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Meditazioni filosofiche
L
IL TEMPO E LA PIENEZZA DELLA GIOIA: UN CONFRONTO
NIETZSCHE-D OSTOEVSKIJ
a domanda sulla felicità è, fra i temi indagati dalla riflessione filosofica, una delle questioni più ricorrenti e determinanti. Non cre-
do possa essere diversamente: l'esperienza della felicità, di uno stato ori“Davvero io cercai di aiutare in un modo o nell’altro i sofferenti: ma mi
è sembrato di far cosa migliore, quando imparavo a meglio gioire. Da
quando vi sono uomini, l’uomo ha gioito troppo poco: solo questo, fratelli, è il nostro peccato originale!”
ginario e positivo della mente e del sentire è del resto un’ esperienza u-
(F. NIETZSCHE, Così parlo Zarathustra, Milano, Adelphi, 1992, p.97).
rappresenta l' esito.
niversale che, anche quando sfugge a tutti i tentativi di definizione linguistica, è sempre presente ai nostri desideri, ne informa i contenuti e ne
Per quanto scarna, insufficiente e pretenziosa possa essere la nostra
capacità di elaborare un sapere compiuto intorno alla felicità, e per
“Tutto dovrai sopportare, prima di ritornare qui. Ci sarà molto da lavorare. Ma io sono sicuro di te, ed è perciò che ti mando. Cristo è con te,
custodiscilo in te, ed Egli ti custodirà. Conoscerai un grande dolore e
nel dolore sarai felice. Eccoti il mio testamento:nel dolore cerca la felicità.”
quanto siano diversi i beni e gli oggetti in cui crediamo di trovarla – A-
(F. DOSTOEVSKIJ, I fratelli Karamazov, Milano, Bompiani, 2005,
pp.169-171).
capacità – almeno nella sua forma piena ed espansiva, la gioia- di so-
dorno, del resto, diceva che non si ha la felicità, ma ne si è immersi e
circondati- la storia del pensiero è ricca di immagini della felicità costruite a partire da alcuni elementi costanti: il suo carattere transitorio, la sua
spendere il fluire del tempo e la sua relazione con il sentimento opposto, il dolore.
Tra le immagini più suggestive a mio avviso rientrano quelle proposte da Nietzsche e da Dostoevskiij perché, nella diversità dei contenuti,
mostrano come il tema della felicità, delle sue modalità e declinazioni
speculative sia inevitabilmente intrecciato con una presa di posizione di
fronte alla trascendenza e a alla fondazione dell'etica: mentre Nietzsche
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tende ad affermare che la felicità sia sperimentabile solo in un orizzonte
della corporeità e dell'istintualità. Un atteggiamento sano e generoso si
di senso saldamente innestato nella finitezza in cui le concezioni del be-
basa, dunque, su alcuni presupposti fondamentali:il riconoscimento del
ne e del male sono storicamente determinate, Dostoevskij, di fronte alla
carattere finito dell'esistenza, la capacità fondativa di creare valori basati
presenza pervasiva del dolore, tende a risolvere la questione della felicità
sulla forza e la consapevolezza che ogni attesa di compimento sia desti-
nella dimensione metafisico-religiosa del rapporto con il divino. Il narra-
nata ad incontrare il proprio limite solo nella natura. Coloro che espri-
tore e il filosofo, con la forza del loro pensiero poetante, mettono in e-
mono questo atteggiamento sono chiamati, nel testo, più esplicito e ri-
videnza come la ricerca della felicità illumini la domanda sul significato
solutivo rispetto a Così parlò Zarathustra, della Genealogia della morale, gli
dell'esistenza ed offrono proposte che si impongono all'attenzione
eletti, gli aristocratici: per loro la gioia è più originaria del dolore.
dell'uomo contemporaneo, alla sua decisione di circoscrivere il senso del
A tradirci, invece , a farci perdere la possibilità di conseguire una gio-
vivere nello spazio del finito o di aprirsi ad un discorso di intonazione
ia continua e perfetta è un'eccedenza del desiderio. Un'eccedenza che
religiosa. Per questo, pur tracciando direzioni opposte, le prospettive i-
non si esprime nei toni prevedibili dell'eccesso e della sovrabbondanza,
naugurate da Nietzsche e Dostoevskij costituiscono una sorta di riferi-
ma si mostra con i tratti della dismisura e del disorientamento. Un'ecce-
mento obbligato per chiunque voglia seriamente interrogarsi sulla plura-
denza, in altri termini, che altera la direzione originaria e la destinazione
lità di significati che attribuiamo alla parola felicità e su come la nostra
della nostra attività desiderante -naturalmente situata nel territorio della
idea della gioia determini le nostre convinzioni morali.
contingenza e della finitezza- e che si rivela come tensione alla trascen-
Secondo Nietzsche la beatitudine, la gioia compiuta e perfetta -die Se-
denza o, secondo il linguaggio proprio di un sentire radicato nelle pro-
ligkeit- è qui, nello spazio del mondo vero e terreno, preparata per quanti
spettive e nei contenuti della teologia cristiana, come ricerca di un aldilà,
non pongono la vita sotto giudizio e non interrogano, né interpretano
di una vita ulteriore in cui il compimento e la perfezione – altri termini
l'esistenza secondo i criteri del bene e del male, ma si pongono in modo
che definiscono la felicità come stato risolutivo del desiderio- sono fatti
attivo nei suoi confronti, ne accettano la radicale mancanza di senso e
spirituali, realizzati nelle dimensioni della contemplazione e dell'unione
orientano la propria ricerca della felicità nei territori finiti e disponibili
con il divino. Questa declinazione del desiderio, giudicata in autentica
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perché fondata sulla superiorità dello spirito sul corpo, del soprannatu-
Specularmente opposto è l'orientamento di Dostojevskij la cui narra-
rale sulla natura è considerata da Nietzsche l'espressione di un risenti-
zione, peraltro precedente di qualche anno rispetto alle riflessioni del fi-
mento e di un' impotenza nei confronti della vita che ritirano la nostra
losofo, si pone idealmente come voce contraria ai temi proposti da Nie-
ricerca della gioia dal contesto vitale della salute e la costringono a rifu-
tzsche.
giarsi nella dimensione fuorviante della salvezza. Tale patologia –dato
E', in particolare, un dialogo dei Fratelli Karamazov sembra contrastare
che i valori, gli orientamenti che definiscono il bene e il male, che rico-
le posizioni di Nietzsche: in una sorta di testamento spirituale lo starec
noscono la gioia e il dolore sono produzioni culturali- ha una precisa o-
Zosima invita il giovane Alesa a compiere la sua opera nel mondo, a cercare,
rigine storica nel conflitto che oppone la civiltà romana a quella ebraica
custodito da Cristo, nel dolore la felicità.
e al risultato del suo processo di universalizzazione, il cristianesimo.
Per Dostoevskij, che afferma un cristianesimo tragico la cui densità
Il sistema valoriale della civiltà romana consiste principalmente in un
ethos del coraggio, dell'affermazione di sé e dell'istinto di dominazione.
Il sistema valoriale ebraico insiste, invece, sulla passività, sulla quiete e
sulla compassione. Mentre l'organizzazione valoriale romana asseconda
la vita, affermandone con forza la ricchezza contraddittoria e conflittuale, l'organizzazione valoriale ebraica e cristiana esalta il dolore, risolvendo le proprie istanze di realizzazione nelle prospettive di una vita ultraterrena.
Affermare dunque, come fa Nietzsche, che la gioia è più originaria
del dolore significa, in fondo, liberarsi della difficile eredità ebraica e cristiana e riproporre un'esperienza del vivere in cui la gioia appare la tonalità emotiva di una istintualità in accordo con la natura.
GIORGIA ZERBINI, PAESAGGIO DI LUCE, AUSTRALIA, 2011
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speculativa è stata con merito indagata dalla riflessione ermeneutica del
renza. Se, come abbiamo visto, Nietzsche tende ad affermare l'inconsi-
secondo Novecento, la gioia e il dolore sono, se non cooriginari, com-
stenza del bene e del male, Dostoevskij considera il male e il bene, la
presenti e coabitano la realtà dell'uomo, riflessi di un bene e di un male
gioia e il dolore come attraversati da una tensione dialettica: la sofferen-
cui il narratore-filosofo assegna una dignità ontologica prioritaria.
za e il dolore che derivano dal male possono condurre al riconoscimen-
Significativa, specie nel confronto con Nietzsche, è l'immagine che
to del bene se riescono a mostrare il vincolo di solidarietà e di respon-
Dostoevskij propone dell'istintualità, considerata non come luogo di li-
sabilità originaria che unisce tutti i viventi. In altri termini, all'interno di
berazione, ma di distruzione, in cui la libertà dell'uomo è esposta al suo
un discorso narrativo che si svolge come approfondimento dell'espe-
precipitare, alla possibilità di scegliere il male che è, in ultima analisi, la
rienza religiosa cristiana, Dostoevskij tende a individuare nella sofferen-
sofferenza inflitta ad altri. Si può dire, anzi, dei personaggi di Dostoe-
za, principalmente nella sofferenza accettata, la realizzazione di
vskij – si pensi, ad esempio, a Stavrogin nei Demoni- che quanto più so-
un’esperienza di compassione e di corresponsabilità. In questo senso,
no caratterizzati da una personalità orientata dal desiderio di autoaffer-
Dostoevskij articola la propria riflessione distinguendo fra la sofferenza
mazione, tanto più sono sensibili alla passione per la violenza e la cru-
inutile –quella dei bambini, ad esempio- riscattabile solo in una prospet-
deltà.
tiva di fede, e la sofferenza consapevole di chi vuole soffrire con altri e
Rispetto al tema dell'istintualità, della parte naturale dell'uomo che si
al posto di altri: la gioia, in questo caso, è sperimentata nel soffrire in-
esprime in via prioritaria come volontà incontrastata, appare evidente la
sieme e nel fare propria la sofferenza degli altri. Secondo Dostoevskij
differenza di prospettive fra Nietzsche e Dostoevskij: per Nietzsche è
non c’è, dunque, possibilità salvezza e di felicità che non passi attraverso
l'affermazione della vita, della sua forza rigogliosa; per Dostoevskij è
lo scontro con il male e con la sofferenza: la gioia è, comunque, come il
l'ambivalenza della vita che comprende lo sviluppo ipotetico della pro-
bene, originaria, ma è costretta, nella finitezza e nella contingenza, a mi-
pria negazione.
surarsi con la presenza ineluttabile del male e del dolore.
Ma c'è ancora un'altra differenza, ancora più significativa, che riguar-
Il rilievo attribuito alla trascendenza, l’adozione di un orizzonte di
da le relazioni che intercorrono fra il bene e la gioia ed il male e la soffe-
senso esplicitamente cristiano –soffrire con altri è possibile nell’esempio
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del Cristo sofferente- la coincidenza della gioia con la compassione
sembrano porre una distanza incolmabile fra la meditazione di Dostoevskij e quella di Nietzsche, che,tuttavia, condividono un nucleo originario che le rende molto più vicine di quanto possa apparire superficialmente: la passione per l’uomo, l’attenzione alla sua costitutiva complessità e la capacità di non trascurarne gli aspetti prerazionali. Ed è nel segno di questa passione, che le riflessioni dei due autori si integrano reciprocamente e stabiliscono un punto di riferimento comune sia per chi
vede esaurirsi nella natura il nostro essere persone, sia per chi colloca il
nostro abitare la terra negli spazi della trascendenza: il pensiero di Nietzsche con la tematizzazione degli aspetti primitivi della nostra ricerca
della felicità, la narrazione di Dostoevskij con la rappresentazione della
dimensione relazionale in cui sperimentiamo la gioia.
LIVIO RABBONI
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