ortografia romaní

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ortografia romaní
I Sinti Piemontesi
Origini - Stanziamenti - Tradizioni
La guerra - La lingua romaní - Bibliografia e materiali
Le Sínti Piemontákeri
Katár véna - Kaj dživóna –Siklipén
O kuribén - I čib romaní - Lilá ta vavér ková ke rakaréna pren le Sínti
In appendice:
Presentazione del gruppo musicale "Les Zingaria"
ed i testi del CD "Sinti Song" (di Lick Dubois)
Testo bilingue
italiano - sinto piemontese
a cura di Sergio Franzese
Edizioni "O Vurdón"
“O Vurdón” non è - almeno per ora - una vera e propria casa editrice, ma è
solamente un’idea che ha come riferimento un nome, lo stesso di un sito
Internet <http://www.vurdon.it> dedicato alla storia ed alla cultura dei Rom
e dei Sinti.
E’ un’idea che nasce dalla considerazione che non tutto il materiale di
ricerca prodotto deve necessariamente trovare diffusione attraverso la rete
informatica ma che, per ragioni diverse, può essere divulgato attraverso
altri canali. Uno di questi è la combinazione tra la carta stampata e la
multimedialità.
Così come un vurdón (il carrozzone, tradizionale abitazione mobile degli
Zingari) segue, alle volte, un percorso condizionato dalle circostanze che
incontra lungo il suo cammino, anche questa idea, a seconda di ciò che
raccoglierà lungo la sua strada, seguirà il proprio destino. Forse si
consoliderà in un progetto concreto e duraturo o, forse, resterà per sempre
un sogno che ha fatto un timido capolino nella realtà…
©Edizioni "O Vurdón", 2002
Ristampa (revisionata ed ampliata): Luglio 2004
Contenuto
So i-lo sibjardó ndren kavá lil
Nota introduttiva
3
Par so sas-lo sibjardó kavá lil
4
Regole ortografiche
Sar sibjaréla pes ta sar déla pes pren o sínto
5
Origini
Katár véna
7
Stanziamenti
Kaj dživóna
10
Tradizioni
Siklipén
12
- Nascita e infanzia
- Sar véla pes pro bolibén ta sar si o tarnipén
12
- Il matrimonio
- O romadinipén
12
- La morte
- O meribén
13
- La religione
- O pačávimo an o Devél
14
13
- Com'era un tempo la vita quotidiana…
- Sar sas o dživibén da sa le divés...
16
- … e come si vive oggi
- … ta sar dživóla pes kaná
18
La guerra
O kuribén
21
- La storia di Taro Debar, sinto partigiano
- I strófa do Taro Debar, sínto čirikló
22
- Bella Ciao
- Šukár čaj
26
1
La lingua zingara
I čib romaní
28
- Lingua nostra
- Čib marí
30
- Passano i Sinti
- Nakéna le Sínti
31
- Un sogno
- Ne sunó
32
- Il Grande Capo Bianco
- O Baró Šéfo Parnó
34
- Gli Zingari (Dalida)
- Le Sínti
37
- Quelli eran giorni (tradizionale – Dalida)
- Des tu kolá divés
38
- 4/3/43 (Lucio Dalla)
- Štar – trin- duj biš ta trin
40
- La casa in riva al mare (Lucio Dalla)
- O ker paričál o mero
41
- Maria Giuana
- I María Džuána
42
- Maria Catlin-a
- I María Katlín-a
43
Bibliografia e materiali
Lilá ta vavér ková ke rakaréna pren le Sínti
45
APPENDICE:
Les Zingaria (in italiano)
47
Les Zingaria (in sinto)
50
Testi delle canzoni del CD "Sinti Song" (Lick Dubois)
Láu da le giljá ke si an o CD "Sinti Song" (Lick Dubois)
53
2
Nota introduttiva
Il presente volume è costituito dalla trasposizione su carta di alcune delle
pagine diffuse attraverso il sito Internet "O Vurdón" all’interno della sezione
"Progetto Níglo". Esse contengono un testo finalizzato alla valorizzazione delle
tradizioni e della lingua dei Sinti Piemontesi, una minoranza all’interno della
vasta comunità romaní stanziata principalmente tra il Piemonte ed il sud della
Francia.
Questa pubblicazione è destinata in primo luogo agli stessi Sinti Piemontesi
affinché attraverso le pagine scritte nella loro lingua possano ritrovare una
parte di quella identità perduta e, alle volte, da essi stessi negata.
Essa non si configura pertanto come un trattato antropologico o di altra natura
su questa popolazione. Le informazioni contenute nelle pagine che seguono
possono tuttavia contenere informazioni di un certo interesse anche per un
pubblico interessato a conoscere più da vicino aspetti diversi di questa cultura.
Il testo bilingue può inoltre essere considerato un utile compendio al volume "Il
dialetto dei Sinti Piemontesi" (grammatica + dizionario comparativo [su CDROM]) pubblicato nel mese di maggio di quest’anno (2002).
Dedico questo volume a tutti i Sinti, miei fratelli, ed in particolare a due di
essi: Spatzo, poeta e musicista sinto estrekári e Lick, cantautore e scrittore
sinto piemontese, che per me rappresentano un esempio di consapevolezza e
di dignità, qualità che nascono dall'amore per la propria storia e per la propria
gente.
Con l'augurio che la loro testimonianza sia di esempio a tutti i Sinti e che da
essi imparino a condividere l'orgoglio di appartenere ad un popolo libero e
fiero.
Per tutti i Sinti, che amo come miei fratelli.
Queste pagine sono state scritte per voi, affinché non dimentichiate chi siete!
Sergio Franzese
Torre Pellice, giugno 2002
P.S. La presente edizione è stata revisionata ed ampliata nel mese di luglio 2004.
3
Par so sas-lo sibjardó kavá lil
Ndren kavá lil si sibjardó so si ándro Internet an o "Progetto Niglo"
(http://www.vurdon.it/niglo.htm). Sa kalá lilá rakaréna pri strófa, pro číro
nakló, pro dživibén ta pri čib da le Sínti Piemontákeri ke dživóna ndro Piemúnto
ta an le Válči.
Kalá lilá sas-le sibjardé par te sikarén sa so si mišto maškarál le Sínti, par te
den ne vast te kamén pi but léngro bolibén ta par te na si-len ladž da léngro
dživibén ta da léngri čib.
Kavá kaj na i-lo ne lil sibjardó pren le Sínti ma par le Sínti. Stik ke si nínge
komóni gadžé ke kaména te džanén čomóni pren lénde par te dikén len in ne
vínkimo pi šukár, bi džungalipén. Kavá lil i-lo lačó nínge par jon ta stik del len
ne vast par te xajovén len fedér.
Kavá lil, ke si an duj čibjá, i-lo mištó par sa kolá ke kaména te sikavén i čib
romaní da le Sínti Piemontakéri. Par jon sas-le sibjardé nínge ne lil ke sikavéla
sar si i čib (grammatica) ta ne lil da le láu (dizionario) pren CD-ROM.
Kun kavá tíkno bitrávimo me kamáva te ringrassjaváu sa le Sínti, mre pralá,
ma pi but da sassaré me kamáva te ringrassjaváu duj maškár lénde: o Spatzo,
poéta ta bašavimáskero sínto estrekári t'o Lick, gilimáskero ta sibjarpáskro
sínto piemontákero, ke si par mánde duj baré mal ta pralá ke pindžaréna mišto
léngri strófa ta léngro dživibén ta kaména len sóske kaména but léngre Sínti.
Me kamávas ke sa le Sínti dikéna kaj lénde sar čačé baré Sínti ta sikavéna
léndra te na ladžén da léngro dživibén ma dikéna o šukaripén t'o baripén ke si
an léste.
Par sa le Sínti, ke me kamáva sar mre pralá.
Kalá lilá sas-le sibjardé par tumén par te na bistarén kon san!
Sergio Franzese
Torre Pellice, giugno 2002
4
Regole ortografiche
Sar sibjaréla pes ta sar déla pes pren o sínto
1) le vocali (a, e, i, o, u) e le consonanti b, d, f, g (di "gatto"), l, m, n, p,
r, s, t, v non presentano modificazioni rispetto alla lingua italiana e
pertanto si leggono e si scrivono allo stesso modo.
2) la lingua romani (e, nel caso specifico, il dialetto sinto piemontese)
presenta inoltre una serie di fonemi che differiscono nella grafia
dall'italiano. Essi sono:
- č che si legge come c di cena. Es. číro (tempo).
- k che si legge come c di cane. Es. ker (casa).
- dž che si legge come g di gente. Es. džukél (cane).
- z che si legge come s in rosa. Es. zor (forza).
- š che si legge come sc in scienza. Es. šukár (bello).
Nella pronuncia corrente equivale ad un suono collocato a metà tra s di sasso e
sc di scienza (in conseguenza di un adattamento della fonetica romani a quella
del dialetto piemontese). Presso i Sinti Piemontesi della Francia perdura come
-sc-.
3) Vi sono fonemi che non hanno corrispettivo nella lingua italiana. Essi
sono:
- h che si pronuncia lievemente aspirata. Es. háligo (santo).
- x che si pronuncia come ch nella parola tedesca Buch. Es. xajéri
(soldi).
- ž che corrisponde al suono francese j di jour. Es. žambóno
(prosciutto).
Nella pronuncia corrente equivale ad un suono collocato a metà tra j francese di
"jour" e s dolce di rosa (in conseguenza di un adattamento della fonetica
romani a quella del dialetto piemontese). Presso i Sinti Piemontesi della Francia
perdura come j di "jour".
5
- ö e ü che, come già detto in precedenza, sono presenti in parole di
origine piemontese e francese. Es. pöj (poi <piem. pöj), malerözo (nel
SP fr.: triste < fr. melheureux), ütav- (nel SP francese: aiutare < piem.
giüté (?))
4) La semivocale i come in italiano nella parola ieri si scrive j. Es. jag
(fuoco), daj (madre)
L'ACCENTO
L'accento cade prevalentemente sull'ultima sillaba finale (tronche), in misura
minore sulla penultima (piane) e sulla terzultima (sdrucciole) nei termini di
origine genitiva in -éskero, -ákero, ecc.
6
Origini
Katár véna
I Sinti vivono da molti secoli in
Europa. Ve ne sono in Germania, in
Austria, in Francia (dove sono
conosciuti anche con il nome di
Manouches) ed in Italia.
Le Sínti dživóna da but šel berš an i
Európa. Jon si an le Tejč, an le
Estrakárja, an le Valči (koj si-le
pindžardé nínge kun o láu da Manúš)
ta an i Itália.
In Italia vi è un cospicuo numero di
Sinti. Ogni gruppo prende il nome
dalla località in cui ha origine lo
stanziamento.
Per
questo
essi
vengono
chiamati
Piemontesi,
Lombardi, Marchigiani, ecc.
An i Itália si dóstra but Sínti. Jon léna
o láu do stéto kaj si-le da pi but číro.
Par kavá kaj si le Piemontákeri, le
Lumbárd, le Markidžán, ta vavér.
Non si sa con precisione quanti siano
i Sinti in Piemonte, ma si stima che
la
popolazione
possa
aggirarsi
intorno ai tremila individui.
Allo stesso modo dei Rom e dei Calé
(Gitani) essi giunsero in Europa
dall'India molto tempo fa.
In Piemonte è nell'anno 1601 che
essi sono per la prima volta
menzionati in un documento (si
tratta di uno specifico bando contro
di
essi).
Tuttavia
si
può
ragionevolmente supporre che la loro
comparsa
in
tale
regione
sia
avvenuta all'incirca tra il 1410 ed il
1430.
La loro presenza è infatti già
segnalata in Germania meridionale,
in Svizzera tra il 1417 ed il 1419 ed
in alcune regioni della Francia,
sempre intorno alla stessa epoca.
Stando a quanto ci riferisce lo storico
francese François de Vaux de Foletier
"dal 1494 al 1499 Conti dei Saraceni
ed un Marchese d'Egitto si facevano
consegnare somme di denaro, non
come graziosa elemosina ma per
Na džanéla pes mištó kéčči si le Sínti
ndro Piemúnto. Stik ke si-le trujál da
trin míla.
Sar le Rom ta le Kalé (Gitani), nínge
jon vjen-le an i Európa katár i India.
Kavá sas-lo but but berš fa.
Si an o berš 1601 (jek míla šóu šel ta
jek) ke pren ne lil sibjardó ndro
Piemúnto rakaréla pes par o vágo
kópo da le Sínti. Ma stik ke le vági ke
vjen-le ndro Piemúnto rivodén-le
maškár o berš 1410 (jek míla štar šel
ta deš) t'o berš 1430 (jek míla štar
šel ta triánda).
Džanéla pes ke in ková číro le Sínti
dživodén-le džam an le Tejč da telé,
an i Svísera (trujál da le berš 1417
[jek míla štar šel ta dešueftá] ta
1419 [jek míla štar šel ta dešuenjá])
ta nínge an le Valči.
Ne rodipáskro* ke karélas pes
François de Vaux de Foletier ta ke
kamélas but le Sínti nakjás but berš
da péskro dživibén te rodél ndren le
lilá puré sa le ková sibjardé pren
lénde. Jóu pendás ke do berš 1494
(jek míla štar šel štar biš ta dešueftá)
fina ko berš 1499 (jek míla štar šel
štar biš ta dešuenjá) an le Válči sas
7
rinunciare ad alloggiare in città".
È dunque da ritenere che gli attuali
Sinti Piemontesi siano in larga misura
i discendenti di quegli Zingari. Tale
tesi è suffragata dalla continuità
esistente nei nomi di persona, che
ritroviamo ancora oggi inalterati
rispetto a quelli che attestano i
registri anagrafici e parrocchiali a
cominciare dagli anni intorno al
1450. I cognomi portati dai Sinti
Piemontesi sono in larga misura
francesi, come La Foret, De la
Garenne, Du Bois, La Fleur, De
Barre.
Accanto ad essi figurano anche nomi
quali Riviera, Cena, Orfei, Togni,
Niemen
(Niuman
e
Nieuman),
Vailatti, ecc.
komóni Sínti ke penénas kaj le gadžé
ke jon rivónas do Edžít ta da vavér
temá ke si dur ta jon mangénas lové
par te na džan ándro fóro.
Jamén
pačássa
ke
le
Sínti
Piemontákeri véna da kolá Sínti koj
sóske léngre láu sas-le sar le láu da
le Sínti da maré divés. Fina do berš
1450 (jek míla štar šel ta paš šel)
pren le lilá ke sibjarénas pen an le
kresjá ta an le kangerjá kánte vénas
pro bolibén le tikné stik déna pren
but láu ke le Sínti Piemontákeri si-len
pándra kaná: La Forêt, De la
Garenne, Du Bois, La Fleur, De
Barre.
Vavér Sínti karéna pen Riviera, Cena,
Orfei, Togni, Niemen (Niuman ta
Nieuman), Vailatti ...
* rodipáskro = ricercatore
L'itinerario seguito da Rom Sinti e Gitani
O drom ke kerdén le Rom le Sínti ta le Kalé
8
Un'antica mappa dell'Europa.
I primi Sinti vi giunsero dopo il 1300 e fecero la loro
prima comparsa in Piemonte intorno agli anni 1410-1430
Ne purí bílda di Európa.
Le vági Sínti rivodén an i Európa palál o berš 1300
ta ndro Piemúnto trujál da le berš 1410-1430
9
Stanziamenti
Kaj dživóna
La principali comunità di Sinti Piemontesi sono stanziate nei pressi delle grandi
città (Torino, Cuneo, Asti, Alessandria) e vicino a paesi quali Carmagnola (TO),
Villafalletto (CN), Villafranca (CN), San Damiano (AT), Chivasso (TO), Ivrea
(TO) ed in diverse altre località.
Se ne trovano anche nelle zone di Vercelli, nel Biellese e di Novara, dove la
presenza si mescola a quella dei Sinti Lombardi.
Oltre che in Piemonte, i Sinti Piemontesi sono presenti anche in altre regioni
italiane quali Lombardia, Liguria, Toscana, Lazio. Si tratta perlopiù di una
presenza sporadica ed assai limitata.
Una comunità di Sinti Piemontesi significativa sotto l'aspetto numerico si trova
in Francia nella regione delle Alpi Marittime-Costa Azzurra, ivi stanziata da
almeno due secoli.
Nei pressi di Grasse, e precisamente a Plan de Grasse, vi è un quartiere
abitato esclusivamente da Sinti Piemontesi. Essi abitano in case, hanno
un'occupazione stabile ed i giovani frequentano regolarmente la scuola.
Si tratta di una situazione sicuramente più favorevole di quelle che
conosciamo in Piemonte poiché' là l'inserimento sociale si coniuga con il
mantenimento delle tradizioni, tra cui l'uso della propria lingua da parte di
tutti, senza vergogna, anche dei bambini.
Il Piemonte.
Le zone contrassegnate in rosso
indicano le principali zone di
stanziamento sei Sinti Piemontesi.
O Piemúnto.
Pri bílda i fárba lolí si čidí pren le stéti
kaj si pi but da Sínti Piemontákeri.
10
Le rigá kaj le Sínti si-le pi but si paričál da le baré fóri (Türináte, Kúni, Astráte,
Alesándrja) ta paričál da le gáu sar Karmanjóla, Vilafalét, Vilafránka, San
Damián, Čivás, Ivréa ta but vavér tikné gáu.
Si nínge da le rigá da Biéla, da Varséj ta Nuára, ma da kalá rigá si nínge but Sínti
Lumbárd.
Si komóni Sínti Piemontákeri nínge vrin do Piemúnto, sar an i Lumbardía, an i
Ligüria, da le rigá di Tuskán-a ta da Rúma, ma na i-le but.
An le Válči, ndren le "Alpes Maritimes - Côte d'Azur" (maškarál Nisáte ta Cannes)
dživóna vavér Sínti Piemontákeri. Jon si-le koj da pi but ke duj šel berš.
Da le rigá da Grasse, ne fóro pren le tiné bérge na dur katár Cannes, si ne tiknó
gáu sa da Sínti Piemontákeri, ková gáu karéla pes Plan de Grasse. Sa dživóna
ndren le ker, le rom ta le romnjá bitravéna sar le gadžé, le čavé ta le čjá džána ki
starbiča.
Koj si fedér ke ndro Piemúnto sóske le Sínti dživóna sar le gadžé ma na bistaréna
péngre siklipén ta sa rakaréna pándra in sínto, nínge le tikné čavé. Na si-len kek
ladž da léngri čib.
Accampamento di Sinti Piemontesi
a Torino (Le Reuse - Via Lega).
Fotografia risalente agli anni '80.
Fino a quell'epoca venivano ancora
utilizzati i carrozzoni tipici, che
sono
stati
progressivamente
sostituiti
dalle
piu
moderne
moderne e confortevoli roulottes e
da camper.
Plása da le Sínti Piemontákeri a
Türináte (Le Reuse - Via Lega).
Kajá bílda sas-li kerdí ndren le berš
'80. In ková číro sas-le pándra le
puré baré vardinjá. Ndren le berš
ke vjen-le palé ko stéto da le
vardinjá sa komensodén te dživón
ndren le lačé kampíne ta le
kámper.
Foto - bílda: A.Artuffo
11
Tradizioni
Siklipén
Mentre molte usanze stanno
cambiando, altre sono rispettate
ed
osservate
ancora
oggi.
Vediamo
quelle
legate
ai
principali momenti della vita.
But siklipén na si butér sar
vagéstra,
tanké
vavér
na
parudén-le ta le Sínti keréna
pándra sar kerénas le puré.
Nascita e infanzia.
Sar véla pes pro bolibén ta sar si
o tarnipén.
Non ci sono particolari riti legati alla
nascita, che di solito avviene in
ospedale.
Le čavé da le Sínti véna pro bolibén
sar sassaré. Kánte si péskro číro i
romní ke si parí džála ki spitája.
Una
volta
invece
le
donne
partorivano
nell'accampamento,
fuori dalla roulotte, assistite dalle
donne più anziane.
Ne kópo le romnjá kinénas le čavé
an o stéto kaj sas-le plasadé, ma
vrin di vardín, ta le puré romnjá
dénas len ne vast par te čivén o
čavó pro bolibén.
I Sinti amano molto i bambini e
generalmente hanno molti figli.
I bambini sinti, come tutti i bambini
del mondo, amano divertirsi e
giocare ma appena essi crescono
iniziano a badare ai fratelli ed alle
sorelle più piccoli e accompagnano la
madre o il padre nelle loro attività.
Le Sínti si-len but čavé sóske jon
kaména len but.
Sar sa le tikné do bolibén, le tikné
sínti kaména te kelén ta kaména te
san, ma kánte komensóna te ven pi
baré si te dikén pren le pralá ta le
penjá pi tikné ta komensóna te džan
kun i daj o kun o ba par te den len
ne vast an léngre bitrávimi.
Il matrimonio.
Presso i Sinti vi è ancora l'usanza del
matrimonio per fuga.
Due giovani che desiderano sposarsi,
dopo essersi corteggiati per un po' di
tempo in modo discreto, decidono di
fuggire insieme, andando a rifugiarsi
O romadinipén.
O romadinipén pašál le Sinti keréla
pes pándra kun o našibén do čavó ta
di čaj.
Kánte ne tarnó čavó ta ne tarní čaj
12
per alcuni giorni presso dei parenti.
Al loro ritorno essi si presentano ai
rispettivi genitori che, dopo averli
rimproverati, solitamente danno loro
la benedizione che sancisce l'unione
e da quel momento essi sono da
tutti considerati come marito e
moglie.
kaména te soloxavén pen, le duj
komensóna te pindžarén pen ta
dikén pen da garadó, ta palál ne
písla číro našéna ketané, džána
pašál vavér Sínti ta čéna koj duj o
trin divés.
Kánte le duj tarné véna palé o ba t'i
daj keréna te dikén ke si xolinjákere
lénča, ma pöj čivéna sa par mistipén
ta da ková čiro o tarnó čavó t'i tarní
čaj si par sassaré rom ta romní.
Jon na keréna le soloxadé an i
kangerín o an i kresín. Si par kavá
ke but čavé indžéna o láu di daj.
O meribén.
Kánte ne Sínto merélas-lo xačarélas
pes léskri vardín ta sa léskre ková,
gjal le džidé na stikónas te
ofendavén o muló kun kolá bédi.
Questo matrimonio non necessita di
essere confermato né in chiesa né in
municipio. Per questa ragione i figli
solitamente portano il cognome
materno.
Kaná o dživibén da le Sínti na si
butér sar vagéstra ma le Sínti
tinkaréna sémpar léngre mulé kun
baró kamlipén ta kánte rakaréna
pren lénde penéna sémpar "čóro" o
"čóri" angjál o láu do muló o di mulí.
La morte.
Quando
uno
Zingaro
moriva,
tradizionalmente veniva bruciata la
roulotte
e
le
cose
che
gli
appartenevano, per evitare che
attraverso di esse se ne potesse
offendere la memoria.
Ora le condizioni di vita sono
diverse, tuttavia il rispetto dei Sinti
per i defunti rimane molto profondo
e quando ne parlano lo fanno
premettendo
sempre
l'aggettivo
"povero" o "povera" al nome del
defunto o della defunta.
O pačávimo an o Devél.
O pi but da le Sínti Piemontákeri
pačéna an o Devél ta si-le katólik,
džána ki kangerín ta keréna te bolén
le čavé, prijavéna but i Devléskeri
Daj ta le Maxaré.
Sar sa le Sínti ta le Rom, le Sínti
Piemontákeri pačéna ke si le zor lačé
ta le zor diné, ta ke si o beng, le
maxaré ta le mulé.
Kánte si-le nasalé but Sínti džána te
dikén ne "gadží ke dukaréla", ke si
13
La religione.
ne džuvlí ke stik kerél o mistipén par
lénde.
Quasi tutti i Sinti Piemontesi
praticano la religione cattolica,
battezzano i loro figli in chiesa e si
mostrano particolarmente devoti alla
Madonna e ad alcuni Santi.
Ndro Piemúnto óni berš da enjalé le
Sínti Piemontákeri lačéna pen kaj
Furn ëd Kuáse par te prijavén i
Devléskeri Daj.
Come tutti i Sinti ed i Rom, anche i
Sinti
Piemontesi
credono
nell'esistenza di forze spirituali
soprannaturali benigne e maligne,
all'esistenza del diavolo, ai santi ed
agli spiriti dei defunti.
Molti Sinti quando sono malati si
recano
presso
una
cosidetta
"santona" (non zingara) per essere
aiutati a guarire.
In Piemonte ogni anno in estate a
Forno di Coazze ha luogo un raduno
religioso al quale partecipano molti
Sinti Piemontesi che vi si recano per
venerare la Madonna.
È stato don Renato Rosso, un prete
che ha vissuto a lungo tra i Sinti, ad
iniziare tale consuetudine.
La prima volta l'incontro ebbe luogo
nell'anno 1982.
Sas o don Renato Rosso, ne rašáj ke
dživólas maškarál da le Sínti, ke
komensodás te karéna len in ková
stéto.
O vágo kópo le Sinti gjen-le koj sas
andro berš 1982 (jek míla enjá šel
štar biš ta duj).
Komóni Sínti Piemontákeri džána an
le Saintes Maries de la Mer, ne gáu
ndri Camargue an le Válči. Koj
lačéna pen but Sínti, Rom ta Kalé
(Gitani) ke rivóna da sa le rigá di
Európa par te prijavén i Háligi Sára i
brúna par te indžén la di kéltra ke si
ndri
barí
kangerín
ko
méro.
Kavá keréla pes óni berš o biš-taštar da mádž .
Da písla berš nínge komóni famíje da
Sínti
Piemontákeri
kerdén
pen
evandželísta
an
i
"Missione
Evangelica Zigana".
Qualche famiglia di Sinti Piemontesi
partecipa al raduno che si svolge
ogni anno alle Saintes Maries de la
Mer in Camargue (Francia). Gli
Zingari, che giungono da molte parti
d'Europa vi si ritrovano per venerare
Santa Sara la nera.
In tale
occasione, il 24 maggio, la statua
viene portata in processione dalla
cripta della chiesa fino al mare.
Vi è inoltre un ristretto numero di
famiglie di Sinti Piemontesi che in
anni recenti ha aderito alla Missione
Evangelica Zigana, di orientamento
pentecostale.
14
Santa Sara condotta dagli Zingari in processione verso il mare alle Saintes Maries de la
Mer (24 maggio) – Foto: S.Franzese (maggio 2004)
Le Sínti indžéna i Háligi Sara ndro panín do méro an les Saintes Maries de la Mer o 24
madž da sa le berš – Bilda: S.Franzese (madž 2004)
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Com'era
un
quotidiana...
tempo
la
vita
Sar sas o
divés...
dživibén da
sa
le
I vecchi raccontano che un tempo i
Sinti si spostavano di paese in paese
con le loro roulotte trainate dai
cavalli e che quando volevano
fermarsi tre o quattro giorni in un
posto nessuno veniva a cacciarli,
come avviene adesso, che subito
arrivano i vigili o la polizia.
Le puré ginéna ke ndro číro nakló le
Sínti pirénas da ne gáu a ne vavér
kun léngre vardinjá čardiné da le
graj ta ke kánte kaménas te čen trin
o štar divés in ne stéto kédženo na
vélas te bičavél len vek, na sas sar
kaná ke glej rivóna le váxte o le
šmíti.
I mestieri tradizionali dei Sinti erano
già allora il Luna Park ed il circo e
costituivano la ragione principale
della loro vita itinerante.
Le bitrávimi da le Sínti sas-le le
mesté t'o tualúno ta si par kolá
bitrávimi ke le Sínti na čénas
plasadé in ne stéto ma pirénas
sémpar da kaj e da koj.
Le donne se ne andavano di casa in
casa a vendere qualcosa come
centrini, lenzuola, pettini, specchietti
ed altri oggetti di quel tipo.
Inoltre esse conoscevano l'arte della
chiromanzia
o,
quantomeno,
raccontavano di saper leggere la
mano a quei gagé disposti a
crederci.
Gli uomini esercitavano il mestiere di
commercianti
di
cavalli:
li
acquistavano che erano in condizioni
non buone e dopo averli ben curati li
rivendevano.
Inoltre aggiustavano le sedie
fabbricavano cestini con il vimini.
e
In estate giravano per cercare lavoro
in
campagna
ed
in
autunno
andavano a caccia di ricci.
Il riccio, la cui carne grassa è molto
apprezzata, è il piatto tipico della
cucina sinta; altre specialità come la
"puzústra" (salame piccante fatto
con
le
interiora
della
gallina
macinate e fatte soffriggere insieme
a uova sbattute) ed il "šukló xabén"
(ricetta a base di interiora e carne di
gallina con uova, aceto e verdure).
Le romnjá džánas-le da ker in ker te
binkavén čomóni sar le tikné šifúni
par i tísa, le pláxte, le demeluári, le
tíni spígli, ta vavér tiné bédi.
Jon džanénas nínge te dukarén, o
penénas gjal kaj le gadžé ke
pačénas e ke kaménas te džanén
čomóni do číro ke véla.
Le rom kerénas le maruslári:
kinénas le graj ke sas-le písla
nasalé, sastovénas len mištó ta palé
binkávenas len.
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Quando avevano bisogno di qualcosa
per sfamarsi andavano a chiedere
pane, patate, uova, salame, lardo.
Talvolta accadeva che alcuni gagé
particolarmente generosi regalassero
loro un po' di carne, una gallina o un
coniglio.
Jon lačarénas nínge le šjéze
kerénas le kórbi kun o stréjo.
ta
Da enjalé rodénas bitrávimo ndren le
félde ta vagéstra ke komensólas o
vend džánas par nígli.
O níglo si ne čačó pekéskero da sa le
Sínti, ke kaména but léskro mas
tuló; vavér pekéngere da le Sínti si i
puzústra t'o šukló xabén.
Kánte sas-len bróxa da čomóni par
te ningavén pen i bok jon džánas te
mangén félzo, matréli, ranjé, goj,
balavás.
Komóni kópi se le gadžé sas-le da
lačó lió dénas len nínge písla mas,
ne xaxnín o ne šošój.
Kánte vélas-li i rat, palál do xabén,
le Sínti bešénas pénge trujál da ne
barí jag. Sas sémpar ne puró rom o
ne purí romní ke ginélas paramísi ta
sa šunénas kun ne barí váxta.
La sera, dopo aver mangiato, i Sinti
si sedevano intorno ad un fuoco.
C'era sempre un uomo o una donna
anziani che raccontavano alcune
fiabe e tutti ascoltavano prestando
attenzione.
Nei giorni di festa gli uomini
suonavano i loro strumenti. La
maggior parte di essi sapeva
suonare la chitarra, qualcuno anche
il violino. Essi cantavano le canzoni
mentre le giovani ragazze ballavano.
Allora non esisteva la tivù, i Sinti
erano più poveri ma anche più felici
e per essi i tempi erano migliori.
Ndren le dimánše le rom bašavénas
léngre bašávimi. But maškarál lénde
džanénas te bašavén i séjla, komóni
džanélas te bašavél nínge i gájga.
Jon gjavénas le giljá pi šukár tanké
le tarné čjá kelénas.
In ková číro na sas i durdikéngeri*,
le Sínti sas-le pi čororé ma sas-le pi
baxtalé ta par kavá kaj par jon sas
fedér.
*durdikéngeri = televisione
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Il Circo (di Fulvio Pennacchi)
O tualúno (bílda da Fulvio Pennacchi)
...e come si vive oggi
...ta sar dživóla pes kaná
Nel corso degli ultimi cinquanta anni
la vita dei Sinti è molto cambiata.
O trúpo da le Sinti parudás but in
kalá paluné paš šel berš.
Ora i Sinti non possono più fermarsi
dove vogliono ma debbono restare
solamente nei posti loro assegnati.
Kaná le Sínti na stik butér čéna kaj
kaména ma si te džan mónsi ndrén
le pláse ke si-le kerdé par lénde.
Molte volte questi campi-sosta sono
lontani dai centri abitati e si trovano
nei pressi delle discariche.
But kópi kolá pláse i-le dur do gáu ta
i-le paričál da le stéti kaj fardéla pes
o xamardipén.
I mestieri che venivano praticati un
tempo ora non servono più.
Le bitrávimi do číro nakló na džána
butér mištó da maré divés.
Ora essi non possono più andare a
vendere senza licenza.
Kaná na stik butér džána te
binkavén bi volín. Se le šmíti o le
váxti léna komóni ke binkavéla bi
volín keréna te presarén léske but
fúnti ta palé keréna léske nínge i
Se la polizia o i vigili sorprendono
qualcuno a vendere senza licenza lo
costringono a pagare multe salate e
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gli fanno il processo. Dopo tre o
quattro volte c'è il rischio di finire in
prigione.
La vita dei Sinti è cambiata perché la
società è diversa.
Gli uomini non commerciano più i
cavalli, non fabbricano più cesti di
vimini e non aggiustano più le sedie.
Tra i Sinti la gioventù è esposta a
molti pericoli. Da un lato i giovani
sanno di non essere gagé e dall'altro
essi vorrebbero vivere come se lo
fossero.
Sono tentati dalla ricchezza facile,
dal consumismo rappresentato dalle
auto di lusso, dai bei vestiti e da
tutto ciò che appare bello e costoso.
Per trovare il denaro in fretta molti
si perdono ed agiscono in modo
sbagliato.
Questo non accade solamente tra i
Sinti, naturalmente e cosi anche tra i
gagé.
Ma per i giovani Sinti tutto ciò è
assai più triste poiché non è facile
intravedere
per
essi
delle
opportunità per uscire da una
situazione così frustrante.
Molto gagé si avvicinano ai Sinti non
come
amici
ma
con
cattive
intenzioni,
ad
esempio
per
commissionare loro qualche furto e
praticare la ricettazione.
strófa. Dópu trin o štar kópi čivéna
les ndro starebén.
O dživibén da le Sínti parudás but
óske nínge le gadžé na dživóna
butér sar vagéstra.
Le rom na kinéna ta na binkavéna
butér le graj, na keréna butér le
kórbi da stréjo ta na lačéna butér le
šjéze.
Le tarné sínti na xajovéna butér
kavó si o čačó drom. Da ne rik jon
džanéna ke na si gadžé ma da ne
vavér rik jon kaména te dživón sar
le gadžé. Kaména te ven bravalé
glej, dikéna le šukár našibángere, le
šukár rivibén, sa so si šukár ta kuč.
Par te ven lénge o lové glej but
tarné našéna pen ta keréna kerávimi
bilačé.
Kavá kaj na kapitóla mónsi maškarál
le Sínti, ma kapitóla nínge maškarál
le gadžé.
Par le tarné Sinti sa kavá si pi
bibaxtaló sóske but kópi par lénde
na dikéla pes sar te ven vrin ta
léngro trúpo véla pardó da xolín.
But kópi le gadžé ke džána kaj le
Sínti na si-le čačé mal, ma si-le diné
ménči ke kaména mónsi te bičalén
len te čorén par te rikarén le ková
čordiné.
Ke bibaxtaló trúpo si kaná par but
Sínti!
Com'è diventata triste la vita per i
Sinti oggigiorno!
Se sa kavá na paruvéla le číri ke
véna si-le pándra pi džungalé.
Se tutto questo non cambia il futuro
sarà ancora peggiore.
Ma par i baxt na si mónsi le ková
džungalé. Si nínge ková šukár ke
mukéna te dikén ke čomóni stik
pándra paruvél.
Ma per fortuna non ci sono solo cose
brutte. Ci sono anche fatti che
lasciano sperare che qualcosa può
ancora cambiare.
Molti Sinti cominciano a capire che le
cose non possono continuare in
questo modo e per questo alcuni
But Sínti komensóna te xajovén ke
gjál na stik džála angjál ta par kavá
kaj si kolá ke džána te bitravén sar
le gadžé. Na keréla či se but kópi le
bitrávimi si-le čororé. O ková baró si
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lavorano come i gagé. Non importa
se si tratta di lavori modesti.
Ciò che conta è che essi non vadano
più a rubare.
Altri Sinti continuano a svolgere
alcuni dei mestieri tradizionali, come
i lunaparchisti ed i circensi.
ke jon na džána butér te čorén.
Si pándra komóni Sínti ke keréna le
sajék bitrávimi da but berš fa sar le
mesté t'o tualúno ndren le fuáre ta
le dimánše.
20
La guerra
O kuribén
La guerra ha causato ai Sinti ed ai
Rom molto dolore.
O kuribén kerdás te vel but duk kaj
le Sínti ta le Rom.
Oltre mezzo milione di Sinti e di Rom
hanno trovato la morte nei campi di
sterminio in Germania.
Se ne parla poco e molti ancora oggi
ignorano questi tristi fatti.
In Italia per fortuna, anche durante il
fascismo, gli Zingari non sono stati
apertamente perseguitati come in
Germania, ma in alcuni casi ci sono
state deportazioni di persone che
non hanno mai fatto ritorno a casa.
Durante la guerra i Sinti hanno
vissuto la povertà come la maggior
parte dei gagé, ed anche qualche
storia di lotta antifascista, come
quella
di
Taro
Debar,
sinto
piemontese partigiano.
Pi but da panč šel míla Sínti ta Rom
sas-le mardé ndrén le stildéngere an
le Tejč.
Rakaréla pes písla da kavá ta but
gadžé na džanéna kajá strófa tuganí.
An i Itália, par i baxt, nínge telál le
kasténgere, le Sínti na sas-le mardé
sar an an le Tejč, ma komóni Sínti
sas-le indžadé koj ta na vjen-le butér
keré.
Tanké sas o kuribén le Sínti
dživodén-le ndro čororipén, sar but
gadžé. Sas nínge komóni Sinti ke
kerdén o kuribén kúntra a le
kasténgere, sar o Taro Debar, sinto
piemontákero ke kerdás o čirikló.
21
La storia di Taro Debar,
sinto partigiano.
I strófa do Taro Debar,
sínto čirikló.
Io ero (sono stato) tra i gagé fin da
bambino.
Me sómas maskarál da le gádže fin
da tíkno.
Il mio povero papa e la mia povera
mamma morirono quando avevo
quattro anni.
Mro čóro ba e mri čóri daj mujén-le
ke me sás-ma śtar bers.
Mi misero in mezzo alle suore ed ai
preti; là feci le scuole.
Rimasi fino quattordici anni con le
suore e con i preti.
(Me ne) andai dopo un po' di tempo,
avevo già sedici anni, andai a
lavorare con (presso) dei signori del
paese.
Non avevo ancora diciotto anni,
arrivarono la tre o quatto signori.
Vennero dal mio padrone e mi
dicevano: "Abbiamo bisogno di te".
Ed io dissi (risposi): "per cosa avete
bisogno di me?"
"Cerchiamo un ragazzo svelto che
passi in mezzo ai tedeschi e che vada
sulle montagne dove si trovano i
<partigiani>.
Io non sapevo ancora cos'erano i
partigiani.
Non parlarono, fanno (?), (mi)
diedero mille (lire) solo perché
portassi
un
messaggio
sulle
montagne.
Presi quelle mille lire e portai quel
messaggio.
Quando tornai, tre o quattro giorni
dopo, essi vennero di nuovo alla
grande casa (l'officina?) e mi dicono:
"Guarda, tu, vieni presto via di la
perché un giorno o l'altro arriveranno
la i tedeschi, ti prenderanno e ti
Čidén ma maskerál le rasanjá ta le
rasáj; koj kerdóm le starbíči.
Čjom fín-a a des-u-star bers kun le
rasanjá ta le rasaj.
Gjom dópu ne písla číro, sás-ma
džamóu des-u-sóu bers, gjom te
bitraváu kun baré raj do gáu.
Na sás-ma pándra des-u-oxtó bers,
vjen-le koj trin o star raj.
Vjen-le koj da mro raj e penénas
mánge: "Jamén sás-ma (sás-amen)
bróxa túke".
E me pendóm: "per so tumén ítumén bróxa?"
"Jamén rurássa ne čavó sígo te
nakél-lo maskarál le tejč e te džal-lo
pren le bérge kaj si le <partigiani>.
Me na džanávas pándra so sas le
<partigiani>.
Jon na rakardén-le, kerén-le, djen-le
ne paró mónsi te indžaráu ne lil
aprén le bérge.
Me ljom ková paró e indžardóm ková
lil.
Kuándo vjom palénde, trin o star
divés dópu, jon vjen-le pándra koj do
baró ker e penén mánge: "Dik ke, tu,
jáu glej a vek da koj perké ne divés
o vavér véla (véna) koj le tejč, léna
tu e maréna tu. Jáu mánča. Véssa
pren le bérge e le tejč na léna tu".
Me gjom lénča e gjal kerdóm o
22
uccideranno. Vieni con me. Verrai
sulle montagne e i tedeschi non ti
prenderanno".
Io andai con loro e così feci la guerra
tra i "ciriclé" (i "ciriclé" nella nostra
lingua sono i partigiani) ed io feci il
"ciricló" (che vuol dire passero,
uccello).
koribén maskarál le "čiriklé" (le
čiriklé nella nostra lingua sono
partigiani) e me kerdóm o čirikló
(che vuol dire passero, uccello).
Kerdóm o čirikló da le rik do
Montoso, Barge, Bagnolo. e i mre
séfi sas-le Petralia, Zama, Milan,
Barbato, l'onorevole Colajanni.
Feci il partigiano dalle parti di
Montoso, Barge, Bagnolo. e i miei
capi erano Petralia, Zama, Milan,
Barbato, l'onorevole Colajanni.
Čjam koj a maskerál trin o star čon,
pöj bičadén men da le rik 'd
Monforte, Barolo, Serralunga, da le
rik d'Alba.
Rimanemmo là in mezzo tre o
quattro mesi, poi ci portarono dalle
parti di Monforte, Barolo, Serralunga,
dalle parti di Alba.
Koj kerdóm
čirikló.
Là feci ancora un anno da partigiano.
pándra
ne
bers
da
Dáva ma pándra ne divés ke i
kasténgeri (sarebbero i fascisti)
kaménas pándra te len Alba.
Mi ricordo ancora un giorno che i
"casténgheri" (sarebbero i fascisti)
volevano ancora prendere Alba.
Jamén le čiriklé, e kerdam kerdám
finké na mukjám te nakén-le.
Noi partigiani facemmo facemmo (a
forza di fare) finché non li lasciammo
passare.
Nakjén-le da ne vavér rik, ke i
čiriklé, o sas i tras, o na sas dóstra
rom, nasjén-le pénge, e i kasténgeri
nakjén-le.
Dalle nostre parti non passarono.
Passarono da un'altra parte, che i
partigiani, o era la paura, o non
erano
abbastanza
uomini
(non
avevano
abbastanza
coraggio),
scapparono, ed i fascisti passarono.
Lasciamo li cinque o sei morti, ma
non fuggimmo.
Dalle nostre
passarono.
parti
i
fascisti
non
Ricordo ancora che vicino a me quel
giorno avevo un partigiano ed i
tedeschi con un colpo gli spararono
in testa e cadde a terra morto.
Io rimasi un po' li vicino, lo vidi
morto. Cosa fare? Lo lasciai lì e
proseguii.
Sparavo dietro a quei tedeschi e a
quei fascisti che venivano dietro, e
facemmo facemmo (a forza di fare)
Da maré rik na nakjén-le.
Jamén mukjám panč o sóu mulé koj,
ma na nasjám.
Da maré rik le tejč e le kasténgeri na
nakjén-le.
Me dáva ma pándra ke paričál
mánde kavá divés koj sás-ma ne
čirikló e le tejč kun ne dab snapardén
les andró seró e perdás-lo pri čik
muló.
Me čjom a koj ne písla paričál,
dikjóm les muló. So keráva? Mukjóm
les koj e gjom angjál.
Čerdávas aprén a kalá tejč e a kalá
kasténgeri ke vénas-le aprén, e
kerdám kerdám finké te džánas, gjen
pándra palénde, e jon, le tejč e le
kasténgeri vjen-le palénde, kerdén
ne vavér trúsimo e nakjén e gjen
Albáte. Ljen Alba.
23
finché se ne andarono, andarono
ancora indietro, ed essi, i tedeschi ed
i fascisti venivano dietro, fecero un
altro (?) e passarono. arrivarono ad
Alba. Presero Alba.
Noi, anche noi camminammo a piedi
da…, andammo a Monforte e quel
giorno
catturammo
cento
e
cinquanta (cento e mezzo) fascisti,
Brigate Nere, Cacciatori delle Alpi.
Tre o quattro giorni dopo il capo ci
disse a noi partigiani: "Uccideteli
tutti!" e noi li uccidemmo tutti.
Sentivo (sento) ancora adesso nelle
mie orecchie tutte le urla di quei
ragazzi.
Uno diceva: "Io non ho fatto nulla.
Non ho mai sparato sui partigiani", e
un altro: "Mi hanno portato via di
casa, mi hanno chiamato, mi hanno
detto: "se non vieni in mezzo a noi ti
uccidiamo".
Un altro che gridava: "se non vado
(fossi andato) in mezzo a loro,
uccidevano (avrebbero ucciso) mio
padre e mia madre".
Un altro gridava: "Io sono (padre <
fr. pere?) sposato. Se non andavo
(fossi andato) mi dicono (dicevano)
che uccidevano (avrebbero ucciso)
mio figlio".
Ma noi quando il capo ci disse di
sparare,
noi
sparammo
e
li
uccidemmo tutti. Cento, più di cento
uomini.
Quello (queste cose) mi sono rimaste
in testa ed ora che ho molti anni
penso ancora a cosa è la guerra,
perché ci si ammazzava l'uno con
l'altro.
Che molte volte eravamo anche
fratelli, uno nei partigiani ed un altro
nei fascisti.
Jamén, nínge jamén gjam pre
pirénde da (?) gjam a Munfórt e ková
divés koj ljám sel ta pas kasténgeri,
Brigate Nere, Cacciatori delle Alpi.
Trin o star divés naklé o séfo pendás
ménge čiriklé: "Mardén-le (marén-le)
sassaré!" e mardám len sassaré.
Sunávas pándra kaná andrén maré
kand sa le gólas ke dénas kalá čavé.
Jek penélas-lo: "Me na kerdóm či. Me
na sčerdjóm maj aprén le čiriklé", e
ne vavér: "Me ljen ma ndro ker,
kardén mánge, pendén mánge: "se
na véssa maskerál jamén, jamén
marássa tu".
Ne vavér ke délas-lo góli: "se me na
džáva maskerál jon, marénas mro ba
ta mri daj".
Ne vavér délas-lo góli: "Me som per
romadinó. Se na džávas penéna ke
marénas o tiknó".
Ma jamén kuándo o séfo pendás te
čardél, jamén čardjám e mardám len
sassaré. Sel, pi but da sel rom.
Dová kalá čjas-lo mánde ndro mro
seró e kaná ke í-ma but bers
pensáva pándra so si o koribén,
perké te mardás nes jek kun vavér.
Ke but kópi sámas nínge pral, jek
ndren le čiriklé t'o vaver ndren le
kasténgeri.
Se pačéna ma, o koribén na keréna
butér kek.
Dová, me kamáva mónsi kon si ke
sunéla so pendóm me kaná, na i ne
xoxavibén.
Dová ke me pendóm si ne ková ke
kapitodás-lo but bers fa, e pačáv ke
tumén pačéna so pendóm, e na
kamáva butér dikáu divés agjál.
Se mi credete (date retta a me), la
24
guerra non fatela mai più.
Quello, desidero solamente che chi
ascolta ciò che ho detto adesso
(sappia che) non è una bugia.
Ciò che ho detto è una cosa
avvenuta molti anni fa, e credo
(spero) che voi crediate a ciò che ho
detto, ed io non voglio più vedere
giorni cosi.
Registrazione effettuata in data 30 marzo 1984 presso il campo nomadi di Cuneo - Madonna
dell'Olmo.
Amilcare "Taro" Debar – sinto partigiano)
O Amilcare "Taro" Debar – sínto čirikló
Foto - bílda: S.Franzese – maggio 2004
25
Bella ciao
Šukar Čaj (*)
Una mattina mi son svegliato
O bella ciao, o bella ciao,
o bella ciao ciao ciao
Una mattina mi son svegliato
Ed ho trovato l'invasor
Je trasárla me sgandžadóm ma
Oj šukár čaj šukár čaj šukár čaj čaj
čaj
Je trasárla me sgandžadóm ma
Le kasténgere ís-le koj
O partigiano porta mi via
O bella ciao, o bella ciao, o bella ciao
ciao ciao
O partigiano porta mi via
Che mi sento di morir
Oj čirikló, indžé ma vek
Oj šukár čaj šukár čaj šukár čaj čaj
čaj
Oj čirikló, indžé ma vek
Ke šunáva te meráu
E se io muoio da partigiano
O bella ciao, o bella ciao, o bella ciao
ciao ciao
E se io muoio da partigiano
Tu mi devi seppellir
Se me meráva sar čirikló
Oj šukár čaj šukár čaj šukár čaj čaj
čaj
Se me meráva sar čirikló
Indžén mro trúpo dur
Mi seppellirai lassù in montagna
O bella ciao, o bella ciao, o bella ciao
ciao ciao
Mi seppellirai lassù in montagna
Sotto l'ombra di un bel fior
Čivén les koj aprén le bérge
Oj šukár čaj šukár čaj šukár čaj čaj
čaj
Čivén les koj aprén le bérge
Telé da ne tíni blúma
Cosi le genti che passeranno
O bella ciao, o bella ciao, o bella ciao
ciao ciao
Cosi le genti che passeranno
Mi diranno che bel fior
Ta sa kolá ke nakén koj
Oj šukár čaj šukár čaj šukár čaj čaj
čaj
Ta sa kolá ke nakén koj
Penéna ke si šukar
E questo è il fiore del partigiano
O bella ciao, o bella ciao, o bella ciao
ciao ciao
E questo è il fiore del partigiano
Morto per la libertà
Kajá si i blúma do čirikló
Oj šukár čaj šukár čaj šukár čaj čaj
čaj
Kajá si i blúma do čirikló
Ke mujás-lo par jamén
E questo é il fiore del partigiano
Morto per la libertà
Kajá si i blúma do čirikló
Ke mujás-lo par jamén
Tradotto in sinto da Sergio Franzese
Rišardas la in sinto o Sergio Franzese
26
(*) La traduzione di "Bella Ciao" dall'italiano al sinto ha comportato inevitabilmente un
adattamento,
pur
restando
il
più
fedele
possibile
al
testo
originale.
Ecco qui di seguito alcune note esplicative:
1) Šukar čaj = Bella ragazza. Si è scelto il termine sinto "čaj" (ragazza) per assonanza
fonetica con "ciao".
2) il termine kasténgere significa fascisti (da kast "legno" ovvero "manganello"). È stato usato
in mancanza di un termine preciso per indicare il nemico. Nel caso specifico esso appare più
che mai adatto.
3) čirikló, come spiegato nel racconto, è il termine usato dai Sinti per indicare i partigiani. Esso
significa "uccello, passero".
4) indžén mro trupo dur = lett. "portate il mio corpo lontano"
5) ...ke mujás-lo par jamén = lett. "che è morto per noi". In sinto non esiste un termine per
indicare il concetto astratto della libertà.
I partigiani sulle montagne
Le čiriklé pren le bérge
27
La lingua zingara
I čib romaní
Come tutti i Sinti ed i Rom, anche i
Sinti Piemontesi parlano la lingua
romaní.
Sar sa le Sinti ta le Rom, nínge le
Sínti Piemontákeri rakaréna i čib
romaní.
La lingua romaní è di origine indiana
arricchita
di
numerosi
termini
acquisiti
da
altre
lingue
che
testimoniano il percorso seguito dagli
Zingari per giungere in Europa da
lontane
regioni
che
essi
abbandonarono forse a causa di
conflitti e carestie.
But láu di čib romaní véna da le čibjá
ke rakaréna pen pándra kaná an i
India, ma but vavér láu véna da sa le
čibjá ke rakerénas an le temá kaj le
Sínti nakjén-le kánte vjen-le an i
Európa. Stik ke vjen-le vek da kolá
temá par te našen katár o kuribén ta
katár i bok.
La lingua romaní è costituita da una
varietà di dialetti con una origine
comune ma diversi tra loro. Tale
diversità, che appare soprattutto più
marcata tra i dialetti dei Sinti e quelli
dei Rom, può spesso costituire un
serio ostacolo alla comprensione
reciproca.
I čib romaní na si sémpar sajék. Le
Rom rakaréna in ne vínkimo, le Sinti
in ne vavér vínkimo. Maškarál le
Sínti in óni stéto rakaréla pes in ne
vínkimo ke na i-lo sajék do vavér.
But kópi le čibjá da le Sínti déna zer
maškár lénde, ma in vavér kópi na
stik xajovén pen.
Per questo se un Sinto Piemontese
può dialogare senza troppi problemi
con un Sinto Lombardo, incontrerà
certamente maggiore difficoltà con
un Sinto Tedesco o con un Rom
Abruzzese e riuscirà a comprendere
solamente alcune parole della lingua
parlata dai Rom provenienti da paesi
più lontani.
Se ne Sínto Piemontákero šunéla ne
Sínto Lumbárd ke rakaréla stik
xajovéla les mišto, ma se šunéla ne
Sínto Tejč o ne Sínto Abrüséjz na
xajovéla les but. Se šunéla ne Rom
Ungaréjz xajovéla mónsi písla láu o
na xajovéla či.
Purtroppo però in Piemonte la lingua
è stata abbandonata. Solamente i più
anziani sono ancora in grado di
parlarla.
I Sinti Piemontesi in Francia parlano
ancora
il
sinto
come
lingua
quotidiana.
Nei pressi della comunità di Plan de
Grasse abita un sinto piemontese, di
nome Lick Dubois, che insieme a suo
figlio e ad altri ha costituito un
Par bibáxt no Piemúnto i čib vélas-li
bistardí. Mónsi le Sínti pi puré
džanéna pándra te rakarén o sínto
mištó.
Le Sínti Piemontákeri ke dživóna an
le Válči rakaréna pándra o sínto.
Da le rigá da Plan de Grasse dživóla
o Lick Dubois, ne Sínto Piemontákero
ke kun péskro čavó, trin o štar vavér
rom ta je kelimáskeri čidás pren ne
ketanibén da bašavimángere (Les
Zingaria). Jou kerdál lénča ne dísko
(CD) da giljá in sínto.
28
gruppo musicale (Les Zingaria) ed ha
prodotto un CD con canzoni in lingua
sinta.
Lick ha anche scritto un libro che
parla di come vivevano i sinti una
volta.
È un bell'esempio per tutti i Sinti
Piemontesi perché a differenza di
molti egli dimostra di saper amare la
propria gente e di voler conservare la
propria lingua.
Se vuoi saperne di più a
proposito di Lick e del suo
gruppo musicale e se vuoi
leggere i testi delle sue canzoni
vai a pagina 47:
O Lick sibjardás nínge duj lilá ke
rakaréna pro dživibén da le puré
Sínti.
Si ne šukár ková sa so o Lick kerdás
ta si lačó se sa le Sínti Piemontàkeri
kaména péngre siklipén ta péngri čib
sar jóu.
Se kaméssa te džanés pi but pro
Lick ta pren le ménči ke
bašavéna lésal, ta se kaméssa te
des pren le láu da léskre giljá,
dža an o lil keladó 50:
29
Alla lingua sinta, ormai poco diffusa tra i Sinti in Piemonte, ho dedicato una
poesia (Lingua nostra). Attraverso altre poesie ho voluto descrivere in poche
parole la vita e l'anima sinta.
Par i čib romaní, ke but Sínti an o Piemúnto bistardén, me kerdóm ne
sibjárimo (Čib marí); an vavér sibjárimi me rakardóm pro dživibén t'o lió
romanó da le Sínti.
Lingua nostra
Ti amo,
lingua nostra.
Tu sei ricca e povera
come noi.
Quando siamo tristi
tu ci dai le parole per piangere,
quando siamo contenti
tu ci dai le parole per rallegrarci,
quando dobbiamo nasconderci
tu, lingua nostra, ci aiuti.
Tu hai viaggiato insieme a noi
lungo le strade del mondo,
eri il fuoco delle nostre canzoni,
ed ora
in questi terreni malsani
che i gagé ci riservano
tu muori un poco ogni giorno,
come noi.
Se ti perdiamo
anche noi saremo perduti.
Ascoltate, ragazzi,
ascolta gioventù,
i nostri vecchi Sinti
ci hanno lasciato
questa bella dolce lingua.
Non dimentichiamola,
insegniamola ai nostri figli,
conserviamola sempre con noi
come l'unico tesoro
che ci appartiene.
(1999)
Čib marí
Kamáva tu
čib marí.
Tu sal bravalí ta čororí
sar jamén.
Kánte sam bibaxtalé
ménge tu déssa le láu par te rovás,
kánte sam kontán
ménge tu déssa le láu par te sas,
kánte si-amén bróxa te garavás
amen
tu, čib marí, déssa ménge ne vast.
But pirdál ménča
pren sa le dromá do bolibén,
sálas i jag da maré giljá,
ma kaná
ndrén kalá džungalé pláse
kaj čidéna men le gadžé
tu meréssa ne písla óni divés,
sar jamén.
Se našavássa tu
nínge jamén sam našadé.
Šunén čavé,
šun tarnipén,
maré puré Sínti
mukjén-le ménge
kajá šukár, gulí čib.
Na bistarás la,
sikavás la kaj maré čavé,
indžás la sémpar ménča
sar o kokoró braválimo
ke si-amén.
(1999)
30
Passano i Sinti
Passano i Sinti con i carrozzoni
portando con sé cavalli, bambini e galline.
Tra di loro gli uomini parlano,
alla ricerca di un luogo in cui
trascorrere la notte.
Tutti strillano, i bambini piangono,
lungo le strade le donne leggono la mano.
Vagano e fuggono per il mondo
tra fortuna e miseria.
Senza patria e senza casa sempre vanno
il sole e la luna vegliano su di loro.
Suonano i violini, suonano con maestria
una bella ragazza danza con cuore
infuocato.
Tutti la osservano e sognano,
vorrebbero restare soli con lei.
Dalla sera alla mattina si canta
domani chissà, è un altro giorno.
Quando hanno fame vanno a chiedere
per procurarsi un poco di cibo.
Cercano il pane, le patate e la carne,
salame, crauti e lardo.
Da sempre i Sinti fanno così
arrivano, passano e vanno lontano.
Vagano e fuggono tutta la vita
tra fortuna e miseria...
Nakéna le Sínti
Nakéna le Sínti kun baré vardinjá
indžéna lénča graj, čavé ta xaxnjá.
Maškár lénde le rom rakaréna,
par te nakén i rat ne stéto rodéna.
Sa déna góli, le čavé rovéna
pren le dromá, le romnjá dukaréna.
Piréna našena par o bolibén
maškarál i baxt t'o čororipén.
Bi čik ta bi ker sémpar džána pénge
o kam t'i čardiní dikéna pren lénde.
Bašavéna le gájge, bašavéna mištó
je šukár čaj keléla kun i jag ndro lió.
Sa dikéna par láte ta déna suné
kaménas kun joi te čen kokoré.
Di ratí fina ki tresárla gjavéla pes
tájsa kon džanél, si vavér divés.
Kánte si bokalé jon džána mangén
Par te véna lénge je písla xabén.
Rodéna o félzo, le matréli t'o mas,
goj, šutló šex ta balavás.
Da sémpar le Sínti keréna gjal
rivóna, nakéna ta džana durál.
Piréna našéna sa o dživibén
maškarál i baxt t'o čororipén...
(6/2002)
(6/2002)
31
Un sogno
Stasera,
amico,
ho
il
cuore
Ne sunó
pesante
Prendo la mia chitarra e in solitudine vado
A riposare sull'erba, lontano dal paese
Ma non ho la forza di mettermi a cantare
Chiudo gli occhi ed inizio a sognare
Dinanzi a me scorrono gli anni passati
Il mio caro nonno con il suo carrozzone
I cavalli che si abbeverano al fiume
Là un pò più lontano su quella strada
Una bambina una donna ed un uomo
Sono mio padre con mia madre e mia sorella
Li vedo venire verso di me
Hanno vissuto in povertà
Spostandosi di paese in paese.
Tra le campagne, sulle strade battute
Camminavano i Sinti in ogni parte
Là tra i pesci nell'acqua
Rivedo mio zio, il povero Balin
Dietro le piante, lontani da tutto
Un ragazzo ed una ragazza stanno
nascosti
In questo bel luogo mi piace restare
Sento qualcuno che mi chiama per nome
È la mia cara mamma che veglia su di me
e con la sua mano carezza il mio viso
Kajá rat, móre, síma o dži paró
Láva mri séjla ta džav kokoró
pri víza bešáva koj vrin do gáu
Ma na síma i zor par te gjaváu
Pangáu le jaká ta dáva suné
Angjál mánde nakéna sa le berš naklé
Mro kamló papú kun léskri vardín
Le graj ke pjéna ndro baro panín
Koj ne písla durál pren kóva drom
Ne tikní čaj ne romní ta ne rom
I-le mro ba kun mri daj ta mri pen
Pirén katár mánde, dikáva len
An o čororipén dživónas-le
Da gáu a gáu sémpar džánas-le
Maškár le féldi, pren le dromá
Pirénas le Sínti da sa le rigá
Maškarál le mačé koj ndro panín
Dikáu mro kaké, o puró Balín
Palál da le ruk dur da sassaré
Ne čavó ta ne čaj čéna-le garadé
An kajá šukár plása kamáva te čáu
Šunáva komóni ke karéla mro láu
Si mri kamlí daj ke pren mánde dikéla
Ma tutt'a un tratto mi sveglio
Ta pren da mro muj lákro vast čivéla
Ho dormito? Non puo essere! Non capisco!
Mi guardo intorno ma non c'è più nessuno
Ma sa da ne dab me sgandžaváva
Sutjóm? Nastík! Na xajováva!
Dikáu trujál mánde ma na si kek
Sa kolá Sínti gjen pénge vek
tutti quei Sinti se ne sono andati
Cosa è successo? Sono impazzito?
Son trascorse tre ore ed io ho sognato
All'improvviso sento la paura nel cuore
Sono nel duemila ed io sono vecchio!
Quel mondo non esiste più
Sono io l'ultimo di un tempo migliore
Nella tristezza ora piango
Il mio volto nero è pieno di lacrime
Nel cuore della notte io, uomo stanco,
Mi volto indietro e vedo la mia lunga strada
La mia chitarra piange ed alla luna d'argento
suona una canzone del tempo passato
So kapitodás? Narvaló vjom?
Nakjén-le trin kóre, ne sunó me djóm
Glej me šunáva i dar ndro lió
Som no berš duj míla ta me som puró!
Ková bolibén na si butér
Som o palunó da ne číro fedér
An o bibaxt rováva kaná
Mro kaló muj si perdó da lasuá
An o paš di ratí me, kinó rom
Palál mánde dikáva mro baró drom
Rovéla mri séjla ta ko čon rupanó
Ne gilí bašavéla do číro nakló
32
Più di una volta ho affermato che gli Zingari sono i Pellerosse d'Europa, legati
da un comune destino di discriminazione e di emarginazione sociale ed
economica.
Per questo alcuni anni fa ho tradotto in sinto piemontese una lettera scritta nel
1855 dal capo pellerossa Seath al presidente americano Franklin (Il Grande
Capo Bianco) come un segno di fratellanza tra genti lontane accomunate dal
bisogno di rivendicare il diritto ad esistere come popolo e cultura...
Komóni kópi me pendóm ke le Sínti ta le Rom si le Lolimorčjákeri* di Europa
sóske léngri strófa ta léngre siklipén sas-le mudardé ne písla óni divés. Le
Lolimorčjákeri* koj an i Amérika sas-le but kópi muklé kokoré bi bitrávimo ta
bi číro ke véla, própi sar le Sínti ta le Rom kaj pašál ménde.
Par kavá kaj me rišardom in sinto ne lil ke o šéfo lolimorčjákero* Seath
sibjardás an o berš 1855 (jek míla oxtó šel duj biš ta dešupánč) ko baredér di
Amérika Franklin (O baró Šéfo Parnó). Gjal si sar se le Sínti ta le
Lolimorčjákeri* lačéna maškar pénde ta déna góli kettané da sa léngri zor par
te penén ke kaména te čen-le džidé...
* Lolimorčjákeri = Pellerossa
33
Il Grande Capo Bianco
O Baró Šéfo Parnó
Il Grande Capo Bianco
mi manda a dire da Washington che
desidera acquistare la nostra terra.
Come si possono comprare o
vendere il cielo o il calore della terra?
O Baró Šéfo Parnó
ke si an o Uóšington penéla ke
kaméla te kinél marí čik.
Sar stik kinássa o binkavássa o
bolibén t'o tatipén di čik?
L'idea mi sembra strana.
Noi non siamo padroni della
freschezza dell'aria, e dello
zampillare dell'acqua.
Come si può chiedere di comprarli da
noi?
Per la mia gente
qualsiasi componente di questa terra
è sacro.
Qualsiasi ago splendente di pino.
qualsiasi sponda sabbiosa,
qualsiasi nebbia nell'oscurità dei
boschi
qualsiasi radura erbosa,
qualsiasi insetto ronzante
è santo nella memoria e
nell'esperienza del mio popolo.
Ke tinkárimo narvaló!
Jamén na sam le baré raj do šil,
di vínta ta do baró panín
ta par kavá kaj nastík kinássa len
Par jamén
sa le ková ke i-le ndro bolibén i-le
hálige.
Sappiamo che l'uomo bianco
non comprende il nostro sistema di
vita.
Per lui un pezzo di terreno vale
quanto un altro,
perché egli è uno straniero che viene
durante la notte
e prende dalla terra qualsiasi cosa gli
occorra.
La terra è sua nemica, non sua
sorella,
e quando egli l'ha conquistata
continua per la sua strada.
Egli abbandona la tomba di suo
padre
e dimentica il diritto di nascita dei
suoi figli.
Non vi è alcun posto tranquillo
Le patrjá kun i fárba do sonakáj,
i čik paričál o méro,
i víza ta le ruk do veš,
le tiné fjéxe:
jon sassaré i-le hálige ndren maró
tinkárimo
ta ndren maró lió.
Jamén džanássa ke o rom parnó
na xajovéla maró dživibén.
Par jóu ne tokór da čik i-lo sar ne
vavér
sóske jóu si ne čamardó
ke véla ndri rat
ta léla di čik sa so si les bróxa.
Jóu na kaméla i čik, i čik na i-li léskri
pen,
palál ke ljás sa di čik
mukéla la ta džála péske vek par
péskro drom.
Jóu mukéla o muléskero
da léskro ba
ta bistaréla ke palál léste si te ven
pro bolibén léskre čavé.
Na si kek stéto šukár
ndro fóro do rom parnó.
Na si kek stéto kaj stik šunássa le
giljá
34
nella città dell'uomo bianco.
Nessun posto ove si possano
ascoltare
lo stormire delle fronde a primavera
o il ronzare delle ali degli insetti.
Ma forse è soltanto perché io sono un
selvaggio
e non comprendo,
mi sembra che il frastuono delle città
offenda le mie orecchie.
Quanto vale la vita
se l'uomo non può udire di notte il
grido
del succhiacapre o il gracidare delle
rane in uno stagno?
Anche i bianchi scompariranno,
forse prima di altre tribù.
Continuate a contaminare il vostro
letto,
ed una notte sarete soffocati
dai vostri stessi rifiuti.
Quando i bisonti saranno tutti
sterminati
i cavalli selvaggi tutti domati,
quando gli angoli segreti delle
foreste
saranno invasi dall'odore di molti
uomini,
la vista delle colline oscurata dai fili
che parlano
allora l'uomo si chiederà:
"Dove sono gli alberi ed i cespugli?
Scomparsi!
Dov'è l'aquila?
Scomparsa!"
da le patrjá kánte purdéla i vínta
t'o bašávimo ke keréna le paká da le
čiriklé.
Stik ke me som mónsi ne rom divjó
ta na xajováva,
ma mánde déla zer ke i góli do baró
fóro keréla duk kaj mre kan.
Kečči mol o dživibén
se o rom na stik šunél le čiriklé di rat
o sar déna góli le geraljá ndro panín?
Nínge le rom parné je dives si te
merén,
kon džanéla se na meréna
vagéstra da le vavér rom?
Se óni divés tumén keréna te vel
tumaró vódro pi melaló,
véla ne rat ke tumaré melalipén
maréna tumén.
Kánte le baré nóski i-le sa mardé
ta le graj divjé i-le sa romané,
kánte le stéti garadé ndren le veš
véna pardé do xand da but rom,
ta kánte le tíne bérge véna-le garadé
da le táu ke rakaréna, alúra dikéna
ke o rom pučéla pes:
"Kaj si le ruk t'i víza?
Na si butér!
Kaj si o baró čiriklo brúno?
Na si butér!"
Kánte sa kavá na si butér,
nínge o dživibén véla šilaló ta tuganó
ta sassaré si te čingarén
óni divés pi zor par te dživóna.
Šéfo Seath, 1855
E cosa significa dire addio al rondone
e alla caccia
se non la fine della vita
e l'inizio della sopravvivenza?
Capo Seath, 1855
35
Inoltre per amore di questa lingua e della gente sinta mi sono cimentato nella
traduzione-adattamento di alcune canzoni.
Si tratta delle canzoni Gli Zingari, Quelli eran giorni (interpretate da Dalida),
4/3/43 e La casa in riva al mare (di Lucio Dalla). oltre che di una canzone
popolare piemontese (Maria Giuana).
Un'altra canzone popolare piemontese, Maria Catlin-a, qui di seguito riportata, è
invece frutto di una traduzione elaborata da don Renato Rosso.
Alcuni di questi testi ci portano ovviamente fuori dalla tradizione sinta ma
ritengo utile poter dimostrare che una lingua puó tornare a vivere ed essere
usata anche per avvicinare culture diverse..
Ta sémpar par o kamlipén ke me indžáva par kajá čib me rišardom da komóni
giljá gadžikané in sínto.
Si le gilja Le Sinti, Des tu kola divés (ke gjavélas i Dalida), 4/3/43 ta O ker
paričál o méro (do Lucio Dalla) ta nínge ne gilí piemontákeri (I María Džuána).
I vavér gilí píemontákeri, I María Katlín-a, ke i-li sibjardí kaj telé sas o rašáj don
Renato ke rišardas la in sínto.
Le Sínti, jon na gjavéna le giljá da le gadžé in sínto, ma me pačáva ke da maré
divés sa so i-lo sibjardó in sínto sikavéla ke kajá čib si-li pándra džidí ta stik
déla ne vast kaj sa le ménči par te xajovén pen fedér maškár lénde...
36
Gli Zingari
Le Sínti
Zingaro chi sei
figlio di Boemia
dimmi tu perché
sei venuto qui ?
Quando mi stancai
dell'Andalusia
E tu vecchio dimmi come fu
La mia terra ormai non esiste più…
Sínto, katár ves
kun tro muj kaló ?
Pen mánge par so
vjal tu fína kaj
Váva da durál
katár i Andaluzía
Sóske tu puró sal bibaxtaló ?
Dav ma mro šukár gáu ke i-lo duraló…
I cavalli son stanchi nell'umida sera
ma la folta criniera
sembra il vento invocar
Stan gli zingari attorno
alle fiamme splendenti
destan ombre giganti
nel chiarore lunar
An i rómani rat sa le graj si kiné
ta léngre jaká
si pardé da dromá
Sa le Sinti bešéna
trujál ne barí jag
maškár jon rakaréna
pren da léngre divés
Palpita allor la canzon più bizzarra
nasce nel cuor quel vibrar di chitarra
Questo è il canto di chi non conosce frontiera
è l'ardente preghiera del Gitano che va
Ndren ne vardín komóni bašavéla
je šukár gilí vavér rom gjavéla
Šunél pes i gájga ta rovéla o lió
kavá si o prijávimo do Sínto čororó
Dimmi dove vai
Tornero in Bohemia
me ne andro lontan
per mai più tornar
E tu dove vai ?
Nell'Andalusia
E tu perchè piangi cosi ?
Io son vecchio ormai e rimango qui…
Pen mánge kaj džas
Koj an i Boémia
džáu mánge durál
kaj me na džanáu
Tu pen mánge kaj
An i Andaluzía
E tu sóske rovéssa gjal ?
Me som džam puró, me meráva kaj…
Gitano perchè non rimani stasera
per la nuova avventura
puoi domani partir
Resta ancora a cantar
nella notte stellata
finchè l'alba spietata
faccia il sogno svanir
Me mangáu túke Sínto te čes pándra kaj
sóske kamés tu
te džas túke vek ?
Bašáv par mánde
tre giljá purané
fina ke o kam
mudaréla i rat.
Canta che un di il gran re di Cuccagna
ti regalo un castello in lspagna
Rakár do divés ke no gau do Sonakáj
o baró raj djas tu péskri čaj
Šunél pes i gájga ta rovéla o lió
kavá si o prijávimo do Sínto čororó…
Questo è il canto di chi non conosce frontiera
è l'ardente preghiera del Gitano che va…
37
Quelli eran giorni
Parole: Daiano - E.Raskin
Musica: Tradizionale russa zigana (Dorogoj
dlinnoyu)
Titolo originale: "Those Were the Days"
C’era una volta una strada
un buon vento mi portò laggiù
e se la memoria non m’inganna
all’angolo ti presentasti tu
Quelli eran giorni, si, erano giorni
e tu al mondo non puoi chiedere di più
noi ballavamo
anche senza musica
nel nostro cuore c’era molto più
La la la la la la…
{nel nostro cuore c’era molto più}
Vivevamo in una bolla d’aria
che volava sopra la città
la gente ci segnava con il dito
dicendo: "Guarda la felicità"
Quelli erano giorni si, erano giorni
e niente ci poteva più fermar
quando il semaforo
segnava rosso
noi passavamo allegri ancor di più
La la la la la la…
{noi passavamo allegri ancor di più}
Poi si sa col tempo anche le rose
un mattino non fioriscon più
e così andarono le cose:
il buon vento non soffiò mai più
Quelli eran giorni, si, erano giorni
e tu al mondo non puoi chiedere di più
e ripensandoci
mi viene un nodo qui
e se io canto questo non vuol dir
La la la la la la…
{noi passavamo allegri ancor di più}
Oggi son tornata in quella strada
un buon ricordo mi ha portata là
stavi in mezzo a un gruppo di persone
e raccontavi: “cari amici miei…
Quelli eran giorni, si, erano giorni
Des tu kolá divés
Bašávimo da le Sinti an i Rüsia (Dorogoj
dlinnoyu)
"Those Were the Days"
Sas je kópo ne tíkno drom
i vínta purdélas šilalí
ta glej da durál me dikjóm
ke paričál mánde véssas tu
Des tu kolá divés, des tu kolá divés
kánte tu sálas mánča mri romní
mro lió sas narvaló
kamélas mónsi tu
ta ketané 'men sámas baxtalé
La la la la la la…
{ta ketané 'men sámas baxtalé}
Na sas-men félzo né lové
ménge sas dóstra máro kamlipén
ta sa kolá ke dikénas men
penénas: "Dik sar kaména pen"
Des tu kolá divés, des tu kolá divés
koj an o baró veš da garadé
maškarál da le ruk
kerdám o kamlipén
ta ketané 'men sámas baxtalé
La la la la la la…
{ta ketané 'men sámas baxtalé}
O číro maréla le tíne blúme
t’i vínta na purdéla butér
sar an o dživibén sa le ková
meréna ne divés o vavér
Des tu kolá divés, des tu kolá divés
kánte me sómas túsal mri romní
ninge tu narvalí
kaméssas ma, moré
ta ketané 'men sámas baxtalé
La la la la la la…
{ta ketané 'men sámas baxtalé}
Des tu kolá divés, des tu kolá divés
kánte me sómas túsal mri romní
ninge tu narvalí
kaméssas ma, moré
ta ketané 'men sámas baxtalé
La la la la la la…
38
e tu al mondo non puoi chiedere di più
noi ballavamo
anche senza musica
di là passava la nostra gioventù...
La la la la la la…
{noi passavamo allegri ancor di più}
{ta ketané 'men sámas baxtalé}
Ta kajá rat ne sunó me djóm
pren ková drom páple me gjom
tu sálas koj ta dur dikéssas
da tri gulí véjza pándra gjavéssas:
Des tu kolá divés, des tu kolá divés
do tarnipén kánte sa si šukár
tu but kaméssas ma
me but kamavas tu
ta ketané 'men sámas baxtalé
La la la la la la…
{ta ketané 'men sámas baxtalé}
Gypsy Scene
©
by Christine Lillian Whitfield
39
4/3/43
Dice che era un bell'uomo e veniva,
veniva dal mare..
parlava un'altra lingua, però sapeva
amare
e quel giorno lui prese a mia madre
sopra un bel prato,
l'ora piu dolce prima di essere
ammazzato.
Cosi lei restò sola nella stanza, la
stanza sul porto
con l'unico vestito ogni giorno piu
corto
e benché non sapesse né il nome e
neppure il paese
mi aspettò come un dono d'amore sino
dal primo mese.
Compiva sedici anni quel giorno la mia
mamma
le strofe di taverna le cantò a ninna
nanna
e stringendomi al petto che sapeva,
sapeva di mare
giocava a far la donna con un bimbo
da fasciare.
E forse fu per gioco o forse per amore
che mi volle chiamare come Nostro
Signore
della sua breve vita il ricordo, il
ricordo piu grosso è tutto in questo
nome che io mi porto addosso.
E ancora adesso che gioco a carte e
bevo vino per la gente del porto mi
chiamo Gesù Bambino... (3)
Štar – trin – duj biš ta trin
Penél ke vélas do méro e ke sas,
e ke sas šukár rom...
rakarélas vavér čib, ma me les na
pindžardóm
ta jóu ljas-lo mri daj pren di víza,
jou ljas la koj pren
sas i paluní kóra da péskro dživibén.
Kokorí čjas-li mri daj ándro ker,
ándro ker puró
kun péskro rivibén óni dives pi tiknó
na džanélas-li léskro láu ta nínge o
gáu
ma kun o kamlipén djas číro ko tiknó
čáu.
Dešušóu berš joi kerélas,
kerélas mri daj
ta délas zer pándra ne tarní čaj
čumidélas ma ta sálas,
sar sas-li kamlí!
Kelélas-li mánča ta sas baxtalí.
Stik ke sas par kelibén ke mri tarní daj
kardás ma kun o láu da maró Baró Raj
da péskro dživibén o pi baró ková
ke mánge mukjás
si kavá šukár láu ke pren mánde
čidás.
Ta kaná ke me som baró rom
ke kaméla te pjel
par sa le rom dakáj
karáva ma Tiknó Devél
Ta kaná ke me som baró rom
ke kaméla te pjel
par sa le rom dakáj
karáva ma Tiknó Devél
Ta kaná ke me som baró rom
ke kaméla te pjel
par sa le rom dakáj
karáva ma Tiknó Devél...
40
La casa in riva al mare
O ker paričal o mero
Dalla sua cella lui vedeva solo il mare,
ed una casa bianca in mezzo al blu
e una donna si affacciava, Maria,
è il nome che le dava lui
Katár léskro starebén dikélas mónsi o
méro,
Ta ne parnó ker maškarál o panín
ne romní vélas-li vrin, Marí
ková si o láu ke djas la jóu…
Alla mattina lei apriva la finestra
e lui pensava: "quella è casa mia,
tu sarai la mia compagna, Maria",
una speranza e una follia
E sogno la libertà,
e sogno di andare via, via
e un anello vide già,
sulla mano di Maria
Lunghi silenzi come sono lunghi gli
anni,
parole dolci che si immaginò
"questa sera vengo fuori, Maria,
ti vengo a fare compagnia"
E gli anni stan passando tutti gli anni
insieme
ha già i capelli bianchi e non lo sa
dice sempre "manca poco, Maria,
vedrai che bella la città"
E sognò la libertà,
e sognò di andare via, via
e un anello vide già,
sulla mano di Maria
E gli anni son passati, tutti gli anni
insieme
ed i suoi occhi ormai non vedon più
Disse ancora: "la mia donna sei tu",
e poi fu solo in mezzo al blu
e poi fu solo in mezzo al blu,
e poi fu solo in mezzo al blu.
Ta kánte jou dikélas di valín
jou tinkarélas: "koj si mro ker,
si-tu te ves mri romní, Marí,
kamáva tu, tu sal lačí"…
Djas sunó te džal-lo vrin
djas sunó te džal-lo koj
ta ne gustrín jou dikjás
pro lákro tíno vast
Óni divés o dživibén sás-lo sajék,
ta jou penélas ándro péskro lió
"kája rat me váva vrin, Marí
me váva koj, mri romní"
Ta le berš nakéna sa le berš ketané
kána si-les parné bal ta na džanél
"váva vrin" sémpar penéla, "Marí,
tu véssa mánča mri romní" …
Djas sunó te džal-lo vrin
djas sunó te džal-lo koj
ta ne gustrín jou dikjás
pro lákro tíno vast
Ta le berš nakjén-le sa le berš ketané
ta léskre jaká butér na dikén
Pándra pendás: "dáu tu mro lió"
ta gjal jóu čjas-lo kokoró
ta gjal jóu čjas-lo kokoró,
ta gjal jóu čjas-lo kokoró...
41
Maria Giuana (*)
I Maria Džuána
Maria Giuana l'era 'n sl'üss
l'era 'n sl'üss che la filava oh
l'era 'n sl'üss che la filava oh
ciumba la la.
I María Džuána sas pren o vudár
sas-li koj ke bitravélas-li
sas-li koj ke bitravélas-li
tru la la la ...
Le pasai da li 'l sur dutur
"cos'i l'eve Maria Giuana oh
cos'i l'eve Maria Giuana oh"
ciumba la la.
Nakjás koj o gadžó Menegín
"sar džal túke María Džuána ooh
sar džal túke María Džuána ooh"
tru la la la...
Se 'l saveisa sur dutur,
mi ju tanta mal la testa oh
mi ju tanta mal la testa oh
ciumba la la.
Menegín, na džála mištó
o šeró dukól ma but, aohh
o šeró dukól ma but, aohh
tru la la la...
"Sa beveisa nen tant vin
mal la testa paseria oh
mal la testa paseria oh"
ciumba la la.
Te na pjéssa but but mol
duk ko šnóro na nakéla tu
duk ko šnóro na nakéla tu
tru la la la...
Sa i beveisa nen tant vin
st'ura chi i saria gia morta oh
st'ura chi i saria gia morta oh
ciumba la la.
Te na pjáva but but mol
na džanés ke me meráva ooh
na džanés ke me meráva ooh
tru la la la...
E ades che i möra mi
vöi c'am sutru 'n ti na crota oh
vöi c'am sutru 'n ti na crota oh
ciumba la la.
O divés ke me som mulí
indžén ma ndren i kéltra ooh
indžén ma ndren i kéltra ooh
tru la la la...
Damigian-a par cüsin
buti stupi par candeile oh
buti stupi par candeile oh
ciumba la la.
Durialí telál o šeró
štar tusnjá sar momoljá aohh
štar tusnjá sar momoljá aohh
tru la la la...
E la gent ca i ven-u dré d mi
vöi ca i cantu la Viuleta oh
vöi ca i cantu la Viuleta oh
ciumba la la.
O tonólo pren le piré
kun i mol ke véla telé aohh
kun i mol ke véla telé aohh
tru la la la...
E cul preivi ca 'm ven benedí
vöi ca 'l sia ciuc ad grapa oh
vöi ca 'l sia ciuc ad grapa oh
ciumba la la.
Me kamáva o rašáj piló
nínge jóu di xačardí aohh
nínge jóu di xačardí aohh
tru la la la...
(tradotta in sinto da don Renato Rosso)
Me kamáva le rašanjá
nínge jon piljá sar jamén aohh
nínge jon piljá sar jamén aohh
tru la la la...
42
Maria Catlin-a (*)
I Maria Katlin-a
(La Monferrina)
(I Munferin-a)
O ciau ciau Maria Catlin-a
dummie dummie na siassà.
Oh si si ch'ji la daria
L'ai lassà l'siass a ca.
Lačí rat María Katlín-a
jáu tu mánča te kelés
oj oj oj naštík keláva
óske dukón ma le piré
Ris e coi e tajarin
Guarda un po cume a balu bin
Balu mei le paisanote
che le tote ed Türin.
Koi trujál da mri vardín
vjen-le glej par te kelén
sa le Sínti godžaré
ta le petlári sturimén
O bundì, bundì, bundì
'ncura na volta, 'ncura na volta.
O bundì, bundì, bundì
'ncura na volta e pöi pa pi.
'ncura na volta sota la porta
'ncura na vira sota la riva.
Sal lačí, lačí, lačí,
páple je kópo, paple je kópo
O bundì, bundì, bundì
'ncura na volta e pöi pa pi.
Cosa 't fas Maria Catlin-a
li setà sel taburet;
da na man la ventalin-a
e da l'autra 'l fassulet.
Pié 'na gioia che vi pias,
dei 'na man tirela an bras.
La curenta l'e pi bela
e pöj trallarillala.
O bundì, bundì, bundì...
Per dansé la Munferin-a l'e rivaie
n'üfisial.
L'a ciapà Maria Catlin-a
l'a portala 'n mes al bal.
Fate in la ti paisan
passu mi cul garde-enfant;
fame mach un bel inchin
e it fassu un bel basin.
O bundì, bundì, bundì...
Sal kamlí, kamlí, kamlí
páple je kópo telál o vudár,
páple je kópo pašál o panín
Sal gulí, gulí , gulí,
páple je kópo oj šukár romní...
So kerés María Katlín-a
ndri kampína kokorí
kun ne tusní da lačí mol
ta ne bóla da zumín?
Pen tu mánge so kamés,
džássa ménge koj ndro veš
par te kerás o kamlipén
e tru la la la la la
Sal lačí, lačí, lačí...
Vjas-lo koj ko kelibén
nínge je prínso šukár
jóu ljas i María Katlín-a
ta na mukjás la butér
Sa le gádže len dikénas
lákro vast jóu čumidélas
sas kontán i María Katlín-a
ta le piré sas-le sasté !
Sal lačí, lačí, lači...
Palál mónsi trin divés
le duj sas romadiné
baré soloxadé kerdén-le
sa le Sínti do gáu gjen-le
Pien-le but ta but xajén
43
dik oj móre so kerdén
ta kaná sa si pilé
ta gjavéna sassaré
Sal lačí, lačí, lačí...
Christmas with the Gypsies
©
by Christine Lillian Whitfield
44
Bibliografia e materiali
Lilá ta vavér ková ke rakaréna pren le Sínti
Informazioni di carattere generale:
Lacio Drom, rivista bimestrale di studi zingari pubblicata dal Centro Studi
Zingari (Roma) dal 1965 al 1999
Etudes Tsiganes, rivista pubblicata dal Centre des Etudes Tsiganes, Parigi (59
rue de l'Ourcq, 75019 Paris)
Armando Brignolo (a cura di), Sinti: un modo di vivere, Gruppo editoriale "Il
Torchio", Asti, senza data
Jean Louis Gaie, Le hameau tsigane de Plan de Grasse, in Etudes Tsiganes n.
1/1971, pp. 40-46
Bernard Formoso , Relations Tsiganes/non-Tsiganes: le cas du hameau du
Plan de Grasse, in Etudes Tsiganes n. 3/1983, pp. 29-39
Lick Dubois, Scenes de la vie manouche (sur les routes de Provence avec les
Sinti Piémontais), Ed. Wallada, Châteauneuf-les-Martigues, 1998
Lick Dubois, Il était une fois les Bohémiens, Ed. Wallada, Port de Bouc, 2003
Per una più vasta bibliografia sulla storia e le tradizioni zingare si rimanda
alla pagina specifica del sito "O Vurdón":
http://www.vurdon.it/02.htm#bibliografia
ed alla consultazione delle altre pagine del sito "O Vurdón":
http://www.vurdon.it
45
Linguistica e narrativa:
Sergio Partisani, Glossario del dialetto zingaro piemontese, in Lacio Drom n.
6/1972
Giulio Soravia, Dialetti degli Zingari Italiani, Pacini, Pisa, 1977 (pagg. 51-56)
Bernard Formoso, O peskadúro, le pecheur. Une conte en sinto piémontais, in
Etudes Tsiganes m. 1/1984, pp. 13-22
AA.VV., O Sucar gau, Centro Studi Zingari/Opera Nomadi di Torino,
ciclostilato, 1984
J.C.Brulé - Shimt Chaudy , Storielle Sinte, in Lacio Drom n. 5/1979
Bernard Formoso, O bovedantúna - un racconto in sinto piemontese, in Lacio
Drom n. 4/1984 (con note di Mirella Karpati)
Sergio Franzese, il Dialetto dei Sinti Piemontesi - note grammaticali e
glossario, Centro Studi Zingari di Torino, 1985
Sergio Franzese, Mari čib... maro braválimo (La nostra lingua... la nostra
ricchezza), sussidiario illustrato di sinto piemontese, Centro Studi Zingari,
Torino, 1987
Bernard Formoso - Georges
piémontais, P.O.F., Paris, 1987
Calvet,
Lexique
tsigane:
dialecte
sinto
Annibale Niemen, O ker kun le penijá - La casa con le ruote, Sinnos Editrice Collana i Mappamondi, Roma, 1995
Sergio Franzese, Grammatica di Sinto Piemontese e Dizionario Comparativo di
Sinto Piemontese (con registri in sinto piemontese - sinto piemontese
"francese" - italiano - inglese - francese), Edizioni "O Vurdón", 2002
Sergio Franzese, Rakarássa romanés (testi in lingua romani – dialetto sinto
piemontese), Edizioni "O Vurdón", 2004.
Altro:
Les Zingaria, Sinti Song, CD musicale contenente 10 brani in lingua sinta
cantati da Lick Dubois
Les Zingaria, Noël d'un enfant Tsigane, CD musicale e narrato contenente
brani in lingua sinta ed in francese cantati da Lick Dubois
46
Les Zingaria
Si tratta di un gruppo costituito da sei musicisti Sinti Piemontesi residenti
nella zona delle Alpi Marittime - Costa Azzurra, fondato ed animato da Lick
Dubois, autore-compositore-interprete.
Nel 1999 il gruppo ha inciso il suo primo CD dal titolo "Sinti Song",
contenente dieci brani in sinto interpretati da Lick.
Les Zingaria si sono esibiti in Francia ed in Italia.
Per informazioni e contatti in Italia rivolgersi a:
Sergio Franzese
Tel. 333-8352985
[email protected]
47
Lick Dubois
Lick
Dubois
è
un
sinto
piemontese che vive a Cannes.
Egli fa parte di quella comunità di
Sinti
Piemontesi
stanziata
in
Francia, nella regione della Alpi
Marittime. Fin da giovane Lick ha
dimostrato
di
possedere
un
notevole talento musicale che egli
ha sempre coniugato con l'amore
per la sua gente.
I Sinti Piemontesi sono una
minoranza nella minoranza a cui
Lick ha saputo dar voce attraverso
numerose canzoni, in sinto ed in
francese, composte nel corso degli
anni
Egli è inoltre autore di due libri: "Scènes
de la vie manouche - Sur les routes de
Provence avec les Sintis Piémontais"
(1998) e "Il était une fois les Bohémiens"
(2003) – pubblicati dalle Edizioni Wallâda
(2 rue de Fabritis, 13110 Port de Bouc,
Francia).
Dal 1978 al 1986 Lick ha
animato, a Mougins e a Grasse, le
"Nuits Tsiganes" (Notti Zigane),
un evento artistico della Costa
Azzurra di grande richiamo in cui
venivano rappresentate danze e
musiche di diverse etnie zingare.
Egli è inoltre l'autore di "O Sinto",
il principale brano musicale del
film "Lo Zingaro" (titolo originale:
Le Gitan) prodotto nel 1976 dal
regista José Giovanni, con Alain
Delon e Annie Girardot, nel quale
Lick recitava la parte del fratello
del protagonista.
48
Il CD (Sinti Song)
Titolo
1
2
3
4
-
MENELA
KOVA ROM
ŠUKAR ČAJ
MRO DŽUKEL
5 - ROMNI VELA LE ŠMITI
6
7
8
9
10
-
O SINTO
DES TU ČAJ
PURO SÍNTO
KUNTE GJAVENAS
DŽAR KALI
Il CD può essere acquistato inviando la somma di € 20 a:
Lick Dubois
1296, route Serra Capeou
F-06110 Le Cannet (Alpes Maritimes)
FRANCE
Il prezzo include le spese di spedizione.
Non si tratta, come potrebbe apparire, di un'operazione commerciale ma
di un invito a sostenere un'iniziativa di carattere culturale, un'iniziativa
coraggiosa perché frutto della passione di un sinto piemontese che non si
è arreso all'omologazione ed alle difficoltà, di un uomo che sa ancora
sognare e sperare in un futuro migliore per la propria gente e, di
conseguenza, per ciascuno di noi.
49
Les Zingaria
Les Zingaria i-le Sínti Piemontákeri ke dživóna kaj le Alpes Maritimes Côte d'Azur, an le Válči. Kavá ketanibén da štar o panč bašavimángere ta
jek kelimáskeri sas-lo čidó pren do Lick Dubois, ne sínto ke bašavéla,
gjavéla ta sibjaréla le láu da léskre giljá.
An o berš 1999 kalá bašavimángere kerdén-le léngro vágo dísko (CD):
"Sinti Song". An léste si deš giljá ke o Lick gjavéla in sínto.
Les Zingaria indžjén-le léngre giljá ta kelibén an but stéti da le Válči ta
ndro berš 2001 vjen-le nínge an i Itália.
Se komóni kaméla karéla len par te kerén len te bašavén, si te del táu kaj
jek da kalá duj keladé:
Lick: (0033) (0)4 93 46 58 54
Tribal Prod.: (0033) (0)4 93 45 53 78
50
O Lick Dubois
O Lick Dubois si ne sínto
piemontákero ke dživóla da le
rigá da Cannes. Jóu vjas-lo pro
bolibén maškarál da kolá Sínti
Piemontákeri ke si-le da but berš
kaj le Alpes Maritimes, an le
Válči. O Lick komensodás te
bašavél ta gjavél kánte sas-lo
pándra tarnó. Jóu si ne rom ke
kaméla but léskre Sínti. Maškarál
le Rom ta le Sínti le Piemontákeri
si-le písla. Da but berš o Lick déla
lénge i véjzla kun léskre giljá.
Jóu sibjardás nínge duj baré lilá ke
rakaréna pro dživibén romanó ndren le
berš naklé. O vágo da kolá lilá si:
"Scenes de la vie manouche - Sur les
routes de Provence avec les Sintis
Piémontais" (1998).
O vaver lil si: "Il était une fois les
Bohémiens" (2003) - Editions Wallada, 2
rue de Fabritis, 13110 Port de Bouc,
France.
Do berš 1978 fina ko berš 1986 o
Lick kerélas te vel pašál léste but
Sínti, Manúš ta Kalé par te
bašavén ta gjavén lésal an le gáu
da Mougins ta Grasse. Sas le
"Nuits Tsiganes" (Romané Ratjá),
ta sas but šukár par sa kolá ke
džánas-le koj te šunen len. Si
sémpar o Lick ke sibjardás o
bašávimo "O Sínto" an o film "Le
Gitan" da José Giovanni, kun
Alain Delon ta Annie Girardot. An
ková film o Lick kerdás i rik do
pral.
51
O CD (Sinti Song)
Láu da le giljá
1
2
3
4
-
MENELA
KOVA ROM
ŠUKAR ČAJ
MRO DŽUKEL
5 - ROMNI VELA LE ŠMITI
6
7
8
9
10
-
O SINTO
DES TU ČAJ
PURO SÍNTO
KUNTE GJAVENAS
DŽAR KALI
Se dživóssa an ne gáu di Európa (EU) ta kaméssa te kinés o dísko
(CD) si te bičavés € 20 ko:
Lick Dubois
1296, route Serra Capeou
F-06110 Le Cannet (Alpes Maritimes)
FRANCE
Se dživóssa an vavér stéto vrin di Európa (EU) si te sibjarés léske te
pučés kéčči mol te bičavél les an tro gáu katár le Válči.
Na si par te vel lové ke kamássa ke tumén kinéna o dísko (CD) ma
par te del ne vast kaj ne čačó sínto ke na kaméla te venle bistardé i
strófa t'i čib da le Sínti. In kavá vínkimo jóu keréla čomóni da šukár
na mónsi par le Sínti ma par sa le ménči ke kaména ke o číro ke
véla i-lo pi šukár ta pi baxtaló.
52
MENELA
MENELA
Naš, naš, naš, dža le tri gitara
ta bašau mange tu sa i rat.
Pjas, pjas, pjas i lači tikni mol
pjas, pjas, pjas fina ki tresarla.
Tuja le kamlo čavo, džaja mišto kun mri
čaj;
dikena vena mišto, tu ta mri čaj, tu mro
čavo.
Corri, corri, corri a prendere la tua
chitarra e suona per me tutta la notte.
Beviamo, beviamo, beviamo il buon
vinello
beviamo, beviamo, beviamo fino a
domattina.
Caro ragazzo, prendi con te mia figlia ed
abbi cura di lei;
che tra di voi tutto vada bene, tu e mia
figlia, tu figlio mio.
Kel, kel, kel, mro lačo tikno pral,
kel, kel, kel, sa da tri bari zor.
Šun, šun, šun, sar bašaveja tu,
čaj, čaj, čaj, kel mange tu mišto.
Tuja le kamlo čavo, džaja mišto kun mri
čaj;
dikena vena mišto, tu ta mri čaj, tu mro
čavo.
Sig, sig, sig, bašau mange koja
i "tik tok" do puro Menela.
Nakadam sa le tušnja di mol
ta kana šunava ma mišto... (2)
Balla, balla, balla, mio caro fratellino,
balla, balla balla, con tutta la tua
energia.
Ascolta, ascolta, ascolta come suoni,
ragazza, ragazza, ragazza, balla bene
per me.
Caro ragazzo, prendi con te mia figlia ed
abbi cura di lei;
che tra di voi tutto vada bene, tu e mia
figlia, tu figlio mio.
Presto, presto, presto, cantami quella
(canzone)
la "tic toc" del vecchio Menela.
Abbiamo finito tutte le bottiglie di vino
ed ora mi sento bene... (2)
53
KOVA ROM
QUELL'UOMO
Šun, gjavela, gjavela kova rom,
šun, bašavela, bašavela kova rom
da maškaral do baro veš,
ta gjavela kun le šukar čirikle.
Ta le kaškaraki, le kuraki godžare
rakarnas-le kun kova rom.
Roma, romale, čavale, šunen. (2)
Ascolta, canta, canta quell'uomo
ascolta, suona, suona quell'uomo
là in mezzo al bosco,
e canta, canta con gli uccelli.
E le gazze, e i corvi furbi
parlavano a quell'uomo.
O uomo, o uomini, o giovani, ascoltate.
(2)
Ta sa le Sinti, sa le Sinti penenas
ke jas e puro Sinto, Sinto narvalo
me jou mukelas te penel
oh ta fanola ta šunela čirikle
oh ta fanola ta fanola narvalo
me jou mukelas te penel.
Šun, gjavela, gjavela kova rom,
šun, bašavela, bašavela kova rom
da maškaral do baro veš,
ta gjavela kun le šukar čirikle.
Ta le kaškaraki, le kuraki godžare
rakarnas-le kun kova rom...
E tutti i Sinti, tutti i Sinti dicevano
che era un vecchio Sinto, un Sinto matto
ma lui lasciava dire
oh pareva ascoltare gli uccelli
oh sembrava, sembrava matto
ma lui lasciava dire.
Ascolta, canta, canta quell'uomo
ascolta, suona, suona quell'uomo
là in mezzo al bosco,
e canta, canta con gli uccelli.
E le gazze, e i corvi furbi
parlavano a quell'uomo ...
54
ŠUKAR ČAJ
BELLA RAGAZZA
Dža, šukar čaj
kun tre jaka da sonakaj.
Kunte kelela
o lunso da le vardinja
ah, sa le Sinti
ah, sa le Sinti
te gjavena e...
Va', bella ragazza
con i tuoi occhi splendenti.
Quando balla
vicino ai carrozzoni
ah, tutti i Sinti
ah, tutti i Sinti
cantano...
Šukar čaj, šukar čaj.
Oh Sinta, oh Sinta.
Dža, šukar čaj
kun tre jaka da sonakaj.
Kunte kelela
o lunso da le vardinja
ta me kamau tu,
ta me kamau tu.
Bella ragazza, bella ragazza.
Oh Sinta, oh Sinta.
Va', bella ragazza
con i tuoi occhi splendenti.
Quando balla
vicino alle carrozzoni
ed io ti amo,
ed io ti amo.
Ehi šukar čaj, šukar čaj, šukar čaj
šukar čaj, šukar čaj, šukar čaj...
Ehi bella ragazza, bella ragazza, bella
ragazza ,
bella ragazza , bella ragazza , bella
ragazza ...
55
MRO DŽUKEL
IL MIO CANE
Ta me džijom
kun mro tikno džukel
andren o veš
te rodas čirikle
gjavenas mišto.
Ed io andai
con il mio piccolo cane
nel bosco
per cercare degli uccelli
che cantavano bene.
Ta mro džukel kun i bari xolin
našelas-lo da pal di čirikle
gjavenas mišto.
Jamas minge mišto
kun mro džukel
andren o baro veš,
ta mro džukel našelas-lo
tel kola pure bare ruk
ta me šunavas ma mišto,
ke piravas tel kola ruk... (2)
Ed il mio cane con grande collera
correva dietro agli uccelli
che cantavano bene.
Stavo bene
con il mio cane
nel bosco,
ed il mio cane correva
sotto quei grandi vecchi alberi
ed io mi sentivo bene
passeggiando sotto quegli alberi...(2)
56
ROMNI, VELA LE ŠMITI
MOGLIE, ECCO I GENDARMI
Romni, vela le šmiti
na keren tumínga Sinti
čardjen-le čoraben pre manda
jin kola dine gadže
ando vavar divas.
Moglie, ecco i gendarmi
non preoccupatevi Sinti
mi hanno accusato di un furto
sono stati quei cattivi gagé dell'altro
giorno.
Na roven tine čave
dikena ke váva pale.
Non piangete bambini,
vedrete che tornerò.
Ta tu, o romni, de dament
da sa maro kova
ke sar me džanes.
Moglie, tu occupati
di tutte le nostre cose
che tu conosci come me.
Naš, naš, naš tikni čaj
naš, naš, naš, naš palal tri daj
ta pen lake te vel-li pale kaj
te randžar-li sa o kova.
Corri, corri, corri bambina
corri, corri, corri a cercare tua madre
e dille di venire qui
a mettere a posto ogni cosa.
Na roven tine čave,
na roven tine čave. (2)
Romni, de ma mro koro,
na džanava a ke kora vava pale,
kun kala šmiti jam sempar našade,
me na keren tuminga,
vava pale ...
Non piangete bambini,
non piangete bambini. (2)
O SINTO
IL SINTO
... tuke Sinto,
ah tri čori romni,
ah tro tino čavo ...
Sinto ...
... a te Sinto,
ah, la tua povera donna,
ah, il tuo piccolo bambino ...
Sinto ...
Moglie, dammi la mia giacca,
non so a che ora tornerò,
con questi gendarmi abbiamo sempre
torto,
ma non preoccupatevi,
io tornerò ...
57
DES-TU ČAJ ?
RICORDI, RAGAZZA?
Des-tu mri čaj, kunte džijam
luns do baro panin
garavas maro kamlipen
tel kola bare ruk ?
Le čirikle gjavelas,
pren da maro šero
jamas minge mišto
luns do baro panin.
Ricordi, ragazza mia, quando andavamo
vicino al fiume
per nascondere il nostro amore
sotto quei grandi alberi ?
Gli uccelli cantavano
sopra le nostre teste
stavamo bene
vicino al fiume.
Ta ča ka či ka
ta ča ka či ka
ta duj ta trin ta štar ta deš. (2)
Ta cia ka ci ka
ta cia ka ci ka
e due e tre e quattro e dieci. (2)
Kamavas te našas mange
me tu na kamejas,
darjas da tro ba da tri daj
di dar te maren tu.
Pendal mange, te dau čiro
da kaj trin štar dives
na jin ke na kamejas
jas tu i bari dar.
Volevo che scappassi insieme a me
ma tu non volevi,
avevi paura di tuo padre e di tua madre,
temevi che ti avrebbero picchiata.
Mi dicesti di aspettare
tre o quattro giorni
non perche tu non volessi
ma perchè avevi tanta paura.
Ta ča ka či ka
ta ča ka či ka
ta duj ta trin ta štar ta deš. (2)
Jamas minge mišto
luns do baro panin ...
Ta cia ka ci ka
ta cia ka ci ka
e due e tre e quattro e dieci. (2)
Stavamo bene
vicino al fiume ...
58
PURO SINTO
VECCHIO SINTO
Je dab jas e puro Sinto
čingarlas-lo kun i romni
ta kerlas te džal sovel-li
avrin tel i vardin.
Una volta c'era un vecchio Sinto
che litigava con la moglie
e la faceva dormire fuori
sotto al carrozzone.
Leskri romni penelas-li:
na dar, na mutrov pal tre kang,
na vava andri vardin do beng,
rom ke kandela sa šerf.
Sua moglie diceva:
non temere, puoi star tranquillo
che non verro nel carrozzone del
diavolo,
razza di uomo puzzolente.
Praselas i romni da sa le dine lau,
ta kun i xolin pagarlas i vardin
ta leskri romni marmura velas-li. (2)
Kunte penelas ki romni:
so jin kava dino xaben?
Džava mange xav ki virta
xava so kamava.
Dža dik kova kamlo rezo
da koja Njan par peskro rom
ta dik o muj do baro graj
o xaben da le džukel.
Praselas i romni da sa le dine lau,
ta kun i xolin pagarlas i vardin
ta leskri romni marmura velas-li... (2)
Insultava la moglie con tutte le brutte
parole,
e con rabbia rompeva il carrozzone
e gli altri mormoravano alle spalle di sua
moglie. (2)
Quando diceva alla moglie:
che razza di cibo schifoso è mai questo?
Me ne vado all'osteria
a mangiare cio che mi piace.
Va', guarda il buon riso
che prepara Nian per per suo marito
e guarda tu, muso di cavallo,
che mi dai il cibo dei cani.
Insultava la moglie con tutte le brutte
parole,
e con rabbia rompeva il carrozzone
e gli altri mormoravano alle spalle di sua
moglie... (2)
59
KUNTE GJAVENAS
QUANDO CANTAVANO
Sa našadam o dživiben
da mare Sinti,
le vardinja luns do panin
džijen-le vek.
Jenas mišto andro čiro
le pure Sinti.
Tutti abbiamo abbandonato la vita
dei nostri Sinti,
i carrozzoni vicino al fiume
se ne sono andati.
Stavano bene allora
i vecchi Sinti.
Kunte gjavenas
da luns da koja bari jag
sa le romnja kelenas
da luns da koja bari jag.
Kunte gjavenas
da luns da koja bari jag
sa le romnja kelenas
sa i rat.
Quando cantavano
vicino a quel grande fuoco
tutte le donne danzavano
vicino a quel grande fuoco.
Quando cantavano
vicino a quel grande fuoco
tutte le donne danzavano
tutta la notte.
Čore Sinti kaj nakjen sa
rovava kana,
kunte džanas pre le droma,
te džan mangen le matreli,
t'o balavas, o maro t'i mol.
Poveri Sinti che non ci sono più
io adesso rimpiango,
quando andavano sulle strade
a chiedere le patate,
un po' di lardo, il pane e il vino.
Sa našadam o dživiben
da mare Sinti
le vardinja luns do panin
džijen-le vek
jenas mišto andro čiro
le pure Sinti ...
Tutti abbiamo abbandonato la vita
dei nostri Sinti
i carrozzoni vicino al fiume
se ne sono andati.
Stavano bene i vecchi Sinti
di allora ...
60
DŽAR KALI
PELI NERI
Tu džajas sa nangi
luns do baro panin
ta me dikavas tu te toves tu.
O panin našelas maškaral da tri džar,
džalas šukar andro panin.
Camminavi tutta nuda
vicino al fiume
ed io ti guardavo mentre ti lavavi.
L'acqua scorreva tra i tuoi peli,
eri bella nell'acqua.
Pjavas panin pre tri morčin,
parlas ma li da dživiben,
kelenas tre šukar čuča
andro šukar panin.
Bevevo l'acqua sulla tua pelle,
mi riempiva di vita,
danzavano i tuoi seni
nell'acqua.
Kamjas men sar jag
andre kova panin
le mače kelenas pal mande
dikavas te našel o panin
pre tri džar
tri džar, kali sar e murja ...
Ci amavamo come il fuoco
in quell'acqua
i pesci danzavano intorno a me
io guardavo l'acqua che correva
tra i tuoi peli
i tuoi peli, neri come le more...
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