La Rivista Euler Hermes Italia n. 55
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La Rivista Euler Hermes Italia n. 55
Anno XVII - novembre 2012 www.eulerhermes.it la RIVISTA 55 SPECIALE Editoriale/Editorial Un numero “speciale” per raccontare l’Italia che cresce Da anni diamo voce alle imprese che investono sul futuro. Euler Hermes Italia è una di loro G Michele Pignotti uardare agli ultimi cinque anni significa guardare al periodo più difficile per l’economia mondiale dal dopoguerra ad oggi. Il 15 settembre del 2008, quando Lehman Brothers chiese ufficialmente l’amministrazione controllata verso il fallimento, il mondo capì che l’impalcatura finanziaria fino ad allora conosciuta stava per crollare e che le imprese avrebbero rischiato di rimanere soffocate dalle macerie. Pur nella difficoltà condivisa e non ancora superata, quel rischio oggi sembra scongiurato. Rispetto a questo scenario la rappresentanza illustre del panorama imprenditoriale italiano che è intervenuta su questo numero “speciale” de “La Rivista” e i tanti altri capitani d’impresa che negli anni hanno affidato le loro testimonianze al nostro magazine, ci confermano che il Sistema Italia ha ancora molte energie da spendere e opportunità da cogliere. In questi cinque anni, di fronte al crollo di tutti i dati macroeconomici, tante imprese hanno saputo trovare ugualmente la via della crescita. Lo hanno fatto ristrutturando gli organigrammi aziendali, rinnovando i prodotti, mettendosi alla prova su nuovi mercati. Al loro fianco c’era Euler Hermes Italia, supporto alle imprese ma impresa essa stessa, capace di superare con successo una importante rivoluzione aziendale nel periodo più difficile. Oggi, grazie a una sapiente selezione della clientela e a una revisione delle polizze, il volume dei premi è tornato ai livelli pre-crisi del 2008. E quello che più ci conforta, il tasso di retention (la fidelizzazione dei clienti) ha registrato nel 2011 il dato record del 92%, a conferma degli alti livelli di soddisfazione della clientela. La divisione per aree geografiche, avviata dalla capogruppo, ha assegnato a Euler Hermes Italia il ruolo di “primo pilota” nell’area Mediterraneo/Africa e Medio Oriente. Un impegno ambizioso che da un lato ci ha posti al centro di un territorio ancora critico e dall’altro ci ha offerto l’opportunità di misurarci su mercati fertili come la Turchia, gli Emirati Arabi e il Marocco. Accettare queste sfide con la capacità di guardare e interpretare il domani è il fattore ricorrente nella storia delle imprese italiane di successo. Un fattore e un valore che continuano a segnare l’attività di Euler Hermes Italia. MICHELE PIGNOTTI Head of Mediterranean Countries, Africa & Middle East - Euler Hermes A “special” edition to tell of an Italy continuing to grow For years we have given a voice to companies who invest in the future. Euler Hermes Italia is one of them L ooking at the last five years means looking at the most difficult period for the world economy from postwar to the present day. On 15 September 2008, when Lehman Brothers officially filed for temporary receivership for bankruptcy, the world understood that the financial framework that we had known up until then was about to collapse and companies would risk remaining suffocated by the fallout. Today, despite the shared difficulties which have not yet been overcome, that risk seems to have been warded off. With regard to this scenario, the illustrious representation of the Italian entrepreneurial situation which appears in this “special” number of the magazine “La Rivista” and many other heads of companies who over the years have entrusted our magazine with their testimonies, confirm that the Italian economic system has not run out of energy and still sees many opportunities to be had. In these five years, faced with the collapse of all the macroeconomic data, many companies have nevertheless managed to find their path to growth. They have done so by restructuring their company’s organization chart, renewing products, taking risks on new markets. By their side was Euler Hermes Italia, providing support for companies while being one itself, one capable of successfully bringing about an important revolution in the company in this most difficult of periods. Today, thanks to a wise client selection and a modernization of policies, the volume of premiums has returned to the pre-crisis level in 2008. What is most reassuring, is the retention rate which in 2011 registered a record percentage of 92%.The division per geographical area, set up by the parent company, assigned Euler Hermes Italy the overall charge of the Mediterranean, Africa the Middle Eastern areas. An ambitious commitment which on one hand has placed them in the middle of an area which is still on the critical list and on the other offers them the opportunity to test themselves in fertile markets such as Turkey, the United Arab Emirates and Morocco. Accepting these challenges and having the ability to look to and interpret the future, is a recurring element in the history of successful, Italian companies. An element and a value which continue to mark the work carried out by Euler Hermes Italia. 1 Speciale 55 Sommario novembre 2012 CUCINELLI Siamo in Borsa per rimanere contemporanei 4 MATALUNI Nel nostro settore il made in Italy è percepito come uno status symbol. Intervista a Brunello Cucinelli, patron della Brunello Cucinelli leader nel comparto del cashmere. Luca Manzi Basta vivere di rendita. Riprendiamoci la crescita 12 REGINA Dobbiamo disinnescare le energie all’interno del sistema che rimarrebbero altrimenti nel cassetto. Intervista ad Aurelio Regina, Vice Presidente di Confindustria con delega allo Sviluppo Economico. Daniele Autieri Giovani sì, ma di talento 8 MORETTI POLEGATO È stato un errore vendere tante imprese italiane alle multinazionali straniere. Intervista a Biagio Mataluni, Presidente della Oleifici Mataluni e di Confindustria Benevento. Giorgio Nicastro All’Italia serve uno shock di competitività 20 GUIDI Per vincere sui mercati internazionali e sopravvivere alla crisi bisogna innovare in modo drammatico. Intervista a Federica Guidi, Vicepresidente del Gruppo Ducati Energia. Marco Lanzi Trasformiamo la creatività in business 16 TRIPI Deve tornare il coraggio di investire. Fiero di essere italiano, ma bisogna dare dignità alle piccole e medie imprese. Intervista a Mario Moretti Polegato, patron della Geox. Francesco De Dominicis Senza innovazione si ferma il Paese 24 I servizi ad alto valore tecnologico rendono l’Italia un Paese moderno. Intervista ad Alberto Tripi, presidente del Gruppo AlmavivA. Daniele Autieri la RIVISTA Euler Hermes Italia - Una società Euler Hermes, gruppo Allianz Trimestrale di cultura di Euler Hermes Italia • Registrato il 13.5.1993 con il n. 195 presso il Tribunale di Roma • Spedizione in abbonamento postale 45% • Art. 2 comma 20/B - Legge 662/96 Filiale di Roma • Chiuso in tipografia il 30.11.2012 DIRETTORE RESPONSABILE: Antonio Di Raimondo • DIRETTORE TECNICO: Paolo Carrozza • COORDINAMENTO per Euler Hermes Italia Francesca Frattini EDITORE: PRC srl - via Germanico, 197 - 00192 Roma - tel 06 32 43 010 - fax 06 32 42 857 - Internet: www.prcsrl.com - E-mail: [email protected] RICERCA ICONOGRAFICA: PRC srl • TRADUZIONI a cura di Scriptum - Roma • STAMPA Varigrafica Alto Lazio - Roma Foto Copertina: Archivio • Interno: Archivio e Shutterstock la RIVISTA Euler Hermes Italia Editoriale 1 Un numero “speciale” per raccontare l’Italia che cresce di Michele Pignotti Il personaggio - Cucinelli Siamo in Borsa per rimanere contemporanei 4 Intervista a Brunello Cucinelli, patron della Brunello Cucinelli leader nel comparto del cashmere di Luca Manzi Il personaggio - Guidi Giovani sì, ma di talento 8 Intervista a Federica Guidi, Vicepresidente del Gruppo Ducati Energia di Marco Lanzi Il personaggio - Mataluni Basta vivere di rendita. Riprendiamoci la crescita 12 Intervista a Biagio Mataluni, Presidente della Oleifici Mataluni e di Confindustria Benevento di Giorgio Nicastro Il personaggio - Moretti Polegato Trasformiamo la creatività in business 16 Intervista a Mario Moretti Polegato, patron della Geox di Francesco De Dominicis Il personaggio - Regina All’Italia serve uno shock di competitività 20 Intervista ad Aurelio Regina, Vice Presidente di Confindustria con delega allo Sviluppo Economico di Daniele Autieri Il personaggio - Tripi Senza innovazione si ferma il Paese 24 Intervista ad Alberto Tripi, presidente del Gruppo AlmavivA di Daniele Autieri Report 28 I mancati pagamenti delle imprese italiane Analisi condotta sulle regioni e sui settori del Made in Italy a cura di Euler Hermes Italia Avvenimenti 31 • Andrea Misticoni nuovo Direttore Commerciale • Aperte due nuove Agenzie Generali • Euler Hermes Italia al Convegno ABI • UN RECORD! di Giorgio Vallati 3 Intervista a Brunello Cucinelli, patron della Brunello Cucinelli leader nel comparto del cashmere Nel nostro settore il made in Italy è percepito come uno status symbol. di Luca Manzi Da Solomeo, un piccolo ma affascinante borgo nel cuore dell’Umbria, ai monomarca di Capri e St. Moritz, Parigi e New York, Miami e Milano, il passo non è così breve. Brunello Cucinelli lo compie dal 1978, data della fondazione dell’azienda, all’aprile del 2012 quando si completa l’operazione di quotazione in Borsa della prima azienda al mondo che ha inserito nel mercato il cashmere colorato. In questo lasso di tempo il Gruppo è cresciuto, divenendo un simbolo del made in Italy, ma soprattutto del bello e di quei valori ispirati all’umanesimo sociale di cui l’imprenditore umbro si è fatto portatore fin dal principio della sua esperienza aziendale. Il suo mercato è quello del lusso, una scelta che ha trasformato la Brunello Cucinelli spa in uno dei brand più esclusivi nella moda casual-chic a livello mondiale. Guardando ai risultati finanziari si scopre che la crisi economica in alcun modo ha scalfito la scalata compiuta dal Gruppo nell’ultimo quinquennio. Nel 2009 i ricavi totali ammontavano a 158,1 milioni di euro, cresciuti a 203,5 milioni nel 2010 fino ai 242,6 milioni dell’ultimo bilancio chiuso nel 2011. la RIVISTA Euler Hermes Italia SIAMO IN BORSA per rimanere contemporanei In questo scenario, L’Italia rappresenta solo il 31% del business aziendale, mentre un altro 31% dipende dall’Europa, il 28% dal Nord America, il 4% dalla Cina e il 6% dal resto del mondo. Tutto questo fino alla quotazione in Borsa dell’aprile scorso grazie alla quale l’azienda, come dice nell’intervista il suo fondatore, «attira nuovi capitali che ci consentono di rimanere contemporanei sul mercato facendo sempre nuovi investimenti, e richiamando l’attenzione di nuova forza lavoro». Il borgo di Solomeo Ha recentemente scelto per la sua azienda la strada della quotazione in Borsa e lo ha fatto in un momento finanziario non facilissimo. Che tipo di valore aggiunto avete ottenuto da questa operazione? «Mi piace pensare che non siamo proprietari delle cose, ma “custodi” pro-tempore di queste; se si ragiona in questo ordine di idee, quanto ci circonda non finisce con noi ma può assumere una valenza di eternità. È per questo che abbiamo deciso di entrare in Borsa, per cercare di far vive- re un po’ più a lungo la nostra realtà. Con l’entrata in Borsa oltre ad attirare nuovi capitali che ci consentono di rimanere contemporanei sul mercato facendo sempre nuovi investimenti, si attrae parallelamente anche l’attenzione di nuova forza lavoro: nuovi manager capaci di scoprire nuovi orizzonti e magari guidare la nostra azienda. Ho due figlie Camilla e Carolina che lavorano qui in azienda, ma dico sempre che un’azienda non si eredita; sono libere di scegliere se vorranno proseguire in questo cammino». Lei ha riempito la sua azienda e i suoi prodotti di un forte contenuto artistico puntando molto sul concetto di bellezza. Questi valori vengono riconosciuti anche all’estero quando presenta il bello del made in Italy? «Quando spesso mi trovo a viaggiare, devo dire che il ritorno che abbiamo dalle persone è stupefacente. Il made in italy in generale è percepito nel nostro settore come un vero status symbol; l’italia è ancora considerata uno dei Paesi più importanti per la diffusione del concetto del “bel vestire”; la nostra artigianalità, il nostro saper fare è quello che rende il nostro prodotto desiderabile ed affascinante, so- Nel 2009 i ricavi del Gruppo ammontavano a 158,1 milioni di euro, cresciuti a 203,5 milioni nel 2010 fino ai 242,6 milioni dell’ultimo bilancio chiuso nel 2011 5 la RIVISTA Euler Hermes Italia Speciale prattutto per quei nuovi Paesi come la Russia e la Cina che stanno scoprendo in questo momento il lusso e che hanno la capacità di acquisto per poterlo avere. La nostra Italia è ancora credibile, noi siamo credibili; il lavoro dell’Italia è credibile». L’industria italiana ha una radicata ispirazione manifatturiera eppure nel mondo ci conoscono per le scarpe Tod’s o Geox, i maglioni Cucinelli, gli occhiali Luxottica o i vestiti di Armani. Dovremmo puntare di più sul gusto? «Il mondo è affascinato dal nostro stile. Il vestire italiano è ancora uno status symbol. Il nostro prodotto è caratterizzato non solo da altissima qualità ed artigianalità. Ma speriamo anche da quella contemporaneità del gusto italiano che abbiamo fatto nostra. Mi piace pensare che i nostri prodotti siano unici poiché nascono dalla continua ricerca e innovazione, unite al culto della tradizione. Un lifestyle che racconta il modo italiano di vivere e di lavorare, la sua fierezza, tolleranza, dedizione, spiritualità e misticità. Una storia che affonda le sue radici nell’eredità del grande artigianato, porta con sé il profumo di antichi borghi e i saperi degli artigiani, l’arte e la cultura del nostro paese aperta allo spirito di rinnovamento, alla ricerca, alla creatività, alla contemporaneità. Per far questo servono mani sapienti ma anche il cuore di persone generose, orgogliose della propria origine e attaccate alla propria terra». Si dice che il mercato del lusso, dei prodotti di altissima qualità non ab- bia risentito della crisi economica. È un postulato confermato dai fatti? «Direi che più che il mondo del lusso in sé, sicuramente i prodotti ad altissimo contenuto di creatività, artigianalità hanno prospettive più solide sui mercati. In questo difficile momento economico, morale e civile, credo che noi stiamo in qualche maniera riprogettando l’umanità. Non è escluso che la crisi economica dei nostri giorni possa avere infine conseguenze benefiche. C’è qualcosa di straordinariamente attuale in sant’Agostino quando, rivolgendosi a Dio, dice: “O eccellentissimo, onnipotente Reggitore dell’universo, Tu che ci mandi il dolore come maestro”. Sono convinto, per l’Italia in particolare, che ci sia un sicuro avvenire se sapremo produrre beni di grande qualità, di grande artigianalità e di grande unicità, qualità queste che appartengono alla tradizione delle nostre genti». Guardando al mondo, dove crede che ci sia la sensibilità maggiore per apprezzare i nostri prodotti e quindi dove guarda lei per continuare a crescere? «È difficile secondo me misurare la sensibilità dell’animo umano, più semplice invece è capire quali siano i Paesi in questo momento che hanno maggiore capacità economica; penso ad esempio alla Grande Cina e alla Russia in cui mi è capitato di andare di recente. Oggi, in particolare i giovani, guardano con uno sguardo all’Occidente: vogliono vivere come noi, ma soprattutto vogliono vestire ed avere uno stile simile al nostro». Come possiamo avere delle bellissime imprese con persone che guadagnano 980 euro? L’hanno definita un imprenditore umanista. Quanto conta oggi, di fronte ad una crisi che ha messo in mostra forse troppi esempi di un capitalismo rapace, rilanciare i valori e l’immagine di un’imprenditorialità sana che riconosce l’importanza del capitale umano? «Ho sempre avuto un sogno: quello di ridare dignità economica e morale al lavoro e nella mia personale esperienza, anche nel confronto con investitori importantissimi con cui ci siamo incontrati in questo anno molto speciale, questo modello è stato sempre ben accolto. Come possiamo avere delle bellissime imprese con persone che guadagnano 980 euro? Come possiamo pensare di fare un prodotto di altissima qualità se per primi i nostri lavoratori non possono avere una vita un po’ più speciale? Il capitale umano deve essere necessariamente valorizzato perché è da lì che tutto ha origine, specie in un momento storico particolare come questo in cui il nostro Paese ha bisogno di risultare credibile». Abstract Floating the company on the stock exchange so as to remain up to date with the times Interview with Brunello Cucinelli, founder of Cucinelli leader in the cashmere sector by Luca Manzi From Solomeo, a small but charming village in the heart of Umbria, to the flagship stores in Capri and St. Moritz, Paris and New York, Miami and Milano not an easy step to take. 6 la RIVISTA Euler Hermes Italia Speciale Brunello Cucinelli took this great leap starting in «I would say that rather than the world of luxury 1978, when he founded the company, to April itself, certainly the chances of success for 2012 when, as the first company in the world to products which have an extremely high quality introduce coloured cashmere to the market, the of creativity, craftsmanship are more likely to company went public. make a deeper impression on the market. In Over this period of time the group has grown, this difficult economic, moral and civil period, I becoming a symbol of the “made in Italy” brand believe that in some way we are redesigning in the world, but above all of beauty and of humanity. One cannot rule out the possibility values inspired by social humanism, something that this economic crisis could eventually have which the Umbrian entrepreneur has embraced beneficial consequences. There is something right from his early days. extraordinarily topical in the story of St It is a luxury market, a choice which has turned Augustine when, turning to God, he says: “O the Brunello Cucinelli into one of the most most wonderful, all powerful ruler of the exclusive brands in the casual-chic fashion at a universe, You send us pain to be our teacher.” I world level. am convinced, in particular for Italy, that the Looking at the financial results over the latest future ahead is secure if we are capable of years we discover that the economic crisis has company; they are free to choose if they wish to producing high quality goods with high levels of not affected the growth of the Group in the last continue down this path». craftsmanship, great uniqueness, qualities five years. In 2009 the total takings amounted You have filled your company and products which belong to the tradition of our people». to 158,1 million euros, rising to 203,5 million in with strong artistic content aiming to Looking at the world, where do you think the 2010 and reaching 242,6 million in the last embrace the concept of beauty. Are these greatest possibility for appreciating our accounts year ending 2011. In this scenario, values also recognized abroad when the products lies and therefore where are you Italy represents only 31% of its trade, while 31% beauty of a “made in Italy” product is looking in order to continue growing? is from elsewhere in Europe, 28% from North presented? «In my opinion it is difficult to measure the America, 4% from China and 6% from the rest of «Often when I travel, I must say that the sensibility of the human soul, it is more simple the world. This all happened before floating the feedback we receive from people is astonishing. however to understand the countries which company on the stock exchange. Now because The “made in Italy” brand in our sector is have greater economic capacity in this period; I of its public status, as its founder states in the generally perceived as a real status symbol». am thinking for example about the great China interview, «it is attracting new capital which Italian industry has manufacturing and Russia where I have visited recently. Today, allows us to maintain a presence in the market, inspiration in its blood but in the rest of the in particular, young people look to the West: to continue to make new investments and world we are known for Tod’s or Geox shoes, they want to live like us, but above all they want attract a new work force». Cucinelli jumpers, Luxottica glasses and to dress like us and have a similar style to ours». You have recently chosen to float your Armani clothes. Should we be focusing more You have been defined as a humanist company and you have done so in a financial on taste? entrepreneur. How important is it today, period which is not exactly easy. What type «I like to think that our products are unique as faced with a crisis which has perhaps put too of added value have you obtained from this they come from the combination of constant many examples of greedy capitalism on operation? research and innovation with culture and show, to re-launch the values and image of a «I like to think that we are not owners of things, tradition. A lifestyle which tells the story of the healthy entrepreneurship which recognizes but temporary “guardians” of them; if we think Italian way of living and working, its pride, the importance of human capital? in this way, what surrounds us does not end tolerance, dedication, spirituality and mysticism. «My dream has always been to give back with us but instead has an eternal value. This is A story which is deeply rooted in the heritage of economic and moral dignity to work and in my why we decided to float on the stock exchange great craftsmanship and brings with it the scent personal experience, even when confronting market, so that it will allow us to move forward of old towns and the knowledge of the artisans, extremely important investors who we have met for a little longer. Going public, in addition to the art and culture of our country which is open during this very special year, this model has attracting new capital, allows us to keep up to to the spirit of change, research, creativity, always been happily accepted. How can we date with the contemporary market by modernity. To do this we need knowledgeable have wonderful companies with people who constantly making new investments, at the hands but also the heart of generous people earn 980 euros? How can we think about same time it attracts the attention of a new who are proud of their origin and attached to making an extremely high quality product if our workforce: new managers who are able to their land». workers cannot have a slightly more meaningful discover new horizons and perhaps lead our It is said that the luxury market, products of life? Human capital must be valued because company. I have two daughters Camilla and extremely high quality have not been that is where everything comes from, especially Carolina who work here in the company, but I affected by the economic crisis. Is this in a particular historical period like this when have always said that you cannot inherit a hypothesis confirmed by the facts? our country needs to be believable». 7 Speciale Giovani sì, ma di talento Intervista a Federica Guidi, Vicepresidente del Gruppo Ducati Energia Per vincere sui mercati internazionali e sopravvivere alla crisi bisogna innovare in modo radicale. di Marco Lanzi Coraggio, lungimiranza e disponibilità al cambiamento: tanto basta per fronteggiare la crisi. Parola di Federica Guidi, l’imprenditrice Vicepresidente dell’azienda di famiglia, la Ducati Energia, colosso nel settore energetico e campione del made in Italy nel mondo in un comparto altamente tecnologico e competitivo. Con sedi in India, Argentina, Romania e Croazia, oltre ai quartier generali italiani, il Gruppo conta circa 700 dipendenti impegnati in prodotti diversi come condensatori, rifasamento industriale ed elettronica di potenza, generatori eolici, alternatori e sistemi di accensione per motori endotermici, veicoli elettrici e colonnine di ricarica, analizzatori di energia, sistemi per il telecontrollo delle reti elettriche, segnalamento ferroviario, sistemi ed apparecchiature autostradali e per il trasporto pubblico. «L’innovazione è tutto – spiega la Guidi, già presidente nel 2008 dei Giovani Imprenditori di Confindustria – chi pensa di vendere all’estero prodotti obsoleti non ha futuro». E poi aggiunge: «non sono una rottamatrice; il ricambio generazionale è un processo sano solo se i giovani che sostituiscono le vecchie generazioni 8 la RIVISTA Euler Hermes Italia hanno le capacità e il talento per far crescere l’azienda». La crisi economica ha minato il modello di sviluppo di molte imprese italiane. Siete stati anche voi costretti a ridefinire la vostra strategia e quali direzioni avete scelto di seguire per continuare a crescere? «Come azienda siamo stati chiamati ad alzare un argine al dilagare della crisi e lo abbiamo fatto sposando un modello che, senza troppo entusiasmo, è stato sicuramente di successo. Questo perché ci ha portato a intervenire contemporaneamente su più fronti. Da un lato abbiamo lavorato per una diversificazione dei prodotti e un innalzamento della tecnologia cercando di innovare in modo radicale, avviando linee di prodotto totalmente Alla fine del 2011 i ricavi di Ducati Energia hanno raggiunto i 112 milioni di euro, in crescita rispetto ai 105 milioni registrati nel 2010 nuove e intrecciando mercati in crescita. Insomma, per reggere alla crisi diciamo che il contenuto di cervello nelle nostre produzioni è stato preponderante rispetto a quello delle braccia. Sull’altro fronte abbiamo continuato a investire in una focalizzazione multipla produttiva, convinti che l’export così com’è da solo non basta. Quindi abbiamo aperto stabilimenti e uffici commerciali in Paesi come l’India e questo ci ha permesso sia di recuperare in termini di costi (per il classico discorso di una manodopera meno onerosa), ma anche di intercettare in modo più efficace una domanda altrimenti poco raggiungibile. Un’azienda che intende operare sui mercati internazionali deve necessariamente avere delle unità produttive in giro per il mondo. La filosofia dell’oggetto prodotto in Italia e venduto all’estero non vale più. Ogni Paese ha le sue caratteristiche, il suo diritto, le sue tipicità e si aspetta un prodotto rielaborato in base alla richiesta interna. Il dato evidente è che negli ultimi dieci anni il mondo è cambiato. E per le aziende adeguarsi a questi cambiamenti non è un processo improvvisabile; o hai avuto la lungimiranza di intercettare il cambiamento anni fa e hai avviato un processo innovativo al tuo interno, altrimenti pochi mesi non sono sufficienti per mettersi in pari con il mercato. Credo che il problema di molte aziende italiane oggi è che non ci sia più il tempo fisico per reagire alla crisi. Le scelte strategiche dovevano essere anticipate. I Paesi in via di sviluppo chiedono prodotti ad altissima tecnologia e concorrenziali sui prezzi. Non do un giudizio di merito sul fatto che il sistema sia meglio oggi che ieri, semplicemente registro che le cose ormai stanno così. In giro per il mondo non si compete con prodotti obsoleti e poco tecnologici». Le statistiche prevedono per il 2012 che l’export italiano crescerà del 4,9%. Che tipo di impegno richiede per un’azienda strutturarsi per le esportazioni? Quanto lavoro è necessario fare per arrivare a livelli come i vostri, dove l’export rappresenta la componente maggioritaria del fatturato? «Strutturarsi è fondamentale e, come dicevo prima, non è più sufficiente produrre qualcosa in Italia e poi sperare di venderlo all’estero a scatola chiusa. Bisogna predisporre delle linee di prodotto dedicate al singolo Paese. Non ho mai visto un prodotto La sede della Ducati Energia a Bologna 9 la RIVISTA Euler Hermes Italia Speciale europeo portato in India nella stessa confezione con cui viene venduto nel continente. Tutti i mercati hanno caratteristiche peculiari e clienti che vogliono prodotti personalizzati. Per queste ragioni la localizzazione produttiva assicura un ulteriore vantaggio economico legato alla reattività rispetto alle richieste del mercato e alla capacità di intercettare in breve tempo le esigenze del cliente. Anche per i prodotti tradizionali mercati come quello indiano o cinese richiedono tecnologia elevata, consegne just in time, localizzazione vicina al cliente. Tutte cose impossibili se il 100% della nostra produzione fosse concentrato a Bologna». Quando con la sua azienda si trova a competere sui mercati internazionali, riesce a farlo ad armi pari oppure si porta sulle spalle una zavorra legata alle nostre tipicità nazionali? «Prima di tutto la dimensione dell’azienda fa la differenza. A questo si aggiunge il supporto che un’impresa attiva sui mercati internazionali riesce ad ottenere soprattutto a livello finanziario. Quando un’azienda tedesca decide di conquistare un nuovo mercato, trova sul territorio la banca di riferimento, gli uffici pubblici che supportano l’export, insomma le viene messo a disposizione un substrato utilissimo per essere più competitivi. La quasi totale assenza di banche italiane nei mercati emergenti significa che un imprenditore non può chiedere sostegno alla sua banca, dalla quale magari avrebbe un trattamento di favore, ma deve bussare alla porta degli istituti di credito internazionali, per i quali è solo uno sconosciuto. Poter contrattare con la propria banca per avere condizioni vantaggiose sugli affidamenti come sul credito è un elemento fondamentale che permettere di essere più competitivi sul mercato. Purtroppo molto spesso le aziende italiane sono costrette a lavorare con banche straniere, spesso con banche locali, e questo implica un aumento inevitabile dei costi». 10 Il mondo bancario supporta come dovrebbe l’ambizione delle imprese italiane ad accettare la sfida dei mercati internazionali? «Parto dal presupposto che le banche sono imprese, quindi ammetto che non mi piacciono e non mi servono banche che fanno credito a chicchessia. Sostenere aziende non profittevoli non fa bene al mercato anche perché, detta molto brutalmente, si cresce anche perché i tuoi competitor falliscono. Fermo restando questo discorso, credo che in alcuni casi le banche abbiamo un po’ tirato i remi del credito in barca aprendosi a una farraginosità a volte eccessiva nei rapporti con le imprese clienti. In certi casi, poi, c’è stato un irragionevole irrigidimento nei confronti anche delle grandi aziende che devono essere considerate un patrimonio del nostro sistema produttivo, e la cui assenza rappresenterebbe un danno gravissimo per il Sistema Paese. Insomma, si poteva e si può fare di più, confermando il concetto che anche le banche sono imprese ed è quindi sacrosanto che inseguano il profitto». Anche in virtù della sua esperienza all’interno di Confindustria, crede Il mondo sta cambiando da dieci anni, chi ha intercettato questo cambiamento oggi è al sicuro che la situazione attuale abbia tolto un po’ di voce e di mordente ai giovani imprenditori? In sostanza, la crisi ha per vari motivi interrotto il ricambio generazionale avviato in passato? «Quando ero presidente dei Giovani di Confindustria ho assistito a feno- meni spontanei di ricambio generazionale, anche se devo dire che non sono una fan sfegatata del ricambio a tutti i costi. È indubbio che un bravo professionista di 30 anni sa interpretare al meglio le complessità del mondo di oggi ed è in grado di impostare il proprio lavoro nel modo più utile e più adatto a far crescere l’azienda. Anche Il Presidente della BCE Mario Draghi con Federica Guidi e il patron di Technogym Nerio Alessandri gli strumenti e il modo di vivere il lavoro sono profondamente cambiati. Facendo un esempio banale anche le riunioni non sono più le stesse di 15 anni fa. Oggi in azienda ti confronti con i dirigenti che magari in quel momento sono in giro per il mondo e lo fai ricorrendo a strumenti tecnologici come la videoconference o gli smartphone. Un giovane proprio per dna è più adatto a interpretare i cambiamenti. Detto questo non credo assolutamente che il principio “fuori i vecchi, dentro i giovani” aiuti le aziende ad andare meglio, perché è anche vero che alle volte le seconde o le terze generazioni hanno portato le imprese sull’orlo del precipizio. La soluzione migliore, ed è quella più comune, sono i fenomeni spontanei di ricambio generazionale dove i due mondi hanno imparato a coesistere e l’arrivo di un giovane rappresenta un accrescimento, un modo diverso di interpretare il mondo. la RIVISTA Euler Hermes Italia Alla fine, come in tutte le cose, gran parte dipende dalle persone e dal loro valore. Molte aziende hanno intuito che un giovane di talento ha una visione più aperta e una capacità di interpretare meglio il cambiamento. E investendo su questo hanno avuto successo». Speciale The economic crisis has shaken the the Indian or Chinese ones require an high level development model of many Italian of technology, just in time delivery and locations businesses. Have you also been forced to near the client. All these things would be redefine your strategy and which direction impossible if 100% of our production were have you chosen in order to continue growing? concentrated in Bologna». «As a company we have been called to defend When your company finds itself competing ourselves from the spreading crisis and we have with international markets, are you able to done so adopting a model which, without do so on equal terms or do you have a dead seeming too enthusiastic, has definitely been weight on your back tied to our national characteristics? «First of all the size of the company makes the difference. In addition the support that an active company on an international market is able to obtain, especially on a financial level, is also extremely important. When a German company decides to capture a new market, it has a bank of reference in the area, public offices supporting export, it has an extremely useful base available in order to be more competitive». Does the world of banking and insurance support the ambition of Italian companies to accept the challenge of international markets like it should? «Assuming that banks are businesses, I admit that I don’t like them and I don’t approve banks which give credit to anyone and everyone. Supporting companies on the verge of Abstract bankruptcy is not good for the market, because successful. On one hand we worked on to put it brutally, a company grows also because diversifying our products and straightening its competitors fail. Nonetheless, I believe that in technology in an attempt to dramatically some cases banks have pulled back their credit innovate ourselves, launching completely new causing chaos which is often extremely damaging lines and getting into growing markets. On the to the relationship with business clients». other hand we continued to invest in a multi- In light of your experience in Confindustria, localization production, convinced that export do you think that the current situation has in alone, as it stands, is not enough. So we opened some way taken away the voice and the edge factories and commercial offices in countries such from young entrepreneurs? as India and this allowed us to recuperate in terms «Without a doubt a good, 30 year-old of costs, and also to better understand a demand professional is able to best interpret the that would otherwise have been unreachable». complexities of the present world and is capable Courage, foresight and being prepared for What type of commitment is necessary for a of structuring his/her work in the most useful change: this is what is needed to tackle the company to be equipped for export? and suitable way to make a company grow. crisis. These are the words of Federica Guidi, the «It is fundamental to restructure and, as I Having said this I do not believe that the principle entrepreneur Vice president of the family previously mentioned, it is not enough just to “out with the old and in with the new” helps business Ducati Energia, a giant in the energy produce something in Italy and then hope to sell companies to do better, as it is also true that sector and one of the main representatives of it abroad without giving guarantees. It is sometimes the second and third generations the “made in Italy” brand in the world in a important to have lines of products dedicated to have brought companies to the edge of highly technological and competitive sector. a single country. I have never seen a European destruction. The best solution, and the most «Innovation is everything – explains Guidi, product brought to India in the same common one, is the spontaneous phenomenon former president of the Young Entrepreneurs “packaging” that it is sold on the home of generational exchange where the two worlds of Confindustria in 2008 – those thinking of continent. All markets have peculiar features have learnt to coexist and the arrival of a young selling out-dated products abroad don’t have and clients who desire personalized products. figure represents an improvement, a different a future». Even for traditional products, markets such as way of understanding the world». Young and talented Interview with Federica Guidi, Vice President of Gruppo Ducati Energia by Marco Lanzi 11 Speciale Basta vivere di rendita Riprendiamoci la crescita Alcune volte la storia di un prodotto si identifica con quella di un popolo; e quella di un business con la tenacia dell’imprenditore che l’ha sposato. È il caso dell’olio Dante, nato prima all’estero che in Italia, perché divenuto tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 un bene immancabile sulle tavole degli emigrati negli Stati Uniti. Dopo l’iniziativa lungimirante dei suoi fondatori, il prestigioso marchio è passato di mano in mano finendo nella filiera di una grande multinazionale come Unilever. A riportarlo in Italia nel 2009, dopo che da Unilever era stato acquisito dal gruppo spagnolo SOS-Cuetara, è stata la Oleifici Mataluni, l’azienda guidata dall’imprenditore Biagio Mataluni, nata nel 1935 a Montesarchio (Benevento) da un piccolo frantoio a dimensione artigianale e oggi divenuta uno tra i più importanti complessi agroindustriali oleari al mondo. La sua forza è un fatturato da 230 milioni di euro, i 200 dipendenti con un età media di 29 anni e una presenza internazionale che va dal Giappone all’Olanda, dall’Australia alle Filippine, dalla Cina all’Iran. Al centro di questo progetto industriale il presidente Biagio Mataluni, nominato nel luglio 2012 alla guida di Confindustria Benevento. Presidente, quanto conta in questa fase recessiva presentare sul mercato prodotti come i vostri, di qualità e facilmente identificabili con il made in Italy? «In Italia abbiamo un grande vantaggio rappresentato dal nostro “made 12 in Italy”. Essendo da sempre impegnato nel settore agroalimentare, mi è capitato di girare il mondo e non ho mai riscontrato un atteggiamento negativo nei confronti dei prodotti che arrivano dal nostro Paese. Anzi, quando presentiamo un olio italiano, l’interlocutore ci risponde sempre con un sorriso perché intuisce la profondità di valori che c’è dietro un prodotto di alta qualità e che rende il made in Italy un elemento distintivo. Intervista a Biagio Mataluni, Presidente della Oleifici Mataluni e di Confindustria Benevento È stato un errore vendere tante imprese italiane di successo alle multinazionali straniere. di Giorgio Nicastro la RIVISTA Euler Hermes Italia La sede di Montesarchio (BN) degli Oleifici Mataluni Negli ultimi cinque anni il nostro fatturato è stato sempre in crescita, passando dai 158 milioni del 2007 ai 240 del 2010, con una leggera contrazione nel 2011 quando si è attestato a 230 milioni A questo proposito, dobbiamo semmai chiederci se può bastare semplicemente la denominazione per sostenere e valorizzare il made in Italy in futuro. A mio avviso, dovremmo fare leva molto di più sull’italianità della nostra industria, perché c’è ancora tanto da fare per promuovere i nostri prodotti. Del resto, è proprio questa certezza che ha spinto gli Oleifici Mataluni, dopo aver rilevato Olio Dante, determinando il ritorno in Italia del brand dopo 24 anni, a scegliere lo slogan ‘l’olio che parla italiano’. Dobbiamo convincerci una volta per tutte che quella del made in Italy è una partita vincente». Negli ultimi dieci anni l’Italia sembra essersi avviata verso un declino, prima lento e poi, dopo la crisi del 2008, accelerato. In questo processo l’industria ha perso produttività. Tutta colpa dello Stato o c’è anche una parte di responsabilità industriale nel non aver saputo innovare nel modo giusto? «Non possiamo nascondere che ci sia una responsabilità condivisa. Per questo, anche noi imprenditori dobbiamo trovare il coraggio di fare autocritica e avviare un’analisi sul comportamento del mondo produttivo negli ultimi 20 anni. Nel nostro settore, quello alimentare, la maggior parte delle aziende ha vissuto di rendita. Abbiamo lasciato che le grandi multinazionali acquistassero molti dei nostri brand storici e abbiamo permesso loro di crescere grazie al lavoro fatto dai fonda- tori delle aziende per quaranta anni, dal dopoguerra agli anni ’90. E in molti casi è mancata anche la spinta all’innovazione. Nel nostro piccolo, invece, abbiamo continuato ad investire in ricerca e sviluppo, anche per un prodotto molto tradizionale come l’olio. Da questa convinzione mai tramontata, abbiamo ideato pochi mesi fa l’Olio Dante ConDisano, arricchito con vitamina D. Si tratta di un prodotto innovativo, capace di sostituire l’assunzione diretta della vitamina D, che il nostro Centro di ricerca Criol (Centro di ricerca dell’industria olearia) ha messo a punto con il supporto di poli universitari di eccellenza. Proprio per le ricerche sul packaging in PET e sull’olio con la vitamina D, i nostri ricercatori sono stati invitati il 13 ottobre a Washington al congresso scientifico organizzato in occasione dell’anniversario del Niaf (National Italian American Foundation), a cui è stato invitato anche il Presidente Obama». La corruzione costa al Paese decine di miliardi di euro ogni anno. E rappresenta un costo elevato anche per le imprese, che non riescono a operare in un regime di concorrenza reale. È necessario un ritorno a certi presupposti etici anche nel fare impresa? «La corruzione è figlia della cattiva burocrazia e ci porterà al fallimento del sistema Italia. Un certo tipo di corruzione non nasce dal nulla, ma dalla scelta che molte aziende prendono per alleggerire un peso burocratico troppo oneroso, battendo strade e cercando soluzioni illegali. Per far crescere le imprese ci vogliono poche regole, semplici ed efficaci, altrimenti le aziende italiane continueranno a trovarsi di fronte a una concorrenza sbilanciata che permette ai competitor internazionali di affrontare il mercato con meno regole, ed un sistema burocratico più snello. E anche se l’impresa può indicare la strada, l’onere di una riforma seria, in tal senso, spetta alla politica. Lo stesso si dica per riportare l’etica nella vita pubblica, ma anche 13 la RIVISTA Euler Hermes Italia Speciale Per far crescere le imprese ci vogliono poche regole, semplici ed efficaci in quella produttiva. Sono convinto che, per quanto riguarda il mondo delle imprese, imprenditori e sindacati insieme possano riuscire ad invertire questa tendenza». La disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli elevatissimi, in particolare in alcune città del Sud. Cosa può fare l’impresa per invertire questo fenomeno che sembra aver preso la strada drammatica di altri grandi Paesi europei come la Spagna? «L’impresa ha una responsabilità fondamentale nell’inserimento giovanile nel mondo del lavoro. D’altro canto, questa responsabilità rappresenta anche un’opportunità perché il successo di un’azienda è unicamente realizzato investendo sui talenti e facendoli venir fuori. Sono queste le ragioni per cui dare lavoro ai giovani è divenuta una strategia specifica della nostra azienda, dove l’età media dei circa 200 lavoratori è di 29 anni. Nella nostra, come in altre imprese, le nuove generazioni devono avere spazio e trovare un imprenditore attento a valorizzare la passione e la professione. Se riusciamo a dispiegare su un progetto industriale tutto l’entusiasmo giovanile, possiamo stare certi che quel progetto avrà ottime possibilità di raggiungere il successo. Ed il caso degli Oleifici Mataluni, da questo punto di vista, è emblematico». Le esportazioni sono ancora oggi uno degli ultimi salvagente rimasti all’impresa italiana. Nel vostro caso, quanto conta l’export e quali strade deve seguire un’impresa per strut14 turarsi ed essere presente sui mercati internazionali? «La vera forza è saper unire la buona immagine e la reputazione del made in Italy con prodotti di qualità eccellente, perché le occasioni di sviluppo, anche all’estero, sono legate ai valori dei nostri territori e all’italianità. Quando le imprese italiane vanno in giro per il mondo, portano sempre a casa dei risultati. Nel nostro caso, ad esempio, abbiamo avviato due anni fa un importante accordo commerciale in Giappone con un colosso del settore distributivo e quest’anno siamo riusciti a raddoppiare il fatturato, rispetto a quello precedente. Quindi, se da un lato registriamo una battuta d’arresto in alcune regioni italiane come la Sicilia, la Calabria o la Puglia, dall’altro continuiamo a crescere all’estero. A questo proposito, stiamo già lavorando per consolidare la distribuzione di Olio Dante anche in America, visto che anticamente il marchio nasce proprio per soddisfare le abitudini alimentari degli emigrati italiani. L’unica ragione di rallentamento, come dicevamo prima, arriva dal peso della burocrazia. Se avessi uno Stato che non mi zavorra, riuscirei a mettere a segno risultati straordinari. E come me, anche tanti altri imprenditori». Il benessere aziendale, la qualità della vita percepita dai dipendenti, diventano elementi fondamentali soprattutto in momenti di crisi come questi. È questo un principio in cui credete? «I tre pilastri del mio programma come Presidente di Confindustria Benevento sono proprio ‘Etica, Giovani e Lavoro’. I primi due li abbiamo affrontati in questi primi mesi del mio mandato; il terzo, il lavoro, è particolarmente critico in questa fase congiunturale e anche lo stato d’animo dei lavoratori diviene fondamentale per far crescere un’azienda. Il rapporto di lavoro tra l’azienda ed il dipendente deve essere sempre ispirato al rispetto della persona. Bisogna creare all’interno del processo produttivo delle condizioni di serenità, e fare in modo di valorizzare le persone attraverso percorsi formativi. L’ambiente, la sicurezza sul lavoro, il benessere, sono valori che devono prevalere sulla logica economica del guadagno e della corsa spasmodica verso il profitto. Dobbiamo invertire la catena dei valori, riportando al centro la dignità dell’individuo e, una volta realizzato questo, i risultati economici arriveranno da soli». Abstract Let’s stop living off the past. Let’s start growing again Interview with Biagio Mataluni, President of the Oleifici Mataluni (Oil Mill) and of Confindustria Benevento by Giorgio Nicastro The strength of the Oleifici Mataluni is its turnover of 230 million euros, 200 workers with an average age of 29 and an International presence which goes from Japan to Holland, la RIVISTA Euler Hermes Italia Speciale La raffineria has taken a dramatic path in other big European countries like Spain? «Companies have a fundamental responsibility of allowing young people the opportunity to enter the world of work. On the other hand, this responsibility also affords an opportunity, as the success of a company is totally dependent on investing in talent and allowing peoples’ abilities to flourish. These are the reasons why giving work to young people has become a specific strategy in our company, where the average age of about 200 workers is 29. The case of Oleifici Mataluni, from this point of view, is exemplary». In your case, how important is export and which roads should a company follow to have a structure which allows it be a presence on international markets? «The real strength is knowing how to bring together the good image and reputation of the from Australia to the Philippines, from China to the behavior of the productive world over the “made in Italy” product with actual excellent Iran. At the centre of this industrial project is its last 20 years. In our sector, namely food and quality products. The opportunities for president Biagio Mataluni, nominated head of agriculture, most companies have lived off the development, also abroad, are tied to the Confindustria Benevento in July 2012. success of the past. We have allowed large values of our land and our Italianism. In our President, in this period of recession how multinationals to acquire many of our historical case, for example, two years ago we signed an important is it to present products like yours brands and have allowed them to grow thanks important commercial agreement in Japan on the market, quality products which are to the work carried out by the founders of the with an industrial giant of the distribution easily identified as made in Italy? companies over forty years, from post-war to sector and this year we have doubled our «We have a big advantage in Italy, represented the 1990s. In many cases the drive towards turnover compared to the previous year. With by our made in Italy brand. As our company has innovation was missing. Within our small regard to this, we are also working to always been involved in the food and agriculture world, however, we have continued to invest in consolidate the distribution of Olio Dante in industry, I have had the opportunity to travel research and development, even for such a America, given that in the past, the brand was around the world and I have never encountered traditional product such as oil». born to satisfy the eating habits of Italian any sort of negativity towards the products which Corruption costs our country tens of millions immigrants». come from our country. On the contrary, when of euros every year. Is a return to certain The well-being of a company, the quality we present an Italian oil, we are always met with ethical conditions necessary even when of life of its workers, become fundamental a smile because the person involved understands doing business? elements above all in times of crisis like the strength of the values that are contained in a «Corruption is the result of bad bureaucracy at present. Is this a principle that you high quality product, making the “made in Italy” and it will be the cause of the Italian economic believe in? brand a distinguishing feature. Moreover, it is system’s downfall. A certain type of corruption «The three pillars of my programme as this certainty that pushed the Oleifici Mataluni, doesn’t come from nowhere, but from a choice President of Confindustria Benevento are ‘Ethics, after taking over Olio Dante, determining the which many companies make to lighten the youth and work’. We have already looked at the return of the brand to Italy after 24 years, to weight of bureaucracy which they find too first two in these first months of my mandate; choose the slogan “the oil that speaks Italian”. onerous, and are therefore looking for illegal the third, work, is particularly critical in this We must convince ourselves once and for all that solutions. In order for companies to grow we economic phase and also the state of mind of made in Italy products are a winning game». need a restricted number of simple but efficient the workers becomes fundamental for the In the last ten years the industry has lost rules, otherwise Italian companies will continue growth of a company. The work relationship productivity. Is the State the sole to blame or to find themselves facing unequal competition between the company and worker must be is the industry also partly responsible for not which allows international competitors to based on respect. It is important to create a being able to innovate in the right way? compete in a market with fewer rules, and with productive process to ensure the well-being and «We can’t deny that it is a shared responsibility. a less bureaucratic system ». also to promote the personal and professional For this reason we entrepreneurs must find the What can the company do to reverse the development of workers through a continuous courage to be self critical and begin to analyze phenomenon of youth unemployment which training scheme». 15 Speciale Trasformiamo la creatività IN BUSINESS Intervista a Mario Moretti Polegato, patron della Geox Deve tornare il coraggio di investire. Fiero di essere italiano, ma bisogna dare dignità alle piccole e medie imprese. di Francesco De Dominicis Le scarpe che ha inventato, mai come in questa fase, “respirano” di sicuro più dell’economia italiana. La recessione sta squassando i conti e i bilanci di mezzo mondo: l’Europa arranca, l’Italia fatica a tenere il passo della Germania e delle altre locomotive del globo. Mario Moretti Polegato, però, non si perde d’animo. Rifiuta il pessimismo e cerca di guardare al futuro «sempre con grande fiducia». Così, nonostante il quadro macroeconomico assai preoccupante e la crisi finanziaria internazionale che non pare voler arrestarsi, il patron di Geox, colosso mondiale della moda e delle calzature, non rinuncia a investire. «Sono ottimista per definizione» dice. L’imprenditore trevigiano guida una grande industria (30mila addetti e 1.300 negozi in 105 paesi), ma volge lo sguardo verso le «piccole e medie imprese, cuore dell’economia italiana a cui il Governo – spiega – dovrebbe garantire più dignità». Dottor Moretti, Confindustria indica per il 2015 qualche spiraglio per la ripresa e per la crescita, mentre il Governo auspica che già il 2013 pos16 sa rimettere in moto il ciclo economico, portando il Paese fuori dal tunnel della recessione. Secondo lei quando finirà la tempesta perfetta? «Possiamo ripartire presto, io ci credo. Sono un imprenditore e come tale devo avere fiducia per trasmetterla anche ai miei collaboratori. Ora, però, tra le famiglie c’è l’incubo di comperare, si teme il futuro, non si acquistano beni di consu- la RIVISTA Euler Hermes Italia mo. Ma sappiamo anche che questo timore è largamente infondato. Serve una propaganda che potremmo chiamare di serenità. Bisogna spiegare che siamo fuori ormai dalla crisi, bisogna nessuno. Anzi, assumiamo; investiamo il 2% del fatturato in ricerca e sviluppo e continuiamo ad aprire negozi, cento soltanto quest’anno in tutto il mondo, a partire dall’Asia. Cerchiamo nuovi mercati senza mai abbandonare la nostra forza, che è in Italia. Questa è la risposta che deve dare l’imprenditore». D’accordo. Ma l’inizio della ripresa? «È una domanda complessa. C’è stato un grande temporale, ma adesso il cielo si sta schiarendo, il vento sta spazzando via le nubi. Non posso aspettare la primavera per ripartire del tutto, altrimenti perdo spinta. Bisogna ripartire ora. Bisogna crederci. Per la ripresa, dunque, dico anche subito, ma bisogna chiarire che fare impresa sarà diverso in futuro. A cominciare dal Nord Est che conosco da vicino e che è cresciuto a livello industriale con la trasformazione dei prodotti: da questo punto di vista sarà difficile immaginare una ripresa come in passato». Vuol dire che ci sarà un ridimensionamento delle industrie o che bisogna cambiare passo? «Penso che processi innovativi, ricerca e marketing assumeranno un ruolo sempre più centrale nella vita degli imprenditori. Che poi dovranno puntare anche sulla formazione del personale. Ma, soprattutto, bisogna tornare ad avere il coraggio di investire. E questo vale per chi come me guida aziende importanti come Geox e Diadora, ma anche nelle piccole e medie imprese, che sono il cuore dell’economia italiana alle quali il Governo dovrebbe assicurare più dignità». Esiste un comparto produttivo o un settore economico su cui varrebbe la pena scommettere di più? «Si dovrebbero individuare quei settori dove l’Italia possa incrementare le esportazioni. Abbiamo alcune produzioni, alcuni settori, che sono particolarmente forti sui mercati esteri: industria meccanica leggera, turismo, mobili, l’alimentare, la moda. Dovrebbero godere di una sorta di corsia preferenziale sugli interventi che lo Stato può effettivamente fare. E non devono essere interventi a pioggia, ma legati a progetti, valutati da una commissione tecnica seria, non politica, non clientelare, che premi quelli che meritano di essere sostenuti. La stragrande maggioranza di noi imprenditori si attende dal Governo un qualche aiuto per poter rilanciare le imprese. L’Italia ha bisogno di far ripartire l’industria, soprattutto per quanto riguarda le esportazioni, anche attraverso una ripresa dei consumi. Sappiamo benissimo che le risorse sotto mano sono limitate e che non esiste una formula magica. Ma qualcosa si può e si deve fare». Squilla il suo telefono: è Mario Monti. Le chiede qualche idea per scrivere un altro decreto sulla crescita. Cosa suggerirebbe al premier? «Incentivi alle esportazioni, innanzitutto, magari di natura anche fiscale. Ma qualsiasi aiuto darebbe un con- Negli ultimi cinque anni la Geox Spa è passata dai 697 milioni di ricavi netti del 2007 ai 740 del 2009 per tornare a scendere leggermente nei primi nove mesi del 2012 con 701 milioni di euro chiarire che si può ricominciare a crescere. Io sono il responsabile di una delle più grandi aziende italiane. E sono fiducioso per la mia azienda e per l’Italia. Noi alla Geox non abbiamo licenziato 17 la RIVISTA Euler Hermes Italia Speciale La sede della Geox a Montebelluna, in provincia di Treviso Nessuno si aspetta che lo Stato ci copra di danaro, ma sarebbe importante dare un segnale positivo tributo importante. Nessuno si aspetta che lo Stato arrivi e ci copra di danaro, figuriamoci. Sappiamo come stanno le cose, siamo realisti. Ma sarebbe importante dare un segnale positivo, di coraggio. Può essere un credito sull’imposta, ma va bene tutto quello che può restituire entusiasmo all’imprenditore. Perché non è lo Stato che salva l’impresa; l’impresa deve salvare sé stessa, reagire, andare sul mercato con prodotti competitivi. Un’altra cosa importantissima: non investire solo per l’oggi, ma a medio termine». Fisco, burocrazia, infrastrutture e giustizia civile. Sono i quattro aspetti del Sistema Paese considerati fra i più penalizzanti per le aziende italiane. Vede altri elementi che contribuiscono a zavorrare l’Italia? «Sono tutti punti strategici su cui c’è bisogno di interventi proprio per aiutare gli imprenditori. Poi c’è sicuramente 18 qualche problema nel rapporto con le banche. La stretta creditizia si fa sentire e se gli istituti fossero più generosi… Ma, prima di tutto, pongo al centro dell’attenzione la certezza del diritto. Sa perché gli imprenditori stranieri non vengono dentro i nostri confini?». Lo spieghi. «Per paura delle “sabbie mobili italiane”. Chi ci guarda da fuori non si sentirebbe sicuro e quest’assenza di sicurezza frena l’ingresso di capitali. Il cammino è giusto. Monti ha già raggiunto un risultato importante: ha messo il Paese in condizione di rimanere agganciato all’euro grazie alla stabilizzazione dei conti pubblici e a un alleggerimento dei tassi di interesse. È da apprezzare quello che il governo ha fatto in una situazione di tensione estrema. Direi che i tecnici hanno svolto un lavoro veramente lodevole: a noi imprenditori sembra che per fortuna lo spauracchio della divisione dell’Europa e della fine della moneta unica sia lontano». La vita di un imprenditore italiano, a sentire lei, non è affatto facile. Non le è mai venuta voglia di mollare tutto e fuggire all’estero? «Non rinnego le mie origini. L’estero rappresenta il 70% del fatturato e per me è la fonte primaria di ricchezza. Ma quando vado al Forum di Davos, quando parlo alla Columbia University o al Mit di Boston, metto sempre in primo piano il nostro Paese: sono fiero di essere italiano. Ma adesso l’Italia, per fare un salto di qualità, deve essere capace di far diventare la creatività un business». E come si arriva a raggiungere questo obiettivo? «Bisogna premiare le aziende che investono nella ricerca, che investono sulla formazione dei giovani, quelle che collaborano con le università per sperimentare nuove tecniche e nuovi materiali e nuovi prodotti. Non è impossibile scegliere questa strada. La fortuna di Geox è stata anticipare la globalizzazione, investire sui giovani, creare scuole di formazione a nostre spese. Una PMI non può farcela da sola, lo so, e un contributo pubblico sarebbe decisivo, per creare specializzazione e competenze. Sui lavori qualificati, ma anche quelli meno qualificati. Abbiamo aperto un centro logistico a Treviso per servire i nostri store nel mondo. Cercavamo 220 dipendenti non specializzati: si sono presentati soltanto sei italiani. Per questo serve anche un impegno dello Stato per sostenere e diffondere l’istruzione tecnica e professionale. È assurdo che a chimica all’Università di Venezia ci siano solo 42 iscritti». La ricetta di Mario Moretti Polegato per rilanciare il Paese e metterlo in condizione di reggere la concorrenza con l’estero. «Metto sul tavolo tre assi: alla creatività, aggiungo i brevetti e la collabo- la RIVISTA Euler Hermes Italia razione con le università. In qualche modo dobbiamo trasformare il capitalismo industriale in capitalismo di idee». Speciale the world. Mario Moretti Polegato however There are also some problems concerning hasn’t given up. He refuses to be pessimistic the relationship with banks. We all feel the and attempts to look to the future «continuing credit crunch and if only the institutions were to have real faith in the future». more generous… But first of all, I must Mr Moretti, when will the perfect storm address the fundamental issues. Do you come to an end in your opinion? know why foreign entrepreneurs don’t come «I am confident that we will be able to start to our country?». again soon. I am a business man and as such Please explain. I must have faith in order to pass it on to those «They are afraid of the “Italian quick sand who work with me. At present, however, effect”. Those who look at us from the outside families are terrified to buy, they fear for the would not get a sense of security and this future, they don’t purchase consumer goods. impedes capital coming into the country. We However we are also aware that this fear is are on the right path. Monti has already widely unfounded. We need propaganda that obtained an important result: he has put the gives one a feeling of well-being. I am country in a condition where we can remain confident both for my company and for Italy. attached to the euro thanks to the We have not let anyone go at Geox. On the stabilization of public accounts and to the contrary, we are hiring people; we invest 2% decrease of interest rates. What the of our income in R&D and we continue Government has done, in an extremely tense opening shops, in this year alone we have situation, has to be appreciated». opened one hundred stores worldwide, as far Going on what you say, the life of an away as Asia». Italian entrepreneur can’t be easy? Have Is there a productive or economic sector you ever felt the desire to give up and which would be worth investing in? escape abroad? «Yes, the areas where Italy can increase its «I can’t renounce my origins. The foreign exports should be identified. We have several market represents 70% of our turnover and it is areas of production and sectors which are my primary source of wealth. But when I go to particularly strong in foreign markets: the the Davos Forum, when I speak at the mechanical industry, tourism, furniture, food, Columbia University or the MIT in Boston, I Abstract fashion. They should have a sort of always promote our country: I am proud to be preferential lane with regard to Government Italian. However, if Italy wants to step up a Let’s turn creativity into a business interventions. Most entrepreneurs are relying class, it must be able to turn creativity into a on the possibility of a little Government business». support in order to re-launch their And what can we do to reach this goal? companies». «We should reward the companies which Your phone rings: it is Mario Monti. He asks invest in research, which invest in the training for an idea to write another policy of young people, those which collaborate with concerning growth. What advice would you Universities to experiment with new give the Prime Minister? techniques, new materials, new products. It is «Incentives for exports, first of all, maybe of a not impossible to go down this path. Geox’s fiscal nature. However any type of help would fortune was anticipating globalization, Interview with Mario Moretti Polegato, founder of Geox be an important contribution. Nobody expects investing in young people, creating training the State to arrive and cover us with money, of schools paid by us. A SME can’t make it on its course not. We are aware of the situation, we own, in my opinion, and a public contribution are realistic. However it would be important to would be decisive in order to create give a positive sign, a sign of encouragement». specialization and efficiency». Fiscal policy, bureaucracy, infrastructure Mario Moretti Polegato’s recipe to relaunch The shoes he invented, better than before, can and civil justice. Are these the four aspects the country and put it in a position to handle “breath” more easily than the Italian economy. of the national economic system to be foreign competiton. The recession has violently shaken the accounts considered the major areas thwarting the «I’ll put three aces on the table: I would add and budgets of half the world: Europe is growth of Italian companies? patents, collaboration with Universities plus struggling, Italy is having trouble keeping up «They are all strategic areas which need to creativity. In some way we must turn with Germany and other power houses round be dealt with in order to help entrepreneurs. industrial capitalism into capitalism of ideas». by Francesco De Dominicis 19 Speciale Presidente di una delle aziende simbolo del made in Italy all’estero, la Manifattura Sigaro Toscano, presidente di Credit Suisse Italy e partner di Egon Zehnder, una delle più note società di cacciatori di teste, ma anche uomo chiave di Confindustria, già numero uno degli industriali romani e dal maggio di quest’anno, con l’elezione di Giorgio Squinzi, vice presidente della Confindustria con deleghe pesanti come lo sviluppo economico. Questo è il profilo di Aurelio Regina, l’imprenditore originario di Foggia che ha scalato le gerarchie di viale dell’Astronomia puntando su una visione moderna che vede nelle infrastrutture, materiali e soprattutto immateriali, lo strumento più efficace per far ripartire il Paese. Presidente, Confindustria negli ultimi mesi è stata scettica sulla possibilità di tornare a crescere nel breve periodo. Cosa serve alle imprese italiane per liberarsi dalla zavorra della crisi? Quali sono gli interventi non più procrastinabili? «Sfortunatamente le nostre valutazioni si sono rivelate giuste rispetto a quelle del Governo. Avevamo detto che il Pil sarebbe calato del 2,4%. È chiaro che siamo in una morsa molto stretta e si registra anche un leggero calo delle esportazioni legato a un rallentamento delle principali economie internazionali. La crescita dei Paesi emergenti, motore di sviluppo degli ultimi anni, ha cominciato a decelerare dall’inizio del Intervista ad Aurelio Regina, Vice Presidente di Confindustria con delega allo Sviluppo Economico Dobbiamo innescare tutte quelle energie che sono all’interno del sistema e che rimarrebbero altrimenti nel cassetto. di Daniele Autieri 20 All’Italia serve UNO SHOCK di competitività la RIVISTA Euler Hermes Italia 2012 a cominciare dai motori asiatici. La Cina progetta di crescere nel 2012 del 7,8%, un punto e mezzo in meno degli anni precedenti. E il dato è significativo perché ogni punto di mancata crescita della Cina per il sistema dell’Eurozona vale 30/40 miliardi. Come risposta a questa cristi l’idea che l’Europa si “germanizzi”, e quindi punti tutto sulle esportazioni, non è realistica. Lo possono fare solo alcuni Paesi come l’Italia e ovviamente la Germania, fortemente strutturata sull’export, ma non è sufficiente per gli altri Stati. Quindi ci vogliono politiche volte a far ripartire i consumi interni all’Eurozona e in quei Paesi, come l’Italia, che hanno subito uno shock non solo economico ma anche emotivo. Del resto, la valutazione economica è purtroppo basata sui principali indicatori, dagli ordinativi alle vendite, che migliorano nella prima parte del 2013 ma non in misura tale da crescere. Ci auguriamo che il 2013 sia l’anno in cui si vada ad azzerare la decrescita in modo da ripartire». l’effetto della disoccupazione raddoppia. Purtroppo stimiamo per l’anno prossimo un ulteriore aumento sul fronte della disoccupazione, e probabilmente un altro punto in più di tasso di disoccupazione è prevedibile. Il contesto è grave ed è aggravato da una crisi di accesso al credito e da un sistema sbilanciato troppo sul credito bancario piuttosto che su quello finanziario o su altre forme di finanziamento alle imprese. Di fronte al calo dei consumi, del livello di produttività (dall’aprile 2008 ad oggi abbiamo perso circa il 22,5% di capacità produttiva) e delle esportazioni, è aumentato quel differenziale con la Germania che tutti conosciamo come “spread”». Come se ne esce? «Il baluardo della tenuta dei conti pubblici va mantenuto e diventa un pilastro fondamentale. E in questo senso Confindustria ha responsabilmente supportato la riforma pensionistica. Dico responsabilmente perché quella riforma danneggia doppiamente le imprese: da un lato imponendo un costo del lavoro più alto dovuto ala presenza più diffusa di figure senior nelle imprese per le quali gli stipendi sono più elevati; e dall’altro chiedendo alle aziende di ristrutturare il proprio modello produttivo di fronte a una forza lavoro più anziana che deve essere riconvertita su nuovi processi. Oggi dobbiamo innescare tutte quelle energie che sono all’interno del sistema e che rimarrebbero altrimenti nel cassetto. Penso quindi agli incentivi sulla defiscalizzazione degli investimenti, al credito d’imposta sulla ricerca e innovazione, allo sblocco normativo e burocratico delle infrastrutture, al riassetto istituzionale del Paese. Tutte attività che si possono fare a saldo zero. Anche la semplificazione burocratica, un’altra riforma a saldo zero, va fatta con coraggio e non deve arenarsi nelle code di fine legislatura. Inoltre bisogna continuare a lavorare sulla spending review perché diventi, com’è nelle aziende, una realtà quotidiana non fatta di tagli lineari ma di efficientamento della spesa. Siamo il secondo Paese manifatturiero europeo. Se domani ci svegliassimo senza il nostro assetto industriale saremmo un Paese da terzo mondo Qual è la minaccia sul futuro che ad oggi preoccupa di più? «Direi la disoccupazione che è figlia di un duplice fenomeno. Da un lato la gente che perde il posto di lavoro, dall’altro il sistema che moltiplica l’effetto. Nel nostro Paese una famiglia monoreddito si può permettere una moglie che sta nell’area della cosiddetta inoccupazione. Quando un coniuge perde il lavoro automaticamente anche l’altro si mette a cercarlo e quindi 21 la RIVISTA Euler Hermes Italia Speciale Dobbiamo sviluppare tutte le energie che oggi ci sono. A questo proposito sto lavorando con Confindustria sulla mappatura di tutte le opere private ferme non per mancanza di investimenti ma di autorizzazioni, veti locali, blocchi, ecc». A suo avviso la forza produttiva italiana potrebbe tornare a crescere se aggredisse con più decisione questa opportunità? E soprattutto, siamo di fronte a una saturazione delle capacità attuali di export delle imprese italiane? «È il mix delle due cose. La qualità e lo stile italiani sono ancora molto apprezzati. Guardando i dati dell’export il Sigaro Toscano registra quest’anno un +22,5% e continua un trend molto positivo. Naturalmente sono diminuite alcune esportazioni dovute al rallentamento economico di alcune aree importanti, ma dobbiamo anche dire che il limite strutturale del nostro modello che è fatto principalmente di piccole e medie imprese prima o poi arriverà a una maturazione anche su questo fronte. La risposta delle reti d’impresa è buona ma non sufficiente; così come l’idea di avere una nuova Agenzia più vicina ai bisogni delle Pmi è una buona risposta. Tutto questo non è tuttavia sufficiente perché la dimensione della piccola e media impresa è un fattore inibitorio rispetto alla complessità e alla competizione presenti sui mercati internazionali. Pur avendo un grande ruolo sui mercati esteri (ci attestiamo intorno al 3,5% di quote di commercio mondiale) sta quindi cominciando ad essere matura la capacità di export delle imprese italiane, perché quelle forti e autonome sono ormai presenti in tutti i Paesi, mentre le piccole hanno bisogno di essere assistite e culturalmente educate alle esportazioni». Il capo economista del Gruppo Euler Hermes, Ludovic Subran, ha spiegato che, contrariamente a quanto avveniva in passato, molte aziende dei Paesi in via di sviluppo come quelle sudamericane chiedono che vengano assicurati i loro crediti quando vengono a fare affari in Europa perché si fidano 22 Ogni punto di mancata crescita della Cina per il sistema dell’Eurozona vale 30/40 miliardi meno della solvibilità delle imprese del Vecchio Continente. Si stanno veramente ribaltano gli equilibri e i pesi commerciali mondiali? «Probabilmente è così. Che l’Europa faccia fatica e dia l’immagine di un continente un po’ stanco e con varie difficoltà mi sembra evidente, come è evidente nel giudizio dei mercati internazionali. Questo dato non sorprende anzi conferma una tendenza che spesso c’è negli operatori economico-finanziari ancor prima di quelli industriali, che invece hanno un indice di fiducia più elevato. Il problema è più l’euro che i singoli Paesi perché molte imprese hanno la percezione che un investimento fatto in euro si possa svalutare nel breve termine. Questo è un tema al quale sono chiamate a rispondere le autorità monetarie e l’Unione europea accelerando la politica di coesione che va oltre la moneta unica». Di contro, la montagna di crisi aziendali che giace sul tavolo del Ministero dello Sviluppo non indica che è forse il momento di pensare a un nuovo modello di sviluppo, più moderno e più innovativo? «Siamo il secondo Paese manifatturiero europeo e una presenza importante a livello globale. Se domattina ci svegliassimo senza il nostro assetto industriale saremmo un Paese da terzo mondo perché, non avendo fatto investimenti infrastrutturali, non avremmo altra forza. Quindi questo settore va preservato più di quanto i governi che si sono succeduti negli ultimi 20 anni abbiano fatto. Questo è uno dei pochi Paesi dove se chiede a un lavoratore quanto guadagna le dirà poco e se chiede a un datore di lavoro quanto paga per un lavoratore le dirà tanto. Ciò significa che non si sono create le condizioni per avvicinare il mondo del lavoro perché lo si è caricato di tasse come non è stato fatto in nessun altro Stato. Lo stesso per quanto riguarda la burocrazia, la mancata liberalizzazione del mercato e il rapporto tra la politica e le imprese. Molte crisi di oggi sono legate a questi fattori come nel caso del costo dell’energia, che viene mediamente pagata in Italia il 30% in più rispetto agli altri competitor europei come Francia e Germania. Lo stesso si dica per la burocrazia che asfissia le imprese. Questo concetto lo ripete spesso il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi quando racconta che per aprire un’impresa chimica in Germania ci vogliono 5 autorizzazioni, mentre ne servono 46 in Italia». Come mantenere allora la competitività del nostro sistema industriale? «Da una parte sburocratizzando il Paese in maniera violenta. Serve uno shock di competitività, misure incisive anche a costo zero in cui si dà il segnale forte che il Paese vuole cambiare. Sul tema del costo dell’energia dobbiamo avvicinarci almeno agli standard europei, quindi considerare il mondo manifatturiero a rischio in la RIVISTA Euler Hermes Italia questo fronte. Poi lavorare in maniera forte sulle infrastrutture per sbloccare tutto quello che è sbloccabile. Ultimo pilastro è la ricerca e innovazione. Il Paese si è fermato e al blocco degli investimenti pubblici si è aggiunto quello degli investimenti privati. Oggi costruiamo le basi del futuro per mantenere quel livello di tecnologia e innovazione al quale i nostri prodotti sono abituati. La politica industriale ha bisogno di tre elementi: ambizione, quindi riportare gli imprenditori a rischiare; concretezza, ossia cose facili e semplificazione burocratica; e una visione di lungo periodo. Quello che mi preoccupa non è lo spread finanziario ma quello culturale: mentre gli altri Paesi guardano al 2030 come termine di sviluppo noi guardiamo alle prossime elezioni politiche. Abbiamo una visione corta su tutto. Adesso fermiamo i motori per sei mesi in attesa delle elezioni. E la differenza sta proprio qui perché, mentre noi guardiamo al voto, gli altri non si fermano. Ma questo, purtroppo, è un grande tema culturale». Speciale this year, with the election of Giorgio Squinzi, of which can be done at the cost of zero». vice president of Confindustria with weighty The chief economist of the Euler Hermes responsibilities such as economic development. Group, Ludovic Subran, explained that, This is Aurelio Regina’s profile, the entrepreneur unlike what happened in the past, many originally from Foggia who has climbed the companies in developing countries such as career ladder of viale dell’Astronomia South America ask that their credit be (headquarters of Confindustria). guaranteed when doing business in What do Italian companies need to do in Europe as they have less faith in the order to free themselves from the dead solvency of companies from the Old weight of the crisis? What interventions Continent. Are the commercial world’s can no longer be postponed? equilibriums and weights really being «Unfortunately our estimations turned out to be reversed? more accurate than those carried out by the «This is probably the case. The fact that Europe Government. We had said that our GDP would fall is struggling and is giving an impression of a by 2,4%. It is clear that we are caught in the grip tired continent facing numerous difficulties of a serious situation and we are experiencing a seems obvious to me, and that seems also to be slight drop in exports linked to a slowdown of the the opinion of international markets. This does principal international economies. We need not surprise me, rather it confirms a trend policies aimed at stimulating consumption inside which is often present in the economic-financial the Eurozone and in those countries, like Italy, area even before it emerges in the industrial which have suffered both an economic and area, which has a higher trust ratio». emotional shock». On the other hand does the mountain of What is the threat for the future that company crisis which covers the desk of worries most? the Minister of Development, not indicate «I would say unemployment which is the that it might be the right moment to think result of a twofold phenomenon. On one about a new development model, one hand people lose their jobs, on the other the which is more modern, more innovative? system multiplies the effect. In our country a «We are the second country for manufacturing family with a single income can allow a wife in Europe and are an important presence on a not to work. When one of the family loses global level. If we woke up tomorrow morning their job automatically the other begins to without our industrial base we would be a look for work and therefore the effect of third world country, as not having invested in unemployment doubles». Italy in need of a competitive shock infrastructure, we would not have other Interview with Aurelio Regina, Vice President of Confindustria with special responsibility for Economic Development incisive measures which can be at zero cost Abstract strengths». So how can we maintain the competitiveness of our industrial system? «We are in need of a competitive shock, giving a strong signal of a country which desires change. The industrial politics needs by Daniele Autieri three elements: ambition, getting What can we do to get out of this situation? entrepreneurs to take risks; simplifying «The control of public spending has to be bureaucracy; and long-term vision. What maintained and should become a worries me is not the financial gap but the fundamental policy pillar. Having said this, cultural one: while other countries look to 2030 President of one of the companies which today we must access all the energy which is for concluding development, we look to the symbolise “made in Italy” abroad, the in the system which would otherwise remain next political elections. We have a short- manufacturer Sigaro Toscano (Tuscan Cigar locked away in a drawer. I am thinking about sighted vision on everything. Now we have put brand), president of Credit Suisse Italy and the incentives concerning tax exemption for everything on a hold for six months as we wait partner of Egon Zehnder, one of the most well- investments, tax credit on research and for the elections. The difference is right here known head hunting companies, but also a key innovation, the unblocking of laws and because while we come to a standstill and figure in Confindustria, previously number one bureaucracy on infrastructure, the wait for the vote, others do not stop. This among Roman industrialists and since March of institutional reorganization of the country. All however, is a big cultural issue». 23 Speciale SENZA INNOVAZIONE si ferma il Paese «Innovare è vedere il prodotto prima del mercato». Non ha dubbi Alberto Tripi, l’imprenditore impegnato nei settori innovativi dagli esordi in IBM fino alla costituzione del Gruppo AlmavivA, leader in Italia nell’information and communication technology e nei contact center. Il suo Gruppo oggi da lavoro a circa 24mila persone, è attivo in Italia ma forte anche di una componente internazionale radicata in Paesi come il Brasile, la Tunisia e recentemente anche la Cina. La sua scommessa sono stati da sempre i servizi ad alto valore tecnologico, un settore che ha rappresentato anche come Presidente di Confindustria Servizi Innovativi. Oggi, guardando alla difficile situazione italiana, ripete che la strada da seguire passa per la riduzione dei costi improduttivi, senza però toccare gli investimenti, la vera leva che permette ancora alle imprese di crescere. Il settore produttivo italiano ha una forte componente manifatturiera, ma anche un’anima ben radicata nei servizi. Il suo Gruppo è leader nei servizi legati all’innovazione tecnologica e in quelli di Crm. Qual è stato l’impatto della crisi su questi settori? «L’attività dei servizi tecnologici e dell’information and communication technology generalmente non segue gli andamenti economici di un Paese, ma arriva rispetto a questi in ritardo o in anticipo. Nel caso italiano, ad 24 esempio, molti grandi progetti e i relativi investimenti erano già stati lanciati quando è arrivata la crisi e la loro realizzazione è andata avanti anche in questi anni. Adesso, terminati quei progetti di largo respiro senza che siano stati sostituiti da nuove iniziative su scala nazionale, cominciamo ad avvertire il rallentamento del mercato. Ma il rischio maggiore di questo stop, oltre al degenerato stato di salute delle imprese del settore, riguarda in generale la mancata modernizzazione del Sistema Paese e delle sue forze produttive. Quando si fermano i processi innovativi, automaticamente le imprese che ne avrebbero beneficiato diventano meno efficienti e meno competitive sui mercati internazionali. Un vero imprenditore, quindi, in questa fase recessiva e di massima attenzione alle spese, dovrebbe ridurre i costi improduttivi ma non quegli investimenti che permettono all’azienda di continuare a crescere. Questo processo purtroppo negli ultimi mesi si è fermato e l’industria dei servizi IT, dopo anni di crescita a doppia cifra, registra quest’anno una flessione che si aggira intorno all’8-10%. A questo proposito mi auguro che i progetti inseriti nell’Agenda Digitale presentata dal Governo aiutino il settore a ripartire. È ovvio che per la maggior parte delle PMI, impegnate nel manifatturiero e preoccupate di Intervista ad Alberto Tripi, presidente del Gruppo AlmavivA I servizi ad alto valore tecnologico rendono l’Italia un Paese moderno. di Daniele Autieri non arrivare al mese prossimo, l’ipotesi di investire in nuove tecnologie si fa più remota. Ma voglio anche dire che ci sono tantissime piccole e medie imprese che invece riconoscono il valore dell’ìnnovazione e studiano continuamente come ottimizzare i loro prodotti e il loro business». AlmavivA è molto attiva anche all’estero, ma l’azienda è stata forse l’unica in Italia a negare da statuto qualsiasi genere di delocalizzazione. la RIVISTA Euler Hermes Italia Cosa significa e perché avete fatto questa scelta? «La filosofia è semplice: siamo all’estero non per portare in Italia prodotti a basso costo, ma per realizzare attività destinate esclusivamente all’estero. Le nostre sono attività cosiddette brain intensive, dove la componente umana è la base dei prodotti che vendiamo. Quando apriamo una sede in un nuovo Paese prendiamo dal territorio mentalità, cultura, formazione ed educazione della forza lavoro che troviamo lì e la sfruttiamo per sviluppare sistemi informativi che sono la base della nostra attività. Sarebbe assurdo, per esempio, se pensassimo di produrre in Cina un software da vendere al Ministero dei Beni Culturali italiano. Il nostro compito è fare abiti su misura ad altissimo valore tecnologico, ideati e realizzati per il mercato dove vengono prodot- Nonostante la crisi siamo cresciuti nell’ultimo quinquennio. In particolare dal 2009 al 2011 il nostro fatturato è passato da 641 a 730 milioni di euro. E i dipendenti da 19mila a 24mila unità 25 la RIVISTA Euler Hermes Italia Speciale ti. Un abito su misura che, non va dimenticato, ha alla base il know-how, il talento e l’esperienza italiana dove rimane il cuore e il cervello del nostro Gruppo». Siete molto forti sul mercato brasiliano e state crescendo anche in altri Paesi. Quando inaugurate un nuovo business all’estero avvertite una vitalità differente rispetto a quello che si respira oggi in Italia? «Il Brasile ad esempio è un Paese economicamente eccezionale. Mi ricorda l’Italia degli anni 60, quando io cominciai a lavorare. Si respira una voglia di fare, di collaborare che va oltre la collaborazione sterile. Oggi in Brasile pubblico e privato, banche e imprenditori, lavorano insieme per lo sviluppo di tutti. Per dare l’idea del grado di vitalità di questa economia, la nostra azienda occupa sul territorio brasiliano circa 12mila persone e ogni anno 10mila di queste cambiano lavoro. Eppure questo non è un caso o un segno di insofferenza, ma una prassi in un Paese dove la gente si muove, cambia casa, cerca nuove opportunità, in una parola è estremamente dinamica». Lei si è battuto in Confindustria sul ritardo dei pagamenti da parte della PA. Ritiene realistica l’applicazione della direttiva europea che impone il pagamento entro 30 giorni? «A questo proposito guardiamo con favore al decreto legislativo presentato dal Governo che dovrebbe recepire finalmente la direttiva europea. Nel merito non è ancora chiaro se la legge valga per tutti i crediti verso la PA oppure se siano esclusi quelli precedenti all’approvazione del decreto. In quest’ultimo caso la soluzione scelta rappresenterebbe comunque un danno gravissimo per imprese come la nostra. AlmavivA ha in piedi contratti con la Pubblica Amministrazione di durata anche quinquennale. Questo significa che se il contratto è stato siglato anche un giorno prima dall’entrata in vigo26 La sede del Gruppo AlmavivA L’industria dei servizi IT, dopo anni di crescita a doppia cifra, registra quest’anno una flessione che si aggira intorno all’8-10% re del nuovo regolamento, non avremo niente da pretendere per i prossimi anni e fino alla stipula di un nuovo contratto. In generale comunque il problema è gravissimo e lo è per tutte le imprese. Pagamenti ritardati significa un’esposizione obbligata nei confronti delle banche e quindi il versamento di tassi di interesse passivi elevatissimi. Non è più accettabile che gli utili di fine anno, invece di essere reinvestiti per la crescita e lo sviluppo, debbano essere utilizzati per pagare gli interessi passivi sul debito». Venuti meno i grandi campioni dell’innovazione made in Italy come lo fu la Olivetti degli anni d’oro, non rischiamo oggi di divenire dei semplici fornitori di servizi a basso contenuto tecnologico? Un trend che viene peraltro costantemente confermato dal confronto con gli altri Paesi sviluppati sugli investimenti in ricerca e sviluppo. «Il rischio c’è ma la capacità imprenditoriale italiana è tale da imporre un esercizio di ottimismo nei confronti del futuro. Molto spesso si fa l’errore di considerare innovazione solo quello che avviene in laboratorio, ma non è così. Anche un prodotto mai visto sul mercato è un’innovazione; anche una campagna di marketing aggressiva e vincente è un’innovazione. Tutto questo non rientra nelle statistiche che vengono stilate sugli investimenti in ricerca e sviluppo, ma ne rappresenta una componente importante. Qualsiasi imprenditore italiano che deve pensare come far crescere la sua azienda, fa un’attività di ricerca continua. E guardando al futuro io credo che i nostri imprenditori siano in grado di continuare a innovare. Anche perché altrimenti non ci sarebbe più futuro». La competizione internazionale e la crisi di tante aziende italiane ha dimostrato che l’innovazione non dovrebbe essere un’aspirazione stagionale, ma un modo di essere scritto nel DNA aziendale. Cosa significa per lei innovare? «Innovare significa trasformare una visione in un prodotto. E poi trasformare il prodotto in un bene o in un servizio di successo. I grandi casi di Microsoft o di Apple hanno dimostrato che non basta solo creare il prodotto, ma anche creare nella gente il bisogno del prodotto con una vincente strategia di marketing. Ovviamente la RIVISTA Euler Hermes Italia Speciale parliamo di altissimi livelli, ma questo approccio andrebbe replicato su tutte le attività produttive. Immaginare il futuro, metabolizzarlo e trasformarlo in un prodotto ambito è il cuore dell’innovazione e l’obiettivo di qualsiasi imprenditore». Abstract Without innovation a country comes to a standstill event. In the Italian case, for example, many and we use it to develop information systems big projects and the relative investments had which are the basis of our activity». already been launched when the crisis arrived When you start-up a new business abroad do and their realization has gone ahead even you perceive a different vitality compared to the during this period. Now that these wide- situation we are experiencing in Italy today? ranging projects are finished and have not «Brazil for example is a country which could been substituted by new initiatives on a be described as having an excellent economic national scale, we are beginning to feel the conditions. It reminds me of Italy in the 1960s, slowdown of the market. when I began working. There is a tangible The greatest risk of this standstill, apart from the desire to move ahead, to collaborate in a way degeneration of the health of the companies in which goes beyond a token gesture. Today in the sector, concerns the lack of modernization of Brazil the public and private, banks and «Innovating is seeing a product before the the country’s national economic system and its entrepreneurs, work together for overall market does». Alberto Tripi has no doubt productive strengths. When innovative development». about it, an entrepreneur who has been processes stop, the companies who would have In absence of the great representatives of committed to the innovative sectors from his benefited automatically become less efficient “made in Italy” innovation like Olivetti was first experiences in IBM to the incorporation of and less competitive on international markets. in the golden years, today are we risking the Gruppo AlmavivA, leader in Italy for Unfortunately in recent months this process has becoming simply suppliers of services with information and communication technology stopped and the industry of IT services, after low level technology? This is a trend which and contact centres. Today his group employs years of double digit growth, this year has is constantly confirmed compared to other about 24 thousand people, it is active in Italy registered a drop of around 8-10%». developed countries concerning but also has a strong international presence Almaviva is also very active abroad, but the investments in research and development. rooted in countries such as Brazil, Tunisia and company is perhaps the sole in Italy to have a «The risk exists but Italian entrepreneurial more recently China. The company has always policy which rejects any type of capability is such as to be able to send out a been willing to take the risk of working with delocalization. What does this mean and wave of optimism with regard to the future. services deeply involved in technology. Tripi has why have you made this decision? Often we make the mistake of considering also represented the sector as President of «The philosophy is simple: the reason we work innovation as only that takes place in Confindustria Innovative Services. abroad is not to bring products to Italy at a low laboratories, but this is not the case. A product Your Group is a leader for services connected cost, but to create business activities destined which has never before been seen on the to innovative technology and in Crm. What exclusively for abroad. Our activities are so- market is also an innovation; even an impact has the crisis had on these sectors? called brain intensive, where the human aggressive and winning market campaign is an «The business of technology services and component is the basis of the products which we innovation. All of this is not taken into account information and communication technology sell. When we open an office in a new country in the statistics which are drawn up on the generally does not follow the economic trends we adopt the attitude, culture, training and investments in research and development, but of a country, but it arrives before or after the education of the work force that we find there it represents an important component». Interview with Alberto Tripi, president of Gruppo AlmavivA by Daniele Autieri 27 Report REPORT MANCATI PAGAMENTI DELLE IMPRESE ECONOMIA ANCORA IN CRISI: ITALIANE una via stretta per le imprese L’analisi dei primi nove mesi del 2012 evidenzia un aumento del numero dei mancati pagamenti. La crisi economica che ha colpito l’Unione europea sta condizionando in maniera pesante l’andamento dell’economia mondiale. La decisione dei governi di adottare politiche di austerità e contrazione dei bilanci sta riducendo la domanda globale e, quindi, la crescita. Le stime sull’economia tedesca e francese per l’anno in corso sono ancora in positivo (rispettivamente +0,8% e +0,1%) mentre la Gran Bretagna dovrebbe finire in recessione. Per quanto riguarda l’Italia, le previsioni dei maggiori istituti di ricerca indicano per il 2012 una contrazione del Prodotto interno lordo del 2,3/2,4%, sottolineando anche il basso livello di produttività di un’economia per ora trainata solo dall’export. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, tra il giugno 2011 e quello 2012, l’Italia ha perso 235 miliardi di euro di investimenti (15% del Pil), impegnata a rafforzare la sostenibilità di bilancio a fronte di un rapporto debito-Pil ora attestato al 123%, picco storico dal 1995. Sul fronte imprenditoriale i finanziamenti a rischio sono cresciuti del 140% rispetto al 2008 e la stretta del credito prosegue. La cassa integrazione è cresciuta dell’8,9% nei primi 28 la RIVISTA Euler Hermes Italia Principali indicatori utilizzati FREQUENZA SEVERITÀ NUMERO DEI MANCATI PAGAMENTI IMPORTI MEDI DEI MANCATI PAGAMENTI Banca Dati: Il monitoraggio giornaliero dei pagamenti della banca dati Euler Hermes raccoglie circa 450MILA IMPRESE ITALIANE Domestic Trend (2007 - base 100) 180 162 168 160 155 140 - 142 130 120 - Ciclo Recessivo 122 100 95 Ciclo Espansivo 80 71 60 - 56 40 - Frequenza Severità - - - - - 20 - 40 2008 2009 2010 2011 2012 9M Base di riferimento 2007 Fonte: Banca Dati Euler Hermes Italia Export Trend (2007 - base 100) 180 160 145 139 140 127 127 120 - 114 124 Ciclo Recessivo 118 100 Ciclo Espansivo 80 60 - 48 43 40 - - - - - 20 - 43 Frequenza Severità 2008 2009 2010 2011 2012 9M Base di riferimento 2007 Fonte: Banca Dati Euler Hermes Italia nove mesi dell’anno e poco meno della metà delle imprese italiane è costretta a chiudere entro i primi 5 anni di vita. Detto questo, alcuni settori come quello industriale (che rappresenta un terzo del Pil nazionale) hanno mantenuto i livelli produttivi e si preparano al 2013 quando l’economia dovrebbe ripartire anche nel nostro Paese. Guardando però alle criticità che stanno vivendo le imprese italiane, in particolare alla voce dei mancati pagamenti, il Report elaborato da Euler Hermes Italia fotografa per il terzo trimestre del 2012, rispetto allo stesso periodo del 2011, la crescita della frequenza (+25%), ossia del numero di mancati pagamenti, mentre la severità (l’ammontare degli importi medi) resta invariata. Una prospettiva negativa si fa largo per la prima volta dopo qualche anno nel mercato dell’export dove il buon andamento del 2011 e anche dei primi mesi del 2012, viene sostituito da segnali di deterioramento su entrambi gli indicatori: frequenza (+5%) e severità (+9%). Andando invece ad analizzare i territori, gli indicatori dei mancati pagamenti sono in peggioramento per 7 regioni su 10, mentre solo il Friuli li presenta entrambi in miglioramento, grazie alla tenuta dell’export di alcuni distretti. La Lombardia soffre il rallentamento dell’export che sta colpendo le PMI del territorio con un ampio numero di default. Nel Veneto invece le variazioni ridotte sono dovute al dinamismo di alcuni distretti che puntano su qualità e nuovi mercati, come quello degli occhiali o quello trevigiano del mobile. Al Sud la decelerazione economica è ancora più evidente specialmente nella numerosità dei mancati pagamenti in Basilicata, Sicilia e Sardegna. 29 la RIVISTA Euler Hermes Italia Report TABELLA 1 I Mancati Pagamenti nelle Regioni (variazioni percentuali) FREQUENZA A livello territoriale bene il Friuli, mentre le criticità maggiori si concentrano al Sud «I mancati pagamenti in Italia – afferma Andrea Misticoni, Direttore Centrale di Euler Hermes Italia – proseguono il trend di crescita anche nel 3° trimestre 2012. Il forte rallentamento dei consumi privati, la stretta finanziaria in essere e la relativa crisi di liquidità stanno alimentando sul mercato interno la crescita dei debiti non onorati tra le imprese. Molti i settori colpiti tra i quali l’agroalimentare, affetto dall’inefficienza della catena distributiva e dalla crescita dei costi per le imprese agricole mentre nella filiera della pelle soffrono le calzature. Il comparto delle costruzioni continua il suo trend negativo anche a causa dell’assenza di investimenti pubblici nelle infrastrutture utili allo sviluppo economico del Paese». «Dal lato export – prosegue Misticoni – si evidenzia un peggioramento dei pagamenti soprattutto in termini di importi medi. Ad incidere su quest’ultimo dato, gli incrementi registrati nei settori chimica, carta e siderurgia. La meccanica, invece, con i suoi prodotti a valore aggiunto e con la specificità di alcune nicchie del comparto, prosegue la sua crescita nei mercati export esplorando sempre più le mete extra UE». Alcuni segnali di miglioramento per il mondo imprenditoriale si cominceranno invece a intravedere agli inizi del 2013 anche se i principali indicatori economici del Paese torneranno ad essere positivi a partire dal 2014. REGIONI Valle d’Aosta Piemonte Lombardia Trentino Alto Adige Veneto Friuli Venezia Giulia Liguria Emilia Romagna Toscana Marche Umbria Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna 2011* 2012** 2011* 2012** +25% +34% +38% +29% +20% +53% +74% +69% +51% +37% +100% +48% +15% +26% +48% +24% +3% +74% +45% +8% +60% +31% +36% 0% +12% –5% +61% +18% +29% +69% +27% +14% +50% +36% +15% +25% +39% +5% +37% +37% +100% +50% +29% +5% +3% +12% –22% +33% +36% +2% +52% +25% –39% +100% –3% +16% +100% +27% +27% –48% –70% +16% +15% +35% –2% –14% +22% +64% –13% –4% –23% –49% +36% +100% –6% +3% –69% +37% –9% –17% TABELLA 2 I Mancati Pagamenti per Settori - DOMESTIC (variazioni percentuali) FREQUENZA SEVERITÀ SETTORI 2011* 2012** 2011* 2012** Cuoio e Pellame Edilizia Energia Meccanica Legno e Arredamento Chimico Calzature Carta Tessile e Maglieria Abbigliamento Siderurgia Agroalimentare +17% +70% –39% +31% +36% +82% +33% –13% +100% +69% +43% +66% –11% +29% +89% +23% +2% –5% +39% +34% –11% +23% +33% +29% –27% +17% –75% +38% +19% –34% –6% +100% +20% –10% +42% +20% +53% +5% +100% –4% –32% +34% +67% –4% –52% –9% –45% +44% TABELLA 3 I Mancati Pagamenti per Settori - EXPORT (variazioni percentuali) FREQUENZA SETTORI 2011* 2012** Cuoio e Pellame Edilizia Energia Meccanica Legno e Arredamento Chimico Calzature Carta Tessile e Maglieria Abbigliamento Siderurgia Agroalimentare –11% +10% –100% +13% +20% +28% –42% +64% –9% –13% –40% +8% –19% +8% 0% –7% +15% +4% –13% +27% +11% –6% +19% +22% * gen-dic 2011 vs gen-dic 2010 30 SEVERITÀ ** gen-set 2012 vs gen-set 2011 SEVERITÀ 2011* +74% –8% 0% +88% +13% –44% –24% +21% +19% –16% –40% +7% 2012** –33% 0% 0% –54% +63% +100% +100% +54% –24% +34% +100% +7% Fonte: Banca Dati Euler Hermes Italia Avvenimenti ANDREA MISTICONI NUOVO DIRETTORE COMMERCIALE Dopo significative esperienze in diversi settori merceologici, Misticoni guida ora le strategie commerciali della branch italiana di Euler Hermes D all’11 luglio scorso Andrea Misticoni, 40 anni, è entrato a far parte di Euler Hermes Italia, società del gruppo Allianz specializzata nell’assicurazione crediti, in qualità di Direttore Market Management Commercial and Distribution. Misticoni si occupa della definizione e dell’attuazione delle strategie commerciali, in accordo con le linee guida del Gruppo. A lui riporteranno le Funzioni Commercial Underwriting, Customer Service, Distribution, Marketing and Communications. Laureato in Giurisprudenza, ha maturato significative esperienze in diversi settori tra cui quello del largo consumo (Procter & Gamble), automotive (Renault Italia e Ducati Moto) e finanziario (Commerzbank Asset Management) per poi approdare nel settore del noleggio a lungo termine, nel 2004, dove ha acquisito ruoli di rilievo fino a diventare Direttore Commerciale in ING Car Lease. «Le imprese italiane – ha dichiarato Misticoni – operano attualmente in un mercato complesso e molto competitivo, pertanto, l’obiettivo è di continuare a svi- luppare una crescita profittevole del loro business mettendo i nostri servizi a disposizione del cliente, centro della nostra attività. E grazie a un team di esperti e una rete dedicata di Agenti Generali presenti su tutto il territorio nazionale, sono certo che raggiungeremo importanti risultati confermando la nostra leadership di mercato». APERTE DUE NUOVE AGENZIE GENERALI Euler Hermes manifesta l’attenzione al Cliente con la presenza capillare sul territorio E uler Hermes ha aperto due nuove Agenzie Generali. La prima, il 16 luglio scorso, è l’Agenzia Generale Euler Hermes Italia della Liguria, la cui gestione è affidata all’Agente Generale Enrica Zunino. La sua apertura fa parte della strategia di sviluppo di Euler Hermes Italia per favorire la crescita e la vicinanza al Cliente nelle aree geografiche con maggiori opportunità di sviluppo. La zona territoriale interessata comprende le province di Genova, Imperia, La Spezia e Savona (condivise con l’Agenzia Generale di Montecatini). La sede dell’Agenzia è in via 12 Ottobre, 2/35. La seconda, l’Agenzia Generale Euler Hermes Italia di Bergamo, è stata costituita l’11 ottobre e la sua gestione è stata affidata all’Agente Generale Marco Sani che ricoprirà il ruolo distinto di Agente Generale sia per l’agenzia delle Dolomiti che per l’agenzia di Bergamo. La zona territoriale comprende la provincia di Bergamo, mentre la sede è in via Bianzana 68/D, Bergamo. 31 la RIVISTA Euler Hermes SIAC Avvenimenti EULER HERMES ITALIA AL CONVEGNO ABI I l Credito è l’elemento chiave della relazione BancaCliente e lo strumento imprescindibile per lo sviluppo del Paese, delle sue imprese, delle sue infrastrutture, del suo futuro. Diamo quindi Credito al Credito! È proprio questo il titolo del Convegno organizzato da ABI (Associazione Bancaria Italiana) che dal 27 al 29 novembre ha rappresentato per gli esperti del settore un momento di confronto, analisi e networking. Esponenti delle istituzioni, del settore bancario ed impren- UN RECORD! S Da circa 20 anni Euler Hermes Italia avvicina clienti, prospect e Istituzioni con il suo house organ “La Rivista” ono oltre 20.000 i destinatari ai quali Euler Hermes invia periodicamente la pubblicazione che più di un house organ risulta essere, dal punto di vista editoriale, una vera e propria rivista. Dedicata a imprese e imprenditori italiani si allarga, infatti, anche a rubriche dedicate alle economie mondiali e a Studi della Direzione Ricerca Euler Hermes (“Insolvency” e “Sectors Outlook”) e a quelli della branch italiana (“I mancati pagamenti delle Imprese italiane”). Io collaboro alla sua edizione da quando è nata, come capo della Comunicazione e dell’Ufficio stampa e, oggi, con il consenso della Direzione, della redazione e dell’editore PRC, per l’ultima volta e con grande nostalgia, saluto i lettori che ci hanno seguito per tanto tempo e per tanto ancora, sono certo, la seguiranno. Infatti, alla fine dell’anno lascerò questa azienda per seguire impegni personali. Non so se esistono classifiche relative alla durata di un magazine aziendale, so solo che il nostro è sicura- 32 ditoriale si sono incontrati per fare il punto sulla fondamentale funzione del credito per lo sviluppo dell’economia, anche attraverso il confronto fra la realtà italiana e le esperienze internazionali, tracciando le linee evolutive del settore nei prossimi anni. Nella tre-giorni sono state affrontate tematiche quali l’impatto delle recenti evoluzioni normative sui mercati dei mutui e del credito ai consumatori, analizzati gli ultimi e più avanzati modelli di risk management, esaminate le nuove forme di aggregazione di imprese per un miglior accesso al credito, e infine è stato disegnato il futuro dei sistemi di garanzia, ragionando sull’utilizzo ottimale degli strumenti di mitigazione del rischio d’impresa e sull’impiego delle risorse europee per lo sviluppo dell’economia. Euler Hermes Italia, con un intervento di Andrea Misticoni, dopo aver presentato alcuni dati di scenario economico ed aver indicato in breve i servizi dell’assicurazione del credito, ha portato in evidenza le attività realizzate in partnership con il mondo bancario sul territorio nazionale, strutturate con la finalità di agevolare l’accesso al credito per le imprese italiane. Una nutrita sezione di Q&A ha poi concluso i lavori. mente già da record e manterrà la posizione con le uscite dei prossimi anni. Oltre ai nostri lettori, approfitto di questa pagina per salutare chi ci ha seguito anche internamente: i colleghi, la Direzione Vendite e gli Agenti Generali che inseriscono “La Rivista” tra la documentazione di lavoro, e ai quali viene riservata una rubrica per illustrare i loro impegni sul territorio e dentro le Aziende assicurate. A tutti buona fortuna! Giorgio Vallati