ortografia romaní
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ortografia romaní
I Sinti Piemontesi Origini - Stanziamenti - Tradizioni La guerra - La lingua romaní - Bibliografia e materiali Le Sínti Piemontákeri Katár véna - Kaj dživóna –Siklipén O kuribén - I čib romaní - Lilá ta vavér ková ke rakaréna pren le Sínti In appendice: Presentazione del gruppo musicale "Les Zingaria" ed i testi del CD "Sinti Song" (di Lick Dubois) Testo bilingue italiano - sinto piemontese a cura di Sergio Franzese Edizioni "O Vurdón" “O Vurdón” non è - almeno per ora - una vera e propria casa editrice, ma è solamente un’idea che ha come riferimento un nome, lo stesso di un sito Internet <http://www.vurdon.it> dedicato alla storia ed alla cultura dei Rom e dei Sinti. E’ un’idea che nasce dalla considerazione che non tutto il materiale di ricerca prodotto deve necessariamente trovare diffusione attraverso la rete informatica ma che, per ragioni diverse, può essere divulgato attraverso altri canali. Uno di questi è la combinazione tra la carta stampata e la multimedialità. Così come un vurdón (il carrozzone, tradizionale abitazione mobile degli Zingari) segue, alle volte, un percorso condizionato dalle circostanze che incontra lungo il suo cammino, anche questa idea, a seconda di ciò che raccoglierà lungo la sua strada, seguirà il proprio destino. Forse si consoliderà in un progetto concreto e duraturo o, forse, resterà per sempre un sogno che ha fatto un timido capolino nella realtà… ©Edizioni "O Vurdón", 2002 Ristampa (revisionata ed ampliata): Luglio 2004 Contenuto So i-lo sibjardó ndren kavá lil Nota introduttiva 3 Par so sas-lo sibjardó kavá lil 4 Regole ortografiche Sar sibjaréla pes ta sar déla pes pren o sínto 5 Origini Katár véna 7 Stanziamenti Kaj dživóna 10 Tradizioni Siklipén 12 - Nascita e infanzia - Sar véla pes pro bolibén ta sar si o tarnipén 12 - Il matrimonio - O romadinipén 12 - La morte - O meribén 13 - La religione - O pačávimo an o Devél 14 13 - Com'era un tempo la vita quotidiana… - Sar sas o dživibén da sa le divés... 16 - … e come si vive oggi - … ta sar dživóla pes kaná 18 La guerra O kuribén 21 - La storia di Taro Debar, sinto partigiano - I strófa do Taro Debar, sínto čirikló 22 - Bella Ciao - Šukár čaj 26 1 La lingua zingara I čib romaní 28 - Lingua nostra - Čib marí 30 - Passano i Sinti - Nakéna le Sínti 31 - Un sogno - Ne sunó 32 - Il Grande Capo Bianco - O Baró Šéfo Parnó 34 - Gli Zingari (Dalida) - Le Sínti 37 - Quelli eran giorni (tradizionale – Dalida) - Des tu kolá divés 38 - 4/3/43 (Lucio Dalla) - Štar – trin- duj biš ta trin 40 - La casa in riva al mare (Lucio Dalla) - O ker paričál o mero 41 - Maria Giuana - I María Džuána 42 - Maria Catlin-a - I María Katlín-a 43 Bibliografia e materiali Lilá ta vavér ková ke rakaréna pren le Sínti 45 APPENDICE: Les Zingaria (in italiano) 47 Les Zingaria (in sinto) 50 Testi delle canzoni del CD "Sinti Song" (Lick Dubois) Láu da le giljá ke si an o CD "Sinti Song" (Lick Dubois) 53 2 Nota introduttiva Il presente volume è costituito dalla trasposizione su carta di alcune delle pagine diffuse attraverso il sito Internet "O Vurdón" all’interno della sezione "Progetto Níglo". Esse contengono un testo finalizzato alla valorizzazione delle tradizioni e della lingua dei Sinti Piemontesi, una minoranza all’interno della vasta comunità romaní stanziata principalmente tra il Piemonte ed il sud della Francia. Questa pubblicazione è destinata in primo luogo agli stessi Sinti Piemontesi affinché attraverso le pagine scritte nella loro lingua possano ritrovare una parte di quella identità perduta e, alle volte, da essi stessi negata. Essa non si configura pertanto come un trattato antropologico o di altra natura su questa popolazione. Le informazioni contenute nelle pagine che seguono possono tuttavia contenere informazioni di un certo interesse anche per un pubblico interessato a conoscere più da vicino aspetti diversi di questa cultura. Il testo bilingue può inoltre essere considerato un utile compendio al volume "Il dialetto dei Sinti Piemontesi" (grammatica + dizionario comparativo [su CDROM]) pubblicato nel mese di maggio di quest’anno (2002). Dedico questo volume a tutti i Sinti, miei fratelli, ed in particolare a due di essi: Spatzo, poeta e musicista sinto estrekári e Lick, cantautore e scrittore sinto piemontese, che per me rappresentano un esempio di consapevolezza e di dignità, qualità che nascono dall'amore per la propria storia e per la propria gente. Con l'augurio che la loro testimonianza sia di esempio a tutti i Sinti e che da essi imparino a condividere l'orgoglio di appartenere ad un popolo libero e fiero. Per tutti i Sinti, che amo come miei fratelli. Queste pagine sono state scritte per voi, affinché non dimentichiate chi siete! Sergio Franzese Torre Pellice, giugno 2002 P.S. La presente edizione è stata revisionata ed ampliata nel mese di luglio 2004. 3 Par so sas-lo sibjardó kavá lil Ndren kavá lil si sibjardó so si ándro Internet an o "Progetto Niglo" (http://www.vurdon.it/niglo.htm). Sa kalá lilá rakaréna pri strófa, pro číro nakló, pro dživibén ta pri čib da le Sínti Piemontákeri ke dživóna ndro Piemúnto ta an le Válči. Kalá lilá sas-le sibjardé par te sikarén sa so si mišto maškarál le Sínti, par te den ne vast te kamén pi but léngro bolibén ta par te na si-len ladž da léngro dživibén ta da léngri čib. Kavá kaj na i-lo ne lil sibjardó pren le Sínti ma par le Sínti. Stik ke si nínge komóni gadžé ke kaména te džanén čomóni pren lénde par te dikén len in ne vínkimo pi šukár, bi džungalipén. Kavá lil i-lo lačó nínge par jon ta stik del len ne vast par te xajovén len fedér. Kavá lil, ke si an duj čibjá, i-lo mištó par sa kolá ke kaména te sikavén i čib romaní da le Sínti Piemontakéri. Par jon sas-le sibjardé nínge ne lil ke sikavéla sar si i čib (grammatica) ta ne lil da le láu (dizionario) pren CD-ROM. Kun kavá tíkno bitrávimo me kamáva te ringrassjaváu sa le Sínti, mre pralá, ma pi but da sassaré me kamáva te ringrassjaváu duj maškár lénde: o Spatzo, poéta ta bašavimáskero sínto estrekári t'o Lick, gilimáskero ta sibjarpáskro sínto piemontákero, ke si par mánde duj baré mal ta pralá ke pindžaréna mišto léngri strófa ta léngro dživibén ta kaména len sóske kaména but léngre Sínti. Me kamávas ke sa le Sínti dikéna kaj lénde sar čačé baré Sínti ta sikavéna léndra te na ladžén da léngro dživibén ma dikéna o šukaripén t'o baripén ke si an léste. Par sa le Sínti, ke me kamáva sar mre pralá. Kalá lilá sas-le sibjardé par tumén par te na bistarén kon san! Sergio Franzese Torre Pellice, giugno 2002 4 Regole ortografiche Sar sibjaréla pes ta sar déla pes pren o sínto 1) le vocali (a, e, i, o, u) e le consonanti b, d, f, g (di "gatto"), l, m, n, p, r, s, t, v non presentano modificazioni rispetto alla lingua italiana e pertanto si leggono e si scrivono allo stesso modo. 2) la lingua romani (e, nel caso specifico, il dialetto sinto piemontese) presenta inoltre una serie di fonemi che differiscono nella grafia dall'italiano. Essi sono: - č che si legge come c di cena. Es. číro (tempo). - k che si legge come c di cane. Es. ker (casa). - dž che si legge come g di gente. Es. džukél (cane). - z che si legge come s in rosa. Es. zor (forza). - š che si legge come sc in scienza. Es. šukár (bello). Nella pronuncia corrente equivale ad un suono collocato a metà tra s di sasso e sc di scienza (in conseguenza di un adattamento della fonetica romani a quella del dialetto piemontese). Presso i Sinti Piemontesi della Francia perdura come -sc-. 3) Vi sono fonemi che non hanno corrispettivo nella lingua italiana. Essi sono: - h che si pronuncia lievemente aspirata. Es. háligo (santo). - x che si pronuncia come ch nella parola tedesca Buch. Es. xajéri (soldi). - ž che corrisponde al suono francese j di jour. Es. žambóno (prosciutto). Nella pronuncia corrente equivale ad un suono collocato a metà tra j francese di "jour" e s dolce di rosa (in conseguenza di un adattamento della fonetica romani a quella del dialetto piemontese). Presso i Sinti Piemontesi della Francia perdura come j di "jour". 5 - ö e ü che, come già detto in precedenza, sono presenti in parole di origine piemontese e francese. Es. pöj (poi <piem. pöj), malerözo (nel SP fr.: triste < fr. melheureux), ütav- (nel SP francese: aiutare < piem. giüté (?)) 4) La semivocale i come in italiano nella parola ieri si scrive j. Es. jag (fuoco), daj (madre) L'ACCENTO L'accento cade prevalentemente sull'ultima sillaba finale (tronche), in misura minore sulla penultima (piane) e sulla terzultima (sdrucciole) nei termini di origine genitiva in -éskero, -ákero, ecc. 6 Origini Katár véna I Sinti vivono da molti secoli in Europa. Ve ne sono in Germania, in Austria, in Francia (dove sono conosciuti anche con il nome di Manouches) ed in Italia. Le Sínti dživóna da but šel berš an i Európa. Jon si an le Tejč, an le Estrakárja, an le Valči (koj si-le pindžardé nínge kun o láu da Manúš) ta an i Itália. In Italia vi è un cospicuo numero di Sinti. Ogni gruppo prende il nome dalla località in cui ha origine lo stanziamento. Per questo essi vengono chiamati Piemontesi, Lombardi, Marchigiani, ecc. An i Itália si dóstra but Sínti. Jon léna o láu do stéto kaj si-le da pi but číro. Par kavá kaj si le Piemontákeri, le Lumbárd, le Markidžán, ta vavér. Non si sa con precisione quanti siano i Sinti in Piemonte, ma si stima che la popolazione possa aggirarsi intorno ai tremila individui. Allo stesso modo dei Rom e dei Calé (Gitani) essi giunsero in Europa dall'India molto tempo fa. In Piemonte è nell'anno 1601 che essi sono per la prima volta menzionati in un documento (si tratta di uno specifico bando contro di essi). Tuttavia si può ragionevolmente supporre che la loro comparsa in tale regione sia avvenuta all'incirca tra il 1410 ed il 1430. La loro presenza è infatti già segnalata in Germania meridionale, in Svizzera tra il 1417 ed il 1419 ed in alcune regioni della Francia, sempre intorno alla stessa epoca. Stando a quanto ci riferisce lo storico francese François de Vaux de Foletier "dal 1494 al 1499 Conti dei Saraceni ed un Marchese d'Egitto si facevano consegnare somme di denaro, non come graziosa elemosina ma per Na džanéla pes mištó kéčči si le Sínti ndro Piemúnto. Stik ke si-le trujál da trin míla. Sar le Rom ta le Kalé (Gitani), nínge jon vjen-le an i Európa katár i India. Kavá sas-lo but but berš fa. Si an o berš 1601 (jek míla šóu šel ta jek) ke pren ne lil sibjardó ndro Piemúnto rakaréla pes par o vágo kópo da le Sínti. Ma stik ke le vági ke vjen-le ndro Piemúnto rivodén-le maškár o berš 1410 (jek míla štar šel ta deš) t'o berš 1430 (jek míla štar šel ta triánda). Džanéla pes ke in ková číro le Sínti dživodén-le džam an le Tejč da telé, an i Svísera (trujál da le berš 1417 [jek míla štar šel ta dešueftá] ta 1419 [jek míla štar šel ta dešuenjá]) ta nínge an le Valči. Ne rodipáskro* ke karélas pes François de Vaux de Foletier ta ke kamélas but le Sínti nakjás but berš da péskro dživibén te rodél ndren le lilá puré sa le ková sibjardé pren lénde. Jóu pendás ke do berš 1494 (jek míla štar šel štar biš ta dešueftá) fina ko berš 1499 (jek míla štar šel štar biš ta dešuenjá) an le Válči sas 7 rinunciare ad alloggiare in città". È dunque da ritenere che gli attuali Sinti Piemontesi siano in larga misura i discendenti di quegli Zingari. Tale tesi è suffragata dalla continuità esistente nei nomi di persona, che ritroviamo ancora oggi inalterati rispetto a quelli che attestano i registri anagrafici e parrocchiali a cominciare dagli anni intorno al 1450. I cognomi portati dai Sinti Piemontesi sono in larga misura francesi, come La Foret, De la Garenne, Du Bois, La Fleur, De Barre. Accanto ad essi figurano anche nomi quali Riviera, Cena, Orfei, Togni, Niemen (Niuman e Nieuman), Vailatti, ecc. komóni Sínti ke penénas kaj le gadžé ke jon rivónas do Edžít ta da vavér temá ke si dur ta jon mangénas lové par te na džan ándro fóro. Jamén pačássa ke le Sínti Piemontákeri véna da kolá Sínti koj sóske léngre láu sas-le sar le láu da le Sínti da maré divés. Fina do berš 1450 (jek míla štar šel ta paš šel) pren le lilá ke sibjarénas pen an le kresjá ta an le kangerjá kánte vénas pro bolibén le tikné stik déna pren but láu ke le Sínti Piemontákeri si-len pándra kaná: La Forêt, De la Garenne, Du Bois, La Fleur, De Barre. Vavér Sínti karéna pen Riviera, Cena, Orfei, Togni, Niemen (Niuman ta Nieuman), Vailatti ... * rodipáskro = ricercatore L'itinerario seguito da Rom Sinti e Gitani O drom ke kerdén le Rom le Sínti ta le Kalé 8 Un'antica mappa dell'Europa. I primi Sinti vi giunsero dopo il 1300 e fecero la loro prima comparsa in Piemonte intorno agli anni 1410-1430 Ne purí bílda di Európa. Le vági Sínti rivodén an i Európa palál o berš 1300 ta ndro Piemúnto trujál da le berš 1410-1430 9 Stanziamenti Kaj dživóna La principali comunità di Sinti Piemontesi sono stanziate nei pressi delle grandi città (Torino, Cuneo, Asti, Alessandria) e vicino a paesi quali Carmagnola (TO), Villafalletto (CN), Villafranca (CN), San Damiano (AT), Chivasso (TO), Ivrea (TO) ed in diverse altre località. Se ne trovano anche nelle zone di Vercelli, nel Biellese e di Novara, dove la presenza si mescola a quella dei Sinti Lombardi. Oltre che in Piemonte, i Sinti Piemontesi sono presenti anche in altre regioni italiane quali Lombardia, Liguria, Toscana, Lazio. Si tratta perlopiù di una presenza sporadica ed assai limitata. Una comunità di Sinti Piemontesi significativa sotto l'aspetto numerico si trova in Francia nella regione delle Alpi Marittime-Costa Azzurra, ivi stanziata da almeno due secoli. Nei pressi di Grasse, e precisamente a Plan de Grasse, vi è un quartiere abitato esclusivamente da Sinti Piemontesi. Essi abitano in case, hanno un'occupazione stabile ed i giovani frequentano regolarmente la scuola. Si tratta di una situazione sicuramente più favorevole di quelle che conosciamo in Piemonte poiché' là l'inserimento sociale si coniuga con il mantenimento delle tradizioni, tra cui l'uso della propria lingua da parte di tutti, senza vergogna, anche dei bambini. Il Piemonte. Le zone contrassegnate in rosso indicano le principali zone di stanziamento sei Sinti Piemontesi. O Piemúnto. Pri bílda i fárba lolí si čidí pren le stéti kaj si pi but da Sínti Piemontákeri. 10 Le rigá kaj le Sínti si-le pi but si paričál da le baré fóri (Türináte, Kúni, Astráte, Alesándrja) ta paričál da le gáu sar Karmanjóla, Vilafalét, Vilafránka, San Damián, Čivás, Ivréa ta but vavér tikné gáu. Si nínge da le rigá da Biéla, da Varséj ta Nuára, ma da kalá rigá si nínge but Sínti Lumbárd. Si komóni Sínti Piemontákeri nínge vrin do Piemúnto, sar an i Lumbardía, an i Ligüria, da le rigá di Tuskán-a ta da Rúma, ma na i-le but. An le Válči, ndren le "Alpes Maritimes - Côte d'Azur" (maškarál Nisáte ta Cannes) dživóna vavér Sínti Piemontákeri. Jon si-le koj da pi but ke duj šel berš. Da le rigá da Grasse, ne fóro pren le tiné bérge na dur katár Cannes, si ne tiknó gáu sa da Sínti Piemontákeri, ková gáu karéla pes Plan de Grasse. Sa dživóna ndren le ker, le rom ta le romnjá bitravéna sar le gadžé, le čavé ta le čjá džána ki starbiča. Koj si fedér ke ndro Piemúnto sóske le Sínti dživóna sar le gadžé ma na bistaréna péngre siklipén ta sa rakaréna pándra in sínto, nínge le tikné čavé. Na si-len kek ladž da léngri čib. Accampamento di Sinti Piemontesi a Torino (Le Reuse - Via Lega). Fotografia risalente agli anni '80. Fino a quell'epoca venivano ancora utilizzati i carrozzoni tipici, che sono stati progressivamente sostituiti dalle piu moderne moderne e confortevoli roulottes e da camper. Plása da le Sínti Piemontákeri a Türináte (Le Reuse - Via Lega). Kajá bílda sas-li kerdí ndren le berš '80. In ková číro sas-le pándra le puré baré vardinjá. Ndren le berš ke vjen-le palé ko stéto da le vardinjá sa komensodén te dživón ndren le lačé kampíne ta le kámper. Foto - bílda: A.Artuffo 11 Tradizioni Siklipén Mentre molte usanze stanno cambiando, altre sono rispettate ed osservate ancora oggi. Vediamo quelle legate ai principali momenti della vita. But siklipén na si butér sar vagéstra, tanké vavér na parudén-le ta le Sínti keréna pándra sar kerénas le puré. Nascita e infanzia. Sar véla pes pro bolibén ta sar si o tarnipén. Non ci sono particolari riti legati alla nascita, che di solito avviene in ospedale. Le čavé da le Sínti véna pro bolibén sar sassaré. Kánte si péskro číro i romní ke si parí džála ki spitája. Una volta invece le donne partorivano nell'accampamento, fuori dalla roulotte, assistite dalle donne più anziane. Ne kópo le romnjá kinénas le čavé an o stéto kaj sas-le plasadé, ma vrin di vardín, ta le puré romnjá dénas len ne vast par te čivén o čavó pro bolibén. I Sinti amano molto i bambini e generalmente hanno molti figli. I bambini sinti, come tutti i bambini del mondo, amano divertirsi e giocare ma appena essi crescono iniziano a badare ai fratelli ed alle sorelle più piccoli e accompagnano la madre o il padre nelle loro attività. Le Sínti si-len but čavé sóske jon kaména len but. Sar sa le tikné do bolibén, le tikné sínti kaména te kelén ta kaména te san, ma kánte komensóna te ven pi baré si te dikén pren le pralá ta le penjá pi tikné ta komensóna te džan kun i daj o kun o ba par te den len ne vast an léngre bitrávimi. Il matrimonio. Presso i Sinti vi è ancora l'usanza del matrimonio per fuga. Due giovani che desiderano sposarsi, dopo essersi corteggiati per un po' di tempo in modo discreto, decidono di fuggire insieme, andando a rifugiarsi O romadinipén. O romadinipén pašál le Sinti keréla pes pándra kun o našibén do čavó ta di čaj. Kánte ne tarnó čavó ta ne tarní čaj 12 per alcuni giorni presso dei parenti. Al loro ritorno essi si presentano ai rispettivi genitori che, dopo averli rimproverati, solitamente danno loro la benedizione che sancisce l'unione e da quel momento essi sono da tutti considerati come marito e moglie. kaména te soloxavén pen, le duj komensóna te pindžarén pen ta dikén pen da garadó, ta palál ne písla číro našéna ketané, džána pašál vavér Sínti ta čéna koj duj o trin divés. Kánte le duj tarné véna palé o ba t'i daj keréna te dikén ke si xolinjákere lénča, ma pöj čivéna sa par mistipén ta da ková čiro o tarnó čavó t'i tarní čaj si par sassaré rom ta romní. Jon na keréna le soloxadé an i kangerín o an i kresín. Si par kavá ke but čavé indžéna o láu di daj. O meribén. Kánte ne Sínto merélas-lo xačarélas pes léskri vardín ta sa léskre ková, gjal le džidé na stikónas te ofendavén o muló kun kolá bédi. Questo matrimonio non necessita di essere confermato né in chiesa né in municipio. Per questa ragione i figli solitamente portano il cognome materno. Kaná o dživibén da le Sínti na si butér sar vagéstra ma le Sínti tinkaréna sémpar léngre mulé kun baró kamlipén ta kánte rakaréna pren lénde penéna sémpar "čóro" o "čóri" angjál o láu do muló o di mulí. La morte. Quando uno Zingaro moriva, tradizionalmente veniva bruciata la roulotte e le cose che gli appartenevano, per evitare che attraverso di esse se ne potesse offendere la memoria. Ora le condizioni di vita sono diverse, tuttavia il rispetto dei Sinti per i defunti rimane molto profondo e quando ne parlano lo fanno premettendo sempre l'aggettivo "povero" o "povera" al nome del defunto o della defunta. O pačávimo an o Devél. O pi but da le Sínti Piemontákeri pačéna an o Devél ta si-le katólik, džána ki kangerín ta keréna te bolén le čavé, prijavéna but i Devléskeri Daj ta le Maxaré. Sar sa le Sínti ta le Rom, le Sínti Piemontákeri pačéna ke si le zor lačé ta le zor diné, ta ke si o beng, le maxaré ta le mulé. Kánte si-le nasalé but Sínti džána te dikén ne "gadží ke dukaréla", ke si 13 La religione. ne džuvlí ke stik kerél o mistipén par lénde. Quasi tutti i Sinti Piemontesi praticano la religione cattolica, battezzano i loro figli in chiesa e si mostrano particolarmente devoti alla Madonna e ad alcuni Santi. Ndro Piemúnto óni berš da enjalé le Sínti Piemontákeri lačéna pen kaj Furn ëd Kuáse par te prijavén i Devléskeri Daj. Come tutti i Sinti ed i Rom, anche i Sinti Piemontesi credono nell'esistenza di forze spirituali soprannaturali benigne e maligne, all'esistenza del diavolo, ai santi ed agli spiriti dei defunti. Molti Sinti quando sono malati si recano presso una cosidetta "santona" (non zingara) per essere aiutati a guarire. In Piemonte ogni anno in estate a Forno di Coazze ha luogo un raduno religioso al quale partecipano molti Sinti Piemontesi che vi si recano per venerare la Madonna. È stato don Renato Rosso, un prete che ha vissuto a lungo tra i Sinti, ad iniziare tale consuetudine. La prima volta l'incontro ebbe luogo nell'anno 1982. Sas o don Renato Rosso, ne rašáj ke dživólas maškarál da le Sínti, ke komensodás te karéna len in ková stéto. O vágo kópo le Sinti gjen-le koj sas andro berš 1982 (jek míla enjá šel štar biš ta duj). Komóni Sínti Piemontákeri džána an le Saintes Maries de la Mer, ne gáu ndri Camargue an le Válči. Koj lačéna pen but Sínti, Rom ta Kalé (Gitani) ke rivóna da sa le rigá di Európa par te prijavén i Háligi Sára i brúna par te indžén la di kéltra ke si ndri barí kangerín ko méro. Kavá keréla pes óni berš o biš-taštar da mádž . Da písla berš nínge komóni famíje da Sínti Piemontákeri kerdén pen evandželísta an i "Missione Evangelica Zigana". Qualche famiglia di Sinti Piemontesi partecipa al raduno che si svolge ogni anno alle Saintes Maries de la Mer in Camargue (Francia). Gli Zingari, che giungono da molte parti d'Europa vi si ritrovano per venerare Santa Sara la nera. In tale occasione, il 24 maggio, la statua viene portata in processione dalla cripta della chiesa fino al mare. Vi è inoltre un ristretto numero di famiglie di Sinti Piemontesi che in anni recenti ha aderito alla Missione Evangelica Zigana, di orientamento pentecostale. 14 Santa Sara condotta dagli Zingari in processione verso il mare alle Saintes Maries de la Mer (24 maggio) – Foto: S.Franzese (maggio 2004) Le Sínti indžéna i Háligi Sara ndro panín do méro an les Saintes Maries de la Mer o 24 madž da sa le berš – Bilda: S.Franzese (madž 2004) 15 Com'era un quotidiana... tempo la vita Sar sas o divés... dživibén da sa le I vecchi raccontano che un tempo i Sinti si spostavano di paese in paese con le loro roulotte trainate dai cavalli e che quando volevano fermarsi tre o quattro giorni in un posto nessuno veniva a cacciarli, come avviene adesso, che subito arrivano i vigili o la polizia. Le puré ginéna ke ndro číro nakló le Sínti pirénas da ne gáu a ne vavér kun léngre vardinjá čardiné da le graj ta ke kánte kaménas te čen trin o štar divés in ne stéto kédženo na vélas te bičavél len vek, na sas sar kaná ke glej rivóna le váxte o le šmíti. I mestieri tradizionali dei Sinti erano già allora il Luna Park ed il circo e costituivano la ragione principale della loro vita itinerante. Le bitrávimi da le Sínti sas-le le mesté t'o tualúno ta si par kolá bitrávimi ke le Sínti na čénas plasadé in ne stéto ma pirénas sémpar da kaj e da koj. Le donne se ne andavano di casa in casa a vendere qualcosa come centrini, lenzuola, pettini, specchietti ed altri oggetti di quel tipo. Inoltre esse conoscevano l'arte della chiromanzia o, quantomeno, raccontavano di saper leggere la mano a quei gagé disposti a crederci. Gli uomini esercitavano il mestiere di commercianti di cavalli: li acquistavano che erano in condizioni non buone e dopo averli ben curati li rivendevano. Inoltre aggiustavano le sedie fabbricavano cestini con il vimini. e In estate giravano per cercare lavoro in campagna ed in autunno andavano a caccia di ricci. Il riccio, la cui carne grassa è molto apprezzata, è il piatto tipico della cucina sinta; altre specialità come la "puzústra" (salame piccante fatto con le interiora della gallina macinate e fatte soffriggere insieme a uova sbattute) ed il "šukló xabén" (ricetta a base di interiora e carne di gallina con uova, aceto e verdure). Le romnjá džánas-le da ker in ker te binkavén čomóni sar le tikné šifúni par i tísa, le pláxte, le demeluári, le tíni spígli, ta vavér tiné bédi. Jon džanénas nínge te dukarén, o penénas gjal kaj le gadžé ke pačénas e ke kaménas te džanén čomóni do číro ke véla. Le rom kerénas le maruslári: kinénas le graj ke sas-le písla nasalé, sastovénas len mištó ta palé binkávenas len. 16 Quando avevano bisogno di qualcosa per sfamarsi andavano a chiedere pane, patate, uova, salame, lardo. Talvolta accadeva che alcuni gagé particolarmente generosi regalassero loro un po' di carne, una gallina o un coniglio. Jon lačarénas nínge le šjéze kerénas le kórbi kun o stréjo. ta Da enjalé rodénas bitrávimo ndren le félde ta vagéstra ke komensólas o vend džánas par nígli. O níglo si ne čačó pekéskero da sa le Sínti, ke kaména but léskro mas tuló; vavér pekéngere da le Sínti si i puzústra t'o šukló xabén. Kánte sas-len bróxa da čomóni par te ningavén pen i bok jon džánas te mangén félzo, matréli, ranjé, goj, balavás. Komóni kópi se le gadžé sas-le da lačó lió dénas len nínge písla mas, ne xaxnín o ne šošój. Kánte vélas-li i rat, palál do xabén, le Sínti bešénas pénge trujál da ne barí jag. Sas sémpar ne puró rom o ne purí romní ke ginélas paramísi ta sa šunénas kun ne barí váxta. La sera, dopo aver mangiato, i Sinti si sedevano intorno ad un fuoco. C'era sempre un uomo o una donna anziani che raccontavano alcune fiabe e tutti ascoltavano prestando attenzione. Nei giorni di festa gli uomini suonavano i loro strumenti. La maggior parte di essi sapeva suonare la chitarra, qualcuno anche il violino. Essi cantavano le canzoni mentre le giovani ragazze ballavano. Allora non esisteva la tivù, i Sinti erano più poveri ma anche più felici e per essi i tempi erano migliori. Ndren le dimánše le rom bašavénas léngre bašávimi. But maškarál lénde džanénas te bašavén i séjla, komóni džanélas te bašavél nínge i gájga. Jon gjavénas le giljá pi šukár tanké le tarné čjá kelénas. In ková číro na sas i durdikéngeri*, le Sínti sas-le pi čororé ma sas-le pi baxtalé ta par kavá kaj par jon sas fedér. *durdikéngeri = televisione 17 Il Circo (di Fulvio Pennacchi) O tualúno (bílda da Fulvio Pennacchi) ...e come si vive oggi ...ta sar dživóla pes kaná Nel corso degli ultimi cinquanta anni la vita dei Sinti è molto cambiata. O trúpo da le Sinti parudás but in kalá paluné paš šel berš. Ora i Sinti non possono più fermarsi dove vogliono ma debbono restare solamente nei posti loro assegnati. Kaná le Sínti na stik butér čéna kaj kaména ma si te džan mónsi ndrén le pláse ke si-le kerdé par lénde. Molte volte questi campi-sosta sono lontani dai centri abitati e si trovano nei pressi delle discariche. But kópi kolá pláse i-le dur do gáu ta i-le paričál da le stéti kaj fardéla pes o xamardipén. I mestieri che venivano praticati un tempo ora non servono più. Le bitrávimi do číro nakló na džána butér mištó da maré divés. Ora essi non possono più andare a vendere senza licenza. Kaná na stik butér džána te binkavén bi volín. Se le šmíti o le váxti léna komóni ke binkavéla bi volín keréna te presarén léske but fúnti ta palé keréna léske nínge i Se la polizia o i vigili sorprendono qualcuno a vendere senza licenza lo costringono a pagare multe salate e 18 gli fanno il processo. Dopo tre o quattro volte c'è il rischio di finire in prigione. La vita dei Sinti è cambiata perché la società è diversa. Gli uomini non commerciano più i cavalli, non fabbricano più cesti di vimini e non aggiustano più le sedie. Tra i Sinti la gioventù è esposta a molti pericoli. Da un lato i giovani sanno di non essere gagé e dall'altro essi vorrebbero vivere come se lo fossero. Sono tentati dalla ricchezza facile, dal consumismo rappresentato dalle auto di lusso, dai bei vestiti e da tutto ciò che appare bello e costoso. Per trovare il denaro in fretta molti si perdono ed agiscono in modo sbagliato. Questo non accade solamente tra i Sinti, naturalmente e cosi anche tra i gagé. Ma per i giovani Sinti tutto ciò è assai più triste poiché non è facile intravedere per essi delle opportunità per uscire da una situazione così frustrante. Molto gagé si avvicinano ai Sinti non come amici ma con cattive intenzioni, ad esempio per commissionare loro qualche furto e praticare la ricettazione. strófa. Dópu trin o štar kópi čivéna les ndro starebén. O dživibén da le Sínti parudás but óske nínge le gadžé na dživóna butér sar vagéstra. Le rom na kinéna ta na binkavéna butér le graj, na keréna butér le kórbi da stréjo ta na lačéna butér le šjéze. Le tarné sínti na xajovéna butér kavó si o čačó drom. Da ne rik jon džanéna ke na si gadžé ma da ne vavér rik jon kaména te dživón sar le gadžé. Kaména te ven bravalé glej, dikéna le šukár našibángere, le šukár rivibén, sa so si šukár ta kuč. Par te ven lénge o lové glej but tarné našéna pen ta keréna kerávimi bilačé. Kavá kaj na kapitóla mónsi maškarál le Sínti, ma kapitóla nínge maškarál le gadžé. Par le tarné Sinti sa kavá si pi bibaxtaló sóske but kópi par lénde na dikéla pes sar te ven vrin ta léngro trúpo véla pardó da xolín. But kópi le gadžé ke džána kaj le Sínti na si-le čačé mal, ma si-le diné ménči ke kaména mónsi te bičalén len te čorén par te rikarén le ková čordiné. Ke bibaxtaló trúpo si kaná par but Sínti! Com'è diventata triste la vita per i Sinti oggigiorno! Se sa kavá na paruvéla le číri ke véna si-le pándra pi džungalé. Se tutto questo non cambia il futuro sarà ancora peggiore. Ma par i baxt na si mónsi le ková džungalé. Si nínge ková šukár ke mukéna te dikén ke čomóni stik pándra paruvél. Ma per fortuna non ci sono solo cose brutte. Ci sono anche fatti che lasciano sperare che qualcosa può ancora cambiare. Molti Sinti cominciano a capire che le cose non possono continuare in questo modo e per questo alcuni But Sínti komensóna te xajovén ke gjál na stik džála angjál ta par kavá kaj si kolá ke džána te bitravén sar le gadžé. Na keréla či se but kópi le bitrávimi si-le čororé. O ková baró si 19 lavorano come i gagé. Non importa se si tratta di lavori modesti. Ciò che conta è che essi non vadano più a rubare. Altri Sinti continuano a svolgere alcuni dei mestieri tradizionali, come i lunaparchisti ed i circensi. ke jon na džána butér te čorén. Si pándra komóni Sínti ke keréna le sajék bitrávimi da but berš fa sar le mesté t'o tualúno ndren le fuáre ta le dimánše. 20 La guerra O kuribén La guerra ha causato ai Sinti ed ai Rom molto dolore. O kuribén kerdás te vel but duk kaj le Sínti ta le Rom. Oltre mezzo milione di Sinti e di Rom hanno trovato la morte nei campi di sterminio in Germania. Se ne parla poco e molti ancora oggi ignorano questi tristi fatti. In Italia per fortuna, anche durante il fascismo, gli Zingari non sono stati apertamente perseguitati come in Germania, ma in alcuni casi ci sono state deportazioni di persone che non hanno mai fatto ritorno a casa. Durante la guerra i Sinti hanno vissuto la povertà come la maggior parte dei gagé, ed anche qualche storia di lotta antifascista, come quella di Taro Debar, sinto piemontese partigiano. Pi but da panč šel míla Sínti ta Rom sas-le mardé ndrén le stildéngere an le Tejč. Rakaréla pes písla da kavá ta but gadžé na džanéna kajá strófa tuganí. An i Itália, par i baxt, nínge telál le kasténgere, le Sínti na sas-le mardé sar an an le Tejč, ma komóni Sínti sas-le indžadé koj ta na vjen-le butér keré. Tanké sas o kuribén le Sínti dživodén-le ndro čororipén, sar but gadžé. Sas nínge komóni Sinti ke kerdén o kuribén kúntra a le kasténgere, sar o Taro Debar, sinto piemontákero ke kerdás o čirikló. 21 La storia di Taro Debar, sinto partigiano. I strófa do Taro Debar, sínto čirikló. Io ero (sono stato) tra i gagé fin da bambino. Me sómas maskarál da le gádže fin da tíkno. Il mio povero papa e la mia povera mamma morirono quando avevo quattro anni. Mro čóro ba e mri čóri daj mujén-le ke me sás-ma śtar bers. Mi misero in mezzo alle suore ed ai preti; là feci le scuole. Rimasi fino quattordici anni con le suore e con i preti. (Me ne) andai dopo un po' di tempo, avevo già sedici anni, andai a lavorare con (presso) dei signori del paese. Non avevo ancora diciotto anni, arrivarono la tre o quatto signori. Vennero dal mio padrone e mi dicevano: "Abbiamo bisogno di te". Ed io dissi (risposi): "per cosa avete bisogno di me?" "Cerchiamo un ragazzo svelto che passi in mezzo ai tedeschi e che vada sulle montagne dove si trovano i <partigiani>. Io non sapevo ancora cos'erano i partigiani. Non parlarono, fanno (?), (mi) diedero mille (lire) solo perché portassi un messaggio sulle montagne. Presi quelle mille lire e portai quel messaggio. Quando tornai, tre o quattro giorni dopo, essi vennero di nuovo alla grande casa (l'officina?) e mi dicono: "Guarda, tu, vieni presto via di la perché un giorno o l'altro arriveranno la i tedeschi, ti prenderanno e ti Čidén ma maskerál le rasanjá ta le rasáj; koj kerdóm le starbíči. Čjom fín-a a des-u-star bers kun le rasanjá ta le rasaj. Gjom dópu ne písla číro, sás-ma džamóu des-u-sóu bers, gjom te bitraváu kun baré raj do gáu. Na sás-ma pándra des-u-oxtó bers, vjen-le koj trin o star raj. Vjen-le koj da mro raj e penénas mánge: "Jamén sás-ma (sás-amen) bróxa túke". E me pendóm: "per so tumén ítumén bróxa?" "Jamén rurássa ne čavó sígo te nakél-lo maskarál le tejč e te džal-lo pren le bérge kaj si le <partigiani>. Me na džanávas pándra so sas le <partigiani>. Jon na rakardén-le, kerén-le, djen-le ne paró mónsi te indžaráu ne lil aprén le bérge. Me ljom ková paró e indžardóm ková lil. Kuándo vjom palénde, trin o star divés dópu, jon vjen-le pándra koj do baró ker e penén mánge: "Dik ke, tu, jáu glej a vek da koj perké ne divés o vavér véla (véna) koj le tejč, léna tu e maréna tu. Jáu mánča. Véssa pren le bérge e le tejč na léna tu". Me gjom lénča e gjal kerdóm o 22 uccideranno. Vieni con me. Verrai sulle montagne e i tedeschi non ti prenderanno". Io andai con loro e così feci la guerra tra i "ciriclé" (i "ciriclé" nella nostra lingua sono i partigiani) ed io feci il "ciricló" (che vuol dire passero, uccello). koribén maskarál le "čiriklé" (le čiriklé nella nostra lingua sono partigiani) e me kerdóm o čirikló (che vuol dire passero, uccello). Kerdóm o čirikló da le rik do Montoso, Barge, Bagnolo. e i mre séfi sas-le Petralia, Zama, Milan, Barbato, l'onorevole Colajanni. Feci il partigiano dalle parti di Montoso, Barge, Bagnolo. e i miei capi erano Petralia, Zama, Milan, Barbato, l'onorevole Colajanni. Čjam koj a maskerál trin o star čon, pöj bičadén men da le rik 'd Monforte, Barolo, Serralunga, da le rik d'Alba. Rimanemmo là in mezzo tre o quattro mesi, poi ci portarono dalle parti di Monforte, Barolo, Serralunga, dalle parti di Alba. Koj kerdóm čirikló. Là feci ancora un anno da partigiano. pándra ne bers da Dáva ma pándra ne divés ke i kasténgeri (sarebbero i fascisti) kaménas pándra te len Alba. Mi ricordo ancora un giorno che i "casténgheri" (sarebbero i fascisti) volevano ancora prendere Alba. Jamén le čiriklé, e kerdam kerdám finké na mukjám te nakén-le. Noi partigiani facemmo facemmo (a forza di fare) finché non li lasciammo passare. Nakjén-le da ne vavér rik, ke i čiriklé, o sas i tras, o na sas dóstra rom, nasjén-le pénge, e i kasténgeri nakjén-le. Dalle nostre parti non passarono. Passarono da un'altra parte, che i partigiani, o era la paura, o non erano abbastanza uomini (non avevano abbastanza coraggio), scapparono, ed i fascisti passarono. Lasciamo li cinque o sei morti, ma non fuggimmo. Dalle nostre passarono. parti i fascisti non Ricordo ancora che vicino a me quel giorno avevo un partigiano ed i tedeschi con un colpo gli spararono in testa e cadde a terra morto. Io rimasi un po' li vicino, lo vidi morto. Cosa fare? Lo lasciai lì e proseguii. Sparavo dietro a quei tedeschi e a quei fascisti che venivano dietro, e facemmo facemmo (a forza di fare) Da maré rik na nakjén-le. Jamén mukjám panč o sóu mulé koj, ma na nasjám. Da maré rik le tejč e le kasténgeri na nakjén-le. Me dáva ma pándra ke paričál mánde kavá divés koj sás-ma ne čirikló e le tejč kun ne dab snapardén les andró seró e perdás-lo pri čik muló. Me čjom a koj ne písla paričál, dikjóm les muló. So keráva? Mukjóm les koj e gjom angjál. Čerdávas aprén a kalá tejč e a kalá kasténgeri ke vénas-le aprén, e kerdám kerdám finké te džánas, gjen pándra palénde, e jon, le tejč e le kasténgeri vjen-le palénde, kerdén ne vavér trúsimo e nakjén e gjen Albáte. Ljen Alba. 23 finché se ne andarono, andarono ancora indietro, ed essi, i tedeschi ed i fascisti venivano dietro, fecero un altro (?) e passarono. arrivarono ad Alba. Presero Alba. Noi, anche noi camminammo a piedi da…, andammo a Monforte e quel giorno catturammo cento e cinquanta (cento e mezzo) fascisti, Brigate Nere, Cacciatori delle Alpi. Tre o quattro giorni dopo il capo ci disse a noi partigiani: "Uccideteli tutti!" e noi li uccidemmo tutti. Sentivo (sento) ancora adesso nelle mie orecchie tutte le urla di quei ragazzi. Uno diceva: "Io non ho fatto nulla. Non ho mai sparato sui partigiani", e un altro: "Mi hanno portato via di casa, mi hanno chiamato, mi hanno detto: "se non vieni in mezzo a noi ti uccidiamo". Un altro che gridava: "se non vado (fossi andato) in mezzo a loro, uccidevano (avrebbero ucciso) mio padre e mia madre". Un altro gridava: "Io sono (padre < fr. pere?) sposato. Se non andavo (fossi andato) mi dicono (dicevano) che uccidevano (avrebbero ucciso) mio figlio". Ma noi quando il capo ci disse di sparare, noi sparammo e li uccidemmo tutti. Cento, più di cento uomini. Quello (queste cose) mi sono rimaste in testa ed ora che ho molti anni penso ancora a cosa è la guerra, perché ci si ammazzava l'uno con l'altro. Che molte volte eravamo anche fratelli, uno nei partigiani ed un altro nei fascisti. Jamén, nínge jamén gjam pre pirénde da (?) gjam a Munfórt e ková divés koj ljám sel ta pas kasténgeri, Brigate Nere, Cacciatori delle Alpi. Trin o star divés naklé o séfo pendás ménge čiriklé: "Mardén-le (marén-le) sassaré!" e mardám len sassaré. Sunávas pándra kaná andrén maré kand sa le gólas ke dénas kalá čavé. Jek penélas-lo: "Me na kerdóm či. Me na sčerdjóm maj aprén le čiriklé", e ne vavér: "Me ljen ma ndro ker, kardén mánge, pendén mánge: "se na véssa maskerál jamén, jamén marássa tu". Ne vavér ke délas-lo góli: "se me na džáva maskerál jon, marénas mro ba ta mri daj". Ne vavér délas-lo góli: "Me som per romadinó. Se na džávas penéna ke marénas o tiknó". Ma jamén kuándo o séfo pendás te čardél, jamén čardjám e mardám len sassaré. Sel, pi but da sel rom. Dová kalá čjas-lo mánde ndro mro seró e kaná ke í-ma but bers pensáva pándra so si o koribén, perké te mardás nes jek kun vavér. Ke but kópi sámas nínge pral, jek ndren le čiriklé t'o vaver ndren le kasténgeri. Se pačéna ma, o koribén na keréna butér kek. Dová, me kamáva mónsi kon si ke sunéla so pendóm me kaná, na i ne xoxavibén. Dová ke me pendóm si ne ková ke kapitodás-lo but bers fa, e pačáv ke tumén pačéna so pendóm, e na kamáva butér dikáu divés agjál. Se mi credete (date retta a me), la 24 guerra non fatela mai più. Quello, desidero solamente che chi ascolta ciò che ho detto adesso (sappia che) non è una bugia. Ciò che ho detto è una cosa avvenuta molti anni fa, e credo (spero) che voi crediate a ciò che ho detto, ed io non voglio più vedere giorni cosi. Registrazione effettuata in data 30 marzo 1984 presso il campo nomadi di Cuneo - Madonna dell'Olmo. Amilcare "Taro" Debar – sinto partigiano) O Amilcare "Taro" Debar – sínto čirikló Foto - bílda: S.Franzese – maggio 2004 25 Bella ciao Šukar Čaj (*) Una mattina mi son svegliato O bella ciao, o bella ciao, o bella ciao ciao ciao Una mattina mi son svegliato Ed ho trovato l'invasor Je trasárla me sgandžadóm ma Oj šukár čaj šukár čaj šukár čaj čaj čaj Je trasárla me sgandžadóm ma Le kasténgere ís-le koj O partigiano porta mi via O bella ciao, o bella ciao, o bella ciao ciao ciao O partigiano porta mi via Che mi sento di morir Oj čirikló, indžé ma vek Oj šukár čaj šukár čaj šukár čaj čaj čaj Oj čirikló, indžé ma vek Ke šunáva te meráu E se io muoio da partigiano O bella ciao, o bella ciao, o bella ciao ciao ciao E se io muoio da partigiano Tu mi devi seppellir Se me meráva sar čirikló Oj šukár čaj šukár čaj šukár čaj čaj čaj Se me meráva sar čirikló Indžén mro trúpo dur Mi seppellirai lassù in montagna O bella ciao, o bella ciao, o bella ciao ciao ciao Mi seppellirai lassù in montagna Sotto l'ombra di un bel fior Čivén les koj aprén le bérge Oj šukár čaj šukár čaj šukár čaj čaj čaj Čivén les koj aprén le bérge Telé da ne tíni blúma Cosi le genti che passeranno O bella ciao, o bella ciao, o bella ciao ciao ciao Cosi le genti che passeranno Mi diranno che bel fior Ta sa kolá ke nakén koj Oj šukár čaj šukár čaj šukár čaj čaj čaj Ta sa kolá ke nakén koj Penéna ke si šukar E questo è il fiore del partigiano O bella ciao, o bella ciao, o bella ciao ciao ciao E questo è il fiore del partigiano Morto per la libertà Kajá si i blúma do čirikló Oj šukár čaj šukár čaj šukár čaj čaj čaj Kajá si i blúma do čirikló Ke mujás-lo par jamén E questo é il fiore del partigiano Morto per la libertà Kajá si i blúma do čirikló Ke mujás-lo par jamén Tradotto in sinto da Sergio Franzese Rišardas la in sinto o Sergio Franzese 26 (*) La traduzione di "Bella Ciao" dall'italiano al sinto ha comportato inevitabilmente un adattamento, pur restando il più fedele possibile al testo originale. Ecco qui di seguito alcune note esplicative: 1) Šukar čaj = Bella ragazza. Si è scelto il termine sinto "čaj" (ragazza) per assonanza fonetica con "ciao". 2) il termine kasténgere significa fascisti (da kast "legno" ovvero "manganello"). È stato usato in mancanza di un termine preciso per indicare il nemico. Nel caso specifico esso appare più che mai adatto. 3) čirikló, come spiegato nel racconto, è il termine usato dai Sinti per indicare i partigiani. Esso significa "uccello, passero". 4) indžén mro trupo dur = lett. "portate il mio corpo lontano" 5) ...ke mujás-lo par jamén = lett. "che è morto per noi". In sinto non esiste un termine per indicare il concetto astratto della libertà. I partigiani sulle montagne Le čiriklé pren le bérge 27 La lingua zingara I čib romaní Come tutti i Sinti ed i Rom, anche i Sinti Piemontesi parlano la lingua romaní. Sar sa le Sinti ta le Rom, nínge le Sínti Piemontákeri rakaréna i čib romaní. La lingua romaní è di origine indiana arricchita di numerosi termini acquisiti da altre lingue che testimoniano il percorso seguito dagli Zingari per giungere in Europa da lontane regioni che essi abbandonarono forse a causa di conflitti e carestie. But láu di čib romaní véna da le čibjá ke rakaréna pen pándra kaná an i India, ma but vavér láu véna da sa le čibjá ke rakerénas an le temá kaj le Sínti nakjén-le kánte vjen-le an i Európa. Stik ke vjen-le vek da kolá temá par te našen katár o kuribén ta katár i bok. La lingua romaní è costituita da una varietà di dialetti con una origine comune ma diversi tra loro. Tale diversità, che appare soprattutto più marcata tra i dialetti dei Sinti e quelli dei Rom, può spesso costituire un serio ostacolo alla comprensione reciproca. I čib romaní na si sémpar sajék. Le Rom rakaréna in ne vínkimo, le Sinti in ne vavér vínkimo. Maškarál le Sínti in óni stéto rakaréla pes in ne vínkimo ke na i-lo sajék do vavér. But kópi le čibjá da le Sínti déna zer maškár lénde, ma in vavér kópi na stik xajovén pen. Per questo se un Sinto Piemontese può dialogare senza troppi problemi con un Sinto Lombardo, incontrerà certamente maggiore difficoltà con un Sinto Tedesco o con un Rom Abruzzese e riuscirà a comprendere solamente alcune parole della lingua parlata dai Rom provenienti da paesi più lontani. Se ne Sínto Piemontákero šunéla ne Sínto Lumbárd ke rakaréla stik xajovéla les mišto, ma se šunéla ne Sínto Tejč o ne Sínto Abrüséjz na xajovéla les but. Se šunéla ne Rom Ungaréjz xajovéla mónsi písla láu o na xajovéla či. Purtroppo però in Piemonte la lingua è stata abbandonata. Solamente i più anziani sono ancora in grado di parlarla. I Sinti Piemontesi in Francia parlano ancora il sinto come lingua quotidiana. Nei pressi della comunità di Plan de Grasse abita un sinto piemontese, di nome Lick Dubois, che insieme a suo figlio e ad altri ha costituito un Par bibáxt no Piemúnto i čib vélas-li bistardí. Mónsi le Sínti pi puré džanéna pándra te rakarén o sínto mištó. Le Sínti Piemontákeri ke dživóna an le Válči rakaréna pándra o sínto. Da le rigá da Plan de Grasse dživóla o Lick Dubois, ne Sínto Piemontákero ke kun péskro čavó, trin o štar vavér rom ta je kelimáskeri čidás pren ne ketanibén da bašavimángere (Les Zingaria). Jou kerdál lénča ne dísko (CD) da giljá in sínto. 28 gruppo musicale (Les Zingaria) ed ha prodotto un CD con canzoni in lingua sinta. Lick ha anche scritto un libro che parla di come vivevano i sinti una volta. È un bell'esempio per tutti i Sinti Piemontesi perché a differenza di molti egli dimostra di saper amare la propria gente e di voler conservare la propria lingua. Se vuoi saperne di più a proposito di Lick e del suo gruppo musicale e se vuoi leggere i testi delle sue canzoni vai a pagina 47: O Lick sibjardás nínge duj lilá ke rakaréna pro dživibén da le puré Sínti. Si ne šukár ková sa so o Lick kerdás ta si lačó se sa le Sínti Piemontàkeri kaména péngre siklipén ta péngri čib sar jóu. Se kaméssa te džanés pi but pro Lick ta pren le ménči ke bašavéna lésal, ta se kaméssa te des pren le láu da léskre giljá, dža an o lil keladó 50: 29 Alla lingua sinta, ormai poco diffusa tra i Sinti in Piemonte, ho dedicato una poesia (Lingua nostra). Attraverso altre poesie ho voluto descrivere in poche parole la vita e l'anima sinta. Par i čib romaní, ke but Sínti an o Piemúnto bistardén, me kerdóm ne sibjárimo (Čib marí); an vavér sibjárimi me rakardóm pro dživibén t'o lió romanó da le Sínti. Lingua nostra Ti amo, lingua nostra. Tu sei ricca e povera come noi. Quando siamo tristi tu ci dai le parole per piangere, quando siamo contenti tu ci dai le parole per rallegrarci, quando dobbiamo nasconderci tu, lingua nostra, ci aiuti. Tu hai viaggiato insieme a noi lungo le strade del mondo, eri il fuoco delle nostre canzoni, ed ora in questi terreni malsani che i gagé ci riservano tu muori un poco ogni giorno, come noi. Se ti perdiamo anche noi saremo perduti. Ascoltate, ragazzi, ascolta gioventù, i nostri vecchi Sinti ci hanno lasciato questa bella dolce lingua. Non dimentichiamola, insegniamola ai nostri figli, conserviamola sempre con noi come l'unico tesoro che ci appartiene. (1999) Čib marí Kamáva tu čib marí. Tu sal bravalí ta čororí sar jamén. Kánte sam bibaxtalé ménge tu déssa le láu par te rovás, kánte sam kontán ménge tu déssa le láu par te sas, kánte si-amén bróxa te garavás amen tu, čib marí, déssa ménge ne vast. But pirdál ménča pren sa le dromá do bolibén, sálas i jag da maré giljá, ma kaná ndrén kalá džungalé pláse kaj čidéna men le gadžé tu meréssa ne písla óni divés, sar jamén. Se našavássa tu nínge jamén sam našadé. Šunén čavé, šun tarnipén, maré puré Sínti mukjén-le ménge kajá šukár, gulí čib. Na bistarás la, sikavás la kaj maré čavé, indžás la sémpar ménča sar o kokoró braválimo ke si-amén. (1999) 30 Passano i Sinti Passano i Sinti con i carrozzoni portando con sé cavalli, bambini e galline. Tra di loro gli uomini parlano, alla ricerca di un luogo in cui trascorrere la notte. Tutti strillano, i bambini piangono, lungo le strade le donne leggono la mano. Vagano e fuggono per il mondo tra fortuna e miseria. Senza patria e senza casa sempre vanno il sole e la luna vegliano su di loro. Suonano i violini, suonano con maestria una bella ragazza danza con cuore infuocato. Tutti la osservano e sognano, vorrebbero restare soli con lei. Dalla sera alla mattina si canta domani chissà, è un altro giorno. Quando hanno fame vanno a chiedere per procurarsi un poco di cibo. Cercano il pane, le patate e la carne, salame, crauti e lardo. Da sempre i Sinti fanno così arrivano, passano e vanno lontano. Vagano e fuggono tutta la vita tra fortuna e miseria... Nakéna le Sínti Nakéna le Sínti kun baré vardinjá indžéna lénča graj, čavé ta xaxnjá. Maškár lénde le rom rakaréna, par te nakén i rat ne stéto rodéna. Sa déna góli, le čavé rovéna pren le dromá, le romnjá dukaréna. Piréna našena par o bolibén maškarál i baxt t'o čororipén. Bi čik ta bi ker sémpar džána pénge o kam t'i čardiní dikéna pren lénde. Bašavéna le gájge, bašavéna mištó je šukár čaj keléla kun i jag ndro lió. Sa dikéna par láte ta déna suné kaménas kun joi te čen kokoré. Di ratí fina ki tresárla gjavéla pes tájsa kon džanél, si vavér divés. Kánte si bokalé jon džána mangén Par te véna lénge je písla xabén. Rodéna o félzo, le matréli t'o mas, goj, šutló šex ta balavás. Da sémpar le Sínti keréna gjal rivóna, nakéna ta džana durál. Piréna našéna sa o dživibén maškarál i baxt t'o čororipén... (6/2002) (6/2002) 31 Un sogno Stasera, amico, ho il cuore Ne sunó pesante Prendo la mia chitarra e in solitudine vado A riposare sull'erba, lontano dal paese Ma non ho la forza di mettermi a cantare Chiudo gli occhi ed inizio a sognare Dinanzi a me scorrono gli anni passati Il mio caro nonno con il suo carrozzone I cavalli che si abbeverano al fiume Là un pò più lontano su quella strada Una bambina una donna ed un uomo Sono mio padre con mia madre e mia sorella Li vedo venire verso di me Hanno vissuto in povertà Spostandosi di paese in paese. Tra le campagne, sulle strade battute Camminavano i Sinti in ogni parte Là tra i pesci nell'acqua Rivedo mio zio, il povero Balin Dietro le piante, lontani da tutto Un ragazzo ed una ragazza stanno nascosti In questo bel luogo mi piace restare Sento qualcuno che mi chiama per nome È la mia cara mamma che veglia su di me e con la sua mano carezza il mio viso Kajá rat, móre, síma o dži paró Láva mri séjla ta džav kokoró pri víza bešáva koj vrin do gáu Ma na síma i zor par te gjaváu Pangáu le jaká ta dáva suné Angjál mánde nakéna sa le berš naklé Mro kamló papú kun léskri vardín Le graj ke pjéna ndro baro panín Koj ne písla durál pren kóva drom Ne tikní čaj ne romní ta ne rom I-le mro ba kun mri daj ta mri pen Pirén katár mánde, dikáva len An o čororipén dživónas-le Da gáu a gáu sémpar džánas-le Maškár le féldi, pren le dromá Pirénas le Sínti da sa le rigá Maškarál le mačé koj ndro panín Dikáu mro kaké, o puró Balín Palál da le ruk dur da sassaré Ne čavó ta ne čaj čéna-le garadé An kajá šukár plása kamáva te čáu Šunáva komóni ke karéla mro láu Si mri kamlí daj ke pren mánde dikéla Ma tutt'a un tratto mi sveglio Ta pren da mro muj lákro vast čivéla Ho dormito? Non puo essere! Non capisco! Mi guardo intorno ma non c'è più nessuno Ma sa da ne dab me sgandžaváva Sutjóm? Nastík! Na xajováva! Dikáu trujál mánde ma na si kek Sa kolá Sínti gjen pénge vek tutti quei Sinti se ne sono andati Cosa è successo? Sono impazzito? Son trascorse tre ore ed io ho sognato All'improvviso sento la paura nel cuore Sono nel duemila ed io sono vecchio! Quel mondo non esiste più Sono io l'ultimo di un tempo migliore Nella tristezza ora piango Il mio volto nero è pieno di lacrime Nel cuore della notte io, uomo stanco, Mi volto indietro e vedo la mia lunga strada La mia chitarra piange ed alla luna d'argento suona una canzone del tempo passato So kapitodás? Narvaló vjom? Nakjén-le trin kóre, ne sunó me djóm Glej me šunáva i dar ndro lió Som no berš duj míla ta me som puró! Ková bolibén na si butér Som o palunó da ne číro fedér An o bibaxt rováva kaná Mro kaló muj si perdó da lasuá An o paš di ratí me, kinó rom Palál mánde dikáva mro baró drom Rovéla mri séjla ta ko čon rupanó Ne gilí bašavéla do číro nakló 32 Più di una volta ho affermato che gli Zingari sono i Pellerosse d'Europa, legati da un comune destino di discriminazione e di emarginazione sociale ed economica. Per questo alcuni anni fa ho tradotto in sinto piemontese una lettera scritta nel 1855 dal capo pellerossa Seath al presidente americano Franklin (Il Grande Capo Bianco) come un segno di fratellanza tra genti lontane accomunate dal bisogno di rivendicare il diritto ad esistere come popolo e cultura... Komóni kópi me pendóm ke le Sínti ta le Rom si le Lolimorčjákeri* di Europa sóske léngri strófa ta léngre siklipén sas-le mudardé ne písla óni divés. Le Lolimorčjákeri* koj an i Amérika sas-le but kópi muklé kokoré bi bitrávimo ta bi číro ke véla, própi sar le Sínti ta le Rom kaj pašál ménde. Par kavá kaj me rišardom in sinto ne lil ke o šéfo lolimorčjákero* Seath sibjardás an o berš 1855 (jek míla oxtó šel duj biš ta dešupánč) ko baredér di Amérika Franklin (O baró Šéfo Parnó). Gjal si sar se le Sínti ta le Lolimorčjákeri* lačéna maškar pénde ta déna góli kettané da sa léngri zor par te penén ke kaména te čen-le džidé... * Lolimorčjákeri = Pellerossa 33 Il Grande Capo Bianco O Baró Šéfo Parnó Il Grande Capo Bianco mi manda a dire da Washington che desidera acquistare la nostra terra. Come si possono comprare o vendere il cielo o il calore della terra? O Baró Šéfo Parnó ke si an o Uóšington penéla ke kaméla te kinél marí čik. Sar stik kinássa o binkavássa o bolibén t'o tatipén di čik? L'idea mi sembra strana. Noi non siamo padroni della freschezza dell'aria, e dello zampillare dell'acqua. Come si può chiedere di comprarli da noi? Per la mia gente qualsiasi componente di questa terra è sacro. Qualsiasi ago splendente di pino. qualsiasi sponda sabbiosa, qualsiasi nebbia nell'oscurità dei boschi qualsiasi radura erbosa, qualsiasi insetto ronzante è santo nella memoria e nell'esperienza del mio popolo. Ke tinkárimo narvaló! Jamén na sam le baré raj do šil, di vínta ta do baró panín ta par kavá kaj nastík kinássa len Par jamén sa le ková ke i-le ndro bolibén i-le hálige. Sappiamo che l'uomo bianco non comprende il nostro sistema di vita. Per lui un pezzo di terreno vale quanto un altro, perché egli è uno straniero che viene durante la notte e prende dalla terra qualsiasi cosa gli occorra. La terra è sua nemica, non sua sorella, e quando egli l'ha conquistata continua per la sua strada. Egli abbandona la tomba di suo padre e dimentica il diritto di nascita dei suoi figli. Non vi è alcun posto tranquillo Le patrjá kun i fárba do sonakáj, i čik paričál o méro, i víza ta le ruk do veš, le tiné fjéxe: jon sassaré i-le hálige ndren maró tinkárimo ta ndren maró lió. Jamén džanássa ke o rom parnó na xajovéla maró dživibén. Par jóu ne tokór da čik i-lo sar ne vavér sóske jóu si ne čamardó ke véla ndri rat ta léla di čik sa so si les bróxa. Jóu na kaméla i čik, i čik na i-li léskri pen, palál ke ljás sa di čik mukéla la ta džála péske vek par péskro drom. Jóu mukéla o muléskero da léskro ba ta bistaréla ke palál léste si te ven pro bolibén léskre čavé. Na si kek stéto šukár ndro fóro do rom parnó. Na si kek stéto kaj stik šunássa le giljá 34 nella città dell'uomo bianco. Nessun posto ove si possano ascoltare lo stormire delle fronde a primavera o il ronzare delle ali degli insetti. Ma forse è soltanto perché io sono un selvaggio e non comprendo, mi sembra che il frastuono delle città offenda le mie orecchie. Quanto vale la vita se l'uomo non può udire di notte il grido del succhiacapre o il gracidare delle rane in uno stagno? Anche i bianchi scompariranno, forse prima di altre tribù. Continuate a contaminare il vostro letto, ed una notte sarete soffocati dai vostri stessi rifiuti. Quando i bisonti saranno tutti sterminati i cavalli selvaggi tutti domati, quando gli angoli segreti delle foreste saranno invasi dall'odore di molti uomini, la vista delle colline oscurata dai fili che parlano allora l'uomo si chiederà: "Dove sono gli alberi ed i cespugli? Scomparsi! Dov'è l'aquila? Scomparsa!" da le patrjá kánte purdéla i vínta t'o bašávimo ke keréna le paká da le čiriklé. Stik ke me som mónsi ne rom divjó ta na xajováva, ma mánde déla zer ke i góli do baró fóro keréla duk kaj mre kan. Kečči mol o dživibén se o rom na stik šunél le čiriklé di rat o sar déna góli le geraljá ndro panín? Nínge le rom parné je dives si te merén, kon džanéla se na meréna vagéstra da le vavér rom? Se óni divés tumén keréna te vel tumaró vódro pi melaló, véla ne rat ke tumaré melalipén maréna tumén. Kánte le baré nóski i-le sa mardé ta le graj divjé i-le sa romané, kánte le stéti garadé ndren le veš véna pardé do xand da but rom, ta kánte le tíne bérge véna-le garadé da le táu ke rakaréna, alúra dikéna ke o rom pučéla pes: "Kaj si le ruk t'i víza? Na si butér! Kaj si o baró čiriklo brúno? Na si butér!" Kánte sa kavá na si butér, nínge o dživibén véla šilaló ta tuganó ta sassaré si te čingarén óni divés pi zor par te dživóna. Šéfo Seath, 1855 E cosa significa dire addio al rondone e alla caccia se non la fine della vita e l'inizio della sopravvivenza? Capo Seath, 1855 35 Inoltre per amore di questa lingua e della gente sinta mi sono cimentato nella traduzione-adattamento di alcune canzoni. Si tratta delle canzoni Gli Zingari, Quelli eran giorni (interpretate da Dalida), 4/3/43 e La casa in riva al mare (di Lucio Dalla). oltre che di una canzone popolare piemontese (Maria Giuana). Un'altra canzone popolare piemontese, Maria Catlin-a, qui di seguito riportata, è invece frutto di una traduzione elaborata da don Renato Rosso. Alcuni di questi testi ci portano ovviamente fuori dalla tradizione sinta ma ritengo utile poter dimostrare che una lingua puó tornare a vivere ed essere usata anche per avvicinare culture diverse.. Ta sémpar par o kamlipén ke me indžáva par kajá čib me rišardom da komóni giljá gadžikané in sínto. Si le gilja Le Sinti, Des tu kola divés (ke gjavélas i Dalida), 4/3/43 ta O ker paričál o méro (do Lucio Dalla) ta nínge ne gilí piemontákeri (I María Džuána). I vavér gilí píemontákeri, I María Katlín-a, ke i-li sibjardí kaj telé sas o rašáj don Renato ke rišardas la in sínto. Le Sínti, jon na gjavéna le giljá da le gadžé in sínto, ma me pačáva ke da maré divés sa so i-lo sibjardó in sínto sikavéla ke kajá čib si-li pándra džidí ta stik déla ne vast kaj sa le ménči par te xajovén pen fedér maškár lénde... 36 Gli Zingari Le Sínti Zingaro chi sei figlio di Boemia dimmi tu perché sei venuto qui ? Quando mi stancai dell'Andalusia E tu vecchio dimmi come fu La mia terra ormai non esiste più… Sínto, katár ves kun tro muj kaló ? Pen mánge par so vjal tu fína kaj Váva da durál katár i Andaluzía Sóske tu puró sal bibaxtaló ? Dav ma mro šukár gáu ke i-lo duraló… I cavalli son stanchi nell'umida sera ma la folta criniera sembra il vento invocar Stan gli zingari attorno alle fiamme splendenti destan ombre giganti nel chiarore lunar An i rómani rat sa le graj si kiné ta léngre jaká si pardé da dromá Sa le Sinti bešéna trujál ne barí jag maškár jon rakaréna pren da léngre divés Palpita allor la canzon più bizzarra nasce nel cuor quel vibrar di chitarra Questo è il canto di chi non conosce frontiera è l'ardente preghiera del Gitano che va Ndren ne vardín komóni bašavéla je šukár gilí vavér rom gjavéla Šunél pes i gájga ta rovéla o lió kavá si o prijávimo do Sínto čororó Dimmi dove vai Tornero in Bohemia me ne andro lontan per mai più tornar E tu dove vai ? Nell'Andalusia E tu perchè piangi cosi ? Io son vecchio ormai e rimango qui… Pen mánge kaj džas Koj an i Boémia džáu mánge durál kaj me na džanáu Tu pen mánge kaj An i Andaluzía E tu sóske rovéssa gjal ? Me som džam puró, me meráva kaj… Gitano perchè non rimani stasera per la nuova avventura puoi domani partir Resta ancora a cantar nella notte stellata finchè l'alba spietata faccia il sogno svanir Me mangáu túke Sínto te čes pándra kaj sóske kamés tu te džas túke vek ? Bašáv par mánde tre giljá purané fina ke o kam mudaréla i rat. Canta che un di il gran re di Cuccagna ti regalo un castello in lspagna Rakár do divés ke no gau do Sonakáj o baró raj djas tu péskri čaj Šunél pes i gájga ta rovéla o lió kavá si o prijávimo do Sínto čororó… Questo è il canto di chi non conosce frontiera è l'ardente preghiera del Gitano che va… 37 Quelli eran giorni Parole: Daiano - E.Raskin Musica: Tradizionale russa zigana (Dorogoj dlinnoyu) Titolo originale: "Those Were the Days" C’era una volta una strada un buon vento mi portò laggiù e se la memoria non m’inganna all’angolo ti presentasti tu Quelli eran giorni, si, erano giorni e tu al mondo non puoi chiedere di più noi ballavamo anche senza musica nel nostro cuore c’era molto più La la la la la la… {nel nostro cuore c’era molto più} Vivevamo in una bolla d’aria che volava sopra la città la gente ci segnava con il dito dicendo: "Guarda la felicità" Quelli erano giorni si, erano giorni e niente ci poteva più fermar quando il semaforo segnava rosso noi passavamo allegri ancor di più La la la la la la… {noi passavamo allegri ancor di più} Poi si sa col tempo anche le rose un mattino non fioriscon più e così andarono le cose: il buon vento non soffiò mai più Quelli eran giorni, si, erano giorni e tu al mondo non puoi chiedere di più e ripensandoci mi viene un nodo qui e se io canto questo non vuol dir La la la la la la… {noi passavamo allegri ancor di più} Oggi son tornata in quella strada un buon ricordo mi ha portata là stavi in mezzo a un gruppo di persone e raccontavi: “cari amici miei… Quelli eran giorni, si, erano giorni Des tu kolá divés Bašávimo da le Sinti an i Rüsia (Dorogoj dlinnoyu) "Those Were the Days" Sas je kópo ne tíkno drom i vínta purdélas šilalí ta glej da durál me dikjóm ke paričál mánde véssas tu Des tu kolá divés, des tu kolá divés kánte tu sálas mánča mri romní mro lió sas narvaló kamélas mónsi tu ta ketané 'men sámas baxtalé La la la la la la… {ta ketané 'men sámas baxtalé} Na sas-men félzo né lové ménge sas dóstra máro kamlipén ta sa kolá ke dikénas men penénas: "Dik sar kaména pen" Des tu kolá divés, des tu kolá divés koj an o baró veš da garadé maškarál da le ruk kerdám o kamlipén ta ketané 'men sámas baxtalé La la la la la la… {ta ketané 'men sámas baxtalé} O číro maréla le tíne blúme t’i vínta na purdéla butér sar an o dživibén sa le ková meréna ne divés o vavér Des tu kolá divés, des tu kolá divés kánte me sómas túsal mri romní ninge tu narvalí kaméssas ma, moré ta ketané 'men sámas baxtalé La la la la la la… {ta ketané 'men sámas baxtalé} Des tu kolá divés, des tu kolá divés kánte me sómas túsal mri romní ninge tu narvalí kaméssas ma, moré ta ketané 'men sámas baxtalé La la la la la la… 38 e tu al mondo non puoi chiedere di più noi ballavamo anche senza musica di là passava la nostra gioventù... La la la la la la… {noi passavamo allegri ancor di più} {ta ketané 'men sámas baxtalé} Ta kajá rat ne sunó me djóm pren ková drom páple me gjom tu sálas koj ta dur dikéssas da tri gulí véjza pándra gjavéssas: Des tu kolá divés, des tu kolá divés do tarnipén kánte sa si šukár tu but kaméssas ma me but kamavas tu ta ketané 'men sámas baxtalé La la la la la la… {ta ketané 'men sámas baxtalé} Gypsy Scene © by Christine Lillian Whitfield 39 4/3/43 Dice che era un bell'uomo e veniva, veniva dal mare.. parlava un'altra lingua, però sapeva amare e quel giorno lui prese a mia madre sopra un bel prato, l'ora piu dolce prima di essere ammazzato. Cosi lei restò sola nella stanza, la stanza sul porto con l'unico vestito ogni giorno piu corto e benché non sapesse né il nome e neppure il paese mi aspettò come un dono d'amore sino dal primo mese. Compiva sedici anni quel giorno la mia mamma le strofe di taverna le cantò a ninna nanna e stringendomi al petto che sapeva, sapeva di mare giocava a far la donna con un bimbo da fasciare. E forse fu per gioco o forse per amore che mi volle chiamare come Nostro Signore della sua breve vita il ricordo, il ricordo piu grosso è tutto in questo nome che io mi porto addosso. E ancora adesso che gioco a carte e bevo vino per la gente del porto mi chiamo Gesù Bambino... (3) Štar – trin – duj biš ta trin Penél ke vélas do méro e ke sas, e ke sas šukár rom... rakarélas vavér čib, ma me les na pindžardóm ta jóu ljas-lo mri daj pren di víza, jou ljas la koj pren sas i paluní kóra da péskro dživibén. Kokorí čjas-li mri daj ándro ker, ándro ker puró kun péskro rivibén óni dives pi tiknó na džanélas-li léskro láu ta nínge o gáu ma kun o kamlipén djas číro ko tiknó čáu. Dešušóu berš joi kerélas, kerélas mri daj ta délas zer pándra ne tarní čaj čumidélas ma ta sálas, sar sas-li kamlí! Kelélas-li mánča ta sas baxtalí. Stik ke sas par kelibén ke mri tarní daj kardás ma kun o láu da maró Baró Raj da péskro dživibén o pi baró ková ke mánge mukjás si kavá šukár láu ke pren mánde čidás. Ta kaná ke me som baró rom ke kaméla te pjel par sa le rom dakáj karáva ma Tiknó Devél Ta kaná ke me som baró rom ke kaméla te pjel par sa le rom dakáj karáva ma Tiknó Devél Ta kaná ke me som baró rom ke kaméla te pjel par sa le rom dakáj karáva ma Tiknó Devél... 40 La casa in riva al mare O ker paričal o mero Dalla sua cella lui vedeva solo il mare, ed una casa bianca in mezzo al blu e una donna si affacciava, Maria, è il nome che le dava lui Katár léskro starebén dikélas mónsi o méro, Ta ne parnó ker maškarál o panín ne romní vélas-li vrin, Marí ková si o láu ke djas la jóu… Alla mattina lei apriva la finestra e lui pensava: "quella è casa mia, tu sarai la mia compagna, Maria", una speranza e una follia E sogno la libertà, e sogno di andare via, via e un anello vide già, sulla mano di Maria Lunghi silenzi come sono lunghi gli anni, parole dolci che si immaginò "questa sera vengo fuori, Maria, ti vengo a fare compagnia" E gli anni stan passando tutti gli anni insieme ha già i capelli bianchi e non lo sa dice sempre "manca poco, Maria, vedrai che bella la città" E sognò la libertà, e sognò di andare via, via e un anello vide già, sulla mano di Maria E gli anni son passati, tutti gli anni insieme ed i suoi occhi ormai non vedon più Disse ancora: "la mia donna sei tu", e poi fu solo in mezzo al blu e poi fu solo in mezzo al blu, e poi fu solo in mezzo al blu. Ta kánte jou dikélas di valín jou tinkarélas: "koj si mro ker, si-tu te ves mri romní, Marí, kamáva tu, tu sal lačí"… Djas sunó te džal-lo vrin djas sunó te džal-lo koj ta ne gustrín jou dikjás pro lákro tíno vast Óni divés o dživibén sás-lo sajék, ta jou penélas ándro péskro lió "kája rat me váva vrin, Marí me váva koj, mri romní" Ta le berš nakéna sa le berš ketané kána si-les parné bal ta na džanél "váva vrin" sémpar penéla, "Marí, tu véssa mánča mri romní" … Djas sunó te džal-lo vrin djas sunó te džal-lo koj ta ne gustrín jou dikjás pro lákro tíno vast Ta le berš nakjén-le sa le berš ketané ta léskre jaká butér na dikén Pándra pendás: "dáu tu mro lió" ta gjal jóu čjas-lo kokoró ta gjal jóu čjas-lo kokoró, ta gjal jóu čjas-lo kokoró... 41 Maria Giuana (*) I Maria Džuána Maria Giuana l'era 'n sl'üss l'era 'n sl'üss che la filava oh l'era 'n sl'üss che la filava oh ciumba la la. I María Džuána sas pren o vudár sas-li koj ke bitravélas-li sas-li koj ke bitravélas-li tru la la la ... Le pasai da li 'l sur dutur "cos'i l'eve Maria Giuana oh cos'i l'eve Maria Giuana oh" ciumba la la. Nakjás koj o gadžó Menegín "sar džal túke María Džuána ooh sar džal túke María Džuána ooh" tru la la la... Se 'l saveisa sur dutur, mi ju tanta mal la testa oh mi ju tanta mal la testa oh ciumba la la. Menegín, na džála mištó o šeró dukól ma but, aohh o šeró dukól ma but, aohh tru la la la... "Sa beveisa nen tant vin mal la testa paseria oh mal la testa paseria oh" ciumba la la. Te na pjéssa but but mol duk ko šnóro na nakéla tu duk ko šnóro na nakéla tu tru la la la... Sa i beveisa nen tant vin st'ura chi i saria gia morta oh st'ura chi i saria gia morta oh ciumba la la. Te na pjáva but but mol na džanés ke me meráva ooh na džanés ke me meráva ooh tru la la la... E ades che i möra mi vöi c'am sutru 'n ti na crota oh vöi c'am sutru 'n ti na crota oh ciumba la la. O divés ke me som mulí indžén ma ndren i kéltra ooh indžén ma ndren i kéltra ooh tru la la la... Damigian-a par cüsin buti stupi par candeile oh buti stupi par candeile oh ciumba la la. Durialí telál o šeró štar tusnjá sar momoljá aohh štar tusnjá sar momoljá aohh tru la la la... E la gent ca i ven-u dré d mi vöi ca i cantu la Viuleta oh vöi ca i cantu la Viuleta oh ciumba la la. O tonólo pren le piré kun i mol ke véla telé aohh kun i mol ke véla telé aohh tru la la la... E cul preivi ca 'm ven benedí vöi ca 'l sia ciuc ad grapa oh vöi ca 'l sia ciuc ad grapa oh ciumba la la. Me kamáva o rašáj piló nínge jóu di xačardí aohh nínge jóu di xačardí aohh tru la la la... (tradotta in sinto da don Renato Rosso) Me kamáva le rašanjá nínge jon piljá sar jamén aohh nínge jon piljá sar jamén aohh tru la la la... 42 Maria Catlin-a (*) I Maria Katlin-a (La Monferrina) (I Munferin-a) O ciau ciau Maria Catlin-a dummie dummie na siassà. Oh si si ch'ji la daria L'ai lassà l'siass a ca. Lačí rat María Katlín-a jáu tu mánča te kelés oj oj oj naštík keláva óske dukón ma le piré Ris e coi e tajarin Guarda un po cume a balu bin Balu mei le paisanote che le tote ed Türin. Koi trujál da mri vardín vjen-le glej par te kelén sa le Sínti godžaré ta le petlári sturimén O bundì, bundì, bundì 'ncura na volta, 'ncura na volta. O bundì, bundì, bundì 'ncura na volta e pöi pa pi. 'ncura na volta sota la porta 'ncura na vira sota la riva. Sal lačí, lačí, lačí, páple je kópo, paple je kópo O bundì, bundì, bundì 'ncura na volta e pöi pa pi. Cosa 't fas Maria Catlin-a li setà sel taburet; da na man la ventalin-a e da l'autra 'l fassulet. Pié 'na gioia che vi pias, dei 'na man tirela an bras. La curenta l'e pi bela e pöj trallarillala. O bundì, bundì, bundì... Per dansé la Munferin-a l'e rivaie n'üfisial. L'a ciapà Maria Catlin-a l'a portala 'n mes al bal. Fate in la ti paisan passu mi cul garde-enfant; fame mach un bel inchin e it fassu un bel basin. O bundì, bundì, bundì... Sal kamlí, kamlí, kamlí páple je kópo telál o vudár, páple je kópo pašál o panín Sal gulí, gulí , gulí, páple je kópo oj šukár romní... So kerés María Katlín-a ndri kampína kokorí kun ne tusní da lačí mol ta ne bóla da zumín? Pen tu mánge so kamés, džássa ménge koj ndro veš par te kerás o kamlipén e tru la la la la la Sal lačí, lačí, lačí... Vjas-lo koj ko kelibén nínge je prínso šukár jóu ljas i María Katlín-a ta na mukjás la butér Sa le gádže len dikénas lákro vast jóu čumidélas sas kontán i María Katlín-a ta le piré sas-le sasté ! Sal lačí, lačí, lači... Palál mónsi trin divés le duj sas romadiné baré soloxadé kerdén-le sa le Sínti do gáu gjen-le Pien-le but ta but xajén 43 dik oj móre so kerdén ta kaná sa si pilé ta gjavéna sassaré Sal lačí, lačí, lačí... Christmas with the Gypsies © by Christine Lillian Whitfield 44 Bibliografia e materiali Lilá ta vavér ková ke rakaréna pren le Sínti Informazioni di carattere generale: Lacio Drom, rivista bimestrale di studi zingari pubblicata dal Centro Studi Zingari (Roma) dal 1965 al 1999 Etudes Tsiganes, rivista pubblicata dal Centre des Etudes Tsiganes, Parigi (59 rue de l'Ourcq, 75019 Paris) Armando Brignolo (a cura di), Sinti: un modo di vivere, Gruppo editoriale "Il Torchio", Asti, senza data Jean Louis Gaie, Le hameau tsigane de Plan de Grasse, in Etudes Tsiganes n. 1/1971, pp. 40-46 Bernard Formoso , Relations Tsiganes/non-Tsiganes: le cas du hameau du Plan de Grasse, in Etudes Tsiganes n. 3/1983, pp. 29-39 Lick Dubois, Scenes de la vie manouche (sur les routes de Provence avec les Sinti Piémontais), Ed. Wallada, Châteauneuf-les-Martigues, 1998 Lick Dubois, Il était une fois les Bohémiens, Ed. Wallada, Port de Bouc, 2003 Per una più vasta bibliografia sulla storia e le tradizioni zingare si rimanda alla pagina specifica del sito "O Vurdón": http://www.vurdon.it/02.htm#bibliografia ed alla consultazione delle altre pagine del sito "O Vurdón": http://www.vurdon.it 45 Linguistica e narrativa: Sergio Partisani, Glossario del dialetto zingaro piemontese, in Lacio Drom n. 6/1972 Giulio Soravia, Dialetti degli Zingari Italiani, Pacini, Pisa, 1977 (pagg. 51-56) Bernard Formoso, O peskadúro, le pecheur. Une conte en sinto piémontais, in Etudes Tsiganes m. 1/1984, pp. 13-22 AA.VV., O Sucar gau, Centro Studi Zingari/Opera Nomadi di Torino, ciclostilato, 1984 J.C.Brulé - Shimt Chaudy , Storielle Sinte, in Lacio Drom n. 5/1979 Bernard Formoso, O bovedantúna - un racconto in sinto piemontese, in Lacio Drom n. 4/1984 (con note di Mirella Karpati) Sergio Franzese, il Dialetto dei Sinti Piemontesi - note grammaticali e glossario, Centro Studi Zingari di Torino, 1985 Sergio Franzese, Mari čib... maro braválimo (La nostra lingua... la nostra ricchezza), sussidiario illustrato di sinto piemontese, Centro Studi Zingari, Torino, 1987 Bernard Formoso - Georges piémontais, P.O.F., Paris, 1987 Calvet, Lexique tsigane: dialecte sinto Annibale Niemen, O ker kun le penijá - La casa con le ruote, Sinnos Editrice Collana i Mappamondi, Roma, 1995 Sergio Franzese, Grammatica di Sinto Piemontese e Dizionario Comparativo di Sinto Piemontese (con registri in sinto piemontese - sinto piemontese "francese" - italiano - inglese - francese), Edizioni "O Vurdón", 2002 Sergio Franzese, Rakarássa romanés (testi in lingua romani – dialetto sinto piemontese), Edizioni "O Vurdón", 2004. Altro: Les Zingaria, Sinti Song, CD musicale contenente 10 brani in lingua sinta cantati da Lick Dubois Les Zingaria, Noël d'un enfant Tsigane, CD musicale e narrato contenente brani in lingua sinta ed in francese cantati da Lick Dubois 46 Les Zingaria Si tratta di un gruppo costituito da sei musicisti Sinti Piemontesi residenti nella zona delle Alpi Marittime - Costa Azzurra, fondato ed animato da Lick Dubois, autore-compositore-interprete. Nel 1999 il gruppo ha inciso il suo primo CD dal titolo "Sinti Song", contenente dieci brani in sinto interpretati da Lick. Les Zingaria si sono esibiti in Francia ed in Italia. Per informazioni e contatti in Italia rivolgersi a: Sergio Franzese Tel. 333-8352985 [email protected] 47 Lick Dubois Lick Dubois è un sinto piemontese che vive a Cannes. Egli fa parte di quella comunità di Sinti Piemontesi stanziata in Francia, nella regione della Alpi Marittime. Fin da giovane Lick ha dimostrato di possedere un notevole talento musicale che egli ha sempre coniugato con l'amore per la sua gente. I Sinti Piemontesi sono una minoranza nella minoranza a cui Lick ha saputo dar voce attraverso numerose canzoni, in sinto ed in francese, composte nel corso degli anni Egli è inoltre autore di due libri: "Scènes de la vie manouche - Sur les routes de Provence avec les Sintis Piémontais" (1998) e "Il était une fois les Bohémiens" (2003) – pubblicati dalle Edizioni Wallâda (2 rue de Fabritis, 13110 Port de Bouc, Francia). Dal 1978 al 1986 Lick ha animato, a Mougins e a Grasse, le "Nuits Tsiganes" (Notti Zigane), un evento artistico della Costa Azzurra di grande richiamo in cui venivano rappresentate danze e musiche di diverse etnie zingare. Egli è inoltre l'autore di "O Sinto", il principale brano musicale del film "Lo Zingaro" (titolo originale: Le Gitan) prodotto nel 1976 dal regista José Giovanni, con Alain Delon e Annie Girardot, nel quale Lick recitava la parte del fratello del protagonista. 48 Il CD (Sinti Song) Titolo 1 2 3 4 - MENELA KOVA ROM ŠUKAR ČAJ MRO DŽUKEL 5 - ROMNI VELA LE ŠMITI 6 7 8 9 10 - O SINTO DES TU ČAJ PURO SÍNTO KUNTE GJAVENAS DŽAR KALI Il CD può essere acquistato inviando la somma di € 20 a: Lick Dubois 1296, route Serra Capeou F-06110 Le Cannet (Alpes Maritimes) FRANCE Il prezzo include le spese di spedizione. Non si tratta, come potrebbe apparire, di un'operazione commerciale ma di un invito a sostenere un'iniziativa di carattere culturale, un'iniziativa coraggiosa perché frutto della passione di un sinto piemontese che non si è arreso all'omologazione ed alle difficoltà, di un uomo che sa ancora sognare e sperare in un futuro migliore per la propria gente e, di conseguenza, per ciascuno di noi. 49 Les Zingaria Les Zingaria i-le Sínti Piemontákeri ke dživóna kaj le Alpes Maritimes Côte d'Azur, an le Válči. Kavá ketanibén da štar o panč bašavimángere ta jek kelimáskeri sas-lo čidó pren do Lick Dubois, ne sínto ke bašavéla, gjavéla ta sibjaréla le láu da léskre giljá. An o berš 1999 kalá bašavimángere kerdén-le léngro vágo dísko (CD): "Sinti Song". An léste si deš giljá ke o Lick gjavéla in sínto. Les Zingaria indžjén-le léngre giljá ta kelibén an but stéti da le Válči ta ndro berš 2001 vjen-le nínge an i Itália. Se komóni kaméla karéla len par te kerén len te bašavén, si te del táu kaj jek da kalá duj keladé: Lick: (0033) (0)4 93 46 58 54 Tribal Prod.: (0033) (0)4 93 45 53 78 50 O Lick Dubois O Lick Dubois si ne sínto piemontákero ke dživóla da le rigá da Cannes. Jóu vjas-lo pro bolibén maškarál da kolá Sínti Piemontákeri ke si-le da but berš kaj le Alpes Maritimes, an le Válči. O Lick komensodás te bašavél ta gjavél kánte sas-lo pándra tarnó. Jóu si ne rom ke kaméla but léskre Sínti. Maškarál le Rom ta le Sínti le Piemontákeri si-le písla. Da but berš o Lick déla lénge i véjzla kun léskre giljá. Jóu sibjardás nínge duj baré lilá ke rakaréna pro dživibén romanó ndren le berš naklé. O vágo da kolá lilá si: "Scenes de la vie manouche - Sur les routes de Provence avec les Sintis Piémontais" (1998). O vaver lil si: "Il était une fois les Bohémiens" (2003) - Editions Wallada, 2 rue de Fabritis, 13110 Port de Bouc, France. Do berš 1978 fina ko berš 1986 o Lick kerélas te vel pašál léste but Sínti, Manúš ta Kalé par te bašavén ta gjavén lésal an le gáu da Mougins ta Grasse. Sas le "Nuits Tsiganes" (Romané Ratjá), ta sas but šukár par sa kolá ke džánas-le koj te šunen len. Si sémpar o Lick ke sibjardás o bašávimo "O Sínto" an o film "Le Gitan" da José Giovanni, kun Alain Delon ta Annie Girardot. An ková film o Lick kerdás i rik do pral. 51 O CD (Sinti Song) Láu da le giljá 1 2 3 4 - MENELA KOVA ROM ŠUKAR ČAJ MRO DŽUKEL 5 - ROMNI VELA LE ŠMITI 6 7 8 9 10 - O SINTO DES TU ČAJ PURO SÍNTO KUNTE GJAVENAS DŽAR KALI Se dživóssa an ne gáu di Európa (EU) ta kaméssa te kinés o dísko (CD) si te bičavés € 20 ko: Lick Dubois 1296, route Serra Capeou F-06110 Le Cannet (Alpes Maritimes) FRANCE Se dživóssa an vavér stéto vrin di Európa (EU) si te sibjarés léske te pučés kéčči mol te bičavél les an tro gáu katár le Válči. Na si par te vel lové ke kamássa ke tumén kinéna o dísko (CD) ma par te del ne vast kaj ne čačó sínto ke na kaméla te venle bistardé i strófa t'i čib da le Sínti. In kavá vínkimo jóu keréla čomóni da šukár na mónsi par le Sínti ma par sa le ménči ke kaména ke o číro ke véla i-lo pi šukár ta pi baxtaló. 52 MENELA MENELA Naš, naš, naš, dža le tri gitara ta bašau mange tu sa i rat. Pjas, pjas, pjas i lači tikni mol pjas, pjas, pjas fina ki tresarla. Tuja le kamlo čavo, džaja mišto kun mri čaj; dikena vena mišto, tu ta mri čaj, tu mro čavo. Corri, corri, corri a prendere la tua chitarra e suona per me tutta la notte. Beviamo, beviamo, beviamo il buon vinello beviamo, beviamo, beviamo fino a domattina. Caro ragazzo, prendi con te mia figlia ed abbi cura di lei; che tra di voi tutto vada bene, tu e mia figlia, tu figlio mio. Kel, kel, kel, mro lačo tikno pral, kel, kel, kel, sa da tri bari zor. Šun, šun, šun, sar bašaveja tu, čaj, čaj, čaj, kel mange tu mišto. Tuja le kamlo čavo, džaja mišto kun mri čaj; dikena vena mišto, tu ta mri čaj, tu mro čavo. Sig, sig, sig, bašau mange koja i "tik tok" do puro Menela. Nakadam sa le tušnja di mol ta kana šunava ma mišto... (2) Balla, balla, balla, mio caro fratellino, balla, balla balla, con tutta la tua energia. Ascolta, ascolta, ascolta come suoni, ragazza, ragazza, ragazza, balla bene per me. Caro ragazzo, prendi con te mia figlia ed abbi cura di lei; che tra di voi tutto vada bene, tu e mia figlia, tu figlio mio. Presto, presto, presto, cantami quella (canzone) la "tic toc" del vecchio Menela. Abbiamo finito tutte le bottiglie di vino ed ora mi sento bene... (2) 53 KOVA ROM QUELL'UOMO Šun, gjavela, gjavela kova rom, šun, bašavela, bašavela kova rom da maškaral do baro veš, ta gjavela kun le šukar čirikle. Ta le kaškaraki, le kuraki godžare rakarnas-le kun kova rom. Roma, romale, čavale, šunen. (2) Ascolta, canta, canta quell'uomo ascolta, suona, suona quell'uomo là in mezzo al bosco, e canta, canta con gli uccelli. E le gazze, e i corvi furbi parlavano a quell'uomo. O uomo, o uomini, o giovani, ascoltate. (2) Ta sa le Sinti, sa le Sinti penenas ke jas e puro Sinto, Sinto narvalo me jou mukelas te penel oh ta fanola ta šunela čirikle oh ta fanola ta fanola narvalo me jou mukelas te penel. Šun, gjavela, gjavela kova rom, šun, bašavela, bašavela kova rom da maškaral do baro veš, ta gjavela kun le šukar čirikle. Ta le kaškaraki, le kuraki godžare rakarnas-le kun kova rom... E tutti i Sinti, tutti i Sinti dicevano che era un vecchio Sinto, un Sinto matto ma lui lasciava dire oh pareva ascoltare gli uccelli oh sembrava, sembrava matto ma lui lasciava dire. Ascolta, canta, canta quell'uomo ascolta, suona, suona quell'uomo là in mezzo al bosco, e canta, canta con gli uccelli. E le gazze, e i corvi furbi parlavano a quell'uomo ... 54 ŠUKAR ČAJ BELLA RAGAZZA Dža, šukar čaj kun tre jaka da sonakaj. Kunte kelela o lunso da le vardinja ah, sa le Sinti ah, sa le Sinti te gjavena e... Va', bella ragazza con i tuoi occhi splendenti. Quando balla vicino ai carrozzoni ah, tutti i Sinti ah, tutti i Sinti cantano... Šukar čaj, šukar čaj. Oh Sinta, oh Sinta. Dža, šukar čaj kun tre jaka da sonakaj. Kunte kelela o lunso da le vardinja ta me kamau tu, ta me kamau tu. Bella ragazza, bella ragazza. Oh Sinta, oh Sinta. Va', bella ragazza con i tuoi occhi splendenti. Quando balla vicino alle carrozzoni ed io ti amo, ed io ti amo. Ehi šukar čaj, šukar čaj, šukar čaj šukar čaj, šukar čaj, šukar čaj... Ehi bella ragazza, bella ragazza, bella ragazza , bella ragazza , bella ragazza , bella ragazza ... 55 MRO DŽUKEL IL MIO CANE Ta me džijom kun mro tikno džukel andren o veš te rodas čirikle gjavenas mišto. Ed io andai con il mio piccolo cane nel bosco per cercare degli uccelli che cantavano bene. Ta mro džukel kun i bari xolin našelas-lo da pal di čirikle gjavenas mišto. Jamas minge mišto kun mro džukel andren o baro veš, ta mro džukel našelas-lo tel kola pure bare ruk ta me šunavas ma mišto, ke piravas tel kola ruk... (2) Ed il mio cane con grande collera correva dietro agli uccelli che cantavano bene. Stavo bene con il mio cane nel bosco, ed il mio cane correva sotto quei grandi vecchi alberi ed io mi sentivo bene passeggiando sotto quegli alberi...(2) 56 ROMNI, VELA LE ŠMITI MOGLIE, ECCO I GENDARMI Romni, vela le šmiti na keren tumínga Sinti čardjen-le čoraben pre manda jin kola dine gadže ando vavar divas. Moglie, ecco i gendarmi non preoccupatevi Sinti mi hanno accusato di un furto sono stati quei cattivi gagé dell'altro giorno. Na roven tine čave dikena ke váva pale. Non piangete bambini, vedrete che tornerò. Ta tu, o romni, de dament da sa maro kova ke sar me džanes. Moglie, tu occupati di tutte le nostre cose che tu conosci come me. Naš, naš, naš tikni čaj naš, naš, naš, naš palal tri daj ta pen lake te vel-li pale kaj te randžar-li sa o kova. Corri, corri, corri bambina corri, corri, corri a cercare tua madre e dille di venire qui a mettere a posto ogni cosa. Na roven tine čave, na roven tine čave. (2) Romni, de ma mro koro, na džanava a ke kora vava pale, kun kala šmiti jam sempar našade, me na keren tuminga, vava pale ... Non piangete bambini, non piangete bambini. (2) O SINTO IL SINTO ... tuke Sinto, ah tri čori romni, ah tro tino čavo ... Sinto ... ... a te Sinto, ah, la tua povera donna, ah, il tuo piccolo bambino ... Sinto ... Moglie, dammi la mia giacca, non so a che ora tornerò, con questi gendarmi abbiamo sempre torto, ma non preoccupatevi, io tornerò ... 57 DES-TU ČAJ ? RICORDI, RAGAZZA? Des-tu mri čaj, kunte džijam luns do baro panin garavas maro kamlipen tel kola bare ruk ? Le čirikle gjavelas, pren da maro šero jamas minge mišto luns do baro panin. Ricordi, ragazza mia, quando andavamo vicino al fiume per nascondere il nostro amore sotto quei grandi alberi ? Gli uccelli cantavano sopra le nostre teste stavamo bene vicino al fiume. Ta ča ka či ka ta ča ka či ka ta duj ta trin ta štar ta deš. (2) Ta cia ka ci ka ta cia ka ci ka e due e tre e quattro e dieci. (2) Kamavas te našas mange me tu na kamejas, darjas da tro ba da tri daj di dar te maren tu. Pendal mange, te dau čiro da kaj trin štar dives na jin ke na kamejas jas tu i bari dar. Volevo che scappassi insieme a me ma tu non volevi, avevi paura di tuo padre e di tua madre, temevi che ti avrebbero picchiata. Mi dicesti di aspettare tre o quattro giorni non perche tu non volessi ma perchè avevi tanta paura. Ta ča ka či ka ta ča ka či ka ta duj ta trin ta štar ta deš. (2) Jamas minge mišto luns do baro panin ... Ta cia ka ci ka ta cia ka ci ka e due e tre e quattro e dieci. (2) Stavamo bene vicino al fiume ... 58 PURO SINTO VECCHIO SINTO Je dab jas e puro Sinto čingarlas-lo kun i romni ta kerlas te džal sovel-li avrin tel i vardin. Una volta c'era un vecchio Sinto che litigava con la moglie e la faceva dormire fuori sotto al carrozzone. Leskri romni penelas-li: na dar, na mutrov pal tre kang, na vava andri vardin do beng, rom ke kandela sa šerf. Sua moglie diceva: non temere, puoi star tranquillo che non verro nel carrozzone del diavolo, razza di uomo puzzolente. Praselas i romni da sa le dine lau, ta kun i xolin pagarlas i vardin ta leskri romni marmura velas-li. (2) Kunte penelas ki romni: so jin kava dino xaben? Džava mange xav ki virta xava so kamava. Dža dik kova kamlo rezo da koja Njan par peskro rom ta dik o muj do baro graj o xaben da le džukel. Praselas i romni da sa le dine lau, ta kun i xolin pagarlas i vardin ta leskri romni marmura velas-li... (2) Insultava la moglie con tutte le brutte parole, e con rabbia rompeva il carrozzone e gli altri mormoravano alle spalle di sua moglie. (2) Quando diceva alla moglie: che razza di cibo schifoso è mai questo? Me ne vado all'osteria a mangiare cio che mi piace. Va', guarda il buon riso che prepara Nian per per suo marito e guarda tu, muso di cavallo, che mi dai il cibo dei cani. Insultava la moglie con tutte le brutte parole, e con rabbia rompeva il carrozzone e gli altri mormoravano alle spalle di sua moglie... (2) 59 KUNTE GJAVENAS QUANDO CANTAVANO Sa našadam o dživiben da mare Sinti, le vardinja luns do panin džijen-le vek. Jenas mišto andro čiro le pure Sinti. Tutti abbiamo abbandonato la vita dei nostri Sinti, i carrozzoni vicino al fiume se ne sono andati. Stavano bene allora i vecchi Sinti. Kunte gjavenas da luns da koja bari jag sa le romnja kelenas da luns da koja bari jag. Kunte gjavenas da luns da koja bari jag sa le romnja kelenas sa i rat. Quando cantavano vicino a quel grande fuoco tutte le donne danzavano vicino a quel grande fuoco. Quando cantavano vicino a quel grande fuoco tutte le donne danzavano tutta la notte. Čore Sinti kaj nakjen sa rovava kana, kunte džanas pre le droma, te džan mangen le matreli, t'o balavas, o maro t'i mol. Poveri Sinti che non ci sono più io adesso rimpiango, quando andavano sulle strade a chiedere le patate, un po' di lardo, il pane e il vino. Sa našadam o dživiben da mare Sinti le vardinja luns do panin džijen-le vek jenas mišto andro čiro le pure Sinti ... Tutti abbiamo abbandonato la vita dei nostri Sinti i carrozzoni vicino al fiume se ne sono andati. Stavano bene i vecchi Sinti di allora ... 60 DŽAR KALI PELI NERI Tu džajas sa nangi luns do baro panin ta me dikavas tu te toves tu. O panin našelas maškaral da tri džar, džalas šukar andro panin. Camminavi tutta nuda vicino al fiume ed io ti guardavo mentre ti lavavi. L'acqua scorreva tra i tuoi peli, eri bella nell'acqua. Pjavas panin pre tri morčin, parlas ma li da dživiben, kelenas tre šukar čuča andro šukar panin. Bevevo l'acqua sulla tua pelle, mi riempiva di vita, danzavano i tuoi seni nell'acqua. Kamjas men sar jag andre kova panin le mače kelenas pal mande dikavas te našel o panin pre tri džar tri džar, kali sar e murja ... Ci amavamo come il fuoco in quell'acqua i pesci danzavano intorno a me io guardavo l'acqua che correva tra i tuoi peli i tuoi peli, neri come le more... 61