Percorsi di inserimento Lavorativo
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Percorsi di inserimento Lavorativo
Percorsi di inserimento Lavorativo A.S.S. n°1 Triestina Dipartimento di Salute Mentale Ufficio per la Formazione e l’Inserimento Lavorativo 1 L’esistente non è “natura” immodificabile Franco Basaglia 1979 2 LA BORSA DI FORMAZIONE AL LAVORO La borsa di formazione al lavoro è un assegno in denaro, erogato dall’ASS (Azienda Servizi Sanitari) n°1 Triestina nell’ambito delle specifiche attività previste dalla legge regionale 72 del 1980, a favore di utenti del Dipartimento di Salute Mentale (DSM) in situazione di disoccupazione e non professionalità che necessitano di un percorso di formazione e reinserimento lavorativo. La borsa di formazione al lavoro è risorsa operativa del Centro di Salute Mentale (CSM), strumento terapeutico-riabilitativo il cui obiettivo è l’emancipazione e l’integrazione sociale della persona, il consolidamento di un’identità e di un ruolo non più legato alla malattia. Il lavoro oltre a fornire un reddito, appare oggi fattore determinante nella costruzione di una identità socialmente scambiabile, nell’acquisizione di autonomia, è luogo di rafforzamento di fiducia e rispetto di sé, di scambi e relazioni, di apprendimento, di valorizzazione, di crescita personale e professionale. Se il lavoro è “diventato chiave di accesso di diritti” e “chiave di strutturazione dell’esistenza umana e sociale” (Rotelli), l’intervento riabilitativo nella salute mentale deve porsi la questione dell’esclusione dal mercato di quote di popolazione sempre maggiori. LA RIABILITAZIONE COME ACCESSO AI DIRITTI DI CITTADINANZADI CITTADINANZA La legge di riforma psichiatrica, L 180/78, ha sancito l’entrata nel mondo dei diritti delle persone con sofferenza psichica, ma la questione tuttora aperta nelle pratiche di salute mentale è come trasformare il diritto da formale a sostanziale, quindi come favorire la costruzione materiale dei diritti di cittadinanza per le persone con problemi di salute mentale, come orientare verso queste risorse economiche, umane e culturali. Dopo “la libertà da...”, dal manicomio e da ogni forma di internamento, si tratta di costruire “la libertà di...”, abitare, stare nelcommercio sociale, intraprendere, possedere..., perché ove la lotta contro il manicomio non si accompagna ad un impegno per le risorse, si corre il rischio che, permanendo alcuni in una situazione di esclusione sociale, di non accesso ai diritti di cittadinanza, venga riproposta la necessità del ritorno alla reclusione e all’internamento. (Rotelli) La formazione alle abilità e competenze per l’indipendenza nella vita quotidiana e di relazione, l’accesso al minimo di cultura e di istruzione oggi richiesto, la preformazione e la formazione professionale, l’inserimento nel 3 mondo produttivo devono essere quindi terreno attivo di impegno per gli/le operatori/trici della salute mentale. Impegno che si rivolge ad una vasta popolazione di uomini e donne con differenti storie di sofferenza, di istituzionalizzazione, differenti gradi di disabilità, rete sociale, familiare... che o non hanno mai avuto accesso a tali diritti o che li hanno persi a causa della loro storia di malattia. Giovani che per la prima volta si accostano al servizio di salute mentale avendo già vissuto una serie di insuccessi e di espulsioni, che fanno fatica a reggere le regole diffuse ed i ritmi stabiliti; adulti, con molti anni di storia di malattia che hanno sperimentato fenomeni di deriva sociale con perdita di reti sociofamiliare e necessitano di impegno abilitativo costante ed individualizzato; donne che non riescono più a stare nei limiti rigidi di un ruolo imposto o che necessitano di emanciparsi da una condizione violenta di dipendenza e non autonomia; lavoratori e lavoratici espulsi dal ciclo produttivo che ammalano privati di ruolo attivo sociale; stranieri costretti a lasciare il loro paese a causa della miseria e delle guerre. Per tutti è indispensabile attivare più che assistere, confrontarsi con le abilità, pure residue, più che con le disabilità, essere operatori/trici della mediazione e facilitazione più che della tutela e della invalidazione, uscire da un rapporto terapeutico duale per immettere continuamente “il terzo”, agire attraverso la mediazione di oggetto, sola garanzia di emancipazione e di rottura di dipendenze, mettere in connessione persone e mondi di norma separati, ricercare qualità e qualificazione. DALL’ERGOTERAPIA ALL’IMPRESA SOCIALE Nella psichiatria manicomiale il lavoro è sempre stato questione primaria. Il lavoro per correggere, per vincere i vizi e l’ozio, per passare il tempo, per fiaccare, per punire; il lavoro come terapia per continuare a tenere vitale l’istituzione riducendone i costi, come strumento di divisione tra gli/ le internati/e, come premio per chi sta nelle regole, come controllo. “Il lavoro in manicomio è norma morale, sfruttamento, intrattenimento” (Saraceno), in cambio di piccoli vantaggi, mezzo pacchetto di sigarette, la possibilità di uscire o di riposare nel proprio letto. Nel lavoro di deistituzionalizzazione in Italia, nello smontaggio del manicomio e degli apparati scientifici e legislativi che lo sottendevano, la costruzione del diritto al lavoro, la costituzione di cooperative di exinternati e internate sono state tappe fondamentali per l’entrata nel contratto sociale delle persone con malattia mentale. 4 A Trieste la prima cooperativa di lavoro, costituita nel 1972, sanciva la fine dell’ergoterapia affermando il diritto al lavoro. La cooperativa prendeva in appalto i lavori di pulizia, trasporto, dispensa, mensa, lavanderia nell’ospedale psichiatrico, già eseguiti dai/lle pazienti in nome della cura. L’essere socio o socia della cooperativa permetteva a molti di uscire dal manicomio e di vivere una vita autonoma nella città. Nelle diverse fasi della deistituzionalizzazione a Trieste, dalla chiusura definitiva del manicomio alla costruzione nel territorio dei Centri di Salute Mentale aperti sulle 24 ore, si è determinata una riconversione delle risorse economiche ed umane da logiche riparativo-assistenziali verso logiche di attivazione, responsabilizzazione, promozione. Negli anni ’80, spostatosi l’asse dell’intervento nel territorio, la questione del diritto al lavoro è ritornata ad essere pressante nella pratica dei servizi. Il lavoro per gli ex-internati/e e dimessi, ma tanto più per i giovani, gli uomini e le donne che arrivavano ai servizi territoriali, lavoro come reddito ed autoafermazione, possibilità di scambio e di rete, diminuzione dello stigma legato allamalattia, rottura delle separatezze ed immissione nella normalità della conflittualità del “diverso/a”, prima negata o nascosta. Nel 1983, la Direzione del Dipartimento di Salute Mentale riconvertiva una parte del budget dei sussidi, sostegno economico per le persone prive del minimo reddito vitale, in assegni per la formazione al lavoro, che furono attivati in particolare per i/le giovani utenti disoccupati/e e privi di reddito, contro ogni logica assistenzialistico-caritativa, ma giocando la sfida dell’intrapresa e della riproduzione sociale. La formazione si svolgeva in luoghi di lavoro non in ambiti separati. I primi inserimenti attraverso le borse di formazione al lavoro, avveniva nelle fabbriche, nell’organizzazione produttiva data. Ma presto si abbandonava tale pratica a partire dalla verifica del fallimento di tali inserimenti per l’incapacità dell’organizzazione a modificarsi, a volte neppure a tollerare l’altro/a con sofferenza e dalla verifica della marginalizzazione degli utenti in lavori dequalificati e privi di scambi. Nel 1985 si costituivano così nuove cooperative di lavoro con operatori/ trici che accettavano di uscire dai Centri di Salute Mentale per sperimentarsi nella ri-abilitazione attraverso il mercato, cooperative dove si aggruppavano borsisti/e, soci lavoratori/trici provenienti dai servizi e giovani della città che chiedevano spazi di espressione, di autorealizzazione, di protagonismo, di autonomia. La forma lavoro cooperativa appare quella che meglio sembra rispondere alle esigenze espresse dalle persone-con-sofferenza, ma anche da molti giovani che fanno fatica a stare nel rapporto di lavoro dipendente. 5 Nel 1991 la legge nazionale 381 va a normare queste esperienze definendo le finalità delle cooperative sociali nel “perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini”. A Trieste il valore della cooperativa sociale si riconosce nella sua organizzazione elastica, modificabile, nell’essere insieme di attività diversificate e di piccole dimensioni attraverso le quali persone possono transitare in un continuo di cui tutti sono partecipi e consapevoli. L’attenzione viene posta sulla trasversalità di informazioni e di discussione, sulla compartecipazione e corresponsabilizzazione, sulla ricchezza della convivenza delle differenze, sulla qualità. L’accento e la tensione posta sulla qualità non è solamente scelta obbligata per ragioni economiche, -operare attraverso piccole unità produttive implica che ci si collochi in un mercato qualitativo, ma la qualità del prodotto si riverbera sulla qualità del contesto di lavoro, delle relazioni, dell’ambiente, dei modi e dei contenuti del lavoro. Le cooperative sono organizzate come luogo di lavoro, ma anche di formazione professionale, di costruzione di identità, di capacità di relazione e di espressione, di responsabilizzazione. A partire da tutto questo le cooperative riescono a svolgere nella comunità, accanto ai servizi, una importante funzione di modifica dell’immagine e della rappresentazione del malato di mente. Nello sviluppo delle pratiche abilitative dei Centri di Salute Mentale e delle cooperative sociali da alcuni anni si è formulato il concetto di impresa sociale come l’insieme di pratiche che rompono la separatezza tra il mondo della produzione e quello della riproduzione, che valorizzano le risorse umane, mobilizando le energie, forse residuali, determinano “il passaggio da un mondo di assistenza sociale inefficace e distruttivo, al mondo di intrapresa sociale” (Rotelli). L’impresa sociale è eminentemente una filosofia, un lavoro progettuale di attivazione di risorse, di sinergie, di intelligenze, di trasformazione culturale, di connessione tra mondi di norma separati: l’intreccio tra mondo della produzione e della riproduzione, tra assistenza e mercato ci pare essere una questione di fondo, il nuovo terreno di sfida nelle pratiche della riabilitazione come nelle politiche sociali. Dell’impresa sociale, le cooperative sociali non rappresentano né l’unica espressione, né la totalità dell’esperienza, ma sono certamente uno dei terreni privilegiati attraverso cui l’impresa sociale si può articolare. Il servizio pubblico è parte rilevante dell’impresa sociale, a condizione che si deistituzionalizzi, che esca dal paradigma medico o psicologico per farsi 6 luogo di riproduzione ed emancipazione dei soggetti. Diventi luogo di presa in carico e di cura dei soggetti nella loro complessità, luogo di produzione di opportunità, relazioni, scambi che, valorizzando la mediazione d’oggetto, rimetta i soggetti nella dinamica sociale per l’esercizio dei diritti di cittadinanza. Ufficio per la formazione e l’inserimento lavorativo Ad aprile ’96 si costituisce nel DSM l’Ufficio per la formazione e l’inserimento al lavoro come necessità degli/lle operatori/trici di reinvestire attenzione e progettualità sulle questioni della formazione ed inserimento al lavoro, anche in relazione ad una realtà economica e di mercato in profonda trasformazione e di fronte al consolidamento delle cooperative sociali diventate soggetti imprenditoriali autonomi. L’Ufficio è formato dalla responsabile del Servizio Abilitazione e Residenze, da una psicologa ed una assistente sociale dello stesso e da due operatori, delegati per ogni Unità Operativa-Centro di Salute Mentale dal/la responsabile, referenti per le questioni legate alla formazione ed all’inserimento lavorativo. L’Ufficio è momento di coordinamento fra le Unità Operative del DSM, luogo di riflessione ed analisi per la ricerca di strategie tese a favorire sempre più opportunità e percorsi emancipativi, luogo di valutazione della qualità dei percorsi formativi, di monitoraggio dell’andamento delle borse di lavoro. L’Ufficio ha, inoltre, compiti di coordinamento tra le cooperative finalizzate ed il Dipartimento. Il lavoro dell’Ufficio ha determinato un riordino ed un aumento delle borse di formazione al lavoro, un incremento ed una diversificazione dei luoghi della formazione onde rispondere meglio ai bisogni dell’utenza, uscendo così dal rischio della omologazione e della ripetitività della risposta. Va sottolineato l’inserimento, negli ultimi due anni, di borsisti/e in aziende della città, qualificate e di piccole dimensioni in cui si incontra la disponibilità e voglia a confrontarsi con la diversità/disagio. Tale esperienza, testimonianza della costruzione di reti e dell’ampliamento degli spazi di “normalità” per le persone con problemi di salute mentale, necessita di essere monitorata e valutata con attenzione nel tempo. 7 Da aprile 1998 l’Ufficio per la formazione e l’inserimento lavorativo ha attivato un tavolo di confronto con le cooperative sociali di tipo B della Provincia di Trieste con l’obiettivo di: a) intensificare il confronto fra i Servizi di Salute Mentale e le cooperative ponendo fine ad un rapporto preferenziale nei confronti delle cooperative sorte nell’ambito del DSM; b) favorire scambi e confronto sulle pratiche e metodologie della formazione ed inserimento lavorativo delle persone svantaggiate; c) contribuire allo sviluppo ed la qualificazione della cooperazione sociale favorendo la stipula di protocolli d’intesa con gli Enti Pubblici per l’uscita da una marginalità di mercato; d) promuovere pratiche di economia solidale contro l’esclusione sociale. Progetti sperimentali di inserimento lavorativo Giugno-dicembre 2004 A partire da una serie di incontri realizzati con le cooperative sociali di tipo B convenzionate con l’A.S.S. n1 Triestina realizzate nel primo semestre del 2004 si sono evidenziate come elemento comune di riflessione nell’approccio alla questione dell’inserimento lavorativo le difficoltà legate a coniugare efficacemente la necessità di collocarsi adeguatamente in un mercato caratterizzato da appalti, scadenze, flessibilità e le richieste provenienti dai Servizi di inserire al lavoro persone in situazioni di marcato disagio e forte disabilità. Nella convinzione che il lavoro rappresenti una delle dimensioni imprescindibili nell’ottica dell’accesso ai diritti e nell’ ottica della costruzione di un ruolo sociale capace di incentivare autonomie e percorsi di protagonismo su proposta del Servizio Abilitazione e Residenze e con delibera n. 311 dd 24.05.2004 dell’A.S.S. n.1 Triestina si è stanziato un budget di 10.000,00 Euro finalizzati a riconoscere economicamente ed in via sperimentale il compito formativo affidato alle cooperative sociali al momento dell’inserimento in un percorso di avvio all’esperienza lavorativa di persone che per la loro storia e per la loro condizione di disagio presentano una situazione di impoverimento o una storia di fallimenti tali da rendere difficile un inserimento anche attraverso l’abituale strumento della borsa di formazione al lavoro. Si è pensato quindi ad uno strumento capace di rispondere alle bisogno di un maggior affiancamento individualizzato sostenendo la cooperativa sociale deputata all’intervento in termini di tipo economico con un riconoscimento dell’impegno orario destinato all’attività di formazione. 8 PRINCIPI CHIAVE DELLA FORMAZIONE AL LAVORO a) Coincidenza fra il luogo della formazione ed il luogo di lavoro: la formazione deve avvenire in una realtà produttiva, collocata all’interno del mercato e delle possibilità reali di occupazione; non deve essere solo formazione ad una mansione, ma formazione anche alla conoscenza dell’organizzazione dell’impresa e del lavoro. È necessario prevedere un aggiornamento e una formazione permanente a partire dalle richieste dell’utenza e dalla necessità di sempre maggiore qualificazione poste dal mercato. b) Qualificazione delle attività lavorative e del luogo della formazione: la formazione deve essere qualificata, allorché riferita ad attività/mansioni semplici. Attenzione deve essere posta al luogo della formazione, luogo che deve essere il più possibile visibile e riconosciuto. c)Gruppi di piccole dimensioni: nella formazione al lavoro va privilegiato il piccolo gruppo che favorisce la conoscenza reciproca, l’instaurarsi di rapporti e relazioni con i colleghi, il senso di appartenenza. d) Referente della formazione: in ogni luogo della formazione deve essere definito un/una referente responsabile della formazione a cui il/la borsista può far riferimento. e) Rapporto fra impresa e Centro di Salute Mentale: il/la referente della formazione nell’impresa ed il/la referente dell’inserimento lavorativo del CSM devono mantenere un rapporto costante, al fine di affrontare tempestivamente i problemi che possono determinarsi nel percorso formativo ed al fine di una costante verifica del percorso stesso. f) Il/la borsista non può sostituire un lavoratore, ma si affianca al lavoratore in una attività reale, a confronto con il mercato. g) La borsa di formazione al lavoro deve essere finalizzata all’inserimento lavorativo. 9 PROCEDURE PER L’ATTIVAZIONE DELLE BORSE DI FORMAZIONE AL LAVORO Per l’assegnazione della borsa di formazione lavoro devono essere compilate: a) la scheda di assegnazione: va redatta dal referente del CSM di concerto con l’operatore che segue la persona interessata al percorso formativo. Nella scheda, oltre ai dati socio-anagrafici vano esplicitate le motivazioni e gli obiettivi che il servizio si prefigge di raggiungere con l’attivazione dello strumento; b) il contratto di formazione: è stipulato fra il/la borsista, il luogo di formazione ed il servizio. Per la stipula del contratto l’operatore/trici referente programma un incontro con il datore di lavoro, durante il quale il contratto viene letto in modo da mettere a conoscenza gli interessati dei propri diritti e doveri, favorendo il protagonismo dei soggetti interessati. Il contratto prevede verifiche periodiche che vengono condotte sul posto di lavoro con il/la borsista il/la formatore/trice ed il/la referente. Il contratto ha la validità di un anno e può essere rinnovato di norma fino a tre anni. È assicurata la copertura INAIL e RCT. ORIENTAMENTO DEL BORSISTA AL PERCORSO FORMATIVO La titolarità del progetto terapeutico e di cura e la scelta della persona con cui iniziare un percorso di formazione al lavoro è compito e responsabilità del Centro di Salute Mentale. Attenzione deve essere posta nell’offrire pari opportunità formative agli uomini ed alle donne ed al fatto che, pur essendo la borsa di formazione al lavoro uno degli strumenti terapeutico-riabilitativi fra i più emancipativi, non è l’unica risposta alla presa in carico ed al bisogno di salute della persona. L’operatore/trice del servizio, a partire dalla conoscenza e dalla storia della persona, dai sui bisogni e dalle precedenti esperienze formative e lavorative individua il luogo in cui iniziare il percorso formativo. tenendo presente le reali possibilità occupazionali offerte dal mercato. Tale scelta va verificata ed eventualmente rivisitata con il luogo di formazione a partire dal confronto fra conoscenze diverse. 10 I LUOGHI DELLA FORMAZIONE Nella scelta dei luoghi di formazione attenzione deve essere posta all’assetto organizzativo e qualitativo dell’impresa con cui iniziare il rapporto. Criteri per l’inserimento nelle Cooperative Sociali a) Le cooperative sociali nel loro progetto imprenditoriale devono essere soggetti economici propositivi e di sviluppo, porre attenzione alla qualità dei servizi/prodotti offerti, allargare spazi di mercato onde evitare il rischio di essere imprese dequalificate cui limitare nicchie residuali di mercato. b) La cooperativa deve applicare il contratto di lavoro del settore in cui opera. c) La formazione deve prevedere e favorire la partecipazione del borsista alla vita della cooperativa (assemblee, riunioni di settore) al fine di promuovere una conoscenza della cooperativa e degli obiettivi che ci si prefigge. d) Qualora una cooperativa può offrire percorsi professionali diversificati all’interno di diversi settori, in modo da consentire eventuali cambiamenti di settori al/alla borsista, questo è un criterio preferenziale nella scelta. Criteri per l’inserimento nelle Aziende a) L’azienda deve avere dimensioni medio-piccole peraltro non si devono scegliere ditte individuali ma imprese con organici di almeno 3-5 unità dipendenti. b) L’impresa deve essere solida dal punto di vista economico. c) Devono essere evitate imprese ad alto rischio infortunistico. d) Non deve essere inserito più di un borsista per azienda in formazione. e) È opportuno evitare imprese iscritte di recente alla camera di commercio in quanto l’organizzazione aziendale deve essere consolidata per garantire qualità e qualificazione nella formazione. 11 FLUSSO DELLE BORSE DI FORMAZIONE LAVORO NEL 2004 CESSAZIONI 40 DONNE 16 UOMINI 24 BORSISTI NEL 2004 ASSUNZIONI 169 21 DONNE 12 UOMINI 9 DONNE 82 UOMINI 87 RIPRENDONO 3 DONNE 6 UOMINI LUOGHI DELLA FORMAZIONE AL LAVORO Formazione 10-6% Enti Diversi 11-7% ASSOC. 28-17% Aziende 32-19% Cooperative 88-51% Dipartimento di Salute Mentale - A.S.S. N°1 Triestina Servizio Abilitazione e Residenze Ufficio per la Formazione e L'Inserimento al Lavoro 12 ANDAMENTO BORSE DI FORMAZIONEAL LAVORO 96-04 250 200 91 90 83 150 80 70 84 82 57 100 42 50 91 115 103 113 110 104 87 77 87 0 1996 1997 1998 1999 2000 DONNE UOMINI 2001 2002 2003 2004 ANDAMENTO ASSUNTI 96-04 35 30 15 25 12 20 14 14 14 13 12 9 9 9 15 10 5 19 17 12 2 11 5 5 6 0 1996 1997 1998 1999 2000 UOMINI 13 2001 DONNE 2002 2003 2004 LUOGHI IN CUI SONO AVVENUTE LE ASSUNZIONI 04 Aziende 4 Enti 3 Cooperative 13 Associazioni 1 Dipartimento di Salute Mentale - A.S.S. N°1 Triestina Servizio Abilitazione e Residenze Ufficio per la Formazione e L'Inserimento al Lavoro FLUSSO DEGLI ASSUNTI DAL 1999 AL 2003 Rapporti di lavoro attivi Rapporti di lavoro cessati 83 (66%) donne uomini 47 36 42 ( 34%) donne uomini 21 21 Coop sociali Aziende Enti Assoc 68 13 1 1 125 persone 14 Coop sociali Aziende Enti Assoc 27 10 1 3 Dal regolamento del Dipartimento di Salute Mentale Approvato con Provvedimento n. 2885 D. D. 28/12/1995 È compito precipuo del Dipartimento operare per rimuovere qualsiasi forma di discriminazione, stigmatizzazione, esclusione nei confronti delle persone portatrici di disagio e disturbo mentale e partecipare a promuovere attivamente i pieni diritti di cittadinanza”. Art. 1 comma 2. “Le cooperative sociali di cui alla legge n. 381/1991 ed alla legge regionale n. 7/1993 costituiscono risorsa operativa del Dipartimento ovvero delle Unità Operative in cui lo stesso si articola”. Art. 2 comma 3. “L’assegno di formazione al lavoro è attivato nell’ambito delle specifiche attività previste dalla legge regionale 23/12/1980 n. 72 che obbliga il DSM a promuovere “situazioni occupazionali protette e non protette, corsi professionali a carattere residenziale diurno, partecipazione ad attività scolastiche e formative con particolare attenzione all’inserimento in situazioni di formazione permanente, centri di riabilitazione lavorativa, cooperative finalizzate”. - I beneficiari sono utenti del DSM che si trovano in una situazione di disoccupazione o di non professionalità, per i quali venga valutato opportuno e possibile un percorso di formazione professionale e un reinserimento socio- lavorativo. - L’ammontare tipo dell’assegno viene stabilito annualmente dal Direttore generale su proposta della Direzione del DSM. - L’assegno di formazione e lavoro è incompatibile con gli altri proventi derivanti da lavoro e con l’assegno di integrazione sociale, se non nella sua versione di intervento occasionale. - Gli AFL sono erogati in casi di un’effettiva disponibilità di un successivo inserimento lavorativo e vanno intesi sia come sostegno economico della persona per il periodo di formazione all’attività lavorativa proposta sia come incentivo nei confronti di un potenziale datore di lavoro. L’erogazione dell’assegno di norma non supera i tre anni.” Art. 15 comma 3. 15 Legge 8 Novembre 1991, 381-”Disciplina delle cooperative sociali” Art. 1 Definizione 1. Le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini attraverso: a) la gestione di servizi sociosanitari ed educativi; b) lo svolgimento di attività diverse - agricole, indusatriali, commerciali e di servizi - finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. 2. Si applicano alle cooperative sociali, in quanto compatibili con la presente legge, le norme relative al settore in cui le cooperative stesse operano. 3. La denominazione sociale, comunque formata, deve contenere l’indicazione di “cooperativa sociale”. Art. 2 Soci volontari 1. Oltre ai soci previsti dalla normativa vigente, gli statuti delle cooperative sociali possono prevedere la presenzadi soci volontari che prestino la loro attività gratuitamente. 2. I soci volontari sono iscritti in un’apposita sezione del libro soci; il loro numero complessivo non può superare la metà del numero complessivo dei soci. 3. Ai soci volontari non si applicano i contratti collettivi e le norme di legge in materia di lavoro subordinato ed autonomo, ad eccezione delle norme in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con proprio decreto, determina l’importo della retribuzione da assumere a base del calcolo dei premi e delle prestazioni relative. 4. Ai soci volontari può essere corrisposto soltanto il rimborso delle spese effettivamente sopstenute e documentate sulla base di parametri stabiliti dalla cooperativa sociale per la totalità dei soci. 5. Nella gestione dei servizi di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), da effettuarsi in applicazione dei contratti stipulati con amministrazioni pubbliche, le prestazioni dei soci volontari possono essere utilizzate in misura complementare e non sostitutiva rispetto ai parametri di impiego di operatori professionali previsti dalle disposizioni vigenti. Le prestazioni dei soci volontari non concorrono alla determinazione dei costi di servizio, fatta eccezione per gli oneri connessi all’applicazione dei commi 3 e 4. 16 Art. 3 Obblighi e divieti 1. Alle cooperative sociali si applicano le clausole relative ai requisiti mutualistici di cui all’articolo 3 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n.1577, ratificato con modificazioni, dalla legge 2 aprile 1951, n. 302, esuccessive modificazioni. 2. Ogni modificazione statutaria diretta ad eliminare il carattere di cooperativa sociale comporta la cancella zione dalla “sezione cooperazione sociale” prevista dal secondo comma dell’articolo 13 del citato decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n.1577, come modificato dall’articolo 6, comma 1, lettera c), della presente legge, nonché la cancellazione dall’albo regionale di cui all’articolo 9, comma 1, della presente legge. 3. Per le cooperative sociali le ispezioni ordinarie previste dall’articolo 2 del citato decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n.1577, debbono aver luogo almeno una volta all’anno. Art. 4 Persone svantaggiate 1. Nelle cooperative che svolgono attività di cui all’articolo 1 , comma 1, lettera b), si considerano persone svantaggiate gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di istituti psichiatrici, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, i condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione previste dagli articoli 47, 47-bis, 47-ter e 48 della legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificati dalla legge 10 ottobre 1986, n. 663. Si considerano inoltre persone svantaggiate i soggetti indicati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità, con il Ministro dell’ interno e con il Ministro per gli affari sociali, sentita la commissione centrale per le cooperative istituita dall’articolo 18 del citato decreto legilativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n.1577, e successive modificazioni. 2. Le persone svantaggiate di cui al comma 1 devono costituire almeno il trenta per cento dei lavoratori della cooperativa e, compatibilmente con il proprio stato soggettivo, essere socie della cooperativa stessa. La condizione di persona svantaggiata deve risultare da documentazione proveniente dalla pubblica amministrazione, fatto salvo il diritto alla riservatezza. 17 3. Le aliquote complessive della contribuzione per l’assicurazione obbligatoria previdenziale e assistenziale dovute dalle cooperative sociali, relativamente alla retribuzione corrisposta alle persone svantaggiate di cui al presente articolo, sono ridotte a zero. Art. 5 Convenzioni 1. Gli enti pubblici possono, anche in deroga alla disciplina in materia di contratti della pubblica amministrazione, stipulare convenzioni con le cooperative che svolgono attivtà di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), per la fornitura di beni e servizi diversi da quelli sociosanitari ed educativi, purché finalizzate a creare opportunità di lavoro per le persone svantaggiate di cui all’articolo 4, comma 1. 2. Per la stipula delle convenzioni di cui al presente articolo, le cooperative debbono risultare iscritte all’albo regionale di cui all’articolo 9, comma 1. Art. 6 Modifiche al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 Dicembre 1947, n.1577 1. Al citato decreto legislativo del del Capo provvisorio dello Stato 14 Dicembre 1947, n.1577, sono apportate le seguenti modifiche: a) all’articolo 10 è aggiunto, in fine, il seguente comma: •”Se l’ispezione riguarda cooperative sociali, una copia deve essere trasmessa, a cura del ministero del lavoro e della previdenza sociale, entro quaranta giorni dalla data del verbale stesso, alla regione nel cui territorio la cooperativa ha sede legale”; b) all’articolo 11, è aggiunto in fine il seguente comma: •”Per le cooperative sociali i provvedimenti di cui al secondo comma sono disposti previo parere dell’organo competente in materia di cooperazione della regione nel cui territorio la cooperativa ha sede legale”; c) al secondo comma dell’articolo 13, è aggiunto in fine, il seguente comma: •”Oltre che nella sezione oper esse specificamente prevista, le cooperative sociali sono iscritte nella sezione cui direttamente afferisce l’attività da esse svolta”. 18 Art. 7 Regime tributario 1. Ai trasferimenti di beni per successione o donazione a favore delle cooperative sociali si applicano le disposizioni dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 637. 2. Le cooperative sociali godono della riduzione ad un quarto delle imposte catastali ed ipotecarie, dovute in seguito alla stipula dei contratti di mutuo, di acquisto o di locazione, relativi ad immobili destinati all’esercizio dell’attività sociale. 3. Alla tabella A, parte II, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.633 e successive modificazioni è aggiunto il seguente numero: “41-bis) prestazioni a carattere sociosanitario ed educativo rese da cooperative sociali”. Art. 8 Consorzi 1. Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano ai consorzi costituiti come società cooperative aventi la base sociale formata in misura non inferiore al settanta per cento da cooperative sociali Art. 9 Normativa regionale 1. Entro un anno dala data di entrata in vigore della presente legge, le regioni emanano le norme di attuazione. A tal fine istituiscono l’albo regionale delle cooperative sociali e determinano le modalità di raccordo con le attività dei servizi sociosanitari, nonché con le attività di formazione professionale e di sviluppo della occupazione. 2. Le regioni adottano convenzioni-tipo per i rapprti tra le cooperative sociali e le amministrazioni pubbliche che operano nell’ambito della regione, prevedendo, in particolare, i requisiti di professionalità degli operatori e l’applicazione delle norme contrattuali vigenti. 3. Le regioni emanano altresì norme volte alla promozione, al sostegno e allo sviluppo della cooperazione sociale. Gli oneri derivanti dalle misure di sostegno disposte dalle regioni sono posti a carico delle ordinarie disponibilità delle regioni medesime. 19 Art. 10 Partecipazione alle cooperative sociali delle persone esercenti attività di assistenza e di consulenza 1. Alle cooperative istituite ai sensi della presente legge non si applicano le disposizioni di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1815. Art. 11 Partecipazione delle persone giuridiche 1. Possono essere ammesse come soci delle cooperative sociali persone giuridiche pubbliche o private nei cui statuti sia previsto il finanziamento e lo sviluppo di tali cooperative. Art. 12 Disciplina transitoria 1. Le cooperative sociali già costituite alla data di entrata in vigore della presente legge devono uniformarsi entro due anni da tale data alle disposizioni in essa previste. 2. Le deliberazioni di modifica per adeguare gli atti costitutivi alle norme della presente legge, possono, in deroga alle disposizioni di cui agli articoli 2365 e 2375, secondo comma, del codice civile, essere adottate con le modalità e la maggioranza dell’assemblea ordinaria stabilite dall’atto costitutivo. La presente legge, munita del sigillo di stato, sarà inserita nella Raccolta e negli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge di stato. 20