Prove - Moto.it
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Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Numero 163 29 Luglio 2014 97 Pagine Novità Nuovo Piaggio Mp3 300 ABS Kymco Agility R16 Plus | prova scooter tre ruote | Yamaha Tricity da Pag. 30 a Pag. 45 Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Nico Cereghini MX Repubblica Ceca Racconta gli anni Ottanta. Sesta puntata: le Replica, le Turbo e le Trial Van Horebeek vince il suo primo GP. Cairoli è sul podio. Chiara Fontanesi è iridata | confronto scooter tre ruote | la prova del nove da Pag. 2 a Pag. 29 SPECIALE 3 RUOTE Piaggio MP3 300, Quadro 350S, Peugeot Metropolis 400 All’Interno NEWS: Furti moto: rubate qui, rivendute in Ucraina | M. Clarke La storia della Norton Commando | USA Il grande Sud N. Cereghini A sessanta sui passi dolomitici | MOTOGP: Valentino telefona a Giacomo Agostini | SBK: Test a Portimao Piaggio MP3 300 LT, Quadro 350S, Peugeot Metropolis 400 RS confronto scooter tre ruote La prova del Nove E’ quella che vede sotto la lente l’agile Piaggio MP3 300 LT, lo sportivo Quadro 350S e il lussuoso Peugeot Metropolis 400 RS. Tre scooter a tre ruote dei quali vi raccontiamo i punti forti ma anche quelli deboli di Maurizio Tanca 2 3 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica chilometri più a nord, a Vacallo, appena oltre il confine elvetico. E l’anno scorso è arrivato anche il Peugeot Metropolis 400, ovviamente realizzato con l’importante consulenza del reparto auto. Ma oggi è della partita anche Yamaha (per la quale lo stesso Luciano Marabese aveva già realizzato anni fa il rivoluzionario prototipo dal quale è nato il concept Teseract a quattro ruote), che lo scorso novembre ha presentato a Milano il simpatico e compattissimo Tricity, che però, almeno per un po’, sarà disponibile nella sola versione da 125 cc. Ma è doveroso aggiungere al novero anche l’italiana Adiva, il cui interessante veicolo, cabinato e decapottabile con motore da 300 cc, è ormai una realtà, anche se non siamo riusciti ad ottenerne uno per allargare questa nostra comparativa. Nel frattempo è il nuovo Piaggio MP3 500 profondamente rivisitato, che può orgogliosamente fregiarsi di essere il primo dei tripodi finalmente dotato non solamente di ABS, ma anche del controllo di trazione ASR, alzando dunque di colpo la classica asticella rispetto alla concorrenza. Il nostro confronto, dunque, verte Media D opo un lungo periodo di assuefazione “visiva” da parte del pubblico e degli utenti, iniziato nel 2006 con l’avvento del capostipite Piaggio MP3, gli scooter a tre ruote non sono ormai più considerati degli strani veicoli alieni che gironzolano impudenti nelle nostre metropoli, ma rientrano nella normalità, perlomeno nelle grandi città. Difficile, insomma, vedere ancora qualcuno che si giri a guardarli stupefatto, ma semmai incuriosito da un eventuale nuovo modello. Piaggio vanta quindi la progenitura di questo progetto, che a molti sembrerà anche astruso se non buffo (o anche molto peggio), ma che in verità ha rivoluzionato la concezione di scooter e di mobilità urbana, riuscendo pian piano a farsi apprezzare dal mercato per le sue 4 Scarica l’APP del Magazine Prove sul Piaggio MP3 300 Sport LT, il Quadro 350S ed il Peugeot Metropolis 400. Tutti e tre con il loro bravo pedale del freno sulla pedana destra, le frecce distanziate dalla carrozzeria e soprattutto la carreggiata anteriore allargata (ad almeno 465 mm) per poter essere legalmente utilizzati anche da chi detiene la sola patente B: ovvero gli automobilisti, che sono considerati l’obiettivo primario per i succitati costruttori, tanto che Peugeot, Quadro e la maggior parte della gamma Piaggio a tre ruote (Gilera Fuoco compreso) sono configurati come sopra. Guidare e piegare a tre ruote Chi conosce bene questo tipo di veicoli, saprà perfettamente che in sella ad essi si scoprono sensazioni nuove, sia arrivandoci da automobilisti mai saliti su una moto o su uno scooter, piuttosto che da scooteristi più o meno di lungo corso. Ma anche da motociclisti esperti, magari scettici sull’argomento, non fosse altro che per meri motivi di immagine personale. Chi usa da tempo un “3 ruote” a tutto campo, sia per innegabili doti di superiore sicurezza rispetto ai normali mezzi a due ruote. Cosa che, com’è ormai ben noto, i nostri vicini di casa francesi hanno recepito ed apprezzato molto più rapidamente e quasi a furor di popolo, rispetto agli altri mercati, diventandone quello di riferimento assoluto. Eh già, perché dal 2006 ad oggi i francesi hanno comprato più della metà degli oltre 150.000 Piaggio a tre ruote - principalmente MP3 (125, 250, 300, 400 e 500), ma anche Gilera Fuoco 500 – circolanti sul pianeta Terra. Ma ormai son diventati cinque i costruttori che hanno intrapreso questa strada: già da qualche tempo, infatti, la famiglia Marabese (già profondamente coinvolta fin dagli inizi nel progetto di Piaggio) ha fondato la Quadro Vehicles, che dallo scorso anno si è trasferita dalla sede originaria della Marabese Design di Cerro Maggiore (nel milanese) pochi 5 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Pur conoscendo più d’uno che un “tre ruote” se l’è comprato e rivenduto dopo pochissimo (dichiarandosi addirittura intimorito dal tipo di guida…bah), come moltissimi altri che ne sono rimasti entusiasti fin dai primi metri, vi garantiamo che, dopo un periodo più o meno lungo di affiatamento in sella a qualunque di questi mezzi, anche chi vi si approcci per la prima volta si troverà a suo agio almeno come su un omologo scooter tradizionale. Anzi, quasi sempre molto di più. Stiamo parlando di veicoli che, in effetti, talvolta possono anche trasmettere un senso di instabilità, dipendente anche dal tipo di pneumatici (dal profilo più o meno “agile”), magari affrontando a bassissima velocità una rotonda e/o su fondi non perfetti: in tal caso è facile avvertire un certo rollio dell’avantreno, in base al mezzo ed alla dimensione della rotonda stessa. Ma è una sensazione che non inficia mai la gran solidità che due ruote anteriori ben poggiate a terra garantiscono a chi guida: un sicurezza in appoggio che peraltro porta spesso ad esibirsi in pieghe che con scooter normali, e magari anche in moto, andarci al lavoro su percorsi anche non brevissimi, piuttosto che per muoversi più che altro in città, difficilmente si sentirà di abbandonare questo tipo di commuter. Ovviamente, come in tutte le cose della vita, anche questi astrusi veicoli hanno i loro pro ed i loro contro. Tra i “contro” inseriamo più che altro il maggior ingombro dell’avantreno, rispetto a quelli degli scooter a due ruote: un particolare che, a causa della fretta o semplicemente per distrazione o traffico molto intenso, prima o poi porterà sicuramente gli utenti più frettolosi a strisciare con le ruote anteriori contro un marciapiede, piuttosto che un “panettone” di cemento o che altro: in questi casi è generalmente il fianco della gomma che va strisciare sull’ostacolo. Ma non nel caso del Peugeot. I designer transalpini, infatti, hanno pensato bene di peggiorare la situazione, realizzando per il loro Metropolis dei bei cerchi in lega 6 Prove sicuramente molti non oserebbero nemmeno pensare. Ma la cosa che personalmente adoro è la maggior tranquillità che si prova affrontando una delle situazioni peggiori per noi moto/scooteristi, in particolare in città, e mettiamoci anche di sera e sotto la pioggia: il perfido abbinamento tra pavé bagnato, quasi mai in buono stato, e i binari del tram. Avantreni solidi, dunque, e ben più sicuri anche in caso di asfalto pieno di buche: “dos è meglio che uan”, recitava un giovanissimo Stefano Accorsi gustandosi un noto gelato, ma il suo simpatico tormentone vale anche qui. Due ruote, insomma, sono meglio di una, specie se sono basse, quindi più inclini a piantarsi in una buca particolarmente ostica. Vogliamo poi parlare dell’appoggio anteriore in frenata nettamente superiore, specie potendo contare su sistemi idraulici combinati? Per non parlare della facilità di parcheggiare “a spina di pesce” o di traverso anche in salita o discesa, bloccando comunque in verticale lo scooter e inserendo ovviamente il freno a mano (che sul Peugeot è elettrico). Quanto ai parcheggi, se gli spazi leggera, fedeli al family feeling della auto di famiglia ma purtroppo sensibilmente sporgenti (per circa 5 mm) oltre il limite esterno degli pneumatici anteriori: e quindi soggetti a rovinarsi presto nel marasma cittadino quotidiano, in base appunto alla fretta ed al “quoziente di distrazione” di chi guida. Ma il maggiore ingombro frontale, logicamente, influisce pesantemente anche sul CX (il coefficiente aerodinamico) dei nostri “3 ruote”, penalizzandone prestazioni e, soprattutto, i consumi massimi. Questo test, ovviamente, ha chiaramente evidenziato le doti di guidabilità dei nostri tre mezzi in ogni condizione: anticipiamo dunque che l’MP3 si conferma subito il più agile ed intuitivo, seguito dal ben più pesante Metropolis e dal Quadro: il quale è il più largo del trio e, almeno al primo impatto, il più inerziale da inclinare (cosa che comunque si rivelerà anche un suo pregio), pur essendo il più leggero. 7 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine limiti: quindi ci si può cadere, specie esagerando in piega fino a perdere il retrotreno, con probabile high-side. Oppure, con le gomme poco in ordine, si può anche perdere aderenza in frenata o in curva, come del resto accade in auto: anche sui simpatici tripodi, in sostanza, è fondamentale conoscere bene il limiti del mezzo, oltre che il proprio. Concludo citando un esperimento che feci a suo tempo quando provai il primo MP3 250: sgonfiai quasi completamente una gomma anteriore, verificando che si poteva comunque procedere senza grossi problemi, meglio se a bassa velocità, naturalmente. Ma andiamo a presentarli questi tre protagonisti del nostro confronto, che si sono sfidati anche nella prova di maneggevolezza tra i birilli, con in sella il nostro top rider Francesco Paolillo, il sottoscritto e l’amico Eliano Riva, esperto “ex regolarista” (quindi ai tempi in cui l’Enduro ancora non esisteva) e pistaiolo, che per anni è stato anche tester per alcune riviste del nostro settore. Ma che cittadini riservati a moto e scooter vi appaiono troppo stretti, o se nel vostro box avete lo spazio minimo indispensabile per infilarci lo scooter a fianco dell’auto, sia il Piaggio che il Peugeot vi aiuteranno grazie al blocco elettronico di verticalità, cioè il marchingegno che al semaforo consente di non poggiare i piedi a terra azionando con il pollice un apposito deviatore manubrio. Un’operazione facile, ma che richiede un minimo di pratica, e soprattutto attenzione al “cicalino”, che segnala il blocco avvenuto con un “bip” prolungato, e/o alla più affidabile spia sul cruscotto, visto che il segnale acustico nel traffico spesso è inudibile. Una volta bloccato lo scooter in verticale, basta spingerlo nel suo posticino e bloccare il freno a mano tirando l’apposita leva sul retroscudo. Da notare che il Metropolis, per segnalare il blocco avvenuto, utilizza lo stesso cicalino che segnala l’inserimento delle frecce, il che, in effetti, potrebbe creare un po’ di confusione: anche qui, dunque, meglio tener d’occhio la già citata 8 Prove era al debutto assoluto in sella a mezzi del genere, e anche con una certa dose di scetticismo. La nostra Cristina Bacchetti ci ha accompagnati invece in veste di passeggera e di cronometrista nella triplice prova di slalom, effettuata sul piazzale del motodromo pavese di Castelletto di Branduzzo (di cui ringraziamo il direttore, Adriano Monti, per la gentile ospitalità concessaci). Piaggio MP3 Sport LT 300i.e Iniziamo dal più “piccolo” della combriccola, spinto dal noto motore Quasar monoalbero a 4 valvole, raffreddato a liquido, da 278 cc effettivi, alimentato ad iniezione elettronica e accreditato di 22,5 cv (16,5 kW) a 7.500 giri, con una coppia massima di 2,37 kgm (23,2 Nm) a 6.500. A livello ciclistico, l’MP3 ha un telaio a doppia culla (sia superiore che inferiore) in tubi d’acciaio, con interasse di 1.490 mm. Davanti lavora il sistema di sospensione anteriore a quadrilatero articolato, composta da quattro bracci in alluminio che spia. Il Quadro, invece, è privo di gadget elettronici: per rimanere in equilibrio al semaforo, infatti, o si tengono tirati forte i freni, o si impara a gestire quello a mano (sul retroscudo) esattamente nel momento in cui il mezzo si ferma, e viceversa per ripartire. Logico che una volta frenato il 350S in verticale, diventa impossibile dunque impossibile spingerlo, il che non agevola i parcheggi in spazi angusti. Tutti i “3 ruote” del nostro test, come già detto, hanno anche il pedale del freno sulla pedana destra, cosa che Piaggio sta estendendo a tutta la gamma, eliminando pian piano i modelli tradizionali. Il più scomodo per il piede è quello dell’MP3, che anche dal punto di vista ergonomico è il più compatto del terzetto e, di conseguenza, ha anche le pedane meno spaziose. Frenare con i pedali, in ogni caso, vien poco naturale, sebbene possa essere più intuitivo per chi è abituato all’auto. A questo punto è doveroso sottolineare chiaramente che anche questi mezzi hanno comunque i loro 9 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Quadro 350S sostengono due tubi sterzo; il cinematismo della sospensione è a bielletta tirata, con una coppia di ammortizzatori con escursione di 85 mm e ruote anteriori 120/70x12”, mentre la posteriore è da 140/60 su cerchio da 14”, naturalmente tutte tipo tubeless, gommate Michelin City Grip. I due ammortizzatori posteriori sono regolabili, e hanno una corsa di 110 mm. Per quanto concerne l’impianto frenante, basato su tre dischi da 240 mm, il pedale gestisce la frenata integrale, mentre le leve al manubrio lavorano “tradizionalmente”: la sinistra comanda infatti solo il disco posteriore, mentre la destra si occupa della coppia anteriore. Altri dati interessanti riguardo agli ingombri (giusto per chi avesse problemi di spazio nel box) sono la lunghezza del veicolo - 2.160 mm e la larghezza massima, dichiarata in 780 mm al 10 manubrio, esattamente come l’altezza da terra del piano sella. Le altre misure da noi rilevate sono di 850 agli specchietti, 660 alle “frecce” anteriori, e 585 mm ai fianchi esterni delle gomme. Quanto al peso, che Piaggio non dichiara, abbiamo rilevato 236 kg col pieno di 12 litri (dei quali 1,8 di riserva). Alla voce “tagliandi”, per gli MP3 300, fino ai 40.000 km l’articolata tabella di Piaggio indica il primo check up a 1.000 km (durata prevista 120 minuti), seguito a 5.000 dal controllo del livello olio e della pressione pneumatici, (15’); seguono il tagliando dei 10.000 km (165’), il controllo olio e gomme a 15.000, che però prevede anche la sostituzione della cinghia di trasmissione (75’), il tagliando dei 20.000 (135’), altri due controlli da 15 minuti a 25.000 e 35.000 km e due tagliandi a 30.000 (185’) e 40.000 (135’). La creatura italo-elvetica si avvale del monocilindrico Aeon da 346 cc, con testata monoalbero a 4 valvole e ovviamente alimentato tramite iniezione elettronica, con 27 cv (19,8 kW) a 7.000 giri e una coppia di 3 kgm (28,8 Nm) a 5.500 giri. Il “mono” costruito a Tainan City (Taiwan) è anch’esso imperniato ad solido telaio in tubi d’acciaio a doppia culla sovrapposta, con interasse di 1.560 mm, anch’esso dotato posteriormente di una coppia di ammortizzatori regolabili in precarico, con escursione di 100 mm. Com’è noto, il Quadro è dotato del sistema sospensivo anteriore attualmente più semplice e leggero adottato su un “3 ruote”, che, naturalmente, gode di un brevetto internazionale fin dal 2009: si tratta di un dispositivo oleo-pneumatico denominato HTS (Hydraulic Tilting System), costruito in Italia e poi inviato alla Aeon per l’assemblaggio del mezzo, ed è costituito da una coppia di ammortizzatori oleopneumatici che compensano reciprocamente la loro azione quando il veicolo scende in piega. L’escursione delle ruote anteriori qui è di 100 mm (con carico di 400 kg). Il Quadro monta ruote più grandi, rispetto agli altri due: sono da 2,75x14” davanti e 3,75x15” dietro, dotate rispettivamente di pneumatici Duro Prove Racing da 110/80 e 140/70. L’impianto frenante è composto da una coppia di dischi anteriori da 240 mm e un posteriore da 246 mm, le cui pinze sono azionabili sia dalle due leve sul manubrio che dal pedale: il quale ne comanda l’azione simultanea, mentre la leva destra aziona solo i due dischi anteriori. La leva sinistra, invece, aziona anch’essa la frenata combinata anteriore/posteriore, ma anticipando la seconda fino a quando l’aumento di pressione sulla leva va ad attivare anche l’anteriore. Le quote misurate del 350S riportano 845 mm al manubrio, 860 agli specchietti, e 660 sia alle frecce che ai fianchi degli pneumatici. Il veicolo è lungo 2.270 mm, ha un angolo di sterzata dichiarato di ben 40°, e il piano sella anteriore a 780 mm dal terra. Quanto al peso rilevato, siamo a 229 kg col pieno di 13,5 litri (200 kg dichiarati a secco). Il breve elenco degli accessori dedicati al 350S contempla un capiente bauletto da ben 50 litri, l’immancabile parabrezza più alto e protettivo, la copertina copri gambe (realizzata in neoprene) ed i consigliabili paraspruzzi da applicare alle ruote anteriori. L’assistenza periodica stabilita da Quadro Vehicles prevede anche qui il primo check a 1000 km, seguito da tagliandi stabiliti ogni 5.000 km. 11 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Peugeot Metropolis 400 RS Lo scooter francese, esordiente di lusso nel mondo a tre ruote, forte di un marchio addirittura bicentenario com’è quello del leone rampante, e con la non trascurabile “spintarella” del reparto R&D auto, ha partecipato alla nostra comparativa nell’attraente versione RS dal piglio più sportivo. Com’è ormai noto, sul Metropolis esordisce il nuovo monocilindrico LFE a 4 tempi da 399 cc con distribuzione monoalbero a 4 valvole, naturalmente raffreddato a liquido e alimentato ad iniezione elettronica. Un motore che chiaramente si pone in cima al terzetto a livello di prestazioni pure, grazie ai suoi 37,2 cv (27,4 kW) erogati a 7.250 giri, con un picco massimo di coppia di 3,9 kgm (38,1 Nm) a 5.500 giri. Quanto al telaio, per favorire la capacità di carico, la Casa francese ha optato per la sempre gradita soluzione della pedana piatta (unico esempio, in questo segmento), che però ha costretto ad una struttura che punta sulla sola culla inferiore, sempre in tubi d’acciaio - evidentemente maggiorati per 12 Periodico elettronico di informazione motociclistica supplire, almeno in parte, al classico rinforzo che normalmente è nascosto dal tunnel centrale – e con un interasse di 1.500 mm. Il sistema di sospensione anteriore, di derivazione auto, si chiama DTW (Dual Tilting Wheels): si tratta anche qui di un parallelogramma deformabile, composto da elementi in alluminio pressofuso: due sinuosi bracci verticali sono “linkati” ad elementi snodati superiori ed inferiori, con un solo ammortizzatore trasversale piazzato in cima al “castelletto dinamico”. L’escursione delle ruote anteriori, in questo caso, è di ben 150 mm (120 mm quella dei rispettivi corpi ammortizzanti), e posteriormente lavorano due ammortizzatori regolabili. Quanto alle ruote, anche i francesi hanno scelto la soluzione di Piaggio: quindi 12” davanti e 14” dietro, ovviamente con pneumatici Michelin, che sul mezzo messoci a disposizione però erano stranamente i City Grip in versione Winter, anziché gli standard, nella classiche misure 120/70 e 140/70. Il “triruotato” transalpino beneficia del sistema frenante combinato e Scarica l’APP del Magazine Prove servo assistito SBC (Syncro Braking Concept), che aziona in simultanea i dischi anteriori da 200 mm e il posteriore da 240 usando anch’esso la leva sinistra oppure il pedale sistemato a destra sulla pedana. La leva di destra, invece, comanda solo la frenata anteriore. Grazie alla presenza dei servofreni, il sistema “simula” il comportamento di un ABS, che comunque è previsto in futuro. Come ingombri, abbiamo 2.152 mm di lunghezza dichiarata, mentre in larghezza abbiamo rilevato 750 mm al manubrio, 910 agli specchietti, 650 alle frecce e 605 alle estremità dei cerchi ruota che, come già detto, sporgono oltre le gomme. Il peso dichiarato è di 256 kg a secco, mentre quello da noi rilevato è di 274 kg, col pieno di 13,5 litri. Quanto ai tagliandi, anche Peugeot prevede un primo check a 1000 km e successivi interventi di routine ogni 10.000. La Casa francese non dichiara tempistiche di lavorazione, dichiarando però costi di manodopera variabili dai 25 ai 50 euro orari, a seconda del concessionario. Tuttavia, per i ricambi necessari all’effettuazione del tagliando dei 10.000 km è prevista una spesa di circa 210 euro, iva compresa. 13 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine candela - è il più capiente dei tre esaminati: infatti può ospitare ben due caschi integrali (uno davanti e l’altro nel “baule” posteriore accessibile sollevando il coperchio, ma comunque comunicante per poter inserire oggetti stretti e lunghi), e anteriormente avanza ancora uno spazio notevole per tute impermeabili o altro. E su un lato è incastonato un cassettino contenente gli attrezzi. Gradevole il coperchietto estetico che nasconde alla vista la pinza meccanica ausiliaria del freno a mano, sita sul disco posteriore e solitamente bruttina da vedere. Come bruttina è la struttura in plastica studiata per illuminare la targa. L’impianto illuminante anteriore, con lenti azzurrate, è decisamente imponente: peccato però che solo il faro destro sia in funzione, sovrastato da due lucine diurne, mentre la piccola luce di posizione è piazzata alla base del musetto. Estetica e finiture MP3 (N.B. Tutti i voti prevedono il cinque come valutazione massima) L’MP3 è ben rifinito, in particolare in questa versione più recente, peraltro in fase di pensionamento – e quindi presumibilmente conveniente da acquistare - in vista dell’arrivo del nuovo modello (omonimo e di pari cilindrata), gemello del 500 recentemente presentato. Il parabrezza è regolabile in altezza su tre posizioni, operazione relativamente rapida effettuabile smontando e rimontando tre viti. Tra parabrezza e cockpit è stata ricavata una “tasca” portaoggetti tripla, che ospita anche una presa USB protetta da cappuccio in gomma, e torna utile per infilarci magari i guanti durante una sosta (o comunque oggetti che debbano rimanere a portata di mano). Non manca il classico e sempre comodo gancio portaborse estraibile, che qui è al centro del retro scudo, proprio sopra la comoda leva del 14 freno a mano, mentre a destra c’è il blocchetto di accensione. La chiave codificata (l’immobilizer è di serie) può sbloccare meccanicamente il coperchietto che cela il tappo di rifornimento, al centro del tunnel; e può anche azionare elettricamente le serrature indipendenti del vano sottosella e del baule posteriore, operazione comunque effettuabile anche tramite una coppia di pulsanti piazzati al centro del manubrio. Da notare che nel fondo in plastica della sella è alloggiata un’utile copertura antipioggia per la sella stessa. Quest’ultima è anche dotata di poggia schiena e maniglioni per il passeggero. Quanto ai retrovisori – peraltro presenti su parecchi altri modelli del gruppo Piaggio, comprese le Aprilia V4 - il campo visivo è solo sufficiente. Elegante e comoda la leva del freno a mano, al centro dello scudo Quanto alla capacità di carico, il vano sottosella – illuminato e con fondo in moquette asportabile, per poter accedere alla Quadro ½ Il nuovo 350S notoriamente deriva dal 350D – il primo Quadro messo in produzione, con motore da 313 cc anziché 346 – rispetto al quale dal quale è stato oggetto di ben 21 interventi tecnici e stilistici, ed è distinguibile a colpo d’occhio per via del silenziatore differente e della nuova struttura portapacchi-maniglioni, molto più comoda per il passeggero. Ed è il più “spartano” del trio, ma anche quello con il look decisamente ed apprezzabilmente più sportivo, e oltretutto dotato di un efficace doppio faro anteriore attivo. Però non è ancora stato ancora modificato il parabrezza per renderlo regolabile in altezza, così come dal display di bordo è ancora assente l’indicatore di consumo ed autonomia residua, e dal blocchetto elettrico di destra è assente l’interruttore che spegne il motore in casi d’emergenza, utilizzato invece per la funzione hazard. Come del resto è rimasto, sempre sul blocchetto destro, il deviatore delle luci anteriori da anabbagliante ad anabbagliante, cosa ormai obsoleta almeno per il nostro mercato, dove teoricamente da anni sarebbe in vigore l’obbligo di viaggiare sempre con gli anabbaglianti accesi. Cosa che in Prove molti di fatto non fanno, vuoi per ignoranza, vuoi per distrazione. Il blocchetto di sinistra, simmetrico al destro, alloggia il devio-luci anabbagliante/abbagliante, il comando delle frecce e, ovviamente, il pulsante del clacson. Invariato il resto: il retro scudo ospita la leva del freno a mano, un portaoggetti stretto rettangolare, abbastanza profondo, e uno orizzontale più largo, con presa a 12Volt interna, entrambi con chiusure a scatto; più sotto sono presenti due feritoie orizzontali che in inverno, tolti i relativi “tappi” in gomma, consentono al calore proveniente dal radiatore di uscire verso le gambe, specie se si monta la classica copertina. Al centro scudo è piazzato il blocchetto di accensione, dal quale si gestisce sia la serratura dello scattante tappo di rifornimento – incernierato orizzontalmente sulla sinistra del largo tunnel centrale - sia quella della sella. Quest’ultima, completamente ridisegnata, è sempre ampia e ancora più accogliente, grazie alla nuova imbottitura, pur mantenendo la seduta anteriore a 780 mm da terra, il che consente a piloti di statura media di poggiare tranquillamente i piedi a terra. Il vano sottosella è in grado di contenere due caschi demi-jet, o in alternativa un casco integrale e un demi-jet, piuttosto che un demi-jet e una borsa di ampie dimensioni. Da notare le pedane posteriori in lega leggera, incastonate nella carrozzeria ed estraibili a scatto (e successivamente richiudibili) dal passeggero con un tocco di tallone. Gli specchietti retrovisori sono sufficientemente ampi e validi, mentre un appunto negativo va al cavo che aziona la pinza posteriore del freno di stazionamento, che svetta poco elegantemente sotto la pedana. Metropolis ½ Giocando col family feeling di famiglia – vedi musetto, strumentazione di bordo, retrovisori con superfici asferiche per ampliare il campo visivo, lo stile dei cerchi in lega, e alcuni altri dettagli che riportano alle varie cugine a quattro ruote gli stilisti francesi, hanno creato certamente un prodotto che, per come è fatto e per quello che 15 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito offre, è certamente da considerare di livello Premium. Basta guardare il suo poderoso impianto illuminante da far invidia ad un’auto: un potente doppio faro attivo (da 55/60W), commutabile con le luci diurne costituite dalle ormai consuete file di led inserite nei fari stessi, e con la geniale aggiunta di un’altra striscia di led sotto al musetto (denominata DRL, Daytime Running Lamp), piazzata verticalmente tra le due ruote. Idem per il posteriore, molto simile al cofano di una piccola auto, con sfoggio di led rossi ai lati. Notevole il parabrezza, che qui è rapidamente regolabile in altezza, con un’escursione totale di 140 mm: lo si fa premendo contemporaneamente due grossi pulsanti anteriori piazzati davanti ai montanti. Come già detto, inoltre, il Metropolis è l’unico mezzo del genere dotato di pedana piatta, con i pro ed i contro che, come vedremo, questa scelta comporta. C’è molta gestione elettronica/elettrica di servizio, sul Metropolis, facente capo alla smart-key che viene riconosciuta in un raggio di 2 metri. Smart-key preziosamente realizzata e ovviamente dotata di transponder, che ovviamente va tenuta preferibilmente in tasca piuttosto che in un portaoggetti nello scooter (opzione però sconsigliabile per i distratti cronici), e che al suo interno cela anche una chiave classica, nel caso di defezione della batteria. Il sistema presiede dunque all’avviamento, effettuabile ruotando la grossa manopola dello start (illuminata anularmente per l’utilizzo serale) sopra lo scudo; al funzionamento del sistema anti-tilting, a quello del freno di stazionamento (azionabile tramite l’icona scorrevole del leone posta al centro del manubrio, vicino al pulsante dell’hazard); alle serrature dei portaoggetti e a quelle della sella e del baule posteriore, apribili premendo i pulsanti sulla sinistra dello scudo. Il vano sottosella, con luce di cortesia, è comunicante col baule, e quindi piuttosto ampio i generale: ma può ospitare solo un casco demi-jet con visiera e magari l’abbigliamento da pioggia, piuttosto che una sacca da tennis o che altro; però lo spazio posteriore, anch’esso 16 Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Prove illuminato, può arrivare ad ospitare un casco integrale o modulare, ma dipende dai modelli . Quanto ai portaoggetti anteriori, nel retroscudo è ricavato un largo cassetto capace di contenere, a titolo di esempio, un libro e un’agenda, mentre un’altra tasca, con inclusa presa a 12 Volt, può contenere l’ormai classica bottiglietta d’acqua. Il passeggero gode di ampie pedane estraibili a piattaforma da 50 cmq di superficie, di due maniglioni molto comodi e di un supporto lombare, implementabile con uno schienalino. E un supporto lombare, regolabile longitudinalmente per 40 mm, è riservato logicamente anche al pilota. Strumentazione e comandi MP3 ½ Il cruscotto dell’MP3 è il solito, serioso ed elegante al pari del mezzo, e composto da due strumenti analogici simmetrici a fondo nero, con al centro il classico display LCD, e sotto una decina di spie luminose. Niente indicatori di consumo, ma tutto ben leggibile. Quindi, tachimetro a sinistra (con all’interno il mini led dell’antifurto immobilizer, che è di serie) e contagiri a destra, che ospita l’indicatore di livello del carburante, anch’esso “a lancetta”. Il display riporta la temperatura del motore, l’orario, due trip alternabili alla temperatura esterna, e al chilometraggio residuo in riserva, oltre al chilometraggio totale fisso. Quando si inserisce la riserva, si accende la spia gialla sottostante, e inizia da zero il conteggio dei chilometri relativi. Appena sotto al display, in mezzo ai pulsanti di settaggio dell’orologio, figura la spia gialla del sistema di tilting, che lampeggia quando il blocco non è inserito e diventa fissa quando lo è, accompagnata da un lungo suono dell’apposito cicalino. In caso di avaria del sistema, si accende un’altra spia rossa con il medesimo simbolo, sistemata più sotto assieme a quelle dell’olio, della riserva, degli indicatori direzionali, dell’iniezione, del baule aperto, del freno a mano inserito etc. Sempre eleganti anche i blocchetti al manubrio satinati, anch’essi simmetrici: il sinistro alloggia il deviatore anabbagliante/abbagliante con funzione lampeggio, il clacson e il deviatore delle frecce: queste possono funzionare anche simultaneamente come hazard, premendo l’apposito pulsante rosso sottostante. Sulla destra invece abbiamo il ben accetto interruttore di sicurezza, il deviatore che inserisce e disinserisce il tilting, il pulsante di start e quello tondo del Mode, che gestisce le funzioni variabili del display (TripA/ TripB/temperatura ambientale). Spendendo 154 euro in più per l’apposita centralina aggiuntiva, il cockpit dell’MP3 può diventare il top grazie all’app gratuita PMP - Piaggio Multimedia Platform – il cui elaborato software permette di visualizzare sugli smartphone (che chiaramente necessitano di supporto – quello per l’iPhone costa 37 Euro - e cablaggi per l’alimentazione) parecchie informazioni utili, sebbene alcune siano già fornite dalla strumentazione di serie. Abbiamo tachimetro e contagiri, ma anche l’erogazione istantanea di potenza e coppia del motore, accelerazione longitudinale, angoli di piega, consumo di carburante istantaneo e medio, voltaggio batteria, giusto per citarne alcune. Un lampeggio del cruscotto virtuale di PMP può avvisare di un possibile indicatore di direzione dimenticato acceso. Nel caso il carburante scarseggi, il sistema segnala, in automatico, i distributori più vicini, impostando il percorso da seguire direttamente sulle app di navigazione. PMP memorizza automaticamente l’ultima posizione del veicolo prima dello spegnimento del motore, aiutando così a ritrovarlo nel caso in cui non si ricordi dove sia parcheggiato. Inoltre è possibile memorizzare tutti i dati di un viaggio per analizzare in maniera semplice il proprio stile di guida tramite il numero di parametri acquisiti in tempo reale dalla app. Dulcis in fundo, è anche possibile sfogliare il manuale di uso e manutenzione del proprio veicolo. Quadro Il compatto cruscottino stile supersport verte sul classico contagiri analogico, che ospita l’indicatore di livello carburante sovrapponendosi 17 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine spilungoni si troveranno facilmente con le ginocchia contro lo scudo, mentre i medi di statura tutto sommato godranno di una seduta abbastanza comoda, ma con una postura che non concede per nulla di muovere i piedi in avanti. I più bassi, invece, soffriranno un po’ per l’ampiezza della sella, la quale è confortevolmente imbottita e non scivolosa, ma che comunque è leggermente in discesa, quindi prima o poi ci si trova seduti in punta. Dulcis in fundo, il pedale del freno sul Piaggio è il più invadente e il meno comodo da azionare. L’eventuale passeggero, specie se non troppo corpulento, siederà comodamente, con un buon poggia schiena (ma un top case chiaramente sarebbe meglio), però seduto più in alto di una buona mezza spanna e con pedane poggiapiedi non molto larghe. In compenso, in sella al silenziosissimo MP3 si viaggia come su un cuscino d’aria, senza alcuna vibrazione e ben protetti dal parabrezza già nella posizione standard, cioè l’intermedia. Molto buono il comfort delle sospensioni anteriori, anche sul pavé più feroce, mentre gli ammortizzatori posteriori sono solo onesti. parzialmente al display LCD: quest’ultimo indica orario, velocità, chilometraggio totale e due trip parziali. Ai lati del cruscotto, però, sono stati alloggiati i termometri digitali per la temperatura ambientale (a sinistra) e del motore (a destra). Il tutto piacevolmente illuminato in un bell’azzurro. A fianco del contagiri troviamo sette spie di servizio, tra le quali quella della riserva. Metropolis ½ Anche il cruscotto del francesino punta su una coppia di elementi analogici con al centro il computer di bordo digitale: dunque tachimetro e contagiri a lancette, con le spie che segnalano l’attivazione del sistema di blocco anti-tilting, il freno di stazionamento inserito, l’apertura del vano sottosella e di quello posteriore, gli indicatori direzionali, la pressione dell’olio e la diagnostica dell’iniezione. Il computer LCD informa 18 invece su chilometraggio totale e parziale, livello carburante, consumi istantaneo e medio, i km di autonomia residua, temperatura esterna (con segnalazione di probabile ghiaccio quando la temperatura scende sotto ai 3°C), temperatura del motore e intervalli di manutenzione. Ed effettua pure il controllo permanente della pressione delle gomme, con espressa segnalazione luminosa nel caso si verifichi una perdita pressione importante. Ergonomia e comfort MP3 ½ Il progenitore dei “3 ruote” fin dagli inizi non ha mai abbondato in termini di ospitalità, rispetto ai due colleghi con cui va a confrontarsi: tant’è che Piaggio, con i due nuovi 300 e 500 di quest’anno, ha corretto il tiro proprio per rimediare a questo aspetto, perlomeno in parte. Diciamo che gli Quadro ½ Come il predecessore 350D, anche il 350S gode di una sella notevolmente accogliente, sia per chi guida – grazie al piano di seduta che non tende a farlo scivolare fastidiosamente verso la punta - che per l’eventuale passeggero, che però è seduto abbastanza in alto, a causa della ruota posteriore di maggior diametro. Inoltre, la sella è ancor meglio imbottita e confortevole, e con maniglioni posteriori più comodi. Le pedane posteriori a scomparsa, però, hanno il fastidioso vizio di ripiegarsi all’indietro se il passeggero muove le gambe. La postura comunque è buona per entrambi, col pilota in posizione naturale, appoggiato senza stress a un manubrio (volutamente) largo – 5 cm in più rispetto al Metropolis e 6,5 in più dell’MP3, poi vedremo perché – e con la possibilità di spostare discretamente bene le gambe le gambe, un pochino in avanti, abbastanza Prove all’indietro: a tal proposito, sul Quadro il piede destro non va ad interferire più di tanto col famigerato pedale del freno, che all’occorrenza richiede comunque una discreta pressione per ottenere una buona decelerazione dall’azione combinata, peraltro consigliabile sul bagnato. La protezione aerodinamica del parabrezza di serie ci è parsa soddisfacente, almeno per chi guida; peccato però che il plexiglas, nella primissima apertura del gas - tipo quando ci si muove lentamente nel traffico intenso - sia vittima di qualche risonanza nella fase critica di “attacco” della frizione. Solo agli alti regimi, invece, si manifestano delle vibrazioni piuttosto sensibili sulla pedana. Sempre facendo riferimento al nostro usuale tratto di pavé a lastroni piuttosto mal messo, anche qui il comfort offerto dell’apparato sospensivo anteriore del Quadro è decisamente positivo, sebbene la risposta sia più “gommosa” rispetto al sistema del Piaggio. Gli ammortizzatori, invece, sono più secchi di quelli dell’MP3. Metropolis Lo scooter francese accoglie alla grande pilota e passeggero, regalando ad entrambi un ottimo assetto: posizione naturale del busto e gambe angolate il giusto per entrambi, e con un’ottima protezione dall’aria già con il parabrezza in posizione bassa, tanto da poter tenere tranquillamente la visiera del casco sollevata. Il Metropolis, insomma, è decisamente più ospitale dell’MP3, rispetto al quale consente al pilota di sedere in posizione naturale, si, ma più arretrato, col pedale meno invasivo e più comodo da usare, e con più agio per muovere le gambe. Anche il passeggero apprezzerà certamente – oltre alle faraoniche pedane reclinabili ad esso riservate la gran comodità della sella, l’assenza assoluta di vibrazioni e la buona protezione dall’aria anche ad andatura autostradale. Accettabili gli ammortizzatori posteriori, mentre l’avantreno, sullo sconnesso soffre non poco, e fa soffrire parecchio anche le braccia di chi guida: il che, influisce negativamente sul giudizio parziale. 19 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Accessori MP3 ½ Oltre al già citato ed esclusivo software PMP, per l’MP3 sono ovviamente previsti anche tutti gli accessori tipici per muoversi anche ad ampio raggio: ovvero il kit bauletto (grande e medio) a sgancio rapido, il parabrezza medio e il monumentale parabrezza comfort bombato, la copertina copri gambe, il telo copri veicolo, l’antifurto elettronico E-power, il kit fissaggio multimedia (per utilizzare il PMP), la sella comfort altezza standard (720 mm) e maggiorata, le piastre poggiapiedi in alluminio, l’antifurto blocca manubrio e pure il casco Copter demi-jet. Quadro Non è ancora lunghissima la lista di prodotti atti a coccolare l’acquirente del Quadro, però c’è quasi tutto ciò che basta per goderselo tutto l’anno. Ovvero: capiente bauletto da ben 50 litri; l’immancabile parabrezza più alto e protettivo per chi pretende di non avvertire il minimo refolo d’aria; chiaramente la copertina copri gambe dedicata, qui realizzata in neoprene, e gli utili paraspruzzi da applicare alle ruote anteriori. Metropolis ½ Peugeot Scooters dispone di un listino accessori particolarmente ricco, dove troviamo: parabrezza alto con paramani; deflettori aria laterali; bauletto da 47 litri, nero o con “cover” in tinta (disponibili anche a parte); borsa morbida interna per bauletto; poggi schiena per bauletto; poggia schiena indipendente per passeggero; portapacchi; copri pedane in acciaio inox; copertine paragambe ad alta visibilità, invernale o “mezza stagione”; copri manopole invernali; coprisella impermeabile; cintura Grip’n’Ride; supporto per smartphone; telo coprimoto; lucchetto a doppia U. Prezzi MP3 ½ In questa versione Sport LT, l’MP3 è in listino a 20 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Prove 6.870 euro franco concessionario, in tre colorazioni “siderali”: Bianco Stella, Nero Opaco Carbonio e Grigio Opaco Nebulosa. Ed è anch’esso implementabile con il sistema PMP (Piaggio Multimedia Platform, che ha esordito lo scorso anno con l’elegante maxiscooter X10), che permette di connettere il software originale ad uno smartphone, rendendolo praticamente un completissimo computer di bordo – funge perfino da inclinometro! - alimentabile tramite la presa USB inserita nell’apposita tasca portaoggetti. Quadro Il Quadro 350S costa 7.190 euro franco concessionario, nelle quattro colorazioni denominate Blue Ocean, White Snow, Steel Grey e Raw Black. Metropolis Il Metropolis 400 standard è disponibile in quattro colorazioni: Pearly Black, Safron Red, Pearly White e Shining Titanium, al prezzo di 8.050 euro franco concessionario. L’RS, che costa 210 euro in più, si distingue per il suo look più sportivo, accentuato dal parabrezza sport fumé, sempre regolabile in altezza, dalle pedane poggiapiedi in acciaio inox, dalla calandra bordata di arancione, come i profili dei cerchi ruota e le cuciture della sella, e anche per lo scarico stilisticamente più semplice. Quanto ai colori, si può scegliere tra la candida versione Snow White (“Biancaneve”) e la più grintosa Titanium, come quella da noi utilizzata. Peugeot fornisce una garanzia di ben 4 anni, due dei quali assicurati da Mapfre Warranty; tramite Mapfre Assistance, poi, si è coperti per due anni per l’assistenza stradale Per promuovere il suo “3 ruote, Peugeot Scooter ha studiato la seguente formula di finanziamento tramite Findomestic: una volta versato un acconto di 1.150 Euro, il pagamento viene dilazionato in 36 rate da 213,81 Euro in 36 rate (Tan fisso 7,24%, Taeg 7,48%); versate le prime 6 rate, sarà possibile aumentare e/o diminuire l’importo mensile anche tutti i mesi, e saltare una rata fino a tre volte. Il tutto senza costi aggiuntivi e tramite un SMS, una telefonata oppure on-line. Prestazioni Rispetto ad omologhi modelli tradizionali, gli scooter a tre ruote vengono logicamente penalizzati in termini di aerodinamica, proprio per via del loro avantreno nettamente più ingombrante: la loro resistenza all’avanzamento di conseguenza risulta nettamente superiore, e chiaramente percepibile spingendo al massimo in autostrada. Diciamo che gli stessi motori, montati su omologhi scooter a due ruote, potrebbero tranquillamente spingerli a punte massime di velocità superiori di almeno una decina di km/h. Ma la penalizzazione più pesante, per chi utilizzi spesso l’autostrada a tutto gas per muoversi rapidamente con questi mezzi, riguarda l’elevato consumo di carburante, che peraltro penalizza maggiormente i motori di minor cilindrata. Di seguito, ecco i dati da noi rilevati in merito. MP3 ½ Il triciclo italiano non può certo vantare velocità di trasferimento superlative, tant’è che la punta massima da noi rilevata (intesa come media dei passaggi nei due sensi), guidando in posizione eretta, è stata di 121 km/h (oltre 130 indicati) a 8.600 giri. Per quanto riguarda la precisione del tachimetro, i 50 km/h effettivi corrispondono a 58 indicati, ed i 90 effettivi a 100 indicati. Quadro Lo scooter italo-svizzero, che ha qualche cavallo in più de Piaggio, raggiunge la velocità massima effettiva di 126,5 km/h (138 indicati) a 7.900 giri. Il Quadro viaggia a 50 km/h effettivi quando il suo tachimetro ne indica 54, e a 90 veri ne corrispondono 98. Metropolis Ovvio che il Peugeot sia stato nettamente il più veloce, nonostante la sua stazza importante. Con 139 km/h effettivi (circa 160 indicati, a circa 8.000 giri), è dunque l’unico dei tre contendenti a poter tenere il passo autostradale di 130 orari effettivi (quasi 150 indicati) senza sentirsi tirato per il collo. Per muoversi a 50 km/h reali, il suo tachimetro deve indicarne 57, mentre i 90 corrispondono a 105 indicati. 21 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Consumi MP3 Con l’MP3 300, in città abbiamo percorso mediamente 21,8 km/l, mentre sul nostro percorso extraurbano tipo il valore è salito a 26,5. Il consumo medio autostradale corrisponde chiaramente a quello massimo: 18 km/l. Mentre il consumo medio totale del nostro test si è attestato sui 22 km/l. L’MP3 ha un serbatoio da 12 litri, quindi la sua autonomia media dovrebbe aggirarsi sui 210 km (riserva di 2,5 litri esclusa). Quadro ½ Il 350S in città si è attestato su una percorrenza media di 18 km con un litro di super, saliti a 23,7 in ambito extraurbano. Pesante il riscontro autostradale, chiaramente effettuato anche qui a tutto gas: 14/km/l! Il consumo medio del nostro test invece è risultato di 18,6 km/l: con 13 litri di super nel serbatoio, dunque, l’autonomia media prevedibile dovrebbe aggirarsi sui 190 km, al netto dei 3 litri di riserva. 22 Periodico elettronico di informazione motociclistica Metropolis ½ Il triciclo transalpino ci ha piacevolmente sorpresi: 20 km/l la sua percorrenza media cittadina, 27,4 sul percorso extraurbano, e 21 km/l come consumo medio del test: con il pieno di 13,5 litri, il Metropolis dovrebbe dunque percorrere mediamente almeno 200 km, esclusa riserva (4 litri). Un’ottima resa chilometrica, dunque, grazie a un motore che in condizioni normali evidentemente lavora a dovere faticando poco per muovere il mezzo. Tuttavia, pur facendo meglio degli altri due, anche il Peugeot in autostrada paga pegno, con risultati da maximoto di cilindrata più che doppia: a 130 orari effettivi (circa 150 indicati) percorre infatti 15,5 km/l, che scendono a 14,3 viaggiando al massimo. Comportamento in città MP3 Scorrazzare in mezzo al traffico con l’MP3 300 è davvero divertente. Il suo motore è dolce, ma ha uno spunto tutto sommato brillante, in rapporto Scarica l’APP del Magazine al peso (perlomeno con in sella il solo pilota, e di taglia normale), ed è piacevolmente silenzioso. E lo scooter è pure agile e molto rapido, sia nello scendere in piega che nei cambiamenti di inclinazione, tanto da richiedere inizialmente un minimo di confidenza, perché sulle prime sembra quasi di cadere: complici, senz’altro anche i Michelin City Grip, dal profilo notoriamente svelto. Dei tre protagonisti del nostro confronto, dunque, l’MP3 è certamente quello dinamicamente più vicino a un normale scooter a due ruote (basse) di pari cilindrata. Frenare col pedale non è ergonomicamente comodo né molto “comunicativo” dal punto di vista della sensibilità, tuttavia la frenata integrale sul bagnato, magari in caso di “panic stop” nel traffico intenso, è senz’altro consigliabile per tenere il mezzo ben equilibrato. Usando classicamente le leve al manubrio, invece, la coppia di dischi anteriori regala decelerazioni senz’altro soddisfacenti; l’azione del posteriore invece è spugnosa e poco sensibile, e pecca in progressività, bloccando con fin troppa facilità: la classica frenatona in emergenza, specialmente in discesa, può quindi far intraversare facilmente il mezzo, a maggior ragione sul bagnato. Col passeggero a bordo, tuttavia, la situazione si equilibra parecchio. La città, più che mai, è anche il luogo dove è più frequente imbattersi in fondi stradali spesso parecchio messi male: rispetto ad uno scooter tradizionale, l’MP3 è nettamente vincente, anche sul pavé dissestato, dove chiaramente è consigliabile andar piano, ma dove il Piaggio consente di viaggiare con molta più tranquillità. Quadro Del nostro terzetto di tripodi, il Quadro 350S è costituzionalmente il più largo anteriormente, e, per via del suo sistema oleopneumatico HTS, risulta il meno rapido nelle sue reazioni. Il che, chiaramente, costringe ad un periodo di affiatamento più lungo rispetto agli altri due, in particolare per muoversi nel traffico con un minimo. Fatta la mano, e assimilati i tempi di reazione del Prove veicolo, non ci si fa più caso e ci si muove anche abbastanza agevolmente (ricordiamo che questo è il più leggero dei tre), soprattutto con la netta sensazione, percepita in particolare da chi magari conosce già i “3 ruote” di Piaggio, di poter contare su un avantreno ancor più rassicurante, senz’altro grazie anche alle ruote più alte. Ad aiutare nelle manovre e nella fase di affiatamento ci pensa appunto il manubrio, volutamente più largo rispetto ai concorrenti proprio per offrire un maggior braccio di leva e ridurre quel piccolo sforzo che in effetti, dopo un’oretta di conoscenza, sembra svanire nel nulla. La frenata a pedale del Quadro, anche qui combinata, è piuttosto potente, mentre la leva che comanda i dischi anteriori ottiene solo rallentamenti poco incisivi: per quanto ci riguarda, dunque, molto meglio usare la leva sinistra, che comanda tutti e tre i dischi ritardando però leggermente (e volutamente) l’azione dell’anteriore a favore del posteriore. In ogni caso, bisogna sempre premere forte, tenendo conto del fatto che pedale e leve usano gli stessi circuiti idraulici: frenando con entrambi, dunque, solitamente il primo minimizza sensibilmente l’azione delle seconde, e viceversa. Quanto a buche, pavé e asfalto “post invernale”, quindi disastrato, anche il Quadro se la cava decisamente bene, in particolare davanti: l’HTS, più del sistema di Piaggio, ha un assorbimento piacevolmente “gommoso” delle asperità, mentre dietro si sente la necessità di un paio di ammortizzatori meglio calibrati nella prima fase di assorbimento. Metropolis ½ Nonostante il suo notevole peso - e contrariamente alle prime impressioni del nostro primo test dello scorso anno - il nuovo Peugeot risulta abbastanza intuitivo al primo approccio, anche nel muoversi nel traffico intenso. In sella del resto ci si sta molto bene, la postura è naturale, e lo scooter appare anche fin troppo agile. Ma se è vero che ci si muove subito con buona disinvoltura, è meglio non esagerare nelle manovre molto 23 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito strette, e in particolare nella classica inversione ad U effettuata in fretta e furia: complice anche l’elevato angolo di sterzata, infatti, la massa anteriore notevole può facilmente costringere a puntare il piede a terra . Cosa che si è puntualmente verificata durante le nostre prove di slalom tra i birilli. Chiaramente anche qui è questione di abitudine, e una volta presa la giusta confidenza col mezzo tutto viene decisamente più facile. L’impianto frenante è potente, specialmente col pedale, ed effettivamente è molto difficile arrivare a bloccare le ruote. Ovviamente anche con la leva di sinistra, seppur con un certo sforzo, si decelera poderosamente, mentre con la destra, che lavora solo davanti, anche qui la decelerazione è si rivela poco incisiva. Ma ecco che entra in gioco il tallone d’Achille del Metropolis, il cui telaio sullo sconnesso si sobbarca le maggiori asperità che il quadrilatero anteriore fatica ad assorbire, scaricandole sul telaio stesso e sulle braccia del pilota, che dunque avrà il suo bel da fare per tenerlo a bada in attesa che il fondo torni liscio. Sul pavé, insomma, col Metropolis è meglio andar più piano. Comportamento in autostrada MP3 ½ In autostrada, come già detto, con l’MP3 300 si va tranquilli e di conserva, ben protetti dall’aria, senza alcuna vibrazione, e con una buona stabilità, perlomeno in assenza di vento e di mezzi pesanti e relativi vortici noiosi. A 120 orari, insomma, è decisamente meglio starsene buoni buoni sulla destra e scordarsi la fretta ed i sorpassi. Quadro ½ Il 350S a tutto gas è molto stabile, e soffre meno il vento rispetto al Piaggio. Come già detto, il parabrezza protegge abbastanza bene un pilota di altezza media; il passeggero, seduto ben più in alto, si troverà invece certamente più esposto. Ma anche in questo caso, come sul Piaggio, se proprio ci si vuol muovere in autostrada è meglio prendersela calma, anche perché la benzina 24 Periodico elettronico di informazione motociclistica costa e, oltretutto, a tutta birra qualche vibrazione sulla pedana si fa sentire. Metropolis ½ Anche il Peugeot è praticamente “asettico” a livello di vibrazioni, e accoglie i suoi ospiti come un tappeto volante. La protezione dall’aria è notevole davanti e buona anche dietro, e tenendosi sui 120 effettivi si riesce anche a non consumare come su una moto di cilindrata più che doppia. Viaggiando al massimo, però, l’influenza del vento un pochino si avverte, e sui curvoni l’avantreno oscilla ritmicamente, sebbene senza eccedere: il che però potrebbe anche dipendere dalle Michelin “invernali” (quindi col battistrada più scolpito) del mezzo che ci è stato consegnato. Comportamento nel misto MP3 Scorrazzando allegramente su strade tortuose, magari in collina o sul lungolago, l’MP3 si conferma ulteriormente come il più facile, agile e maneggevole del gruppetto. Si guida veramente rilassati, col piccolo mono che spinge a sufficienza per muoversi più che dignitosamente, tutto sommato anche in salita. E se venisse voglia di strafare - chiaramente dopo averne ben identificato i limiti, - ci si può anche lasciar prendere la mano mettendo il malcapitato sotto pressione. Se si è soli in sella e scatta l’invisibile molla, ci si trova presto con i piedi poggiati all’indietro, a far gli spiritosi in discesa con la ruota posteriore a filo d’asfalto, strizzando per benino i freni anteriori nel puntare i tornanti e magari col retrotreno che scodinzola allegramente: sempre che dietro non abbiate un passeggero (preferibilmente molto accondiscendente), la cui presenza tenga la ruota motrice posteriore ben piantato a terra. Ma questi, chiaramente, son più che altro discorsi da vecchi smanettoni in fase di astinenza… Scarica l’APP del Magazine dolcezza e un motore logicamente più tonico rispetto al Piaggio. E anche nel momento in cui scatti il cosiddetto “fun factor”, il pupillo di Marabese fa valere le sue doti di controllo e stabilità nettamente superiori rispetto agli altri due mezzi provati, sfoggiando una guida che definirei quasi “motociclistica”, ergo davvero divertente. Lo svizzerotto frena bene anche quando ci si dà dentro, sia in piano che in discesa è difficile sentirlo scomporsi e, una volta entrati in sintonia con esso, si mostra solido e preciso tra le curve, lungo le rotonde e nelle pieghe a fondo corsa, dove lo si pianta alla massima inclinazione senza alcuna remora. Tant’è che sullo stretto si spera sempre di incontrare qualche “avversario” da andare a tampinare…Come i ragazzini, insomma… Metropolis Dei tre attori della nostra prova, il Peugeot è certamente il più prestazionale, ma anche il più tranquillo, il più pacioso, il più comodo, quindi quello più adatto a anche a lunghe gite. Un lussuoso GT, nel suo genere, che sul misto si comporta bene anche ad andature tutt’altro che lente. La sua massa, però, non aiuta molto la Prove precisione di guida a veicolo molto inclinato: tipo nelle classiche rotonde, dove magari si piega un po’, tanto per divertirsi, e bisogna correggere costantemente il sottosterzo; e sconsiglia andature troppo disinvolte su percorsi pieni di curve in rapida successione, dove i frequenti cambiamenti di inclinazione, abbinati ad una guida brillante, possono arrivare a scomporne l’assetto. Il che sarebbe anche veniale finché il fondo stradale è perfetto: ma non appena si piomba sullo sconnesso, ecco che l’avantreno torna a saltellare sensibilmente. Sia comunque chiaro che davanti ci sono sempre due ruote a dar man forte, e la differenza a favore, rispetto ad uno scooter normale, rimane comunque significativa ed impagabile. Il Peugeot, insomma, va guidato con ferma dolcezza godendosi il suo gradevolissimo motore, dolce ma tonico fin da subito con un’ottima progressione e allunga altrettanto bene. Come già detto, i freni del Metropolis sono i più efficaci in termini di potenza decelerante e modulabilità, sia usando il pedale che le leve al manubrio; tenendo però conto, qui ancor più che sul Quadro, del già citato effetto compensazione tra le due modalità: quindi, o pedale, o leve, con netta preferenza per quella sinistra. Quadro Chiaro che fuori città il Quadro si trovi più a suo agio, lasciandosi condurre con armonica 25 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Prove Lo slalom tra i birilli Per confrontare tecnicamente le doti di maneggevolezza dei nostri tre scooter, ne abbiamo rilevato i tempi di percorrenza attorno ai birilli in tre situazioni differenti, ricavandone poi la media individuale. Ecco i risultati: 26 27 Velocità massima: 121 km/h Consumo al massimo: 18 km/l Consumo medio città: 21,8 km/l Consumo medio extraurbano: 26,5 km/l Consumo medio autostrada: 18 km/l Consumo medio durante il test: 22 km/l Peso: 227 kg con serbatoio vuoto - 236 kg con il pieno Quadro 350S Velocità massima: 126,5 km/h Consumo al massimo: 14 km/l Consumo medio città: 18 km/l Consumo medio extraurbano: 23,7 km/l Consumo medio autostrada: 14 km/l Consumo medio durante il test: 18,6 km/l Peso: 219,5 kg con serbatoio vuoto - 229 kg con il pieno Scheda tecnica Prestazioni rilevate Pregi: Qualità generale | Versatilità Maneggevolezza | Consumi | Capacità di carico Difetti: Ergonomia pilota migliorabile Freno posteriore troppo esuberante Peugeot Metropolis 400 RS Velocità massima: 139 km/h Consumo al massimo: 14,3 km/l Consumo medio città: 20 km/l Consumo medio extraurbano: 27,4 km/l Consumo medio autostrada: 15,5 km/l Consumo medio durante il test: 21 km/l Peso: 263,5 kg con serbatoio vuoto - 274 kg con il pieno Pregi: QErgonomia e protezione | Frenata Qualità/prezzo | Comfort sul liscio | Consumi Capacità di carico Difetti: Sospensioni anteriori sullo sconnesso | Peso penalizzante nelle manovre molto strette 28 Scheda tecnica Prestazioni rilevate Pregi: Abitabilità | Frenata | Guida sul veloce Capacità di carico Difetti: Vibrazioni pedana al massimo Ammortizzatori rigidi | Assenza indicatore di consumo e interruttore on-off motore Prezzo poco competitivo Prove Piaggio MP3 300 LT € 6.645 Tempi: 4 Cilindri: 1 Cilindrata: 278 cc Raffreddamento: a liquido Avviamento: E Potenza: 22.5 cv (16.5 kW) / 7500 giri Coppia: 23.2 Nm / 6500 giri Marce: AV Freni: DD-D Misure freni: 240-240 mm Misure cerchi (ant./post.): 12’’ / 14’’ Normativa antinquinamento: Euro 2 Peso: 206 kg Lunghezza: 2160 mm Larghezza: 760 mm Altezza sella: 780 mm Capacità serbatoio: 12 l Segmento: Scooter Ruote alte Quadro 350S € 7.190 Tempi: 4 Cilindri: 1 Cilindrata: 346 cc Disposizione cilindri: Orizzontale Raffreddamento: a liquido Avviamento: E Potenza: 27 cv (19.8 kW) / 7000 giri Coppia: 28.8 Nm / 5550 giri Marce: AV Freni: DD-D Misure freni: 240-256 mm Misure cerchi (ant./post.): 14’’ / 15’’ Normativa antinquinamento: Euro 3 Peso: 200 kg Lunghezza: 2270 mm Larghezza: 800 mm Altezza sella: 780 mm Capacità serbatoio: 13 l Segmento: Scooter Ruote alte Peugeot Metropolis 400 € 8.050 Tempi: 4 Cilindri: 1 Cilindrata: 399 cc Raffreddamento: a liquido Avviamento: E Potenza: 37.2 cv (27.4 kW) / 7250 giri Coppia: 3.9 kgm (38.1 Nm) / 5250 giri Marce: AV Freni: DD-D Misure freni: 200-240 mm Misure cerchi (ant./post.): 12’’ / 14’’ Normativa antinquinamento: Euro 2 Peso: 256 kg Lunghezza: 2152 mm Larghezza: 775 mm Altezza sella: 775 mm Capacità serbatoio: 13.5 l Segmento: Scooter Ruote alte ABBIGLIAMENTO Piaggio MP3 300 LT Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Scheda tecnica Prestazioni rilevate Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Caschi: Caberg Duke Hivizion - Premier JT4 Allroad - Schuberth C3 Giacche: Alpinestars - Rev’it! Legacy Spidi Guanti: Alpinestars - Rev’It! - Spidi Pantaloni tecnici: Spidi Scarpe: TCX 29 Yamaha Tricity PREGI Prezzo e facilità DIFETTI Forma sella e interruttore di emergenza Prezzo 3.490 € prova scooter tre ruote Buona la prima Il “3 ruote e 3 diapason” ci è piaciuto molto per compattezza, leggerezza ed estrema facilità d’uso. Molto interessante il prezzo di 3.490 euro. C’è però solo nella cilindrata 125 e nella sua essenzialità manca il freno a mano di Maurizio Tanca 30 31 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica principalmente utenti meramente cittadini e magari mai saliti nemmeno su un ciclomotore, quindi con patente A1 o B. Ed era noto anche che Yamaha dichiarò un peso decisamente inavvicinabile da qualunque concorrente: e infatti siamo a soli 152 kg col pieno di benzina, dunque ci siamo alla grande. Ma la notizia bomba riguarda il prezzo definitivo, visto che a Milano si era accennato a meno di 4.000 euro. Esatto, ma parecchio meno, però: il Tricity infatti costa 3.490 euro! Quindi 900 meno del cuginetto Xenter 125 (rispetto al quale monta un motore a 2 valvole anziché 4, (però spinge più in basso) e 1.000 euro più del 150. Non si può’ certo dire, dunque, che il prezzo di questo sempre più interessante Tricity non sia molto allettante! E lo è anche in virtù del fatto di non disporre delle varie peculiarità che contraddistinguono i concorrenti più “grandi” e costosi: leggi blocco della verticalità, che consente di non poggiare i piedi a terra, e freno a mano. Qui si parla di un semplice scooter senza troppi Media L a ricerca di soluzioni sempre più efficaci atte a migliorare i problemi di urbanizzazione e movimentazione di massa nelle grandi città (risolverli appare fantascientifico) in alternativa alle auto, è ovviamente instancabile. Una delle possibili alternative, lanciata da Piaggio nel 2006 con l’MP3, è senz’altro quella degli scooter a tre ruote, considerati da molti una panacea per chi si muove quotidianamente in modo autonomo, con ogni tempo e condizioni stradali. Una strada ora intrapresa anche da Yamaha, che in perfetta assonanza con i tre diapason che formano il suo celebre marchio ha realizzato l’interessantissimo Tricity: il suo primo “triciclo” di 125 cc, e 32 Scarica l’APP del Magazine Prove fronzoli, che però davanti ha un efficacissimo sistema sterzante e sospensivo anteriore. Quanto alla cilindrata, è logico prevederne una versione con motore da 150 cc («più’ grande non ci starebbe, in questa configurazione», dicono i progettisti) per chi voglia muoversi frequentemente anche sulle varie tangenziali. Altro particolare di questo nuovo prodotto Yamaha sta nel fatto che il test di lancio non sia stato organizzato a Parigi, la città’ più cannibale del mondo in tema di mezzi a tre ruote, bensì ad Amsterdam, sede di Yamaha Europe. Quanto ai francesi, avranno facoltà di scegliere tra il Tricity e il gemello Triptik marcato MBK, marchio non più attivo da anni, in Italia. Col suo simpatico veicolo, insomma, Yamaha conta di acquisire nuovi clienti a caccia di un mezzo facile da guidare, leggero e contenuto nelle dimensioni, agile nel traffico e capace di garantire una sensazione di grande stabilità e sicurezza in ogni situazione, senza dover impegnare cifre da far storcere il naso. E ci sembra che il target anche il primo componente della nuova famiglia “New Mobility” (il che dà per certo che prima o poi vedremo altri modelli) nato per regalare alla causa della mobilità urbana uno scooter più sicuro di un normale “due ruote”. Il che di per sé non direbbe nulla di realmente nuovo, visto che oltre a Piaggio oggi circolano gli omologhi Quadro, Peugeot, e pure qualche raro Adiva decappottabile, che vantano tutti le stesse credenziali. Ricordando che il Tricity apparve come concept lo scorso novembre, all’EICMA milanese, verrebbe dunque spontaneo chiedersi dove sia la vera notizia. Era già noto e visibile che il Tricity sarebbe stato il più compatto del lotto, e inizialmente disponibile solo nella cilindrata 125 (peraltro abbandonata da Piaggio), proprio per attirare 33 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine usi lo scooter per andare frequentemente a far la spesa. Soprattutto chi consuma parecchia acqua, vien da dire, visto che il principale acquisto di riferimento sembra essere la classica confezione blisterata da 6 bottiglie… Quanto al vano sottosella da 20 litri può ospitare un casco integrale. Mentre il gancio estraibile sul retro-scudo tornerà senz’altro utile per appendere un secondo casco (jet), una borsa o che altro. L’ampio cruscotto full LCD in stile hi-tech, di derivazione Xenter, ospita il tachimetro al centro, affiancato da orologio, indicatore della temperatura atmosferica, contachilometri totale, due trip parziali, il “belt trip” che tiene conto dei chilometri percorsi dalla cinghia di trasmissione (da sostituire ogni 20.000), e quello che indica quando va sostituito l’olio motore. E quando l’apposita icona nell’indicatore di livello benzina inizia a lampeggiare, compare anche il conteggio dei chilometri che si sia stato perfettamente centrato. Lo conferma il fatto che il mercato Thailandese, dove il Tricity è stato lanciato lo scorso marzo, ne ha già assorbiti 4.000 esemplari. E in Giappone ci sono già oltre 2.000 ordini: non male, visto che in patria il lancio è avvenuto solo una ventina di giorni fa... Colori e accessori Il nuovo Yamaha arriverà da noi in agosto in 4 diverse colorazioni: Anodized Red, Mistral Grey, Competition White e Midnight Black. E per lui sono naturalmente già pronti parecchi accessori per il comfort e l’utilizzo a tutto campo. Per proteggersi dalle intemperie abbiamo un parabrezza alto, i paramani trasparenti e la copertina coprigambe. Per il comfort di pilota e passeggero ecco la sella meglio imbottita, le manopole termiche e il poggiaschiena posteriore. Per aumentare la capacità di carico, è ovviamente previsto un portapacchi, un bauletto da 39 litri ed una borsa da pedana. Per comodità sono disponibili il supporto per il GPS e una copertina coprisella. 34 Prove percorrono in riserva. Il display riporta cifre molto ben leggibili, e superiormente ospita anche una serie di 5 spie luminose per informare il pilota in modo rapido e chiaro. La tecnologia LED, inoltre, è applicata alle luci di posizione anteriori e posteriori, per una maggior visibilità’ passiva in ogni condizione atmosferica. I comandi al manubrio sono essenziali: a sinistra troviamo il devioluci anabbagliante/abbagliante, il comando delle frecce (con pulsante di annullamento) e il pulsante del clacson, dalla “voce” decisamente tonica. A destra invece c’è solo il pulsante d’avviamento, mentre purtroppo manca quello di sicurezza per spegnere rapidamente il motore in caso di emergenza. Al centro dello scudo troviamo solo il blocchetto di avviamento, con congegno anti-intrusione magnetico: la chiave ovviamente blocca anche lo sterzo, e sblocca la serratura della sella. L’esclusivo sistema LMW (Leaning Multi Wheel) E per i più sfiziosi ecco il piccolo plexiglas Sports fumé ed i poggia piedi in alluminio per la pedana. I must del Tricity La carrozzeria, bella e aggressiva con i parafanghi ad artiglio, è leggera, ben rifinita sia nella verniciatura sia nelle plastiche opache di contrasto, resistente e facile da pulire: caratteristica, quest’ultima, che non ricordo sia mai stata evidenziata riguardo a una moto, o scooter che sia, ma che comunque farà piacere agli utenti più meticolosi. Ovviamente, lo scudo poco profondo – per gli ovvi motivi tecnici anteriori e per consentire il maggior spazio possibile a chi sta in sella, non può ospitare portaoggetti, che non siano il classico gancio estraibile per borse o che altro. La forma dello scudo e la pedana piatta consentono dunque al pilota spazio e accessibilità: in particolare, la pedana piatta - condivisa solamente col Peugeot Metropolis 400 - farà senz’altro comodo alle signore che vogliano guidare indossando la gonna; ma anche a chiunque 35 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito verte su un cinematismo brevettato progettato per creare la sensazione di massima stabilità, e donare a, fin dai primi metri, gran confidenza e facilità di guida anche a ai neofiti. Il sistema di Yamaha punta su un semplice parallelogramma deformabile i cui componenti sono collegati al cannotto di sterzo e all’apparato sospensivo: il quale praticamente è formato da una speciale forcella teleidraulica di tipo “tandem”, con una coppia di steli separati da 33 mm di diametro per ciascuna ruota:quelli anteriori fungono da guida, mentre i posteriori hanno funzione ammortizzante, con escursione di 90 mm. Dietro, invece, troviamo la classica coppia di ammortizzatori verticali a molle esterne, regolabili. Il sistema LMW consente angoli sterzata notevoli, e la possibilità’ di piegare in fino a 38 gradi effettivi, prima di strisciare a terra col cavalletto laterale. 36 Periodico elettronico di informazione motociclistica La frenata integrale UBS (UnifiedBrake System), è uno dei pregi più apprezzabili su uno scooter del genere, spesso utilizzato da utenti di estrazione automobilistica. Il sistema è composto da due dischi anteriori da 220 mm ed uno posteriore da 230 mm, con la leva sinistra del manubrio che li aziona simultaneamente e la destra che si occupa solo dell’avantreno. Il che rende molto più’ facile e spensierata la guida ma assicura anche frenate molto La tecnologia intelligente UBS non solo rende Tricity facile da guidare, ma assicura anche decelerazioni molto pronte, progressive e ben bilanciate, riducendo al minimo il rischio di blocco delle ruote, perlomeno su fondi stradali in buone condizioni. Le ruote in lega leggera, da 14” davanti e 12” dietro , riducono i pesi non sospesi favorendo la guidabilità e, soprattutto, il lavoro delle sospensioni stesse. Gli pneumatici sono Scarica l’APP del Magazine Prove Ci sali, ti muovi, e ti senti ancor meglio che a casa, definendo naturalmente “casa” un valido scooter di pari cilindrata, come potrebbe essere lo Xenter 125 37 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine lubrificante. Il controllo dei consumi è affidato all’esclusiva iniezione elettronica Yamaha YMJET-FI, a doppia farfalla, che assicura l’elevata efficienza della combustione ed accelerazioni progressive sin dai bassi regimi, insieme con una risposta immediata e un’erogazione corposa a regimi medi ed elevati. E anche un consumo medio rilevato durante l’omologazione di 41 km/l. La prova sul pavé di Amsterdam Nel mondo dei cosiddetti “three wheelers”, il compattissimo Yamaha appare come un bel giocattolino. La sua compattezza instillerà qualche dubbio agli alti di statura, ma tutto sommato l’ospitalità in sella è accettabile, sia davanti che dietro. Come del resto ci ha confermato un collega alto 1,92, che non ha accusato alcun problema di ergonomia, considerando anche l’utilizzo a corto raggio prevedibile per la maggior parte dei futuri utenti. Peccato che, come molto Maxxis, rispettivamente da 90/80 e 110/90. La carreggiata anteriore è di 385 mm (contro i 465 dell’MP3 300 LT), l’interasse è di 1.310 mm e il piano sella è a 780 mm da terra. L’ingegner Kazuhisa Takano , 52 anni, Project Leader del Tricity, vanta una ragguardevole esperienza ultra ventennale in Yamaha, accumulata prevalentemente al seguito delle competizioni. Takano iniziò infatti con la Parigi-Dakar, seguendo lo sviluppo della formidabile monocilindrica YZE 750 cc affidata a Stephane Peterhansel nel 1987, per poi passare ai GP di velocità’ occupandosi della 250 per 8 anni, poi seguì le YZR500 di Biaggi e Checa, e successivamente le M1 di Rossi e Lorenzo. Ed è in base a quest’ultima esperienza che ha Takano san a creare un “tre ruote” leggerissimo e col baricentro perfettamente centralizzato, e con una distribuzione dei pesi equamente bilanciata tra anteriore e posteriore: 50/50, insomma, proprio come sulla M1 ufficiale, per godere della massima guidabilità su un mezzo così’ particolare, a differenza di alcuni concorrenti il cui 38 Prove spesso accade (e ogni volta ci chiediamo il perché...), anche la sella del Tricity tenda a “spingere” in avanti il pilota, che in breve si troverà a sedere in punta, magari con le ginocchia poggiate contro lo scudo. Sella che comunque non è scomodissima, anche se personalmente opterei senza dubbi per quella più imbottita, disponibile nella lista accessori. La seduta del passeggero che dispone di due appigli ai lati della sella, ma che senz’altro prima o poi chiederà di usufruire di un poggia schiena, o bauletto che sia - è invece naturale, non troppo più in alto del pilota, ma comunque con una buona visibilità. Ero davvero curioso di muovere i primi “giri di ruota” con l’interessante Tricity. E ho capito fin da subito che Yamaha ha colpito nel segno. E con il trascorrere dei chilometri, parecchi in giro per la magnifica Amsterdam, e una cinquantina a spasso per un paesaggio da favola tra verde, animali, canali, barchette e bagnanti, in una torrida giornata di peso è maggiormente concentrato anteriormente. Il baricentro del Tricity è esattamente sotto la parte anteriore della sella, in corrispondenza del serbatoio, e rende ancor più’ facile issare lo scooter sul cavalletto centrale. A tal proposito, ricordiamo che qui non è previsto alcun sistema di blocco della verticalità: ai semafori, insomma, si poggiano normalmente i piedi a terra. Il nuovo motore da 125 cc a 4 tempi, raffreddato a liquido e alimentato tramite iniezione elettronica, ha misure differenti da quello dello Xenter, e ha la distribuzione a 2 valvole anziché 4. Progettato per offrire accelerazioni pronte già ai regimi più bassi e un’erogazione progressiva salendo di regime, adotta un cilindro speciale sviluppato con le più avanzate tecnologie Yamaha per la pressofusione. Realizzato in lega di alluminio con una specifica percentuale di silicio, il cilindro è molto leggero e non ha la canna in acciaio. Questa soluzione garantisce un’eccellente distribuzione del calore, che contribuisce a stabilizzare le prestazioni del motore e a prolungare l’efficacia del 39 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito sole, è risultato evidente che ad Iwata hanno davvero alzato l’immaginaria asticella, stabilendo un nuovo riferimento tra i commuter cittadini. «Il Tricity fa esattamente quello che tu ti aspetti da lui...» dichiarano con orgoglio i suoi progettisti. Anche di più, mi sento di aggiungere: ci sali, ti muovi, e ti senti ancor meglio che a casa, definendo naturalmente “casa” un valido scooter di pari cilindrata, come potrebbe essere lo stesso Xenter 125, per rimanere in famiglia. Ma Tricity si muove parecchio meglio anche di qualunque suo concorrente a tre ruote. Piega col pensiero, senza alcuna reazione anomala dell’avantreno, fosse anche un alleggerimento, un tentativo di shimmy, un’incertezza in fase di inclinazione, o di cambiamento di inclinazione. Forse è un pelo più inerziale di uno Xenter, ma l’avantreno è una roccia, anche innescando volutamente zig zag secchi e rapidi col manubrio. L’inevitabile test della rotatoria ampia, da percorrere ovviamente in gran piega costante, rivela una ciclistica molto neutra e precisa. Tanto di cappello, vien da dire! Ma anche l’assorbimento delle asperità è davvero superiore: le forcelle - stavolta si può usare il plurale, visto che sono due... - lavorano 40 Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Prove molto bene, affondano dolcemente e assorbono allegramente i numerosi dossi di rallentamento olandesi (che però non sono perfidamente bastardi come i nostri: sono anche altini, però dolci a progressivi). E non si spaventano certamente neppure nelle frenate più vigorose, mantenendo sempre equilibrato l’assetto. Anche gli ammortizzatori sono promossi, perlomeno guidando senza passeggero: sono dolci e morbidi, ma non sono regolabili, e talvolta mi sono parsi vicini al limite del fondo corsa. Ma senza mai arrivarci. Tuttavia, potendo scegliere avrei utilizzato anche sul Tricity l’apprezzabile sospensione posteriore Monocross dello Xenter. Ma immagino che il prezzo ne avrebbe sofferto. Ma anche il pavé di Amsterdam il Tricity se lo beve come un bicchiere d’acqua fresca: va però detto che il pavé olandese (piuttosto che svedese, danese e via dicendo) è sempre perfettamente in ordine, niente a che vedere con quella sorta di campo minato che ci ritroviamo, per esempio in zona Navigli a Milano, dove sono curiossissimo di mettere alla prova il Tricity. Agile e molto divertente, ma anche davvero rilassante, il Tricity gode di una frenata combinata tutto sommato efficace. 41 42 43 44 Yamaha Tricity 125 € 3.490 Tempi: 4 Cilindri: 1 Cilindrata: 124.8 cc Disposizione cilindri: Orizzontale Raffreddamento: a liquido Avviamento: E Potenza: 11.02 cv (8.1 kW) / 9000 giri Coppia: 1.06 kgm (10.4 Nm) / 5500 giri Marce: AV Freni: DD-D Misure freni: 220-230 mm Misure cerchi (ant./post.): 14’’ / 14-12’’ Normativa antinquinamento: Euro 3 Peso: 152 kg Lunghezza: 1905 mm Larghezza: 735 mm Altezza sella: 780 mm Capacità serbatoio: 6.6 l Segmento: Scooter Ruote alte ABBIGLIAMENTO Pur considerando il limitato chilometraggio degli scooter che abbiamo usato, la prova del “panic stop” con entrambe le leve tirate al massimo ha portato a decelerazioni più che soddisfacenti, arrivando addirittura allo “stoppie”. Quella di destra svolge un onesto lavoro sull’avantreno, mentre la sinistra, che serve i tre dischi, ottiene ovviamente risultati migliori, sempre senza scomporre l’equilibrio del veicolo. Nel caso non si fosse capito, muoversi in città con il piccolo triscooter Yamaha proprio una pacchia. Il suo motore chiaramente non dispone di pozioni miracolose, e fa onestamente il suo lavoro con dolcezza e un piacevole spunto che spinge abbastanza in fretta fino agli 80 orari indicati. Per andare oltre, ci vuole più spazio. Un motore silenzioso, questo, con una trasmissione dolce e prova di strappi e naturalmente parco bevitore. Usciamo dalla città dirigendoci verso la campagna e il mare. Qui si può arrivare anche sui 90/95 orari, ma è quando si imbocca qualche arteria un po’ più trafficata che, col gioco delle scie, si riesce a superare i 115 senza rannicchiarsi. Velocità che il piccolo spoiler anteriore tutto sommato gestisce dignitosamente, deviando un po’ d’aria verso l’alto. Non mancano alcune sottili vibrazione ad alta frequenza avvertibili sulle manopole in accelerazione e rilascio: nulla di ché, se non fisime per super-pignoli. Da notare che il sistema sospensivo anteriore qui è molto meno invasivo rispetto a quelli concorrenti: tra le forcelle, infatti, c’è un ampio ed alto “tunnel” libero che incanala l’aria sotto alla scocca, quindi il vantaggio aerodinamico rispetto ai concorrenti, già superiore anche per via della compattezza del Tricity, della carreggiata e delle gomme più strette, a mio avviso è notevole. Fuori città si è anche preso nota della buona stabilità del mezzo sulle curve lunghe, anche ad inclinazione quasi massima. Tutto sempre sotto controllo, insomma. Chissà quale sarà il prossimo passo di Yamaha verso l’ampliamento della famigliola New Mobility.... Prove Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica SCHEDA TECNICA Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Casco: GiVi HX03 Giacca: REV’IT! Legacy GTX Guanti: OJ Jeans tecnici: OJ Sole Sneakers tecniche: Stylmartin Sunset 45 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Nuovo Piaggio Mp3 300 Con ABS e controllo trazione Piaggio introduce nella gamma scooter a tre ruote MP3 la versione 300 cc, ora offerta di serie con sistema di frenata ABS e controllo di trazione ASR. Disponibile ad agosto in due versioni, Business e Sport D opo 150.000 esemplari venduti con punte di diffusione straordinarie nelle grandi metropoli europee, Piaggio lancia la nuova gamma di scooter a tre ruote Mp3. A pochi mesi di distanza dall’introduzione del rivoluzionario Piaggio Mp3 500, arriva sul mercato anche la versione 300. Il nuovo Piaggio Mp3 è così ora disponibile in due diverse cilindrate, ognuna delle quali declinata in due allestimenti – Sport e Business – a completare una vera e propria famiglia di veicoli a tre 46 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica ruote, in grado di soddisfare qualsiasi esigenza di mobilità quotidiana. Il propulsore da 300 cc 4T, 4 valvole, a iniezione elettronica, raffreddato a liquido, fornisce una potenza di 16.5 kW (22,5 CV) a 7.500 giri ed eroga una coppia massima di 23,2 Nm a 6.500 giri. Nuovo telaio, corpo e funzionalità Il telaio di Piaggio Mp3 è stato ridisegnato con il duplice obiettivo da una parte di garantire buone doti di stabilità e precisione nella guida e dall’altra di accrescere la fruibilità del veicolo. L’attento e completo restyling delle forme contribuisce ad aumentare la comodità a bordo. La sella assume proporzioni sontuose: piatta e comoda consente una seduta, anche in coppia, più confortevole rispetto alla precedente generazione di Piaggio Mp3. Ne beneficia tutta l’ergonomia, a partire dalla posizione delle gambe, più distese e rilassate. In particolare la nuova triangolazione manubrio-sella-pedana guadagna misure che rendono più facile la guida e il completo controllo del mezzo. Pensato come vera alternativa all’auto, il Piaggio Mp3 della nuova generazione offre al passeggero ancora più comfort: lo spazio a sua disposizione è ulteriormente ampliato, mentre la posizione assunta da seduto è più rilassata, oltre a beneficiare dei vantaggi offerti dalle nuove pedane poggiapiedi estraibili. Il grande vano sotto la sella, dotato di presa 12 volt, luce di cortesia e tappetino, è stato ridisegnato ed è ora più sfruttabile, grazie alla forma regolare e tendenzialmente rettangolare, senza scalini o divisioni, così da renderne pienamente fruibile ogni centimetro quadrato, può così alloggiare comodamente due caschi integrali o una borsa porta computer. L’apertura della sella è come di consueto elettrica e assistita da un comodo ammortizzatore che accompagna in modo pratico e sicuro il movimento di apertura della stessa. Il codone piatto e slanciato rende agevole il montaggio e l’utilizzo dell’eventuale bauletto (previsto nella ricca gamma di accessori dedicata), il quale eleva ulteriormente la già spettacolare capacità di carico del nuovo Piaggio Mp3. Disponibile con ABS e ASR Oggi il nuovo Piaggio Mp3 si propone come il primo tre ruote disponibile con sistema frenante anti bloccaggio ABS integrato dal controllo di trazione ASR (Acceleration Slip Regulation). Il sistema ASR è un controllo di trazione elettronico che regola il coefficiente di slittamento della ruota motrice. L’ASR, che è facilmente disinseribile, garantisce la sicurezza evitando lo News slittamento della ruota posteriore su fondi particolarmente insidiosi quali l’asfalto bagnato o su fondi a bassissima aderenza, permettendo di avere in qualsiasi condizione la massima presa a terra del pneumatico posteriore. Il sistema ABS, sviluppato specificamente per Piaggio Mp3, adotta una centralina Continental e tre canali che consente di gestire singolarmente il comportamento delle tre ruote modulando soltanto la forza frenante della ruota (o delle ruote) sulla quale si verifica perdita di aderenza. Anche la nuova versione di Piaggio Mp3 adotta un impianto frenante integralmente a disco sulle tre ruote, ma il diametro dei dischi anteriori aumenta da 240 a 258 mm, contribuendo ad aumentarne la potenza e l’efficacia, diminuendo gli spazi di frenata. Due versioni Come in precedenza, Piaggio Mp3 è disponibile nelle versioni Business e Sport, contraddistinti da allestimenti e gamma colori a ognuno dedicate. La versione Business, elegante e metropolitana, caratterizzata dalla targhetta “Business” sulla parte posteriore della coda, si distingue per alcuni particolari di pregio, quali la protezione dello scarico cromata, la nuova sella di colore marrone dal rivestimento realizzato in doppio materiale, gli specchietti dedicati e per le finiture in grigio lucido del tunnel centrale, del manubrio e delle maniglie del passeggero. Piaggio Mp3 300 Business è sottolineata dalle due varianti cromatiche cui è disponibile: Bianco Iceberg e Nero Universo. La versione Sport di Piaggio Mp3 300, si distingue per la targhetta “Sport” sulla parte posteriore della coda e per i numerosi particolari dalla finitura nera lucida, come la protezione del terminale di scarico, le maniglie per il passeggero, il manubrio e la modanatura del tunnel centrale. Anche la sella nera della versione Sport vanta il rivestimento realizzato in due diversi materiali. Tre le varianti dedicate alla versione Sport del nuovo Piaggio Mp3 300: Nero Carbonio, Argento Cometa e Blu Laguna. 47 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine guida ancora più appagante -più capacità di carico, grazie all’ampio vano sottosella e al bauletto in tinta che si apre con la chiave di avviamento -più abitabilità: il passeggero dispone di nuove pedane estraibili -più accessori e tanta funzionalità, con la presa 12V e l’orologio -più economia d’esercizio, grazie alla centralina elettronica riprogrammata -più tecnologia, grazie alle luci di posizione a LED -più autonomia, per merito del nuovo serbatoio da 7 litri invece che da 6. Nella versione con motore 200, Agility 16 R Plus esce dai confini della città, per rispondere alla esigenze di mobilità anche su strade extraurbane. Agility R 16 Plus, quindi, nasce per la città ma non si pone limiti. Gli ingegneri Kymco lo hanno News progettato con la massima attenzione alla versatilità: con tre cilindrate (50 e 125, 200i) permette, infatti, di soddisfare qualsiasi esigenza di mobilità. Non da meno sono le versioni 50cc: il 4T rappresenta il veicolo urbano per eccellenza, mentre il 2T, prestante e grintoso, si esprime al massimo per una guida giovane e divertente. Ciclistica e freni Agility 16 R Plus si avvale della pluriennale esperienza Kymco nella costruzione di telai per scooter anche ad alte prestazioni. Una struttura robusta e razionale di tubi di acciaio ad al ta resistenza forma i l telaio. La forcella teleidraulica con steli da ben 33 mm di diametro assicura precisione e assorbimento ottimale dei colpi. Grazie all’escursione di 95 mm, pavé, asfalto dissestato e tombini non sono un p ro b lema. Kymco Agility R16 Plus, 50 e 200 Colorazioni e prezzi Kymco Agility R16 PLUS è ora disponibile presso i rivenditori nelle versioni 125-200i, anche nelle versioni 50cc a 2 tempi e a 4 tempi con tre nuove colorazioni K YMCO Agility R16 PLUS è disponibile presso i rivenditori nelle versioni 125200i e ora anche nelle versioni 50cc motorizzate a 2 tempi (2T) e a 4 tempi (4T). Agility R 16 Plus è completamente nuovo e reinterpreta il concetto di scooter a ruota alta 48 sotto il segno “più”: -più agilità, grazie alla ruota posteriore da 14” -più protezione, con la pedana maggiorata -più comfort: sella ridisegnata, sospensione posteriore a maggior escursione e tappo del serbatoio riposizionato garantiscono un’esperienza di 49 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine 50 R16 4T Plus è il veicolo urbano per eccellenza. La cura progettuale e l’attento studio sull’efficienza della combustione rendono questo motore particolarmente parco nei consumi, oltre che ecologico. Rapido al semaforo, grazie ai suoi 2,4 kW (3,3 CV) offre consumi irrisori infatti, con un solo litro di benzina si percorrono oltre 43 km, un’autonomia che permette letteralmente di dimenticarsi del benzinaio. Per Agility 50 R16 2T Plus il motore prestante e grintoso permette una guida divertente e mai in imbarazzo nemmeno sulle salite più ripide. Il motore sviluppa una potenza massima di 2,5 kW (3,4CV) a 7.000 giri/ min e il serbatoio da 7,0 litri assicura un’ottima autonomia. Il gruppo motore - trasmissione funge anche da forcellone e muove un doppio ammortizzatore (singolo ammortizzatore su Agility R 16 Plus 50) regolabile su 5 posizioni. L’escursione maggiorata rispetto ad Agility 16 (da 75 mm a 81 mm) migliora ulteriormente il comfort su ogni genere di fondo stradale. La ciclistica di nuova progettazione include nuove ruote. La ruota anteriore con diametro da 16 pollici è calzata dallo pneumatico 100/80. La ruota posteriore è invece da 14 pollici, per consentire un miglioramento delle capacità di carico del vano sottosella, contenere l’altezza della sella a soli 780 mm e regalare un ulteriore “Plus”, maggiore agilità. La gommatura generosa (pneumatico 120/80) incrementa comfort e tenuta di strada. A dispetto del prezzo molto concorrenziale, Agility 16 R Plus non si fa mancare nulla quando si parla di sicurezza, 50 News Prezzi, colori e promozioni Tre colorazioni, argento Zebrù, bianco Ice e nero Maggiore. Un altro Plus di questo nuovo, inimitabile Kymco. Disponibile presso i Rivenditori KYMCO: Agility 125 R16 Plus al prezzo di € 1.900, mentre Agility 200i R16 Plus al prezzo di € 2.200. Agility R16 Plus 50cc 2T e 4T sono invece disponibili al prezzo di € 1.800. Kymco Agility R16 Plus è offerto con bauletto incluso nel prezzo ed affianca il modello già a listino. Inoltre, fino al 30 settembre 2014 è attiva la promozione “ZERO INTERESSI E ZERO PENSIERI”(TAN FISSO 0,0%, TAEG 3,53%) che rende più semplice e accessibile l’acquisto di un Agility 125-200 R16 PLUS. raggiungendo gli standard più elevati sul mercato. Proprio la frenata è, infatti, uno dei punti di forza di Agility R 16 Plus, che utilizza due dischi di grande diametro. L’anteriore è da 260 mm, con pinza flottante, il posteriore da 240 mm con pinza a doppio pistoncino. La versione 50 cc offre, invece, un impianto di tipo “misto” con disco anteriore e tamburo posteriore. Agility 200i R16 Plus è la punta di diamante della gamma, con i suoi 8,2 kW (11,2 CV) a 7.500 giri e una coppia massima di 12 Nm a 5.500 giri. Agility 125 R16 Plus, con i suoi 6,6 kW di potenza e un’erogazione della coppia estremamente favorevole, rientra nei limiti di legge per la guida con patente B. La potenza disponibile, insieme alla leggerezza globale del mezzo, consentono di muoversi rapidamente nel traffico e di spuntare prestazioni più che soddisfacenti per qualsiasi esigenza. Agility 51 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito 2014 vs 2013 Chi sale e chi scende nelle immatricolazioni di Maurizio Gissi | Quali sono le marche che nei primi sei mesi di quest’anno hanno venduto più moto e più scooter in Italia? Ecco chi sale e chi scende rispetto al 2013 L e immatricolazioni di moto e scooter nella prima metà di quest’anno sono andate meglio rispetto al 2013. Non accadeva dal 2006 che il bilancio ritornava in attivo. Nel 2006 - ricordiamo che è stato 52 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica quello l’anno del record assoluto per le immatricolazioni in Italia - si sfiorarono le 455mila unità vendute e di queste erano 161mila le moto. L’anno scorso il totale delle immatricolazioni ha faticato a raggiungere le cifra di 154mila unità fra scooter (101mila) e moto. Da gennaio a giugno del 2014 c’è stato però un piccolo miglioramento rispetto al 2013: il mercato ha fatto segnare un +4,4%, passando da 91.453 a 95.614 unità. Il segmento scooter ha visto un +2,7%, passando da 57.656 a 59.296. Le moto sono andate decisamente meglio con 36.318 immatricolazioni, pari al +7,3% sul primo semestre del 2013. Come abbiamo già avuto modo di scrivere (vedi qui), va osservato che nel 2013 il calo complessivo del primo semestre era stato del 23,8% rispetto all’analogo periodo del 2012, con gli scooter a -28% e le moto a -14,9%. L’andamento delle marche premiato dalle novità Non tutte le case, com’è normale quando le Attualità variazioni sono contenute, hanno beneficiato della ripresa. Ripresa che ha invece riguardato chi ha proposto le novità più interessanti o che l’anno scorso aveva sofferto proprio a causa della mancanza di nuovi modelli competitivi. A fronte di Honda, rimasta al primo posto per volumi – vale da sola il 24% circa del mercato – a crescere nettamente sopra la media del +4,4% sono state la Yamaha (ha guadagnato il 19% rispetto all’anno scorso) e che grazie a questa prestazione è ritornata al secondo posto nella classifica delle vendite, superando la Piaggio di un soffio. Fra i top seller per incrementi ci sono poi BMW, sempre con un +19%, e Suzuki con circa un +20% ma con volumi inferiori. Di rilievo anche il risultato di Kymco: +11% rispetto al 2013 e consolidamento del quarto posto in classifica generale. Con il 53 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Attualità aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb segno positivo, considerando le prime venti posizioni, ci sono poi Kawasaki, Harley-Davidson, KTM, SYM, MV, Beta e Benelli. Le marche che, in termini percentuali, hanno perso più terreno a dodici mesi di distanza sono LML, -32%, Aprilia (con un -23%) e Ducati che ha lasciato sul campo il 12%. Con cali contenuti ci sono anche Husqvarna, Triumph e Moto Guzzi. Tra le moto è questa la classifica Nella graduatoria che riguarda le moto più vendute si nota che soltanto otto delle prime 15 marche hanno migliorato le immatricolazioni rispetto ai primi sei mesi del 2013. Quelle che hanno incrementato maggiormente il proprio giro d’affari, il 54 dato medio delle moto vale un +7,3%, vedono al primo posto Yamaha che ha avuto un’impennata pari a +84%, grazie soprattutto alle nuove MT-09 e MT-07, seguita da Suzuki (+62% grazie alla VStrom 1000 che è una novità) e BMW (+22%). Yamaha è così passata dalla settima posizione del 2013 alla terza attuale. Suzuki ha guadagnato solo una posizione, ma ha recuperato molto in termini di volumi. Passando alle marche che hanno perso terreno vanno segnalate la Kawasaki (-15%), poi Ducati (-12%), Honda e Triumph con -10%. Honda ha quindi lasciato il primo posto a BMW, che anche l’anno scorso era finita al primo posto ma soltanto verso fine anno. Cali importanti anche per Aprilia (-14%) e Husqvarna (-18%) ma che veleggiano con volumi a sole tre cifre. Ducati sta vendendo globalmente di più rispetto al 2013 e questo lo deve solo all’esportazione. La torta scooter va a quattro big La categoria scooter è controllata per il 50% dalla coppia Honda e Piaggio. E se alle due marche in testa si uniscono Kymco e Yamaha, a tutte le altre case resta da spartirsi appena il 18% del mercato scooter. Nei prime sei mesi di quest’anno, Kymco è cresciuta dell’11% e ha consolidato la sue terza posizione alle spalle di Honda e Piaggio (la marca giapponese è cresciuta maggiormente di quella italiana), distanziando Yamaha che è rimasta sostanzialmente con le stesse immatricolazioni. Incremento a doppia cifra anche per SYM (+11%) e poi Honda con un +5,5% a chiudere il terzetto di chi se l’è passata meglio in questa prima metà d’anno. Ad avere peggiorato rispetto a un anno fa sono LML (-35%), Aprilia (-29%) e BMW, -13%. La Top 50 delle marche nel 2014 Quella che segue è la classifica delle prime cinquanta marche in Italia, ottenuta sommando le immatricolazioni di scooter e moto, da gennaio a giugno di quest’anno. Nel dato Honda sono accorpati come sempre i numeri delle moto importate con quelle prodotte in Italia, essenzialmente si tratta degli scooter SH. Guarda la classifica 55 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Furti di moto in Italia tante finiscono nell’Est Europa di Andrea Perfetti | Il fenomeno dei furti in Italia di moto che poi prendono la via dell’est Europa (Ucraina in particolare) continua in modo allarmante. Il nostro lettore Riccardo ci segnala un sito estero dove sono vendute le moto rubata da noi L a piaga dei furti di moto che prendono poi la via dell’est Europa non è certo nuova, anzi. Come vi ha già spiegato Moto.it nel dicembre del 2010, il traffico delle moto rubate ha una corsia preferenziale che punta verso Est. Proprio nel 2010 vi avevamo descritto il sequestro operato dalla Polizia ungherese di due furgoni carichi fermati alla frontiera, uno con 9 moto rubate, l’altro 56 con 12. Nel 2012 la scena si è ripetuta e ha visto all’opera la nostra Polizia Stradale. Lungo l’autostrada A4, all’altezza del comune di Porpetto, la Polizia Stradale di Palmanova (Udine) ha fermato un autocarro con targa ucraina. Nel vano posteriore gli agenti hanno trovato 8 moto di grossa cilindrata smontate e alcuni pacchi di merce di contrabbando. Il valore delle moto, risultate tutte rubate nell’hinterland romano, si aggirava Scarica l’APP del Magazine Attualità intorno ai 40mila euro. Per F. M., 29 anni, di nazionalità ucraina sono scattate le manette con l’accusa di ricettazione ed è stato condotto al carcere di Udine. A due anni di distanza siamo purtroppo qui a raccontarvi ancora l’ennesimo scempio a danno dei cittadini. I furti infatti proseguono e hanno spesso, spessissimo come meta finale sempre quell’Ucraina che è fuori dall’Unione Europea (e per questa ragione è in corso uno scontro durissimo con la vicina Russia, ma questo è un altro discorso). Essere fuori dall’Europa implica che la nostra polizia può fare ben poco affinché le forze dell’ordine locale intervengano per recuperare le moto rubate agli italiani. La strafottenza dei criminali ucraini è tale che le moto rubate in Italia vengono inserzionate tra gli annunci del sito www.motosale.com.ua come se nulla fosse, con tanto di targa italica. Il fatto ci è stato segnalato dal lettore Riccardo B., vittima di un furto nell’ottobre del 2012. Riccardo ci scrive: “Denunciato immediatamente il furto alla questura territorialmente competente, non ho più sperato di rivedere la mia amata moto. A distanza di quasi due anni, a inizio giugno 2014 ho rivisto la mia moto, esattamente come il giorno in cui me l’hanno rubata (accessori e adesivi compresi) in vendita su questo sito ucraino. Assieme alla mia moto ve ne sono altre centinaia e centinaia, tutte vendute “senza documenti” e alcune hanno ancora ben visibili la targa italiana, che, ovviamente, a una visura sul sito della polizia, risulta collegata ad una denuncia per furto. Ho provveduto, quindi, a fare integrazione di denuncia presso la questura a cui avevo fatto la prima denuncia e poi, su loro consiglio, ho fatto anche denuncia alla polizia postale, per segnalare il sito”. Polizia e Carabinieri italiani non possono fare intervenire le forze di polizia di un Paese extra Unione Europea, è necessario che intervenga l’Interpol. Perché ciò avvenga però non basta la denuncia di un singolo, ma bisogna dare massimo risalto – anche sulla stampa – a questa attività criminale che prosegue ormai da (almeno) 4 anni. 57 Nico Cereghini racconta gli anni Ottanta Sesta puntata: Replica, Turbo e Trial Anni Ottanta, sesta puntata! Per chiudere ci siamo tenuti qualche chicca come le due tempi GP replica, le Turbo e poi un altro fenomeno dell’epoca: il trial 58 59 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica resto le Bultaco Sherpa nelle due cilindrate 250 e 350. Ma fu la Honda a stupire. Fin dalla metà degli anni Settanta la Honda aveva in catalogo due quattro tempi – le TL 125 e 250 -, che però per potenza e soprattutto per il peso non potevano competere con la concorrenza europea. La svolta arriva nei primi anni Ottanta, quando Eddy Lejeune, giovane e forte pilota belga, prende a vincere le gare con modelli Honda sempre più efficaci. Tre titoli di fila per lui, dall’82. E allora vi presento almeno una Honda, è la RTL 250S del 1984 con il suo efficiente monoammortizzatore progressivo al retrotreno. Ma le Turbo... Ma le turbo hanno suscitato ancora più entusiasmo e ora vi porto a Colonia, 1980. Al salone tedesco, Honda propone la prima moto A nni Ottanta, sesta puntata! Per chiudere ci siamo tenuti qualche chicca come le “due tempi GP replica”, le Turbo e poi un altro fenomeno dell’epoca: il trial. Che già dalla metà degli anni Settanta si stava diffondendo anche da noi e fin dal ’76 aveva un modello-simbolo tricolore: la Fantic Motor 125. Esplode il Trial Qui negli Ottanta il trial esplode davvero, e il terzetto spagnolo di Bultaco, Montesa e Ossa viene surclassato da una decina di marchi italiani e dalla Honda. La pioniera Fantic Motor mantiene il vantaggio anche nelle vendite: dal 1980 ha una gamma completa che va dal 50 fino al 200, che poi cresce al 240 Professional e poi al 300 nell’83; ora l’evoluzione è rapidissima, le piccole 50 e 125 diventano dei gioiellini e il top di gamma vince le gare ed è aggiornato anno dopo anno. Il modello 303 dell’88, per esempio, replica la moto che Thierry Michaud ha portato al titolo l’anno prima. E sono tre i titoli della Fantic Motor con il francese tra l’85 e l’88. Bisogna però 60 Anni 80 sovralimentata: la preziosa CX 500 Turbo, bicilindrica a liquido, a V trasversale di 80 gradi, aste e bilancieri, 4 valvole per cilindro e cardano, accreditata di 82 cavalli a 10.000 giri. L’impressione è enorme e la rincorsa pronta: l’anno dopo arrivano anche la Yamaha XJ 650 T, e poi la Suzuki XN 85, entrambe a quattro cilindri. La Yamaha è piuttosto deludente: mantiene gli ammortizzatori al retrotreno, scalda parecchio, non offre grandi prestazioni: soltanto 10 kmh in più della moto aspirata… La Suzuki, con la sua XN 85 650, propone due meraviglie ciclistiche dell’epoca: la ruota anteriore da 16 pollici e l’antidive alla forcella. Due soluzioni che diventeranno di moda in quel periodo ma si riveleranno poco consistenti. La sigla 85 indica i cavalli della potenza massima, e questa Suzuki si fa apprezzare anche per la maneggevolezza e la precisione di guida. dire che la prima casa italiana a conquistare il campionato mondiale trial fu la SWM, con Gilles Burgat nell’81. Fu un’impresa, perché le spagnole dominavano la scena ininterrottamente dal ’68! Molto attiva fu anche l’Aprilia, che ha già il suo bellissimo 340 nell’81 (ma il titolo, il primo per Aprilia, arriverà soltanto dieci anni dopo con Ahvala e la Climber raffreddata a liquido, nata nell’89); a Noale seguono cin molta passione anche il progetto del 50 per i ragazzini. E non si riesce a citare tutte le trial italiane, purtroppo, perché sono decine: ma bisogna ricordare la Beta e almeno la sua bella TR 34 260 dell’86, campione del mondo con Jordi Tarres dall’89 al ’91; la Italjet con la 350T dell’82 e una delle più belle “Motoalpinismo”: la Scott Excursion 350 dell’87. Poi la TRL 329 della SVM (ex SWM), la Garelli Trial 320 Section, la Cagiva TR 350 DG, e l’artigianale Villa 348 Everest. Naturalmente le case spagnole, seppure in difficoltà, reagivano al fermento italiano: le Montesa Cota erano un classico, belle soprattutto la 123 C e la 348T dell’83; le Ossa Yellow 250 e 350 (o la TU YO 350 sono ricercate anche ora, come del 61 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine leggere pesa 188 kg a secco, telaio a travi d’acciaio (alluminio solo per il Giappone), tre dischi, ruote a razze da 16 e con 18 pollici. E’ la replica della OW 70 del mondiale, solo con le lamelle al posto della valvola rotante. La proviamo per primi in Italia, Tanca, Gissi ed io, ed è l’unica volta che fatichiamo a passarcela. Supera i 220, si guida bene, ha una voce fantastica, ottiene un grande successo: tremila moto costruite in tre stagioni. Questa volta la Honda arriva seconda: la sua NS/R 400 è però più efficace su strada. Tre cilindri a V di 90°, uno solo verticale all’opposto della 500 da GP che era stata di Spencer, questa due tempi ha le lamelle all’aspirazione e il sistema ATAC allo scarico che migliora la progressione ai bassi. 72 cavalli a 10.000 giri, 163 chili a secco, e il telaio d’alluminio che si rivela ottimo. Gran moto, più umana e più versatile della RD 500. E infine per la stagione 1985 arriva la Suzuki RG 500 Gamma, la più evoluta di tutte. La Gamma è la più vicina all’originale da Gran Premio e vanta 95 cavalli a 9.500 giri, che è la Nel settembre 1983 arriva anche la Kawasaki GPZ 750 Turbo: è la più sportiva, ha una bella linea e altissime prestazioni, è la più potente delle turbo con 112 cavalli, la più veloce, ma anche la meno brusca nella risposta del turbo; bialbero due valvole per cilindro, è raffreddata ad aria e pesa 225 chili. Ma le Turbo sono state meteore. Soltanto la Honda si dedicò all’evoluzione del suo modello proponendo la CX 650 T da 100 cavalli per la stagione ’83. Eppure queste quattro moto hanno catalizzato l’entusiasmo di stampa e appassionati per almeno due stagioni; la promessa era quella di ottenere le prestazioni di una supermoto da una media cilindrata e ci avevamo creduto. Ma poi ci hanno delusi il peso eccessivo, i consumi elevati, difficile fare più di dieci km con un litro, e soprattutto l’erogazione: i cavalli arrivavano di botto alla ruota, e per di più con un certo ritardo alla risposta. In curva, a moto 62 Anni 80 stessa potenza della prima RG campione del mondo 1975 con il grande Barry Sheene; e poi pesa soltanto 158 chili a secco, trenta chili meno della Yamaha. Ha i quattro cilindri disposti in quadrato, l’ammissione a disco rotante, sfiora i 240 con tutta l’adrenalina dell’erogazione racing. Telaio in tubi quadri e forcella Kayaba con l’antidive; dei tre dischi, la coppia anteriore ha già le pinze a 4 pistoncini. Verrà prodotta fino al ’90, in quasi diecimila esemplari. E molti non possono dimenticare la bellissima sorella minore, la Gamma 250 che è persino precedente alla mezzo litro. Prima con il bicilindrico parallelo da 46 cavalli nel telaio bitrave d’alluminio, poi ancora più affascinante nell’88: la RGV 250 Gamma, motore a V di 90°, 58 cavalli a 10.000 giri, 128 chili a secco. Quel delizioso bicilindrico equipaggerà più avanti anche la Aprila 250 RS. Le emozioni degli anni Ottanta sono state tante, lo avete visto in questo viaggio in sei puntate, e le due tempi “replica” sono state, per quasi tutti noi, le più emozionanti in assoluto… piegata, erano cavoli amarissimi… In Italia soltanto la Moto Morini inseguì questa illusione: la 500 da 70 cavalli fu presentata a Milano nell’81 ed era già funzionante, ma poi non se ne fece nulla. Peccato, anche perché si dice che furono proprio le sue ricerche internazionali di una piccola turbina a incuriosire e scatenare i tecnici della Honda… Le Replica GP E le due tempi da competizione portate sulla strada? A Parigi 1983, da non credere, il simbolo della fantasia e del coraggio degli anni Ottanta entra nella storia e si chiama Yamaha RD 500 LC, la prima replica a due tempi delle moto da Gran Premio. Una meraviglia che ti trasforma in Kenny Roberts: V4 di 50° raffreddato a liquido, distribuzione lamellare e valvola allo scarico, 88 cavalli a 9.500 giri. Con magnesio e leghe 63 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica verso il termine del 1948 è stata la volta della Royal Enfield e della Norton (con il modello 7, progettato da Bert Hopwood ed entrato in produzione l’anno successivo). La bicilindrica del gruppo AMC (ovvero AJS e Matchless) è arrivata qualche mese dopo, con inizio della fabbricazione nel 1949. Tutte queste moto avevano motori di 500 cm3, ma ben presto è apparso chiaro che una buona fetta del mercato richiedeva prestazioni superiori, il che rendeva necessario un incremento della cilindrata. Nel 1949 la Triumph ha presentato la sua 650 (modello 6T Thunderbird) e l’anno seguente è stata la volta della BSA, con il modello A 10. Questa stessa strada è stata ben presto seguita anche dalle altre case. Norton gonfia i muscoli Nella Norton Commando, qui nella versione Fastback, il gruppo motore-cambio era collegato al telaio tramite tamponi in gomma che assorbivano le vibrazioni Massimo Clarke “La storia della Norton Commando” Autentica regina delle mitiche bicilindriche britanniche, ha segnato il punto finale di una linea evolutiva iniziata nel 1949 P er quasi tutti gli anni Sessanta le grosse moto inglesi sono state il sogno degli appassionati. In giro di quella cilindrata e con quelle prestazioni non c’era nient’altro, se si esclude la BMW R 69S, che però era di un tipo diverso, con il suo motore boxer e la sua trasmissione finale ad albero, e tutto sommato si rivolgeva a un’altra categoria di utenti. Le bicilindriche Laverda e Guzzi sono apparse solo verso la fine del decennio e le pluricilindriche giapponesi da noi sono arrivate all’inizio degli anni Settanta. Ma non si trattava 64 solo di dimensioni e di cavalli; le inglesi avevano un fascino particolare… A mostrare la strada del motore a due cilindri paralleli frontemarcia, in un mondo dominato dai grossi mono e dai bicilindrici a V, era stata la Triumph nel 1937, anno di presentazione della famosa 5T Speed Twin. Il successo era stato tale che, una volta terminata la seconda guerra mondiale, anche gli altri costruttori britannici si sono affrettati a realizzare moto dello stesso tipo, cioè con un motore di architettura e cilindrata analoghe. Alla fine del 1946 la BSA ha presentato la A7 Star Twin e La Norton ha aumentato la cilindrata del suo bicilindrico solo nel 1956, quando ha messo in produzione il modello 99 di 600 cm3. Il successivo passo è stato quello di portare la cilindrata a 650 cm3, con la Dominator 650 SS, apparsa nel 1961. La versione di 750 è entrata in scena alla fine del 1962 con il modello Atlas. Il celebre telaio Featherbed a doppia culla continua aveva fatto la sua comparsa sui modelli di serie a partire dal 1951, con il modello 88, versione sportiva della 500. È interessante osservare che i bicilindrici Norton hanno continuato a impiegare una testa in ghisa fino alla fine del 1954; quella in lega di alluminio infatti è stata montata solo a partire dall’anno seguente. Il motore a due cilindri paralleli era realizzato seguendo largamente i classici dettami della scuola britannica. L’albero a gomiti, con manovelle a 360°, era in tre parti (due semialberi più un grosso volano centrale) che venivano unite mediante viti con dadi; a supportarlo provvedevano due cuscinetti di banco (quello destro era a sfere e quello sinistro a rulli). Le bielle erano forgiate in lega di alluminio contenente il 2% di rame. La distribuzione era ad aste e bilancieri, con l’albero a camme collocato nella parte anteriore del basamento e azionato da una corta catena a rulli. I due cilindri erano Pagine di storia incorporati in un’unica fusione in ghisa; pure la testa era costituita da una fusione singola, in lega di alluminio ad alta conduttività termica. Per ogni cilindro vi erano due valvole, inclinate tra loro di 58°. La lubrificazione era a carter secco con doppia pompa a ingranaggi. La Norton Atlas era sicuramente una moto straordinaria, in fatto di prestazioni, quando è entrata in scena. La potenza del motore, che aveva un alesaggio di 73 mm e una corsa di 89 mm, era da record; veniva infatti indicata in ben 52 cavalli a 6800 giri/min. Era però afflitta da vibrazioni tremende e inoltre dopo qualche tempo i segni dell’età hanno cominciato ad essere evidenti, a livello di parte ciclistica e di estetica. La Norton, che non è mai stata una azienda di grandi dimensioni, era stata acquisita dal gruppo AMC nel 1952. Attorno alla metà degli anni Sessanta questo gruppo industriale di notevoli dimensioni è entrato in una seria crisi finanziaria. La sua fine è arrivata nel 1966, con un cambio di proprietà e la nascita della Norton Villiers. La nuova dirigenza ha subito varato un programma teso alla realizzazione di una nuova ammiraglia, di impostazione moderna sia sotto il profilo stilistico che sotto quello tecnico. Il compito di progettare il nuovo modello di punta, in meno di 12 mesi (la presentazione doveva avvenire al Salone di Londra del 1967), è stato affidato a Stefan Bauer, che proveniva dal settore aeronautico. È stato così realizzato un nuovo telaio, a doppia culla continua e con un tubo superiore di rilevante diametro (ben 57 mm), all’interno del quale il motore veniva montato con i cilindri non più verticali ma sensibilmente inclinati in avanti. La cosa era possibile senza alcun problema grazie al fatto che la Norton continuava ad impiegare la classica ma arcaica soluzione del cambio separato. Tanto la BSA quanto la Triumph per le loro bicilindriche erano passate al cambio in blocco all’inizio degli anni Sessanta (e in seguito quando si è trattato di realizzare un motore di 750 cm3, non hanno fatto ulteriormente crescere la cilindrata dei loro bicilindrici, ma hanno realizzato un nuovo 65 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Pagine di storia Il motore, qui in vista esplosa, era separato dal cambio. Aveva la distribuzione ad aste e bilancieri e la lubrificazione a carter secco La Norton Atlas a suo tempo è stata una delle sportive più ambite. Sul finire degli anni Sessanta però appariva superata come linea e come ciclistica modello a tre cilindri). Per risolvere il problema delle vibrazioni, i tecnici della Norton Hooper e Trigg hanno ideato un sistema che prevedeva la realizzazione di un gruppo costituito dai tre componenti fondamentali, ovvero il motore, il cambio e il forcellone oscillante, collegati rigidamente tra loro da grosse piastre di acciaio. Il tutto veniva vincolato al telaio per mezzo di elementi elastici in gomma. Questi silentblock risolvevano quindi il problema delle vibrazioni; per evitare che il forcellone potesse avere un movimento laterale eccessivo, deleterio per la tenuta di strada, era necessario effettuare una accurata regolazione mediante rasamenti di adatto spessore. A livello meccanico, vanno segnalati, rispetto all’Atlas, il passaggio a una catena triplex per la trasmissione primaria e l’adozione di una frizione dotata di molla a diaframma. Per il resto, tutto rimaneva praticamente invariato. Arriva la Commando La Norton Commando è entrata in produzione nel 1968 destando subito un grande interesse 66 tra gli appassionati. Aveva una estetica straordinaria e prestazioni entusiasmanti; inoltre le doti della ciclistica e l’elasticità del motore la rendevano godibilissima nell’uso. La casa dichiarava per questa moto una potenza di 58 cavalli a 6800 giri/min. La versione originale, con l’innovativo codino, è stata ben presto denominata Fastback; ad essa è stata affiancata nel 1969 la S, che poi si è evoluta nella Roadster. I problemi di gioventù per la nuova Norton non sono mancati; alcuni sono stati risolti, ma altri… Dopo meno di un anno dall’inizio della produzione il telaio è stato modificato nella zona dietro il cannotto di sterzo, per eliminare il rischio di cedimenti (qualche caso si era infatti verificato). Nel corso del 1969 i contatti del ruttore sono stati collocati in corrispondenza della estremità destra dell’albero a camme (prima erano dietro la base dei cilindri, dallo stesso lato). L’impianto elettrico non è mai stato un punto di forza, per le moto inglesi (non per nulla i motociclisti d’oltremanica avevano soprannominato “principe delle tenebre” il sig. Lucas); il Commando non faceva certo eccezione, sotto questo aspetto. Se è vero che le vibrazioni non venivano trasmesse alla moto, è altrettanto vero che il motore continuava a vibrare; in diverse occasioni questo ha creato non trascurabili problemi ai carburatori. Per lo stesso motivo il tubetto che portava l’olio alla testa, in origine rigido, è stato in seguito sostituito da un altro flessibile, che non si rompeva più. Ben presto è stata realizzata una versione destinata alle gare per le moto derivate dalla serie, denominata Commando PR. Nel 1972 ha fatto la sua comparsa la Interstate, versione con estetica riveduta e serbatoio di grande capacità, destinata a impiego granturistico. Su di essa, come pure sui modelli Fastback e Roadster è stato montato il motore Combat, dotato di una potenza più elevata, ben 65 cavalli. Non si è trattato di una decisione saggia perché questo variante più spinta del classico bicilindrico ha accusato seri problemi di affidabilità e di durata (talvolta i cuscinetti di banco cedevano dopo percorrenze inferiori ai 10.000 km!), cosa che ha portato la Norton a fare retromarcia, adottando motori più tran- quilli e riveduti in alcuni particolari per l’annata successiva. Attorno alla metà del 1972 il freno anteriore a tamburo è stato sostituito da uno a disco. Il 1973 è stato l’ultimo anno di produzione per il motore di 750 cm3. Ad aprile è apparsa la nuova versione di 850 cm3, ottenuta portando l’alesaggio a 77 mm. La potenza veniva indicata in 60 cavalli a 6200 giri/min, ma si trattava di un valore piuttosto ottimistico; nel 1975 il dato ufficiale è diventato 58 cv a 5900 giri/min. La produzione è proseguita ancora per un paio di anni, accompagnata da un drammatico calo delle vendite, e la situazione economica dell’azienda si è andata facendo sempre più disperata. Nel 1975, che è stato l’ultimo anno di “vera” attività della casa, sono stati adottati il comando del cambio a sinistra e l’avviamento elettrico (che faceva rapidamente scaricare la batteria). Dopo, si è andati avanti per inerzia, in maniera discontinua, fino a che, nell’ottobre del 1977, è stato montato l’ultimo esemplare di questa gloriosa bicilindrica. Pare che qualche altra moto sia stata assemblata con i ricambi giacenti nel magazzino. 67 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine USA (lo so, lo so...) per cui se sognate di visitare Miami questo non è l’itinerario per voi. Per quella particolare destinazione vi consiglio di volarci direttamente e noleggiare una moto per fare le Everglades e le Florida Keys fino a Key West. Bellissimo, ma piuttosto monotono dal punto di vista motociclistico. Il “nostro” giro parte invece da Atlanta, da dove prendete la I-85 verso Sudovest (Montgomery) fino ad incrociare la I-185 che vi porta a Columbus. Qui uscite dall’autostrada e prendete la Highway 431 Sud (GA1), attraversando le basse colline al confine tra Georgia ed Alabama. La prima tappa è Eufaula, una cittadina minuscola adagiata tra le anse del Chattahocchie River, con ancora tanti palazzi e meravigliose case in stile coloniale. Molte sono lasciate andare ma alcune sono dei musei visitabili ed in perfetto stato di conservazione. Per pranzo consiglio il ristorante/bar Cajun On the road Corner su Main Street (ci passate davanti anche se non volete). Non solo serve dell’ottimo cibo in stile New Orleans, ma si trova all’interno di un vecchio albergo che sembra uscito da una finestra spazio-temporale. È un po’ pericolante ma il trucco per dare un’occhiata all’atrio è deviare mentre state andando alla toilette, lo fanno tutti. Da Eufaula proseguite sulla HWY431 fino a Dotham, dove si congiunge alla HWY231. Questa vi porta a tagliare il confine con la Florida e dritti fino a Panama City. Questa zona della Florida si affaccia sul Golfo del Messico ed è denominata “Panhandle” ovvero il manico della padella, vista la sua forma sulla carta geografica. Da qui prendete la Hihgway 98 e lanciatevi ad Ovest, seguendo la costa. Le località balneari si alternano a tratti di spiagge semivuote, ma state attenti perché a Navarre poco prima di Pensacola, dovete girare a sinistra sul lungo ponte della USA Consigli per una vacanza in moto negli Stati Uniti. Il grande Sud di Pietro Ambrosioni | Dal punto di vista motociclistico vero e proprio il Sud degli Stati Uniti non offre moltissimo, ma se parliamo di storia, “americanate” e paesaggi suggestivi, poche aree degli USA reggono il confronto D al punto di vista motociclistico vero e proprio il Sud degli Stati Uniti non offre moltissimo, ma se parliamo di storia, “americanate” e paesaggi suggestivi, poche aree degli USA reggono il confronto. Per questo giro vi invito a considerare l’opzione di volare da e per Atlanta. La capitale della Georgia è sede dell’aeroporto più trafficato al mondo (4.4 milioni di passeggeri al mese!) ed è anche hub della Delta. Il che vuol dire voli diretti da Milano e Roma a prezzi ragionevoli se 68 prenotate con un buon anticipo. La base del giro che vi propongo richiama molte tappe che ho fatto con una Yamaha XT600 nel 2012, ma come sempre ci sono delle gustose “allungatoie” se siete in vena di spararvi qualche centinaio di miglia in più. Prima di iniziare desidero sottolineare un paio di cose: il Sud è prevalentemente piatto, con strade dritte come fusi, per cui preparatevi a qualche trasferimento noioso sulle Interstate, purtroppo è inevitabile. La Florida del sud non è considerata “Sud” negli 69 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito FL399 che vi porta sull’isola di Santa Rosa. Prendete a destra e dopo qualche casa entrerete tra le incredibili dune del Navarre State Park, un paesaggio lunare ed affascinante. In pratica è una lingua di terra coperta di dune bianchissime, strette tra la laguna ed il golfo. Seguite la strada fino in fondo dove si prende il ponte per Gulf Breeze e un secondo ponte che vi porta a Pensacola. Da lì la 98 diventa noiosa per cui consiglio di salire fino alla I-10 e percorrerla fino a Mobile, dove si passa in Mississippi. Proseguite fino a raggiungere l’uscita per Biloxi, la principale località balneare dello stato, piena purtroppo di casinò e resort di cemento fin sulla spiaggia. Niente paura però, perché da li parte la mitica Highway 90 che dona bellissimi scorci sul golfo e stupende case coloniali protette da querce secolari. Se vi piacciono le ostriche la fermata d’obbligo è Shaggy, appollaiato su una palafitta che domina il porticciolo di Pass Christian. Da li la HWY90 attraversa il lungo ponte sula Bay St. Louis e prosegue verso la Louisiana. Se arrivate in questa zona nel tardo pomeriggio vi assicuro che lo 70 Periodico elettronico di informazione motociclistica spettacolo del tramonto sulle paludi è un’esperienza unica, a patto che vi piacciano le zanzare. Continuate sulla HGY90 fino a raggiungere New Orleans dove vi consiglio di passare almeno un paio di giorni. Fate attenzione a trovare un albergo con il garage chiuso dove tenere la moto perché qui i furti sono all’ordine del giorno. Per muovervi in città potete usare il tram o il taxi e ricordatevi di visitare il French Quarter (Bourbon Street) e di fare un giro sul Mississippi su una delle tante steamboat, i vecchi traghetti a pale. Da New Orleans il giro prosegue a nord, andando a prendere il Causeway, il ponte da 22 miglia che attraversa il Lago Pontchartrain fino a Mandeville. È uno dei ponti più lunghi del mondo. Da Mandeville prendete la I-12 a Ovest e raggiungete la I-55 che vi riporta in Mississippi. Passate Jackson la capitale e proseguite a Nord fino a Winona, dove si esce per inoltrarsi nel cosiddetto Delta del Mississippi, sulla HWY82 West. La denominazione “Delta” non ha nulla a che vedere con la foce del grande fiume (che si trova centinaia di miglia più a Sud, sotto New Orleans): per Delta si intende il terreno alluvionale creato Scarica l’APP del Magazine dalla V tra i due fiumi Yazoo e Mississippi, appunto. Un terreno fertilissimo perfetto per la coltivazione del cotone, una delle colture che più impoveriscono il terreno. Qui c’erano nel 1700 e 1800 le piantagioni dove lavoravano decine di migliaia di schiavi e qui è nato il Blues. Basta dare un’occhiata alla cartina e vedrete molti nomi noti agli appassionati: Greenwood (dove è sepolto Robert Johnson), Indianola (dove è nato BB King) ed infine Clarksdale, la città da cui arrivano John Lee Hooker e il grande Muddy Waters. Ci arrivate seguendo la Highway 49. A Clarksdale consiglio una serata al juke joint di proprietà dell’attore Morgan Freeman, il Ground Zero Blues Club. Per gli appassionati due tappe obbligatorie sono ovviamente il Delta Blues Museum e l’incrocio tra la HWY49 e la HWY61 (noterete il monumento) dove la leggenda dice che i bluesmen andassero a fare il patto col diavolo. Da Clarksdale il giro prosegue fino a Memphis, in Tennessee, dove c’è Graceland, la villa/museo di Elvis Presley. Molto kitsch, ma visto che siete qui non potete evitare una visita. In città vale la pena passare una serata su Beale Street, la via dei locali dove si suona dal vivo. Qui c’è il BB King’s Blues Club e una serie di altri bei posti dove mangiare bene, bere una birra ed ascoltare del gran Blues. Fate però MOLTA ATTENZIONE perché Memphis è una delle città più violente degli USA: non a caso il tratto dei locali di Beale Street, fino al W.C. Handy Park, è chiuso al traffico e per accedervi ogni passante deve sottostare ad una On the road perquisizione e passare sotto al metal detector... Da Memphis la tappa successiva è Nashville, seguendo la I-40 ad Est. La capitale del Tennessee è la patria del Country, ma il suo rappresentante più illustre, Johnny Cash, è universalmente riconosciuto anche come il padrino del Rockabilly. Qui c’è un bel museo dedicato a lui, mentre alla sera è d’obbligo lo “struscio” su Broadway, dove ci sono tutti i locali di musica live e una miriade di negoziati che vendono di tutto, dalla paccottiglia a bellissimi stivali artigianali e strumenti musicali. Siamo quasi alla fine del giro, ma adesso arriva il bello, dal punto di vista motociclistico. Per tornare ad Atlanta potreste prendere la via più semplice, a Sud sulla I-24 ed I-75 passando da Chattanooga, oppure... Oppure tirate dritto a est sulla I-40 verso Knoxville ed uscite a Kingston. Da lì andate fino a Maryville dove prendere poi la TN33 South. Occhi aperti perché poco dopo sulla sinistra inizia la HWY129, che attraversa le Smokey Mountains tra curve e tornanti, la famosa Tail of the Dragon, una delle strade mitiche per i motociclisti americani. Arrivati a Robbinsville, in North Carolina, prendete la NC143 Cherohala Skyway, che vi riporta in Tennesse a Tellico Plains. Ormai è fatta, da li ci sono ancora un po’ di belle curve fino ad Atlanta, che si raggiunge seguendo la TN68 che diventa GA60 una volta passati in Georgia. L’ultimo tratto è sulla noiosa GA400, una delle direttrici che collegano il centro di Atlanta ai ricchi quartieri a nord della città. 71 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica I Racconti di Moto.it “Raccontala ad un altro” di Antonio Privitera | Io questa signora non la conosco, lei forse sì perché mi fissa a nemmeno quaranta centimetri da me. Faccio finta di nulla, ma sono a disagio... S iamo vicini l’uno all’altra in un angolo dell’officina e attendiamo che ci vengano restituite le rispettive motociclette con gli pneumatici nuovi, appena montati. Io questa signora non la conosco, lei forse sì perché mi fissa a nemmeno quaranta centimetri da me. Faccio finta di nulla e mi trastullo con lo smartphone, ma sono a disagio. Mi mettono sempre a disagio le persone che mi fissano. Lei prende fiato, poi con una voce delicata come un’arpa ma profonda come una chitarra baritona, inizia: - È una notte di luglio dei primi anni ’90 e Nadia ha diciotto anni, con suo fratello di otto anni più grande di lei percorre in motocicletta una rapida strada lungo le colline fresche, mentre una macchina con a bordo due giovani uomini li travolge con un frontale mentre percorrono una curva veloce. Giulio rimane ucciso, la sua naked 900 distrutta, mentre lei non si riprende e smette di camminare a causa delle gravi fratture alle gambe. Pausa. Io mi guardo intorno, siamo soli. Poco più in là gli alacri gommisti. La osservo e mi chiedo cosa prende alla gente con la stagione calda… quindi con molta gentilezza mi permetto di osservare: - Senta signora, io sto aspettando che cambino le gomme alla moto, non mi interessano queste storie. E poi, mi scusi tanto, ma lei parla come un telegiornale. La donna mi guarda, sorride e infierisce: - Segue un processo per omicidio dal quale Aleksandr e Thomas, i due uomini sull’automobile, escono puliti perché dichiarano che alla guida 72 dell’auto era Aleksandr, il figlio di un importante funzionario dell’ambasciata russa in Italia; il padre di Aleksandr trama e minaccia il caso diplomatico, scomoda amici potenti, fa inserire la vicenda del figlio sul piatto della bilancia di alcuni importanti accordi commerciali tra Italia e Russia e alla fine il figlio viene totalmente prosciolto dall’accusa di omicidio anche perché il suo tasso alcolemico nel sangue al momento dell’incidente non era oltre il limite consentito dalla legge; al contrario, lo stesso test su Thomas rivela che aveva bevuto troppo, ma non era lui alla guida. Thomas e Aleksandr sono colleghi, lavorano entrambi per un famoso marchio italiano della motocicletta. Grazie alle pressioni del papà di Aleksandr e al fatto che Thomas sostiene davanti ai giudici che la moto di Giulio aveva oltrepassato la striscia continua al momento dell’impatto fatale, circostanza tra l’altro confermata da Nadia, tutto viene rubricato come un semplice incidente stradale. A causa dell’urto Aleksandr riporta alcuni lievi traumi alla testa e non ricorda nulla di tutto quello che è accaduto, mentre Thomas pochi giorni dopo sta già benissimo; la macchina, di proprietà della Casa motociclistica, viene sequestrata dalla magistratura per tutta la durata del processo e poi demolita con la speranza di demolire assieme a lei pure i brutti ricordi. Questa donna parla come se versasse un bicchiere d’acqua. Scorre fluida, non si arresta, è calma, rilassa. Io faccio fatica ad ritenerla inopportuna perché se anche declamasse l’elenco delle fermate della metro di Milano resterei ad ascoltarla Scarica l’APP del Magazine incantato dalla sua voce e dal tono colloquiale. Ma rispolvero la mia dignità di ascoltatore che non desidera essere oggetto di confidenze non richieste: - Mi perdoni signora, innanzitutto i complimenti: bella trama; ora mi dica, è il film che ha visto ieri sera con suo marito? È una sua invenzione, oppure gliel’hanno raccontata ed è come una catena di S. Antonio e lei deve passarla ad altre cinque persone? In tutti questi casi, mi faccia il sacrosanto piacere di lasciarmi in pace. Replico così, come punto da uno sciame di api. Lei non fa un plissè: - In seguito al trauma della perdita del fratello, Nadia abbandona gli studi di medicina appena iniziati e su suggerimento di Thomas la Casa motociclistica le propone un lavoro come segretaria di direzione; ne nasce così una storia toccante che le testate giornalistiche anche extra settore si affrettano a raccontare, la Casa motociclistica ottiene un ritorno di immagine straordinario sulla carta stampata. Lei accetta e per cinque anni non cambia mansione, nemmeno quando Aleksandr stesso viene nominato direttore generale. Thomas, invece, continua ad occuparsi del marketing. I rapporti tra i tre sono gentili, forse un po’ troppo attenti alle formalità, forse pure un po’ falsi, con Thomas che assume il ruolo di paciere tra Aleksandr e Nadia quando le intemperanze del direttore generale, ma forse dovremmo chiamarlo “zar”, la feriscono fino ad umiliarla. La blocco con la mandibola che mi cade verso il pavimento. Questa parte della storia mi sembra di averla già sentita molti anni fa, dovrei verificare su Internet. Lei non mi degna di un minimo di pietà o di comprensione e avanza tetragona e indifferente come un Dyna Glide sulla Ruote 66; si vede che sta godendo, proprio come una Harley nei lunghi rettilinei delle statali americane. - Col passare del tempo, il nervosismo di Aleksandr si fa sempre più isterico: toni sempre alti e pronto ad arrabbiarsi con tutti, Nadia suo malgrado ne è il parafulmine dato che lavora sempre a stretto contatto con lui ma non riesce La lettura più a sopportare la situazione e se ne lamenta con Thomas, il quale cade dalle nuvole. Un giorno di giugno durante un pausa caffè Nadia incontra Lucrezia, la fidanzata di Aleksandr spesso di passaggio negli uffici della direzione generale. Lucrezia ha molta tenerezza verso Nadia e quando quest’ultima le confida del nervosismo di Aleksandr, delle sue reazioni al limite della violenza, della sua apparente bipolarità data da momenti di incredibile irascibilità seguiti da lunghi minuti di triste mutismo, Lucrezia riferisce che anche con lei Aleksandr è diventato strano e quasi paranoico. L’unica cosa che Aleksandr le ha detto per giustificarsi, nelle notti degli ultimi mesi, è che inizia ad avere qualche ricordo dell’incidente e si sente angosciato e confuso, forse è una sindrome da stress post traumatico, oppure la memoria comincia a tornargli e sta rimettendo tutto in discussione. La donna fa una pausa. Prende fiato, o forse coraggio. Cerco di non dire nulla per non turbare un equilibrio che spero mi porti fino alla fine di questa storia, fino alla convinzione che sia totalmente inventata e sentire la donna, che mi sembra di circa una quarantina d’anni, farsi una gran risata gratificata dall’avermi preso per il naso. Comunque non c’è scampo da una storia che ha anche solo una parvenza di verità: 73 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito - Tre giorni sono sufficienti a Nadia per capire che l’aria che tira sta per diventare oltremodo pesante. La goccia che fa traboccare il vaso è l’ascolto di una conversazione tra Thomas e Aleksandr che intercetta lasciando aperto l’interfono nell’ufficio di Aleksandr, nella quale Thomas diventa insistente sui ricordi dell’incidente che Aleksandr ripete di non avere nitidi ma di fare sogni strani e angoscianti, nei quali rivive la scena dell’incidente vedendo alla guida Thomas e non se stesso. «Zitto! Se per caso ti venisse mai in mente di raccontare a qualcuno ‘ste cose, saremmo finiti tutti e due! E’ andata come ho raccontato io al processo e basta! Tu guidavi e quel coglione ci è venuto addosso invadendo la nostra corsia! Basta! Capisci basta?!! E che cazzo, non ti ricordi niente per cinque anni e ora vieni assalito dai dubbi? Dai rimorsi? Ascolta, russo del cazzo, è già pesante far restare Nadia qui con quel suo sguardo da pesce morto e l’allegria di un cadavere, vediamo di seppellire questa storia come abbiamo seppellito la macchina demolita e tiriamo avanti. Del resto l’unico testimone dell’incidente sono io: uno è morto, tu hai perso la memoria, Nadia non ha capito quasi nulla. La moto ci è venuta addosso abbagliandoci, è stato un attimo. Fatti bene i conti e vedi chi ci rimetterebbe a cambiare la versione dei fatti. Senti, Aleksandr: io ti voglio bene e ti dico che la tua figura qui in azienda sta perdendo autorevolezza; vedi di calmarti e dedicati al lavoro, “intelligenti pauca!”». Thomas esce dall’ufficio di Aleksandr con il muso ingrugnito. Pausa pranzo delle tredici, uffici e piazzali deserti: l’ora di mettersi all’opera. Nadia annuncia al proprio capo che sta per arrivare, lascia la propria scrivania portando con sé uno zainetto e pochi secondi dopo quasi sfonda la porta dell’ufficio del direttore generale con le nocche. «Che violenza! Entra, Nadia. Allora, di cosa volevi parlarmi?». Aleksandr Tukmanovic continua a leggere in piedi, di fronte la propria scrivania, fogli sfusi sull’andamento del mercato; non guarda la sua segretaria che ha appena bussato. «Allora, 74 Periodico elettronico di informazione motociclistica mi hai sentito? Che volevi dirmi? Mi hai portato il pranzo?» continua a testa china sui fogli. Nessuna risposta, solo un fruscio di vestiti. «Nadia, sei pure sorda oltre che storpia?» Il proiettile lo raggiunge freddandolo; Nadia abbassa la pistola silenziata, esce dall’ufficio e scende di un piano, invade le sale destinate alle riunioni alla ricerca di Thomas Valeri, lo trova, isolato da tutti, intento in una conversazione telefonica piuttosto agitata. Thomas la vede avvicinarsi con lo sguardo assassino e la sottovaluta forse non ritenendo pericolosa una ragazza di ventitré anni. «Fai buon viaggio, Thomas» gli sussurra alle spalle poco prima di premere il grilletto, spegnendolo come un cerino in un bicchiere d’acqua. Lo vede andare a fondo, avere uno scatto, calmarsi. Ora deve andare, è tutto pronto. Scende ancora più giù, al piano cantinato nel deposito veicoli dove giace da molti anni la naked 900 pazientemente restaurata a spese della Casa motociclistica proprio dai suoi tecnici, gli stessi che l’hanno costruita molti anni fa. Nadia l’ha sempre voluta pronta a partire, batteria carica, pieno, gomme ok, diceva che era nel caso il fratello fosse tornato e avesse avuto voglia di fare un giro e nessuno ha mai avuto voglia di scontentare una povera ragazza sulla sedia a rotelle. Nadia si guarda intorno, la moto è lì, rossa e sferragliante appena il motore viene avviato. Tra i pochi addetti rimasti nell’enorme deposito veicoli il rumore non insospettisce nessuno. Si alza dalla sedia a rotelle e sale sulla motocicletta, dallo zaino estrae un casco, guanti, un giubbotto leggero con i colori dell’Azienda; ci mette un po’ a riprendere confidenza con il manubrio e le pedane ma le basta un minuto, del resto non ha molto tempo per scappare, ma ha un vantaggio: tutti cercheranno una ragazza sulla sedia a rotelle, nessuno una virago su un 900 a carburatori. Nadia non ha mai smesso di camminare: solo, dopo l’incidente le serviva un piano b che le garantisse una via d’uscita. Ha ingannato tutti, pure i medici, le fratture alle gambe erano gravi ma in qualche modo sono guarite permettendole di stare in Scarica l’APP del Magazine piedi, non di correre ma almeno di camminare. - Perché? Perché ha trascorso tutti quegli anni su una sedia a rotelle? – chiedo alla donna. - Non ho finito. Stia zitto e ascolti. Nadia esce dalla fabbrica e si dirige verso sud, più in fretta che può, riesce a fare perdere le sue tracce e scompare per sempre. - E poi? - Passato un anno, scrive una lettera dove racconta la sua versione dei fatti; la manda a tutti i giornali di motociclette, ma nessuno le dà credito e la lettera non viene mai pubblicata ritenendola opera di un mitomane. - Sì, ma poi? Insomma perchè Nadia ha ammazzato quei due? Ok, lo capisco pure io che forse alla guida dell’auto al momento dell’incidente c’era Thomas e che quando Aleksandr ha iniziato a recuperare la memoria Thomas temeva che il collega perdesse di lucidità, rimettesse tutto in discussione mettendo Thomas nella probabilità di essere accusato di omicidio colposo, oggi diremmo “omicidio stradale”, ma perché Nadia li ha fatti fuori? Che interesse poteva avere? Vendetta? Poteva farlo prima, allora! Insomma, se lo faccia dire da me che ogni due settimane me ne invento una, questa storia era partita bene ma adesso non regge! Se la pubblicassi avrei tutti addosso a farmi le pulci! - Lei è supponente – smette di fissarmi e guarda in basso – e anche precipitoso. La lettera che Nadia ha mandato ai giornali gliela sto recitando passo per passo. Credo di averle dato troppa fiducia, l’ultima parte preferisco tenerla per me. - Faccia come vuole - …e vada da uno bravo, mi viene da aggiungere, ma desisto. La donna rimane appoggiata al muro, io mi allontano risentito e anche decisamente deluso dal non avere potuto conoscere l’epilogo della vicenda di Nadia. Nel frattempo la mia moto è pronta, la portano spingendola. Che bello avere la moto con le gomme nuove! Almeno altri 8000 km di strade e di passione, non sto più nella pelle! Sbrigo le formalità con un assegno, salgo sulla moto ed esco dall’officina, mi sono preso la mattina libera per La lettura rodare ben benino gli pneumatici, un bel giretto non me lo leva nessuno. Dieci minuti dopo sono già in collina con le orecchie per terra; ma il mio ego viene ridimensionato istantaneamente da un 1200 rosso che mi fa un esterno da manuale: un gran manico, non c’è dubbio, che dopo poco vedo fermo a bordo strada e farmi un cenno. Riesco a fermarmi qualche metro più in là, il pilota del 1200 scende dalla sella e avanza verso di me zoppicando e ancheggiando in modo innaturale. Sfila il casco, è la donna di prima. Il mio primo istinto è di chiamare il 112, questa deve essere un po’ tocca. - Sa una cosa?- esordisce – lei non vale niente come scribacchino ma come motociclista è ancora peggio. - Ho i miei limiti in tutto - rispondo piccatissimo - Speravo che almeno lei mi ascoltasse. - Signora, io non credo in niente. Valuto solo se una storia ha un minimo di verosimiglianza. La sua, abbia pazienza, è una cavolata. Perdoni il francesismo, ma è il minimo quando mi sento seguito e braccato da una sconosciuta. - Lei ha poca fantasia. - E lei è una maleducata! - No, sono solo disperatamente sola e ho bisogno di fissare i mei ricordi, di essere creduta e di sentirmi viva, è troppo tempo che vivo in clandestinità. Io sono sempre stata cosciente, anche nel momento dell’incidente. Ricordo molto bene Thomas che scende sanguinante dal lato guida, Aleksandr che rimane dentro la vettura svenuto, Giulio immobile col casco crepato. Io ero cosciente e ho visto tutto, pure la faccia da beota di Thomas mentre invado la loro corsia, illuminata dagli abbaglianti della 900 di mio fratello. Ho visto tutto e non ho potuto dire nulla, perché la moto la guidavo io. Senza patente, senza esperienza. Ho preferito non rischiare e aspettare. Io ero viva, e questo bastava. Se Aleksandr avesse ricordato sarei finita in carcere. Forse anche Thomas, o forse lui se la sarebbe cavata come se l’è cavata Aleksandr. - Nadia…? - La racconti lei, questa storia. Forse a lei crederanno. E congedandosi con due dita a “V” come non ne vedevo da tempo, mi abbandona sulla strada. Questo è tutto quello che ricordo. 75 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Nico Cereghini A sessanta sui passi dolomitici Nuovi limiti di velocità dappertutto. E capisco la necessità di ridurre gli incidenti, che purtroppo coinvolgono sempre più motociclisti, ma la strada scelta è miope. Mi sa che serve soprattutto a far cassa Media C iao a tutti! Al passo Gardena, la scorsa settimana, pochi motociclisti nonostante il meteo favorevole. Qualche carovana di tedeschi o di austriaci (indovinate la moto più diffusa), pochi italiani isolati. Le marche più rappresentate sono due: l’ovvia BMW e poi, sempre più numerosa, l’Harley-Davidson. Ma poca roba in realtà, perché anche sulle montagne più belle del mondo, patrimonio 76 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica dell’umanità, il turista sente la crisi. Soprattutto il turista nostrano. I ristoratori si lamentano: dicono che i tedeschi spendono poco, il minimo indispensabile, e gli italiani non si vedono. Protestate con i vostri amministratori, dico io. Sessanta chilometri orari di limite massimo. Provincia di Bolzano. Sui passi trentini è la stessa cosa. Seguo due GS, bavaresi anche di targa, guidate da due tipi corpulenti e tranquilli che salendo si guardano intorno. Dietro le visiere dei caschi integrali indovino i loro estasiati “Schon!” e io diligente, invece del gruppo Sella e della Val de Mezdi che conosco a memoria, sorveglio il tachimetro. Registro venti all’ora circa nelle curve a gomito da prima, poi sul dritto, tra un tornante e l’altro, quelli danno un filo di gas, seconda, terza. E io leggo novanta! Aiuto, due pazzi travestiti da turisti! Tremo di paura. Dove sono i Carabinieri? Dove si nascondono i Forestali? Ci fosse la forza pubblica allora sì: nessuna pietà e giustizia sarebbe fatta. Perbacco. Io credo di rappresentare il prototipo del buon turista. Sono innamorato delle Dolomiti che ho camminato in lungo e in largo, sulle ferrate metto imbragatura e caschetto, quando faccio pipì nascondo il fazzolettino di carta sotto i sassi; oggi sono equipaggiato con una moto silenziosa, nessun sorpasso azzardato, sono pronto a fermarmi a tutte le strisce nell’attraversamento dei paesi. Li vedo anch’io quei quattro o cinque idioti, quello che oggi mi supera a 150 all’ora sul breve rettilineo con la sua GSX-R e il quattro-in-uno racing, quell’altro che ho appena passato e che i limiti forse li rispetta tutti, non tocca i sessanta, ma con la sua Harley svuotata, abilmente impegnato nella tipiche sgassate a vuoto, fa tremare i pinnacoli di roccia tra le mani di chi arrampica mille metri più su. Ma perché mai devo pagare anche per loro? Se in questo preciso momento, dietro ai due tedesconi, mi fotografassero a novantadue km/h, io sarei severamente punito mentre l’amico più indietro, lo sgasatore a salve, se la riderebbe. Lo capisco, fissare un limite di velocità molto basso è il modo più semplice per tentare di mettere ordine sulle trafficatissime (e sempre più incidentate) strade di montagna. Ogni anno, credetemi, decine di vittime, soprattutto tra i motociclisti. E allora basta nascondere un autovelox, seguire una moto con l’auto civetta, e il gioco è fatto. Ma io non vedo traccia di controlli Editoriale sulla rumorosità delle Harley, non vedo pattuglie dietro le curve più belle, quelle che invogliano di più perché sembra di girare in pista. E allora concludo che l’operazione “sessanta all’ora” serve soprattutto a far cassa. Inutile girarci intorno. Cari operatori turistici delle Dolomiti, la crisi morde certo, e poi molti di noi decidono di viaggiare altrove. Fate una bella cosa: andate a lamentarvi con i vostri amministratori. Fissare un limite di velocità molto basso è il modo più semplice per tentare di mettere ordine sulle trafficatissime strade di montagna 77 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine MotoGP aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb Valentino Rossi telefona a Giacomo Agostini per dirgli che... Una telefonata fra il 15 volte campione del mondo Giacomo Agostini e il 9 volte iridato di Tavullia. Per il Rossi nazionale c’è in ballo una decisione importante N on capita tutti i giorni di ricevere una telefonata da Valentino Rossi. Anche se ci si chiama Giacomo Agostini. Ma non è stata soltanto per la sorpresa che Ago ha parlato convinto di essere al telefono con il vero Rossi, è che Mauro Tononi, l’imitatore del Vale nazionale, ci sa fare per davvero. Innescato da Nico Cereghini, Mauro-Vale ha coinvolto il buon Agostini su consigli e Leggi l’intervista altre questioni. Del 15 volte campione del mondo, a Mauro Tononi questa volta abbiamo apprezzato la presenza di spirito: non se l’è presa quando Nico l’ha richiamato per dirgli che era caduto nella trappola di uno scherzo, anzi ci ha riso sopra. Grande Mino, anche in questo. 78 79 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Superbike ha dimostrato di essere tornato in forma con ben 93 giri a referto tra ieri e oggi. Gli altri piloti EVO Alessandro Andreozzi (Team Pedercini Kawasaki) e Jeremy Guarnoni (MRS Kawasaki) hanno avuto parecchio tempo in pista per continuare ad accrescere il feeling con le proprie EVO ZX10R. Per quanto riguarda la Pirelli, la casa italiana ha portato a Portimao alcune nuove soluzioni, utilizzabili con le alte temperature. Il responso è stato positivo anche se il numero dei piloti era limitato e, come spesso accade in questi test, l’attenzione dei team era maggiormente rivolta alla messa a punto delle rispettive moto, in vista del finale di stagione. Test SBK a Portimao Sykes chiude in testa Alla fine della due giorni di test ufficiali all’Autodromo International do Algarve, davanti a tutti c’è Tom Sykes grazie al crono di 1’42.719s L a due giorni di test ufficiali DWO si è chiusa ieri a Portimao presso l’Autodromo International do Algarve con Tom Sykes (Kawasaki Racing Team) ancora una volta davanti a tutti grazie al crono di 1’42.719s messo a referto già in mattinata. L’attuale Campione del Mondo e il compagno di squadra Loris Baz si sono concentrati su linee e set-up della ZX-10R già che nessuno dei due aveva nuove componenti da provare al contrario del leader EVO David Salom, che si è invece occupato di testare parti che faranno probabilmente parte della Kawasaki del prossimo futuro. Marco 80 Melandri e Sylvain Guintoli (Aprilia Racing Team) hanno invece potuto completare un programma di prove iniziato in pre-season, anche se le prove dell’italiano e del francese sono state interrotte da una caduta di troppo. Se ieri era stata la volta del 33, oggi è toccato al numero 50 chiudere la due giorni in anticipo, dopo una scivolata sul finire della sessione mattutina. Il Ducati Superbike Team ha completato senza intoppi la due giorni con Davide Giugliano e Chaz Davies alle prese con nuove e vecchie soluzioni di messa a punto. Dopo aver saltato l’ultimo round di Laguna Seca, Claudio Corti (MV Agusta Reparto Corse) 81 SPECIALE motocross gp DELLA REPUBBLICA CECA 82 83 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica A Van Horebeek il GP ma Cairoli è sul podio Scarica l’APP del Magazine considero il migliore e che penso quest’anno si meriti il titolo». Fatto sta che ormai il tempo per riprendere la posizione del battistrada non c’era più, considerando che giustamente l’ufficiale KTM ha dovuto anche pensare ad evitare il benchè minimo incidente che come si è visto anche da poco con Jeffrey Herlings è sempre dietro l’angolo, come ha spiegato Cairoli. Al messinese il terzo posto dietro a Strijbos è comunque stato bene, considerando che il prossimo fine settimana si porta sulla pista di Lommel, dove è ancora vivo l’eco della sua vittoria al Nazioni del 2012, con 57 punti di vantaggio sul pilota della Yamaha. Quarta piazza per il rientrante Gautier Paulin davanti a Shaun Simpson e al compagno di squadra Steven Frossard. Giornata difficile per gli altri due azzurri della MXGP: Davide Guarneri ha passato una brutta prima manche dove è arrivato fuori dalla zona punti a causa di due scivolate, ma si è riscattato nella seconda dove è terminato settimo nonostante una caduta dopo un contatto con Frossard, mentre David Philippaerts si è infortunato ad un piede sbattendo conto Motocross un rivale e non ha corso. In convalescenza per la frattura del femore, i rincalzi hanno approfittato dell’assenza di Jeffrey Herlings per mandare in porto una gara tiratissima che si è conclusa in favore del numero due del campionato Jordi Tixier, mattatore di Gara 1 e quarto nella seconda frazione. Seconda piazza per Valentin Guillod grazie a due terzi posti, e ultimo gradino del podio per Christophe Charlier che ha dato un colpo di spugna alla sua stagione di alti e bassi con la vittoria della seconda manche. Sfortunato Dylan Ferrandis, rimasto fuori dai punti in apertura a causa del russo Brylyakov che gli è volato sopra spezzandogli il silenziatore, ma che in quella successiva è stato autore di una forsennata rimonta che lo ha portato al secondo posto. Giunta all’appuntamento finale con quattro punti di vantaggio su Meghan Rutledge, Chiara Fontanesi ha mantenuto il sangue freddo e ha mandato in porto una gara quasi perfetta la quale l’ha premiata con il suo terzo titolo iridato. Guarda tutte le classifiche di Massimo Zanzani | Il belga si aggiudica il suo primo gran premio della classe regina, ma Tonino aggiunge altri punti preziosi per la rincorsa al titolo; a Tixier la MX2 e alla Fontanesi il titolo femminile I l suo maestro Stefan Everts, che lo ha seguito sin da quando era un ragazzino volenteroso ma inesperto, lo aveva avvertito: devi portare pazienza e vedrai che prima di fine stagione arriva anche il tuo momento. Parole soppesate alla perfezione, quelle riferite a Jeremy Van Horebeek che ha visto esaudito il suo sogno sulla insidiosa pista di Loket. Secondo nella prima manche dietro a Kevin Strijbos e davanti ad Antonio Cairoli, in quella decisiva per le sorti del GP ha stato incollato a Tonino per 84 tutta la gara con la speranza di un passo falso del siciliano che è arrivato a due giri dalla fine a causa del ritmo che col passare dei giri si era fatto sempre più veloce. Una staccata un po’ troppo irruente, la traiettoria allargata in un punto più scivoloso ed a quel punto il belga che da inizio stagione attendeva questo momento non si è fatto scappare l’occasione «A quel punto non ho più pensato allo stile ne alla prudenza, era la mia grande occasione e l’ho presa al volo senza però fare nessuna scorrettezza a Tony che lo 85 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Motocross tony Cairoli “Avevo il GP in mano, all’ultimo giro ho commesso un errore e dato la vittoria a Jeremy” « di Massimo Zanzani | Al messinese il terzo posto dietro a Strijbos è andato bene, considerando che il prossimo fine settimana correrà sulla pista di Lommel, dove è ancora vivo l’eco della sua vittoria al Nazioni del 2012 «Ciao a tutti gli amici di Moto.it, siamo qui a Locket per la quattordicesima tappa del mondiale. E’andata bene, fino ad un giro e mezzo dalla fine, avevo il Gran Premio in mano poi ho fatto un piccolo errore in una curva con Jeremy Van Horebeek che stava girando veramente forte. Mi sono allargato troppo, prendendo un canale sbagliato e a quel punto Jeremy mi ha infilato. La vittoria è andata a lui però in questo momento del 86 campionato è molto importante pensare ai punti per la stagione che è quasi in dirittura di arrivo». Questa pista non è tra le tue preferite. «Questa pista non lo è sia per me che per il 350, è molto difficile stare al passo delle 450 in questi strappetti in salita dove si scivola molto. Siamo contenti lo stesso, Van Horebeek ha fatto una bellissima gara e ha meritiato la vittoria». Adesso la prossima tappa sarà sulla sabbia di Lommel e ci aspettiamo un altra grande gara. «Lommel è una pista che mi piace molto e speriamo ci siano tantissimi fans, anche italiani e che sia una bella gara». Così per chiudere in bellezza il mondiale? «Speriamo!» 87 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica chiara Fontanesi “Un terzo titolo mondiale sudato più di tutti” Scarica l’APP del Magazine Motocross aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb di Massimo Zanzani | Chiara Fontanesi ha mandato in porto una gara quasi perfetta, che l’ha premiata con il suo terzo titolo iridato. “Forse il primo mondiale ad essere riuscita a vincere veramente” ha dichiarato T Terzo titolo mondiale, finalmente ce l’hai fatta! «Ciao a tutti i ragazzi di Moto. it, sono molto contenta per essere riuscita a portare a casa il terzo titolo, sicuramente è stato quello più sudato di tutti, quasi il primo mondiale ad essere riuscita a vincere veramente. Sono contenta perchè comunque sono state presenti durante l’anno tutte le migliori ragazze del mondo, così nessuno può dire che ho vinto il mondiale perchè non c’era una o l’altra. E’ stata dura fin da subito perchè ho fatto una brutta partenza in Qatar ed è stata una stagione un po’ così. Mi sono preparata benissimo per l’ultima gara, sapevo che di testa potevo arrivarci più pronta degli altri, forse anche per l’esperienza. Non mi piaceva la pista ma mi sono preparata per questo tipo di terreno, ho dato tutto sabato perchè volevo vincere e portarmi più distante possibile, di punti, rispetto alla Rutledge. Oggi è stata dura 88 guidare perche non riuscivo, ero rigidissima, avevo la mia rivale davanti a me e non occorreva andare a rischiare di più, ho vinto il terzo titolo e adesso sono contentissima». Il sogno si è avverato. Sei stata anche bravissima perchè hai avuto due partenze poco buone e dei gran recuperi. «La prima è stata una partenza allucinante, la seconda è stata peggio, però considerando che contavo molto sulla partenza nella prima manche mi sono trovata spiazzata, ho dato tutto quello che avevo nel primo giro e infatti sono uscita dal doppio in discesa alla fine del primo giro in testa e negli ultimi tre giri ho amministrato la gara. La seconda manche è partita ancora peggio, sapevo che non dovevo vincere, mi bastava fare terza se Rutledge avesse vinto. Ho visto che era davanti a me, facevo fatica a guidare, e non serviva andare a rischiare. Sono contenta nonostante la brutta partenza. E’ stato ancora più bello vincere sabato partendo dietro e arrivando prima». Ormai bisogna pensare anche al quarto titolo? «Oggi non ci penso, mi godo un po’ il terzo, dopo vado in vacanza e voglio fare il Supercross di Ginevra a dicembre e quindi per quest’anno ho un’altro obiettivo a cui pensare e ci tengo a fare bene». Lo dedichi a qualcuno questo titolo? «Li ho sempre dedicati a tutta la mia famiglia, agli sponsor e a tutte le persone che mi stanno vicino. E’ il terzo, ne ho già dedicati due e penso che quest’anno va esclusivamente dedicato ad un amico che ho perso a gennaio che correva in moto. Penso di aver avuto un aiuto speciale dal paradiso e so che mi ha guardato dal posto più bello del mondo. Per me è dedicato tutto a lui.» 89 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica al CIV di Misano Pioggia, sole e gare avvincenti di Carlo Baldi | Come se non bastasse l’incertezza che da sempre caratterizza le varie classi del Campionato Italiano di Velocità, a Misano ci si è messo anche il meteo a rendere ancora più difficili ed avvincenti la settima e l’ottava prova di questo CIV 2014 L a pioggia era attesa sin dalle prove che invece si sono svolte sull’asciutto. Il risultato è stato che quando, proprio all’inizio della gara della Moto3 di sabato, la pioggia è iniziata a cadere, ha colto di sorpresa piloti e tecnici. Come sappiamo la pioggia sconvolge i valori emersi nelle prove e ne abbiamo avuto la conferma anche al Misano World Circuit, dove i piloti che avevano conquistato la pole position non sono riusciti ad imporsi sulla pista 90 bagnata di sabato, ma hanno poi vinto le gare della domenica (fatta eccezione per la PreMoto3 2T dove il poleman Arbolino non ha vinto nessuna gara). Gare interessanti con tanti giovani di valore specialmente in Moto3, dove erano presenti sei wild card tra le quali spiccavano Bulega e Manzi. I due giovanissimi italiani, entrambi quattordicenni, dopo essersi messi in luce nel CIV negli anni passati, ora hanno scelto il Campionato nazionale Spagnolo, il CEV, per compiere un ulteriore Scarica l’APP del Magazine passo in avanti sulla strada che porta al mondiale. Pole position per Manzi che rispetto allo scorso anno è cresciuto moltissimo e... non solo in altezza. Dopo aver dominato le prove ed essere stato escluso dalla gara bagnata di sabato a causa di un’assurda scelta di gomme (slick), Stefano domenica non ha dato scampo ai suoi avversari, dominando dal primo all’ultimo giro. Il giovanissimo pilota della Mahindra ha girato su un passo insostenibile per tutti gli altri ed è sceso sotto il muro del 1’45 solo negli ultimi due giri, quando ormai la vittoria non poteva più sfuggirgli. Anche Bulega è maturato molto e dopo aver dominato la gara sul bagnato, dove servono coraggio e sensibilità di guida, domenica ha dimostrato anche di saper sopportare il dolore. Vittima di un high side nel corso del warm up, Niccolò si è presentato al via dolorante al costato, ma è stato più forte del dolore e si è aggiudicato il secondo posto dietro a Manzi, dopo una dura lotta con l’altra wild card, lo spagnolo Rodrigo Castillo. E i piloti del CIV? L’unico ad essere andato forte sotto CIV la pioggia e sotto il sole è stato Stefano Valtulini. Dopo il divorzio consensuale dal Kymco Oral Cruciani Racing team, Stefano è tornato in quel team Fiveracing AX#52 che lo aveva lanciato lo scorso anno ed alla guida di Honda del team Gresini, sabato è riuscito nell’impresa di risalire dalla trentacinquesima (penalizzato per aver sostituito oltre tre motori dall’inizio del campionato) alla seconda posizione, mentre domenica ha chiuso sesto, secondo dei piloti CIV, preceduto solo da un velocissimo Manuel Pagliani, che ha girato costantemente con i tempi delle wild card. Quando mancano solo le due gare del Mugello, che si disputeranno a metà Ottobre, la classifica vede in testa Bezzecchi (sesto e nono a Misano) con 102 punti, seguito da Pagliani con 99, Dalla Porta con 94 e Mazzola con 88. La lotta per il titolo sembra limitata a questi quattro piloti, anche se con 50 punti ancora da assegnare, la matematica non esclude nemmeno Groppi a 66, Valtulini a 57 e Gabellini a 56. Sabato la Superbike ci ha regalato una gara incerta sino all’ultima curva. Sotto la 91 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine CIV aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb pioggia le Michelin si sono rivelate davvero performanti, tanto che i primi quattro utilizzavano proprio le gomme della casa francese. Dopo una bella lotta Vizziello ha avuto la meglio su Polita. Terzo Saltarelli che ha perso contatto con i primi due solo nei giri finali. Quarta posizione per Schiavoni, vera rivelazione della Superbike 2014. Il pilota del team 2R by Antonellini, partito dalla diciannovesima posizione in griglia, si è concesso il lusso di mettersi alle spalle i due piloti che si contendono il titolo Baiocco e Goi, che hanno chiuso nell’ordine al quinto e sesto posto, davanti alle Aprilia di Clementi e Calia. Musica completamente diversa la domenica e con la pista asciutta le Pirelli hanno ripreso il sopravvento. Ma è stato soprattutto Baiocco a fare la differenza. Allo spegnersi del semaforo rosso la sua Ducati si era imbizzarrita e le impennate hanno costretto il pilota di Osimo a dover sgomitare per prendere al terzo giro la leadership della corsa ed imporre un ritmo, che ha subito chiarito che avrebbe vinto questa gara del CIV Superbike. Con Baiocco saldamente in testa, il leader del campionato Ivan 92 Goi, ha dovuto sudare sette camicie per risalire la classifica, ma ha trovato in Calia un ostacolo insormontabile. Il giovane pilota del team Nuova M2 ha guidato la sua Aprilia con una grande determinazione e dopo aver subito il sorpasso di Goi a due giri dal termine, ha replicato a poche curve dal traguardo, salendo sul secondo gradino del podio. Quarto Saltarelli, mentre più staccati hanno concluso Vizziello, Conforti e l’inossidabile Corradi. In classifica Goi comanda ancora ma con soli 14 punti su Baiocco. Anche in questa classe la matematica ancora non condanna Calia e Polita che però hanno il difficilissimo compito di dover recuperare rispettivamente 42 e 48 punti a Goi. Ma la gara indubbiamente più spettacolare del weekend del CIV in riva all’Adriatico è stata quella della Supersport disputata domenica. Una gara che ha tenuto con il fiato sospeso dal primo all’ultimo giro, con continui sorpassi, scivolate e colpi di scena. Alla fine, come spesso succede in questa categoria, la classifica è un mix di esperienza e di sana irruenza giovanile. Ad avere la meglio è stato Roccoli che con la sua MV ha regolato la rivelazione di questo campionato, Federico Caricasulo. Terzo posto per un altro giovane Davide Stirpe che ha preceduto i veterano Cruciani e Baldolini. Sesto posto Sabatino e settimo per il rocambolesco Mercandelli che nella gara bagnata di sabato ha imitato Mamola con un numero da rodeo, con tanto di disarcionamento e risalita in moto. Ma il numero di Mercandelli non è stato l’unico spettacolo offerto dalla prima gara della SS di Misano. Sotto la pioggia è emersa l’esperienza e la sensibilità di guida di piloti che da anni animano le gare della 600. A vincere è stato Cruciani, davanti a Baldolini e Giugovaz. Quarto posto per Stirpe che ha preceduto Sassaro e Tatasciore. Nella classifica del campionato Federico Caricasulo occupa la prima posizione, con soli 6 punti di vantaggio sul pluricampione italiano Stefano Cruciani. Sono ancora in corsa anche Roccoli e Giugovaz distanziati di 16 e 32 punti dal giovane pilota della Honda, mentre sono ormai tagliati fuori dalla lotta per il titolo Morrentino e Baldolini. La pioggia non ha spaventato i giovanissimi piloti della Pre Moto3, nonostante le numerose cadute, che a Misano quando piove non mancano mai. Nella 2 tempi sabato ha vinto Spinelli, davanti a Vietti Ramus e Zannoni. Il giorno dopo sulla pista asciutta la battaglia è stata avvincente ed ha visto la vittoria di Celestino Vietti Ramus, che in volata ha preceduto di un solo millesimo di secondo il poleman Arbolino. Terzo Zannoni. Da notare che inizialmente Celestino non pensava di aver vinto, ma nel suo mesto giro di che lo riportava ai box è stato fermato da alcuni tifosi che lo hanno informato dell’inaspettato successo, che il tredicenne ha poi festeggiato con un burn out. In classifica resta grande il vantaggio di Arbolino che ha 34 punti più di Spinelli e 48 più di Vietti Ramus. Nella 250 4 tempi sabato ha prevalso Nepa, davanti a Fabbri e a Foggia. Sulla pista asciutta ha invece ha tagliato per primo il traguardo Ieraci, precedendo Nepa e Foggia. E’ quasi fatta per Nepa, che guida la classifica con 42 punti di vantaggio su Ieraci e 44 su Foggia, per la gioia del suo nutrito fan club. A Misano erano più di 300 i suoi tifosi, con magliette dedicate al tredicenne pilotino di Roseto degli Abruzzi. 93 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine a posticipare la partenza, poi ingresso della safety car e alla fine gara accorciata a poco meno di sette ore per 172 giri complessivi. La vittoria della Honda Harc è stata favorita dal pesante ritardo accumulato della tradizionale squadra rivale Fcc-Tsr Honda – prima nel 2012 - che questa volta ha pagato la caduta di Kosuke Akiyoshi, mentre Jonathan Rea aspettava di riprendere il suo turno. Akiyoshi è riuscito a riportare la moto ai box nonostante la frattura a una gamba, ma una volta rientrata in gara, la squadra – che schierava anche Lorenzo Zanetti - non ha potuto che terminare al 40° posto. Non ha potuto disputare la gara Kevin Schwantz: il suo compagno di squadra Nobuatsu Aoki, sulla seconda Suzuki Yoshimura Shell Advanced è infatti caduto al sesto giro ed è stato ricoverato all’ospedale. 8 Ore di Suzuka vince ancora la Honda La gara giapponese del mondiale Endurance è stata vinta nuovamente dalla Honda, con Haslam e lo stesso equipaggio dell’anno scorso. Seconda la Suzuki di De Puniet e terzo Haga. Schwantz non ha compiuto nemmeno un giro L eon Haslam, Takumi Takahashi e Michael Van Der Mark hanno vinto la 8 Ore di Suzuka, bissando quanto avevano fatto l’anno scorso e registrando pure il giro veloce in gara. La Honda CBR 1000RR ancora prima, quindi, grazie al Musashi Harc Pro Team. Seconda la Suzuki Yoshimura del team Shell Advanced condotta da Randy De Puniet, Takuya Tsuda (autore della pole) e Josh Waters che corre nella BSB. Completa il podio la Suzuki 94 Querste le dichiarazioni di alcuni protagonisti. Leon Haslam «Di solito mi diverto a guidare qui, ma questa volta ho sentito la pressione, non volevo cadere o fare errori. La squadra ha fatto un ottimo lavoro ed i pit stop sono stati veloci e senza sbavature. Michael è stato velocissimo e Takumi mister costanza. Ero molto nervoso nel guardare i giri conclusivi, ma la seconda vittoria di fila è arrivata» Endurance Michael van der Mark: «Che emozione unica! Ero pronto per la terza ora, ma ha iniziato a piovere e la squadra ha deciso di far uscire Takumi, perché ha un’esperienza maggiore. La quarta ora spettava a me ed i tempi sono migliorati giro dopo giro, con un passo costante. La moto era perfetta e la squadra ha fatto un lavoro magnifico. Ho fatto l’ultimo turno a un ottimo passo e mi sono sentito a mio agio. Tornare qui in cima per la seconda volta di fila è stupendo. Questo successo l’abbiamo ottenuto grazie al lavoro di tutti». Jonathan Rea: «E’ difficile trovare cosa dire, se non quanto sia grande la delusione. Akiyoshi è stato un grande a riportare la moto ai box e questo ci ha permesso di tornare in pista, anche se sapevamo che c’era poco da fare ormai. Ma come ho già detto in passato: Vinci se puoi, perdi se devi, ma non mollare mai». Lorenzo Zanetti: «La mia prima esperienza della 8 Ore è stata incredibile e non mi aspettavo di scendere in pista, anche perché Jonathan e Akiyoshi avevano fatto un lavoro incredibile nel costruire una solida leadership. Mi spiace molto per la squadra ma voglio fare i complimenti a Mikey e Leon, oltre che a Takumi ovviamente». Guarda la classifica della gara di Yukio Kagayama, Noriyuki Haga e Dominique Aerger. Quarta la Yamaha Monster Energy con la coppia di australiani Broc Parkes, Josh Brookers e il pilota di casa Kats Nakasuga. Quinta la Honda Moriwaki Toho. Per De Puniet si tratta di un risultato di rilievo che gli fa riprendere quota nella considerazione della stessa Suzuki, che per la squadra MotoGP 2015 avrebbe già scelto Aleix Espargaro e Maverick Vinales. Gara dall’avvio difficile per colpa della pioggia che ha costretto 95 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Endurance Editore: CRM S.r.l., Via Melzo 9 - 20129 Milano P. 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