) e fa vedere tutto nella giusta prospettiva. Ben venga, quindi, che la principessa non si lasci ingannare dal bellimbusto di turno ma scelga il soggetto più concreto (sebbene abbia l'anima da vero poeta) che si possa immaginare. E dopo Merida, forte e decisa a scegliere il proprio destino, ora Anna ed Elsa sono altrettanto decise a non accettare il destino imposto dagli altri. Spazio quindi al gioco e al sorriso: del resto, sull'onda di Chopin, chi non sa ridere non è una persona seria. Con contenuti così forti, che dovrebbero spingerci ad andare al di là delle apparenze e a decidere di 'dare una mano' (nel senso più completo), parlare degli aspetti tecnici sembra un po' semplicistico. Ma la forma corrobora la sostanza, perché la bellezza dei tre protagonisti è specchio della purezza delle loro anime; le canzoni non sono banali e la costruzione dei ghiacci è incantevole. E se Olaf è simpaticissimo (e la nuvoletta 'fantozziana' del finale, in questo caso, è una vera benedizione), altrettanto lo sono i Troll, che mi hanno ricordato i lupi che avevano cresciuto Mowgli ne Il libro della Giungla. Ogni nuovo film targato Disney, diventa il mio cartone animato preferito: chissà che i prossimi film non siano ispirati a I Cigni Selvatici e a Pelle d'Asino che altrettanto amavo da bambina! L'amore fraterno salverà il mondo! di Andrea Giostra “Solo un amore vero può sciogliere un cuore di ghiaccio. Solo una prova d’amore sincero può salvare dalla morte la persona amata”. Ma qual è questo amore? La sorpresa non tarderà ad arrivare nel divertente e assai movimentato cartoon di Disney: non è più quello delle “vecchie” favole in cui il principe innamorato salverà, a costo della sua stessa vita e dopo mille avventure e peripezie, la bellissima principessa in pericolo di vita. E’ l’amore fraterno, di Anna per Elisa e di Elisa per Anna, che salverà entrambe dalla morte e dai temibili cattivi del cartoon disneyano. Ed è questa la sorpresa e la grande novità concettuale di Frozen. L’amore tra il principe e la principessa, invero, è pieno di insidie e di mistero, di egoismo e di opportunismo, di inconfessabili ambizioni e di spudorata vigliaccheria. Chi è disposto a dare la propria vita per la persona amata? E’ questa la prova che richiede l’amore puro e sincero. E oggi, sembra suggerirci Disney, la prospettiva è cambiata, è mutata, si è trasformata e forse è ritornata alla sua natura ancestrale originaria: l’amore filiale e l’amore fraterno sembrerebbero gli unici amori che non tradiscono e che non potranno mai essere compromessi e distrutti dagli eventi terreni. E questo messaggio, se detto da Disney, è veramente rivoluzionario ed al contempo tristemente regressivo. Il vero amore, per davvero di Michele Marconi C'erano una volta, in un regno lontano lontano, due pricipesse. La maggiore, Elsa, destinata ad indossare la corona di regina, era saggia e dotata di straordinari poteri che le permettevano di controllare neve e gelo. La minore, Anna, invece, passava le sue giornate tra le gioie del castello di famiglia. Sopraffatta dall'esuberanza della sua magia e incapace di gestire il potere, Elsa finì col ferire la sorella durante un gioco nell'infanzia. Per salvare la figlia, il re e la regina accettarono che questa perdesse la memoria degli avvenimenti e presero la decisione di mantenere al sicuro le due bimbe tenendole lontane l'una dall'altra e cercando di educare Elsa a trattenere la sua magia. Passarono gli anni e il rapporto spontaneo ed allegro che univa le due si spegne per il soffio gelido della distanza imposta. Durante la cerimonia di incoronazione, tuttavia, le due si reincontrano ma ancora una volta, Elsa (giustamente shockata dall'improvvisa decisione di Anna di sposarsi con un uomo appena incontrato) perde le staffe e, dopo aver negato la benedizione, rischia nuovamente di far del male alle persone che le sono vicine. Emotivamente confusa, la regina decide di fuggire lontano da tutto per trovare un posto nel mondo dove possa essere sè stessa senza mettere in pericolo nessuno. Sul regno cala l'inverno perenne e Anna, decisa a sistemare le cose, sale a cavallo per salvare la sorella da se stessa. I più perspicaci avranno già percepito che quella che viene narrata è una fiaba con un epocale punto di svolta all'interno dell'universo Disney. Abbandonato l'incipit tradizionale del principe che in groppa al suo prode destriero si avventura tra mille peripezie per sconfiggere il drago malefico, si fa strada ora la figura femminile che, forte della sua volontà e del legame che la lega con la sorella, parte per salvarla da se stessa. Nessuna spada, nessuno scudo, nessuna armatura, solo le parole di amore fraterno, il dolce abbraccio che sconfiggerà l'unico vero nemico di ognuno di noi: il nostro stesso io. Rinchiusa nel castello da se stessa costruito, Elsa, subisce un giogo ben più pesante del classico sputafuco arrabbiato: la regina è prigioniera della convinzione che fuggire sia la soluzione per ottenere la libertà della propria identità. Tantovale essere schietti (con le aspettative dei bimbi non si scherza mai), non c'è nulla di banale tra gli elementi di volta di questa storia: nessuna invidia tra sorelle, nessun bacio del vero amore e nessuna matrigna. La stessa scelta della protagonista, la dolce e maldestra Anna, la dice lunga lunga sulle intenzioni della Disney per questa pellicola: finalmente una storia libera dalle banalissime soluzioni magiche dagli imprevisti (ed ai dirupi, tanto cari al genere) che incorrono nel viaggio. Tra canzoni orecchiabili e risate leggere ma frequenti, la fiaba prepara il vissero per sempre felici e contenti in modo assolutamente non convenzionale. Il regno, particolareggiato e caratteristico, diventa metafora macroscopica del cuore della regina e si fredda quando abbandona la residenza reale. Ma il ritorno alla responsabilità e al ruolo che le spetta non basterebbe per sciogliere la neve dell'anima (un passo avanti rispetto all'obbligato metro di misura che è tuttora Il Re Leone). Solo il ritrovato rapporto con la sorella, le accenderà una scintilla nella sua vita e riporterà l'estate nel mondo. L'amore, dunque, motore potente di pressochè ogni film d'animazione natalizio, è prima di tutto il sentimento vivo e perenne del legame tra due figure unite dal sangue. Sacrificato il personaggio maschile, relegato a presenza comica al pari della mascotte Olaf, pupazzo di neve che "ama i caldi abbracci", il film si sofferma con un'interessante riflessione sull'affetto che unisce la fantastica storia di questa due sorelle. La morale è meno scontata di quanto si possa aspettare: un fiorire tra il bianco di un invito ad essere sempre sè stessi e al non rinunciare mai ad un rapporto per paura. Chi ama non fugge, chi ama ha il coraggio di trovare la soluzione senza rinunciare mai alla sua identità.