Percorsi di inserimento Lavorativo

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Percorsi di inserimento Lavorativo
Percorsi di inserimento Lavorativo
A.S.S. n°1 Triestina
Dipartimento di Salute Mentale
Ufficio per la Formazione e l’Inserimento Lavorativo
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L’esistente non è “natura” immodificabile
Franco Basaglia 1979
2
LA BORSA DI FORMAZIONE AL LAVORO
La borsa di formazione al lavoro è un assegno in denaro, erogato dall’ASS
(Azienda Servizi Sanitari) n°1 Triestina nell’ambito delle specifiche attività
previste dalla legge regionale 72 del 1980, a favore di utenti del Dipartimento
di Salute Mentale (DSM) in situazione di disoccupazione e non professionalità
che necessitano di un percorso di formazione e reinserimento lavorativo.
La borsa di formazione al lavoro è risorsa operativa del Centro di Salute
Mentale (CSM), strumento terapeutico-riabilitativo il cui obiettivo è
l’emancipazione e l’integrazione sociale della persona, il consolidamento di
un’identità e di un ruolo non più legato alla malattia.
Il lavoro oltre a fornire un reddito, appare oggi fattore determinante nella
costruzione di una identità socialmente scambiabile, nell’acquisizione di
autonomia, è luogo di rafforzamento di fiducia e rispetto di sé, di scambi e
relazioni, di apprendimento, di valorizzazione, di crescita personale e
professionale. Se il lavoro è “diventato chiave di accesso di diritti” e “chiave
di strutturazione dell’esistenza umana e sociale” (Rotelli), l’intervento
riabilitativo nella salute mentale deve porsi la questione dell’esclusione dal
mercato di quote di popolazione sempre maggiori.
LA RIABILITAZIONE COME ACCESSO AI DIRITTI
DI CITTADINANZADI CITTADINANZA
La legge di riforma psichiatrica, L 180/78, ha sancito l’entrata nel mondo
dei diritti delle persone con sofferenza psichica, ma la questione tuttora
aperta nelle pratiche di salute mentale è come trasformare il diritto da formale
a sostanziale, quindi come favorire la costruzione materiale dei diritti di
cittadinanza per le persone con problemi di salute mentale, come orientare
verso queste risorse economiche, umane e culturali.
Dopo “la libertà da...”, dal manicomio e da ogni forma di internamento, si
tratta di costruire “la libertà di...”, abitare, stare nelcommercio sociale,
intraprendere, possedere..., perché ove la lotta contro il manicomio non si
accompagna ad un impegno per le risorse, si corre il rischio che, permanendo
alcuni in una situazione di esclusione sociale, di non accesso ai diritti di
cittadinanza, venga riproposta la necessità del ritorno alla reclusione e
all’internamento. (Rotelli)
La formazione alle abilità e competenze per l’indipendenza nella vita
quotidiana e di relazione, l’accesso al minimo di cultura e di istruzione oggi
richiesto, la preformazione e la formazione professionale, l’inserimento nel
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mondo produttivo devono essere quindi terreno attivo di impegno per gli/le
operatori/trici della salute mentale.
Impegno che si rivolge ad una vasta popolazione di uomini e donne con
differenti storie di sofferenza, di istituzionalizzazione, differenti gradi di
disabilità, rete sociale, familiare... che o non hanno mai avuto accesso a tali
diritti o che li hanno persi a causa della loro storia di malattia. Giovani che
per la prima volta si accostano al servizio di salute mentale avendo già
vissuto una serie di insuccessi e di espulsioni, che fanno fatica a reggere le
regole diffuse ed i ritmi stabiliti; adulti, con molti anni di storia di malattia che
hanno sperimentato fenomeni di deriva sociale con perdita di reti sociofamiliare e necessitano di impegno abilitativo costante ed individualizzato;
donne che non riescono più a stare nei limiti rigidi di un ruolo imposto o che
necessitano di emanciparsi da una condizione violenta di dipendenza e non
autonomia; lavoratori e lavoratici espulsi dal ciclo produttivo che ammalano
privati di ruolo attivo sociale; stranieri costretti a lasciare il loro paese a
causa della miseria e delle guerre.
Per tutti è indispensabile attivare più che assistere, confrontarsi con le
abilità, pure residue, più che con le disabilità, essere operatori/trici della
mediazione e facilitazione più che della tutela e della invalidazione, uscire
da un rapporto terapeutico duale per immettere continuamente “il terzo”,
agire attraverso la mediazione di oggetto, sola garanzia di emancipazione e
di rottura di dipendenze, mettere in connessione persone e mondi di norma
separati, ricercare qualità e qualificazione.
DALL’ERGOTERAPIA ALL’IMPRESA SOCIALE
Nella psichiatria manicomiale il lavoro è sempre stato questione primaria.
Il lavoro per correggere, per vincere i vizi e l’ozio, per passare il tempo,
per fiaccare, per punire; il lavoro come terapia per continuare a tenere
vitale l’istituzione riducendone i costi, come strumento di divisione tra gli/
le internati/e, come premio per chi sta nelle regole, come controllo. “Il
lavoro in manicomio è norma morale, sfruttamento, intrattenimento”
(Saraceno), in cambio di piccoli vantaggi, mezzo pacchetto di sigarette, la
possibilità di uscire o di riposare nel proprio letto.
Nel lavoro di deistituzionalizzazione in Italia, nello smontaggio del
manicomio e degli apparati scientifici e legislativi che lo sottendevano, la
costruzione del diritto al lavoro, la costituzione di cooperative di exinternati e internate sono state tappe fondamentali per l’entrata nel
contratto sociale delle persone con malattia mentale.
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A Trieste la prima cooperativa di lavoro, costituita nel 1972, sanciva la
fine dell’ergoterapia affermando il diritto al lavoro. La cooperativa prendeva
in appalto i lavori di pulizia, trasporto, dispensa, mensa, lavanderia
nell’ospedale psichiatrico, già eseguiti dai/lle pazienti in nome della cura.
L’essere socio o socia della cooperativa permetteva a molti di uscire dal
manicomio e di vivere una vita autonoma nella città.
Nelle diverse fasi della deistituzionalizzazione a Trieste, dalla chiusura
definitiva del manicomio alla costruzione nel territorio dei Centri di Salute
Mentale aperti sulle 24 ore, si è determinata una riconversione delle risorse
economiche ed umane da logiche riparativo-assistenziali verso logiche di
attivazione, responsabilizzazione, promozione.
Negli anni ’80, spostatosi l’asse dell’intervento nel territorio, la questione
del diritto al lavoro è ritornata ad essere pressante nella pratica dei servizi.
Il lavoro per gli ex-internati/e e dimessi, ma tanto più per i giovani, gli uomini
e le donne che arrivavano ai servizi territoriali, lavoro come reddito ed
autoafermazione, possibilità di scambio e di rete, diminuzione dello stigma
legato allamalattia, rottura delle separatezze ed immissione nella normalità
della conflittualità del “diverso/a”, prima negata o nascosta.
Nel 1983, la Direzione del Dipartimento di Salute Mentale riconvertiva
una parte del budget dei sussidi, sostegno economico per le persone prive
del minimo reddito vitale, in assegni per la formazione al lavoro, che furono
attivati in particolare per i/le giovani utenti disoccupati/e e privi di reddito,
contro ogni logica assistenzialistico-caritativa, ma giocando la sfida
dell’intrapresa e della riproduzione sociale. La formazione si svolgeva in
luoghi di lavoro non in ambiti separati.
I primi inserimenti attraverso le borse di formazione al lavoro, avveniva
nelle fabbriche, nell’organizzazione produttiva data. Ma presto si
abbandonava tale pratica a partire dalla verifica del fallimento di tali
inserimenti per l’incapacità dell’organizzazione a modificarsi, a volte neppure
a tollerare l’altro/a con sofferenza e dalla verifica della marginalizzazione
degli utenti in lavori dequalificati e privi di scambi.
Nel 1985 si costituivano così nuove cooperative di lavoro con operatori/
trici che accettavano di uscire dai Centri di Salute Mentale per sperimentarsi
nella ri-abilitazione attraverso il mercato, cooperative dove si aggruppavano
borsisti/e, soci lavoratori/trici provenienti dai servizi e giovani della città che
chiedevano spazi di espressione, di autorealizzazione, di protagonismo, di
autonomia.
La forma lavoro cooperativa appare quella che meglio sembra rispondere
alle esigenze espresse dalle persone-con-sofferenza, ma anche da molti
giovani che fanno fatica a stare nel rapporto di lavoro dipendente.
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Nel 1991 la legge nazionale 381 va a normare queste esperienze
definendo le finalità delle cooperative sociali nel “perseguire l’interesse
generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale
dei cittadini”.
A Trieste il valore della cooperativa sociale si riconosce nella sua
organizzazione elastica, modificabile, nell’essere insieme di attività
diversificate e di piccole dimensioni attraverso le quali persone possono
transitare in un continuo di cui tutti sono partecipi e consapevoli. L’attenzione
viene posta sulla trasversalità di informazioni e di discussione, sulla
compartecipazione e corresponsabilizzazione, sulla ricchezza della
convivenza delle differenze, sulla qualità.
L’accento e la tensione posta sulla qualità non è solamente scelta obbligata
per ragioni economiche, -operare attraverso piccole unità produttive implica
che ci si collochi in un mercato qualitativo, ma la qualità del prodotto si
riverbera sulla qualità del contesto di lavoro, delle relazioni, dell’ambiente,
dei modi e dei contenuti del lavoro.
Le cooperative sono organizzate come luogo di lavoro, ma anche di
formazione professionale, di costruzione di identità, di capacità di relazione
e di espressione, di responsabilizzazione.
A partire da tutto questo le cooperative riescono a svolgere nella comunità,
accanto ai servizi, una importante funzione di modifica dell’immagine e della
rappresentazione del malato di mente.
Nello sviluppo delle pratiche abilitative dei Centri di Salute Mentale e
delle cooperative sociali da alcuni anni si è formulato il concetto di impresa
sociale come l’insieme di pratiche che rompono la separatezza tra il mondo
della produzione e quello della riproduzione, che valorizzano le risorse
umane, mobilizando le energie, forse residuali, determinano “il passaggio
da un mondo di assistenza sociale inefficace e distruttivo, al mondo di
intrapresa sociale” (Rotelli).
L’impresa sociale è eminentemente una filosofia, un lavoro progettuale
di attivazione di risorse, di sinergie, di intelligenze, di trasformazione culturale,
di connessione tra mondi di norma separati: l’intreccio tra mondo della
produzione e della riproduzione, tra assistenza e mercato ci pare essere
una questione di fondo, il nuovo terreno di sfida nelle pratiche della riabilitazione come nelle politiche sociali.
Dell’impresa sociale, le cooperative sociali non rappresentano né l’unica
espressione, né la totalità dell’esperienza, ma sono certamente uno dei
terreni privilegiati attraverso cui l’impresa sociale si può articolare. Il servizio
pubblico è parte rilevante dell’impresa sociale, a condizione che si
deistituzionalizzi, che esca dal paradigma medico o psicologico per farsi
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luogo di riproduzione ed emancipazione dei soggetti. Diventi luogo di presa
in carico e di cura dei soggetti nella loro complessità, luogo di produzione di
opportunità, relazioni, scambi che, valorizzando la mediazione d’oggetto,
rimetta i soggetti nella dinamica sociale per l’esercizio dei diritti di cittadinanza.
Ufficio per la formazione e l’inserimento lavorativo
Ad aprile ’96 si costituisce nel DSM l’Ufficio per la formazione e
l’inserimento al lavoro come necessità degli/lle operatori/trici di reinvestire
attenzione e progettualità sulle questioni della formazione ed inserimento al
lavoro, anche in relazione ad una realtà economica e di mercato in profonda
trasformazione e di fronte al consolidamento delle cooperative sociali
diventate soggetti imprenditoriali autonomi.
L’Ufficio è formato dalla responsabile del Servizio Abilitazione e
Residenze, da una psicologa ed una assistente sociale dello stesso e da
due operatori, delegati per ogni Unità Operativa-Centro di Salute Mentale
dal/la responsabile, referenti per le questioni legate alla formazione ed
all’inserimento lavorativo.
L’Ufficio è momento di coordinamento fra le Unità Operative del DSM,
luogo di riflessione ed analisi per la ricerca di strategie tese a favorire sempre
più opportunità e percorsi emancipativi, luogo di valutazione della qualità
dei percorsi formativi, di monitoraggio dell’andamento delle borse di lavoro.
L’Ufficio ha, inoltre, compiti di coordinamento tra le cooperative finalizzate
ed il Dipartimento.
Il lavoro dell’Ufficio ha determinato un riordino ed un aumento delle borse
di formazione al lavoro, un incremento ed una diversificazione dei luoghi
della formazione onde rispondere meglio ai bisogni dell’utenza, uscendo
così dal rischio della omologazione e della ripetitività della risposta.
Va sottolineato l’inserimento, negli ultimi due anni, di borsisti/e in aziende
della città, qualificate e di piccole dimensioni in cui si incontra la disponibilità
e voglia a confrontarsi con la diversità/disagio. Tale esperienza, testimonianza
della costruzione di reti e dell’ampliamento degli spazi di “normalità” per le
persone con problemi di salute mentale, necessita di essere monitorata e
valutata con attenzione nel tempo.
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Da aprile 1998 l’Ufficio per la formazione e l’inserimento lavorativo ha
attivato un tavolo di confronto con le cooperative sociali di tipo B della
Provincia di Trieste con l’obiettivo di:
a) intensificare il confronto fra i Servizi di Salute Mentale e le cooperative
ponendo fine ad un rapporto preferenziale nei confronti delle cooperative
sorte nell’ambito del DSM;
b) favorire scambi e confronto sulle pratiche e metodologie della formazione
ed inserimento lavorativo delle persone svantaggiate;
c) contribuire allo sviluppo ed la qualificazione della cooperazione sociale
favorendo la stipula di protocolli d’intesa con gli Enti Pubblici per l’uscita
da una marginalità di mercato;
d) promuovere pratiche di economia solidale contro l’esclusione sociale.
Progetti sperimentali di inserimento lavorativo
Giugno-dicembre 2004
A partire da una serie di incontri realizzati con le cooperative sociali di tipo B
convenzionate con l’A.S.S. n1 Triestina realizzate nel primo semestre del
2004 si sono evidenziate come elemento comune di riflessione nell’approccio
alla questione dell’inserimento lavorativo le difficoltà legate a coniugare
efficacemente la necessità di collocarsi adeguatamente in un mercato
caratterizzato da appalti, scadenze, flessibilità e le richieste provenienti dai
Servizi di inserire al lavoro persone in situazioni di marcato disagio e forte
disabilità. Nella convinzione che il lavoro rappresenti una delle dimensioni
imprescindibili nell’ottica dell’accesso ai diritti e nell’ ottica della costruzione
di un ruolo sociale capace di incentivare autonomie e percorsi di
protagonismo su proposta del Servizio Abilitazione e Residenze e con
delibera n. 311 dd 24.05.2004 dell’A.S.S. n.1 Triestina si è stanziato un
budget di 10.000,00 Euro finalizzati a riconoscere economicamente ed in
via sperimentale il compito formativo affidato alle cooperative sociali al
momento dell’inserimento in un percorso di avvio all’esperienza lavorativa
di persone che per la loro storia e per la loro condizione di disagio presentano
una situazione di impoverimento o una storia di fallimenti tali da rendere
difficile un inserimento anche attraverso l’abituale strumento della borsa di
formazione al lavoro.
Si è pensato quindi ad uno strumento capace di rispondere alle bisogno di
un maggior affiancamento individualizzato sostenendo la cooperativa sociale
deputata all’intervento in termini di tipo economico con un riconoscimento
dell’impegno orario destinato all’attività di formazione.
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PRINCIPI CHIAVE DELLA FORMAZIONE AL LAVORO
a) Coincidenza fra il luogo della formazione ed il luogo di lavoro: la formazione
deve avvenire in una realtà produttiva, collocata all’interno del mercato e
delle possibilità reali di occupazione; non deve essere solo formazione
ad una mansione, ma formazione anche alla conoscenza
dell’organizzazione dell’impresa e del lavoro. È necessario prevedere un
aggiornamento e una formazione permanente a partire dalle richieste
dell’utenza e dalla necessità di sempre maggiore qualificazione poste dal
mercato.
b) Qualificazione delle attività lavorative e del luogo della formazione: la
formazione deve essere qualificata, allorché riferita ad attività/mansioni
semplici. Attenzione deve essere posta al luogo della formazione, luogo
che deve essere il più possibile visibile e riconosciuto.
c)Gruppi di piccole dimensioni: nella formazione al lavoro va privilegiato il
piccolo gruppo che favorisce la conoscenza reciproca, l’instaurarsi di
rapporti e relazioni con i colleghi, il senso di appartenenza.
d) Referente della formazione: in ogni luogo della formazione deve essere
definito un/una referente responsabile della formazione a cui il/la borsista
può far riferimento.
e) Rapporto fra impresa e Centro di Salute Mentale: il/la referente della
formazione nell’impresa ed il/la referente dell’inserimento lavorativo del
CSM devono mantenere un rapporto costante, al fine di affrontare
tempestivamente i problemi che possono determinarsi nel percorso
formativo ed al fine di una costante verifica del percorso stesso.
f) Il/la borsista non può sostituire un lavoratore, ma si affianca al lavoratore
in una attività reale, a confronto con il mercato.
g) La borsa di formazione al lavoro deve essere finalizzata all’inserimento
lavorativo.
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PROCEDURE PER L’ATTIVAZIONE DELLE BORSE
DI FORMAZIONE AL LAVORO
Per l’assegnazione della borsa di formazione lavoro devono essere
compilate:
a) la scheda di assegnazione: va redatta dal referente del CSM di concerto
con l’operatore che segue la persona interessata al percorso formativo.
Nella scheda, oltre ai dati socio-anagrafici vano esplicitate le
motivazioni e gli obiettivi che il servizio si prefigge di raggiungere con
l’attivazione dello strumento;
b) il contratto di formazione: è stipulato fra il/la borsista, il luogo di formazione
ed il servizio. Per la stipula del contratto l’operatore/trici referente
programma un incontro con il datore di lavoro, durante il quale il contratto
viene letto in modo da mettere a conoscenza gli interessati dei propri
diritti e doveri, favorendo il protagonismo dei soggetti interessati.
Il contratto prevede verifiche periodiche che vengono condotte sul posto
di lavoro con il/la borsista il/la formatore/trice ed il/la referente.
Il contratto ha la validità di un anno e può essere rinnovato di norma fino
a tre anni. È assicurata la copertura INAIL e RCT.
ORIENTAMENTO DEL BORSISTA AL PERCORSO FORMATIVO
La titolarità del progetto terapeutico e di cura e la scelta della persona
con cui iniziare un percorso di formazione al lavoro è compito e responsabilità
del Centro di Salute Mentale. Attenzione deve essere posta nell’offrire pari
opportunità formative agli uomini ed alle donne ed al fatto che, pur essendo
la borsa di formazione al lavoro uno degli strumenti terapeutico-riabilitativi
fra i più emancipativi, non è l’unica risposta alla presa in carico ed al bisogno
di salute della persona.
L’operatore/trice del servizio, a partire dalla conoscenza e dalla storia
della persona, dai sui bisogni e dalle precedenti esperienze formative e
lavorative individua il luogo in cui iniziare il percorso formativo. tenendo
presente le reali possibilità occupazionali offerte dal mercato. Tale scelta va
verificata ed eventualmente rivisitata con il luogo di formazione a partire dal
confronto fra conoscenze diverse.
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I LUOGHI DELLA FORMAZIONE
Nella scelta dei luoghi di formazione attenzione deve essere posta
all’assetto organizzativo e qualitativo dell’impresa con cui iniziare il rapporto.
Criteri per l’inserimento nelle Cooperative Sociali
a) Le cooperative sociali nel loro progetto imprenditoriale devono essere
soggetti economici propositivi e di sviluppo, porre attenzione alla qualità
dei servizi/prodotti offerti, allargare spazi di mercato onde evitare il rischio
di essere imprese dequalificate cui limitare nicchie residuali di mercato.
b) La cooperativa deve applicare il contratto di lavoro del settore in cui opera.
c) La formazione deve prevedere e favorire la partecipazione del borsista
alla vita della cooperativa (assemblee, riunioni di settore) al fine di
promuovere una conoscenza della cooperativa e degli obiettivi che ci si
prefigge.
d) Qualora una cooperativa può offrire percorsi professionali diversificati
all’interno di diversi settori, in modo da consentire eventuali cambiamenti
di settori al/alla borsista, questo è un criterio preferenziale nella scelta.
Criteri per l’inserimento nelle Aziende
a) L’azienda deve avere dimensioni medio-piccole peraltro non si devono
scegliere ditte individuali ma imprese con organici di almeno 3-5 unità
dipendenti.
b) L’impresa deve essere solida dal punto di vista economico.
c) Devono essere evitate imprese ad alto rischio infortunistico.
d) Non deve essere inserito più di un borsista per azienda in formazione.
e) È opportuno evitare imprese iscritte di recente alla camera di
commercio in quanto l’organizzazione aziendale deve essere
consolidata per garantire qualità e qualificazione nella formazione.
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FLUSSO DELLE BORSE DI FORMAZIONE LAVORO NEL 2004
CESSAZIONI
40
DONNE
16
UOMINI
24
BORSISTI NEL 2004
ASSUNZIONI
169
21
DONNE
12
UOMINI
9
DONNE
82
UOMINI
87
RIPRENDONO
3 DONNE
6 UOMINI
LUOGHI DELLA FORMAZIONE AL LAVORO
Formazione
10-6%
Enti Diversi
11-7%
ASSOC.
28-17%
Aziende
32-19%
Cooperative
88-51%
Dipartimento di Salute Mentale - A.S.S. N°1 Triestina
Servizio Abilitazione e Residenze
Ufficio per la Formazione e L'Inserimento al Lavoro
12
ANDAMENTO BORSE DI FORMAZIONEAL LAVORO 96-04
250
200
91
90
83
150
80
70
84
82
57
100
42
50
91
115
103
113
110
104
87
77
87
0
1996
1997
1998
1999
2000 DONNE
UOMINI
2001
2002
2003
2004
ANDAMENTO ASSUNTI 96-04
35
30
15
25
12
20
14
14
14
13
12
9
9
9
15
10
5
19
17
12
2
11
5
5
6
0
1996
1997
1998
1999
2000
UOMINI
13
2001
DONNE
2002
2003
2004
LUOGHI IN CUI SONO AVVENUTE LE ASSUNZIONI 04
Aziende
4
Enti
3
Cooperative
13
Associazioni
1
Dipartimento di Salute Mentale - A.S.S. N°1 Triestina
Servizio Abilitazione e Residenze
Ufficio per la Formazione e L'Inserimento al Lavoro
FLUSSO DEGLI ASSUNTI DAL 1999 AL 2003
Rapporti di lavoro attivi
Rapporti di lavoro cessati
83 (66%)
donne uomini
47
36
42 ( 34%)
donne uomini
21
21
Coop sociali
Aziende
Enti
Assoc
68
13
1
1
125
persone
14
Coop sociali
Aziende
Enti
Assoc
27
10
1
3
Dal regolamento del Dipartimento di Salute Mentale
Approvato con Provvedimento n. 2885 D. D. 28/12/1995
È compito precipuo del Dipartimento operare per rimuovere qualsiasi
forma di discriminazione, stigmatizzazione, esclusione nei confronti delle
persone portatrici di disagio e disturbo mentale e partecipare a promuovere
attivamente i pieni diritti di cittadinanza”. Art. 1 comma 2.
“Le cooperative sociali di cui alla legge n. 381/1991 ed alla legge regionale
n. 7/1993 costituiscono risorsa operativa del Dipartimento ovvero delle Unità
Operative in cui lo stesso si articola”. Art. 2 comma 3.
“L’assegno di formazione al lavoro è attivato nell’ambito delle specifiche
attività previste dalla legge regionale 23/12/1980 n. 72 che obbliga il DSM a
promuovere “situazioni occupazionali protette e non protette, corsi
professionali a carattere residenziale diurno, partecipazione ad attività
scolastiche e formative con particolare attenzione all’inserimento in situazioni di
formazione permanente, centri di riabilitazione lavorativa, cooperative finalizzate”.
- I beneficiari sono utenti del DSM che si trovano in una situazione di
disoccupazione o di non professionalità, per i quali venga valutato
opportuno e possibile un percorso di formazione professionale e un
reinserimento socio- lavorativo.
- L’ammontare tipo dell’assegno viene stabilito annualmente dal Direttore
generale su proposta della Direzione del DSM.
- L’assegno di formazione e lavoro è incompatibile con gli altri proventi
derivanti da lavoro e con l’assegno di integrazione sociale, se non nella
sua versione di intervento occasionale.
- Gli AFL sono erogati in casi di un’effettiva disponibilità di un successivo
inserimento lavorativo e vanno intesi sia come sostegno economico della
persona per il periodo di formazione all’attività lavorativa proposta sia come
incentivo nei confronti di un potenziale datore di lavoro. L’erogazione
dell’assegno di norma non supera i tre anni.” Art. 15 comma 3.
15
Legge 8 Novembre 1991, 381-”Disciplina delle cooperative sociali”
Art. 1
Definizione
1. Le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale
della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini
attraverso:
a) la gestione di servizi sociosanitari ed educativi;
b) lo svolgimento di attività diverse - agricole, indusatriali, commerciali e di
servizi - finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate.
2. Si applicano alle cooperative sociali, in quanto compatibili con la presente
legge, le norme relative al settore in cui le cooperative stesse operano.
3. La denominazione sociale, comunque formata, deve contenere
l’indicazione di “cooperativa sociale”.
Art. 2
Soci volontari
1. Oltre ai soci previsti dalla normativa vigente, gli statuti delle cooperative
sociali possono prevedere la presenzadi soci volontari che prestino la loro
attività gratuitamente.
2. I soci volontari sono iscritti in un’apposita sezione del libro soci; il loro
numero complessivo non può superare la metà del numero complessivo
dei soci.
3. Ai soci volontari non si applicano i contratti collettivi e le norme di legge in
materia di lavoro subordinato ed autonomo, ad eccezione delle norme in
materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con proprio
decreto, determina l’importo della retribuzione da assumere a base del
calcolo dei premi e delle prestazioni relative.
4. Ai soci volontari può essere corrisposto soltanto il rimborso delle spese
effettivamente sopstenute e documentate sulla base di parametri stabiliti dalla
cooperativa sociale per la totalità dei soci.
5. Nella gestione dei servizi di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), da
effettuarsi in applicazione dei contratti stipulati con amministrazioni pubbliche,
le prestazioni dei soci volontari possono essere utilizzate in misura
complementare e non sostitutiva rispetto ai parametri di impiego di operatori
professionali previsti dalle disposizioni vigenti. Le prestazioni dei soci volontari
non concorrono alla determinazione dei costi di servizio, fatta eccezione per
gli oneri connessi all’applicazione dei commi 3 e 4.
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Art. 3
Obblighi e divieti
1. Alle cooperative sociali si applicano le clausole relative ai requisiti
mutualistici di cui all’articolo 3 del decreto legislativo del Capo provvisorio
dello Stato 14 dicembre 1947, n.1577, ratificato con modificazioni, dalla
legge 2 aprile 1951, n. 302, esuccessive modificazioni.
2. Ogni modificazione statutaria diretta ad eliminare il carattere di cooperativa
sociale comporta la cancella zione dalla “sezione cooperazione sociale”
prevista dal secondo comma dell’articolo 13 del citato decreto legislativo
del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n.1577, come modificato
dall’articolo 6, comma 1, lettera c), della presente legge, nonché la
cancellazione dall’albo regionale di cui all’articolo 9, comma 1, della presente
legge.
3. Per le cooperative sociali le ispezioni ordinarie previste dall’articolo 2 del
citato decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947,
n.1577, debbono aver luogo almeno una volta all’anno.
Art. 4
Persone svantaggiate
1. Nelle cooperative che svolgono attività di cui all’articolo 1 , comma 1,
lettera b), si considerano persone svantaggiate gli invalidi fisici, psichici e
sensoriali, gli ex degenti di istituti psichiatrici, i soggetti in trattamento
psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in
situazioni di difficoltà familiare, i condannati ammessi alle misure alternative
alla detenzione previste dagli articoli 47, 47-bis, 47-ter e 48 della legge
26 luglio 1975, n. 354, come modificati dalla legge 10 ottobre 1986, n.
663. Si considerano inoltre persone svantaggiate i soggetti indicati con
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro
del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della
sanità, con il Ministro dell’ interno e con il Ministro per gli affari sociali,
sentita la commissione centrale per le cooperative istituita dall’articolo
18 del citato decreto legilativo del Capo provvisorio dello Stato 14
dicembre 1947, n.1577, e successive modificazioni.
2. Le persone svantaggiate di cui al comma 1 devono costituire almeno
il trenta per cento dei lavoratori della cooperativa e, compatibilmente
con il proprio stato soggettivo, essere socie della cooperativa stessa. La
condizione di persona svantaggiata deve risultare da documentazione
proveniente dalla pubblica amministrazione, fatto salvo il diritto alla riservatezza.
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3. Le aliquote complessive della contribuzione per l’assicurazione obbligatoria
previdenziale e assistenziale dovute dalle cooperative sociali, relativamente
alla retribuzione corrisposta alle persone svantaggiate di cui al presente
articolo, sono ridotte a zero.
Art. 5
Convenzioni
1. Gli enti pubblici possono, anche in deroga alla disciplina in materia di
contratti della pubblica amministrazione, stipulare convenzioni con le
cooperative che svolgono attivtà di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b),
per la fornitura di beni e servizi diversi da quelli sociosanitari ed educativi,
purché finalizzate a creare opportunità di lavoro per le persone svantaggiate
di cui all’articolo 4, comma 1.
2. Per la stipula delle convenzioni di cui al presente articolo, le cooperative
debbono risultare iscritte all’albo regionale di cui all’articolo 9, comma 1.
Art. 6
Modifiche al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato
14 Dicembre 1947, n.1577
1. Al citato decreto legislativo del del Capo provvisorio dello Stato 14 Dicembre
1947, n.1577, sono apportate le seguenti modifiche:
a) all’articolo 10 è aggiunto, in fine, il seguente comma: •”Se l’ispezione
riguarda cooperative sociali, una copia deve essere trasmessa, a cura del
ministero del lavoro e della previdenza sociale, entro quaranta giorni dalla
data del verbale stesso, alla regione nel cui territorio la cooperativa ha sede
legale”;
b) all’articolo 11, è aggiunto in fine il seguente comma: •”Per le cooperative
sociali i provvedimenti di cui al secondo comma sono disposti previo
parere dell’organo competente in materia di cooperazione della regione
nel cui territorio la cooperativa ha sede legale”;
c) al secondo comma dell’articolo 13, è aggiunto in fine, il seguente comma:
•”Oltre che nella sezione oper esse specificamente prevista, le cooperative
sociali sono iscritte nella sezione cui direttamente afferisce l’attività da esse
svolta”.
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Art. 7
Regime tributario
1. Ai trasferimenti di beni per successione o donazione a favore delle
cooperative sociali si applicano le disposizioni dell’articolo 3 del decreto
del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 637.
2. Le cooperative sociali godono della riduzione ad un quarto delle imposte
catastali ed ipotecarie, dovute in seguito alla stipula dei contratti di mutuo,
di acquisto o di locazione, relativi ad immobili destinati all’esercizio dell’attività
sociale.
3. Alla tabella A, parte II, del decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre 1972, n.633 e successive modificazioni è aggiunto il seguente
numero: “41-bis) prestazioni a carattere sociosanitario ed educativo rese da
cooperative sociali”.
Art. 8
Consorzi
1. Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano ai consorzi
costituiti come società cooperative aventi la base sociale formata in
misura non inferiore al settanta per cento da cooperative sociali
Art. 9
Normativa regionale
1. Entro un anno dala data di entrata in vigore della presente legge, le regioni
emanano le norme di attuazione. A tal fine istituiscono l’albo regionale delle
cooperative sociali e determinano le modalità di raccordo con le attività
dei servizi sociosanitari, nonché con le attività di formazione professionale
e di sviluppo della occupazione.
2. Le regioni adottano convenzioni-tipo per i rapprti tra le cooperative sociali
e le amministrazioni pubbliche che operano nell’ambito della regione,
prevedendo, in particolare, i requisiti di professionalità degli operatori e
l’applicazione delle norme contrattuali vigenti.
3. Le regioni emanano altresì norme volte alla promozione, al sostegno e
allo sviluppo della cooperazione sociale. Gli oneri derivanti dalle misure di
sostegno disposte dalle regioni sono posti a carico delle ordinarie disponibilità
delle regioni medesime.
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Art. 10
Partecipazione alle cooperative sociali
delle persone esercenti attività di assistenza e di consulenza
1. Alle cooperative istituite ai sensi della presente legge non si applicano
le disposizioni di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1815.
Art. 11
Partecipazione delle persone giuridiche
1. Possono essere ammesse come soci delle cooperative sociali persone
giuridiche pubbliche o private nei cui statuti sia previsto il finanziamento e lo
sviluppo di tali cooperative.
Art. 12
Disciplina transitoria
1. Le cooperative sociali già costituite alla data di entrata in vigore della
presente legge devono uniformarsi entro due anni da tale data alle
disposizioni in essa previste.
2. Le deliberazioni di modifica per adeguare gli atti costitutivi alle norme
della presente legge, possono, in deroga alle disposizioni di cui agli articoli
2365 e 2375, secondo comma, del codice civile, essere adottate con le
modalità e la maggioranza dell’assemblea ordinaria stabilite dall’atto
costitutivo. La presente legge, munita del sigillo di stato, sarà inserita nella
Raccolta e negli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a
chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge di stato.
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