Numero 3 - Liceo Giulio Cesare

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Numero 3 - Liceo Giulio Cesare
15 Febbraio 2012
Anno 1 numero 3
Le Idi di…
febbraio
U n
n u o vo
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d e l l a
Fo l l i a
Era un bel pezzo, signori miei, ve lo devo proprio confessare, che
non mi facevo viva sulle penne degli scrittori, almeno da quando il mio
vecchio Erasmo pensò di farmi scodellare un predicozzo che penso sia
rimasto sullo stomaco di tutti voi studenti: sono io, la Follia, che questa
volta, Erasmo o no, ho deciso di scendere in campo, stufa di sentire che
nel mondo si fa tanta baldoria per opera mia, e poi non me ne viene
neanche riconosciuto il merito! Cercherò, per quanto mi sia difficile a
causa della mia natura, di procedere ordinatamente. Diciamo che, lo
sapete già, è mia abitudine scendere ogni tanto sulla terra per salarla un
poco, dato che spesso è tanto insipida: e già da un pezzo avevo adocchiato questo bel Quartiere Trieste, posto borghese, rispettabile certo,
tranquillo anche troppo. Così ho deciso di darmi da fare per rendere la
vita degli abitanti un poco più allegra, da quel mortorio che era prima.
Ho puntato dritto su quei posti dove il mio effetto impiega meno tempo a farsi sentire, le scuole voglio dire. Così,
l’altra sera, era il 23 gennaio se non erro, sono discesa quatta quatta in un Liceo della zona, l’Avogadro, quello dalla sede tanto stramba che sembra l’abbia progettata io stesso, e girando due manovelle degli idranti ho liberato nei
corridoi il Pacifico e l’Atlantico insieme.
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SE IL POTERE PERDE SIGNIFICATO
Sono le 21:42 del 13 gennaio 2012 quando la nave da crociera Costa Concordia urta uno scoglio vicino alla costa
dell’Isola del Giglio. Alle 22:10 comincia ad inclinarsi su un fianco, i passeggeri cominciano ad abbandonare terrorizzati l’imbarcazione: nessuno coordina veramente le operazioni, il panico regna ovunque. Negli stessi istanti si
svolge la concitata conversazione telefonica fra il capitano De
Falco, della capitaneria di porto di Livorno, e il comandante
Schettino. “Vada a bordo, cazzo!”, questo il grido del primo, un
grido che vibra di rabbia, dolore, indignazione; un grido, però,
che non riporta minimamente alla realtà la persona responsabile,
almeno in teoria, del comando della nave. Dall’altro capo del
telefono risponde un uomo smarrito, che, proprio come un bambino, racconta una bugia dietro l’altra nella speranza di mascherare le sue malefatte e che tenta così di sottrarsi al proprio dovere. Nulla infatti farà Schettino di quanto ci si sarebbe aspettati
dal comandante di una nave in simili circostanze.
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UN NUOVO ELOGIO DELLA FOLLIA
Un mesetto prima, se vi ricordate – e ve ne ricordate bene, dato
che la cosa ha interessato proprio voi – ne ho combinata un’altra non meno bella: sono venuta nottetempo nella
vostra scuola (un posto che, lo voglio gridare ai quattro venti, mi piace moltissimo, pieno di gente come dico io).
Avevo portato con me un esercito di amici, di bigattini voglio dire, adorabilissimi ed innocenti vermicelli rosati a
cui ho concesso di vagare per i corridoi della scuola a loro piacimento. E in aggiunta, per evitare che gli alunni del
Giulio venissero a disturbarli la mattina seguente, ho posto un catenaccio al portone, concludendo degnamente
l’opera. Inutile parlare della mattinata successiva: caos, putiferio e grande divertimento degli alunni! Pensavo che
tutti fossero concordi nel ritenere che un’opera così bella e ben architettata non potesse essere che mia invenzione,
e invece che mi è toccato sentire! Ci sono state accuse di ogni tipo: è stata tirata in ballo gente d’ogni tipo, la Violenza, la Maleducazione, l’Ignoranza; sono stati accusati gruppi di alunni – poverini! dove sarebbero potuti andare,
senza il mio aiuto? –, associazioni studentesche, bande di masnadieri, tutti insomma tranne che me, la vera e oserei
dire ovvia responsabile, la Follia in persona! Eppure è così evidente che sono stata io: e da un indizio su tutti lo
potete capire. Vi siete tanto spremuti le meningi alla ricerca di chi abbia compiuto questo gesto, senza porvi la domanda fondamentale: perché? Ve lo dimostrerò addirittura col sillogismo (di solito quest’arma mi si ritorce contro, ma vedrete che questa volta la spunterò). Quando agisce una persona di buon senso, ci dev’essere un perché. E
allora vi chiedo: come mai una persona di buon senso avrebbe dovuto trasformare una scuola in un parco acquatico o in una riserva naturale per invertebrati? Il motivo, gira che ti rigira, proprio non si trova. E allora la persona in
questione deve aver perso il buonsenso per strada. E cum sit che il buon Cartesio ci dice che la ragione gli uomini
ce l’hanno tutti e in un ugual misura, vuol dire che ad agire non sarà stato un uomo ma la Mancanza di Ragione in
persona, e cioè proprio io, la Follia. E dopo aver scomodato addirittura Aristotele per dimostrarvi la mia colpevolezza, vi prego, siate persuasi che tali gesti non li hanno compiuti né Malvagità né Violenza né Furbizia (ché se
queste agiscono c’è sempre un motivo, e un minimo di perfida intelligenza di fondo), ma io, la più innocua di tutte,
l’allegra e beata Follia, che voleva soltanto procurarvi un bello spettacolo divertente. Ma ora vedo che ho già parlato abbastanza, e mi si cerca già di ricacciare negli angusti manuali di filosofia: sono comunque certa che tornerò
presto a scrivere per questa testata, dato che di miei seguaci in questa scuola ne conosco tantissimi.
Alessandro Giardini II F
SE IL POTERE PERDE DI SIGNIFICATO Ma com’è possibile compiere una manovra tanto folle e avventata
senza pensare minimamente alle conseguenze, quando si è responsabili della vita di migliaia di altre persone? Un
comportamento del genere denota non solo una straordinaria incoscienza, ma anche una concezione distorta del
comando. Fa rabbia poi sentirsi prendere in giro da un giornale tedesco (Der Spiegel) che riferendosi alla vicenda Schettino parla dei soliti italiani. Ma è vero che comportamenti del genere sono così diffusi? Cosa significa,
oggi, trovarsi in una posizione di comando? Anteporre ad ogni cosa l’esercizio dei propri doveri, prendere sulle
proprie spalle le aspettative di una collettività e agire negli interessi di questa al massimo delle proprie capacità?
No! Troppo spesso, purtroppo, nella vita di ogni giorno assistiamo ad un uso disinvolto del potere per soddisfare
i propri desideri, ricambiare piccoli e grandi favori; a volte, anche per esibizionismo, per mostrare a tutti “quanto
si è bravi”. Troppo spesso l’idea che ci siano delle responsabilità derivanti dall’autorità viene accantonata. L’importante è godersi i vantaggi della posizione acquisita, senza farsi troppi problemi. Nel caso si urti uno scoglio
poi, il capo veramente “bravo” pone in salvo se stesso prima di tutto, ovviamente la colpa di quanto accaduto è
sempre di qualcun’altro, poco importa se si tratta di una persona o di un’entità astratta.
Tutto questo, perché si è totalmente perso il senso di cosa sia e di cosa comporti quella strana virtù chiamata responsabilità civile. Sotto questo nome si indica la capacità prendere decisioni nell’interesse dei più, prima che
nel proprio, di assumere su di sé il peso di tali decisioni, anche se impopolari, e la capacità di agire innanzitutto
per il bene degli altri. In sintesi, la responsabilità civile è quell’insieme di competenza e senso del dovere che
necessariamente deve essere alla base di ogni forma di comando. Ma perché allora assistiamo sempre allo stesso
copione? Perché bisogna sempre essere disposti a “fare l’inchino”? Perché accade così spesso che a “fare carriera”, a scapito di tanti altri, siano le stesse persone che di fronte al pericolo abbandonano la nave?
Cosimo Inzerillo II F
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Una premessa. Questo articolo è rivolto a tutti coloro che, come me del resto, pur sentendo parlare ogni giorno di ‘legge elettorale’, ‘referendum abrogativo’, ‘Porcellum’ ecc… non hanno le
idee troppo chiare su questi argomenti. Gli altri voltino pure pagina.
1.2 milioni è il numero dei sostenitori del referendum abrogativo dell’attuale legge elettorale per il
rientro in vigore della legge Mattarella. Da parte nostra, credo sia il caso di chiedersi se le critiche
al sistema attuale siano o no legittime.
PER CAPIRCI DI PIU’
♦ L’attuale legge elettorale entra in vigore il 21 dicembre 2005,
durante il secondo governo Berlusconi, ideata principalmente
dall’allora ministro per le Riforme Istituzionali, il leghista Roberto
Calderoli. Lo stesso che la definirà, a meno di un anno di distanza,
una “porcata”. Di qui il termine “Porcellum”, la sua designazione
più comune, in assonanza con “Mattarellum”, appellativo della precedente legge elettorale, proposta nel 1993 dall’on. Mattarella.
♦ La Costituzione non dà precise indicazioni sul modo in cui debbano svolgersi le elezioni, ma ribadisce la necessità di tutela delle
minoranze.
♦LEGGE MATTARELLA
1.Sistema elettorale misto. Perché maggioritario, nella ripartizione
del 75% dei seggi parlamentari; proporzionale, per quanto riguarda
il restante 25%.
2.Soglia di sbarramento (ossia percentuale di voti al di sotto della
quale le liste non ottengono seggi né alla Camera né al Senato) al
4% per le liste coalizzate (cioè facenti parte di una coalizione).
♦ LEGGE CALDEROLI
1.Una sorta di sistema elettorale a metà strada tra il maggioritario
e il proporzionale. Mi spiego meglio: nel sistema proporzionale, i
seggi in Parlamento sono suddivisi tra le liste in proporzione ai voti
ottenuti, con una significativa tutela delle minoranze; nel maggioritario, si attribuisce un bonus (quota variabile di seggi) alla lista o
coalizione che gode della maggioranza relativa, garantendo così
maggiore governabilità. Il nostro sistema attuale, invece, detto
proporzionale corretto, attribuisce il bonus alla lista che ha ottenuto la maggioranza assoluta alle elezioni.
2.Liste bloccate. In questo modo l’elettore può votare solo per delle
liste di candidati, senza la possibilità di indicare preferenze.
3.Soglie di sbarramento: per la Camera: al 10% per le coalizioni, e
al 2% per le liste coalizzate; per il Senato: al 20% e al 3%.
4.Obbligo di indicazione del candidato premier da parte di ciascuna lista.
5.Vincoli di coalizione. Ossia che il programma e il capo della coalizione devono essere unici.
Maggiori bersagli di critica all’interno della legge Calderoli sono
innanzitutto il bonus, che favorisce la formazione di coalizioni
sempre più ampie, quindi eterogenee, con conseguente frammentazione della maggioranza di governo, e le liste bloccate, che effettivamente impediscono agli
elettori di scegliere i propri rappresentati. Poi i livelli delle soglie
di sbarramento, che, troppo bassi,
rischiano di incentivare la frammentazione. E infine: l’indicazione del candidato premier da parte
delle liste. E’ infatti prerogativa
del Presidente della Repubblica la
nomina del Presidente del Consiglio.
Ora, dopo il no della Corte Costituzionale al Referendum abrogativo, Napolitano ha apertamente
invitato il governo a intervenire
sulla legge elettorale. La risposta
di Monti: la riforma elettorale
“non fa parte della missione di
governo”, ma è “una questione
che deve essere sciolta e dipanata
dalle forze politiche”. Insomma,
gli Italiani dovranno aspettare.
Che novità.
Chiara Abbasciano II F
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Il nuovo governo tecnico di Mario
Monti, a parte liberalizzazioni e
lotta all'evasione fiscale, con l'emanazione del decreto “Salva Italia”, ha di fatto aumentato le tasse
solo per i ceti medi e bassi. I ricchi, come al solito, non sono stati
toccati. Soprattutto all'alta finanza
e agli speculatori, entrambi rei di
essere la causa della crisi economica attuale, non è stata imposta
nessuna tassa. Ma Mario Monti,
poco dopo l'insediamento, ci aveva promesso che la sua falce
avrebbe colpito pure loro. Ce lo
aveva promesso schierandosi a
favore della così detta Tobin Tax.
A distanza di due mesi dall'inse-
T A X
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b a n c h i e r i . . .
diamento però, Mario Monti non
ha ancora fatto nulla. Ma cos’è
esattamente la Tobin Tax? L’economista statunitense Tobin, premio Nobel per l’economia nel
1981, propose nel 1972 una tassa
che prevedeva di colpire, in maniera modica, tutte le transazioni
sui mercati valutari per stabilizzarli. All’origine la proposta di
Tobin riguardava le transazioni
valutarie. In questo modo intendeva penalizzare le speculazioni valutarie a breve termine e contemporaneamente procurare delle entrate per i bilanci degli Stati nazionali. La proposta è stata poi estesa
per analogia a tutte le transazioni
finanziarie. Nella versione proposta
recentemente da Germania e Francia
si tratterebbe di effettuare un prelievo tra lo 0,05% e lo 0,5% sulle transazioni finanziarie nelle borse dei 27
paesi dell´Unione Europea. Secondo
le prime stime il possibile prelievo di
questa imposta per l’area euro potrebbe oscillare tra 100 e i 300 miliardi di dollari l'anno, non esattamente bruscolini. Ovviamente i banchieri di tutto il mondo si sono schierati contro tale imposta. E qualche
economista (non molti per la verità)
ha paventato una serie di rischi. Innanzitutto la diminuzione della liquidità (che secondo Keynes e Tobin
sarebbe un bene perché frena la speculazione) e in secondo luogo la possibilità della fuga di capitali in aree o
Paesi dove la tassa non è presente.
Chiunque, con l’uso della ragione,
può comprendere che i banchieri non
si lamenterebbero se realmente potessero fuggire con i loro capitali
dall’Europa. Semplicemente fuggirebbero, ma la realtà è diversa, perché "il denaro non dorme mai" e la
speculazione non si può fermare
neanche per qualche minuto, figurarsi per l’intero orario di apertura delle borse in Europa. Gli studi elaborati dal Fondo Monetario Internazionale, infatti, dimostrano che l’applicazione della tassa non ha mai provocato fughe di capitali lì dove è stata
applicata: la City di Londra, ad
esempio, ha introdotto un’imposta di
questo genere dal 1980 e non ne ha
risentito. Cari zii Paperoni, ogni tanto tocca sganciare anche a voi e noi
non vediamo l’ora. Anche perché
con una Tobin Tax a livello europeo
noi giovani italiani potremmo finalmente vedere qualche vero ricco pagare le tasse. Poco, ma pagare!
Giuseppe Della Corte I D
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Chiusura di Megavideo:
72 minuti di silenzio
Penso che voi tutti conosciate
Megavideo. Chi, essendosi perso
un film al cinema, non l’ha mai
visto in streaming su questo sito?
E inoltre, chi non ha mai provato
un po’ d’ansia o un pizzico di
rabbia, durante il film, aspettandosi da un momento all’altro il
fatidico messaggio che avvisava
la scadenza di quei famosi 72
minuti? Ritengo tuttavia necessario fornirvi una definizione breve
e allo stesso tempo accurata di
questo sito web, per poter entrare
più a fondo nel corso delle vicende ad esso legate.
Megaupload, del quale Megavideo fa parte, è uno tra i più famosi siti web di file hosting internazionale, e rappresenta il 4% di
tutto il traffico internet mondiale.
Si
presenta
come
un
“cyberlocker”, una specie di magazzino tramite il quale gli utenti
hanno la possibilità di archiviare
determinati file che altrimenti
sarebbero troppo grandi da spedire via e-mail o da condividere
privatamente con altre persone.
L’usufruire di questo sito è del
tutto legittimo, se non fosse per
l’esistenza di una “zona” di illegalità: molti caricano file protetti
da copyright e diffondono il link
per scaricarli su blog e forum.
Proprio per questi motivi il 19
Gennaio scorso il sito è stato
oscurato dal Dipartimento di
Giustizia degli Stati Uniti d’America, in collaborazione con
l’Fbi, con l’accusa ai fondatori di
aver violato le norme antipirateria. Secondo l’accusa, l’attività di Megaupload ha inflitto un
danno di 500 milioni di dollari per
mancati profitti ai detentori dei
copyright, a fronte di un guadagno
di 150 milioni. Il fondatore del
sito, Kim Schmitz, e altri tre, sono
stati arrestati in Nuova Zelanda su
richiesta delle autorità statunitensi.
I reati di cui sono accusati gli indagati vanno dall’associazione a
delinquere finalizzata all’estorsione, al riciclaggio e alla violazione del diritto d’autore, il che
significa 50 anni di prigione per
ciascuno. Sono tutt’ora ricercate
altre quattro persone. Questo atto
da parte delle autorità federali
americane, il primo di una battaglia che è in corso negli States sul
web, avviene esattamente 24 ore
dopo lo sciopero di internet per
protestare contro il Sopa, la legge
antipirateria che, secondo molte
compagnie internet tra cui Google
e Wikipedia, limiterebbe la libertà
di espressione online. Intanto l’attacco è partito da Twitter, nel quale è scattata una vera e propria
rivolta: gli hacker hanno annunciato
l’operazione
#OpMegaUpload , rendendo irraggiungibili i siti del Dipartimento di Giustizia statunitense, della
casa discografica Universal, della
Recording Industry Association of
America (Riaa) e della Motion
Picture Association of America
(Mpaa).
La chiusura di Megavideo e MegaUpload risulta tra i temi principali delle discussioni su social
network, blog e forum. Così, tra
chi si limita a esprimere il proprio
disappunto perché non può condividere vecchi brani con gli amici e
chi esprime preoccupazione per
possibili prossime chiusure,
YouTube e lo stesso Facebook
inclusi, dal momento che consentono la condivisione di materiale potenzialmente protetto da
copyright, altri analizzano la
questione con più pragmatismo e
la portano sui temi cruciali: la
tutela del copyright, la censura,
gli aspetti legislativi. Al di là
delle reazioni, resta interessante
il fatto che l’argomento venga
affrontato e seguito con grande
interesse, anche con modalità
nuove e vicine ai cittadini. Segno che non di sola questione
americana si tratta.
Ludovico Luzzi I E
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L'America degli anni '50 avrebbe avuto bisogno di
uno psicanalista. Alla fine della seconda guerra mondiale, quando gli occhi di tutto il mondo occidentale
guardavano speranzosi al Paese che aveva assunto il
ruolo di salvatore della libertà e della democrazia,
l'America, stressata dagli impegni presi e non ancora
pronta a prendersi le proprie responsabilità, si trovò a
contrarre una rara e pericolosa forma di schizofrenia.
Da una parte l'immagine di un'America che si crogiolava nel sogno di se stessa, una sorta di patronus romano, compiaciuto del suo stuolo di clientes europei.
Dall'altra una nazione ancora adolescente, incapace di
far quadrare la propria identità e i propri ideali nell'equilibrio della maturità. Questa è la grande contraddizione. È quindi facile aspettarsi che si mostri una sorta di disappunto, una reazione non violenta di una
generazione che aveva a cuore lo stato di salute della
grande patria America. La loro soluzione era tornare
a quel “ritmo primordiale” che era il DNA puro
dell'America, il metronomo dell'esistenza che aveva
portato l'America fin lì, ma appesantito da ciò che
soltanto gli altri vedevano in lei. Solo così è possibile
raggiungere la “beatitudine”, quella felicità, sancita
dalla stessa costituzione, alla base del sogno americano. Ma è un compito difficile, uno scontro impari. Per
questo la generazione ribelle sa di essere sconfitta in
partenza,
battuta.
Beat
(battito),
beatitude
(beatitudine), beaten (battuto): da qui Beat Generation.
Generazione intesa come fratellanza di arte e di vita,
poeti che traevano la propria forza dall'essere un
gruppo. Per trovare però il DNA dell'intera nazione
era necessario prima trovare se stessi. Non a caso il
manifesto della Beat Generation è un libro sul viaggio di una vita: On The Road di Jack Kerouac. È il
manuale filosofico di chi ha perso la strada in un'epoca di grandi cambiamenti, una sorta di mantra e prontuario stradale nella ricerca del karma (il credo biblico di Kerouac), dell'equilibrio perfetto. Secondo l'autore è necessario tornare agli albori, quando lo spirito
dell'uomo era a stretto contatto con la natura. L'esperienza è la chiave per mettere alla prova se stessi, per
conoscersi davvero nel profondo. Ma non è un viag-
gio che può essere compiuto da soli. La fame di vita li
spinge a vagare, Kerouac e Cassady, se non sempre
fisicamente insieme, comunque uniti dal forte ricordo
delle avventure passate insieme. Sembra quasi che essi
decidano insieme che nel loro continuo anelito a conoscere ogni anima fino in fondo, l'America, madre traditrice, non abbia più nulla da offrire. È per questo motivo che, nella parte finale, la più poetica ed ispirata
dell'intero romanzo, i protagonisti decidono, insieme
ad un altro amico, di partire alla volta del Messico. È il
viaggio ultimo, definitivo. Non perché viene narrato
alla fine, cari compagni di strada, ma perché esso significa il raggiungimento dell'ultima consapevolezza
che alla fine di tutto non giace, placido e assorto, il
Nirvana, ma anzi, l'accettare che alcuni misteri rimarranno sempre tali, che il vero segreto sta nel comprendere come non sia possibile, semplicemente, conoscere
e conoscersi del tutto. È una verità amara: per accettare
questo senso di insoddisfazione, Kerouac e gli altri
“Beatniks” trovano un solo rimedio: la droga. Droga
che a basso prezzo poteva essere acquistata a Città del
Messico. Così nasce la raccolta di poesie Mexico City
Blues: dove Mexico City compare in realtà assai raramente. La città è qui un sinonimo di droga, e droga è
sinonimo di mondo: essa consente a Kerouac di compiere un altro viaggio. E così le strade di Mexico City
diventano le strade di tutto il mondo e le strade della
memoria. Mentre in On The Road Kerouac cercava
delle risposte nei volti di coloro che incontrava, adesso
sembra cercarle nel suo stesso volto come gli appare
nei suoi ricordi più profondi, riemersi sotto una nuova
luce dall'effetto degli stupefacenti. È questa l'origine
della sconfitta della beat generation: essa costituisce il
battito iniziale del cambiamento dell'America. Esso
non fu però del tutto raccolto dalla patria: la delusione
spinse i Beatniks a rifugiarsi nell'alienazione o nel
conformismo, sgretolando lentamente il movimento,
che alla morte di Kerouac nel 1969 si ritrovò smarrito
e privo della sua guida. Come Colombo, che morì in
solitudine, lasciò l'America in eredità al mondo, così
molti dei poeti della Beat Generation sono stati dimenticati; ma il loro messaggio forse non è morto con loro.
Tancredi Anzalone II C, Alessandro Giardini II F
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Coldplay: MYLO XYLOTO
“Al momento sembra un po’ ridi-
colo e lo accetto“- dichiara Chris
Martin (voce, chitarra, tastiere) ai
suoi fan in attesa dello scorso 24
Ottobre, data della pubblicazione
del nuovo album dei Coldplay ”comunque si dice Mailo Xailoto…”. Non ci sono ancora fonti
ufficiali sul significato di questo
nome così strano, forse un significato non c’è nemmeno. Possiamo
comunque ben affermare, anche
guardando solo di sfuggita la copertina, che il colore è il protagonista indiscusso di questo nuovo
disco: l’idea del graffito rappresenta la tinta forte e vivace che la
band si attribuisce, in contrapposizione e reazione allo stile pacato e
nostalgico dell’album precedente
(Viva la Vida or Death all his
Friends, Giugno 2008). Ma riteniamo opportuno fare un salto nel
passato,per conoscere in modo più
approfondito questi quattro personaggi che, con il loro rock alternativo, le loro idee, i suoni, i colori, i
loro temi così attuali (l’amore, la
guerra, la solitudine, il disagio),
sono riusciti a catturare il cuore di
milioni di fans in tutto il mondo.
Londra, 1996. I giovani Chris
Martin e Jonny Buckland (chitarra
elettrica), entrambi studenti alla
University College di Londra, si
conobbero e, accomunati da una
smisurata passione per la musica,
decisero di formare una piccola
band. Fu solo nel 1997 che il loro
sogno si realizzò, con l’aggiunta
dell’aspirante ingegnere Guy Berryman (basso elettrico) e di Will
Champion (batteria), studente di
antropologia. Il nome, originariamente Pectoralz, fu modificato nel
1998 nell’attuale Coldplay, idea di
un amico di Chris. Da allora, con il
passare dei mesi, il gruppo collezionò una data dopo l’altra, raggiungendo la fama mondiale con il singolo Yellows, presente nel loro primo album Parachutes (2000). Ma,
nonostante il successo acquisito,
raggiunsero notorietà in tutto il
mondo solo con l’album successivo,
Rush of Blood to the Head (2002), il
quale si piazzò direttamente al 1°
posto nelle classifiche inglesi. Dopo
un periodo di pausa a seguito dei
numerosissimi concerti sostenuti
dalla band, elaborarono X & Y
(2005), il loro album più criticato.
Fu poi la volta di Viva la Vida, album molto diverso dai precedenti
anche per la presenza degli archi e
per un’originale tendenza a sonorità
orientali. E infine ecco Mylo Xyloto, un grande successo, vincitore di
due dischi di platino. La prima traccia, che si chiama esattamente come
l’album, dura solo qualche secondo
e introduce la seconda, un po’ come
se servisse a sottolineare l’intenzione della band di rinnovarsi, di creare
qualcosa di nuovo. Ovviamente possiamo rintracciare le loro sonorità
inconfondibili in “Paradise”, “Every
teardrop is a Waterfall” e “ in Hurts
like Heaven” ma troviamo anche
una grande attenzione nell’uso di
strumenti elettronici, adatti a
creare
musicalità
diverse.
“Quello che abbiamo voluto fare
è stato inserire il maggior numero di idee interessanti che si potessero infilare in 42 minuti e
mezzo" dichiara Jonny “Batterie
più potenti, chitarre più strepitanti, più contrasto insomma” aggiunge. Decisa è la reazione che
quest’album ha suscitato nel pubblico e nella critica. C'è chi lo
odia e chi lo ama. I primi criticano soprattutto l'aspetto prevalentemente commerciale dell'album
e non nascondono affatto la loro
delusione. I secondi affermano
invece che i Coldplay sono un
gruppo pop e che con questo disco hanno finalmente espresso la
loro vera natura. Comunque tocca al singolo ascoltatore giudicare...
Guida all'ascolto:
- Every Teardrop is a Waterfall
(Mylo Xyloto) ;
- Strawberry Swing
(Viva la Vida);
- Swallowed in the Sea
(X & Y).
Elena Burali II F,
Ludovico Luzzi I E
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Cinema: il viaggio quotidiano della crescita
Intervista
a
L e I d i d i …
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paolo genovese
Paolo Genovese
Quante volte abbiamo sentito genitori e insegnanti bollare i nostri comportamenti infantili, i nostri errori, i nostri
capricci come "gravi sintomi" di immaturità? Magari, pur
rivendicando questa immaturità come legittima per la
nostra adolescenza, nella maggior parte dei casi abbiamo
ingoiato il boccone amaro. C'è invece chi sull'argomento
ci ha fatto un film, anzi due. Uscito il 4 gennaio,
"Immaturi - il viaggio" continua a parlarci delle vicende
del gruppo di sette ex-compagni di liceo che, dopo aver
affrontato per la seconda volta, ormai quarantenni, la
prova dell'esame di Stato e ritrovato quelle certezze che,
può sembrar strano, ci offrono proprio gli anni della nostra gioventù, partono per la più classica delle mete postmaturità: un'isola greca. Paolo Genovese, regista e sceneggiatore del film, ci aiuta a capire, quasi guardando
attraverso la pellicola in controluce, lo stretto legame tra
ragazzi di oggi e sindrome di Peter Pan di domani.
1. I suoi film ci insegnano che la maturità scolastica
non coincide con la maturità nella vita. Il nostro impegno nello studio è allora fatica sprecata? Da exalunno del nostro liceo a regista apprezzato dalla critica e campione d'incassi, può dirci quanto davvero
conta la formazione scolastica e il percorso educativo?
Non penso vi sia un’unica maturità. Quella scolastica è
solo un passaggio. Se per curiosità andate a vedere la
definizione di “immaturo” sul vocabolario troverete “di
frutto, non ancora maturo, acerbo” ma questa definizione non ci interessa. Subito dopo abbiamo la definizione
figurata “Che non ha ancora sviluppato attitudini e capacità necessarie ad affrontare la propria crescita". Ecco
questo mi sembra interessante. Se ci riflettiamo le
“immaturità” cioè le difficoltà ad affrontare le diverse
fasi della vita non finiscono mai. Possiamo essere immaturi pure ad 80 anni. Quello che facciamo in continuazione è cercare di raggiungere nuovi obiettivi personali quotidianamente, oggi giorno diventiamo “maturi” rispetto a
qualcosa. Ogni conquista ci serve per affrontare la sfida
successiva. In quest’ottica la formazione scolastica e il
percorso educativo sono fondamentali. Sopratutto gli anni
del liceo. Tra i 14 e i 19 anni ci sono molto più di 5 anni,
c’è un periodo in cui tutto cambia, in cui scopriamo tutto.
O quasi. In cui definiamo noi stessi e i rapporti con le
persone che ci circondano. E in questo periodo un giusto
percorso educativo può veramente fare la differenza. E
non mi riferisco allo studio, in fondo se non sappiamo
cosa è la maieutica non mi sembra così grave, più grave è
non avere modelli di riferimento che ci piacciono e attraverso i quali avere un punto di partenza per dialogare e
mettersi in discussione. I nostri professori sono le persone
con cui passiamo la maggior parte del nostro tempo, dobbiamo aspettarci molto di più che finire il programma di
matematica.
2. Perché ha sentito il bisogno di continuare a raccontare le storie dei sette immaturi "in vacanza"? La loro
è davvero una vacanza o assomiglia più a un viaggio
metaforico che ci ricorda quello di Ulisse, che insieme
ricerca e fugge la sua Itaca?
Il viaggio è sempre una metafora. Mentre nel primo film i
nostri protagonisti si sono trovati ad affrontare il loro
passato e alcune cose lasciate in sospeso, in questo nuovo
film si troveranno ad affrontare il futuro, con tutte le necessarie e faticose prese di responsabilità.
3. Umberto Eco afferma che "Il cinema è un alto artificio che mira a costruire realtà alternative alla vita vera, che gli provvede solo il materiale grezzo". Fare cinema è denunciare, raccontare o evadere la realtà?
Fare cinema per me è sopra ogni cosa interpretare la
realtà. Se non vi fosse la realtà non potrebbe esserci l’immaginazione. E l’immaginazione ci permette di raccontare “la nostra” realtà, una visione personale ed originale
in grado di dare un punto di vista. Nessuna arte se pensate è così vicina alla realtà e allo stesso tempo così lontana. In solo due ore riusciamo a rappresentare intere vite,
a volte interi secoli o pezzi di storia e tanto più i nostri
attori sono bravi a fingere tanto più si avvicineranno al
reale.
Agnese Gatti II F
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Sherlock Holmes: gioco di ombre
Arrivano per la seconda volta sul grande schermo
Mr Holmes e il suo fido Watson, interpretati magistralmente da Robert Downey jr e Jude Law. La
storia, tratta dal'ultimo racconto di Artur Conan
Doyle, vede la celeberrima coppia di investigatori
'vagare' tra Inghilterra, Francia, Germania e Svizzera per stanare e neutralizzare la nemesi storica
di Holmes: il professor Moriarty, mente altrettanto geniale, ma votata al male. Questi, assicurandosi il monopolio dell'industria pesante, progetta
una “prima” guerra mondiale.
I due detective ingaggiano così una feroce corsa
contro il tempo coadiuvati da Noomi Rapace nel
ruolo della zingara Sim e da Stefen Fry nei panni
del fratello Holmes più scorretto!
Il ritmo del film è fin dai primi fotogrammi travolgente, a partire dalla colonna sonora per arrivare ai dialoghi pungenti e mai scontati dei vari
personaggi; la vicenda è appassionante in tutte le
sue declinazioni e i due detective si trovano, in
quest'episodio, a doversi cavare d'impaccio con
espedienti sempre più rocamboleschi: tra addii al
celibato, matrimoni nell'umida campagna inglese
(malgrado le riprese siano state fatte negli unici
giorni di sole), sparatorie su vagoni merci e numerose esplosioni.
Il rapporto tra i due si modifica: vediamo un
Holmes più vulnerabile e un Watson sempre più
indipendente! Guy Ritche porta sullo schermo un
Holmes volutamente anacronistico, che sopravvive a colpi di mitragliatrice e kung fu (il film è
stato inserito nel genere Steampunk).
La chimica tra i due attori arricchisce un ingranaggio oliato alla perfezione e, visto il successo
dei primi due capitoli, il terzo è già stato confermato.
Si può dire che il riscatto di Robert Downey jr dal
suo passato più burrascoso sia ormai compiuto;
sono lontani gli anni in cui l'istrionico attore si
rifugiava nei “paradisi artificiali” baudleriani che
non gli permettevano di vivere appieno il suotalento e il meritato successo. Inoltre, il primo episodio gli è valso un Golden Globe (oscar della
tivù), riamissione più che adeguata nell'Olimpo
hollywodiano!
Irene Convenevole III H
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Scalpore e nudo
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Lo scalpore è qualcosa di cui l’arte non può fare a meno, da cui non prescinde, da cui rifugge e a cui aspira: Canova,
Goya, Manet, dal Neoclassicismo all’Impressionismo, il nudo rappresenta il migliore esempio di scalpore. Sin dagli
albori dell’arte antica il nudo è stato il principale soggetto di rappresentazione: sublimato, idealizzato e successivamente, con l’accrescersi del potere della Chiesa cattolica, condannato. A partire dalla condanna del nudo artistico di
personaggi esistenti, questo tipo di rappresentazione, sotto il nome di Venere o di altre divinità pagane, è servito più
volte come veicolo di evasione dalla falsa moralità del tempo, come nel caso di Canova e la sua statua di Paolina
Borghese: l’artista dovette utilizzare i panni di “Venere Vincitrice” per rappresentare i tratti caratteristici della personalità di Paolina, come la sua forte femminilità (data dallo sguardo malizioso con cui accoglie l’osservatore), la
sua emancipazione, la sua abilità diplomatica. La divinità pagana permette a Canova di eludere le responsabilità politiche della sua opera e di elevare il soggetto dallo scalpore che, sul finire del 1700, avrebbe segnato la fine delle
sue importanti commissioni. Trascorso un secolo, modificatosi irrimediabilmente il corso della storia con l’ascesa
della nuova classe emergente borghese, cambiato lo scenario dall’Italia alla Francia, il nudo rimane espressione artistica di opposizione alle norme compositive dell’arte di quel tempo: opposizione, quella degli Impressionisti, più
libera che al tempo del Neoclassicismo a causa dell’indipendenza degli artisti dal Salon ufficiale di Napoleone III,
un’opposizione all’arte di Accademia legata al mito e a contenuti elevati privi del loro significato intimo e profondo.
Valido su tutti è “Le dejeuner sur l’herbe” di Edouard Manet: il donna nuda in primo piano e l’altra sullo sfondo
hanno lo stesso nome e cognome: Victorine Meurent. Allontanandosi parzialmente dalla caratteristica impressionista di prescindere dal soggetto, Manet utilizza il nudo della donna per creare scalpore in una classe borghese ancora
una volta legata alla falsa moralità per cui era ritenuta inaccettabile la libertà di costumi delle due donne in presenza
di altrettanti giovani borghesi. Questo nudo è, quindi, una decisa presa di posizione in difesa del principio di libertà
espressiva dell’artista. Ma l’arte è in continua evoluzione e quel nudo che un secolo fa colpì fortemente la sensibilità
dei critici d’arte, riprodotto al giorno d’oggi, risulterebbe un’espressione d’arte formale e leziosa, priva dell’elemento scandalistico che la porterebbe subito sulle bocche di tutti. Per questo motivo mi chiedo se l’arte si debba rinnovare non solo nei contenuti ma anche nella forma. Compagna fedele della storia, l’arte segue l’evoluzione della società in modo assoluto e oggi il nudo può essere ancora arte? Penso alla tavola di Milo Manara pubblicata nel corso
dell’anno passato su “Il fatto quotidiano” dove è rappresentato Wojtyla circondato da angeli femmine svestite e in
pose provocanti: ha portato grande sdegno nell’ambiente della Chiesa cattolica, riuscendo anche, a mio personale
avviso, a impressionare un pubblico come noi giovani, ormai avvezzo alla volgarità, ma non più tanto all’arte. Così
anche Achille Bonito Oliva che nel 2011 ha riproposto sulla rivista “Frigidaire” alcune sue foto del suo corpo nudo
come già aveva fatto nell’ 89: il critico si spoglia dell’arte rimanendo arte egli stesso. La pretenziosità del messaggio
e l’impatto visivo non possono non lasciare interdetti. E penso che sia questo, ancora oggi, il grande merito delle
forme di nudo artistico, lasciare interdetti pur credendo di non esserlo. Spesso ho pensato che nella società di oggi
non sarebbe rimasto spazio per queste forme d’arte, che sarebbero state assoggettate dalla volgarità e che a questa si
sarebbero confuse, ma la differenza che si stabilisce fra la vera arte e le facili truffe a cui possiamo andare incontro
in questi anni è proprio data dalla presenza o meno del volgare che viviamo quotidianamente. Come se gli artisti del
nostro secolo reagissero alla realtà usando le sue stesse forme, ma sublimate in Arte.
Alessandra Marino III F
La statua di Paolina Borghese del Canova
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La gattamorta
La Gattamorta è un esemplare di donna che abita per lo più i luoghi dove la percentuale di testosterone superi
l’1%. E’ un esemplare strano, ambiguo, e ai più appare affascinante per il suo parlare spesso cantilenante e la sua gestualità vagamente flemmatica. Individuarla può essere difficile per gli ingenui, quindi proveremo insieme a delinearne l’aspetto, le tecniche d’attacco, i luoghi in cui più facilmente agisce e le prede maggiormente esposte al rischio.
Chi è: La Gattamorta è quella donna che ogni qualvolta le si presenti un uomo davanti (bello, brutto, orrido, vomitevole, viscido che sia) sente l’impulso di accalappiarlo e attirarlo a sé, ma non necessariamente di giungere all’accoppiamento. C’è da dire che spesso agisce inconsciamente: la vera Gattamorta infatti non ha consapevolezza della propria natura e questo contribuisce ad alimentarne la pericolosità. Cammina con fare distratto per apparire innocua, veste
abiti non esageratamente succinti, né normalmente coprenti, ci tiene infatti a non essere scambiata per una femmefatale, accusa continuamente malesseri fisici e fa in modo che l’uomo ne sia sempre a conoscenza, ascolta interessata
tutto ciò che la preda dice come se stesse elaborando tesi essenziali per salvare la natura umana, anche se sta in realtà
confessando quante volte al giorno va al bagno.
Tecniche: Una volta individuata la preda, la Gattamorta continua ad agire nello stesso modo quasi seguendo un copione. Ostenta stupidità e civetteria così da far credere all’uomo di poter diventare il suo nuovo papy-protettoreallevatore; per evitar di sembrare esageratamente puerile, però, ammicca periodicamente, getta sguardi languidi e vagamente sexy a far intendere “Papy, sono una bimba cattiva, aiutami.” L’uomo medio a questo punto inizia a percepire i segnali: ed è proprio ora che la cacciatrice da’ il meglio di sé implorando la preda di seguirla nella sua tana per
uscire dalla depressione che la attanaglia. La preda, attratta dalla possibilità di un succulento banchetto, viene la maggior parte delle volte delusa ripetutamente, fino ad innamorarsi e ad essere sfruttato sino all’osso.
Non vantatevi di essere prede della Gattamorta: Lo stolto caduto preda della temibile cacciatrice si illude di essere
stato scelto per le proprie qualità fisiche o intellettive. Tutto questo giova notevolmente all’ego della preda, almeno fin
quando non inizi a percepire il puro scopo utilitaristico che la Gattamorta voleva perseguire: il motivo per cui agisce
non è né interesse fisico, né alcuna malattia del sesso che la porti a desiderare qualsiasi uomo respiri. Solo la convenienza…
Quali sono le prede preferite: Si è detto che agisce per convenienza… Ma in che senso? Uomo: se non sei ricco,
figo, bello, amico di uno con le suddette caratteristiche, affascinante secondo le sue amiche, o figlio di uno che possa
permetterle di fare la velina… Non sei a rischio. Non cercare di esporti, la Gattamorta ti individua facilmente e colpisce senza pietà fino a ridurti uno zerbino.
La Gattamorta è arguta. La Donna è meglio.
Alessandra Marino III F
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FASHION E AMBIENTE: L’ASCESA DELLA MODA
Moda e natura non sono più due mondi lontani. Da qualche anno infatti il settore moda è diventato sensibile alla
salvaguardia dell’ambiente e sempre più star e stilisti si stanno avvicinando allo stile eco-chic per sensibilizzare il
pubblico sulla problematica.
Ed è proprio questo l’obiettivo che sta cercando di raggiungere Livia Giuggioli, moglie dell’attore inglese Colin
Firth, che, oltre ad aver aperto un negozio ecologico a Londra, ha lanciato una sfida ai maggiori stilisti nel mondo
della moda: creare per lei e per altre celebrities degli abiti eco da indossare sul red carpet. Il risultato? E’ nato il
Green Carpet Project, a cui hanno aderito case di moda come Chanel, Alberta Ferretti, Gucci, Yves Saint Laurent
e Armani che ha dato il via al tutto creando il vestito che Livia ha indossato ai Golden Globes.
Un’altra stilista di successo che si batte per la natura è Stella McCartney, grande sostenitrice della causa animalista, che ha reso le sue boutique ecosostenibili in tutto e per tutto, dagli abiti rigorosamente realizzati senza l’uso di
pelle alle buste biodegradabili. L’ultima novità arrivata da questa casa di moda è la collezione di occhiali da sole
lanciata per la prossima estate, interamente realizzata con materiali di origine naturale e colori neutri.
Lo stesso ha fatto Marc Jacobs che, in collaborazione con Safilo, ha disegnato una linea di occhiali di ispirazione
vintage e dalla texture ispirata alle foglie, realizzati con con un materiale derivato da semi di ricino. Parte del ricavo delle vendite sarà devoluto ad un’associazione la cui missione è proteggere la Foresta atlantica in Brasile.
Per quanto riguarda i marchi low cost, sia H&M che Yamamay hanno creato collezioni il cui filo conduttore è la
realizzazione in cotone e lino organico o in tessuti ottenuti da materiali di riciclo.
Il rispetto dell’ambiente e l’ecologia sono quindi ormai obiettivi fondamentali per il mondo della moda, che si sta
impegnando in modo concreto per fare da esempio e diffondere questo importantissimo messaggio.
Gaia Petronio II E
" ivia Giuggioli indossa un abito
L
eco-friendly realizzato con stoffa
riciclata.
LE IDI DI...
Direttore:
Alessandra Marino III F
Caporedattore: Alessandro Giardini II F
Professore referente: Giuseppe Mesolella
Potete rileggere Le Idi di… sulla home del sito del Liceo Giulio Cesare