Numero Completo - Diocesi di Como

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Numero Completo - Diocesi di Como
DELLA
CONTIENE INSERTO
ANNO XXXIV
21 FEBBRAIO 2009
E 1,00
7
MERCOLEDÌ DELLE CENERI:
LIBERI DALL’ARROGANZA
R
icordati che sei polvere e in polvere ritornerai» era la formula abitualmente
usata nella cerimonia dell’imposizione delle ceneri. Oggi si preferisce una formula meno ruvida: “Convertitevi e
credete al Vangelo”. “Sei polvere e in polvere devi tornare”
sono le parole che Dio rivolge
ad Adamo dopo il peccato (Genesi 3,19). Più che un castigo
queste parole dicono che cosa è
l’uomo se guarda se stesso senza una Parola che ne sveli il significato nascosto. Se osserva
soltanto la propria esistenza,
che altro può dire un uomo? È
un vivente che, come ogni altro
vivente e proprio perché vivente, è destinato a morire. I suoi
giorni scorrono più veloci della
spola e subito terminano per
mancanza di filo, dice Giobbe.
Ricordare che siamo polvere
è già una prima conversione,
capace di liberarci dalle molte
arroganze che riempiono la
vita, illudendoci di dare un senso a noi stessi senza Dio. “Il ricco, quando muore, con sé non
porta nulla”, dice l’antica saggezza. E ancora: “Non irritarti
per chi ha successo, non irritarti; ancora un poco e scompare,
cerca il suo posto e più non lo
trova” (Salmo 37). Lo sguardo
disincantato di chi ricorda la
propria caducità, libera dall’arroganza, dalle illusioni, dalle
invidie e, persino, dalla paura
dei potenti, come il profeta Isaia
che ha trovato la libertà di
sbeffeggiare la ridicola prepotenza del re di Tiro di salire in
cielo, sopra le stelle, per erigervi il suo trono: “Invece sei caduto dal cielo, sotto di te si stendono le larve, i vermi sono la tua
coperta” (14,11-12).
È vero: l’uomo è polvere e le
sue arroganze sono così ridicole! Ma se la liturgia invita l’uomo a ricordarsene, è per aprire
lo spazio all’ascolto della Parola di Dio che gli indica un ben
altro destino. Solo se si prende
coscienza della propria caducità, lo sguardo si fa pulito in
modo d’essere capace di scorgere la potenza salvifica dell’amore di Dio.
“Che cosa è l’uomo?”, si chiede il salmista (Salmo 8). Intelligentemente non pone la domanda a se stesso, né agli altri
uomini, ma a Dio. Per conoscersi guarda in alto. Chiedesse soltanto a se stesso la propria
identità, concluderebbe semplicemente di essere polvere.
Guardando invece verso Dio si
accorge di una verità che lo
riempie di stupore: “Quando
contemplo i cieli, opera delle tue
dita, che cosa è l’uomo, perché
ti ricordi di lui, un figlio d’uomo perché te ne prendi cura?”.
Se lo confronti con l’immensità
del firmamento – noi potremmo dire se lo misuri con il tempo, la morte, con il susseguirsi
delle generazioni, con il numero sterminato degli uomini che
nascono, vivono un’esistenza
che pare insignificante, che
muoiono – viene spontaneo pensare “che cosa conta un uomo?”.
Eppure Dio si ricorda di lui.
L’uomo è sospeso alla memoria
di Dio – una memoria che non
dimentica! – e qui trova la sua
grandezza nonostante la piccolezza, qui trova la consistenza
e la durata nonostante la sua
precarietà. Cambiare la direzione dello sguardo è la seconda
conversione.
Una considerazione analoga
si legge anche nel profeta Isaia
(40,6): “Ogni carne è come l’erba e ogni sua gloria è come un
fiore del campo... L’erba secca,
il fiore appassisce, ma la Parola del nostro Dio dura per sempre”. C’è dunque un modo per
sfuggire alla precarietà: poggiare la propria esistenza sulla
Parola di Dio, affidandosi alla
sua fedeltà. L’uomo che confida
in se stesso è polvere, ma non
l’uomo che confida in Dio. Il prologo del vangelo di Giovanni va
oltre le parole del profeta: “E la
Parola si è fatta carne” (1,14).
Non soltanto la Parola salva la
nostra caducità, ma è entrata
nel mondo della nostra precarietà, in tal modo condividendola e salvandola. Fatto uomo, il
Figlio di Dio ha condiviso la
morte dell’uomo, mostrando che
non è più un cammino verso la
polvere, ma verso la risurrezione. Lasciare che la Pasqua del
Signore imprima senso e direzione alla nostra esistenza è la
terza conversione, verso la quale tutta la quaresima è orientata.
Ma non senza un’ultima precisazione: con la sua vita e la
sua morte il Figlio di Dio ha
mostrato con chiarezza che non
ogni modo di vivere vince la
precarietà, ma soltanto una
vita orientata al dono di sé.
È l’amore che vince la morte.
È il Crocifisso che è risorto.
DI
COMO
PERIODICO SETTIMANALE - POSTE ITALIANE S.P.A.
SPED. IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV.
IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 1, DCB COMO
Le tre
conversioni
prima
della
Pasqua
mons. BRUNO MAGGIONI
BENEDIZIONE
DELLE
FAMIGLIE
2009
Prenotatelo
AL PIÙ PRESTO
telefonando allo
031 - 26.35.33.
(in orari d’ufficio)
QUARESIMA 2009
NELLE PAGINE INTERNE
○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○
«
DIOCESI
COMO
QUANDO
LA SOLIDARIETÀ
TIENE “BANCO”
COMO
CAMBIO DELLA
GUARDIA AI VERTICI
DELL’AVIS
SONDRIO
L’OSPEDALE
DI COMUNITÀ
FA DISCUTERE
A PAGINA 15
iamo entrati dentro il
Banco di Solidarietà
comasco che garantisce assistenza, grazie
anche ad un’altra ottantina di associazioni caritatevoli del Comasco, a circa 5
mila persone in provincia di
Como.
S
ALLE PAGINE 1O E 11
VALCUVIA
LA COMUNITÀ
MONTANA
CERCA UN
NUOVO NOME
A PAGINA 25
COMO
LA FNP CISL
AL SUO XVI
CONGRESSO
A PAGINA 12
SONDRIO
AL LAVORO
SUL PIAZZALE
DELLA SASSELLA
A PAGINA 26
Una proposta presentata
lo scorso novembre anima
il dibattito politico nel capoluogo, dove si apre la discussione sull’intero fronte dell’assistenza socio-sanitaria.
A PAGINA 29
TIRANO
RAGAZZI MENO...
“SREGOLATI”
Nell’ambito del progetto
“Sinergie educative” insegnanti e genitori riflettono sul valore delle regole per i ragazzi.
A PAGINA 32
P A G I N A
2
RIFLESSIONI
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
QUARESIMA CON S. AGOSTINO
NOVITÀ IN LIBRERIA
NEL SILENZIO
DEL CUORE
T
empo di meditazione, di
preghiera, di conversione e di preparazione alla
Pasqua, la Quaresima è
un momento prezioso
per crescere nel dialogo e rapporto con Dio (vedi le quattro pagine
interne di questo numero). Ma
come viverlo “al meglio”? Padre
Pasquale Cormio ha preparato
un sussidio di testi tratti dalle
opere di sant’ Agostino allo scopo
di arricchire la riflessione e la
meditazione personale su alcuni
temi tratti dal Lezionario feriale
e festivo del tempo di Quaresima.
Per ciascuna delle settimane
quaresimali ha individuato un
tema da sviluppare ricorrendo
all’insegnamento del vescovo di
Ippona, prediligendo brani tratti da opere omiletiche ed esegetiche. Un iniziale riferimento
alla Sacra Scrittura o alle preghiere liturgiche del giorno suggerisce una possibile traccia di
riflessione, alla quale seguono
una breve spiegazione del brano
di Agostino. Infine un pensiero
agostiniano, inerente ad un contesto di invocazione o di lode al
Signore, suggella la lettura e
apre alla meditazione personale,
per una maggiore conoscenza e
approfondimento del mistero
pasquale.
a cura di AGOSTINO CLERICI
IL SEGRETO DI PAOLO
PASQUALE CORMIO (ed.), Dio
parla nel silenzio del cuore.
Vivere la Quaresima con
sant’Agostino, Città Nuova,
pagine 222, euro 14,00.
PROPOSTA DA CARITAS ITALIANA
GESÙ CRISTO...
NOSTRA PASQUA
otto il titolo Cristo nostra Pasqua, la Caritas italiana propone un itinerario di preparazione per il tempo della Quaresima rivolto ai bambini e agli adulti. Esso comprende:
un opuscolo destinato agli adulti e più specificatamente
alle famiglie; un album per i bambini; un poster; un salvadanaio in cartoncino componibile con fustella per l’inserimento dei soldi, che può essere anche un valido sussidio per le classi
di catechismo. Qual è il messaggio di questa iniziativa? «Cristo
nostra Pasqua»: l’esclamazione, tratta dalla lettera di san Paolo
ai Corinzi (5, 7), intende richiamare l’attenzione sull’evento straordinario della Resurrezione di Gesù. I sussidi proposti
in coedizione Caritas - Città Nuova vogliono essere un
aiuto concreto a vivere il tempo della Quaresima, imparando a sperimentare la carità, con gesti di condivisione
e solidarietà che aiutino ad abbattere i muri, a superare
i pregiudizi, a testimoniare l’amore di Gesù, proprio guardando a san Paolo di cui quest’anno si celebra il
bimillenario della nascita.
In particolare l’opuscolo propone per ogni giorno della
Quaresima un percorso che offre, dopo l’ascolto della Parola, la testimonianza di positivi episodi di accoglienza e
di inserimento. CARITAS, Cristo nostra Pasqua, Città Nuova, opuscolo Euro 1,80 - album Euro 1,20 poster Euro 0,60 - salvadanaio Euro 0,30.
S
Nel cuore dell’Anno Paolino e in stretta continuità con il sinodo dei Vescovi, entrambi fortemente voluti da Benedetto XVI, un libro che
raccoglie gli scritti del Papa sull’apostolo Paolo, un apostolo coraggioso, capace di esporsi
in prima persona. Il testo presenta il rapporto di Paolo con i suoi collaboratori: Timoteo e
Tito, Stefano il protomartire, Barnaba, Silvano, Apollo, la famiglia di Aquila e Priscilla, le
donne a servizio del Vangelo. Ne mette a fuoco la predicazione e l’impegno per la costruzione di comunità cristiane fedeli al Risorto,
coraggiose testimoni di speranza. Nelle parole chiare ed evocative di Joseph Ratzinger,
un ritratto dell’Apostolo e del suo messaggio
universale. BENEDETTO XVI, Paolo. I suoi
collaboratori e le sue comunità, San Paolo, pagine 108, euro 10,50.
Giudeo, ma anche greco e romano. Fariseo e
cristiano. Contemplativo e uomo d’azione.
Evangelizzatore, testimone e maestro. Scrittore audace e teologo profondo. Instancabile
nel suo cammino e immobilizzato dalle catene nel carcere. Accompagnato da molti collaboratori e amici e abbandonato da tutti alla
fine dei suoi giorni. Questo è l’uomo di cui il
presente libro ci spiega la metodologia di
evangelizzazione. Paolo intraprende una carriera da atleta, che attua con molta cura, per
riuscire a realizzare la grande missione che Dio gli ha affidato. Ha
quali suoi allenatori Gamaliele, Anania e Barnaba, ma soprattutto
si lascia dirigere dallo Spirito Santo. Una tappa della cosiddetta
“Scuola di sant’Andrea”, nata in Messico e diffusa in 160 Paesi, una
vera e propria scuola di evangelizzazione con
un percosro di 21 corsi biblici. JOSÉ H.
PRADO FLORES, Corso. Il segreto di Paolo. Evangelizzare così tanto in così poco
tempo, Paoline, pagine 96, euro 11,00.
Il libro illustra soprattutto san Paolo come
uomo d’azione, come apostolo e missionario:
nelle sue premesse, nella sua metodologia,
nella sua passione per il vangelo, negli strumenti di cui si servì, nella geografia, la quale
almeno nei progetti era quella dell’intero bacino mediterraneo. La presente edizione del
volume di Giancarlo Biguzzi si differenzia dalla prima (intitolata Paolo comunicatore) per
essere un’autentica rielaborazione, con l’aggiunta del «profilo interiore di Paolo», tratto
dalle sue lettere. GIANCARLO BIGUZZI,
Paolo missionario. Da Oriente a Occidente, Paoline, pagine 166, euro 12,00.
Con l’affetto e la preoccupazione di un padre,
Paolo, l’apostolo delle genti, durante il suo
viaggio in Macedonia - forse tra gli anni 6566 d.C. - scrisse al giovane episcopo Timoteo
per metterlo in guardia dai falsi dottori che
sono presenti nella città cosmopolita d’Efeso.
Otto versetti significativi della prima lettera
a Timoteo costituiscono la base di questa lectio
divina. EDOARDO SCOGNAMIGLIO, Il
mistero della pietà. Lectio divina sulla
prima lettera a Timoteo, San Paolo, pagine 126, euro 10,50.
SETTIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B
Parola
FRA
noi
IS 43,18-19.21-22.24-25
SAL 40
2 COR 1,18-22
MC 2,1-12
La consapevolezza
dei propri peccati
è incontro con Dio
di ANGELO SCEPPACERCA
TERZA SETTIMANA
del Salterio
IL PERDONO, L’OPERA PIÙ GRANDE
È
il Vangelo nel quale Gesù
guarisce il paralitico di
Cafarnao. Prima, però, gli
offre il perdono dei peccati, a significare che il peccato è il più grande male dell’uomo, la radice e l’origine di tutti i
mali. Lontano dal volto di Dio,
l’uomo si percepisce sfigurato e
sfracellato nell’abisso. E la rovina dell’uomo è così tragica che
Dio solo può scamparlo. Per
strappare al pericolo l’uomo – per
sanarlo – ci vuole un gesto di Dio.
Questo atto è Gesù, il Figlio unico del Padre nel quale noi tutti
siamo stati rappacificati.
Perché il perdono dei peccati
prima della guarigione dello
storpio? Perché c’era folla quel
giorno a Cafarnao e non tutti
erano lì per essere ammaestrati
dal Signore. I farisei, ad esempio,
attendevano un gesto o una parola fuori dalla Legge per dichiararlo colpevole e chiederne la
condanna a morte. Tutti si ammassano attorno a Gesù, ma per
motivi diversi. Lui era lì quel
giorno – come è ora qui – per dare
riparo e rendere figli del Padre
gli uomini da sempre affamati di
conciliazione e di tregua e allora
usa il segno del miracolo per indicare una verità più grande:
guarisce lo storpio per dimostrare il risanamento dell’anima, di
tutta una vita.
A Gesù stava certamente a
cuore la salute di quell’uomo,
contorto e incatenato da una paralisi distrofica, una malattia
penosissima considerata un castigo di peccati commessi. Ancora di più gli stava a cuore il perdono dei peccati. Giustamente i
presenti si chiedono: ma chi può
perdonare i peccati, se non Dio?
Appunto. Se qualcuno è capace
di miracoli, è anche capace di
perdonare i peccati; quel qualcuno, dunque, ha in sé l’impronta
della divinità. E giungere a questa fede è l’obiettivo del Vangelo
di Marco.
Oggi, come al tempo di Gesù,
avvertiamo il bisogno di
confessare i nostri peccati? Ne sentiamo vergogna? La consapevolezza
dei propri peccati è la prima esperienza dell’incontro con Dio. Lo diceva già
Sant’Agostino: “Chi confessa i suoi peccati e se ne
accusa, è già d’accordo
con Dio. Dio condanna i
tuoi peccati, e se anche tu
li condanni, ti unisci a
Dio”. La remissione dei
peccati è l’opera più grande che compie la Chiesa,
su mandato di Cristo. Veri profeti, come don Milani e don Mazzolari, che
pure avevano provato la ruvidezza di un rapporto gerarchico non
proprio paterno, alla domanda di
chi chiedeva come mai non avessero lasciato la Chiesa, rispondevano: non potremmo mai, abbiamo bisogno di chi ci perdona i
peccati. Agostino non esita a dire
che “Dov’è la remissione dei pec-
cati, là è la Chiesa”. Con delicatezza Pascal immagina il dialogo
con Dio: “Se tu conoscessi i tuoi
peccati, ti perderesti d’animo. –
Allora mi perderò d’animo, Signore, se me li rivelerai. – No, tu
non ti dispererai, perché tu li conoscerai nel momento stesso in cui ti
saranno perdonati”.
SOCIETÀ
P A G I N A
3
PRIMOPIANO
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
NASCEVA CINQUE ANNI FA AD OLGIATE COMASCO
FONDAZIONE FAGETTI
UN SEME DI SOLIDARIETÀ
di PAOLO BORGHI
Due immagini de “La casa di
Paolo e Piera”, in realizzazione
ad Olgiate Comasco
U
n’iniziativa nata da un
grande dolore che si
propone di alleviare altre sofferenze aiutando tutti i bambini che
vivono in situazioni di difficoltà e di realizzare una casa - alloggio per bambini che il Tribunale ha allontanato dai genitori. Questa è la “Fondazione Paolo Fagetti Onlus”, costituita
cinque anni fa ad Olgiate
Comasco da un gruppo di amici di Paolo, prematuramente
scomparso all’età di 30 anni
nell’estate del 2004 in un tragico incidente stradale, che
hanno pensato di portare avanti idealmente e materialmente
le opere e i progetti perseguiti
e sostenuti dall’amico durante
la sua vita terrena.
Le nostre iniziative - spiega
Enrico Fagetti, papà di Paolo e
presidente della Fondazione nascono proprio dal desiderio di
chi amava Paolo di proseguire
nell’opera di volontariato a favore dei bambini bisognosi in
cui lui tanto credeva e a cui dedicava il suo tempo libero.
L’amore di Paolo per la vita si
tradusse in tante attività di
volontariato in ambito sociale.
Era volontario della Pubblica
Assistenza di Olgiate Comasco,
ospitò diversi minori in affidamento giudiziale e prese parte
alle annuali iniziative riguardanti il soggiorno terapeutico di
gruppi di bambini provenienti
dalla Bielorussia, il paese maggiormente colpito dal disastro
di Chernobyl del 1986. Amico
di tutti e in particolare dei più
piccoli non dimenticò mai nessuno nelle occasioni speciali
quali compleanni, il Natale e il
Carnevale, in particolare ebbe
a cuore i più deboli e i bimbi con
difficoltà. Periodicamente sosteneva e visitava un istituto
per minori abbandonati o allontanati dalla famiglia dai tribunali per portare un semplice
sorriso, un gioco o un contributo economico. Da ultimo e solo
dopo la sua scomparsa vennero alla luce anche altre sue personali iniziative di sostegno a
famiglie e persone bisognose.
“Scrivi sulla sabbia quello che
dai e incidi sulla roccia quello
che ricevi” era la sua filosofia
ed è anche quella che anima
tutti i promotori della nostra
Fondazione”.
Proprio per quest’inclinazione dimostrata da piccoli gesti
Un’iniziativa nata
da un grande dolore
che si propone
di alleviare altre
sofferenze aiutando
tutti i bambini
che vivono in
situazioni di difficoltà
disinteressati, gli amici e i genitori di Paolo Fagetti hanno
deciso di dare vita ad un’istituzione, la Fondazione appunto,
che ha quale finalità quella di
aiutare in suo ricordo, con ogni
forma di contributo sociale ed
economico, i bambini in particolare, e qualsiasi persona bisognosa d’aiuto. Perché per le
persone più vicine a Paolo aiutare gli altri in sua memoria è
il modo per ricordarlo, di vivere come lui viveva! Da qui l’idea
e l’impegno di riuscire a costruire una casa-alloggio per bambini in difficoltà. Ma in attesa
dell’attuazione del progetto la
Fondazione ha iniziato a prendere a cuore il caso di Ivan, un
bambino olgiatese affetto da
una rara malattia, la “sclerosi
tuberosa”, che gli impediva un
corretto sviluppo per cui era indispensabile un intervento chirurgico urgente negli Stati Uniti, del costo di 250.000 euro.
Dopo l’apertura della sottoscrizione in pochi giorni, grazie all’impegno e alla generosità di
tante persone, si è raccolto il
necessario per il viaggio, il soggiorno e l’intervento avvenuto
al Medical Center di New York,
che ha avuto un ottimo risultato e sta permettendo ad Ivan un
recupero graduale e costante.
Prima dell’intervento Ivan si
adattava a tutte le situazioni,
ora sa scegliere cosa mangiare,
dove e con chi stare, sempre
prima dell’intervento lo sviluppo del suo cervello si era “fermato” ai due mesi di vita, dopo
la visita specialistica effettuata presso l’ospedale Mondino di
Pavia che lo ha in cura, i medi-
ci hanno confermato un continuo progresso. Frequenta la
scuola dove è seguito da un’
educatrice personale mentre a
casa è assistito da una fisioterapista, entrambe messe a disposizione dalla Fondazione
Paolo Fagetti. Ma anche la costruzione della casa - alloggio è
sempre più vicina alla sua realizzazione. Nel 2006 la nobildonna Olgiatese Giordana
Momo ha donato un appezzamento di terreno di circa
1.500 metri quadrati sul quale
sorgerà la Casa che porterà il
nome di Paolo Fagetti e di Piera
Betti, mancata un anno dopo
Paolo. Piera era una persona
impegnata in moltissime attività di volontariato e sempre
disponibile con tutti nonostante una grave malattia che secondo la diagnosi le avrebbe
impedito di raggiungere i 20
anni. Ma la sua voglia di vivere e lottare le ha permesso di
raggiungere i 50, affrontando
traversie non del tutto semplici. Burbera ma sensibile, sempre pronta ad aiutare tutti, per
Paolo era come una “seconda
mamma”.
“La Casa di Paolo e Piera –
precisa Enrico Fagetti – sarà
situata ad Olgiate Comasco in
località Somaino in via Momo
(la via di fronte alla parte vecchia di Casletto) in una bellissima area del paese circondata
da tanto verde. Qui sorgerà la
nuova struttura che accoglierà
bambini da zero a dieci anni che
vivono in situazione di disagio
socio – familiare e ambientale,
e vengono allontanati dalla famiglia con decreto del Tribuna-
le per i Minorenni. La casa vuole essere un modo per raccogliere il testamento morale di Paolo e Piera e proseguire sulla via
dell’impegno loro profuso nell’assistenza ai più piccoli. La
futura casa - alloggio sarà affidata alla gestione di una cooperativa che già si occupa con
competenza di queste problematiche e s’inserirà nel contesto delle strutture che sul territorio dell’Olgiatese da anni
sono impegnate su questo fronte e i cui posti purtroppo non
bastano mai. L’edificio sarà di
circa 500 metri quadrati, tra seminterrato (cantine) piano terra (soggiorno, sala da pranzo,
cucina, dispensa, due bagni,
ascensore, ufficio e sala riunioni) e primo piano (7 camere,
atrio, ascensore, due bagni e ripostiglio). La struttura è stata
progettata nel rispetto dei parametri richiesti dall’ASL e potrà ospitare sino ad un massimo di dieci bambini”.
“Una goccia d’acqua nell’oceano… per chiunque abbia bisogno d’aiuto” è lo slogan dei volontari della Fondazione che
sono sempre impegnati in attività di animazione presso strutture protette come la “Casa di
Luca” di Rodero e nel raccogliere fondi soprattutto tramite la
realizzazione d’eventi. Proprio
con quest’obiettivo anche recentemente hanno organizzato
triangolari di calcio e basket,
mostre di moto e auto d’epoca e
il concerto, tenuto nella chiesa
parrocchiale di Olgiate Comasco, di canti gregoriani del
“Coro femminile Hildegard Von
Bingen” di Como. L’avviamen-
to della Casa - alloggio di “Paolo e Piera”, il cui progetto è già
in fase conclusiva, rappresenta
il primo vero obiettivo ambizioso della Fondazione che si è
impegnata in tutta l’attività di
reperimento degli spazi idonei,
di costruzione dello stabile e di
consegna dello stesso all’organizzazione che si occuperà di
gestirla. I progetti della Fondazione non si fermano però a
quest’unica struttura ma si
spingono ad ipotizzare strutture simili sul territorio, con
l’obiettivo di sostenere inoltre
economicamente le istituzioni
che già operano in favore dei
minori, attivare servizi di tutela legale per le famiglie dei
bambini che il Consorzio dei
Servizi Sociali del territorio
dovessero richiedere, creare forme di sostegno diretto ai minori con difficoltà economiche anche attraverso la costituzione di
borse di studio che mirano a
dare il necessario aiuto a chi
vive in condizioni disagiate, e
sensibilizzare attraverso la partecipazione agli eventi e alle
manifestazioni che hanno per
oggetto l’assistenza sociale e
socio - sanitaria, la beneficenza e la tutela dei diritti civili
con particolare riguardo al
mondo del bambino. Chiunque
desideri contribuire ai progetti
della “Fondazione Paolo Fagetti
Onlus”che ha la propria sede in
via Santa Caterina da Siena 1
ad Olgiate Comasco, donando
idee fresche e frizzanti, preziosissimo tempo o effettuando
donazioni, può inviare una email a info@fondazionepaolo
fagetti.org.
SONDRIO
PIÙ FORTI DELLA CRISI: PROTAGONISTI IN AZIONE
P
iù forti della crisi:
protagonisti in
azione” è stato il
tema dell’incontro
svoltosi nel tardo
pomeriggio di mercoledì scorso presso il Protopolo di Montagna. L’incontro, introdotto da
Pietro Bazzoni della Compagnia Delle Opere di Como e
Sondrio, promotrice dell’evento,
ha visto l’intervento del presidente di Iperal Antonio Tirelli.
Il presidente del gruppo di
“
grande distribuzione valtellinese ha spiegato come la sua
azienda stia affrontando l’attuale crisi finanziaria con precise tattiche e strategie di mercato. La crisi può essere un’opportunità per chi parte da una
situazione di vantaggio poiché
chi la affronta avendo del fieno
in cascina può prendersi delle
quote di vantaggio sul mercato
che prima non possedeva. Questo in sintesi il messaggio lanciato da Tirelli, secondo cui in
questo periodo «non bisogna
occuparsi della crisi, ma della
propria azienda, mettendo in
atto subito reazioni tattiche e
strategiche. Ogni imprenditore
deve guardare al proprio settore e alla propria azienda e non
ai diversi indicatori economici».
Per questo Iperal ha attuato
una politica di prezzi e promozioni molto aggressiva per dare
stimoli ed evidenza di reazioni
ai clienti, andando incontro alle
esigenze di mercato che è cam-
biato rapidamente negli ultimi
tempi. «Innanzitutto - ha spiegato Tirelli - abbiamo ridotto il
prezzo dei generi di prima necessità, poi al posto di proporre
promozioni con un “4 per 2”, abbiamo attuato sconti fino al 50
per cento. I piani di investimento per il 2009 prevedono una
spesa di 4 milioni di euro per
aumentare, rispetto al solito, le
svalorizzazioni e condurre promozioni sempre più aggressive.
Questa politica commerciale è
possibile anche se il settore della grande distribuzione in Italia non va bene. Quando la crisi morde, è ovvio che i settori
vadano in crisi: bisogna allora
creare differenziazioni tra le
imprese che permettano vantaggi competitivi riconosciuti
dai clienti. Le promozioni aggressive assieme alla qualità
del prodotto, che va rilanciata
anche a scapito del profitto, fanno parte di questa linea».
A.G.
SOCIETÀ
P A G I N A
4
INTERNIESTERI
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
KOSOVO UN ANNO DOPO L’INDIPENDENZA PARLA MONS. DODE GJERGJI
La Chiesa con chi non vuole tornare al passato
L
e bandiere dei Paesi che
hanno riconosciuto l’indipendenza del Kosovo
sono esposte di fronte
alle sede della municipalità di Prizren e di altre città
del Kosovo. Issate al vento insieme al vessillo del nuovo Stato. Nonostante questi simboli,
però, a un anno di distanza dalla proclamazione unilaterale di
indipendenza da parte delle autorità albanesi di Pristina, il 17
febbraio scorso, il futuro dello
Stato più giovane d’Europa è
ancora avvolto da molte ombre.
Ad oggi sono 54 i Paesi che hanno riconosciuto il Kosovo, tra
cui gli Stati Uniti e quasi tutti
i Paesi dell’Unione europea ad
eccezione di Spagna, Slovacchia, Romania, Grecia e Cipro.
Una spaccatura che, fino ad ora,
ha impedito all’Ue di giocare un
ruolo chiaro nella soluzione dell’ultimo dilemma balcanico.
Senza dimenticare la grande
opposizione della Russia, da
sempre al fianco di Belgrado.
TRA SPERANZA
E DISILLUSIONE
A continuare, a distanza di un
anno, è anche la battaglia diplomatica tra Belgrado e Pristina con la Serbia che ha chiesto alla Corte di Giustizia internazionale un pronunciamento sulla legittimità della
proclamazione. Uno scontro politico, tramutatesi in una paralisi diplomatica, che ha pesanti
ricadute sulle vita di una popolazione che, indipendentemente dall’etnia, è accomunata dalla crisi economica di un Paese
dove la disoccupazione oscilla
dal 40 al 60 per cento. La mancanza di dialogo rischia inoltre
di alimentare la tensione soprattutto nelle aree a maggioranza serba del nord del Kosovo, dove negli ultimi mesi non
sono mancati episodi di tensione. Specialmente in quest’area,
i serbi, che rappresentano il
5,3% degli oltre due milioni di
cittadini kosovari, continuano a
non riconoscere le autorità di
Pristina boicottandone le istituzioni. Segnali di speranza
arrivano però da altre zone
dove non mancano esempi di
convivenza interetnica. Scenari differenti che spesso affondano le radici nel ricordo dei sanguinosi giorni di guerra.
DIPLOMAZIA
AL LAVORO
Il dialogo è però l’unica strada per risolvere alcuni dei grandi problemi che ancora impediscono lo sviluppo di questo spicchio di Balcani: dalle mancate
privatizzazioni delle imprese ai
commerci (la Serbia è una dei
principali partner commerciali
del Kosovo), dalla protezione
dei monasteri serbi al ritorno
dei profughi, dalla lotta alla criminalità alla partecipazione di
tutte le etnie alla vita delle istituzioni, senza dimenticare lo
sviluppo economico e delle infrastrutture. Proprio su questi
problemi comuni, Lamberto
Zannier, capo dell’Amministrazione Internazionale del Kosovo
(Unmik), sta invitando le parti
a discutere, raccogliendo però
timidi segnali. La Serbia ha più
volte dichiarato di accettare
soltanto negoziati sulla questio-
ne dello status, mentre le autorità albanesi sono disposte a sedersi attorno ad un tavolo soltanto da pari, con un dialogo tra
stati sovrani.
Due posizioni al momento difficilmente conciliabili. Queste
difficoltà, unite alla lentezza del
processo di riconoscimento del
Kosovo, hanno creato così un
misto di disillusione anche nella maggioranza albanese che
ancora non vede i segni di un’indipendenza attesa a lungo e,
forse troppo spesso, ritenuta la
medicina per tutti i problemi.
“La popolazione del Kosovo - ha
dichiarato mons. Dode Gjergji, Amministratore Apostolico
di Prizren, a Michele Luppi, inviato di SIR Europa - vive tra il
desiderio di costruire il proprio
Stato e una certa disperazione
per il ritardo e le difficoltà di
questo processo, sia sul piano
delle funzionalità, sia per la
scarsa chiarezza sulle competenze dell’Eulex. Senza dimen-
ticare il mancato riconoscimento da parte di molti Paesi”.
Negli ultimi mesi per cercare
di adattarsi ad un contesto profondamente mutato, l’Unmik,
ha avviato un percorso di riorganizzazione, diminuendo il suo
organico, e devolvendo il controllo di aree come giustizia,
dogane e polizia alla missione
Eulex, la più grande missione
mai dispiegata dalla politica
europea di sicurezza e difesa.
PROSPETTIVA EUROPEA
Un sempre maggior coinvolgimento dell’Europa, con il definitivo approdo di tutti i Balcani nell’Ue appare, infatti, come
l’unica soluzione che possa mettere una parola fine alla questione. Ma questo non sarà possibile fino a quando non sarà
trovata una soluzione condivisa al problema kosovaro. Dall’altra parte molti sono i passi
che i due Paesi devono ancora
compiere. Belgrado ha già fir-
mato il trattato di associazione
e stabilizzazione, anticamera
del cammino verso l’Ue, ma vincolandolo alla collaborazione
con il Tribunale Penale Internazionale per la ex Jugoslavia.
Il Kosovo deve, invece, ancora
raggiungere standard adeguati in molti ambiti dimostrando
di essere uno stato di diritto.
Traguardi che appaiono ancora lontani. Due cammini da
compiere insieme magari raccogliendo l’appello di mons.
Dode Gjergji, che ha più volte
invitato gli albanesi alla moderazione nei festeggiamenti,
onde evitare inutili provocazioni: “Non possiamo tornare al
passato, dobbiamo lavorare insieme, serbi e albanesi, per il futuro del Kosovo ricordando come non vi sia alternativa all’ingresso comune nell’Unione europea”.
SIR EUROPA
(inviato MICHELE LUPPI)
NOTA ECONOMICA
Con la cultura nichilista non ci sarà ripresa!
P
ongo una affermazione
che farà sorridere non
solo gli eventuali lettori di fede laica, ma anche molti cattolici progressisti. La crisi del capitalismo non è dovuta a consunzione, a mancanza di regole, a cecità ed egoismo sfrenato della
classe dirigente, quanto alla
perdita del concetto del sacro,
ossia “all’assenza di Dio”, nella
vita dei cittadini, nella società
civile e in quella politica, nonché nel sistema economico/produttivo e finanziario.
L’inquinamento dell’ambiente culturale, politico, sindacale
ed economico/finanziario, rispecchia l’inquinamento interiore, nonché il distacco dalla
fede cristiana. La società contemporanea ha rinunciato alla
funzione di guida e di formazione delle coscienze, del magistero religioso ed ecclesiastico,
cosicché è giunta ad un’etica
senza Dio. La cancellazione della fede in Dio ha tolto fondamento all’etica, ha portato al
nullismo, ovvero alla perdita
della speranza e della capacità
di costruire il futuro. Ho inteso
dire che il declino dell’Occidente non è provocato né dal crollo
delle ideologie, né dalla crisi del
sistema capitalista con i suoi
corollari di libero mercato e concorrenza. Quindi, non basterà
dar vita ad un governo di indiscusse capacità tecniche, rilanciare l’imprenditorialità e divenire laboratorio d’eccellenza,
nell’ambito della ricerca e della sperimentazione, per portare l’Europa fuori dalla crisi.
Checché se ne dica per uscire
dalla recessione, che soffoca
l’economia, necessita riscoprire
valori e idealità. Urge rendersi
conto, ad esempio, che il progetto di una “nuova Italia”, ossia
delle sue strutture politiche,
giuridiche, economiche, artistiche, deve ispirarsi non solo a
valori di libertà e democrazia,
ma anche alle radici cristiane
dei popoli europei. Non si deve
dimenticare che “è un’esigenza
della loro dignità di persone che
gli esseri umani prendano parte attiva alla vita pubblica”
(Pacem in terris, 73). Detto impegno richiede, uomini maturi,
determinati e onesti, capaci insomma di vivere da cittadini e
non da sudditi.
Da più parti giungono notizie
disarmanti: il debito pubblico è
in costante crescita; le casse
dello Stato piangono miseria; le
risorse sono insufficienti per finanziare l’uscita dalla crisi. E’
noto che il rapporto debito/Pil
è fra i più alti dell’Unione Europea, se non il più alto, e la sua
crescita sarà continua anche
per ragioni anticicliche. Ciò non
preclude, tuttavia, l’attuazione
delle riforme strutturali di
maggior urgenza, nonché di assumere misure in grado di sostenere reddito e occupazione.
Chi mi legge sa che amo il paradosso e il non conformismo,
quindi nessuna meraviglia se
affermo che non è intelligente
tagliare indiscriminatamente
la spesa pubblica. Il buon senso suggerisce di praticare, come
prima via, la razionalizzazione
della spesa e soprattutto di operare l’aumento delle entrate.
Nel precedente articolo ho sostenuto che le misure anticrisi
varate o promesse dal governo
sono insufficienti, ma nonostante ciò hanno peggiorato la valutazione del nostro debito, da
parte dei mercati e delle società di rating. Ciò premesso ricordo che tanto più cospicuo sarà
il sostegno ai redditi e all’occupazione, tanto più consistente
sarà il disavanzo aggiuntivo
che ne conseguirà. Ecco perché
le riforme strutturali, dalle
quali ci si aspetta il riequilibrio
dei conti pubblici e una spinta
consistente alla ripresa economica, dovranno essere rigorose,
credibili e inserite in una strategia di ripresa politica e sociale di lungo respiro.
Pongo ora una domanda: con
quali risorse si può garantire la
copertura a un programma di
sostegno dei redditi medio bassi? La risposta è semplice: con
quelle derivate, ad esempio, da
una intelligente riforma del sistema pensionistico e da un robusto giro di vite all’evasione
fiscale. Nel sistema degli ammortizzatori sociali, non intendo inserire i sussidi a favore dei
lavoratori che, in un futuro
prossimo, potranno perdere
quote di salario, a causa dell’introduzione della settimana corta. L’introduzione della settimana corta, proposta da Angela
Merkel, con l’intento di evitare
nel corrente anno licenziamenti nelle trenta maggiori industrie tedesche, è stata accolta
con favore anche in Italia. La
settimana corta è mirata al sostegno dell’occupazione, nell’attuale momento di crisi, quindi
è volta a difendere chi già possiede un posto di lavoro. Ignora chi ne è senza e chi è alla ricerca di un primo impiego.
L’uscita dalla crisi non passerà
solo dalla riduzione della spesa pubblica, dalla settimana
corta, dalla cassa integrazione
e da programmi di grandi opere pubbliche. Non intendo negare che le predette scelte non
siano strumenti validi di contenimento della prevedibile
emorragia occupazionale, ma
da sole non saranno sufficienti
a rilanciare l’occupazione, nei
tempi medio/lunghi.
Mai come in questi mesi si è
respirato aria di sfiducia nei
confronti delle istituzioni democratiche e dello sviluppo economico. Si colgono, nello scontento dei cittadini, quei sintomi che
portarono, nel massimo della
buona fede, al fascismo. Non
vedo la capacità di progettare
iniziative in grado di spingere
la ripresa economica e ridare
fiducia nelle istituzioni e negli
uomini, che sostanziano la democrazia parlamentare. Manco
colgo la volontà di investire in
ricerca, innovazione e in strategie proiettate nel futuro. Scelte che renderebbero credibile la
speranza in una ripresa solida
e nell’espansione della presenza dei nostri prodotti sui mercati mondiali. La società in cui
viviamo è pervasa da un fondamentalismo laico cieco e da un
nichilismo fautore di violenza e
cultura di morte sostanziatasi,
prima nell’aborto, poi nella decisione di togliere la vita ai privi di voce, vedi Eluana Englaro,
e ciò è premessa al varo della
legge che legalizzerà l’eutanasia.
Purtroppo si espande quella cultura del nulla, che portò alle camere a gas naziste, ai gulag sovietici e all’eliminazione dei diversi (zingari,omosessuali, handicappati mentali e fisici).
GIANNI MUNARINI
SOCIETÀ
FATTIePROBLEMI
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
P A G I N A
5
SE L’ARTE DI IPPOCRATE RISCHIA DI MORIRE
Medico, rispetta la vita!
L
R
Se manca
la saggezza...
egittimare la morte per
fame e per sete di un
malato – come è accaduto nel caso di Eluana
Englaro – significa stravolgere il senso dell’arte medica. Anzi: potremmo parlare senza esagerazioni di “morte della
medicina”. Questo giudizio potrà apparire a prima vista eccessivo, ma a ben guardare è
solo una logica conseguenza
delle premesse operative che
hanno motivato i giudici e i fautori della “morte pietosa”.
Infatti, su che cosa si fonda
da millenni l’atto medico? Da
dove trae la sua legittimazione
il gesto del medico operato sul
corpo del paziente? Se avessimo qui davanti a noi Ippocrate
– greco e pagano, autore del celebre Testamento 2500 anni fa
– egli ci risponderebbe che la
suprema lex del medico è il
bene del paziente. Oggi si parla molto di “alleanza terapeutica” e di “relazione medico-paziente”, ma si rischia di dimenticare un dato oggettivo ed elementare: che prima ancora dell’instaurarsi della relazione,
occorrono delle certezze intorno al “mandato” che accompagna l’azione del medico. Questo
mandato contiene dei doveri,
degli obblighi, degli imperativi
che non dipendono dalle circostanze, ma dalla natura stessa
della professione: e fra questi
imperativi, al primo posto non
può che esservi la vocazione del
medico a combattere la malattia, a lottare contro la morte e
contro i suoi segni collaterali,
aiutando il paziente per quanto possibile. Si tratta di un combattimento impari, nel quale
alla fine la medicina esce comunque sconfitta, giacchè la
vita - almeno quella biologica è una “malattia mortale”. Ma
ciò non toglie che al letto di ogni
paziente il medico arriva con un
“protocollo” vincolante per la
sua coscienza, ben più antico e
più serio del famoso “protocollo
di Udine”. Un protocollo nel
quale, di fronte alla chiamata
del paziente, il medico si sente
caricato della responsabilità morale e insieme giuridica, socialmente rilevante - di prendersi in cura il malato. Qui si
vede bene anche la grande differenza che c’è fra la libertà che
ogni persona ha di “sfuggire”
alla cura - ad esempio evitando
di ricoverarsi o di sottoporsi a
una chemioterapia - e la ben
diversa situazione che si verifica quando la persona è letteralmente “nelle mani” di un medi-
co o di una struttura sanitaria,
che a quel punto ha assunto e
assume nei confronti del malato una serie di doveri sia morali che giuridici
In sintesi: non è che il compito del malato è definito dalla
relazione con il paziente. Se così
fosse, dovremmo concludere che
la professione medica sarebbe
definita di volta in volta (come
la libertà di cui parla Sartre)
sulla base delle istruzioni operative del singolo paziente. Ne
ricaveremmo che - per fare un
esempio paradossale - la richiesta di una otturazione dentaria,
oppure la richiesta di estrarre
tutti i denti sani per restare con
le sole gengive, sarebbero due
prestazioni mediche assolutamente equivalenti in virtù della volontà arbitraria e capricciosa del paziente.
Con la morte di Eluana si è
voluta varcare una frontiera:
quella che considerava la vita
un bene indisponibile, anche in
presenza di una (per altro non
dimostrata) volontà di morire
del malato. Se proseguiremo in
questa direzione, la medicina
sarà letteralmente morta. Verrà rimpiazzata da un mestiere
che si preoccupa di offrire al
paziente ciò che egli vuole, senza poter più rifiutare nulla, in
ossequio all’idea che “voluntas
aegrotii suprema lex”. Lo storico della medicina Giorgio Cosmacini, in un pezzo apparso
sull’inserto culturale del Sole
24 ore di domenica scorsa, suggeriva un nuovo paradigma.
Quello in base al quale “oggi la
vera pietas è l’etica del rispetto”. Intendendo - con questa formula indubbiamente molto elegante e rassicurante - che oggetto del rispetto non sarebbe
più il bene della vita, cui il già
citato Ippocrate “inchiodava”
tutti i suoi discepoli, ma il bene
della volontà del paziente. Di
PELLEGRINAGGIO IN TURCHIA
LE DATE SONO CAMBIATE!
Gli Uffici Pastorali di Curia per la Catechesi e per il Dialogo
interreligioso propongono, in occasione dell’Anno Paolino che
si concluderà alla fine di giugno, un pellegrinaggio “Sui passi
di Paolo, in Turchia”. Lo scopo del viaggio-pellegrinaggio è
quello di offrire a tutti gli operatori pastorali della Diocesi (catechisti, educatori, componenti consigli pastorali, ministri straordinari dell’eucarestia, coppie impegnate nei vari persorsi…),
ma anche a tutti gli altri, un’occasione per conoscere la storia e
la teologia paolina a partire da alcuni luoghi visitati dall’Apostolo. Il pellegrinaggio sarà guidato da don Battista Rinaldi e
accompagnato da un Vicario episcopale; per gli aspetti turistici dipenderemo da guide locali. Il periodo è fissato nei giorni
dal 15 al 22 giugno 2009; il costo a persona è di € 1.200,00. Le
iscrizioni si possono fare telefonando direttamente all’Agenzia
organizzatrice: I Viaggi di Oscar, via Pretorio, Como: numero
telefonico 031.304.524. L’agenzia fornirà anche tutte le indicazioni logistiche necessarie e potrà inviare programma dettagliato. Termine ultimo per le iscrizioni 15 aprile 2009.
più: questa idea della pietas
come rispetto potrebbe intendersi rivolta al tema della dignità-qualità della vita del paziente. E, dunque, non più il
paziente - essendo egli impossibilitato a farlo perché non più
compos sui, o mai in grado di
esserlo - ma persone vicine a lui
potrebbero decidere che la cosa
migliore, per “rispettarlo”, sarebbe farlo morire.
Questo scenario non implica
solo un cambiamento della medicina, ma ne decreta inesorabilmente la morte. Perché a
quel punto non potremmo più
definire un contenuto oggettivo dell’arte medica, ma soltanto ipotizzare una competenza
tecnica (saper maneggiare abilmente un bisturi) totalmente
ambivalente nei suoi esiti: incidere un ascesso, oppure recidere un’arteria per far morire
il paziente che lo avesse chiesto. Magari con un regolare testamento biologico.
ileggevo in questi giorni alcune provocazioni di C. Sotll (Confessioni di un eretico
high-tech, Garzanti)
sul rapporto scuola-computer. Una scuola - si chiede
l’autore - ha davvero bisogno
di computer? La risposta è
categorica: una buona scuola, se è davvero tale, non ha
bisogno di computer; se invece è una scuola mediocre, non
migliora adottando i computer. Io credo che, in questo
asserto, al di sotto della forma provocatoria, ci sia del
vero, e non poco. “Vogliamo
una nazione di stupidi? Basta centrare sulla tecnologia
il curriculum di studi; insegnamento attraverso videocassette, computer, sistemi
multimediali. Si punti al
massimo risultato possibile
nei test di verifica standardizzati e si tolgano di mezzo
quelle materie non di massa
come la musica, l’arte, la storia, avremo una nazione di
stupidi”. E ancora: “É facile
scambiare per intelligenza la
semplice familiarità con i
computer, ma saper manovrare un computer non significa acutezza mentale. E incompetenza informatica ancor meno significa stupidità”.
Non c’ è navigazione in rete
che possa rimediare a una
mancanza di pensiero critico e di capacità comunicativa. Nessun computer multimediale aiuterà uno studente a sviluppare capacità di
analisi. Le informazioni in
quanto tali non solo non edu-
cano, ma
non danno
nemmeno
quella capacità e
quel potere,
che alcuni
sostengono.
In realtà,
dice Stoll:
“Saggezza
e conoscenza sono legate allo
studio, esperienza,
maturità,
discernimento, ampiezza di vedute e
introspezione. Tutte cose che
hanno poco a che vedere con
l’informazione. Né hanno
molto a che fare con il potere”. Però, ciò che forma l’uomo e lo rende veramente tale,
è proprio la saggezza. E la
società oggi tende assurdamente a considerare i puri
dati di informazione “superiori all’ esperienza, alla maturità, alla compassione, all’illuminazione interiore”, e
quindi superiori alla saggezza. Chissà perché in tanto
parlare di riforma della scuola queste provocazioni, provenienti da persona non sospetta, sono praticamente
assenti? E se sono presenti è
per operare nella direzione
esattamente opposta? Quintali di tecnologia non possono produrre un grammo si
saggezza. Che alla nostra
scuola manchi appunto un
minimo di saggezza?
QUALE
?
scuola
ARCANGELO BAGNI
MARIO PALMARO
CORSIVO
di AGOSTINO CLERICI
QUELLA CENA
A CADAVERE
CALDO...
Orzotto con fagioli e lombata di cervo, bagnati con i
migliori vini friulani. Catering d’élite con camerieri in
guanti bianchi. Villa seicentesca nella campagna fuori
Udine. Ecco gli ingredienti
per una serata - anzi, una
notte - indimenticabile. Ma
chi è il mecenate? E chi sono
gli invitati? E quale il motivo di tanto lusso e raffinatezza? Vedo di accontentare i lettori curiosi, perché la
grande stampa - che pure
era presente all’evento - non
ha scritto nemmeno una
riga. Il “signorotto” che ha
organizzato la cena è l’avvocato Giuseppe Campeis,
legale di Beppino Englaro.
Gli invitati alla cena in villa
- naturalmente Villa Campeis - sono i giornalisti che
si sono occupati della tragica vicenda di Eluana. Tutti? No, ne mancavano alcuni, e lascio al lettore indovinare il criterio che ha guidato l’avvocato della famiglia Englaro nello stilare la
lista degli invitati... «So già
che mi mancherete molto; -
avrebbe detto il nostro mecenate, potente uomo del
foro - con questa cena vi voglio ringraziare per la vicinanza e la collaborazione
che ci avete dato». Il motivo
dell’orzotto con fagioli e della lombata di cervo, a questo punto, è evidente a tutti: la morte di Eluana.
Fin qui la notizia. Non
data sui loro fogli dai giornalisti invitati, forse perché
la cena è finita molto tardi
e le rotative già stampavano... e, si sa, il giorno dopo
la notizia era ormai vecchia
per finire su quotidiani eccelsi. Mentre i bicchieri s’incrociavano nel brindisi, il
cadavere di Eluana era ancora all’obitorio (il funerale
si sarebbe celebrato il giorno dopo tra le montagne
della Carnia), il che ha contribuito certo a rendere ancora più macabra la cena in
villa. Non c’è bisogno che sia
io a segnalare il cinismo dell’avvocato che ha organizzato la cena, che qualcuno ha
definito «cena dei duri di
cuore». Del resto, uno che ha
lottato in tribunale per ottenere il diritto a disidratare e disalimentare chi non
aveva voce per difendersi,
ha dimostrato di avere gran-
di risorse economiche per...
idratare e alimentare proprio coloro che hanno avuto
e continuano ad avere voce
e che, quindi, possono ancora foraggiare la “nobile”
causa dell’eutanasia.
Quello che mi preoccupa
di più non è il cattivo gusto
di un personaggio inquietante, ma è il cinismo dei
miei colleghi della carta
stampata, che hanno accettato un invito a cena da chi
voleva ringraziarli. E perché mai? Non avevano essi
fatto il loro onesto mestiere
di chi scrive solo ciò che vede, di chi si documenta seriamente, di chi ascolta e
soppesa tutte le fonti, di chi
soprattutto non si lascia ungere gli ingranaggi della
penna da nessuno... E, allora, perché rovinare tutta
questa deontologica carriera giornalistica, lasciandosi tentare da un volgare orzotto con i fagioli e da una
lombata di cervo, messi in
tavola con i guanti bianchi?
Nonostante si sia trattato di una cena, in villa si è
consumato l’ulteriore denutrimento delle coscienze.
Naturalmente parlo di quella dei miei colleghi. L’avvocato, lui, è su un altro pianeta!
P A G I N A
6
CHIESA
CHIESA LOCALE
○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
PRONTA PER PARTIRE LA TERZA EDIZIONE
Scuola diocesana
di pastorale famigliare
M
entre la seconda
sta per concludersi,
si aprono le iscrizioni alla terza edizione della scuola
diocesana per operatori di pastorale famigliare. In questo
modo altre coppie di sposi, sacerdoti, seminaristi e consacrati potranno approfondire la loro
formazione, a partire dalla
(ri)scoperta del sacramento del
matrimonio.
E’ quanto hanno avuto modo
di sperimentare coloro che hanno partecipato: le lezioni, le testimonianze, i lavori di gruppo,
i laboratori, le simulazioni; tutto ciò ha permesso di comprendere cosa significhi “promuovere uno stile che riconosca alla
famiglia un’autentica soggettività sacramentale nell’edificare la comunità” come auspica il
Vescovo Diego nelle Proposte
Pastorali per il biennio 20082010. Da non sottovalutare anche la modalità residenziale che
consente di creare relazioni, di
vivere momenti di incontro e
dialogo, di ampliare le proprie
conoscenze rispetto alla realtà
diocesana. E che dire della “convivenza sui banchi di scuola” di
diverse vocazioni? E’ occasione
preziosa, e rara, di condividere
l’entusiasmo per ciò che si impara, la fatica dello studio, il
desiderio di portare nelle proprie comunità le cose belle che
si scoprono, la paura di incontrare critiche e ostacoli. Questo
permette a sposi, sacerdoti e
consacrati di cogliere la passione ma anche le fatiche di chi
vive, nella Chiesa, un’altra vocazione.
La scuola si articola su due
anni: il primo anno mira a gettare le basi antropologiche, teologiche e psicologiche riguardo il matrimonio e la famiglia.
Nel secondo anno sono previsti
due indirizzi: per coloro che intendono dedicarsi alla preparazione dei fidanzati e alle giovani coppie e per quanti intendono svolgere il loro servizio con
le diverse realtà famigliari, con
particolare attenzione ai gruppi famigliari.
Una proposta da non sottovalutare, anche in riferimento ai
nuovi itinerari di fede per
fidanzati che, ancora una volta, fanno emergere il bisogno di
una formazione adeguata che
aiuti sacerdoti e sposi a “trovare le parole” per dire il Vangelo
del matrimonio e della famiglia.
ANNALISA GIBOTTI
28 FEBBRAIO IN SAN FEDELE
Rito di elezione
dei Catecumeni
TUTTA LA COMUNITÀ DEI CREDENTI
È INVITATA A PARTECIPARE A QUESTO MOMENTO
S
abato 28 febbraio, alle ore 15.30, presso la chiesa di san
Fedele in Como il vescovo monsignor Diego Coletti presiederà il Rito di elezione dei Catecumeni, momento cardine
del cammino catecumenale. “L’esperienza di questi ultimi anni nella nostra diocesi ha dimostrato che l’impegno
per l’iniziazione cristiana degli adulti, là dove si è attuata, è stata
di grande utilità per la comunità cristiana: si sono compresi meglio il valore dell’anno liturgico in riferimento alla vita cristiana,
il significato dei gesti sacramentali come ‘santi segni’ con cui Dio
continua la sua opera di salvezza, il valore di un’esperienza cristiana come scelta e risposta a una chiamata, piuttosto che come
socializzazione religiosa che avviene per abitudine”. Ad esprimersi così è il piano pastorale per il biennio 2008-2010. Pertanto anche quest’anno ha preso avvio questo percorso di catecumenato
per l’iniziazione cristiana degli adulti . “… paradigma di ogni formazione cristiana. Questo rito deve diventare guida e norma anche per le altre forme di iniziazione cristiana che vengono attuate, quella dei ragazzi in età scolare e quella, assai diffusa nelle
nostre comunità, del Battesimo dei bambini appena nati con la
ripresa degli altri sacramenti dell’iniziazione nell’età successiva”.
È sempre il piano pastorale ad esprimersi così.
Da qui nasce l’esigenza di guardare a questo ‘modello’ per i nostri
percorsi abituali. Per questo il Vescovo celebra con solennità questi sacramenti di iniziazione con tutti i riti che li precedono e li
preparano.
In S. Fedele, dunque, il giorno 28 febbraio, alle ore 15.30, ci sarà il
Rito di elezione per i Catecumeni. Sono quegli adulti che hanno
iniziato il loro percorso per l’iniziazione cristiana. La Chiesa, nella figura del Vescovo, li accoglie con materna fiducia e si impegna
ad accompagnarli fino alla celebrazione della loro piena appartenenza, come membra vive, a quel Corpo vivente di Cristo che è la
Chiesa stessa.
A questa celebrazione tutto diventerà più significativo se oltre al
Vescovo, gli officianti e coloro che animano la celebrazione, vi saranno anche i fedeli delle comunità di provenienza di questi
catecumeni, insieme con i loro accompagnatori. Una Chiesa vivace e cosciente si vede soprattutto “nella partecipazione piena e
attiva di tutto il popolo santo di Dio alle medesime celebrazioni
liturgiche… cui presiede il vescovo circondato dal suo presbiterio
e dai suoi ministri” (SC n.41).
don BATTISTA RINALDI
IL RICORDO
DI MONS.
LUCIANO
SALVADÈ
Sabato 28 febbraio sarà il primo anniversario della morte di
monsignor Luciano Salvadè,
rettore della basilica di sant’Abbondio in Como, cappellano del
Cimitero Monumentale e docente presso il Seminario
vescovile.
Don Luciano sarà ricordato durante le celebrazioni eucaristiche di sabato 28 febbraio
a Olgiate Comasco, alle ore
18.00; domenica 1 marzo,
alle ore 11.00, presso la Cappella del Cimitero Monumentale di Como (presiede il
vicario generale monsignor
Giuliano Zanotta); domenica 1
marzo, alle ore 16.00, presso la basilica di sant’Abbondio in Como.
UFFICIO PER LA LITURGIA
Ministri della Comunione
In risposta alle richieste avanzate da parroci e superiori di
Case Religiose (quasi esclusivamente di zone del Comasco) si
comunica che per la preparazione di nuovi ministri straordinari della Comunione viene convocata una prima riunione che
si terra sabato 21 febbraio a Como, presso l’Istituto Canossa,
via Balestra 10, dalle ore 14.30 alle ore 17.30. Si tratteranno i
seguenti temi: Il Signore Gesù, “Servo” del Padre e degli uomini. Il ministro straordinario della Comunione nella Chiesa “comunità di servizio”
In questa occasione - considerate le esigenze dei partecipanti si concorderanno le modalità per proseguire il cammino
formativo obbligatorio per accedere al ministero.
Per problemi organizzativi, parroci e superiori religiosi sono
pregati di comunicare o confermare quanto prima all’Ufficio
per la liturgia le adesioni (tel. 031-3312216 – 031-3312252).
La riunione generale di Quaresima dedicata a tutti i ministri
straordinari della Comunione eucaristica operanti in diocesi
avrà luogo:
- domenica 8 marzo a Sondrio, presso l’oratorio Sacro Cuore, dalle ore 9.30 alle ore 12.30. (Non è prevista la partecipazione insieme alla S. Messa)
- domenica 29 marzo a Como, presso l’Istituto Canossa, via
Balestra 10, dalle ore 14.00 alle ore 17.00.
UFFICI DI CURIA
Incontro con il Vescovo
Mercoledì 25 febbraio (Ceneri) presso il Centro Card.
Ferrari alle ore 10.00 tutti gli uffici di Curia si incontrano
con il Vescovo per iniziare il cammino della Quaresima.
MERCOLEDÌ 25 FEBBRAIO
LA CURIA RIMARRÀ CHIUSA
CHIESA
CHIESAMONDO
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
P A G I N A
7
LETTERE DALLA MISSIONE / 1 PADRE ATTILIO MOMBELLI, MISSIONARIO VINCENZIANO NATIVO DI GAGGINO
GIORNATA NERA PER IL MADAGASCAR
S
ette febbraio 2009: la
guardia presidenziale
apre il fuoco contro un
gruppo di manifestanti
dell’opposizione ad Antananarivo, capitale del Madagascar. In base a quanto saputo sono quaranta le vittime e
più di trecentocinquanta i feriti. Scrive padre Attilio Mombelli, missionario in Madagascar, che ci aggiorna sulla situazione drammatica e molto tesa
del Paese.
“Nei tanti anni passati qui
penso che questa sia stata tra
le giornate più pesanti, dure e
tristi, per non dire disonoranti
nella storia del popolo malgascio.
Un popolo buono e mite; sorridente ed accogliente ha mostrato i suoi artigli.
Un popolo che ha sempre fatto della “ FIHAVANANA”
(l’equilibrio dei buoni rapporti
con tutto il cosmo) un segno
della sua saggezza ancestrale;
un popolo che ha vissuto diverse lunghe e dolorose rivoluzioni quasi senza spargimento di
sangue, oggi ha mostrato un
volto diverso e ora ne porta le
conseguenze di dolore e di vergogna. Purtroppo tutto fa temere che si sia solo all’inizio di
quello che potrebbe diventare
una vera guerra civile e magari anche tribale.
La tensione tra il presidente
in carica Marc Ravalomanana
e il sindaco di Tana, Handry
Rojoelina (di soli 34 anni), è incominciata da alcuni mesi, aumentando però assai presto.
Ognuna delle due parti ha
voluto aggrapparsi ad un cespuglio di verità per coprire una
foresta di imbrogli e di interessi.
Dalle parole si è passati ai
fatti; prima con la soppressione della radio e televisione del
Sindaco di Tana poi con il suo
mandato d’arresto .
Risposta immediata è stata
l’assemblea popolare sulla
grande piazza dell’indipendenza a Tana con la distruzione
della televisione del presidente
e di quella nazionale.
In seguito il sindaco si è autoproclamato capo del governo del
Madagascar, accusando l’attuale presidente di una lunghissima serie di frodi e di delitti contro il bene comune della gente.
Ne sono seguiti una serie di
devastazioni e furti nei supermercati di una società di proprietà del presidente, in quasi
tutte le grandi città del Madagascar.
Già in queste devastazioni ci
sono stati dei morti, ma soprattutto incidenti sui posti dei furti
(incendi e case o tettoie cadute).
Per qualche giorno si è pensato ad una possibile mediazione dei Vescovi.
Ma oggi il sindaco ha nominato un suo “primo ministro” e
insieme, accompagnati dalla
folla hanno marciato per occupare un palazzo governativo
dove insediare il nuovo governo. In quel momento abbiamo
capito che ERA FINITA!
Il corteo si è trovato la strada sbarrata dall’esercito a qualche centinaia di metri dal palazzo; qualche scambio di parole, scaramucce, lanci di pietre,
assalto, spari sulla folla, subito
una ventina di morti e centinaia di feriti.
Inspiegabile l’incoscienza di
un comportamento provocatorio come questo; un comportamento destinato solo a far spargere del sangue inutilmente (se
caso mai ci fosse uno spargimento di sangue che si possa
giustificare!).
In un istante oltre a tante vite
umane è affondata e morta la
speranza di una riappacificazione, di un avvenire più tranquillo, di un popolo unito.
Ora crescerà l’odio della gen-
te contro i militari (e sono i loro
figli), di un partito contro l’altro, c’è da temere anche di tribù contro tribù, oltre che tra
cristiani e contro i cristiani...
Noi cattolici avremo la nostra
parte (il sindaco è cattolico ... e
quello che ha fatto farà dimenticare anzi infangherà l’impegno dell’episcopato per fare incontrare le due parti).
Nessuno può prevedere che
cosa capiterà domani, ma dobbiamo aspettarci il peggio.
I Vescovi in questa situazione, oltre all’impegno di cui ho
detto, hanno invitato e richiamato alla moderazione all’apertura al dialogo e sopratutto alla
preghiera.
Domani tutta la chiesa cattolica celebrerà una giornata di
preghiera per domandare il perdono e la riconciliazione.
Certo il popolo malgascio e
sopratutto i poveri pagheranno
caro, forse con tante altre vite
di coloro che moriranno di fame,
di stenti e di malattia.
Forse i malgasci conserveranno ancora un po’ del loro sorriso buono... ma in questo momento tutti abbiamo un cuore
pesante come un macigno, un
macigno che sa di tomba.”
pagina a cura di
BENEDETTA MUSUMECI
LETTERE DALLA MISSIONE / 2 SILVIO E DANIELA VENTRESCA, LAICI MISSIONARI COMBONIANI
LE CONTRADDIZIONI DEL MOZAMBICO
crivono dal Mozambico, per aggiornarci sulla loro esperienza missionaria, Silvia e Daniele Ventresca, laici
missionari comboniani, che ora
vivono a Maputo con la figlia
Caterina.
“Siamo Silvia e Daniele
Ventresca e da quasi sei anni
viviamo in Mozambico, prima a
Beira ed ora a Maputo, la capitale. Con noi c’è anche nostra
figlia Caterina, tre anni e mezzo, vissuti quasi interamente
qui, con sua grande gioia perché, nonostante sia lontana dalle coccole dei nonni, si trova in
un paese dove la gente è abituata ad essere circondata dai
bambini.
Maputo, come gli altri grandi centri africani, vive su enormi e pericolose disuguaglianze
sociali. A pochi km dalla “lixeira”, la discarica cittadina, vero
e proprio quartiere popolato da
gente che sopravvive frugando
tra i rifiuti, si può trovare il
quartiere centrale chiamato “a
cidade do cimento” (la città del
cemento), zona ricca molto bella e ben servita. E’ uno dei luoghi più ambiti di tutta l’Africa
Australe dove, per chi se lo può
permettere, c’è ogni genere di
comodità.
In pochi chilometri quadrati
infatti sono concentrate tutte le
attività economiche: banche,
case di cambio, ambasciate,
agenzie internazionali e le varie ONG, oltre a ristoranti, hotel, centri commerciali e tutto
quello che il consumismo può
offrire.
In questa piccola area di circa 70 km² si trovano i mozambicani arricchiti, i governanti padroni del paese, i Sudafricani
imprenditori arrivati per fare
affari, gli indiani commercianti di successo, e tutta una gam-
S
ma di stranieri presenti per i
più svariati motivi: chi per aiutare, chi perché si sta bene, chi
per sfruttare.
La polizia, molto presente e
ben armata, cerca di proteggere questi pochi fortunati tenendo blindata la zona e cercando
di tenerne fuori la massa infinita di disperati, di persone
“inutili”, che vivono ai limiti
della dignità umana guardando con occhi affamati e invidiosi chi, spesso senza rispetto e
vergogna, vive alla grande di
fianco, se non sopra, a tanta
miseria.
Le contraddizioni quindi si
toccano con mano, anzi ti si
sbattono in faccia senza poterle evitare.
Il Mozambico è portato in
palmo di mano dalla comunità
internazionale come esempio di
processo di pace riuscito, di democrazia compiuta e di sviluppo economico sorprendente.
Non di questa opinione è però
la gente che, senza bisogno dei
costosi rapporti degli esperti
della cooperazione, capisce
bene, perché lo vive sulla propria pelle, che tutto questo sviluppo non sta facendo altro che
ingrassare quei pochi che possono mettere le mani sul benessere prodotto, facendo però diventare sempre più disperati
gli altri.
Niente di nuovo sotto il sole
d’Africa. E niente di migliorabile all’orizzonte se pensiamo che
la ricchezza fino ad oggi prodotta è frutto quasi esclusivo della svendita delle risorse naturali del paese (quelle ittiche e
il legname fra tutte) e delle ingenti iniezioni di capitali stranieri.
È una situazione preoccupante, se paragonata agli analoghi
processi avvenuti in altri paesi
africani (Kenia, Zimbabwe, Ni-
geria) che alla lunga hanno prodotto violenze e instabilità politiche, come testimoniato dai
recenti avvenimenti.
Lo stesso Sud Africa, perla economica e rinomata meta turistica dell’Africa Subsahariana, non
è immune da questo meccanismo, scosso proprio negli ultimi
tempi da atti di violenza razzista. Il Mozambico, oltre ad una
criminalità urbana sempre crescente, ha assistito, all’inizio di
quest’anno, a preoccupanti episodi di rivolta popolare.
Maputo è stato ovviamente il
centro della protesta, sia perché
è la capitale sia perché è il luogo dove questa assurda situazione di disparità è più evidente.
Gruppi di manifestanti hanno bloccato le vie di accesso alla
città e sono entrati nel centro
ricco. Si sono avute ore di violenza che hanno causato, oltre
a vari morti e feriti, la distruzione di molti negozi e automezzi.
Il pretesto è stato l’aumento
del prezzo dei trasporti popolari, ma il malumore viene da lontano: da una costante crescita
generale e sconsiderata dei
prezzi dei beni di prima necessità che non ha avuto l’equivalente aumento del reddito della gente, facendo diventare il
costo della vita insostenibile
per la maggior parte della popolazione.
Questi atti di violenza sono
stati condannati unanimemente
per il modo in cui sono stati eseguiti, ma che maniere sono rimaste a tutti questi disperati per
far sentire la propria voce e le
proprie rivendicazioni, quando
oramai da anni si ignorano i continui appelli lanciati da missionari e ONG.
La soluzione al problema è
ben nota, anche se sembra più
un sogno che una speranza: che
per una volta nella storia africana i politici abbiano l’intelligenza e la forza di passare da
una gestione egoistica e di
sfruttamento delle risorse e del
potere, ad un reale interessamento per le esigenze della popolazione, che vuole vedere una
diminuzione della povertà e la
possibilità di accedere ai servizi essenziali.
Ne saranno capaci? E noi, con
la nostra presenza, come aiutarli a cambiare?
Alla prima domanda dovrà
soprattutto far fronte la comunità internazionale lasciando
da parte gli interessi economici e commerciali per un intervento realmente mirato alla
salvaguardia dei bisognosi attraverso meccanismi di giustizia sociale. Perché se soffrono
la causa è innanzi tutto un sistema globale oppressivo: si
muore di fame non per mancanza di cibo ma per una sua iniqua distribuzione.
Alla seconda domanda siamo
noi ad entrare in causa. Come?
Facendo comunione con i poveri, non perdendoli mai di vista,
diventando realmente solidali
con loro. Facile a dirsi, ma metterlo in pratica?
I Laici Missionari Comboniani ci provano, realizzando piccole comunità inserite in quartieri periferici, nelle parrocchie
gestite dai Missionari Comboniani, dove le necessità sono
tante ma dove si cerca prima di
tutto di vivere assieme alla gente, fare un pezzo di strada con
loro. E lo si attua con la partecipazione alla pastorale della
parrocchia e con la formazione:
qui a Maputo si tengono corsi
di taglio e cucito e di informatica.
Cose piccole, ma a misura
d’uomo, dove le persone sono
seguite passo passo, non solo
dal punto di vista formativo, ma
anche umano e affettivo.
E’ una grande sfida e un cammino molto lento, dovuto soprattutto alle differenze culturali e al modo tutto africano di
vedere la vita.
Il tutto cercando di vivere uno
stile di vita più sobrio, rispettoso della realtà che ci circonda e che ci metta al fianco della
gente e non al di sopra di essi.
E’ giunto il momento di schierarsi, il momento delle scelte
che devono avere come direzione non i nostri interessi ma la
vita, la vita per tutti. La gente
dei bassifondi, la gente fuori
dalla nostra porta, ci vuole, ha
bisogno di noi come di persone
che non accettano le realtà politiche stabilite e che generano
muri tra le genti.
Sembra utopia? Per noi uomini di sicuro lo è se non ci affidiamo a Colui che sente come
Sua la sofferenza di miriadi di
sfruttati e che ci assicura che
prima o poi i poveri saranno liberati dal giogo dell’oppressione.
Non ci vengono chiesti miracoli ma la vera compassione che
è molto di più del sentimento
sfuggente per una persona che
soffre: è il pieno coinvolgimento
del nostro cuore per chi è vittima del sistema, l’amore di chi
guarda le cose con gli occhi dei
sofferenti e non di quelli dei
potenti di successo.
E non possiamo aspettare di
scegliere con chi stare solo
quando ci sarà l’improbabile
risposta economica esatta ed
esaustiva ai problemi del mondo. Dobbiamo iniziare comunque a prendere le distanze dall’attuale oppressione, fare la
nostra scelta di campo che sia
in direzione del diritto alla vita
per ogni essere umano.”
P A G I N A
10
Como
CRONACA DI
E
P R O V I N C I A
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SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2008
DA 14 ANNI UN PREZIOSO SERVIZIO AL TERRITORIO
Quando
la solidarietà
tiene... Banco
L
a garanzia di un
piatto caldo, il conforto di una parola
amica, il sollievo di
non sentirsi soli al
mondo.
È nel tentativo di elaborare una risposta articolata a questi bisogni
che, circa 14 anni fa, era
il 1995, nasce a Como il
Banco di Solidarietà. Non
tanto un spazio, un luogo
fisico quanto la forza di
un’idea: fare della solidarietà un’occasione di incontro, di condivisione, di
crescita della persona.
Grazie alla maturazione di quest’idea oggi il
Banco è punto di riferimento di una rete che, in
provincia di Como, raggiunge circa cinquemila
persone. Uomini, donne,
bambini, anziani quotidianamente alle prese
con la fatica della sopravvivenza, per i quali il pasto quotidiano non è mai
scontato.
La scintilla che accende e fa sviluppare questo
fuoco ha un nome: Antonio. A raccontarci la sua
storia è Marco Mazzone,
responsabile del Banco di
Como. L’incontro con una
persona che gli ha cambiato la vita…
«Era il 1995 - ci spiega
Marco -. All’epoca operavamo, come Centro di Solidarietà di Como, in via
Borgovico nel tentativo di
far incontrare domanda e
offerta di lavoro. Svolgevamo incontri periodici
con persone disoccupate.
E lì incontrammo Antonio. Il colloquio con lui
portò tutti noi ad immergerci nella sua storia.
Quella disoccupazione
era solo l’apice di un problema ben più complesso
che abbracciava la sua famiglia. Residente in città,
alcolista, tre figli piccoli,
spesso non aveva di che
sfamarli. Le sue lacrime
ci indussero ad interrogarci su cosa fosse opportuno fare per rispondere
a questo bisogno. Incominciammo, così, ad andare a trovarlo, ogni quindici giorni, portandogli
dei viveri. Entrare nella
sua casa ci permise di diventare, un po’, parte del
suo mondo, di respirare il
suo disagio, la sua fatica
di vivere. Con lui ha avuto inizio un cammino che
ci ha portato ad oggi».
Oggi Antonio non c’è
più. Eppure a lui va il ricordo di quei primi passi.
Fu la sua famiglia la por-
Una rete di assistenza ormai
consolidata in risposta ad un bisogno
reale per le famiglie in condizioni
di particolare indigenza economica.
Sono circa 5 mila, sul territorio della
provincia di Como, le persone cui viene
garantito un pasto grazie all’impegno
del Banco di Solidarietà di Como
e di altre 83 realtà caritatevoli
pagine a cura
di MARCO GATTI
ta che avrebbe
aperto il Centro di
Solidarietà
di
Como ad un mondo
nuovo. «Approfondendo i colloqui che
conducevamo - continua Marco - ci accorgemmo esserci,
attorno a noi, molte situazioni simili
a quella di Antonio.
Ma come avremmo
potuto rispondere
richieste di questa
gente? Ci recammo
presso il Banco Alimentare di Milano,
dove incontrammo
Emilio Roda, presidente del Banco
Alimentare della
Lombardia, e Marco Luchini, oggi direttore della Fondazione Banco Alimentare. Furono
loro stessi a sollecitarci nel dare avvio al percorso che
stavamo valutando. E da lì abbiamo
incominciato. Prima rispondendo
alle esigenze del
Centro di Solidarietà, poi, piano
piano, allargando
l’orizzonte della nostra azione».
Presto l’attività del
Banco, che da quel 1995
diventa l’impegno prioritario del Centro di Solidarietà di Como, si intreccia
anche con quella di un
grande testimone di carità: don Renzo Beretta.
«Per rifornire la sua mensa a Ponte Chiasso - prosegue Marco Mazzone don Renzo si era rivolto al
Banco Alimentare della
Lombardia, Banco che, a
sua volta, vista la nostra
presenza sul territorio, ci
mise in contatto direttamente con lui. La nostra
attività lo entusiasmò sin
da subito, e fu proprio a
Ponte Chiasso, era il settembre del ’96, che realizzammo la prima raccolta
viveri in una parrocchia.
Ricordo bene quel giorno:
arrivò moltissimo cibo,
che don Renzo stipò dietro l’altare. Fu lui stesso,
anche sulla scorta della
positività di questa prima
raccolta, ad esortarci ad
andare avanti. E così facemmo. Da lì ad un paio
di mesi organizzammo
anche a Como la prima
Colletta Alimentare e il
nostro rapporto con il
Banco Alimentare di Milano divenne sempre più
stretto».
Oggi, grazie ad una rete
dalle fitte trame e ad
un’organizzazione degna
di una muli utility il Banco di Solidarietà garantisce la distribuzione di
cibo a centinaia di famiglie in difficoltà, residenti sul nostro territorio.
«Complessivamente sono
135 le famiglie che oggi
assistiamo direttamente
come Banco - ci spiega
Sonia Bianchi, un’altra
delle anime di questa realtà -, per un totale di 440
persone. Si tratta di famiglie equamente distinte
tra italiane e straniere.
Molti gli anziani soli, ma
tante anche la famiglie
numerose, in special modo di stranieri. Ogni settimana ci arrivano le
segnalazioni di tre - quattro nuove famiglie bisognose. Grazie ad una rete
di volontari (sono circa un
centinaio) assicuriamo la
consegna quindicinale di
un pacco viveri a queste
135 famiglie. La consegna
viene sempre effettuata
in coppia. È la risposta ad
un bisogno materiale che
diventa anche occasione
di incontro, relazione, dialogo proficuo. E, in molti
casi, chi non ha tempo e
possibilità di portare con-
cretamente dei pacchi, ha
saputo proporsi anche come famiglia solidale. È il
caso di famiglie che, fanno la spesa per un’altra.
Il cibo acquistato viene
sempre consegnato dai
nostri volontari. Si tratta,
a tutti gli effetti, di un’
“adozione” alimentare».
Lo scorso anno sono
state ben 33 le tonnellate
di cibo secco consegnate
dai volontari del Banco, a
conferma del notevole
impegno prodotto.
Il punto di ritrovo dei
volontari è il mercoledì, a
s. Rocco, nella sede del
Centro. Lì sono stipati
decine di scatoloni che,
poi, partono alla volta delle famiglie destinatarie.
«Il nostro slogan - ci
spiega Fulvio Montorfano, che si occupa di gestire la complessa fase di
immagazzinamento e
smistamento delle risorse - è condividere il bisogno per condividere il senso della vita. Su queste
parole si gioca l’azione di
noi volontari. Il nostro
obiettivo, che risponde ad
un bisogno concreto, non
è certo quello di risolvere
il problema della fame di
chi vive una situazione di
disagio, ma innanzitutto
consiste nella proposta di
un’esperienza di educazione alla carità cristiana
attraverso un gesto gratuito dove, l’incontro con
il bisogno dell’altro, diventa l’occasione per
riscoprire di più se stessi».
Un servizio al singolo,
alla famiglia, al territorio.
Un gesto concreto e semplice di aiuto a chi è meno
fortunato di noi.
CRONACA
P A G I N A
Como
11
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
MOLTE LE INIZIATIVE PER REPERIRE CIBO
Una rete
ramificata
per attingere
alle risorse
M
olteplici sono
i canali attivati oggi dal
Banco per
reperire le
risorse alimentari sufficienti in grado di assistere le famiglie bisognose.
LA COLLETTA
ALIMENTARE
Il più noto, ovviamente, è
quello della Giornata Nazionale della Colletta Alimentare, avviata a Como
nel 1997, che viene promossa ogni anno, l’ultimo
sabato di novembre. Un’
iniziativa che coinvolge
circa 100 supermercati
sul territorio della provincia di Como e 1500 volontari che distribuiscono il
“sacchetto della solidarietà”. Il 65% di quanto raccolto a Como viene, gene-
Non è solo la Colletta Alimentare
a garantire un continuo
approvvigionamento delle scorte
del Banco. Vediamo quali sono le altre
iniziative messe in campo
ralmente, ripartito tra gli
84 enti convenzionati con
il Banco. La restante parte è messa a disposizione
della stessa associazione
Banco Alimentare, che la
indirizza presso altri canali. La Giornata è resa
possibile grazie anche all’impegno dell’Associazione Alpini di Como, alla
Protezione Cicile, all’associazione San Vincenzo
de Paoli, agli scout e alla
Cri.
DONACIBO
Un’altra iniziativa im-
portante è caratterizzata
da “Donacibo”, che consiste nella campagna di
raccolta di cibo, una settimana all’anno, nelle
scuole di ogni ordine e
grado. Alti gli scopi di
questa settimana: educare alla solidarietà, educare alla sostenibilità ambientale, promuovere la
cultura del dono anche
tra i più giovani. “Donacibo” ha permesso di raccogliere, lo scorso anno,
nel Comasco, circa 10 tonnellate di alimenti. L’iniziativa viene riproposta,
ogni anno, la terza settimana di Quaresima. Quest’anno cadrà dal 16 al 21
marzo. «L’ingresso nelle
scuole - spiega Paolo
Mascetti, che si occupa
delle famiglie assistite -,
rappresenta una preziosa
opportunità per raccontare quello che facciamo,
per motivare la nostra
azione, per spiegare in
che modo ha a che fare
con la nostra vita e come
si lega ad una scelta di solidarietà, priva di qualsiasi colore politico. Lo scorso anno abbiamo incontrato 50 scuole: quasi tutti gli istituti comprensivi
della città e 10 superiori
tra Como, Erba, Cantù,
l’Olgiatese… Abbiamo
avuto modo di raccontare
a quasi 3500 ragazzi
quanto sia bello vivere la
dimensione dell’incontro
con l’altro, della relazione
umana».
PRONTO FRESCO
Altra fonte preziosa riguarda il servizio di Pronto fresco che, dal 2005.
Consiste nel reperimento
quotidiano dai supermercati di alimenti freschi,
non consumati, che hanno scadenza entro tre
giorni. In questo ci si avvale di un prezioso gruppo di pensionati che bat-
PER SAPERNE DI PIÙ
Come donare il proprio tempo al Banco? Il Banco di Solidarietà di Como può essere contattato
direttamente al numero 031-265061, o via fax al
numero 031-2280614, oppure via mail all’indirizzo [email protected]. Per ulteriori informazioni è possibile anche consultare il sito
www.centrosolidarietacomo.it.
te, letteralmente, con
mezzi propri, alcuni Centri con cui siamo convenzionati, per il reperimento
del cibo che poi, portato a
S. Rocco, viene smistato
per essere consegnato, il
giorno, stesso alle famiglie o alle mense dei poveri.
poi lo ripartiscono tra gli
enti convenzionati con il
Banco.
Da due mesi un accordo con il Comune di Como
prevede anche una raccolta mensile di cibo tra i dipendenti, con la richiesta
di prodotti specifici da
parte del Banco.
SITICIBO
FAMIGLIE
SOLIDALI
Il mercoledì sera vengono distribuiti anche pane
e frutta che arrivano al
Banco tramite Siticibo il
progetto della Fondazione
Banco Alimentare, con cui
il Banco di Como collabora, che, dal 2005, si occupa del reperimento di alimenti cotti, non consumati, dalle mense aziendali,
scolastiche, etc. A curare
il reperimento di questi
prodotti sono una cinquantina di volontari, che
Per far fronte alle continue richieste di cipo è
nato anche il progetto
“Famiglie solidali”. Il progetto prevede l’organizzazione e la gestione di un
sistema di raccolta domiciliare presso privati,
scuole, parrocchie, supermercati, esercizi commerciali e la successiva distribuzione delle risorse da
parte del Banco di Solidarietà
DENTRO LA RETE
Dal Banco Alimentare
alle case di molti bisognosi
I
l Banco Alimentare è una realtà che opera
sull’intero territorio nazionale. Attraverso la
Fondazione Banco Alimentare il Banco persegue una precisa missione: la lotta allo
spreco e il recupero delle eccedenze alimentari sui diversi territori attraverso le associazioni Banco Alimentare regionali. L’associazione Banco Alimentare della Lombardia, realtà
strutturata con un proprio direttivo, è a sua volta
convenzionata con svariati enti che, nei vari territori, hanno lo scopo principale di fare carità. Il
provincia di Como gli enti convenzionati con il
Banco regionale sono 84. Vi fanno parte, oltre al
Banco di solidarietà di Como, anche la Caritas,
la S. Vincenzo, l’Arca, le mense dei poveri, etc.
In virtù del suo stretto legame con il Banco lombardo il Banco di Como ne è diventato il
referente esecutivo in provincia, sostenendone
l’attività, occupandosi della gestione locale della Colletta e di altre attività.
È lo stesso Banco di Solidarietà di Como, dunque, che distribuisce agli altri 83 enti del territorio, le risorse alimentari reperite attraverso i
numerosi canali attivati (la Colletta è soltanto
uno, anche se il più visibile).
L’OLIO NEL
VETRO SCURO
“L'olio nel vetro scuro” di Laura
D'Incalci. Storie vere, intessute di
imprevedibili incontri, tutti raccolti in un libro. Sono gli incontri suscitati dall'esperienza del Banco di
Solidarietà di Como, realtà nata
agli inizi degli anni '90 per promuovere ascolto e condivisione dei
bisogni. A partire dall'esigenza
elementare del cibo, affrontata dai
volontari che ogni settimana offrono un aiuto concreto a persone in
difficoltà, è affiorata un'esperienza di sorprendente gratuità.
Non un'analisi sulla povertà o
sul ruolo del volontariato anima
queste pagine, ma la scoperta,
quasi una gioiosa rivelazione, di
un profondo legame fra chi dona e
chi riceve. La scoperta di uno
sguardo che per ognuno può diventare carico di attesa e di speranza.
CRONACA
P A G I N A
12
Como&territorio
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
GLI SCORSI 17 E 18 FEBBRAIO
La FNP Cisl
al suo XVI
Congresso
L
a Federazione
Pensionati Cisl di
Como ha celebrato, gli scorsi martedì e mercoledì,
il suo XVI Congresso provinciale. Un momento importante in cui raccogliere la sostanza del dibattito svoltosi con gli iscritti nelle 51 assemblee territoriali tenute in tutte le
zone sindacali della provincia, per leggere il presente e rilanciare l’impegno futuro.
Attraverso queste assemblee L’FNP ha eletto
141 delegati in rappresentanza di 42.349 soci
della FNP di Como (media degli iscritti 2005/08).
Nel 2008 il numero degli
iscritti ha toccato quota
42.434. «A questa assise
- ha dichiarato nell’introdurre il suo intervento Alfredo Puglia, segretario
generale della FNP di
Como - è affidato ora il
compito di definire le linee strategiche della politica sindacale che dovrà
guidare le iniziative della nostra organizzazione
per i prossimi 4 anni».
Ampio e articolato l’intervento di Puglia che
non ha mancato, da subito, di precisare come il
compito della FNP «… è
bene ricordarlo, è quello,
dentro la politica confederale della CISL, di tutelare i pensionati, sia sul
versante del reddito (valore delle pensioni), sia
sul versante del ben-essere sociale (servizi alla
persona). I pensionati appunto, ma quando parliamo di pensionati non ci riferiamo a quella massa
indifferenziata denominata “terza età”, perché
noi invece abbiamo in
mente le tante singole
persone anziane, che con
il loro lavoro e la loro opera hanno contribuito e
contribuiscono a costruire la storia del nostro
Paese.In questa accezione, non pensiamo affatto
alla persona anziana
come ad un mero elemento di costo in un supposto
bilancio nazionale, dove
solo il lavoratore attivo è
apportatore di ricchezza;
al contrario, anche l’anziano produce quella
insostituibile ricchezza
costituita dalla sua presenza al servizio della famiglia, nella funzione di
cura dei nipoti e non, degli ammalati, e nelle svariate forme di volontariato, senza le quali la
nostra società sarebbe in
grave sofferenza. E dunque, per la FNP, lottare
per il bene-essere dei pensionati e delle persone
anziane in genere, signi-
Una “forza”
rappresentata
da 42.434 soci.
«Persone le parole
del Segretario
generale FNP Cisl
di Como Alferdo
Puglia - che,
aderendo alla
FNP, ci affidano
il compito di
rappresentarle
e di tutelarle
nei loro interessi
e nei loro bisogni,
sia sul versante
del reddito, che
su quello dei
servizi sociali
(assistenza,
sanità ecc)»
fica valorizzare questa
grande risorsa per il bene
dell’intera collettività…»
Uno degli ambiti cui la
FNP dedica particolare
attenzione è il fronte della contrattazione territoriale. «La vertenzialità
nazionale regionale –
spiega, nel merito, Puglia
- deve essere accompagnata da una forte iniziativa a livello locale, lì dove
vengono organizzate le risposte ai bisogni delle
persone. Per questo, ogni
anno, chiediamo ai Comuni del nostro territorio
specifici incontri, per discutere le relative politiche di bilancio. Chiediamo ai Comuni il mantenimento di spesa sul versante sociale, ed una politica tariffaria sui servizi a domanda individuale
(assistenza domiciliare,
RSA, trasporti, mense
scolastiche, asili nido, ecc)
che sia realmente modulata sulla capacità di spesa delle singole famiglie,
attraverso l’applicazione
generalizzata dell’indicatore ISEE. Sul versante
delle entrate chiediamo ai
Comuni di non appesantire ulteriormente, attraverso l’addizionale, la già
insopportabile pressione
fiscale. E là dove le addizionali vengono già applicate, ne chiediamo l’esonero o la riduzione per i
redditi più bassi.Non dappertutto riusciamo ad ottenere i risultati sperati,
anche perché spesso i comuni non riescono a
quantificare l’entità delle
nostre richieste, però registriamo una certa sensibilità sul problema, e
questo ci consente di tenere aperta la discussione per poter trovare soluzioni adeguate. In diversi
Foto William
Alfredo Puglia
Comuni invece abbiamo
siglato accordi soddisfacenti».
Altro tasto delicato: le
case di riposo. «Rispetto alle case di riposo RSA
- continua Puglia - almeno con le più significative
con le quali abbiamo un
rapporto, la nostra azione punta a concordare,
oltre che livelli di assistenza qualitativamente
all’altezza, anche livelli
delle rette minimamente
sostenibili. Nonostante
ciò le rette nelle RSA sono
alte, mediamente si aggirano attorno a 48 euro
giorno, cioè 18 mila euro
per anno. Qui, come già
abbiamo evidenziato, la
questione è complicatissima e quasi irrisolvibile
stante l’attuale modello
organizzativo. La retta
che paga l’utente non
equivale al costo effettivo
sostenuto dalla struttura
(ovviamente sto parlando
delle RSA accreditate
presso la Regione), in
quanto per ciascun ospite la Regione integra una
cifra determinata da parametri fissati dalla legge, che tengono conto del
fatto che parte dell’assistenza prestata all’utente è di tipo sanitario e
quindi a carico del Sistema sanitario; tale contributo è calcolato mediamente attorno al 48% del
costo totale. Questo criterio oggi non va più bene,
perché nelle RSA ormai la
stragrande maggioranza
degli ospiti sono persone
molto anziane, perlopiù
non autosufficienti, portatori di diverse patologie,
quindi bisognosi di continue cure sanitarie di
mantenimento, spesso
per lungo periodo. Se le
RSA, come nei fatti sta
avvenendo, diventano dei
cronicari, allora vuol dire
che devono accogliere
solo questo tipo di persone, sostanzialmente non
gestibili in modo diverso,
il cui costo quindi deve
essere principalmente a
carico del Servizio sanitario, mentre le
altre persone
bisognose di
assistenza,
ma che mantengono gradi seppur differenziati di
autonomia, devono essere
aiutate, con i necessari
supporti, a vivere dignitosamente nelle proprie
abitazioni. Per tutte queste considerazioni, è urgente, lo ribadiamo ancora una volta, il “fondo per
la non auto-sufficienza”.»
Piani di Zona. «Più
problematico - ha aggiunto Puglia - è invece il rapporto con i Piani di Zona.
Come organizzazioni
sindacali siamo presenti
ai cosiddetti tavoli tecnici, i quali però hanno
scarsissima rilevanza rispetto alla programmazione delle attività del
Piano, tanto che non si
riuniscono quasi mai. Ciò
non va bene perché così
non viene garantita una
omogeneità dell’offerta
dei servizi socio sanitari
sul territorio. Per questo,
unitamente alle nostre
Confederazioni, abbiamo
chiesto all’Amministrazione provinciale di costituire un “tavolo di coordinamento” dei Piani di
Zona operanti in provincia, al fine appunto di poter assumere indirizzi comuni. Esiste inoltre il
problema dell’integrazione tra i servizi ADI e SAD,
forniti dalla ASL e dal
Comune, cioè da Enti
erogatori diversi che, non
agendo in modo coordinato, riducono la potenzialità del servizio prestato».
È una presenza capillare sul territorio quella
espressa dalla FNP Cisl
di Como. Ad oggi, nel territorio comasco sono state attivate n 70 leghe, nelle quali sono coinvolti,
seppur con modalità e responsabilità diverse, 184
dirigenti. «Questo è certamente un risultato importante perché ci consente,
in 71 Comuni della nostra
provincia, di avere una
presenza di una o più persone, punto di riferimento per i nostri iscritti e per
gli anziani in generale,
qualcuno se non altro disposto ad ascoltare e, nella misura del possibile, ad
offrire un aiuto… Certo,
come abbiamo già evidenziato, l’ideale sarebbe
poter avere un referente
per ciascun comune; anche se ci rendiamo perfettamente conto che questo
sarà difficile da realizzare, dobbiamo comunque
insistere. La possibilità
per gli iscritti di trovare
tempestivamente le risposte ed i servizi di cui
hanno bisogno è contemporaneamente la nostra
missione e la proposta più
efficace di nuovo proselitismo. In questo senso,
la Zona deve sempre più
diventare la struttura che
aiuta la nostra presenza
politica ed organizzativa
nei singoli comuni,
supportando la contrattazione e sostenendo i servizi. La Zona non sostituisce la Lega, che resta
sempre l’istanza congressuale di base della FNP,
però in un situazione territoriale come quella
lariana - 560mila abitanti distribuiti in 160 comuni - parlare di leghe comunali tranne che in una
decina di comuni - non ha
molto senso. Per questo la
zona diventerà sempre
più fondamentale non
solo da un punto di vista
organizzativo e funzionale, ma anche di rappresentanza politic».
«Le amiche ed amici ha proseguito Puglia presenti nei nostri 65 recapiti, svolgono una vera
e propria opera di segretariato sociale. In
queste sedi e recapiti, noi
siamo presenti come FNP,
ma il lavoro preponderante è svolto a supporto dei servizi della CISL,
principalmente il Patronato INAS, ed il Servizio
fiscale del CAF. In questo
senso i nostri Agenti rappresentano la CISL. E’ un
lavoro importante che assolve almeno due funzioni: quella di servizio, in
senso stretto, alle persone attraverso le informazioni e la raccolta delle “
pratiche” e quella di
“proselitismo associativo”
in quanto per tanti, iscritti e non, quello è il “volto”
della CISL. E’ dunque un
lavoro di grande responsabilità che esige innanzi
tutto qualità».
Tra i fiori all’occhiello
della FNP spicca l’Anteas, l’associazione di
volontariato promossa
dalla FNP, «che costituisce lo strumento attraverso cui possiamo rispondere, in modo più pertinente ed adeguato, ai tanti
bisogni posti dalla nostra
gente. Per questo, oltre a
destinare una significativa quota di risorse a sostegno di Anteas, abbiamo deciso di non alienare
la nostra vecchia sede di
Erba, ma di destinare i
locali di via Adua a sede
dell’associazione, che potrà svolgere una serie di
attività in proprio, ed anche in collaborazione con
altre associazioni presenti sul territorio. Si tratta,
finalmente di declinare la
sussidiarietà orizzontale,
pilastro fondamentale di
una democrazia matura».
Con specifico riferimento all’Anteas ricordiamo il
trasferimento della sua
sede comasca, passata,
per ragioni organizzative,
dal numero 34 al numero
10 di via Rezzonico.
A questo passo si aggiungerà, dal 1° marzo,
l’attivazione di un nuovo
servizio di trasporto
sull’Erbese, che andrà ad
integrarsi con quelli già
attivi sui distretti di
Como e di Cantù-Mariano. «Riteniamo che questo
servizio possa essere di
grande utilità per i cittadini del distretto di Erba
- ha dichiarato Leopoldo
Merlo, presidente Anteas
Como - in particolare per
tutte le persone parzialmente prive di autonomia
propria che vivono in una
situazione di disagio socio-economico. Il servizio
sarà svolto dai nostri soci
volontari utilizzando un
mezzo di trasporto idoneo
e sarà garantito dal lunedì al venerdì su richiesta
degli interessati, compatibilmente con la disponibilità dell’automezzo e
previa prenotazione telefonando allo 031-3333120
dove risponderanno i nostri soci volontari addetti
al servizio di segretariato
sociale».
CRONACA
P A G I N A
13
Como
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
COMUNE DI COMO
Teso il clima
di Palazzo
tra revoche
e sfiducia
arrivato il tempo
del rimpasto per
la Giunta comunale di Como dopo
le tensioni e i dis
sidi maturati negli ultimi
mesi in seno all’esecutivo
di Palazzo Cernezzi, e in
particolare in Forza Italia. Il sindaco di Como
Stefano Bruni e il commissario provinciale di
Forza Italia Giorgio Pozzi hanno infatti annunciato, la scorsa settimana,
tre importanti spostamenti. Lasciano la Giunta, raccogliendo i cocci dei
dissapori maturati con il
sindaco negli ultimi mesi
gli assessori Alessandro
Colombo (Bilancio) e Paolo Gatto (Commercio e
Moda). Consensuale invece il traghettamento di
Umberto d’Alessandro,
assessore all’Urbanistica,
indicato come futuro presidente del consiglio di
amministrazione della
multi utility Acsm-Agam.
A completare i vuoti lasciati nella compagnie di
giunta saranno Roberto
Rallo, che sostituirà Umberto D’Alessandro all’Urbanistica, Ezia Molinari, che sostituirà Alessandro Colombo, e Etta
Sosio, che sostituirà Paolo Gatto. A Rallo sarà assegnata la delega all’Urbanistica, ad Ezia
Molinari la delega ad
Università e rapporti con
il consiglio e ad Etta Sosio
le deleghe a Commercio e
Moda.
Questi spostamenti
hanno decretato tre nuovi ingressi in Consiglio,
tutti, ovviamente, legati a
È
La scorsa
settimana
il sindaco di Como
Stefano Bruni ha
messo fine, con un
colpo di spugna,
a mesi di bagarre
all’interno
di Forza Italia.
Ma si calmeranno
davvero le acque?
Intanto
la minoranza
attende
la sicussione
della mozione
presentata contro
il primo cittadino
e prevista
per il 23 febbraio
Forza Italia. Si tratta di
Piercarlo Frigerio, Giorgio Cantoni e Massimo
Serrentino.
«Siamo arrivati a questo rimpasto - ha dichiarato Stefano Bruni - dopo
un attento confronto condotto all’interno di Forza
Italia. L’obiettivo è ora
quello di arrivare a fine
mandato con questa
squadra, rilanciando l’attività amministrativa. Si
è trattato di un assestamento doveroso. Ringrazio i consiglieri per il compromesso raggiunto».
«Quello intrapreso in questi mesi - ha dichiarato
Giorgio Pozzi - è stato un
percorso condiviso dalla
totalità dei 14 consiglieri
comunali di Forza Italia
presenti in Consigio co-
Nella foto William un momento dell’annuncio
del rimpasto di Giunta, la scorsa settimana
munale. Un’operazione
appoggiata da tutti i livelli del partito, ai quali è
stata portata a conoscenza la situazione comasca,
e che darà grande slancio
alla città».
Sollecitato rispetto alla
possibilità che la cittadinanza abbia maturato
una negativa impressione
rispetto agli scontri manifestatisi in seno al partito negli ultimi mesi,
scontri che, di fatto, hanno rallentato l’attività
amministrativa, così ha
risposto il sindaco: «Il cittadino è critico da tempo.
La responsabilità della
politica, però, non è quella di ricercare la percezione dell’immediato, ma di
portare avanti questioni
che reputa utili e importanti per il territorio». «Il
cittadino non comprende
la politica perché questa
non si fa capire - ha incalzato Pozzi -. Da parte
nostra abbiamo sempre
cercato di trovare soluzioni in grado di assicurare
garanzie per il futuro.
L’auspicio è che le scelte
compiute possano produrre qualcosa di buono e di
utile per la città».
Di tutt’altra posizione
le minoranze in Consiglio
che, la scorsa settimana,
hanno depositato una
mozione di sfiducia nei
confronti del sindaco.
Mozione che andrà in aula dopo il 20 febbraio (per
legge devono trascorrere
10 giorni dal suo deposito) e la cui presentazione
è stata possibile grazie
alle firme del leghista
Emanuele Lionetti e dell’esponente Udc Luigi
Bottone (che ha garantito il raggiungimento delle 16 firme necessarie per
l’accesso in Consiglio).
«Riteniamo che la presentazione della mozione
- ha spiegato il capogruppo Pd Luca Gaffuri - forse un atto dovuto nei confronti della città, alle prese con un chiaro immobilismo dell’attività amministrativa. La Ticosa e
l’area dell’attuale ospedale S. Anna sono i simboli
dell’attuale stop. Ma non
sono nemmeno più garantiti la necessaria sicurezza sulle strade, l’adeguata manutenzione agli edifici scolastici, la cura del
verde, soltanto per citare
alcuni esempi. Immobilismo reso palese dalle profonde divisioni maturate
in seno a Forza Italia.
Basti pensare al fatto che
da un anno e mezzo dieci
consiglieri di Fi svolgono
un’attività slegata rispetto alle linee indicate dall’Amministrazione. Per
non parlare delle modalità attraverso le quali è
stato esercitato il recente
rimpasto di giunta. Ma ci
sono anche altri fatti da
registrare: per l’ennesima
volta le nomine all’interno di società pubbliche
della città (si legga AcsmAgam, ndr) non sono state effettuate secondo precisi criteri di competenza,
ma attenendosi a logiche
di appartenenza». La mozione verrà discussa lunedì 23 febbraio. Sulla carta mancano i numeri per
la sua approvazione, e la
minoranza ben ne è consapevole, ma, visti i malumori delle ultime settimane, non è escluso qualche possibile colpo di scena. «Bruni rappresenta
una minaccia per la città
– ha tuonato Alesandro
Rapinese, indossando
un’originale maglietta riproducente la scritta
“Bruni go home”. Per avere il consenso dei suoio
deve acquistarli con delle
poltrone. L’interesse dei
cittadini non può essere
portato avanti da questa
giunta. Una cosa deve essere ben chiara, però.
Quando si andrà al voto:
chi non sarà a favore della mozione dichiarerà
apertamente il suo sostegno a Bruni, o con lui o
contro di lui. E, in caso di
sostegno, taccia per sempre». «Le contraddizioni
dell’Amministrazione comunale sono sotto gli occhi di tutti - ha dichiarato Bruno Magatti (Paco).
È assurdo usare le istituzioni per una lotta intestina. Credo vi sia un oggettivo problema di orgoglio per la città. È inammissibile per i cittadini
immaginare che si amministri così».
Apertamente schierato
contro sindaco e maggioranza anche Luigi Bottone, Udc, otre agli altri
esponenti della minoranza.
Allo scopo di informare
al meglio i cittadini sulle
ragioni della mozione di
sfiducia al sindaco, e per
chiedere la condivisione
alla sua estromissione,
Pd, Paco, Area 2010,
Rifondazione, Italia dei
Valori e Verdi consiliari
attiveranno di banchetti
in diversi punti della città.
L’ULTIMO SALUTO NELLA NOTA DI PALAZZO CERNEZZI
Si è spento Giuseppe Santangelo
Si è spento lo scorso 16 febbraio all’età di 52 anni Giuseppe Santangelo. «La città ha perso un uomo dalla grande
passione politica - ha commentato il sindaco, Stefano Bruni - cattolico appassionato della città tanto da risultare a volte
spigoloso e “scomodo” per la determinatezza delle sue idee. Mai impreparato sui temi e sempre pronto a discutere nel
merito le questioni, lontano dal clamore che schivava scientemente. Fu lui a volere la procedura innovativa che ha
portato all’abbattimento e al recupero della Ticosa. La sua malattia lo ha allontanato dalla politica, ma ho cercato fino
all’ultimo di stargli vicino. Una grossa perdita, e una tragedia per una famiglia a cui era molto legato. Oggi il pensiero va
a sua moglie e ai suoi figli”. Giuseppe Santangelo, sposato con due bimbi, Roberto e Anna, nasce a Como il 17 febbraio
1957; nel 1984 si laurea in medicina e chirurgia all’Università degli studi di Pavia. Esercita, fin dal 1985, la professione
di medico di medicina generale presso varie strutture Ospedaliere tra cui l’Ospedale Sant’Anna e la struttura Ca’ D’industria di Como. Inizia da giovanissimo la sua attività politica nel movimento giovanile della DC e in circoscrizione. Dal
1995 al 1997 riveste l’incarico di segretario provinciale P.P.I. Tra le attività di volontariato si ricorda la sua attività
presso UNITALSI. Inizia la sua attività di amministratore della città di Como ricoprendo la carica di consigliere circoscrizionale e, nel 1990 viene eletto in Consiglio comunale nelle file della DC, svolgendo attività istituzionale anche quale
componente della Commissione Consiliare II “Assetto del territorio, Ambiente ed Ecologia, Trasporti e lavori Pubblici”.
Nel giugno 2002 entra a far parte della Giunta comunale quando il Sindaco neo eletto Bruni lo nomina Assessore con
deleghe all’Urbanistica e Politiche del territorio, edilizia convenziona e sovvenzionata, pianificazione e valorizzazione del
territorio. Si occupa di individuare la procedura innovativa per riqualificare la Ticosa. Nel 2007 è nuovamente consigliere comunale fino al 1° aprile 2008, quando decide di dimettersi.
Foto William
A
CRONACA
P A G I N A
Como
15
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
L’ASSEMBLEA ANNUALE
Avis: il cambio
della guardia
Sabato 21 febbraio, alla chiusura
dei lavori assembleari, il presidente
Gabriele Noseda Pedraglio terminerà
il suo secondo mandato e passerà
la mano, pur restando a far parte
del consiglio. Ne abbiamo
approfittato per tracciare un bilancio
sull’attività dell’associazione
di MARCO GATTI
empo di assemblea e tempo di
rinnovi per l’Avis
Comunale di
Como.
Sabato 21 febbraio, infatti, alle 14.30, presso la
sede associativa di via
Fornace 1, a Como, avrà
luogo la 73° assemblea
comunale dell’associazione. Evento di per sé importante quale occasione
di bilancio di un anno di
attività, ma questa volta
reso ancora più rilevante
in virtù della coincidenza
con il rinnovo delle cariche associative per il
prossimo quadriennio. A
chiusura dei lavori assembleari, infatti, il presidente Gabriele Noseda
Pedraglio e il tesoriere
termineranno il secondo
mandato consecutivo di
gestione dell’Avis cittadina. Pertanto, come da statuto, dovranno passare la
mano.
Gabriele Padraglio lascia dunque una macchina che ha condotto consecutivamente negli ultimi
otto anni. Ma non si tratta di un addio, il beneamato presidente continuerà infatti a restare a
bordo del treno, rimanendo parte del consiglio direttivo.
Gabriele Noseda Pedraglio incarna la storia
dell’Avis comasca. Già
presidente dell’Avis comunale, per un triennio,
nel 1978, si era affacciato, per la prima volta, alla
sezione una quindicina di
anni prima. «Era il 1964
- ricorda -. Entrai in Avis
con l’incarico di segretario». L’inizio di un amore
mai sopito. «All’epoca in
città - continua il presidente uscente - i donatori
erano 750. A donare in
Avis, a quel tempo erano,
per lo più personaggi appartenenti a categorie sociali elevate, docenti, professori, politici locali. Il
vento del cambiamento
incominciò a soffiare sul
finire degli anni ’60, sotto la presidenza Masciadri. Si iniziò a battere a
T
tappeto l’intero territorio,
cercando di diffondere la
cultura della donazione a
360°. Venne rinnovato e
ringiovanito il consiglio
direttivo, con l’ingresso di
nuove leve. Un cambiamento nella sostanza e
nello spirito, cui va dato
atto al presidente Masciadri, che produsse, in
breve, ottimi risultati. Da
lì a poco i donatori comaschi (dell’area di Como
e dintorni), passarono a
1500. Un ulteriore passo
nella direzione di una più
efficace gestione dell’attività fu la convenzione stipulata con l’ospedale S.
Anna. Quella sottoscritta
dall’Avis di Como fu la
prima convenzione ospedaliere sottoscritta a livello nazionale. Convenzione che prevedeva un
parziale rimborso per la
nostra attività da parte
dell’ospedale e una migliore gestione delle operazioni di prelievo. Fu un
passo importante perché
allora le nostre entrate
erano assai risicate. A occuparsi degli aspetti di segreteria era un’impiegata
in pensione cui elargivamo circa 50 mila lire
al mese, cifra che corrispondeva, più o meno, al
costo mensile del telefono».
Un modesto locale al
pian terreno, nel centro
storico cittadino, in via
Bonanomi. In quello spazio l’Avis comunale aveva
intanto iniziato a muovere i suoi primi passi. «La
sede, però, non era idonea, vista la sua collocazione nel cuore della città murata. Nel tempo individuammo un nuovo
spazio in via XX Settembre, al secondo piano. 200
mq in grado di garantirci
maggiori spazi di movimento. Allora l’Avis si
avvaleva anche di un consistente gruppo sportivo
(circa 200 ragazzi), che ne
rendeva particolarmente
vivace e articolata l’attività. Con il crescere del
nostro impegno ci accorgemmo che anche questa
nuova sede non risultava
più adatta. Incominciavamo ad essere ingombranti per il palazzo che ci
ospitava, visto il continuo
via vai di persone. Ricevemmo così lo sfratto. Ma
non ce ne andammo subito. Impiegammo circa tre
anni per individuare un
altro spazio. Fu la Provincia a proporci una sua ex
officina, in via Fornace,
circa 17 anni fa. Decidemmo di abbattere lo stabile, fatiscente, e di ricostruirlo. Fu un lavoro impegnativo, che vide la partecipazione di decine di
volontari. La sede ci venne concessa da Villa Saporiti in comodato d’uso e
quando ci è stata prospettata l’occasione del suo
acquisto definitivo non ci
siamo sottratti. Da un
anno circa la sede di via
Fornace è dunque di proprietà dell’Avis. Con ogni
probabilità a breve, grazie anche a un prezioso
lascito, potremo saldare il
debito contratto».
Una macchina solida e
senza debiti. Questa l’eredità che Gabriele Noseda
Pedraglio lascerà nelle
mani del suo successore.
Ma che cosa dire sui dati
relativi alle donazioni?
«Dati che rivelano la presenza di luci e ombre prosegue il presidente -. A
fine 2008 i donatori iscritti all’Avis comunale di
Como erano 6125, in crescita rispetto al 2007 (+71
unità). Nel 2008 abbiamo
effettuato 13492 prelievi,
353 in più rispetto all’anno precedente. Numeri
positivi che però, se letti
con maggiore attenzione,
rivelano una importante
criticità. Ogni anno, in
media, iscriviamo in Avis
circa 500 nuovi donatori.
I nuovi arrivati coprono i
vuoti lasciati da quanti
vengono dimessi per raggiunti limiti di età o per
altre ragioni. Ebbene: l’incremento dello scorso
anno non è da attribuirsi
ad un significativo aumento dei nuovi iscritti
(che sono stati soltanto
390), ma ad un numero
ben più risicato del solito
di dimissioni. In sostanza ne sono entrati di meno, ma ne sono anche stati dimessi di meno. Queste cifre confermano le nostre preoccupazioni rispetto ad un numero di
iscritti che appare modesto. Abbiamo bisogno, in
particolar modo, di donne,
che rappresentano soltanto il 30% delle nostre
forze. Con ogni probabilità usiamo un linguaggio
che a loro non arriva, per
questo abbiamo deciso di
rafforzare la compagnie
femminile all’interno del
nuovo Consiglio, nella
speranza possa produrre
buoni risultati. Il nuovo
consiglio proseguirà, inoltre, così com’è stato fatto
in passato, nella sua politica di sensibilizzazione
del territorio, nelle scuole, cercando di diffondere
il più possibile la cultura
del dono. Ricordando che
il nostro vescovo è un ex
donatore abbiamo cercato di puntare sull’infor-
mazione anche in alcune
parrocchie».
Ma perché è così difficile trovare donatori disponibili? «La procedura che
porta all’abilitazione del
donatore è piuttosto selettiva, per ovvie ragioni
di sicurezza, e ciò forse
scoraggia un po’ chi desideri intraprendere questa
strada. La prassi vuole
che, una volta inoltrata la
domanda, ci sia una prima visita di controllo
presso la nostra sede, con
un colloquio individuale
con un medico. Superata
questa fase (che già
screma il 10% dei richiedenti), si procede agli esami veri e propri in ospedale, per verificare l’idoneità fisica del potenziale donatore (altra scrematura vicina al 7-8%).
Una volta concessa l’idoneità si attendono tre
mesi, dopo di che si effettuano nuovi esami (e a
casa resta un altro 10%).
Al termine di questa procedura si ottiene la definitiva abilitazione. È una
pratica un po’ complessa
e selettiva, ma necessaria, per la salute dei cittadini. Noi siamo i primi
a dire ai potenziali donatori di astenersi dalla
scelta di donare sangue
nel dubbio di non avere
tutte le carte a posto. Al
donatore è inoltre richiesta costante responsabilità sociale nella sua condotta prima e dopo la donazione, per non pregiudicare la qualità del sangue che dona». Attenzione e uno stile di vita sobrio e possibilmente privo di eccessi che, forse,
non tutti sono disposti ad
avere. In ogni caso, nella
speranza che il piccolo
esercito comasco di donatori possa crescere, salutiamo il presidente uscente, chiedendogli un augurio da lasciare al suo successore. «Gli auguro di
trovare una squadra
come quella che mi ha sostenuto in questi otto
anni, forte ed entusiasta
nello svolgere al meglio la
sua missione».
CRONACA
P A G I N A
16
perture domenicali. Alzano
la voce le organizzazioni sindacali comasche dopo il vero e proprio
“colpo di mano” che, secondo Cgil, Cisl e Uil, Palazzo Cernezzi avrebbe
compiuto approvando, la
scorsa settimana, un’ordinanza che di fatto amplia
le possibilità di aperture
domenicale per i centri
commerciali del territorio. Ordinanza che dispone testualmente: “Nel corso dell’anno 2009 le medie e grandi strutture di
commercio al dettaglio,
ubicate al di fuori del centro storico, potranno osservare apertura facoltativa,
nelle seguenti giornate festive: domenica 13 settembre, domenica 25 ottobre,
domenica 8 novembre, domenica 15 novembre, domenica 22 novembre. Tutti gli esercizi commerciali
ubicati nel territorio comunale potranno osservare apertura facoltativa
nelle giornate festive di
sabato 25 aprile e sabato
15 agosto 2009".
La normativa attuale,
entrata in vigore lo scorso anno, prevede la possibilità per la grande distribuzione di tenere aperto
tutte le prime domeniche
del mese, più l’ultima di
gennaio, agosto e novembre. A queste date possono essere aggiunte altre
tre domeniche, posizionate a discrezione dei Comuni. Tali numeri, secondo la legge, potrebbero
essere ulteriormente incrementati da un pacchetto di altre dieci domeniche a disposizione dei
Comuni capoluogo. Scelta
che dovrebbe essere compiuta, però, in accordo con
le parti sociali.
Ed è su quest’ultimo
punto si gioca il nodo della vicenda. «Su questo
tema - spiega Antonio
Mastroberti, segretario
generale Fisascat Cisl - le
parti sociali si sono confrontate con l’Amministrazione negli ultimi
mesi, senza, peraltro arrivare ad un’intesa. Più
A
Como
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
DOPO L’ORDINANZA DI PALAZZO CERNEZZI
Aperti
la domenica?
Il “no”
dei sindacati
nello specifico il 4 dicembre scorso il Comune inoltrava a Cisl e Adoc la richiesta di un parere in
merito all’individuazione
delle giornate festive ritenute idonee per l’apertura straordinaria delle
medie e grandi strutture
di vendita per l’anno
2009. La nostra risposta
fu che non ci si dovesse riferire soltanto a Cisl e
Adoc, essendo presenti
sul territorio comasco organizzazioni sindacali e
associazioni dei consumatori anch’esse rappresentative e titolate a dare il
loro parere. Avanzammo
la proposta di un incontro
tra le organizzazioni sindacali di categoria e le associazioni imprenditoriali del settore, e che nelle
giornate di apertura domenicale, sia in quelle già
previste sia in quelle
eventualmente in più, venisse messo in vendita,
con adeguata pubblicizzazione, un paniere di
beni di prima necessità a
prezzi fortemente scontati (40 - 50% vista la grave
crisi economica). Dalla
nostra lettera datata 10
dicembre scaturì un incontro il 18 dicembre, in
cui ribadimmo la necessità di allargare il confronto alle altre organizzazioni di categoria e in cui
sottolineammo la nostra
contrarietà a nuove aper-
Contestata
la decisione
del Comune
di aggiungere
nuove date a
quelle attuali,
così come
consentito
dalla legge, senza
però aver definito
un preciso accordo
con le
organizzazioni
di categoria
ture se non a precise condizioni. Da allora è regnato il silenzio, ed ecco che
ci ritroviamo questa ordinanza».
«Si è trattato di un ennesimo colpo di mano - ha
dichiarato Alessandro
Tarpini, Cgil - da parte
dell’Amministrazione.
Nella stessa ordinanza
che introduce 5 nuove
aperture domenicale sulle dieci possibili si fa riferimento ad un accordo con
le organizzazioni sindacali che di fatto non c’è stato. A ciò si aggiunga il fatto che talune deroghe non
sono motivate con adeguata serietà: si sarebbe
optato sul 25 aprile e sul
15 agosto in quanto le
giornate cadono di sabato! Ma c’è un ulteriore elemento da richiamare. Nel
confronto in atto a livello
regionale si era convenu-
to sulla necessità di lasciare libere alcune giornate, in virtù del loro significato simbolico: il 25
aprile, il 1° maggio, il 2
giugno. Ebbene Palazzo
Cernezzi non si è curato
minimamente di questo
aspetto. Con l’introduzione delle nuove date, in
pratica, dal 25 ottobre al
10 gennaio i centri commerciali potrebbero restare aperti tutte le domeniche! Un assurdo. Se
l’apertura domenicale
deve davvero essere un
servizio per i cittadini
perché non si opta su una
politica delle rotazioni,
aprendo alcuni centri
una domenica e altri
un’altra?».
«L’atteggiamento del
Comune ci è sembrato
quantomeno singolare spiega Fausto Tagliabue,
segretario generale della
Cisl di Como - e sembra
fondarsi su un’idea, sbagliata: quella che la gente oggi non consumerebbe di meno in virtù della
crisi in atto, ma semplicemente perché i centri
sono aperti in orari non
comodi alla cittadinanza.
La realtà è invece un’altra. Non dimentichiamoci, inoltre, che quando ra-
gioniamo sulle aperture
dobbiamo tenere conto
delle esigenze dei cittadini consumatori ma anche
dei lavoratori, che hanno
pieno diritto di godersi il
meritato riposo settimanale in famiglia. Tutte figure che vanno tutelate.
L’ordinanza del Comune
di Como non ci sembra
adeguata ne rispondere
realmente alle necessità
del nostro territorio. Stiamo pertanto valutando se
esistano gli estremi per
un eventuale sua impugnazione, ricorrendo al
Tribunale Amministrativo Regionale».
DOMENICA 1 MARZO
Serata
bulgara
a Capiago
Intimiano
Martedì 3 marzo, in occasione della festa nazionale della Bulgaria, le Associazioni “Strade dell’Est” e “Bulgari in Lombardia” organizzano presso l’oratorio di Capiago (in piazza della Chiesa), a
partire dalle ore 19.45, una “Serata Bulgara”, con cena a base di specialità gastronomiche e vini
della Bulgaria, accompagnata da video e proiezione di diapositive sulle bellezze culturali ed artistiche del Paese, insieme ad un’esposizione di alcune tradizioni, prodotti artigianali, quadri ed icone
(www.emiltzeinski.it). Per la partecipazione alla serata (cena compresa) sarà richiesto un contributo di 20 euro (per bambini fino a 12 anni 10 euro).
È necessaria la prenotazione (entro venerdì 27 febbraio) telefonando al 339-1246298 o inviando
una mail a [email protected].
Unitalsi.
giornata
diocesana
spiritualità
a Garzola
Domenica 1 marzo avrà
luogo la Giornata di spiritualità dell’Unitalsi
diocesana al Santuario
Madonna del Prodigio a
Garzola presieduta da
mons. Andrea Caelli, rettore del seminario.
Questo il programma
ore 9 accoglienza , lodi meditazioni ore 11,30
santa messa ore 12,45
pranzo comunitario ore
15 vespri e benedizione.
La giornata oltre ai soci è apreta a malati e simpatizzanti per iscrizioni al pranzo telefonare martedì dalle
14 alle 16 o il giovedì dalle 14 alle 18 alla sede dell’
Unitalsi Como in via Rodari 1, telefono 031-304430. .
PA G I N A
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
1
Quaresima 2009
Tempo per
«prendere
il largo»!
inserto a cura di don Agostino Clerici
MERCOLEDÌ DELLE CENERI - INIZIO DELLA SANTA QUARESIMA
Parola
FRA
noi
GL 2,12-18
SAL 50
2 COR 5,20-6,2
MT 6,1-6.16-18
Una società senza
amore e senza parole
fraterne, senza madri
e senza padri,
sarà sempre più
anoressica o bulimica
di ANGELO SCEPPACERCA
I TRE PILASTRI: ELEMOSINA, PREGHIERA, DIGIUNO
Q
uando fai l’elemosina... quando pregate... quando digiunate...”. L’inizio della
Quaresima ci ricorda
i tre pilastri della religione: l’elemosina, la preghiera e il digiuno. Sono i pilastri della religione perché definiscono il nostro
rapporto con gli altri, con Dio e
con le cose. Queste tre relazioni
dicono anche che tipo di vita viviamo, rendono pubblica la verità della nostra esistenza. Infatti, ogni nostra azione può essere compiuta o per aver notorietà e approvazione dagli altri,
oppure per essere graditi a Dio
solo, fatta per amore e in umiltà.
In ogni azione, anche in quelle “buone”, è naturale il bisogno
di riconoscimento. Ognuno vive
dello sguardo dell’altro. Il punto è: da chi vogliamo essere identificati, davanti a quali occhi stare, se a quelli degli uomini o a
quelli di Dio. Gesù ci invita non
solo ad essere religiosi – facendo elemosine, pregando e digiunando – ma a purificare fino in
fondo le intenzioni del nostro
cuore.
“Quando fai l’elemosina”.
L’elemosina non è solo un gesto
di bontà, ma un atto di giustizia
perché è impronta di solidarietà col povero, vicino o lontano
che sia. Tutti i beni della terra
sono destinati al “bene comune”
e la solidarietà garantisce non
solo la vita materiale, ma anche
quella spirituale: l’amore fraterno. Fede e giustizia sono come
l’anima e il corpo: non c’è l’una
senza l’altro. Dal tempo di Gesù
fino ad oggi gli ipocriti (letteralmente “gli attori”, quelli che indossano una maschera) non
sono scomparsi e nelle loro opere, anche quando sono camuffate di perbenismo, c’è sempre nascosto lo scopo di voler primeggiare. L’apparire vince sulla realtà e la vanità avvelena ogni gesto. L’invito di Gesù, per l’elemosina come per la preghiera e il
digiuno, è a viverli “nel segreto”,
ossia nella parte più intima che
nessuno vede, nel cuore delle
intenzioni.
“Quando preghi”. Prima ancora di insegnarci il “Padre nostro”, Gesù spiega come pregare. Anche la preghiera, infatti,
può esser fatta per farsi vedere.
La preghiera autentica è porsi
davanti a Dio, non davanti agli
uomini. Pregare è aprirsi a Dio,
parlargli e udirlo, non chiudersi
su di sé. Si può essere ipocriti
anche nella preghiera. L’ipocrita, pur di apparire, si serve di
tutti, anche di Dio. Ma Dio resiste ai superbi e si apre agli umili. Se è vero, come dice il Siracide, che la preghiera dell’umile
penetra le nubi, chi potrà mai
calcolare il bene piovuto sulla
terra grazie alle preghiere dei
piccoli del Signore?
“Quando digiuni”. Il digiuno è
segno di conversione perché il
morso della fame volontaria ci
fa capire che non di solo pane
vive l’uomo. Con questa consapevolezza operare con giustizia
e dividere i propri beni con i poveri, sono le naturali conseguenze del digiuno cristiano. Nella
nostra società consumistica ridotta a bocca che tutto divora e
a tubo digerente che tutto assimila, il digiuno riacquista significato e attualità se lo si comprende come medicina per guarire dalla brama del possesso,
come metodo per giungere alla
virtù della sobrietà, come anti-
doto al veleno dell’edonismo che
tutto riduce al consumo di sensazioni. Una società senza amore e senza parole fraterne, senza madri e senza padri, sarà
sempre più anoressica o bulimica.
Un’ultima doverosa considerazione. Come si può dire che la
religione è all’origine delle guerre? Solo il peccato lo è, comunque e sempre. Nel cuore rivelato della religione, invece, c’è l’appello al superamento delle contese e alla comprensione per il
povero. Una regola d’oro accomuna le grandi tradizioni religiose: fai all’altro quello che vorresti fosse fatto a te. In questa
giornata, inizio della quaresima,
il Papa invita tutti i cristiani a
digiunare e pregare per la pace.
Non è fuori luogo pensare che
questo appello possa essere raccolto anche da altri credenti per
i quali il digiuno, l’elemosina e
la preghiera sono pure pilastri
del loro credere. A digiuno, con
le tasche più leggere per aver
condiviso e dopo aver pregato
nell’intimo, la pace è più vicina,
avverabile.
PA G I N A
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
2
Quaresima 2009
Il messaggio di Benedetto XVI
«GESÙ, DOPO AVER DIGIUNATO
QUARANTA GIORNI E QUARANTA NOTTI,
C
ari fratelli e sorelle!
All’inizio della Quaresima, che costituisce
un cammino di più
intenso allenamento
spirituale, la Liturgia ci ripropone tre pratiche penitenziali molto care alla tradizione biblica e cristiana - la
preghiera, l’elemosina, il digiuno - per disporci a celebrare meglio la Pasqua e a fare
così esperienza della potenza di Dio che, come ascolteremo nella Veglia pasquale,
“sconfigge il male, lava le colpe, restituisce l’innocenza ai
peccatori, la gioia agli afflitti. Dissipa l’odio, piega la durezza dei potenti, promuove
la concordia e la pace” (Preconio pasquale). Nel consueto mio Messaggio quaresimale, vorrei soffermarmi quest’anno a riflettere in particolare sul valore e sul senso
del digiuno. La Quaresima
infatti richiama alla mente i
quaranta giorni di digiuno vissuti dal Signore nel deserto
prima di intraprendere la sua
missione pubblica. Leggiamo
nel Vangelo: “Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto,
per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti,
alla fine ebbe fame” (Mt 4,12). Come Mosè prima di ricevere le Tavole della Legge (cfr
Es 34,28), come Elia prima di
incontrare il Signore sul monte Oreb (cfr 1 Re 19,8), così
Gesù pregando e digiunando
si preparò alla sua missione,
il cui inizio fu un duro scontro
con il tentatore.
Possiamo domandarci quale valore e quale senso abbia
per noi cristiani il privarci di
un qualcosa che sarebbe in se
stesso buono e utile per il
nostro sostentamento. Le
Sacre Scritture e tutta la tradizione cristiana insegnano
che il digiuno è di grande aiuto per evitare il peccato e tutto ciò che ad esso induce. Per
questo nella storia della salvezza ricorre più volte l’invito a digiunare. Già nelle prime pagine della Sacra Scrittura il Signore comanda all’uomo di astenersi dal consumare il frutto proibito: “Tu
potrai mangiare di tutti gli
alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del
bene e del male non devi
mangiare perché, nel giorno
in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire” (Gn
2,16-17). Commentando l’ingiunzione divina, san Basilio
osserva che “il digiuno è stato ordinato in Paradiso”, e “il
primo comando in tal senso
è stato dato ad Adamo”. Egli
pertanto conclude: “Il ‘non
devi mangiare’ è, dunque, la
legge del digiuno e dell’astinenza” (cfr Sermo de jejunio:
PG 31, 163, 98). Poiché tutti
siamo appesantiti dal peccato e dalle sue conseguenze, il
digiuno ci viene offerto come
un mezzo per riannodare
l’amicizia con il Signore. Così
fece Esdra prima del viaggio
di ritorno dall’esilio alla Terra Promessa, invitando il popolo riunito a digiunare “per
EBBE FAME»
(MT 4,2)
umiliarci - disse - davanti al
nostro Dio” (8,21). L’Onnipotente ascoltò la loro preghiera e assicurò il suo favore e
la sua protezione. Altrettanto fecero gli abitanti di
Ninive che, sensibili all’appello di Giona al pentimento, proclamarono, quale testimonianza della loro sincerità, un digiuno dicendo: “Chi
sa che Dio non cambi, si ravveda, deponga il suo ardente
sdegno e noi non abbiamo a
perire!” (3,9). Anche allora
Dio vide le loro opere e li risparmiò.
Nel Nuovo Testamento,
Gesù pone in luce la ragione
profonda del digiuno, stigmatizzando l’atteggiamento
dei farisei, i quali osservavano con scrupolo le prescrizioni imposte dalla legge, ma il
loro cuore era lontano da Dio.
Il vero digiuno, ripete anche
altrove il divino Maestro, è
piuttosto compiere la volontà
del Padre celeste, il quale
“vede nel segreto, e ti ricompenserà” (Mt 6,18). Egli stesso ne dà l’esempio rispondendo a satana, al termine dei 40
giorni passati nel deserto, che
“non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce
dalla bocca di Dio” (Mt 4,4). Il
vero digiuno è dunque finalizzato a mangiare il “vero cibo”,
che è fare la volontà del Padre (cfr Gv 4,34). Se pertanto
Adamo disobbedì al comando
del Signore “di non mangiare
del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male”,
con il digiuno il credente intende sottomettersi umilmente a Dio, confidando nella sua
bontà e misericordia.
Troviamo la pratica del digiuno molto presente nella
prima comunità cristiana (cfr
At 13,3; 14,22; 27,21; 2 Cor
6,5). Anche i Padri della Chiesa parlano della forza del digiuno, capace di tenere a fre-
no il peccato, reprimere le
bramosie del “vecchio Adamo”,
ed aprire nel cuore del credente la strada a Dio. Il digiuno è
inoltre una pratica ricorrente
e raccomandata dai santi di
ogni epoca. Scrive san Pietro
Crisologo: “Il digiuno è l’anima della preghiera e la misericordia la vita del digiuno,
perciò chi prega digiuni. Chi
digiuna abbia misericordia.
Chi nel domandare desidera
di essere esaudito, esaudisca
chi gli rivolge domanda. Chi
vuol trovare aperto verso di sé
il cuore di Dio non chiuda il
suo a chi lo supplica” (Sermo
43: PL 52, 320. 332).
Ai nostri giorni, la pratica
del digiuno pare aver perso un
po’ della sua valenza spirituale e aver acquistato piuttosto,
in una cultura segnata dalla
ricerca del benessere materiale, il valore di una misura
terapeutica per la cura del
proprio corpo. Digiunare giova certamente al benessere
fisico, ma per i credenti è in
primo luogo una “terapia” per
curare tutto ciò che impedisce
loro di conformare se stessi
alla volontà di Dio. Nella Costituzione apostolica Pænitemini del 1966, il Servo di Dio
Paolo VI ravvisava la necessità di collocare il digiuno nel
contesto della chiamata di
ogni cristiano a “non più vivere per se stesso, ma per colui
che lo amò e diede se stesso
per lui, e ... anche a vivere per
i fratelli” (cfr Cap. I). La Quaresima potrebbe essere un’occasione opportuna per riprendere le norme contenute nella citata Costituzione apostolica, valorizzando il significato autentico e perenne di quest’antica pratica penitenziale,
che può aiutarci a mortificare
il nostro egoismo e ad aprire
il cuore all’amore di Dio e del
prossimo, primo e sommo comandamento della nuova
Legge e compendio di tutto il
Vangelo (cfr Mt 22,34-40).
La fedele pratica del digiuno contribuisce inoltre a conferire unità alla persona, corpo ed anima, aiutandola ad
evitare il peccato e a crescere
nell’intimità con il Signore.
Sant’Agostino, che ben conosceva le proprie inclinazioni
negative e le definiva “nodo
tortuoso e aggrovigliato” (Confessioni, II, 10.18), nel suo trattato L’utilità del digiuno, scriveva: “Mi dò certo un supplizio, ma perché Egli mi perdoni; da me stesso mi castigo
perché Egli mi aiuti, per piacere ai suoi occhi, per arrivare al diletto della sua dolcezza” (Sermo 400, 3, 3: PL 40,
708). Privarsi del cibo materiale che nutre il corpo facilita un’interiore disposizione ad
ascoltare Cristo e a nutrirsi
della sua parola di salvezza.
Con il digiuno e la preghiera
permettiamo a Lui di venire
a saziare la fame più profonda che sperimentiamo nel nostro intimo: la fame e sete di
Dio.
Al tempo stesso, il digiuno
ci aiuta a prendere coscienza
della situazione in cui vivono
tanti nostri fratelli. Nella sua
Prima Lettera san Giovanni
ammonisce: “Se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l’amore di Dio?” (3,17). Digiunare
volontariamente ci aiuta a
coltivare lo stile del Buon
Samaritano, che si china e va
in soccorso del fratello sofferente (cfr Enc. Deus caritas
est, 15). Scegliendo liberamente di privarci di qualcosa per
aiutare gli altri, mostriamo
concretamente che il prossimo
in difficoltà non ci è estraneo.
Proprio per mantenere vivo
questo atteggiamento di accoglienza e di attenzione verso i
fratelli, incoraggio le parrocchie ed ogni altra comunità ad
intensificare in Quaresima la
pratica del digiuno personale
e comunitario, coltivando altresì l’ascolto della Parola di
Dio, la preghiera e l’elemosina. Questo è stato, sin dall’inizio, lo stile della comunità cristiana, nella quale venivano
fatte speciali collette (cfr 2 Cor
8-9; Rm 15, 25-27), e i fedeli
erano invitati a dare ai poveri quanto, grazie al digiuno,
era stato messo da parte (cfr
Didascalia Ap., V, 20,18). Anche oggi tale pratica va riscoperta ed incoraggiata, soprattutto durante il tempo liturgico quaresimale.
Da quanto ho detto emerge
con grande chiarezza che il
digiuno rappresenta una pratica ascetica importante,
un’arma spirituale per lottare contro ogni eventuale attaccamento disordinato a noi
stessi. Privarsi volontariamente del piacere del cibo e
di altri beni materiali, aiuta
il discepolo di Cristo a controllare gli appetiti della natura
indebolita dalla colpa d’origine, i cui effetti negativi investono l’intera personalità
umana. Opportunamente
esorta un antico inno liturgico quaresimale: “Utamur ergo
parcius, / verbis, cibis et
potibus, / somno, iocis et
arctius / perstemus in custodia - Usiamo in modo più sobrio parole, cibi, bevande, sonno e giochi, e rimaniamo con
maggior attenzione vigilanti”.
Cari fratelli e sorelle, a ben
vedere il digiuno ha come sua
ultima finalità di aiutare ciascuno di noi, come scriveva il
Servo di Dio Papa Giovanni
Paolo II, a fare di sé dono totale a Dio (cfr Enc. Veritatis
splendor, 21). La Quaresima
sia pertanto valorizzata in
ogni famiglia e in ogni comunità cristiana per allontanare tutto ciò che distrae lo spirito e per intensificare ciò che
nutre l’anima aprendola all’amore di Dio e del prossimo.
Penso in particolare ad un
maggior impegno nella preghiera, nella lectio divina, nel
ricorso al Sacramento della
Riconciliazione e nell’attiva
partecipazione all’Eucaristia,
soprattutto alla Santa Messa domenicale. Con questa
interiore disposizione entriamo nel clima penitenziale
della Quaresima. Ci accompagni la Beata Vergine Maria, Causa nostrae laetitiae,
e ci sostenga nello sforzo di
liberare il nostro cuore dalla
schiavitù del peccato per renderlo sempre più “tabernacolo vivente di Dio”. Con questo augurio, mentre assicuro
la mia preghiera perché ogni
credente e ogni comunità ecclesiale percorra un proficuo
itinerario quaresimale, imparto di cuore a tutti la Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 11 Dicembre 2008
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO -21 FEBBRAIO 2009
Quaresima 2009
PA G I N A
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Una riflessione sul digiuno
UN DIGIUNO GIOIOSO PER ARRIVARE
A UN CAMBIAMENTO DI MENTALITÀ
N
el messaggio per la
Quaresima 2009
Benedetto XVI torna sul tema del digiuno. Dopo alcuni
velocissimi, ma puntuali accenni ad esperienze dell’Antico Testamento, il pontefice
propone l’esperienza di Gesù
per il quale il digiuno è finalizzato a mangiare il vero cibo, che è fare la volontà del
Padre. Da qui l’esperienza
delle prime comunità cristiane e poi la nostra esperienza
dove il digiuno “pare aver
perso un po’ della sua valenza spirituale”.
Si ricordano ancora alcuni
passaggi della costituzione
apostolica Paenitemini di
Paolo VI, sempre su questo
tema, poi si passa ad indicare alcuni significati utili per
i cristiani di oggi.
In Quaresima – si dice – il
digiuno potrebbe aiutare a
ritrovare unità nella persona
frantumata in mille occupazioni e distrazioni e potrebbe servire a prendere coscienza della situazione in cui vivono tanti nostri fratelli.
Naturalmente non in modo
automatico, ma solo se il ‘digiunare’ diventa occasione
per far spazio ad un maggior
ascolto della ‘parola di salvezza’ e a ricuperare e coltivare ‘lo stile del buon Samaritano’. Qualche approfondimento sull’argomento.
IL DIGIUNO,
PER UN PO’
DI GIOIA
Per i cristiani l’ascesi quaresimale è un serio impegno
di conversione per avere parte alla grazia e alla gioia pasquale. Digiunando, quindi,
l’uomo si riconosce povero e
impotente, bisognoso di
trascendenza e di salvezza, di
Qualcuno che possa disporre
della sua vita. Per renderselo propizio si rimette ‘nudo’,
spoglio davanti a Lui. Poiché
tutte le tensioni sono determinate dallo scatenarsi delle passioni umane, dall’ingordigia di possedere, di dominare, di godere, ossia dall’uso disordinato e ingiusto
dei beni che Dio ha offerto a
tutti, occorre privarsi temporaneamente di tutto quello di
cui solitamente abusiamo
(cibo, denaro, beni, mezzi di
comunicazione, parole…) per
riscoprire ciò che è essenziale e per favorire, con la generosa condivisione, quelli che
ingiustamente sono privati
del necessario, gli ultimi della società. E questo non soltanto nei giorni speciali di
digiuno, ma sempre, imparando a vivere con sobrietà e
carità. Il digiuno e la preghiera quaresimali sono dunque
una scuola di autodisciplina,
una sorta di allenamento
graduale per arrivare a un
cambiamento di mentalità,
ad una condotta che rispetti
la ‘volontà di Dio’ e i diritti
del prossimo.
Se siamo sazi di noi stessi
e di cose, se siamo agguerriti
interiormente per difendere
sempre le nostre posizioni
non possiamo aprirci né a Dio
né al prossimo. Gesù stesso
iniziò la sua missione di annunciare il Regno di Dio con
quaranta giorni di digiuno
nel deserto, nutrendosi della
parola di Dio e della santa
volontà del Padre. Il digiuno
e la penitenza che portano
alla conversione sfociano nella gioia pasquale che è liberazione dal peccato, trionfo
dell’amore e della pace nei
cuori e, conseguentemente,
nella vita sociale e nei popoli.
Una preghiera della liturgia della Chiesa d’Oriente in
tempo di quaresima riassume bene le disposizioni del
vero digiuno che dovremmo
fare con animo alacre e sereno: “Signore togli da me lo
spirito di ozio, di scoraggiamento, di brama di potere e
di vano parlare. Dona invece
al tuo servo lo spirito di castità, di umiltà, di pazienza
e d’amore. Sì, o Signore, concedimi di vedere i miei errori
e di non giudicare il mio fratello, perché tu sei benedetto
nei secoli. Amen”.
Ecco perché il digiuno dei
cristiani dev’essere gioioso.
Si digiuna dai cibi, da ogni
superfluità, e anzitutto dal
peccato, per gustare la Parola di Dio e la dolcezza della
preghiera come comunione
d’amore con Dio e con i fratelli.
UN PO’ DI
SILENZIO PER
ASCOLTARE
DI PIU’
La tradizione spirituale
cristiana ha sempre letto il
tempo della quaresima attraverso la metafora del deserto: è un tempo ‘altro’ perché
contrassegnato dalla prassi
dello stare in disparte, della
solitudine e del silenzio, in
vista soprattutto dell’ascolto
del Signore e del discerni-
mento della sua volontà.
Potrebbe essere un modo
interessante per riempire di
significato la pratica del digiuno; potrebbe essere una
proposta da fare in parrocchia, con diverse modalità,
coinvolgendo gruppi di catechismo di iniziazione cristiana, genitori, catechisti e adulti impegnati in questo itinerario e l’intera comunità cristiana. Ma con proposte non
generiche e non lasciate solo
alla libera iniziativa.
Questo far tacere parole e
presenze intorno a sé ha la
funzione di disciplinare il
rapporto tra la Parola di Dio
e le parole: il silenzio diventa occasione e strumento per
dare priorità alla Parola, per
conferirle priorità rispetto
all’intera giornata in modo
che sia veramente ascoltata,
accolta, meditata, custodita,
e, quindi, realizzata con intelligenza. Il silenzio, inoltre,
è necessario per far nascere
una parola umana autorevole, comunicativa, penetrante,
Proposte di lettura sul digiuno
DAG TESSORE, Il digiuno,
Città Nuova, pagine 78,
e 7,00
ANTONIO GENTILI,
A pane e acqua. Pratica
e spiritualità del digiuno,
Ancora, pagine 158, e13,00
AMSELM GRÜN,
Digiunare per il corpo
e per lo spirito, San Paolo,
pagine 78, e 6,00
ricca di sapienza e di capacità di comunione: quante volte, invece ci pare di ascoltare
parole ‘vane’ – lo abbiamo
sperimentato soprattutto in
questi giorni passati! – perché non originate dal silenzio, dal religioso ascolto; parole vuote di senso perché
‘contro’ qualcuno, che non
sono altro che rumore, affiorare vociante dei peggiori
sentimenti che ci abitano.
Oggi, purtroppo, è diventato così difficile volere il silenzio, crearlo, viverlo… Il silenzio è il grande assente
dalla nostra società, dalle
nostre città, dalle nostre
case, dai nostri corpi, insomma dalla nostra vita. La modernità ha significato anche
il trionfo del rumore, ci ha
imposto una perdurante condizione di non silenzio, di non
pausa a tutti i livelli e in ogni
circostanza della nostra esistenza. Gli effetti di questa
dominante del rumore assordante si riflettono sulle persone, sempre meno capaci di
vivere consapevolmente il
tempo, sempre meno disposte
a vivere una vita interiore
profonda e ad esercitare la
comunicazione attraverso
tutti i sensi, anche quelli spirituali. Si teme il silenzio
come se fosse un abisso vuoto, da riempire ad ogni costo
con rumore qualsiasi, mentre
in realtà è ciò che permette
di ascoltare bene la vita.
Anche le nostre realtà pastorali sono, spesso, vittime
di questa difficoltà. E il tempo di quaresima che dovrebbe essere il tempo del digiuno per ascoltare, diventa, invece, il tempo in cui si moltiplicano le parole, i discorsi,
perfino le chiacchiere. Quanta fatica a pensare e proporre momenti di silenzio per far
spazio alla Parola e alla Presenza di Dio; quante difficoltà ad ascoltare e condividere, a pregare e ad adorare in
silenzio… Con la scusa che i
fedeli non sono abituati, che
è tradizione fare questo e
quello, non si ha mai il coraggio di aiutare le persone a
ritrovare se stesse per una
esperienza di fede che incominci dal di dentro, dal cuore dell’uomo…
La Quaresima può fornirci
l’occasione per un digiuno
dalle parole e dai suoni, per
una ricerca e una pratica di
tempi di silenzio durante il
giorno e di vigilanza sulle
parole perché non siano mai
né violente, né vane. Ogni
cristiano per vivere una vita
più buona e più bella, una
vita contrassegnata dalla
beatitudine, deve imparare il
silenzio, a custodire il silenzio, altrimenti finirà per perdere il contatto con la propria
realtà autentica. Come potrà
percepire la propria realtà di
Figlio e a viverla profondamente se non ci sono mai
momenti di familiarità e di
confidenza con il Padre e con
il proprio fratello?
don BATTISTA RINALDI
PA G I N A
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
4
Quaresima 2009
Prima domenica di Quaresima
LA FEDELTÀ DI DIO PRECEDE
L’IMPEGNO DELL’UOMO
A
l racconto del battesimo di Gesù,
Marco collega immediatamente
quello della tentazione. Racconto breve (2
versetti contro gli 11 di
Matteo e i 13 di Luca) che
svela per questo la sua originalità. Cerchiamo, allora, di
cogliere le caratteristiche del
nostro testo.
In Marco, la tentazioneprova caratterizza tutto il
tempo in cui Gesù è nel deserto (“era tentato”), mentre
in Matteo e Luca la tentazione (sotto tre diverse prospettive) sopraggiunge al termine dei quaranta giorni. In
Matteo e Luca viene sottolineato il digiuno di Gesù durante i quaranta giorni che
precedono la prima tentazione; in Marco abbiamo invece
gli angeli che provvedono costantemente a Gesù (“lo
servivano”).Infine, Marco è il
solo a sottolineare che Gesù
“stava con le bestie selvatiche”.
IL COMPIMENTO
DI UN’ATTESA
Il racconto di Marco è costruito attorno ad alcune parole-chiave: deserto, tentazione, le fiere, il servizio degli
angeli. Brevemente.
Il deserto non è solo il luogo della potenza del male
Il testo del vangelo della prima domenica di Quaresima
(Marco 1,12-15) ci propone il racconto della tentazione di Gesù
e il suo annuncio-programma: “Il tempo è compiuto... Convertitevi
e credete nel Vangelo”. I sinottici (Matteo, Marco, Luca)
collocano il racconto della tentazione tra il battesimo di Gesù e
l’inizio del suo ministero. Al battesimo Gesù è proclamato
Messia nella linea del servo sofferente (“Tu sei il figlio mio,
‘amato: in te ho posto il mio compiacimento”). Prima di iniziare la
sua attività pubblica Gesù è tentato da Satana nel deserto
pagina a cura di ARCANGELO BAGNI
(concezione, questa, diffusa
al tempo di Gesù nella mentalità giudaica); esso rimanda anche all’attesa messianica: è nel deserto che il Messia deve venire (Is 40, 3); è
nel deserto che Dio instaurerà con il suo popolo relazioni amicali, come un nuovo fidanzamento: “Per questo ti
sedurrò e ti condurrò nel deserto e là parlerò al tuo cuore” (Os 2, 16 ss).
Ora, nel libro di Osea, la
promessa di un “nuovo fidanzamento” è accompagnata da
quella della restaurazione
della condizione paradisiaca: “Concluderò con essi in quei giorni- un’alleanza
con le bestie dei campi, gli uccelli del cielo, i rettili del suolo”... (2,20). La prospettiva
diventa così messianica (Is
11, 6-9; 35, 5-10; Ez 34, 2328; Dt 32, 10): la storia di
Gesù che è cominciata (Mc
1,1) ha a che fare con l’attesa
messianica; un’attesa che diventa compimento; un compimento che apre su di una
nuova creazione.
Il tema della tentazione può
essere letto certamente nella prospettiva dell’esodo: il
deserto come luogo, i quaranta giorni come tempo, la “prova” come situazione. Notiamo, tuttavia, come Marco non
parli di tentazioni specifiche
né di alcuna vittoria definitiva di Gesù sul tentatore
(diversamente da Mt: “Allora il diavolo lo abbandona, ed
ecco, degli angeli si avvicinano e le servivano”, 4, 11).
Gesù, per Marco, non ha
certamente ceduto al tentatore. Egli dice infatti che gli
angeli lo “servivano”: l’imperfetto sta ad indicare una situazione che permane. Durante tutti i quaranta giorni
gli angeli servivano Gesù.
L’AMORE DI DIO PRECEDE IL CAMMINO
DI CONVERSIONE DELL’UOMO
l tema del deserto richiama, in Marco, sia il luogo della preghiera solitaria (cf Mc
1,35), del riposo, della lontananza dalle folle, sia il tempo trascorso da Israele nel
suo cammino verso la terra promessa. L’annotazione di tempo (“per quaranta giorni”) ha una portata simbolico-teologica: richiama i quaranta giorni del diluvio, i
quaranta anni del cammino di Israele nel deserto. Gesù dunque ripercorre e porta
a compimento quella storia di cui i fatti citati sono stati momenti significativi. Il tema
della tentazione è richiamato altre volte da Marco (cf 8,11; 10, 2; 12,15). In tutti i casi la
tentazione riguarda un mettere in discussione la validità della vita scelta da Gesù.
Le domande che collegano i testi citati posso essere espresse così: la strada che Gesù
percorre nel suo essere Messia, è davvero la strada giusta? La logica che la guida è
davvero valida? E’ dunque in discussione un certo modo di essere Messia piuttosto che
un altro. Gesù, solo dopo aver verificato la strada da seguire (la via, cioè, del servizio e
non la via della potenza o del privilegio), inizierà la sua vita pubblica. I discepoli, nel
vangelo di Marco, costantemente faticheranno a comprendere la strada che Gesù ha
scelto. E di fronte alla prospettiva della croce si scandalizzeranno e fuggiranno. Rivelato
dal Padre (“Tu sei il Figlio mio, l’amato), vinte la potenze del male (“stava con le fiere e
gli angeli lo servivano”), Gesù si presenta alle folle proclamando: “Il tempo è compiuto, il
Regno di Dio è vicino; convertitevi e credere nel vangelo”.
Il tempo è compiuto: con Gesù termina il tempo dell’attesa e ha inizio la pienezza, il
tempo ultimo e decisivo di cui avevano parlato i profeti (cf Ger 3,17; 5,18; 50,4.20; Ez
7,12; Dn 7,22; 12,9) e che interpella ora radicalmente tutti. Ed è Dio l’autore di questo
compimento. Il Regno di Dio è giunto: per Israele il Regno di Dio era una realtà che
diceva riferimento essenzialmente a un domani, a un qualcosa che stava davanti. Gesù
afferma che questo domani è diventato un presente, un oggi. All’iniziativa di Dio (“il
tempo è compiuto e il Regno è vicino) l’uomo è chiamato a rispondere. E’ in questa
prospettiva che comprendiamo i due imperativi: “Convertitevi” e “Credete al vangelo”.
Convertirsi: la conversione di cui parla il testo non chiama in causa solo una dimensione di maggiore impegno. Per Marco, convertirsi significa cambiare modo di pensare
Gesù e la sua proposta. Si tratta, allora, di comprendere - e fare proprio - il suo stile di
vita e di “ricentrare” la propria esistenza su di esso. La conversione è dunque una risposta a un avvenimento che precede il credente: la proposta libera e gratuita di Dio in Gesù.
Credere nel vangelo: poiché la vicenda di Gesù (il modo con il quale essa inizia, si
svolge e si conclude) è la “lieta notizia”, al credente è chiesto di fidarsi di essa al punto
tale da farla propria. Credere al vangelo significa, allora, accettare e fidarsi della logica
che ha guidato tutta la storia di Gesù: la logica della solidarietà agli uomini e della
fedeltà al Padre.
Notiamo, infine, lo strano rapporto tra conversione e fede. Abitualmente noi penseremmo: prima la fede e poi la conversione. La prospettiva del testo evangelico è diversa:
la conversione non è né la condizione della fede né solo una conseguenza di essa ma la
stessa fede in atto. La “lieta notizia” sta in questo: “Chi vorrà salvare la propria vita, la
perderà; ma chi la perderà per causa mia e del vangelo, la salverà” (Mc 8,35).
I
Tuttavia, è significativo notare che l’evangelista non
parla di un “trionfo” definitivo di Gesù. Forse Marco
vuole introdurre il lettore a
comprendere che la vittoria
definitiva di Gesù avviene
solo con la manifestazione
della croce? E che là occorrerà comprendere come e in
che senso Gesù è il Figlio di
Dio, l’amato?
Possiamo rilevare anche
che, nel racconto di Marco, il
tentatore entrerà ancora in
scena proprio di fronte all’interpretazione da dare alla
vicenda di un Messia crocifisso (8,33). Una prospettiva,
quella del Messia-crocifisso
che scandalizza “satanicamente” il discepolo Pietro che
invita Gesù a percorre un’altra strada per essere più credibile!
E’ opportuno ricordare che
il verbo “tentare”, in prospettiva biblica, indica il modo
con il quale l’uomo mette alla
prova Dio (chiedendo segni
perché la sua parola e la sua
azione siano più credibili) e
il modo con il quale Dio mette alla prova l’uomo (non per
punirlo, ma per verificare se
la sua fede sia davvero disinteressata: si legga, in questa
linea, la vicenda di Giobbe).
Le bestie selvatiche: per alcuni, esse indicherebbero la
solitudine e il disagio del deserto; per altri - e forse in modo più coerente - esse richiamerebbero il tema paradisiaco, il ritorno alla pace tra l’uomo e gli animali, come sperava Isaia pensando alla pienezza dei tempi, all’avvento del
Messia (Is 11, 6-9). Gesù realizzerebbe, allora, le speranze
messianiche (Gb 5, 22-23; Os
2,2o; Is 11, 6-9; 65, 25).
In Gesù ha inizio una nuova creazione. Ma per comprendere tutta la portata
sarà necessario seguire la
storia di Gesù fino alla croce. Essa, solo essa, svela come, in che senso l’umanità
nuova ha origine e si sviluppa dentro la storia concreta,
segnata ancora dal peccato e
dalla contraddizione.
Infine, il servizio degli angeli: esso pure rimanda alla
restaurata comunione fra
l’uomo e Dio.
Alcune
provocazioni
Innanzitutto, Gesù è sì figlio di Dio, eppure viene tentato;
egli non sfugge dalla lotta con il male e con le sue provocazioni. Un primo scandalo da superare sta proprio qui: essere
figlio di Dio, per Gesù, non ha significato evasione dalla storia, ma assunzione di essa e fino in fondo. In quale Messia
crediamo? Un Dio potente che risolverebbe anche i nostri problemi o un Dio che li “abita” dando ad essi nuove prospettive?
Poi, la lieta notizia del Vangelo è sorprendente e debole allo
stesso tempo. Sorprendente, perché ci attesta che Dio viene
incontro a noi, per primo e gratuitamente invitandoci a condividere la sua stessa vita in Gesù. Debole, perché lo logica
con la quale Dio agisce e invita ad agire è la logica del dono e
della gratuità. E questa prospettiva “ci mette alla prova” costantemente. Noi vorremmo, molto spesso, che la proposta
evangelica fosse più efficace, maggiormente capace di “imporsi”. Ma la fortezza del vangelo sta nella debolezza della
croce.
Quindi, tutto questo ci interpella, in modo particolare nel
nostro vissuto comunitario e familiare. Siamo in grado di creare spazi dove si possa sperimentare davvero che la debolezza dell’amore è capace di costruire l’esistenza umana? Siamo
in grado di educare e di educarci a comprendere - perché lo
viviamo ogni giorno - che la gratuità, il dono, lo spendersi per
gli altri non è un perdersi ma un ritrovarsi? Abbiamo, come
famiglie e come comunità, la capacità di motivare, con la testimonianza e la parola, la nostra fede nella debolezza della
croce? Questi interrogativi ci accompagnino nella quaresima
che è iniziata.
CRONACA
Como&territorio
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
P A G I N A
21
PROMOSSO DALLA PROVINCIA
Corso per
guardiapesca
volontari
L
a Provincia di Como organizza un corso di formazione per guardia-pesca volontari. L’obiettivo
è quello di poter disporre di personale volontario tecnicamente “formato” che collabori
con i professionisti per intervenire in modo sempre più efficace a tutela e difesa del territorio
e delle sue ricchezze naturali.
Il corso è gratuito e aperto a
tutti i maggiorenni. Gli otto incontri, tenuti da personale dell’Ufficio Pesca e della Polizia
Provinciale, si terranno con cadenza bisettimanale presso Villa Gallia, sede della Provincia di
Como, in via Borgovico 148, dalle ore 20.30 alle ore 22.00 circa.
Il programma del corso prevede:
Lunedì 23 febbraio: Biologia,
riconoscimento e distribuzione
della fauna ittica. Teoria
Venerdì 27 febbraio: Riconoscimento della fauna ittica. Esercitazioni
Lunedì 2 marzo: I ripopolamenti, i censimenti e le altre attività di gestione della fauna ittica
Venerdì 6 marzo: La regolamentazione dell’attività di pesca.
Teoria
Lunedì 9 marzo: La regolamentazione dell’attività di pesca.
Esercitazioni
Venerdì 13 marzo: Le sanzioni amministrative e il ruolo dell’agente di vigilanza
Lunedì 16marzo: La stesura
del verbale di accertamento. Teoria
FILM CON DIBATTITO
A S. FEDELE INTELVI
Il Comune di San Fedele Intelvi,
Assessorato Politiche Giovanili, in
collaborazione con l’Associazione
PariComo, la Comunità Montana
Lario Intelvese, la Parrocchia di
Sant’Antonio Abate, la ProLoco di
San Fedele, con il sostegno del
Consiglio d’Istituto dell’ICS
Magistri Comacini, nell’ambito del
progetto “Comunicare per crescere”, cofinanziato dalla Regione
Lombardia, Assessorato Famiglia
e Solidarietà Sociale, organizza un
ciclo di film con dibattito rivolto
alle famiglie, per aiutarle e sostenerle nei loro compiti sociali ed
educativi.
Le proiezioni, presso la sala conferenze della Comunità Montana
Lario Intelvese in San Fedele
Intelvi, inizieranno alle ore 20.30,
l’ingresso è libero.
Questi i film e i temi in programma: 17 febbraio, Mai più come prima, (la comunicazione con gli adolescenti), 10 marzo, 28 giorni
(l’alcol e la droga), 24 marzo, Piovono mucche (l’integrazione di un
diversamente abile), 17 aprile,
Quando sei nato non puoi più nasconderti (l’integrazione degli stranieri), 22 maggio, Pranzo di Ferragosto (la solitudine), 5 giugno, Il
vangelo secondo precario (la
precarietà del lavoro).
L’obiettivo
è quello
di poter disporre
di personale
volontario
tecnicamente
“formato”
che collabori
con i professionisti
per intervenire
in modo sempre
più efficace
a tutela e difesa
del territorio
e delle sue
ricchezze
naturali
Venerdì 20 marzo: La stesura del verbale di accertamento.
Esercitazioni
Al termine delle lezioni, i partecipanti dovranno affrontare un
esame finale in due prove, un
quiz di cinquanta domande a risposta multipla sulle materie
trattate nel corso e la redazione
di un verbale di accertamento di
trasgressione; una volta superato l’esame finale, riceveranno il
decreto di guardia particolare
giurata e potranno partecipare
alle attività provinciali di vigilanza e gestione ittica, come
ripopolamenti, censimenti...
Per informazioni e iscrizioni ci
si può rivolgere al numero 031230843 (dal lunedì al venerdì
dalle ore 9.00 alle 14.00) oppure
si può inviare una mail a
[email protected].
CERNOBBIO 1 MARZO
Giornata mondiale
della guida turistica
ITINERARIO MANZONIANO
A LECCO CON “MONDO TURISTICO”
L’Associazione Culturale “Mondo Turistico”
organizza per domenica 1 marzo un itinerario manzoniano a Lecco.
L’appuntamento è fissato per le ore 10.30
con la guida a Lecco,
davanti alla biglietteria di Villa Manzoni in
località Caleotto di
Lecco (5 minuti a piedi
dalla stazione ferroviaria, nei pressi del centro commerciale “Meridiana”, con possibilità
di parcheggio). Dopo la
visita alla villa del
Caleotto, ricca di testimonianze manzoniane, si raggiungerà a
piedi il rione di Pescarenico e la passeggiata dell’ “..addio monti…” lungo la riva sinistra dell’Adda. Il percorso terminerà sul
lungolago di Lecco.
La quota di partecipazione è di 8 euro per i soci e di 9 euro per
i non soci, incluso l’ingresso a Villa Manzoni. Per informazioni
e prenotazioni (obbligatorie): Mondo Turistico, tel. 339.4163108;
e-mail: [email protected].
Si ricorda che: le visite richiedono un minimo di 15 persone per
essere effettuate.
- Si prega di lasciare il recapito telefonico al momento della
prenotazione e di avvisare se, successivamente alla prenotazione, si è impossibilitati a partecipare.
- Gli spostamenti avvengono con mezzi propri.
La Città di Cernobbio, in collaborazione con l’Associazione culturale Mondo Turistico organizza per domenica 1 marzo,
in occasione della “Giornata mondiale della guida turistica”, visite guidate gratuite
a Villa d’Este, Villa Erba e Villa
Bernasconi. Per Villa d’Este, realizzata nel
secolo XVI dal Cardinale Tolomeo Gallio
e in seguito dimora di Carolina di
Brunswick, moglie di Giorgio IV d’Inghilterra, le visite saranno limitate al Parco
(con pass nominativo) e avranno inizio alle
ore 14.30 e 15.30. Le visite a Villa Erba,
già dimora estiva del regista Luchino Visconti, e al suo splendido parco, avranno
inizio alle ore 10.00, alle 11.30, alle 14.30
e alle 16.00; nel pomeriggio, alle ore 14.30
e alle 16.00 sono previste visite speciali
per bambini con gioco finale, a cura del
Gruppo MAMO. Per Villa Bernasconi, uno
degli esempi più rappresentativi dello stile
liberty, le visite invece sono state fissate
alle ore 14.30 e 16.00.
I posti per le visite sono limitati; è pertanto obbligatoria la prenotazione telefonica al Comune di Cernobbio - Ufficio Relazioni con il Pubblico, tel. 031.343.253,
dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle
ore 13.30. La chiusura delle prenotazioni
avverrà lunedì 23 febbraio, alle ore 13.30
oppure al raggiungimento del numero di
posti disponibili.
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CRONACA
Como&territorio
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
UN INCONTRO LO SCORSO 3 FEBBRAIO A MONTE OLIMPINO
L’Azione Cattolica
e le famiglie
I
l 3 febbraio scorso il
vice presidente diocesano dell’Azione Cattolica, Marco Arighi,
ha convocato a Monte Olimpino i presidenti
parrocchiali di AC per
fare il punto sulla situazione, in vista della prossima Assemblea Diocesana che si terrà a Sondrio il prossimo 15 marzo
alla presenza del nostro
Vescovo e a cui tutti gli
aderenti sono tutti invitati.
Ha ricordato come l’Azione Cattolica abbia subito un calo di iscritti che
deve farci riflettere, ma
non scoraggiarci.
Mons. Coletti ha più
volte sottolineato quanto
gli stia a cuore la nostra
associazione di laici al
servizio della Chiesa.
Dobbiamo, perciò rimetterci in cammino non
stancamente, ma con il
desiderio vìvo di farci conoscere e diffondere i valori in cui crediamo.
Tutti noi cattolici siamo
chiamati a fare i conti con
un clima mutato, ma non
sono, certo, mutati i
prìncipi su cui si fonda la
nostra fede.
Don Tullio ci ha ricordato come Gesù si è posto
al servizio degli uomini
fraternamente e su questo ci proponiamo oggi di
riflettere. Nel momento in
cui viviamo, è necessario
più che mai, infatti, apri-
Spunti di un incontro avvenuto
nell’oratorio sul tema “Gesù propone
un nuovo volto di Dio, un volto
fraterno”. Il vice presidente diocesano
Marco Arighi, ha convocato presidenti
parrocchiali di AC per fare il punto
sulla situazione, in vista della prossima
Assemblea Diocesana che si terrà
a Sondrio il prossimo 15 marzo
alla presenza del nostro Vescovo
di MARIA ROSARIA DI GIOIA
presidente parroccchiale Ac Monte Olimpino
re il nostro cuore al prossimo, cominciando da
quelli che sono più vicini
a noi.
Nella vita famigliare
siamo sicuramente disponibili ma, oltre all’amore, sappiamo dare l’ascolto di cui tutti abbiamo bisogno? Ai giovani, ad
esempio, noi possiamo insegnare il valore del silenzio, ascoltandoli se hanno
desiderio di parlarci, senza interromperli e senza
opporre alla loro esperienza di oggi quello che
facevamo noi alla loro età.
Le persone che amiamo
ci chiedono attenzione,
condivisione e perdono. In
famiglia noi mettiamo in
atto uno dei più importanti precetti evangelici:
dare all’altro senza un
corrispettivo. I conflitti
nascono, invece, quando ci
aspettiamo dall’altro
qualcosa per noi, qualcosa in cambio.
E’ importante mettere a
disposizione il proprio
tempo, le proprie capacità e le proprie idee. Così,
nel mondo che ci circonda, in cui tutti amano alzare la voce e i toni, noi
cristiani siamo chiamati
a mostrare mitezza, a dialogare con pazienza se
vogliamo accogliere gli
altri e trovare terreni comuni di intesa.
Vivere da fratelli, come Gesù ci chiede, significa passare dalla contrapposizione al dialogo.
Ciò vale, naturalmente,
anche fuori del nostro
ambito domestico, per
dare una risposta alla
domanda dei bisognosi.
Come è diventato difficile ricordare che, nel giorno del Giudizio, Dio potrà
dirci: “Avevo fame e mi
avete dato da mangiare,
avevo sete e mi avete dato
da bere, ero forestiero e
mi avete ospitato nella
vostra casa”!
Ci troviamo in un mondo globalizzato, ma dobbiamo imparare a ricavarne positività, mentre
rischiano di affermarsi
sempre più i diritti dei più
forti, sia fra le Nazioni
che fra singoli soggetti.
Per nostra fortuna, molte sono le persone sensibili e disponibili, ma fra
queste i cristiani hanno
una marcia in più: la consapevolezza della fraternità che Dio ci ha donato
come Padre di tutti. La
coscienza di un cristiano,
oggi, deve essere aperta ai
problemi politici e sociali, senza ignorare gli aspetti negativi da cui deve
rifuggire, come il pietismo
ad ogni costo e dare invece ai fratelli quella pietà
che è amore, comprensione, condivisione.
Vogliamo, perciò, nella
nostra Parrocchia, creare un clima di sempre
maggiore collaborazione
di tutte le forze, puntando sulla cura della famiglia, perché è innanzitutto in essa che si ricevono
dei valori.
L’Azione Cattolica è fatta di aderenti che la so-
IL TOURING CLUB, CON MONDO TURISTICO,
IN VISITA AL SANTUARRIO DELLA BEATA
VERGINE MARIA DEI MIRACOLI DI SARONNO
I GRANDI OSSERVATORI
ASTRONOMICI A TAVERNERIO
I Consoli comaschi del Touring Club Italiano, con l’assistenza tecnica dell’Associazione Culturale “Mondo Turistico”, organizzano per sabato 28 febbraio
una visita guidata al Santuario della Beata Vergine dei Miracoli a Saronno.
L’appuntamento è fissato per le ore 15.00 con i Consoli TCI a Saronno, davanti al portale centrale del Santuario in piazza Santuario 1.
Il Santuario è uno scrigno di tesori d’arte cui hanno lavorato insigni artisti.
La costruzione, iniziata nel 1498, fu realizzata in stile rinascimentale su
progetto di Giovanni Antonio Amadeo, architetto della fabbrica del Duomo di
Milano. La fama di questo edificio, tuttavia, è dovuta all’abbondanza delle
decorazioni pittoriche cinquecentesche, opera dei due grandi pittori lombardi
Bernardino Luini, che ha realizzato gli affreschi dell’abside, del presbiterio,
della volta della cappella del Cenacolo, delle pareti sottostanti la cupola e
Gaudenzio Ferrari, che ha creato un mirabile Paradiso nella cupola con una
tale miriade d’angeli per cui Saronno si vanta d’essere “la città degli angeli”.
Il termine della visita è previsto per le ore 17 circa.
La quota di partecipazione è di 7 euro per i soci, di 8 euro per i non soci.
Per informazioni e prenotazioni (obbligatorie): APT Como, tel. 031.3300128;
Libreria “Non solo libri” di Como, tel. 031-268762.
Venerdì 20 febbraio, dalle ore 21.15,
presso il Centro Civico “Rosario
Livatino” di Tavernerio, in via Risorgimento 21, il Gruppo Astrofili Lariani
organizza una conferenza dal titolo “I
grandi osservatori astronomici”, a cura
di Paolo Ostinelli, dedicata alle più importanti strutture osservative presenti
nei cinque continenti e accompagnata
da splendide immagini computerizzate.
L’ingresso è libero.
Per informazioni, la sede del Gruppo
Astrofili Lariani si trova in via Risorgimento 21 a Tavernerio, presso il Centro
Civico “Rosario Livatino”; tel.
328.0976491 (dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 21); e-mail: astrofili_lariani
@virgilio.it; sito web: www.astrofili
lariani.org.
“Ho creduto
ora vedo
il tuo volto
Signore”
P. Priore, i padri, l’Azione
Cattolica e tutti gli amici
della comunità parrocchiale della SS. Annunciata affidano al Signore
l’anima di
Salvatore
che nella vita ha semopre
testimoniato la sua fede
...hai l’ALCOLISMO
in casa?
...VUOI saperne di più?
...hai bisogno di AIUTO?
I GRUPPI FAMILIARI
AL-ANON
condividono le loro esperienze
in modo anonimo e gratuito
e possono offrirti
le informazioni che cerchi.
telefona al: 800-087897
stengono, ma è aperta a
tutti per un dialogo costruttivo. E’ bello ritrovarsi in incontri mensili, ma
è vitale che le famiglie in
queste circostanze possano scambiarsi con libertà
le loro idee sui problemi
che le coinvolgono direttamente. Non avremo mai
giovani attenti e desiderosi di vivere come Cristo
ci chiede, se le famiglie
non li indirizzano su questa strada.
Facciamoci, dunque, coraggio. Lavoriamo insieme e non perdiamo mai la
speranza!
LOTTERIA DEL CUORE
I BIGLIETTI VINCENTI
L’associazione Comocuore
per la lotta contro l’infarto
comunica si sono concluse
le iniziative legate alla
“Giornata europea del Cuore”:
Di seguito i biglietti vincenti della lotteria “Parole
di Cuore”
1° Autovettura Daihatsu
"cuore", biglietto numero
08384;
2° crociera per due sul Mediterraneo, biglietto n.
04066;
3° weekend per due in centro benessere,
biglietto n. 01071;
4° buono spesa da mille
euro, biglietto n. 06112;
5° set valigie, biglietto n.
10609;
6° corso di inglese, biglietto n. 07077;
7° disegno d’autore, biglietto n. 02598;
8° macchina caffè, biglietto n. 08504;
9°macchina fotografica digitale, biglietto n. 04045;
10° telefono cellulare, biglietto n. 06344.
I premi vanno ritirati nella sede di via Rovelli 8 entro il 15 aprile
CRONACA
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Como&territorio
23
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
SAN FERMO DELLA BATTAGLIA
L’Unitalsi ricorda
Alcide Nessi
i sono svolti venerdì della scorsa settimana a
San Fermo della
Battaglia, i funerali di Alcide Nessi, 75
anni , era conosciuto per
la sua attività di volontariato in seno alla
parrocchia e all’ Unitalsi,
oltre che nella locale
AVIS . Inoltre era stato
consigliere della Cooperativa di San Fermo.Dopo
aver lavorato per 35 anni
alle seterie Canepa, andato in pensione si è dedicato ad aiutare le persone più bisognose . La sua
giornata era sempre piena di questi appuntamenti verso persone anziane
che chiedevano un aiuto.
“Persona di fede - lo ricorda Vittore De Carli
presidente diocesano
dell’Unitalsi - più volte
aveva accompagnato i
malati a Lourdes , Fatima, Banneux e Caravaggio, sempre sorridente
con la battuta pronta riusciva a trasmettere allegria anche in momenti
difficili”.
Di seguito pubblichiamo il ricordo dell’assistente diocesano dell’Unitalsi mons. Giorgio Pusterla.
“Tutti noi abbiamo davanti agli occhi l’immagine di Alcide sempre in
S
75 anni, era
conosciuto e molto
amato in paese
per il suo grande
impegno profuso
per gli altri
movimento, sempre intento ad andare da qualche parte, sempre disponibile ad aiutare, soprattutto se la chiamata arrivava dal parroco o dall’Unitalsi.
E tu, con generosità correvi, sempre con il sorriso. Ti preoccupavi che il
sagrato della chiesa fosse sempre decoroso, che il
giardino parrocchiale fosse in ordine e se c’era
qualcosa che non andava
chiamavi i tuoi amici e
con rastrelli e ramazze
rimettevate tutto a posto.
E poi tutti i tuoi lavoretti,
una tapparella rotta, un
vetro da sostituire, una
ringhiera da verniciare.
Quanti di noi hanno pronunciato la frase “chiamiamo l’Alcide”.
Da oltre 30 anni poi eri
anche unitalsiano, un ulteriore segno della tua
disponibilità e attenzione
verso gli altri. Lourdes,
Loreto, Banneaux, Caravaggio… la tua presenza
era una costante e se
mancavi tutti a chiedere
“ma dov’è l’Alcide?”
Ora sei tra le braccia
amorevoli della Madre
del Signore, che sicuramente non si è dimenticata di quante volte sei
andato a trovarla nei diversi santuari, di quante
“Ave maria” hai recitato,
di quante candele hai acceso.
Il nostro pensiero oggi
va anche alla tua famiglia, alla tua amata moglie Carmen, ai tuoi figli
Claudia, Barbara e Emiliano, a tuo genero, a
tua nuora e ai tuoi adorati nipoti. Le nostre preghiere li accompagnino in
questo momento di dolore.
Caro Alcide Ti ricorderemo nelle nostre preghiere ma anche tu da
lassù non dimenticarti di
noi; della parrocchia che
hai servito con semplicità, dell’Unitalsi a cui hai
dedicato tanto tempo, della tua famiglia che hai
amato e di tutti noi che ti
abbiamo conosciuto e stimato.
Caro Alcide il nostro
non è un addio, ma un
arrivederci”.
Alcide Nessi, mentre accompagna un ammalato
durante il pellegrinaggio diocesano lo scorso anno
a Caravaggio.
UN CONVEGNO AL S. ANNA IL 7 MARZO
Educare alla salute educare alla vita
L
’
Azienda Ospedaliera S. Anna
di Como ospita, il
prossimo 7 marzo, il convegno
sul tema della Conferenza Episcopale Italiana per la Giornata mondiale del malato, dal titolo. “Educare alla salute,
educare alla vita” che si
svolgerà presso la scuola infermieristica dell’ospedale S. Anna dalle 9
alle 17.
Questi gli obiettivi generali del convegno: formare una cultura e un nuovo atteggiamento terapeutico in senso umanitario, analizzare le correnti
di pensiero della società
moderna, approfondendo
le situazioni riguardo ai
principali momenti critici dell’esistenza: nascita,
età anziana e momento
del morire
Responsabile scientifico
del convegno è Mario
Viganò - padre Superiore
Cappellani Azienda Ospedaliera S. Anna di Como. I moderatori: Renata
Muscionico - Infermiera
coordinatrice, Neurologia
Ospedale S. Anna di
Como; Donatella Pontiggia - Coordinatore didat-
tico di Sezione del Corso
di Laurea in Infermieristica Università Insubria Varese - Sede
di Como.
Relatori: Giovanna Colombo - infermiera, Patologia Neonatale Ospedale S. Anna di Como;
Marco Ferrari - infermiere, Hospice Ospedale di
Mariano Comense; Domenico Pellegrino - Medico Direttore Dipartimento di
Medicina Azienda Ospedaliera S. Anna di Como;
mons. Angelo Riva docente di Teologia Morale Seminario di Como; Pietro
Tettamanti - Medico Responsabile Centro per
la Vita Como.
Si ricorda che il corso è rivolto a medici, infermieri, infermieri pediatrici,
ostetriche, educatori,
tecnici di neurofisio-patologia età evolutiva e cittadini interessati. Numero massimo di iscritti:
100.
Deve essere effettuata
una pre iscrizione esclusivamente via mail; dopo
mail di accettazione dello Staff Formazione, inviare scheda completa di
tutti i dati: per e-mail all’indirizzo: gianfranca.
IL PROGRAMMA
[email protected] o
formazione.como@hsa
como.org ovvero tramite
posta interna: c/o Staff
formazione - palazzina
didattica corso di laurea
in infermieristica Le domande dovranno pervenire all’Ufficio Formazione
della A.O. S. Anna entro
Ecco il programma del convegno:
09.00 Introduzione ai contenuti e al senso del convegno padre M. Viganò
09.30 Cultura della vita, cultura della libertà. La
difficile mediazione mons. A. Riva
10.15 La tarda età: problema etico - sociale dr. D.
Pellegrino
11.00 Pausa
11.30 Dibattito - moderatore: dr.ssa D. Pontiggia
12.30 Pausa pranzo
13.30 La vita: dono o possesso? dr. P. Tettamanti
14.15 Quando nascere è difficile... ruolo educativo
dell’infermiere in terapia intensiva neonatale
sig.ra G. Colombo.
L’Hospice. L’assistenza al malato terminale nel rispetto della dignità della persona sig. M. Ferrari
15.00 Pausa
15.20 Dibattito - moderatore: sig.ra R. Musciocico
16.30 Compilazione questionario di gradimento chiusura dei lavori.
il 23 febbraio.
Per informazioni è possi-
bile telefonare al numero
031-5854166.
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Lago&Valli
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
È STATO DESTINATO ALLA PARROCCHIA DI BIZZARONE
Il “grazie”
di Loveno a
don Olgiati
L
o sguardo di don
Rodolfo Olgiati è
sempre stato rivolto a Gesù, perché solo Lui - come il nostro pastore ha
ripetutamente dimostrato - dà la vera luce e la
vera gioia: anche attraversando ‘valli oscure’
non si deve temere alcun
male, «perché so che Tu
sei con me». Questa sarà
sempre la sua grande forza: sapere che «Tu sei con
me».
Nel 1962, in Roma dalla famiglia Olgiati di
Gemonio, nasceva Rodolfo... Il nome - affascinante rete di legami e di associazioni simboliche - ha
già in sé le linee di un
comportamento tracciato.
Colui che è chiamato Rodolfo è luce e guida degli
altri per condurli - attraverso la via della conoscenza - verso il Bene e il
Vero.
Valori ineludibili della
personalità del nostro
caro don Rodolfo.
Egli, nel 1996 - già stimato geometra con esperienze lavorative di rilievo al suo attivo -, entrava
in seminario. Il progetto
di Dio su quel giovane
adulto prendeva forma, lo
interpellava...
Mentre il nostro seminarista si applicava negli
studi teologici, faceva
esperienze pastorali presso le parrocchie di Portichetto, Gaggino e
Capiago. Inoltre, trascorreva periodi formativi
presso i disabili di Ponte
Lambro e gli ospiti dell’Istituto don Luigi Gua-
Pubblichiamo, in questo articolo,
un ampio stralcio del lungo testo
di ringraziamento a don Rodolfo
pervenutoci in redazione
nella a Como; aderiva
fattivamente a iniziative
di solidarietà con le comunità Gulliver (recupero di
tossicodipendenti) e Nuovi Orizzonti (assistenza di
malati terminali di Aids).
...Ed ecco il gran giorno:
il 14 giugno 2003 l’amato
e stimato mons. Maggiolini lo ordinava sacerdote
nella Cattedrale di Como.
Il Vescovo, nella memorabile omelia di quella solenne celebrazione, aveva
esortato i novelli preti (sei
in tutto) a non affastellare «iniziative e manifestazioni esterne che magari
raggiungono il plauso dei
superficiali, ma non incidono nella vita dell’altro.
A chiamare alla santità e
a condurvi, non saranno
le scaltrezze umane: sarà
la comunione con Cristo.
Sarà la preghiera. Lavorate di ginocchia. Il resto
sarà valido. In questa impresa, vi prego, cari candidati: siate buoni»...
Un mandato che don
Rodolfo ha inverato nella
lettera e nello spirito della sua opera pastorale
nella nostra Parrocchia
dove era stato accolto con
gioia il 14 settembre
2003. In quella occasione
la comunità, per voce di
un rappresentante del
Consiglio Pastorale, così
si era espressa: «Eccoci,
Le diamo il benvenuto,
ma con questa parola le
chiediamo anche il Suo
sostegno, l’incitamento, la
compassione e il perdono». A tale richiesta, quasi un’implorazione, il nuovo parroco avrebbe risposto lungo i suoi cinque
anni di permanenza distribuendo tutta la ricchezza del suo cuore,
elargendo il dono divino
del Vangelo, del quale era
penetrato e, servendo così
- dando la vita - questa
sua vita ha portato un
frutto: ricco, come si può
visibilmente constatare.
È diventato realmente
padre di molti e, avendo
guidato le persone non a
sé ma a Cristo, ha guadagnato le anime, ha aiutato a migliorarci, a indicarci la via per il cielo.
Si è rivelato un sacerdote che sa agire nella
vita delle persone, interrogandosi sul modo in cui
il messaggio cristiano
possa ancora «fare innamorare» i giovani del nostro tempo...
Sacerdote, ma anche
uomo di cultura. Don
Rodolfo ha pazientemente e faticosamente ricostruito la fisionomia della nostra originaria realtà sociale - risalendo nel
tempo, per quanto sia stato possibile - attraverso
l’analisi di dati reperiti da
antichi documenti. Dati
ordinati magistralmente
in un archivio cartaceo e
virtuale. L’indagine è stata approfondita per mezzo di una meditata interpretazione, da esperto, di
informazioni ricavate dallo studio di strutture
architettoniche antiche
venute alla luce in seguito ai lavori di ristrutturazione del complesso
ecclesiale. Un’opera, questa, di grande spessore,
quasi ‘liturgico’...
Chi altri avrebbe potuto essere interprete migliore, dunque, degli antichi manufatti sacri di
Loveno se non il nostro
parroco-geometra? Nel ricostruire questa fitta e affascinante rete di legami
e di associazioni tra parole e immagini, don Rodolfo ha avuto l’intuizione
felice della stesura di un
libro dal titolo Una storia
tra le pietre. Loveno: la
sua chiesa, la sua gente, i
suoi parroci. Il testo illustra la ricca trama della
nostra passata vicenda
socio-religiosa con una
sapiente scelta di immagini e di parole, quasi una
sorta di archeologia di
spettacolo ‘multimediale’.
Tuttavia, ricordiamo
che la grande lezione del
sacerdote don Rodolfo è
stata quella di insegnare,
in prima istanza, che l’origine autentica, l’Inizio
ontologico è l’Amore di
Dio, che è poi la Sua essenza. Nella comunione
eucaristica la nostra umanità è profondamente
toccata e trasformata sino
ad essere il pensiero che
il Signore ha di essa. E
tutto si fa nuovo, poiché
Dio stesso ha detto: «Ecco
io faccio nuove tutte le
cose» (Ap 21,5). Operare
nell’intima unione tra
Cristo in noi e negli altri,
unione nella quale il nostro dispiegarsi persona
raggiunge una densità e
un’ampiezza altrimenti
impossibili; cercare di
fare della nostra quoti-
dianità una vita che offriamo a Dio, affinché Egli
viva in noi: questo è il
messaggio vitale che ci
affida il nostro Parroco.
Noi tradiremmo la sua
consegna se non fossimo
capaci di valorizzare tutto il lavoro che egli ha fatto per ogni persona indistintamente; di conservare il nostro passato guardando, però, al futuro, dimostrandoci all’altezza
delle sfide che si incontrano sotto la guida dello
Spirito, il quale è l’ermeneuta della Verità che è
Vita.
Con queste parole abbiamo inteso esprimere a
don Rodolfo, servitore di
una «liturgia cosmica», la
nostra gratitudine. Don
Rodolfo: coerente nella
verità; coerente nell’impegno per il bene; sereno
nelle avversità per amore di Cristo (cfr. Atti 5, 41).
Egli è stato per noi il
Buon pastore evangelico.
L’INCONTRO DI DON RENZO GABUZZI CON I RAPPRESENTANTI DLELE ASSOCIAZIONI LOCALI AD ARGEGNO
Buono il primo approccio richiesto da don Renzo,
nuovo parroco di Argegno, nell’incontro in Comune
con tutti i responsabili delle varie associazioni esistenti in paese, al fine di conoscere modalità, tempi
e qualità delle nostre manifestazioni.
Iniziava ad illustrare lo svolgimento dei suoi impegni il capo gruppo degli alpini (46) che raccontava
di presenziare con alcuni dei suoi uomini alle manifestazioni importanti di Argegno e dei paesi limitrofi ed anche di aver partecipato a degli avvenimenti riguardanti il Corpo degli Alpini in alcune
città italiane. Pur se formato da pochi elementi locali (5) il corpo musicale del paese con altri musicanti
della valle non manca mai alle manifestazioni importanti, sia civili che religiose e le loro note gioiose
danno un tono di solennità alle cerimonie.
Di pari considerazione è il coro della Bassa Valle
che con alcuni elementi di Argegno ci viene in aiuto
nelle principali feste religiose.
In questo incontro si è sentito parlare anche dei
confratelli (20) che si prestano in varie attività con
impegno. Anche se timidamente le consorelle (101)
hanno parlato del lavoro che svolgono per la chiesa
e se la vediamo luccicare di colori e ben pulita è loro
merito. Di grande importanza per il paese è quel
gruppo di volenterosi una volta denominato Pro Loco
e che ora sotto la denominazione di Amici del paese,
si prestano per le Cappelle (Presepio Vivente), per
la castagnata sul sagrato della chiesa di Sant’Anna, per la gara delle Lucie e per altri avvenimenti
importanti. Qualcun altro si presta nello scrivere e
nel riportare sul giornalino della Parrocchia e sul
Settimanale della Diocesi avvenimenti importanti
sia religiosi che civili che avvengono nel paese e per
essere sinceri il compito è interessante ma anche
impegnativo. Notata pure all’incontro la presenza
di un graduato dei Carabinieri, che pur avendo cambiato residenza, dice che Argegno gli è rimasta nel
cuore.
Parlando dell’attività dei singoli gruppi non si può
dimenticare la buona volontà dell’Amministrazione comunale che in collaborazione con la parrocchia
ha organizzato gite turistiche, sia in battello sia in
pullman, e noi anziani dobbiamo ringraziare per
averci dato la possibilità di conoscere santuari,
musei, città di mare che altrimenti non avremmo
mai conosciuto. Aggiungo che apprezzati da tutta la
comunità sono i rinfreschi, i banchetti per gli anziani degli anni scorsi ed il generoso pacco natalizio
per gli over 70. All’incontro dei rappresentanti di
tutta la comunità con don Renzo si è parlato pure
del problema dei giovani e dal dialogo è emerso che
dipende anche da noi adulti dare un esempio di vita
retta e non tutto è bello senza dolori, non tutto è
permesso, ci vuole anche un po’ di disciplina e speranza. Per concludere, buona è stata l’impressione
suscitata da don Renzo. Al primo incontro ha dato
l’impressione di essere un prete umile, disponibile,
desideroso di conoscere il paese e la sua gente e da
questo si desume che sarà un buon parroco.
VALENTINO FAZZINI
Sul numero scorso, nell’articolo relativo all’ingresso
di don Renzo Gabuzzi a Schignano non è stato indicato
l’autore delle immagini: ANDREA PRIORI.
Ci scusiamo con lui e con i lettori.
CRONACA
P A G I N A
25
ValliVaresine
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
VALCUVIA PER IL TERRITORIO DELLA COMUNITÀ MONTANA
In cerca di un nome...
E
ntro la fine dello
scorso mese di gennaio doveva essere
deciso il nome della Comunità Montana che nascerà dalla
fusione tra le Comunità
Montane di Valcuvia e Valli del Luinese. Infatti, a
seguito delle disposizioni
legislative degli scorsi anni e in applicazione della
legge regionale di riordino degli enti montani è
stata decretata la fusione
tra le due comunità montane ed un nuovo ente si
sostituirà ai due precedenti, ad oggi individuato dalla regione solo come
“zona omogenea 23”. Sarà però solo dopo le Elezioni Amministrative del
giugno 2009 che la nuova
comunità montana sarà
operativa; nel frattempo
gli amministratori in carica stanno lavorando affinché non si verifichino
sospensioni dei servizi in
corso e perché i cittadini
non abbiano ripercussioni negative da questa fusione. Tra queste incombenze c’è anche quella
della definizione del nuovo nome che dovrà distinguere l’organismo che si
andrà a creare: “Siamo
Con la legge
che porta alla
razionalizzazione
degli Enti,
Valcuvia e Luinese
si fondono
in un’unica area
chiamata zona
omogenea 23
consapevoli che la scelta
del nome è l’ultimo dei
problemi – ha avuto modo
di sottolineare il presidente della Comunità
Montana Valcuvia (CMV)
- ma questa è una questione formale che deve
essere adempiuta nei
tempi fissati dalla legge
e comunque anche tale
scelta caratterizzerà il
futuro Ente montano e il
suo vasto territorio”. La
nuova Comunità Montana, infatti, si estenderà
per una superficie di oltre 300 chilometri quadrati, suddivisi in 34 Comuni, che si estendono
dal confine svizzero fino
al versante nord - occidentale del Campo dei
Fiori, costeggiano il Lago
Maggiore per metà della
sua lunghezza. Puntualmente, la scorsa settimana presso la sede varesi-
na della Regione Lombardia gli amministratori in
carica della due comunità montane attuali hanno individuato il nuovo
nome che caratterizzerà
questo vasto territorio,
che sarà: Comunità Montana Valli del Verbano. La
sede del nuovo organismo
amministrativo sarà a
Luino, mentre la sede assembleare sarà a Laveno
in località Pradaccio, nella stessa sala attrezzata
dove già si riuniva l’assemblea della CM Valcuvia. La Comunità Montana Valli del Verbano, non
sarà però la somma integrale del territorio delle
due preesistenti Comunità Montane; tre comuni,
infatti, usciranno dalla
Comunità Montana: Caravate, Bardello e Sangiano, mentre il comune di
Ferrera di Varese uscirà
dalla CM Valganna Valmarchirolo (a sua volta
fusasi con la Valceresio)
per entrare a far parte del
nuovo organismo amministrativo delle Valli del
Verbano. Come curiosità
possiamo qui ricordare
che per coinvolgere i cittadini nella scelta del
nuovo nome dell’ente
montano e per avere suggerimenti al riguardo, gli
amministratori della CM
Valcuvia, alla metà di
gennaio, hanno lanciano
la proposta di una consultazione via Internet
per conoscere le idee dei
cittadini e condividere
con loro una scelta così
strettamente legata al
territorio. In un apposito
spazio sul sito internet
dell’Ente era possibile lasciare il proprio commento o sottoscrivere le proposte fatte da altri. Collegandosi ancora oggi alla
pagina web della Comunità Montana (www.cm
valcuvia.it) e entrando
nel link relativo alle proposte per il nuovo nome
troviamo una quarantina
di suggerimenti che spaziano dai nomi di fantasia a quelli che si rifanno
agli elementi naturali o ai
nomi geografici che caratterizzano la zona. Come
avevano assicurato in Comunità Montana, i vari
suggerimenti sono stati
vagliati e considerati e,
probabilmente, hanno influito nella scelta del
nome della nuova Comunità Montana.
A.C.
CORSO PER VOLONTARI
Promosso dal Comitato di Coordinamento Volontari
Valcuvia (AscoVoVa) e fatto proprio dal Cesvov (Centro di Servizi per il Volontariato Varese) e dall’assessorato politiche sociali della provincia di Varese
in collaborazione con tante e significative associazioni di volontariato della Valcuvia, tra cui: AGE
Cuveglio, Centro Aiuto alla Vita di Laveno, AUSER
Valcuvia, Centro Civico Qui Mondo di Casalzuigno,
l’Albero di Masciago Primo, Unicef Valcuvia, è in
partenza il corso “Generosi si nasce, Volontari si diventa”, un ciclo di sei incontri di introduzione al
volontariato nell’area sociale, corso che sarà anche
abbinato alla presentazione di alcune importanti organizzazioni operanti sul territorio. Gli incontri si
svolgeranno tutti presso la Sala Polivalente Comunale di Cuveglio, in piazza Marconi, 1, ove c’è ampia
possibilità di parcheggio interno e nei locali non vi
sono barriere architettoniche. Il corso è rivolto sia a
giovani che a persone mature che sentono la solidarietà come un dovere sociale oltre che come una vocazione all’altruismo. A persone che probabilmente
hanno già esperienze di aiuto a livello personale
nell’ambito familiare o di vicinato. Il percorso è stato disegnato in risposta alle esigenze rappresentate
dalle 16 Associazioni riunite nel Coordinamento
AscoVoVa, ossia i corpi sociali più direttamente inseriti nel territorio in ascolto e risposta alle esigenze di aiuto e sostegno alla sofferenza, al bisogno, alla
emarginazione, cioè alle povertà vecchie e nuove. Il
corso è stato progettato con il duplice scopo di fornire informazione e orientamento sui contenuti, i principi e i valori del volontariato sociale organizzato e,
nel contempo, di far prendere contatto con le stesse
Organizzazioni promotrici e dar modo a queste di
presentarsi. Ogni incontro sarà così diviso in due
momenti: una prima parte dedicata ad un argomento secondo un programma prestabilito, una seconda
parte dedicata alla presentazione di una Associazione da parte del presidente della stessa o da un suo
delegato. Il primo incontro è in programma mercoledì 25 febbraio: ore 18.00-20.30. Tipologie e
caratteristiche di persone nel bisogno e nel disagio. Si presentano il Coordinamento AscVoVa e
Avulss. Informazioni chiamando il 347-8026181.
P A G I N A
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Sondrio
CRONACA DI
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SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
SONDRIO INTERVENTI DI RIQUALIFICAZIONE PER IL SANTUARIO ALLE PORTE DEL CAPOLUOGO VALTELLINESE
Lavori al piazzale della Sassella
S
ono ripresi in questi giorni i lavori
di riqualificazione
del piazzale antistante il santuario
della Sassella, alle porte di
Sondrio. Lo spazio che accoglie i pellegrini, ma anche gli ospiti del vicino ristorante e che risulta l’unica via d’accesso alla piccola frazione abbarbicata tra
i vigneti e le rocce, ha visto
negli ultimi anni un lento
degrado dovuto all’incuria
della vegetazione e del fondo sterrato. Già nel luglio
2006, dopo aver accolto il
progetto di riqualificazione
predisposto dall’architetto
Adriano Gianola, il rettore del santuario don Silverio Raschetti - il santuario è infatti parte della
parrocchia del Rosario aveva concluso un accordo
con l’amministrazione comunale che risulta proprietaria del terreno. Tramite l’accordo, siglato con
l’allora sindaco Bianchini,
il comune si convenzionava
con la parrocchia del Rosario che, a sua volta, assumeva l’impegno di reperire
i fondi necessari all’intervento. Dopo oltre due anni,
necessari per ottenere l’approvazione del progetto da
parte di enti superiori quali comune, sovrintendenza
ai beni ambientali e beni
archeologici, i lavori hanno preso avvio alla fine dello scorso mese di ottobre.
La ditta Stazzonelli, cui è
stato affidato l’intervento,
ha provveduto all’adeguamento dei sottoservizi per
poi cominciare il lavoro di
pavimentazione. A causa
delle abbondanti precipitazioni di quest’inverno la
prosecuzione dei lavori è
slittata di qualche settimana, ma dovrebbe tuttavia
vedere la conclusione entro
il 25 marzo, data in cui per
tradizione si celebra la festa patronale del Santuario nella solennità dell’Annunciazione. «Per quest’opera abbiamo attuato la filosofia e la cultura del fare
- dichiara l’architetto Gianola - poiché, assieme a
don Silverio, ne abbiamo
seguito il processo completo per la realizzazione. Siamo partiti dalle idee, per
passare al progetto, al
reperimento dei fondi ed
infine alla realizzazione.
Non ci siamo limitati ad
osservare la situazione di
degrado in cui versava il
piazzale della Sassella che
è ritenuta la loggia, il balcone della nostra città».
Particolare l’iniziativa
messa in atto per la raccolta dei circa 60 mila euro
necessari a finanziare
l’intervento. Le spese verranno infatti sostenute
grazie ai fondi raccolti
tra i molti affezionati al
santuario e alla frazione alle porte delle città.
L’architetto Gianola e don
Silverio hanno interpellato oltre 30 soggetti tra
aziende locali, enti pubblici e privati, fondazioni e cittadini, oltre che i soci del
Consorzio Cavatori della
Valmalenco che hanno donato alla parrocchia il materiale lapideo necessario
alla pavimentazione della
piazza. «Si tratta per le
parrocchie - spiega Gianola
- di una nuova forma per
affrontare la realizzazione
di opere importanti. I soggetti interpellati hanno subito dato la loro disponibilità a contribuire secondo
le proprie disponibilità e in
due anni, tempo neanche
troppo lungo, abbiamo
reperito i fondi necessari
all’avvio dei lavori. L’auspicio - ha proseguito l’architetto - è che questo sia tra
i primi di altri interventi
simili che potranno venire.
Ad esempio si potrà pensare al restauro delle statue
dei dodici apostoli, un tempo collocate presso la cappella che si trova sulla
strada che conduce alla
Sassella, ed ora custodite
presso il museo civico». Al
termine dell’intervento di
pavimentazione, la piazza,
che essendo l’allargamento di una via risulta avere
una forma particolare,
manterrà la sua disposizione originale. Tuttavia la
riqualificazione, secondo le
indicazioni delle sovrinten-
denze interpellate, non potrà interessare i pochi metri immediatamente prospicienti il sagrato della
chiesa perché coperti da un
acciottolato del XV secolo
che risulta però pesantemente sconnesso. «In futuro - spiega Gianola - speriamo di riuscire a realizzare un camminamento
che colleghi il santuario
con la nuova pavimentazione della piazza». Finora
era possibile osservare un
primo campione del camminamento centrale, ma
col migliorare delle condizioni climatiche la realizzazione dell’opera non dovrebbe richiedere molti giorni.
«In occasione della festa del
Santuario - spiega don Silverio - speriamo di poter
ridonare la piazza rinnovata a tutti coloro che hanno
a cuore il Santuario».
LA STORIA
DEL SANTUARIO
Il santuario sorge su un
dosso roccioso presso Sondrio, vicino alla strada statale e lungo quella che una
volta era la strada provinciale. Una leggenda, tramandata dal sacerdote
Luigi Casati che fu rettore
del Santuario della Sassella tra il 1791 e il 1807, narra che «l’origine di questa
chiesa si riconosce nell’anno 932 di nostra salute, in
cui Maria Vergine apparve
all’Arciprete [di Sondrio]
lagnandosi perché la Valtellina, già dichiarata sua
diletta Provincia, non le
avesse peranche alzato alcun tempio in suo onore,
bramandone uno nel luogo
detto Sassella. In vista di
tale apparizione il buon
Arciprete elesse due fabricieri ed apparecchiato il
materiale già disponevasi
di piantare le fondamenta
nel piano vicino al fiume
Adda, per dove passava la
strada di Valle, quand’ecco
che in una notte portentosamente trovassi trasportato il materiale sopra il colle vicino, ed apparendo di
bel novo Maria Vergine all’Arciprete, ed alli fabricieri avvisolli che il luogo da
Nell’immagine qui
e sotto come sarà
il piazzale una volta
sistemato
lei destinato per il suo tempio era quello, ove la mattina seguente avrebbero
ritrovato il materiale.
Divulgossi questo prodigio
nella Valtellina, ma eziandio nelle vicine province,
dalle quali a folla venivano per devozione con tali
abbondanti elemosine, che
in soli tre anni fu completamente ridotta la Chiesa
a perfezione nel luogo ove
di presente si vede». Lo
stesso Casati aggiunge poi
che la chiesa venne quasi
sicuramente dedicata al
mistero dell’Annunciazione poiché, secondo documenti presenti nell’archivio parrocchiale, l’arciprete
di Sondrio era solito celebrare una Messa cantata
in Santuario ogni anno, nel
giorno dedicato al detto
mistero, almeno a partire
dal 1476. L’edificio attuale
è databile intorno al XV
secolo e non esistono documenti che attestino la sua
precedente fondazione, anche se i recenti restauri
hanno portato alla luce
strutture preesistenti a livelli inferiori rispetto all’attuale edificio. La chiesa fu ampliata tra il 1682
e il 1685 con la costruzione del portico, della sagrestia e del campanile; subì
un’ulteriore modifica nel
1715, quando fu edificata
l’unica cappella laterale,
dedicata alla Madonna del
Carmine. Nel 1511 fu affidato ad Andrea De Passeris di Torno il compito di
affrescare le pareti dell’abside, come risulta da un
documento dell’archivio
parrocchiale di Sondrio. Il
marmoreo altar maggiore
fu costruito nel 1716 dal
ticinese Adamo e la pala
d’altare, datata 1534, una
volta esistente (ora trasferita nella parrocchiale della B. V. del Rosario) si deve
a Vincenzo De Barberis;
mentre nel 1683-84 fu eseguita, da parte del Cogoli,
l’imponente ancona laterale che fu l’altar maggiore
del santuario prima di essere trasferita nella cappella laterale. La chiesa
venne consacrata nel 1521
da Francesco Ladino, vescovo di Laodicea, su licenza del vescovo di Como. Nei
primi decenni del secolo
XVIII, per iniziativa so-
prattutto dell’arciprete
di Sondrio Giovanni Battista Sertoli e del fratello, il
canonico Francesco Saverio, rettore della chiesa,
furono erette alcune cappelle lungo la via Valeriana
che, dal Rione di Cantone,
giungeva alla Sassella.
Nell’intenzione dei costruttori le cappelle avrebbero
dovuto essere quindici,
come i misteri del Rosario,
e costituire un modesto
Sacro Monte. A causa di
problemi economici dovuti
allo straripamento del torrente Mallero ne vennero
però realizzate solamente
sei, delle quali quattro
sono tuttora esistenti. Nel
1722, quando le costruzioni delle cappelle sembrava
potessero procedere seppure a rilento, il canonico
Francesco Saverio Sertoli
pensò di far costruire davanti al Santuario il piazzale, ora oggetto dei lavori
di riqualificazione, sostenuto da possenti arcate che
fu ultimato nel 1741 dal capomastro Giacomo Cometti che nel 1731 aveva predisposto il disegno per costruire un ampio edificio
che avrebbe dovuto contenere alcune botteghe. Sia
il piazzale che le botteghe
sarebbero stati destinati a
fiere e mercati da tenersi
in occasione di particolari
ricorrenze religiose. Ma
non se ne fece nulla perché
il canonico Sertoli, a causa
della vecchiaia, non poté
più seguire i lavori che rimasero inconclusi. Il Santuario alla fine degli anni
‘90 è stato oggetto di interventi di restauro, conclusi
nel 2000, che lo hanno riportato alla sua bellezza.
IL PROGETTO
PER IL PIAZZALE
«Il progetto per la nuova
sistemazione del piazzale spiega l’architetto Gianola
- vuole essere testimone e
rispettoso del passato, ma
anche propositivo di nuove
soluzioni progettuali coerenti con i tempi e con l’utilizzo flessibile degli spazi
a seconda delle necessità.
L’asse di collegamento longitudinale est-ovest è costituito dal camminamento
centrale e rappresenta la
“spina dorsale” del complesso che richiama la
Valtellina; questo comprende la canalina di raccolta delle acque piovane e
segue in parallelo l’andamento del sopraccitato
asse direzionale; è formato da lastre di pietra locale di vario formato rettangolare con effetto scalato e
proporzionato; avrà pendenza idonea per la raccolta ed il convogliamento
delle acque piovane. Nei
punti significativi verranno inserite delle caditoie
realizzate con analogo materiale. “Le costole trasversali” di completamento della “struttura a pavimento”
rappresentano i torrenti
delle vallate laterali in
sponda Retica ed Orobica,
non frontiste fra loro; queste richiamano come chiave di lettura storica le
rogge, i rivoli, i canaletti di
raccolta delle acque di drenaggio o di formazione
momentanee provvisorie
nei periodi delle piogge,
provenienti dai terrazzamenti dei vigneti soprastanti (notizia anche comunicata da fonti storiche verbali). Questi elementi
strutturali trasversali sono
formati da tronco centrale
in legno di larice rosso che
simboleggia il corso del torrente. La pavimentazione
della piazza sarà leggermente pendenzata verso il
centro, in “pietrame a spacco” di medio formato, parte di recupero e parte proveniente dall’esterno, ma
avente caratteristiche e
tonalità di colore similari,
posata a fughe larghe su
letto di impasto di sabbia
e calce forte. La nuova pavimentazione sarà suddivisa in vari settori delimitati da segni a pavimento che
formeranno delle superfici
destinate a più utilizzi della piazza quali parcheggi
dei residenti, aree di sosta
e di relax. L’illuminazione
sarà a raso pavimentazione con corpi illuminanti di
adeguate caratteristiche
tecniche posizionati nei
punti significativi. Alla
piazza verrà attribuito un
nuovo carattere identificativo ed un “pizzico di teatralità” per renderla nel tempo flessibile nell’utilizzo,
permeabile ed elegante».
ALBERTO GIANOLI
CRONACA
P A G I N A
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Valchiavenna
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
INIZIATIVA DELLA NISIDA SI TRATTA DI UN PROGETTO CONTRO LA DISPERSIONE SCOLASTICA
La scuola diventa più interessante
A
cio di Piano e di associazioni presenti sullo stesso territorio. “Non uno di
meno” si rivolge a minori
già incorsi in bocciature o
a rischio, a studenti che
frequentano l’ultimo anno
delle scuole secondarie di
primo grado e il primo
anno delle scuole superiori. Si intende promuovere un percorso che, tenuto conto delle osservazioni e delle indicazioni fornite dalla scuola e dalle
famiglie, offra a tutti i ragazzi coinvolti un supporto nello studio. Per quelli
di terza media sono previsti anche laboratori dai
contenuti pratici o civici.
«Questi momenti, forniti
gratuitamente, possono
essere intesi sia in senso
integrativo, come sta av-
venendo per gruppi di
alunni di alcuni istituti
comprensivi, sia aggiuntivi, da svolgersi quindi in
orari extrascolastici»,
spiegano dallo staff della
Nisida, una cooperativa
particolarmente attenta
ai bisogni che emergono
sul territorio. Saranno
affissi manifesti illustrativi sia all’interno delle
scuole sia nelle biblioteche e in altri luoghi aggregativi. Gli interessati possono contattare il referente della cooperativa il lunedì, il giovedì e il venerdì dalle 15.00 alle
18.00 o all’Informagiovani al numero 0343.37409,
oppure inviare una e-mail
a [email protected].
IN SICILIA PER UNA GARA DI “RICEVIMENTO”
Appuntamento a Erice, in provincia di Trapani, per l’edizione 2006 del Concorso Nazionale di Ricevimento. Ci sarà anche l’Istituto Alberghiero Crotto Caurga
di Chiavenna all’importante gara siciliana, in programma il prossimo 20 febbraio. Quattro studenti della scuola alberghiera chiavennasca, accompagnati
da due professori, contenderanno ai rappresentati di altre scuole provenienti
da tutta Italia l’ambito riconoscimento. «Si tratta di una prova molto importante - spiega il docente Giovanni Gallo - che darà modo ai nostri ragazzi di
crescere sia culturalmente sia dal punto di vista strettamente professionale
per affrontare poi meglio il mondo del lavoro». Partecipare ad un concorso
importante e, perché no, vedere uno dei borghi più belli dell’isola. L’istituto
Caurga, considerato uno dei migliori a livello nazionale nel suo campo, è da
sempre molto attento a questo tipo di opportunità e spesso i suoi studenti si
classificano ai primi posti nei concorsi ai quali partecipano. Alla spedizione
parteciperà, anche se non direttamente, il gruppo di agriturismo valchiavennaschi che fa capo all’associazione del Wwf Le Fattorie del Panda. Saranno gli
agriturismo della valle a fornire i prodotti locali che arricchiranno la presenza
della delegazione in Sicilia, in modo da promuovere al meglio la gastronomia
locale in un contesto geograficamente molto lontano. Al concorso saranno portati slinzighe, violini di capra e formaggi.
D.PRA.
S.BAR.
ANNIVERSARI IN RICORDO DEL GRANDE SACERDOTE E STUDIOSO
○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○
iutare gli studenti in difficoltà per affrontare con la giusta
serenità gli impegni scolastici ed evitare bocciature. Dall’anno
scolastico 2007/2008 è
operativo il progetto, presentato e attuato dalla
Nisida società cooperativa sociale, dal titolo “Non
uno di meno”. Si tratta di
un’iniziativa promossa
per contrastare la dispersione scolastica sulla
base di una specifica normativa regionale. Il progetto è stato rinnovato
anche per l’anno scolastico in corso e ha visto l’adesione di tutti gli istituti
comprensivi e degli istituti superiori della Valchiavenna, oltre che dell’Uffi-
PROSTO GUARDANDO A LOURDES
Un anno dalla morte di don Salice È festa mariana
unedì 23 febbraio ricorre il primo anniversario
della morte di
don Tarcisio Salice. Figlio di Marco e di
Maria Bertini, don Tarcisio nacque sabato 27 gennaio 1912 a Polaggia, suggestiva frazione nel comune di Berbenno di Valtellina, e fu battezzato lo
stesso giorno dall’arciprete Paolo Volpatti nella chiesa dell’Assunta,
alla presenza del padrino
Domenico Scherini e della madrina e zia paterna
Elisabetta Salice. Ordinato sacerdote nel 1934, egli
divenne subito vicario
della collegiata di San
Martino a Tirano e, due
anni dopo, parroco di
Roncaiola dove, durante
la Seconda guerra mondiale, diversi ebrei riuscirono a salvarsi grazie al
suo aiuto. Nel 1944 fu nominato parroco di Posta-
L
lesio e, dal 1955, e per oltre cinquant’anni, è stato
cappellano dell’Istituto
Sacra Famiglia di Mese,
fondato alla fine dell’Ottocento da don Primo Lucchinetti, che don Tarcisio
conobbe da ragazzo, quando trascorse diverse estati
alla Casa alpina di Montespluga. Da giovane cominciò a interessarsi alla
storia di Valtellina e Valchiavenna e, incoraggiato
dagli amici don Pietro Angelini e don Emilio Citterio nella ricerca archivistica, si affermò ben presto come cultore serio e
attento. Dal 1965 fu consigliere della Società storica valtellinese e dalla
fondazione, nel 1959, del
Centro di studi storici
valchiavennaschi, di cui
ricoprì anche la carica di
presidente, dal 1990 al
2003, e, fino alla sua
scomparsa, quella di presidente onorario.
Tra le numerose ricerche storiche di don Tarcisio Salice vanno ricordate quelle sullo stesso don
Primo, di cui si attende la
beatificazione, pubblicate
in diversi periodici, tra
cui il bollettino dell’Istituto Sacra Famiglia di Mese
“Voci di casa”. Non mancano degli studi sui Ligari, usciti su “Le vie del
bene”, mensile a beneficio
dell’orfanotrofio femminile provinciale di Morbegno, e molti altri articoli,
tra cui quelli sull’arciprete di Sondrio Nicolò Rusca, su San Carlo Borromeo e la Valtellina, sulla
pieve di Samolaco e sul
primo governatore grigione Rodolfo Marmorera,
pubblicati sui bollettini
annuali del Centro di studi storici valchiavennaschi, della Società storica
valtellinese e dell’Archivio storico della diocesi di
Como. Altre ricerche sono
uscite sul mensile cattolico della provincia di
Sondrio “Il pellegrino”,
sul bollettino parrocchiale di Tirano “Le campane
di San Martino”, nel “Notiziario della Banca popolare di Sondrio”, sul “Corriere della Valtellina”,
“L’ordine”, “Il settimanale della diocesi di Como”,
“L’eco delle valli” e “Il giornale di Chiavenna”. Tra le
varie collaborazioni, don
Tarcisio scrisse la parte
storica del volume “L’ambiente naturale e umano
della provincia di Sondrio”, uscito nel 1971 e, in
un testo in memoria del
professor Albino Garzetti
pubblicato nel 2000, un
articolo sulla chiesa di
San Siro a Bianzone e il
capitolo di Bormio. Di notevole interesse sono anche i suoi libri ed, in particolare, quelli su le pievi
di Sondrio e di Berbenno
editi, rispettivamente, nel
1969 e nel 1974 dalla Società storica valtellinese
e dalla Banca piccolo credito valtellinese, o il volume sulla Valchiavenna
nel Duecento, uscito dodici anni fa in una collana
del Centro di studi storici valchiavennaschi. Per
la sua preziosa attività di
storico nel 1970 don
Tarcisio fu insignito di
medaglia d’oro dalla Fondazione Pro Valtellina e,
nel 2007, sempre per i
suoi meriti di studioso
della storia valtellinese e
valchiavennasca, e per la
sua azione umanitaria
nel corso del secondo conflitto bellico, ha ricevuto
un riconoscimento dal
Rotary club international
di Sondrio.
CRISTIAN COPES
rande partecipazione di fedeli domenica sera per la tradizionale “Luminaria” a conclusione della
festa in onore della Madonna di Lourdes che a Prosto
è particolarmente venerata. Sono esattamente settant’anni che vige questa
tradizione, da quando il
prevosto don Luigi Ripamonti fece edificare nel
1939 la grotta della Madonna di Lourdes sul pendio alle spalle della chiesa
parrocchiale. Una devozione che si è aggiunta alle
altre già presenti, testimoniate da varie cappelle ed
oratori dedicati a Maria,
che fanno di Prosto un paese “mariano”. La solenne
processione coi flambeaux,
a metà febbraio, in concomitanza con il primo anni-
G
GIOVANNI BACHELET OSPITE DI SCUOLA APERTA
Giovanni Bachelet a Chiavenna per un’attesa conferenza organizzata da Scuola
Aperta Valchiavenna nell’ambito del suo programma formativo 2008-2009. Venerdì 20 febbraio alle 15 il fisico e parlamentare del Partito Democratico sarà
al cineteatro Victoria di Chiavenna per un incontro intitolato “Educare alla
cittadinanza. Educare alla legalità”. Figlio di Vittorio Bachelet, ucciso dalle
Brigate Rosse nel 1980, Giovanni si è laureato in fisica. Ha lavorato in diverse
Università sia italiane che estere, tra cui Pisa e Trento, mentre all’estero negli
Stati Uniti d’America al Bell Labs nel New Jersey, e in Germania al MaxPlanck-Institut. Nel 2000 è diventato professore ordinario alla Sapienza Università di Roma. Ha partecipato alla fondazione dell’associazione Libertà e
Giustizia. Mentre nel 2005 è stato uno dei fondatori del comitato, in seguito
diventato associazione, “Salviamo la Costituzione”. Esponente come il padre
del cattolicesimo democratico, comincia la sua attività politica a metà degli
anni 90, quando Romano Prodi gli chiede di coordinare i comitati Prodi della
provincia di Roma. Nell’ottobre 2007 è stato eletto alle primarie del Partito Democratico nella lista di Rosy Bindi al collegio di Roma centro. Alle elezioni
politiche dell’aprile 2008 è stato eletto parlamentare alla Camera dei Deputati.
D.PRA.
versario dell’apparizione
della Madonna a Lourdes,
esprime e riassume compiutamente la profonda
venerazione che i fedeli
nutrono nei confronti della Vergine Immacolata.
Una venerazione che li porta a professare pubblicamente la fede nella presenza reale di Cristo nell’Eucaristia. La processione infatti è con l’Eucaristia (non
con la statua della Madonna), esposta nell’ostensorio
per benedire la popolazione mentre si snoda lungo
le vie principali del paese,
in un panorama veramente suggestivo tra le vie e le
case illuminate con migliaia di lumini accesi alle finestre, sui balconi, sui
muri di cinta dei giardini,
dappertutto. Una festa all’insegna della fede, espressa nei canti e nelle preghiere, sull’esempio delle processioni di Lourdes, che è
iniziata con la celebrazione della Messa in chiesa,
presieduta da padre Tommaso dei monaci di Piona,
e proseguita con la processione che si è conclusa ancora in chiesa con la benedizione eucaristica. La serata era fredda, ma non
disturbata dal vento.
Tutto si è svolto regolarmente, nel commosso ricordo di don Gustavo, il compianto prevosto che di questa festa è sempre stato un
fervente promotore e un infaticabile animatore, fino
all’ultima edizione dello
scorso anno, due mesi prima dalla sua scomparsa,
quando la malattia aveva
già compromesso irrimediabilmente la sua salute.
P A G I N A
28
CRONACA
Sondrio&provincia
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
PROVINCIA PALAZZO MUZIO STANZIA OLTRE UN MILIONE DI EURO PER MIGLIORARE VIABILITÀ E SICUREZZA
Interventi per buche e paramassi
A
L’ESTATE RIPORTERÀ
IL «GARIBALDI» A SONDRIO?
Con l’arrivo dell’estate, a Sondrio, la statua di
Garibaldi potrebbe tornare al suo posto, al centro
dell’omonima piazza da sempre considerata il salotto buono del capoluogo valtellinese. Considerato lo
stato di avanzamento dei lavori, che negli ultimi due
anni e mezzo stanno portando alla realizzazione di
centinaia di posti auto interrati e alla riqualificazione dell’intera piazza, il Comune ritiene sia possibile
riportare a breve, al suo posto, il monumento che ritrae l’eroe dei due mondi. Attualmente l’effigie bronzea del Giuseppe nazionale è conservata in un deposito comunale alle porte di Sondrio, a Caiolo. Dopo
tanta attesa sembra dunque concretizzarsi l’aspettativa dei sondriesi, i quali da tempo lamentano l’assenza di uno spazio urbano, quello di piazza Garibaldi, storicamente centro di ritrovo per la città e
sui cui si affacciano edifici di pregio. Per Palazzo Pretorio e per la società Sondrio Città Centro mancano
soltanto le ultime indicazioni e autorizzazioni da
parte della Sovrintendenza. Le autorimesse, invece,
potranno essere utilizzate solo dal prossimo autunno. La chiusura del cantiere di superficie di piazza
Garibaldi porterà all’avvio dei lavori di un’altra piazza del centro cittadino, quella dedicata a Cavour. «Per
la tarda primavera è previsto l’inizio dei lavori di ristrutturazione per il Teatro Pedretti - ricorda il sindaco Alcide Molteni -, mentre procede a pieno ritmo la sistemazione di Palazzo Lambertenghi; presto, infine, ci sarà un intervento anche sul palazzo
che ospita l’Archivio di Stato, accanto a Palazzo Martinengo, sottoposto a restauro pochi anni fa».
DUE GIORNI
ANIMATORI A CATAEGGIO
Sabato 28 febbraio e domenica 1 marzo a Cataeggio
in Valmasino si terrà la due giorni per gli animatori
della Media Valtellina, che avrà per tema Lo stile
dell’animatore. Per l’iscrizione rivolgersi entro sabato 21 febbraio a don Fabio Fornera, telefono
328.2272651, o a don Luca Bordone, telefono
0342.493299. La partenza avverrà il 28 febbraio alle
ore 15.00 dall’oratorio Sacro Cuore a Sondrio, mentre il rientro è previsto per l’1 marzo alle ore 16.00.
Il trasporto avverrà con macchine private.
IL CARNEVALE
CON OBELIX E ASTERIX
Sabato 21 febbraio, alle ore 13.30, appuntamento davanti alla chiesa del Sacro Cuore per chi vuole
partecipare alla grande festa e alla sfilata di Carnevale con Asterix, Obelix e la balena Alice. Alle
ore 14.00 avrà inizio l’animazione, alle ore 14.30
partirà la sfilata che, dopo aver attraversato le vie
Moro, Caimi, Trento, XXV Aprile, piazza Campello,
via Piazzi, via del Gesù, via Zara e via Don Bosco approderà all’oratorio San Rocco nell’omonima piazzetta. L’animazione proseguirà con falò e fuochi.
DON LUIGI GIUSSANI
COMMEMORATO IN COLLEGIATA
Domenica 22 febbraio, nella Santa Messa delle
ore 10.00 in Collegiata a Sondrio sarà ricordato
il quarto anniversario della morte di don Giussani
e del riconoscimento dell’esperienza della Fraternità
di Comunione e Liberazione da parte della Santa
Sede.
mmonta a più
di un milione
di euro l’impegno finanziario
di Palazzo Muzio per gli oltre 400 chilometri di strade provinciali che, nei prossimi mesi, saranno interessate da decine e decine di interventi. Un investimento decisamente
superiore agli anni passati, resosi necessario a seguito delle straordinarie
precipitazioni nevose di
questo inverno che hanno
rovinato il manto stradale e creato seri problemi di sicurezza sui
versanti che sovrastano
le arterie. Solo per la
riasfaltatura verranno
spesi 700mila euro, contro i 300mila del 2008.
«L’impegno finanziario è
ingente - spiega l’assessore Massimo Sertori - perché rilevante è la necessità di interventi immediati
per ripristinare il manto
stradale delle nostre provinciali. Gli interventi per
riempire le buche causate
dallo spargimento di sale
e dagli spazzaneve sono
quotidiani e vedono impe-
gnati tutti i nostri operai,
ma per la riasfaltatura dei
tratti più accidentati abbiamo chiesto la collaborazione dei sindaci affinché
ci indichino le emergenze,
e preziose sono anche le
segnalazioni dei cittadini.
In questo modo, entro poche settimane, le nostre
strade saranno completamente sicure». Sulla base
delle richieste pervenute e
delle necessità emerse, la
Provincia stilerà un calendario degli interventi che
comunicherà a tutti i sindaci, consentendo a loro
volta di pianificare eventuali lavori che comporti-
CARAVAGGIO CON INTERNET SALOON
Internet Saloon di Sondrio, la scuola per imparare a usare il computer e a navigare in rete, organizza il 4 marzo una visita guidata a Milano, alla Pinacoteca
di Brera, in occasione del bicentenario della sua fondazione. Oltre a questa “fantastica passeggiata tra capolavori dell’arte italiana” la visita comprenderà anche
la preziosa Mostra di quattro quadri di Caravaggio messi a confronto. Si potrà
vedere la celebre Cena in Emmaus, realizzata a Roma intorno al 1606, e messa
eccezionalmente a confronto con l’altra versione dello stesso tema, eseguita dal
pittore nel 1601 e concessa in prestito dalla National Gallery di Londra. Accompagnano la presentazione affiancata delle due Cene, altri due dipinti appartenenti alla fase giovanile del maestro lombardo, il Concerto e il Ragazzo con canestro di frutta, concessi in prestito rispettivamente dal Metropolitan Museum di
New York e dalla Galleria Borghese di Roma. I posti sono limitati. Per informazioni e prenotazioni è necessario contattare la segreteria di Internet Saloon entro venerdì 27 febbraio telefonando allo 0342-513129.
INCONTRO DELL’ASSOCIAZIONE ALOMAR
L’associazione Alomar, sezione provinciale di Sondrio, promuove mercoledì 25
febbraio alle ore 15.00 presso l’Aula Magna dell’ospedale di Sondrio, un
incontro informativo sul tema Diritti e opportunità per i malati reumatici
con relatore Luca Moraschinelli, direttore del Patronato INAS-CISL di Sondrio.
Solo un malato informato è in grado di far rispettare i propri diritti. È spesso
appurato che i malati sono costretti a lottare oltre che contro la malattia anche
contro la burocrazia. Nel corso dell’incontro il relatore spiegherà come ottenere
un’adeguata tutela previdenziale toccando vari punti: invalidità civile, modalità
e presentazione della domanda, esenzione dal ticket per patologia o invalidità, le
varie prestazioni di invalidità (dall’assegno di invalidità all’accompagnamento),
legge 104/92 e tutela dell’handicap, agevolazioni fiscali per acquisto di ausili sanitari, tecnici e informatici, veicoli ecc.. Informarsi e conoscere sono condizioni
necessarie per vivere ed affrontare meglio la propria condizione di malato.
CIASPOLATA APERTA A TUTTI IN VAL GEROLA
CON IL CENTRO SERVIZI PER IL VOLONTARIATO
Negli ultimi anni il Centro di Servizio per il Volontariato L.A.Vo.P.S. ha promosso
diverse iniziative, dall’arrampicata alla discesa del fiume in gommone, che vedono il nostro territorio alpino protagonista dell’incontro tra studenti e persone
disabili. Attraverso queste esperienze di montagna, studenti delle scuole superiori, volontari e persone disabili hanno scoperto insieme cosa significa fare attenzione all’altro, seguirne i movimenti, restargli accanto incitandolo alla riuscita, frenarne la caduta se scivola e incoraggiarlo a ritentare. Tutti insieme, anche
attraverso quelle piccole esperienze, hanno potuto imparare qualcosa sulla solidarietà e su come sia importante poter contare sull’aiuto di qualcuno... La montagna è una grande risorsa ancora troppo poco utilizzata dal nostro punto di
vista che permette alle persone di confrontarsi attraverso esperienze che mettano in luce limiti e risorse di ognuno. Per questo motivo L.A.Vo.P.S. ha pensato di
proporre un’uscita invernale, considerato che quest’anno la neve proprio non
manca! Ecco quindi una ciaspolata in Val Gerola il 27 febbraio.
Il programma prevede: ritrovo a Morbegno, in piazzale della piscina, alle
ore 9.30. Le persone disabili dei centri verranno con i propri pullmini, i ragazzi e
gli altri partecipanti con auto propria. La giornata si terrà solo in caso di bel
tempo. Eventuale noleggio delle ciaspole: 5 euro. La ciaspolata in Val Gerola si
svolgerà durante la mattinata. Pranzo gratuito alle ore 13.30 circa, presso la sala
della pro Loco di Gerola. Rientro a Morbegno per le ore 15.30. Iscrizioni entro
lunedì 23 febbraio compilando apposita scheda di iscrizione reperibile presso
l’ufficio Informagiovani di Morbegno o la sede della Cooperativa Insieme a
Morbegno in via Beato Andrea, 16. Numero massimo partecipanti: 40. Per
informazioni: inviare una mail a [email protected], oppure telefonare al
340-1785974.
no scavi sulle strade prima
delle riasfaltature per evitare ulteriori disagi ai cittadini e limitare i costi. La
“campagna tappetini
d’usura”, questo il nome
tecnico dell’intervento, prevede la fresatura dello
strato superiore e la successiva posa dell’asfalto,
una procedura più lunga
ma che offre maggiori garanzie di tenuta ed evita il
continuo sovrapporsi di
strati di catrame. «In realtà - precisa Sertori -, su alcuni tratti di strada, in particolare quelli più vecchi,
sarebbe necessario il rifacimento dell’intera sezione
stradale, compreso il sottofondo, ma ciò richiederebbe un impegno economico insostenibile se gli
interventi riguardassero
contemporaneamente tutte le strade alla fine di ogni
inverno. Per questo programmiamo di anno in
anno alcuni di questi interventi. Ciò che facciamo
sempre è controllare i lavori e le caratteristiche dei
materiali utilizzati dalle
imprese esecutrici per avere la certezza di interventi
a regola d’arte». In uno specifico capitolato è infatti
previsto un carotaggio,
cioè il prelievo di campioni
di asfalto in due fasi: nella
composizione all’interno
dell’impianto e nella stesura sul posto. I campioni
sono analizzati in laboratorio per certificare le caratteristiche tecniche dei
componenti utilizzati, che
devono rispondere a quanto specificato nel capitolato. L’inverno nevoso, poi, ha
causato valanghe e smottamenti che hanno reso
necessari interventi per il
ripristino delle strutture paramassi e paravalanghe e per il rifacimento dei muri di sostegno sui versanti che sovrastano le strade provinciali. L’impegno finanziario della Provincia supera i 300mila euro. Le situazioni critiche che si sono verificate in queste settimane non hanno fortunatamente causato danni alle
persone per l’immediato
intervento della Provincia
che ha provveduto alla
chiusura al transito dei
tratti a rischio.
CARNEVALE IN ALLEGRIA CON IL VOLONTARIATO
Fiori di Sparta-Coordinamento famiglie con disabili della Comunità montana di
Tirano in collaborazione con la sezione di Tirano della Fondazione Terres des
hommes, Una famiglia per l’affido e la cooperativa L’arco, su iniziativa del Centro
Servizi per il Volontariato della provincia di Sondrio, promuovono il carnevale
itinerante “Circo… liamo in allegria” a Morbegno il 22 febbraio e a Tirano
l’1 marzo. Un carro del far west, il tendone del circo, pagliacci, giocolieri, una
maga che fa le carte, un domatore alla prese con l’unico animale feroce del circo,
una gallina, la banda… sarà un carnevale speciale quello delle persone
disabili e dei volontari delle associazioni coinvolte. Maschere, costumi, trucchi e scenografia. Musiche, sfilata e scenette teatrali. Venti disabili e una settantina di volontari. Sono questi i numeri e i contenuti di “Circo… liamo in
allegria”. Tutte le persone coinvolte hanno avuto modo di dare libero sfogo alla
propria creatività e ognuno ha scelto il personaggio preferito e il più adeguato alle
singole caratteristiche e capacità. I ragazzi disabili sono stati coinvolti direttamente nella progettazione e realizzazione dell’iniziativa. Durante la sfilata ognuno avrà il suo compito: “saltare” nel cerchio di fuoco, fare l’hula-hop, gareggiare
con le carrozzine trasformate in macchine da corsa, suonare i più variegati strumenti all’interno della banda composta dai ragazzi di “Creativamente” dell’associazione Una famiglia per l’affido... “Circo… liamo in allegria” vuole promuovere
nella cittadinanza il valore della solidarietà, aiutare a far conoscere le associazioni proponenti e permettere alle persone disabili di entrare in contatto diretto con
il grande numero di persone che seguirà le manifestazioni. “Circo… liamo in allegria” si inserirà all’interno del Carnevalissimo di Morbegno e del Carneval Tiranes.
Appuntamento dunque al 22 febbraio in piazza Sant’Antonio a Morbegno
alle ore 14.00 e all’1 marzo a Tirano al Fontanone in località Madonna alle
ore 14.00.
CRONACA
SondrioSanità
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
P A G I N A
29
SONDRIO UNA RIFLESSIONE SUI SERVIZI SOCIO-SANITARI IN GENERALE AVVIATA LO SCORSO NOVEMBRE
Ospedale di comunità? Si discute
N
el consiglio comunale del 28
novembre 2008
il gruppo consiliare di minoranza “Sondrio liberale”
presentò un ordine del
giorno volto ad impegnare sindaco e giunta perché
si ponesse allo studio la
realizzazione – si leggeva
nel documento – «di un
progetto pilota per un
Ospedale di Comunità di
10-15 posti letto presso la
RSA di Sondrio, coinvolgendo da subito la seconda commissione consiliare permanente». La proposta dei consiglieri Andrea Massera e Antonio Grimaldi partiva da
un lavoro condotto dalla
loro lista civica già in fase
di campagna elettorale,
volto a studiare la possibile realizzazione di una
struttura protetta per anziani che necessitano di
riabilitazione dopo un intervento morboso acuto
presso un ospedale. «Noi
riteniamo – affermavano
i due consiglieri in una
nota stampa precente alla
seduta consigliare – che
anche a Sondrio debba
essere introdotta questa
tipologia di intervento a
favore degli anziani.
L’Ospedale di Comunità
deriva concettualmente
dal Country Hospital inglese che ha visto la sua
comparsa più di settanta
anni fa. In Inghilterra esistono attualmente più di
400 Country Hospital.
Negli anni a seguire è stato introdotto in tutta Europa. In Italia se ne contano 53, sono coinvolti
oltre 1000 Medici di
Medicina Generale ed
i primi Ospedali di Comunità datano 1995. Ci
sono 600 posti letto distribuiti in 10 regioni
che coprono una popolazione di 2.500.000 di
persone». La necessità di
realizzare una struttura
di questo tipo anche a
Sondrio nasceva dalla
rilevanza dei problemi legati alla riabilitazione soprattutto delle persone
Il modello preso ad esempio è quello
degli anglosassoni country hospital;
in Italia sono già attivi in una decina
di regioni; nel capoluogo valtellinese
si è aperto un dibattio sul fronte,
molto ampio, del mondo degli anziani
di ALBERTO GIANOLI
anziane, per le quali i
tempi sono notevolmente
allungati anche in virtù di
patologie croniche correlate. Inoltre l’assistenza
domiciliare post dimissioni risulta essere insufficiente per persone anziane che non hanno un supporto familiare idoneo.
«La Regione Lombardia –
rilevavano gli esponenti
di “Sondrio Liberale” – nel
Piano Socio Sanitario
2007-2009 ha introdotto
la possibilità di avviare
progetti pilota per la costituzione di Ospedali di
Comunità intesi come
strutture semiresidenziali e ne auspica la realizzazione presso Ospedali piccoli o in RSA esistenti». A motivare la richiesta pure il fatto che il presidente della Conferenza
dei Sindaci risulta essere
il primo cittadino sondriese e che l’ente capofila
del Piano di Zona è il Comune di Sondrio; che fosse in fase di studio e di
definizione il nuovo Piano di Zona 2009-2012; che
la Fondazione Onlus
“Casa di Riposo Città di
Sondrio” ottempera in
pieno alle caratteristiche
organizzative e strutturali di un Ospedale di Comunità e che, come tutte
le RSA anche quella del
capoluogo, versa in una
situazione di forte criticità economico finanziaria con conseguente urgenza di trovare nuove
forme di gestione e di allargare i propri ambiti di
assistenza.
LA REAZIONE
Durante la seduta del
consiglio comunale di novembre, i consiglieri di
“Sondrio liberale” vennero invitati a ritirare l’ordine del giorno presenta-
to perché si potesse meglio affrontare lo studio
dell’eventuale realizzazione dell’Ospedale di
Comunità in sede della
Commissione Politiche
Sociali. Risultava infatti
complicato impegnare il
sindaco e la giunta a deliberare per la realizzazione di una struttura di
cui fosse necessario valutarne prima il bisogno effettivo alla luce delle esigenze del territorio. A
causa delle festività natalizie, del consiglio di dicembre dedicato unicamente all’approvazione
del bilancio comunale e
delle difficoltà della Commissione ad incontrarsi
nel mese di dicembre, la
discussione sull’Ospedale
di Comunità tornò ad essere affrontata lo scorso
mercoledì 4 febbraio. In
quell’occasione emerse,
prima di attivare il progetto dell’ospedale, la necessità di valutare se i
posti dei reparti di lungodegenza riabilitativa dell’azienda ospedaliera di
Valtellina e Valchiavenna
siano sufficienti a soddisfare il reale bisogno della popolazione. Inoltre
dalla maggioranza giunsero perplessità riguardo
la possibilità dell’attivazione dell’ospedale attraverso un progetto pilota
finanziato dal sistema sanitario della Regione
Lombardia.
LA POLEMICA
Due giorni dopo la seduta della Commissione
Consigliare, i gruppi di
minoranza, ad esclusione
di “Sondrio anch’io”, vollero ribadire l’importanza
dell’Ospedale di Comunità, andando a criticare il
modo in cui la questione
era stata affrontata. «Abbiamo ben volentieri accettato di ritirare l’ordine
del giorno in consiglio – si
leggeva nel comunicato –
a condizione che il tema
venisse giustamente trattato nella commissione
competente. In tale commissione la discussione
da parte dei membri della maggioranza si è tradotta in una feroce critica al sistema Socio Sanitario lombardo che ci lascia perplessi. Perplessi
perché una azione propositiva da parte della
minoranza deve essere
valutata per quello che è
senza introdurre argomenti che nulla hanno a
che vedere con la proposta stessa. Chiamare in
causa la legislazione lombarda in tema socio sanitario sembra un pretesto di fronte alla non volontà di perseguire un
progetto. Ribadiamo con
forza la nostra proposta
ricordando che è proprio
la Regione Lombardia che
ci da la possibilità di concretizzarla. Non vorremmo che l’indisponibilità
della maggioranza nel
fare qualcosa per gli anziani si trasformasse in
una sterile e non utile critica nei confronti di un
ente superiore, quale è la
Regione Lombardia, che
notoriamente in campo
socio sanitario può vantare prestigiosi traguardi».
LA REPLICA
Mercoledì della scorsa
settimana i consiglieri di
maggioranza della Commissione Politiche Sociali, assieme all’assessore
Carlo Ruina, hanno indetto una conferenza
stampa per rispondere all’intervento delle minoranze attraverso gli organi d’informazione. «Dalla
Commissione dello scorso
4 febbraio – ha esordito la
presidente Alda Cattelini – avevo la sensazione che avessimo messo un
primo tassello per la realizzazione dell’Ospedale
di Comunità valutando la
Ca-sa di Riposo come possibile struttura ospitante,
secondo al richiesta del
consigliere Grimaldi. L’attacco alla Commissione,
accusata di non volere la
struttura, è infondato.
Non si può affrontare il
tema senza contestualizzarlo e rapportarlo alle
criticità presenti sul territorio, dal momento che
se è stata fatta la richiesta dell’Ospedale significa che qualche criticità indubbiamente c’è. Se ci sarà bisogno ci si attiverà
per realizzare la struttura, altrimenti no. L’Ospedale di Comunità dovrà eventualmente essere realizzato all’interno o
nelle immediate vicinanze di presidi che forniscano il monitoraggio dei pazienti, dal momento che i
posti di lunga degenza
dell’azienda ospedaliera
locale non sono sufficienti ai bisogni dei cittadini
e i pazienti non possono
certo essere condotti a domicilio se ivi non hanno
possibilità di cura». Un’annotazione pesante quella
di Cattelini, che ha aggiunto: «I posti di lunga
degenza dovrebbero esserci in ospedale e poi nelle case di riposo dove ci
sono lunghe liste d’attesa.
La nostra amministrazione intende occuparsi a
fondo degli anziani e dei
loro problemi». Per questo
motivo – ha proseguito
l’assessore Ruina – «intendiamo costituire un
osservatorio per la condizione degli anziani. Inoltre vogliamo che, nell’ambito della conferenza dei
sindaci, venga posto come
pressante il problema dei
posti in lunga degenza,
dal momento che le prestazioni socio-assistenziali hanno degli oneri, a
differenza di quelle ospedaliere. Nelle RSA ci troviamo purtroppo di fronte all’emergenza di un
numero sempre maggiore
di anziani non autosufficienti che chiedono un
posto. Dal nostro comune sono 59 i cittadini
accolti fuori ambito,
soprattutto nelle strutture di Grosio e Grosotto, perché troppo pochi sono i posti di sollievo
per le effettive necessità.
Per sopperire a queste
mancanze la Regione affida agli enti locali la possibilità di realizzare un
progetto pilota per l’Ospedale di Comunità: noi non
abbiamo, come si è letto
sui giornali, snobbato
l’idea. Abbiamo tuttavia
cercato di mettere in atto
un’analisi seria, senza
fare propaganda». All’intervento dell’assessore ha
fatto seguito quello del
consigliere Marco Tam.
«Non bisogna portare un
problema ospedaliero –
ha affermato – fuori dell’ospedale. Ad un intervento acuto fa seguito la
riabilitazione specialistica e quindi la lungodegenza geriatrica. Successivamente le cure possono passare ai famigliari,
oppure all’assistenza
domiciliare o, ancora, alla
casa di riposo. Non dobbiamo però confondere
questi livelli perché fuori
dagli ospedali il cittadino
paga i servizi di tasca sua.
I dirigenti ospedalieri della nostra provincia hanno sbagliato a pianificare
i posti letto, realizzandone almeno 50 in meno di
quelli necessari nei reparti di lunga degenza. Se
nelle altre provincie sono
numerosi i posti letto di
questo genere, nella nostra si è equivocamente
sbagliata una previsione
e si va a far pressione sulla situazione locale, ma
non si può pensare che i
medici di famiglia si facciano carico di problemi
che dovrebbero dipendere
dall’ospedale».
VERSO LA
CONCLUSIONE
Dopo l’intervento della
maggioranza è intervenuto nel dibattito anche
Piergiuseppe Forni di
“Sondrio anch’io”, precisando la sua posizione, in
linea con quelli che sono
gli intenti della maggioranza: «dopo aver verificato che non esiste altra
soluzione si potrà tentare la strada dell’Ospedale di Comunità. Prima
però è necessario conoscere i dati. Quanti sono gli
anziani interessati? Di
quali tipologie di assistenza
necessitano?
Quant’è il tempo medio di
permanenza? E ancora:
quale ruolo dovrebbero
avere le RSA? Quale rapporto con l’Asl e l’Azienda Ospedaliera? Quale il
ruolo dei medici di famiglia? Quale tipo di collegamento con i gruppi di
volontariato? Insomma
non basta affermare che
c’è una proposta di progetto pilota finanziato
dalla Regione per operare una scelta.
Un progetto che deve
durare nel tempo deve
essere solido e ben delineato in tutte le sue articolazioni fin dalla fase iniziale. La possibilità di poter accedere ad un finanziamento non è mai il punto di partenza. Potrebbe
invece essere il punto di
arrivo». Nei prossimi giorni la Commissione Servizi Sociali del Comune incontrerà il consiglio di amministrazione della RSA
cittadina per un primo
passo verso la verifica di
fattibilità del progetto.
CRONACA
P A G I N A
30
SondrioCultura
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
SONDRIO L’INTERVENTO DI BRUNO CIAPPONI LANDI NELL’AMBITO DELLE MINICONFERENZE DEL VITTORIA
L’identità culturale valtellinese
M
artedì 10 febbraio, nell’ambito delle miniconferenze tenute presso l’Hotel Vittoria
e promosse da La Gazzetta
di Sondrio (giornale diffuso via internet), Bruno
Ciapponi Landi ha parlato della cultura nella nostra provincia. Il suo intervento, per rispettare i rigorosi tempi imposti dal collegamento internet e dal
conduttore Alberto Frizziero, nella prima parte è
risultato estremamente
sintetico. Il relatore, infatti, ha snocciolato una lunga serie di dati, che documentano i modi con i quali
la cultura si organizza: 40
biblioteche, 26 centri edi-
toriali, 144 giornalisti, 28
musei (di cui, però, solamente 2 in regola con le
normative vigenti), 46 palazzi e 36 edifici sacri di
particolari interesse storico, 500 chiese in totale, 80
tra chiese, palazzi e castelli
restaurati con la Legge
Valtellina, 40 bande musicali… 9 gruppi folcloristici,
106 organi; inoltre, sale
espositive, un concorso letterario di livello nazionale
più altri minori, una
bibliografia storica sterminata, dovuta in particolare alla Società Storica, ad
altri Centri di studi, all’Istituto di Dialettologia
che hanno all’attivo numerose pubblicazioni, tra cui
5 dizionari dialettali che
hanno ricevuto lusinghie-
TERRAZZAMENTI E UNESCO
«Importante è unire la candidatura dei terrazzamenti vitati ad un territorio affine, simile; questo darebbe più peso alle nostre possibilità ed in quest’ottica
dobbiamo lavorare per portare avanti il progetto,
anche attraverso un vero patto di filiera fra gli imprenditori». Claudio Introini, coordinatore di Pro
Vinea, ha introdotto così il suo discorso riguardante
la candidatura dei terrazzamenti vitati valtellinesi
al patrimonio dell’umanità Unesco, a margine della
riunione del Gruppo di lavoro Patrimonio Mondiale
Unesco della Convenzione delle Alpi la scorsa settimana Tirano e Poschiavo. All’incontro pubblico conclusivo sono intervenuti Andreas Bass per la Ferrovia Retica, che ha relazionato tutti i presenti sul
percorso del Trenino Rosso recentemente inserito nel
patrimonio dell’umanità, Bruno Ciapponi Landi,
assessore alla Cultura del Comune di Tirano, e proprio Introini per la Fondazione promotrice della candidatura dei terrazzamenti vitati valtellinesi. «Questo territorio - ha sottolineato Ciapponi Landi - merita una valorizzazione non solo come ambiente naturale, ma anche come espressione culturale, come
crocevia storico. La commissione che si è riunita getta
le basi per le prospettive di sviluppo che la nostra
realtà transfrontaliera ha davanti».
ri apprezzamenti in ambito internazionale. Questi
ed altri numerosi aspetti
sono il frutto di una cultura che rappresenta lo stretto rapporto fra l’uomo e
l’ambiente. Il relatore ha
poi continuato su questa linea facendo un lungo elenco delle personalità valtellinesi che hanno dato importanti contributi alla vita culturale, economica, sociale e politica della Nazione e di coloro che oggi ricoprono incarichi di prestigio.
Una carrellata così rapida
è servita a Bruno Ciapponi
Landi per arrivare alla
questione che più gli premeva, cioè quella dell’identità. In passato, ha detto,
ci sono stati degli elemen-
ti che hanno contribuito in
modo determinante a formare la mentalità e il carattere dei Valtellinesi. Tra
questi la componente religiosa, che ha fatto delle
chiese i centri e i simboli
delle comunità, poi la
struttura comunale, la presenza delle confraternite e
delle società di gestione di
pascoli e boschi, vere palestre di democrazia, che
hanno formato nelle persone la capacità di rapportarsi con le regole, oltre allo
spirito di laboriosità e di
adattamento. Ma, oggi, si
è chiesto il relatore, possiamo ancora parlare di identità valtellinese? L’identità sembra prevalentemente culturale. Quando, ad
SONDRIO I RAGAZZI DELLA MEDIA “CECILIA TURCHI” DEL PIO XII
Quando il canto si fa storia locale
Sondrio la campagna per le Tende di Natale di
AVSI (Associazione Volontari
per il Servizio Internazionale) si è conclusa con una
bella e significativa manifestazione realizzata venerdì della scorsa settimana dall’Istituto Pio XII Scuola secondaria di primo
grado “Maria Cecilia Turchi” in collaborazione col
Comune di Sondrio. Nella
cappella dell’Istituto, appositamente trasformata per
l’occasione con un palco per
il coro e la platea per accogliere genitori, fratelli,
nonni e amici, oltre a numerosi insegnanti, i ragazzi hanno dato vita allo spettacolo “La storia di un
popolo attraverso i canti”, una rassegna di canti
gospel, spiritual e blues.
«Con le stesse modalità lo
scorso anno era stato realizzato un altro lavoro, Natale in Europa - ci ha spiegato Paola Zenobi, docente
di lettere nella scuola media - Anche allora era stato svolto un lavoro interdisciplinare e la preparazione aveva implicato soprattutto la conoscenza delle
tre lingue straniere studiate dai ragazzi - inglese,
francese e spagnolo -, esibita insieme alle abilità canore nella serata di canti
A
accompagnati dalla proiezione di diapositive sulle
usanze tradizionali del Natale prevalentemente nei
paesi da loro studiati. Quest’anno si è lavorato ancora una volta a partire dai
canti, cercando di comprenderne il significato e i contenuti, coinvolgendo così
sia le discipline letterarie
(italiano, storia e geografia), sia l’inglese per la corretta comprensione e pronuncia delle parole, sia la
musica per la storia del
Gospel e dello Spiritual, sia
la religione per le tematiche sottese. Quindi, alcuni
ragazzi si sono preoccupati di preparare la presentazione dei canti e la loro
traduzione italiana, altri
hanno approfondito la parte geografica, altri hanno
lavorato sulla parte storica, altri hanno scelto le immagini più idonee per accompagnare i canti mentre
venivano eseguiti; infine,
nelle ore di religione altri
ancora hanno approfondito il tema della libertà e
della convivenza tra i popoli». In questo modo i ragazzi hanno sviluppato
anche notevoli abilità, memorizzando le parti, così
che hanno cantato senza
spartito con uno sforzo non
indifferente, dato che hanno dovuto imparare le parole in inglese delle strofe
e del ritornello di tutti e
quindici i canti. La preparazione corale è stata cu-
rata, dividendosi compiti e
brani, dai due insegnanti
di musica che lavorano nell’istituto: Luciana Villano,
che si occupa delle classi di
scuola media, e Michele
Franzina, che tuttora segue il laboratorio dei ragazzi che scelgono come
attività opzionale di approfondire la coralità. I risultati sono stati decisamente buoni e il pubblico ha
mostrato di apprezzare lo
sforzo e l’impegno applaudendo a lungo. «Tra l’altro
- ha sottolineato ancora Zenobi -, tutti gli alunni sono
stati chiamati ad essere
protagonisti nella preparazione di quest’esperienza,
non solo quelli che già possedevano doti per il canto,
esempio, si pone la necessità di partecipare in maniera comunitaria a risolvere i problemi più rilevanti della Provincia, «si nota
un deficit identitario». E il
relatore ha citato lo Statuto Comunitario per la Valtellina, recentemente stilato da Alberto Quadrio Curzio, nel quale, alle prime
righe, si afferma: «La Valtellina può essere definita,
e nel tempo si è connotata,
come un sistema locale o
meglio come un sistema di
microsistemi locali, proprio
per una forte identità sociale prima ancora che politica, economica e produttiva». L’aver posto una questione che ci tocca così da
vicino non poteva che risultare molto stimolante per
il pubblico presente in sala
e per quello collegato via
internet, come ha dimostrato il vivace dibattito,
coordinato da Alfonsina
Pizzatti. È intervenuto
dapprima Nemo Canetta,
per chiedere come mai,
mentre possiamo parlare
di un’identità aostana, ticinese, trentina, grigiona…
non altrettanto avviene
per l’identità valtellinese.
Non è facile rispondere, ha
affermato il relatore, perché le cause possono essere molteplici. In passato ci
sono state in pratica 3 Valtelline, costituite dai terzieri, ciascuno con il suo polo di aggregazione, ai quali vanno aggiunti i contadi
di Bormio e di Chiavenna
(tipiche le fiere, come momento di partecipazione
sociale ed economica di
ogni zona). È sempre mancata una grande città. L’unica eccezione è costituita
dal Santuario della Madonna di Tirano, che ha
sempre rappresentato un
vero centro di identificazione (almeno religioso) per
tutti i Valtellinesi. Sono poi
arrivate numerose telefonate (una persino dalla
Finlandia), a riprova di
come i Valtellinesi sparsi
per il mondo seguano questa iniziativa. Da segnalare l’intervento di Franco
Visintin, presidente dell’Associazione Valtellinesi
a Milano. Non si può parlare di mancanza di un’identità valtellinese, ha affermato, perché questa è
molto sentita e visibile in
coloro che hanno lasciato la
loro terra e sono emigrati
per lavoro. Il problema si
pone allora come uno scarso riconoscimento della
propria identità da parte
dei residenti. Per questo,
secondo Visintin, sarebbe
necessario avere un simbolo della valle, molto più visibile ed efficace di quelli
che sono stati utilizzati finora. Un altro elemento
necessario, ha concluso
Ciapponi Landi, è un disegno politico complessivo
della nostra provincia, che
possa essere mantenuto
come linea fondamentale
di indirizzo dalle varie
amministrazioni che si
succedono. È necessario,
infine, non curare solamente i nostri prodotti, che
possono essere ottenuti di
pari qualità anche in altre
parti, ma restare saldamente ancorati al nostro
passato, perché, come diceva Cesare Sertoli Salis:
«dobbiamo vendere la Valtellina con la sua storia».
Le miniconferenze possono
essere seguite in diretta o
riascoltate su www.gazzet
tadisondrio.it.
C.R.
LA SETTIMANA DI UNITRE
A SONDRIO E TIRANO
Dopo aver ricordato la tavola rotonda di venerdì
20, che interessa da vicino tutti i valtellinesi, poiché presenta il problema della moria dei boschi in
provincia e suggerisce come intervenire, segnaliamo gli altri appuntamenti di Unitre di Sondrio nella quarta settimana di febbraio: lunedì 23, Claudio Snider e Giorgio Scaramellini, rispettivamente presidente e vicepresidente della SEV, presenteranno lo studio su Lo statuto comunitario per
la Valtellina - Un progetto della sussidiarietà; mercoledì 25, Luca Pola, docente di storia e filosofia
presso il liceo scientifico di Sondrio, tratterà il tema
Il nazismo: ideologia e realtà, anche con proiezioni
in power-point; venerdì 27, Elio Sindoni, direttore del Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e del
Territorio presso l’Università degli Studi di Milano, svilupperà la seconda parte del tema di fisica
Da Democrito ai quark: le grandi intuizioni della
fisica; lunedì 2 marzo, Luigi Pizzolato, ordinario di Letteratura cristiana antica e preside di facoltà presso l’Università Cattolica di Milano, proporrà una riflessione su L’immagine della felicità nel mondo antico. Ricordiamo che tutte
le lezioni si tengono presso il Cinema Excelsior a partire dalle ore 15.30.
Due gli appuntamenti in calendario nella stessa
settimana all’Unitre di Tirano presso la sala del
Credito Valtellinese in piazza Marinoni: martedì
24 alle 15 sarà ospite l’artista Michele Falciani,
che spiegherà Tecniche e materiali nella realizzazione del Monumento dell’Apparizione; giovedì 26,
alla stessa ora, interverrà Mirella Nalbone Braga,
già direttore del Centro internazionale del lino per
l’Italia, per tenere la lezione non effettuata in ottobre sul tema Il lino e l’uomo. Un percorso comune
affascinante.
ma anche gli altri, proprio
perché la nostra scuola attribuisce alla musica una
capacità formativa connessa al fatto che il lavoro si
svolge insieme e si impara
ad ascoltarsi l’un l’altro,
elementi che contribuiscono alla formazione integrale della persona».
CRONACA
SondrioGiovani
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
SONDRIO INCONTRO VENERDÌ 20 FEBBRAIO
Perché sei voluta andare in Brasile?
«Dopo un esperienza in
Argentina volevo conoscere una realtà latina differente, ho sempre voluto visitare una favela e grazie
a questa esperienza ci sono
riuscita».
Cosa hai fatto là?
«Un mese è poco, quindi ho
pensato di sfruttarlo per
conoscere il progetto osservando il lavoro svolto dalle suore, dai volontari e
dagli insegnanti».
Cosa ti ha colpito ti questa esperienza?
«Tutto! Il clima caldo e ventilato, l’odore per le strade,
e all’interno della favela,
molto acre, ma ti abitui in
fretta, come ti abitui alle
situazioni che vedi e che ti
circondano, i mercati della
frutta, giovani e anziani e
bambini rigorosamente in
infradito, autobus super
affollati, ragazzine in minigonna e top, tanti bambini, la musica in ogni locale, in ogni luogo».
Sei tornata a casa con?
«La conferma di una realtà di cui, purtroppo, non si
parla mai abbastanza, i
sorrisi dei bambini che partecipavano ai corsi proposti dal progetto e il desiderio di molti altri (grandi e
piccoli) che desideravano
partecipare, la felicità nel
ricevere un succo o un pò
di frutta per merenda, baracche con nulla dentro, se
non un amaca, e chi, fortunato, un divano e alcuni
mobili arrivati con i container...».
Come è possibile, dall’Italia, aiutare chi è là?
«Si possono inviare dei contributi, anche minimi, per
mantenere attivi i corsi e
ancora meglio riuscire poi
ad avere la possibilità di
portarne avanti altri, le
idee sono tante ma purtroppo con l’idea da sola
non si fa nulla».
Com’è la favela?
«L’ho vista e sentita peri-
sperando di risolvere i loro
problemi. Non sottovaluto
la questione droga, che è
sicuramente da considerare, ma non posso lasciare
inosservato il problema
della prostituzione, che è
senz’altro il più urgente».
Cosa hai capito del Brasile?
«Non molto, o meglio io ho
vissuto la realtà della
favelas non ho visitato altro se non qualche volta
qualche giro in centro sempre con le suore, quindi non
posso esprimermi, posso
però garantire che l’atmosfera che si vive è quella
tipica dell’America latina
ritmo di vita lento e tranquillo, nessuno ha fretta,
scordiamoci il ritmo frenetico e organizzato delle nostre città europee (ricordo
che io sono stata solo a
Fortaleza). Dal punto di
vista amministrativo mi
ha colpito il fatto che anche la politica si fa a ritmo
di musica, o meglio, di salsa. La strategia è quella di
trovare lo slogan elettorale più accattivante: più sei
orecchiabile, più la gente ti
vota…».
Ti sembra ci siano politiche sociali adeguate
per affrontare i problemi con cui anche tu, nel
tuo pur breve soggiorno, ti sei confrontata?
«Fondamentalmente penso
una cosa: non si può pretendere di cambiare il
mondo con un progetto, ma
sicuramente è un modo per
iniziare a porre i primi tasselli che alla fine ci potrebbero portare a costruire
una scala puntata verso
l’alto verso qualcosa di migliore, verso una speranza
che non è altro che luce in
fondo a un tunnel in cui
non si vede altro che buio,
i passi da fare con le persone che vivono e sono cresciute in una favela devono essere piccoli e non affrettati, si deve agire con
cautela e sensibilità, bisogna far capire, a loro, che
una speranza c’è e che se
non si molla si può migliorare, il progetto “Em Defesa da Vida” fa questo e io
l’ho constatato ascoltando
i commenti di chi è stato
aiutato, di chi ha trovato
un impiego, di chi ha deciso di continuare ad aiutare e di chi, visto l’esempio
vuole iniziare a farlo».
testo raccolto da
ENRICA LATTANZI
Il progetto Em Defesa da Vida, nella favela Pirambu di Fortaleza, nasce alcuni
anni fa con suor Lorenza e in ricordo di suor Attilia Fumagalli, la religiosa
della congregazione della Sacra Famiglia di Mese che operava a Sondrio e
scomparsa in un incidente stradale nel 2003. Il progetto si propone di seguire i bambini, gli adolescenti e, soprattutto, le madri adolescenti. È
assai articolato e tende a coinvolgere l’intera popolazione del quartiere: una
casa, in cui le prostitute rimaste incinte possono trovare alloggio e riparo per
il periodo della gravidanza e per i primi mesi dopo il parto; il nido, in cui possono lasciare i loro bambini per frequentare corsi scolastici e professionali e
cercare un lavoro. Il progetto offre numerosi corsi, dall’alfabetizzazione e formazione scolastica ad attività professionali: informatica, cucina, sartoria, estetista e parrucchiere. Non sono solo corsi teorici: vi sono un salone di parrucchiere ed estetista, semplice ma adeguatamente attrezzato, ed un laboratorio
di sartoria. In più varie attività rivolte agli adolescenti: artigianato, chitarra,
danza, teatro, capoeira, produzioni artistiche con materiali riciclabili, seminarî
orientati alla cittadinanza attiva. Istruttori sono gli stessi giovani ed adolescenti, spesso le madri ex-prostitute, che lavorano per un piccolissimo compenso (350 reais al mese: il cambio attuale è di 2,5 reais per 1 euro). Il progetto
ha molti bisogni: dalla ristrutturazione e manutenzione degli edifici, all’alimentazione dei frequentanti, al salario degli istruttori. Con 15.000 euro si potrebbe assicurare la sopravvivenza e lo sviluppo di un progetto che offre educazione, speranza e prospettive di vita dignitosa a numerosi bambini ed adolescenti in uno dei posti più poveri, violenti e meritevoli d’amore del mondo.
○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○
V
colosa (io da sola non potevo girarla, o meglio solo
lungo la via dove si trovava la casa della suore della redenzione) il resto mi
era proibito, potevo andare solo se accompagnata, la
gente ti guarda, ti scruta,
analizza ogni tuo passo, ti
controlla ma non sempre
per aggredirti anche solo
per assicurarsi che non sei
un pericolo».
Ci sono caratteristiche
o dinamiche particolari?
«Di giorno tutto è apparentemente tranquillo. I bambini vanno a scuola (chi
può), si vedono signore fare
la spesa e gli uomini di solito stanno seduti davanti
a casa a passare il tempo
giocando a carte oppure in
giro in barca con la jangada (imbarcazione tipica),
sperando di trovare qualche pesce che farà da pasto, altri bimbi giocano per
strada con un pallone fatto di stracci oppure fanno
il bagno in oceano che poi
non è che un oceano di rifiuti, la sera diventa ambiente di spaccio di droga,
di armi e di prostituzione, si
sentono spari, e potrebbero essere petardi, ma non
nascondo che spesso sono
spari da arma da fuoco».
Con quali altri problemi
ti sei scontrata?
«All’interno della favela i
problemi sono legati a droga, spaccio d’armi, e prostituzione... Il nord est, e in
questo caso intendo Fortaleza, ha una grossa piaga
sociale che è quella della
“esploraçao sexual” o abuso sessuale, che è legato alla prostituzione. Non è tutto, infatti a questi problemi si aggiunge il discorso
del turismo sessuale un altro grosso problema, il giovedì (se non hanno cambiato) c’è addirittura un aereo
che fa viaggio diretto Milano-Fortaleza per giungere nella regione del sesso.
Bambine perché, a 13/14
anni non si può sicuramente parlare di ragazze e tanto meno di donne, che vengono acquistate per una
settimana, o meno, o di più
da uomini europei venuti
apposta per divertirsi. Sono ragazzine provenienti
dalle favelas che si fanno
trovare lungo la “Beira
Mar” che non è altro che il
lungo mare (zona di alberghi, locali, ristoranti, punti di ritrovo) per fare la conoscenza di questi gringo
31
UN PROGETTO IN DIFESA DELLA VITA
Vita e speranza
enerdì 20 febbraio a Sondrio, alle ore
21.00 presso
la sala Vitali,
Laura Manfroi, una giovane volontaria di Postalesio, racconterà la sua esperienza in Brasile (a cavallo fra agosto e settembre 2008), a Fortaleza, nella favela del Pirambu. Laura ha partecipato al progetto “Em Defesa da Vida”.
P A G I N A
BASSA VALTELLINA AL VIA IL CICLO DI INCONTRI
Un sostegno ai genitori
I
l progetto R-accordi
che, con il coordinamento sempre della
Cooperativa Sociale
Insieme, è attivo in 21
comuni del mandamento
di Morbegno, torna a proporre un ciclo di incontri
formativi per genitori.
Questa volta i comuni
coinvolti sono quelli di
Traona, Cino, Cercino e
Mantello. Martedì scorso
il vice-sindaco di Traona
Valeria Lorenzoni e l’assessore alle politiche sociali e istruzioni di Traona Luciana Rizzi hanno
presentato il calendario
dei 5 incontri, a parti-
re da venerdì 20 febbraio. «Per definire le tematiche – hanno spiegato – è stato costituito,
attingendo dalle agenzie
educative presenti sul territorio, un gruppo di lavoro che ha operato assieme
ad alcuni genitori che
avevano fornito la loro disponibilità nel corso degli
incontri tenuti lo scorso
anno. Dal momento preparatorio è emersa la proposta di due incontri incentrati sulla corresponsabilità della coppia di genitori, di un terzo interattivo e, infine, di due sull’uso e l’abuso di sostan-
ze». Quest’ultimo tema affrontato, come già dal progetto R-accordi nei comuni del circondario di Ardenno, con la collaborazione del Dipartimento Dipendenze Asl provinciale
e in particolare del responsabile dottor Massimo
Tarantola. Gli incontri,
che coinvolgono i comuni
che gravitano attorno al
polo scolastico di Traona,
si svolgeranno con modalità itinerante tra Cino,
Mantello e Traona per favorire maggiormente la
partecipazione dei genitori di tutta la zona.
A.G.
P A G I N A
32
CRONACA
SondrioEducazione
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
TIRANO LA CONFERENZA DEL PROFESSOR PIETROPOLLI CHARMET NELL’AMBITO DI «SINERGIE EDUCATIVE»
Vita sregolata? No, grazie... ma
L
a conferenza, tenutasi la scorsa settimana al Cinema
Mignon di Tirano
da Gustavo Pietropolli Charmet sul tema Non voglio una vita
sregolata, ma... nell’ambito del progetto Sinergie
Educative, promosso dall’Istituto comprensivo di
Teglio in collaborazione
con la Scuola media
Trombini, il Circolo didattico e la parrocchia di Tirano e col contributo di sei
comuni (Castello Dell’Acqua, Teglio, Aprica, Bianzone, Villa di Tirano e Tirano), è stata non solo molto
interessante e utile per
quanti, genitori e insegnanti, sono impegnati
nell’azione educativa, ma
ha anche ottenuto, come
già nel recente passato,
una notevole partecipazione di pubblico. Segno evidente che l’iniziativa continua a toccare un tasto
sensibile così da persuadere tanti a mettersi in gioco. Certamente anche il
nome dei relatori, sempre
di eccellenza nel loro campo e noti al grande pubblico, è all’origine di tanto
successo, ma un ruolo di
non minore richiamo lo
svolgono anche le tematiche scelte con intelligenza
e conoscenza dei problemi
da chi, come il dirigente
Maurizio Gianola, dell’educazione ha fatto il compito
della propria vita.
UN NUOVO
MODELLO
EDUCATIVO
Charmet ha iniziato osservando che da venti e più
anni la prospettiva culturale è cambiata e al precedente modello educativo,
autorevole e severo, dove
gli adulti, mamme e maestre comprese, concordavano sulla sacralità e inviolabilità delle regole, la punizione severa degli errori, a
questo modello etico o della colpa, che vedeva nel
bambino un piccolo selvaggio da civilizzare, da colpevolizzare rispetto alla sessualità, all’autonomia, all’aggressività, è stato sostituito il modello educativo della relazione, che
vede invece nel bambino
un essere buonissimo alla
ricerca della sua mamma,
più affamato di relazione,
di affetto e di tutela che
non di latte. «Questo è il
passaggio avvenuto ed è
confermato dalle nostre ricerche e da chi si è interessato al problema - ha proseguito Charmet - L’altra
attribuzione di caratteristiche data dai nuovi genitori al loro bambino, è di ritenerlo molto socievole e
molto precocemente alla ricerca di altri “cuccioli”
come lui. Così, se messi in
luoghi di grande intelligenza pedagogico-educativa,
come il nido e la scuola materna, essi creano relazioni di amicizia, di interazione, di gioco, incontrando a
volte la società degli adulti, a volte rimanendone discosti come se avessero i
loro segreti, la loro società,
il loro lavoro, cioè il gioco.
Con una tale concezione
non c’è bisogno di regole
per dissuadere il bambino
dal seguire la propria natura, al contrario lo si deve
aiutare a seguirla, a far
emergere la sua vocazione,
le sue competenze e abilità. È il mito di cui in questi anni mi hanno parlato
decine e decine di genitori
venuti al nostro centro coi
loro ragazzi con problemi
legati allo sviluppo, alla
scolarizzazione, all’apprendimento, ai conflitti familiari, alle difficoltà a inserirsi nel gruppo, ecc.».
I “BAMBINI
SREGOLATI”
Molto difficilmente con
questo nuovo modello bambini e ragazzi si sentono in
colpa. «Infatti, maestre e
docenti - ha ripreso
Charmet - fanno esperienza di scolari che non hanno paura dell’adulto né dei
suoi castighi, ma piuttosto
cercano di relazionarsi con
lui, di riceverne amore,
comprensione, apprezzamento, cioè in genere arrivano a scuola conservando
il ruolo di figli bambini più
che indossando quello sociale di studente, il che
complica non poco le cose,
perché la scuola è un servizio, un’istituzione di lavoro che non può amare i
propri utenti, ma deve imporre delle regole». Sorge,
quindi, inevitabile per questi “bambini sregolati”, che
cioè non conoscono le regole sociali, il problema della relazione tra scuola delle regole e famiglia degli
affetti. «Da tempo cerco di
capire quali potrebbero essere le strade per riscrivere
il patto educativo tra scuola e famiglia, le due agenzie educative per competenza e mandato, ma povere di fronte allo strapotere
di altre istituzioni che, senza mandato né competenza, hanno però le risorse
economiche per studiare
come funziona la mente dei
bambini e così spacciare
modelli di comportamento,
aspettative, valori illusori
con grande successo, perché bambini e adolescenti
cercano proprio il modo per
diventare famosi, belli ed
eventualmente anche ricchi». Tornando alle regole,
se, come in famiglia, nascono dalla cultura del dialogo e dalla contrattazione, è
chiaro che non sono collegate a valori e principi, ma
all’utilità dell’organizzazione domestica (alzarsi,
lavarsi, fare la prima colazione, andare a scuola, fare
i compiti, ecc.), in rapporto
agli interessi e alle aspettative di tutti. «Quindi, la
famiglia non costruisce né
trasmette le regole sociali
- ha concluso Charmet -,
per cui gli insegnanti hanno l’impressione che la famiglia ne demandi a loro
l’insegnamento. Da qui, la
delusione della scuola rispetto all’educazione della
famiglia e la perplessità
della famiglia verso la scuola, che in apparenza non
tiene conto della vita affettiva dei figli, ma avanza
pretese, impone regole,
commina castighi, bocciature... Inevitabilmente, tutto
ciò ha incrinato il patto
educativo soprattutto dalle scuole medie in avanti».
LA DIFFICOLTÀ
DI GESTIRE
LA VERGOGNA
«La difficoltà davvero complicata che deve affrontare il figlio della famiglia
della relazione e degli affetti - ha ripreso il relatore
- non sta più nel dover acquisire regole e valori che
lo aiutino a costruire una
piramide gerarchica per
sapere sempre cosa è giusto e cosa è sbagliato, ma,
essendo convinto della
grande importanza del proprio sé, di dover perseguire obiettivi importanti
quali conquistare l’attenzione, l’amore, la tenerezza, la fama, la visibilità
sociale, il potere, il successo, il riuscire a realizzarsi
e ad esprimersi attraverso
relazioni che lo sostengano,
lo amino, lo applaudano».
Nella prospettiva di questo
compito si annida la passione umana più difficile
da gestire, che è l’impressione di essere inadeguato e di non riuscire,
cosa che non provoca più
senso di colpa, ma fa sentire in vergogna. Da qui,
la fragilità dei ragazzini
attuali, fragili e permalosi, da qui i guai più seri
nella preadolescenza, ma
soprattutto nell’adolescenza, perché la vergogna
provoca una sofferenza
particolare, perché riguarda il valore del sé, il
fatto di non essere più una
persona bella, di non essere diventato famoso, ecc.
Cioè, questa generazione è
fragile perché troppo esposta alla ricerca della visibilità, del successo non solo
televisivo - anche purtroppo -, ma nel piccolo gruppo, nella squadra, nella
classe, che è diverso dall’essere bravi o buoni. Non riuscirci significa trovarsi
umiliati e mortificati. A
volte questo sentimento
doloroso viene cancellato
in modi vistosi e pericolosi, come nei tragici disturbi della condotta alimentare (anoressie e bulimie),
perché queste ragazzine
provano un’enorme vergogna del loro corpo e la volontà di disfarsene per
smettere di vergognarsi
della rotondità o della femminilità vissuta come
un’onta delle loro capacità
intellettuali, sociali, scolastiche, ecc. È solo un esempio di tante altre problematiche riconducibili al
bisogno di dare prestazioni, per es. assumendo droga, oppure sviluppando la
muscolatura in palestra,
tutte scelte ispirate non
dall’etica o dal bisogno di
disfarsi dell’etica, ma dall’estetica, dal narcisismo
della bellezza, dalla tragicità di chi vuole in qualche
modo apparire.
UN NUOVO
PATTO EDUCATIVO
Su questi problemi è possibile lavorare educativamente, tenendo conto dei
cambiamenti avvenuti e
che la famiglia e la scuola
non fanno più paura. «Circa il problema dell’educazione e della crescita - ha
soggiunto Charmet - credo
sia vero che i bambini sono
figli della famiglia della relazione, si sentono impor-
tanti, pensano di aver ragione, tendono a dare del
tu, sopportano molto male
le frustrazioni, soffrono di
vergogna, sono permalosi,
ma la loro aspirazione al riconoscimento è terribilmente, talora oscenamente, potenziata dalla sottocultura dei mass-media,
che lavora su bambini forse legittimamente portati
a sentirsi importanti, belli, preziosi. Infatti, dai
mass-media e dalla rete
derivano modelli gravissimamente narcisistici, istigatori della ricerca del successo, dell’importanza della visibilità sociale e dell’occhio della telecamera.
Dunque, la famiglia e la
scuola devono assolutamente sottoscrivere un
nuovo patto educativo, per
stendere attorno ai nostri
figli una cintura sanitaria
culturale, simbolica, relazionale e anche etica contro lo strapotere della sottocultura dei mass-media,
competitori forti e micidiali, dotati di una formidabile capacità di penetrazione
anche educativa».
DIBATTITO
E RIFLESSIONI
CONCLUSIVE
Durante il dibattito si sono
aggiunte altre riflessioni
importanti. Per es., rispondendo alla domanda se
preferisse l’uno piuttosto
che l’altro modello educa-
tivo, Charmet ha affermato di conoscere fin troppo
bene pregi e difetti del
modello della colpa e del
castigo per averlo sperimentato sulla propria pelle: non si sente di sostenere che è terribile, sbagliato, regressivo, ma neppure
che si devono rimettere i
paletti “divelti dal branco”
e provare nostalgia per il
vecchio modello. «In questo
momento di crisi dei modelli educativi - ha continuato Charmet - penso che
sia importantissimo imparare a riconoscere quali
valori, quali obiettivi persegue e quale metodologia
utilizza il nostro lavoro, in
cosa consistono e perché
sono avvenuti i cambiamenti e cosa hanno portato. Qui, giustamente è stato osservato che non è certo che sia così vero - badate, non giusto, buono, opportuno! - che le regole siano sempre e comunque
contrattabili in famiglia.
Quindi, è chiaro che la convinzione di avere diritto a
un potere e di dover contrattare e negoziare, c’è ed
è diffusa, ma poi è altrettanto chiaro che gli adulti
hanno il potere reale: essi
possono giocare la partita
della democrazia degli affetti e della democrazia
educativa, ma quando perdono le staffe tirano fuori
il potere reale e costringono i figli a fare quello che
devono e ritorna l’antichissima famiglia etica con zitto, taci, obbedisci, vai a letto, ecc. Il problema sorge se
avviene sporadicamente
sull’onda delle passioni e
se dieci minuti dopo si va
quasi piangendo a scusarsi col bambino. Personalmente, credo che il fatto
della contrattualità sia
molto importante, perché
nel nostro paese abbiamo
cercato di costruire una
cultura dell’infanzia che ha
messo la famiglia e la scuola in condizioni di lavorare bene coi bambini, e abbiamo bambini contenti
del loro papà e della loro
mamma e che vanno volentieri a scuola. Vuol dire che
abbiamo indovinato il tipo
di famiglia e di scuola che
volevano». Però - ed ecco un
altro problema sollevato da
Charmet - questi bambini
non pensano affatto che sia
conveniente diventare
grandi: per loro è meglio rimanere ragazzi che diventare come mamma e papà,
o la maestra, perché stanno bene così. «Quando ero
bambino, anche se avevo
una famiglia bellissima, il
mio vero obiettivo era diventare grande e libero. Loro invece cancellano il futuro, rendono eterno il presente, vanno in giro per il
mondo in attesa di non so
cosa, godendosi il tempo
presente dell’amicizia e
dello svago, in un certo senso responsabili rispetto a
quello che sono e non rispetto a quello che diventeranno, perché altrimenti devono sacrificare quello che sono in vista di un’incertissima realizzazione
futura. E, se ritorna il futuro, ritornano anche dovere, impegno, responsabilità... se invece il tempo in
cui si vive è il presente, si
sentono abbastanza a posto».
PIERANGELO MELGARA
P A G I N A
33
SPOR
T
SPORT
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
FINESTRA SUL CAMPIONATO
Como sconfitto
a Varese
C
he il Varese avesse qualche cosa in
più del Como appariva lampante
in questo periodo
ed il risultato del derby disputato domenica a Masnago non ha fatto altro che
confermare questa situazione. Il Como è stato battuto per 3-2 dai bosini
biancorossi che si confermano così ai vertici della
classifica del gruppo A. Per
gli azzurri si tratta della
terza sconfitta, su cinque
gare disputate, nel girone
di ritorno. Troppe per una
squadra che ambisce al
primo posto, nella norma
per una il cui obiettivo è un
campionato tranquillo, un
campanello d’allarme se si
vuole andare ai play-off.
Durante la partita di domenica il Como è apparso
in netta difficoltà di fronte
ad un Varese molto in forma ed in una condizione
che bisognerà vedere se
continuerà nel tempo. Il risultato finale, 3-2 per i padroni di casa, avrebbe potuto essere ancora più severo per i lariani. Sugli
scudi, infatti, il portiere
Malatesta che ha effettuato numerosi interventi su
diverse conclusioni degli
attaccanti varesini. Il primo gol del Varese è stato
realizzato da Del Sante
C
S
I
segnalare anche l’uscita
anzitempo di Brioschi che
si è infortunato dopo un
contrasto con un avversario ed ha dovuto ricorrere
alle cure ospedaliere per
una contusione al volto.
Con questa sconfitta il
Como esce dalla zona playoff in una parte alta della
classifica che ora vede racchiuse tante squadre in
pochi punti. Sta meglio il
Varese che guida la graduatoria e che ha sei lunghezze di vantaggio sui
lariani.
Una sconfitta che ha decretato anche l’esonero dell’allenatore: foglio di via
per Corrado Cotta, al suo
posto la società ha scelto
Stefano Di Chiara.
U.S. Prestino
Riposa
U.S. S. Maurizio Erba
A.S.D. Piano e Valli
-
A.S.D. S.M. S. Paolo
U.S. Vertematese
A.S.D. Or. Città Murata
A.S.D. Or. Solbiate
7
4
2
10
0
2
-
A.S.D. Or. Rovellasca
A.S.D. Piano e Valli
U.S.O. Mariano S.A.
U.S. Prestino
9
1
7
6
2
5
4
6
-
A.S.O.F. A.S.D.
G.S.O. Lurago A.S.D.
G.S. S. Giuseppe A.S.D.
G.S. Or. S. Luigi
-
A.S.D. S. Michele "A"
Pol. Cucciago 80
C.S. Cortenova
A.S.D. S. Michele "B"
7
2
1
1
6
5
-
A.S.D. S. Michele
S.A. La Spezia
G.S. Grisoni
Nuova E. Terraneo 1974 A.S.D
A.S. Or. Buratti
Riposa
ALLIEVI A 7
I
R
I
S
U
L
T
A
T
I
Una battuta
d’arresto pesante
che ha decretato
anche l’esonero
dell’allenatore:
foglio di via per
Corrado Cotta,
al suo posto
la società
ha scelto Stefano
Di Chiara
con un colpo di testa nel finale del primo tempo. Nella ripresa, dopo alcuni tentativi di Guazzo, sono arrivati in pochi minuti i due
gol realizzati da Grossi che
hanno, di fatto, chiuso il
match. Negli ultimi minuti di gioco, con un Varese
deciso solo ad amministrare il risultato, il Como ha
accorciato le distanze con
Luca Facchetti e di Kalambay. Chi c’era (ingresso
riservato ai soli addetti ai
lavori visto il divieto di recarsi in trasferta deciso
dall’Osservatorio del Viminale) ha detto che Cotta è
uscito deluso dl campo.
Beh, c’è da credersi anche
se questa sta diventando
una costante nel 2009. Da
RAGAZZI A 7
D
E
L
L
A
S
E
T
T
I
M
A
N
A
U.S. S. Maurizio Erba
G.S. S. Giovanni Bosco
Inter Club Valbrona
G.S.O. Perticato
JUNIORES A 7
C.S.O. Cirimido
G.S. S. Giorgio Luraghese
A.S.D. Pol. S. Agata
Riposa
ALLIEVI A 11
Pol. Barzanò
A.S.D. Oratorio Oggiono
Pol. Sanrocchese
Riposa
TOP JUNIOR A 7
Calcio Montorfano A.S.D
G.S. S. Giovanni Bosco
G.S.O. Perticato
A.S.D. Civiglio
A.D. Pol. Azzurra
A.S.D. Or. Lambrugo
4
2
3
2
3
5
Rinv.
3
2
OPENA A 11 Categia A - Girone A
A.C. Grandatese
G.S. Or. S. Luigi
A.S. Gagginese
U.S. Lanzo Intelvi
U.S.D. Cacciatori Alpi
-
Lora 04
Lipmo Fotoinc. Beretta
Cernobbio Calcio 2005
A.S.D. Real Sagnino
G.S. Senna
0
0
2
1
1
1
0
4
4
3
3
0
0
2
3
3
3
0
0
1
OPENA A 11 Categia A - Girone B
U.S. Inverigo Calcio
U.S. Albatese
Pol. S. Giuseppe Como
Misinto Calcio
S.S. Falange
-
F.C. Albate Calcio
F.C. Monguzzo 1997
Hotel Funicolare
Electric 92 Cantù
C.S.I. Luisago
P A G I N A
34
MASSMEDIA
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
BAMBINI E NUOVE TECNOLOGIE LA NOTIZIA RICHIEDE RIFLESSIONE
PRESTO SUL MERCATO UN CELLULARE
DEDICATO SOLTANTO AI PIÙ PICCOLI
N
on sarà il problema
più preoccupante che i
genitori dovranno affrontare, ma la notizia
che entro breve tempo
sarà in commercio un telefono
cellulare multifunzionale destinato ai bambini dai 3 anni in su
non è affatto entusiasmante. A
partire dalla prossima primavera anche i bimbi più piccoli potranno avere a disposizione una
versione ad hoc del telefonino
modello “BlackBarry”. Il giocattolo sarà commercializzato da
un’azienda californiana e sarà
privo di connettività effettiva,
per cui non emetterà alcuna
onda elettromagnetica pericolosa per la salute dei piccoli utenti, ma sarà simile in tutto e per
tutto a quelli che usano gli adulti. Inizialmente verrà lanciato
nel Regno Unito al costo di 20
sterline (corrispondenti a 22
euro circa) e sarà dotato di una
tastiera pensata apposta per
Non si tratta di un
problema gravissimo
ma senza dubbio
invita a ripensare
il rapporto fra i mezzi
di comunicazione,
l’infanzia
e l’educazione
di MARCO DERIU
l’uso delle piccole mani. I responsabili del prodotto hanno provato a buttarla sul versante educativo, dichiarando che lo scopo
dovrebbe essere quello di insegnare ai bambini a scrivere messaggi e imparare l’alfabeto. La
motivazione non è credibile, sarebbe più onesto da parte loro
ammettere che si tratta di un
giocattolo capace di affascinare
non soltanto i piccoli ma anche i
grandi. Del resto, da sempre i
bambini in molti dei loro giochi
imitano a loro modo i comportamenti dei genitori o degli adulti
di riferimento. E i giocattoli che
riproducono gli oggetti utilizzati
abitualmente dai grandi non
sono una novità di oggi. In questo
caso, però, la forzatura commerciale è molto evidente, anche in
ragione dell’età dei piccoli utenti potenziali.
Cilea
Adriana
Lecouvrer
A
driana Lecouvreur è
un’opera in quattro
atti di Francesco
Cilea (1866-1950)
su libretto di Arturo
Colautti, dall’omonima commedia di Eugène Scribe ed
Ernest-Wilfrid Legouvé. La
prima rappresentazione ebbe
luogo al Teatro Lirico di Milano il 6 novembre 1902, dove
ottenne un successo enorme.
Interpreti furono Angelica
Pandolfini (Adriana), Edvige
Ghibaudo, Enrico Caruso
(Maurizio), Giuseppe De Luca, E. Sottalana, E. Giordani;
direttore Cleofonte Campanini. Dopo essere stata rappresentata sino al 1910 in Italia
e all’estero, l’opera venne poco
a poco dimenticata. Dopo una
serie di tagli e modifiche, a
partire dagli anni Trenta, Adriana Lecouvreur rientrò
stabilmente in repertorio,
grazie anche all’attrattiva dei
tre ruoli principali che contemporaneamente non offrono particolari difficoltà tecniche. Il primo progetto della
composizione risale al febbraio del 1899 (esattamente centodieci anni fa). Alcuni problemi nella collaborazione con
il librettista ritardarono però
la fine della composizione sino
all’autunno del 1902.
Adriana Lecouvreur, in vita
fra il 1692 e il 1730, è un personaggio storico: fu una celebre attrice delle opere di Corneille, Racine e Voltaire. Quando Cilea compose quest’opera,
che ottenne molto favore, aveva già alle spalle l’esperienza
e il pregevole risultato dell’Arlesiana (1897).
L’Adriana Lecouvreur è, da un
punto di vista strettamente
teatrale, l’opera più rigogliosa
e profonda di questo musicista che, pur appartenendo al
verismo, si distinse da Ma-
scagni e
Giordano
per la sua
vena malinconia e
per la per- A L L ' O P E R A
spicace elaborazione
musicale.
Nacque anche grazie GRAMMA
all’operosità e alla solerzia dell’editore Edoardo Sonzogno,
appartenente alla cosiddetta
“Giovane Scuola”. La personalità della protagonista e il delicato pathos che da lei scaturiva hanno sempre attratto le
primedonne del mondo della
lirica (ricordiamo, in particolare, Mafalda Favero, Maria
Caniglia, Magda Olivero, Renata Tebaldi, Renata Scotto e
Raina Kabaivanska).
GUIDA
PEN
TA
Le caratteristiche musicali di
Cilea, contenute anche nell’Adriana, lo avvicinano, sia pure
in senso lato, alla scuola francese (in particolare Massenet); da questa assimilò un
particolare sentimentalismo
che, a volte, assume nel compositore aspetti un po’ manieristici.
Atto I: Io son l’umile ancella
(Adriana); La dolcissima effigie (Maurizio); Ecco il monologo (Michonnet). Atto II: Acerba
voluttà (Principessa); L’anima
ho stanca (Maurizio); Aprite!… Apriteli, signora (Adriana e Principessa).Atto III: Il
giudizio di Paride (balletto);
Monologo di Fedra (Adriana).
Atto IV: Poveri fiori (Adriana);
No, la mia fronte…No, più nobile sei (Adriana e Maurizio).
a cura di
ALBERTO CIMA
Che le attuali generazioni nascano e crescano nell’era della
multimedialità è un dato di realtà, ma nonostante l’dea di instradare i più piccini all’uso delle tecnologie più avanzate quando
sanno a malapena esprimersi a
parole non è comunque positiva.
A tre anni è molto più educativo
lasciare libera espressione ai
bambini nel disegno, nelle costruzioni o nelle attività manuali
e, soprattutto, è necessario abituarli a coltivare la relazione con
le persone che vivono intorno a
loro, invece che spingerli a
un’interazione individualista
con un surrogato di tecnologia
che anticipa l’uso successivo di
strumenti elettronici.
L’idea di un telefonino per
bambini è un ritorno al recente
passato. Un’azienda inglese qualche anno fa aveva già tentato di
mettere in commercio un cellulare - stavolta vero - da vendere
ai più piccoli, ma la commercializzazione suscitò reazioni
negative e venne ostacolata al
punto da essere bloccata.
Nel 2006 anche un’azienda
spagnola lanciò un cellulare per
bambini dai 6 anni in su e lo stesso fece la Vodafone in collaborazione con la Disney quando mise
sul mercato il “Primofonino”.
Fortunatamente il mercato non
rispose come i produttori avrebbero sperato e si preferì puntare
ulteriormente sugli adulti, accelerando la corsa alla multifunzionalità dei cellulari tradizionali.
Nonostante la trovata non convinca non soltanto dal punto di
vista educativo ma nemmeno per
quanto riguarda l’aspetto (eventualmente) ludico, non è il caso di
cedere ad allarmismi di sorta: un
bambino non entra in possesso di
un telefonino - vero o finto che sia
- se non c’è un adulto che glielo
dà. E un genitore, prima di comprare il “baby BlackBerry”, farebbe bene a interrogarsi sulla
reale motivazione che lo spinge a
dotare il proprio frugoletto di un
simile aggeggio. Serve a fargli
imparare l’alfabeto? In fondo non
c’è fretta, poi ci penserà la scuola. Serve a stimolare la sua
manualità? Meglio le sane e vecchie costruzioni. Serve a introdurlo al mondo delle nuove tecnologie? A tre anni non se ne fa
niente e quando gli serviranno
avrà tempo e modo di imparare a
usarle alla bisogna. Serve a far
sen tire i genitori all’avanguardia perché capaci di condividere
con i figli la loro passione per i
nuovi media? Beh, un sano esame di coscienza farebbe riconoscere che il fatto di essere “cellulardipendenti” non si risolve
instillando la medesima dipendenza anche nei bambini…
È NECESSARIO UN FRENO PER INTERNET
L’UNIONE EUROPEA CONTRO LA PEDOPORNOGRAFIA ON-LINE...
I
numeri sono ormai inesorabili, il fenomeno della pedofilia on-line è ormai un crimine prevalentemente europeo e il Parlamento del Vecchio Continente ha deciso di porre un freno a questo scempio. La
scorsa settimana, Bruxelles ha
approvato la relazione dell’europarlamentare Roberta Angelilli,
con la quale rivolge al Consiglio
una serie di raccomandazioni
per lottare contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e contro
la pedo-pornografia. Come peraltro confermano tutti i dati diffusi dalle Agenzie internazionali lo
sfruttamento sessuale dei bambini e la pornografia minorile
negli ultimi cinque anni, sono
più che raddoppiati: il 2007 si
attesta l’anno record della pedofilia on-line, con un incremento
del 131% rispetto al quinquennio
precedente. I dati del report 2007
di Telefono Arcobaleno, diffusi
attraverso il suo Osservatorio
internazionale, lasciano di sasso
di fronte ad un male che, ormai,
non è più un derivato dell’emarginazione sociale, ma affonda le
sue radici nell’Europa ricca e
democratica. Secondo l’associa-
zione, che da anni lotta contro il
proliferare della pedopornografia su Internet, “sono europei i
bambini sfruttati (92%); europei
la maggior parte dei siti internet
illegali (52%); europei sono i
clienti e i consumatori della pornografia minorile (61%), con gli
italiani che occupano un tristissimo quinto posto nella classifica mondiale dell’utenza”.
Lo sfruttamento sessuale dei
bambini su Internet ha un valore stimato di oltre 4 miliardi di
dollari l’anno (oltre 13 milioni di
dollari al giorno): le vittime vanno dai 7 ai 14 anni, ma è in aumento l’offerta di materiali pedopornografici con immagini di
bimbi anche molto piccoli, e i
prezzi medi sono sempre più accessibili (un dvd costa intorno ai
350 dollari, un cd 120 dollari e
l’accesso ad un sito ne costa in
media 80).
Il Parlamento europeo ha chiesto di rivedere, “nel più breve
tempo possibile”, la decisione
quadro relativa alla l otta contro
lo sfruttamento sessuale dei
bambini e la pornografia infantile. Al centro del mirino il cosiddetto “grooming”, l’adescamento
online dei minori a scopo sessuale, e tutte le altre attività via
Internet legate a questo crimine
efferato, come la gestione di chat
room pedofile o di forum di
pedofili. L’obiettivo è che il Consiglio chieda a tutti gli Stati
membri di adottare misure volte
a ritirare da Internet qualsiasi
materiale illegale legato allo
sfruttamento dei bambini, e ad
agire di concerto con i gestori di
Internet per disattivare i siti web
incriminati. Anche il “pedobusiness” finirà sotto attacco Ue:
allo studio la possibilità di chiudere o ostacolare i sistemi di pagamento online per i siti web
coinvolti nella vendita in rete di
materiale pedopornografico.
P A G I N A
35
LETTEREeCONTRIBUTI
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009
Il
punto di DOMANDA
a cura di MONS. FRANCO FESTORAZZI,
vescovo emerito di Ancona-Osimo
Amo Dio e i fratelli?
(GAL 5,6)
Abbiamo visto come ha operato nella vita concreta la fede di
Abramo: si è tradotta nell’amore verso Dio e verso tutti gli uomini. Così ha realizzato il detto di san Paolo: “La fede si rende
operosa per mezzo della carità” (Gal 5,6). Allo stesso modo si
esprime la lettera di Giacomo: “Abramo, nostro padre, non fu
forse giustificato per le sue opere, quando offrì Isacco, suo figlio, sull’altare? Vedi: la fede agiva insieme alle opere di lui, e
per le opere la fede divenne perfetta…. Vedete: l’uomo è giustificato per le opere e non soltanto per la fede” (Gc 2,21-24).
Diciamo subito che c’è un grande accordo tra Paolo e Giacomo,
come appare chiaramente da queste due citazioni, in cui si afferma che la fede non è un semplice assenso mediante l’intelligenza, ma si attua concretamente in una vita di amore.
Rimandiamo alla lettura personale del grande inno alla carità di san Paolo nella prima lettera ai Corinti (1 Cor 13,1-13).
Riprenderemo questa citazione della lettera di Paolo quando
parleremo della speranza, anticipando per ora l’affermazione
più straordinaria: “La carità non avrà mai fine” (1 Cor 13, 8).
Per capire fino in fondo il valore assoluto della carità nella vita
cristiana, concludiamo le citazioni con il comandamento nuovo, donatoci da Gesù: “ Che vi amate gli uni gli altri come io ho
amato voi” (Gv 15,12; cfr anche Gv 13, 34-35). E’ molto importante sottolineare il seguito del testo di Gv 15, ove Gesù descrive le qualità che caratterizzano la grandezza del suo amore per
noi: Egli ci dona la sua vita (v. 13), ci considera suoi amici comunicandoci il disegno di amore del Padre (v. 15), ci ha scelti
come missionari, perché portiamo frutto di fede e di amore (v.
16).
Gesù promette che ogni preghiera rivolta al Padre nel suo
nome sarà esaudita (v. 16).Incominciamo allora la nostra vita
di carità con tanta preghiera. Seguiamo così l’esempio di Gesù:
“Il mattino presto si alzò quando era ancora buio e, uscito di
casa,si ritirò in un luogo deserto e là pregava” (Mc 1,35); dopo
aver congedato la folla “salì sul monte a pregare” (Mc 6,46). Le
citazioni sulla preghiera di Gesù potrebbero continuare (cfr B.
Maggioni, Preghiera, in Nuovo Diz. di teologia biblica, ed.
Paoline 1988, 7. La preghiera di Gesù pp. 1222-1224).
Il centro della preghiera di Gesù Salvatore è il compiersi della volontà del Padre, nel suo disegno di amore e di salvezza, che
ha come vertice della risposta umana la carità (basata sulla
fede e aperta alla speranza!).
La nostra preghiera sia fatta di apertura a tutte le situazioni
dell’umanità, specialmente alle più dolorose e catastrofiche del
mondo intero, ma anche a quelle che ci sono più vicine nella
vita di ogni giorno.
Questa preghiera deve poi calarsi nella carità operosa, che va
incontro a tanti nostri coetanei, che hanno molto bisogno di vicinanza, di amore e di affetto. Ognuno di noi ha esperienza del
bene già compiuto e di quello che possiamo continuare a fare,
perché tutti possano dire sempre: guardate i cristiani, quanto
si vogliono bene e amano ogni persona con grande dedizione,
soprattutto i più bisognosi di essere amati, sostenuti, incoraggiati a vivere nella pace e nella speranza.
Concludiamo, invocando lo Spirito Santo, che riempia il cuore
di tutti i credenti con il suo amore senza limiti, così che possiamo realizzare la carità totale, con tutte le sue conseguenze.
Come ci insegna san Paolo: “ Il frutto dello Spirito è amore, gioia , pace, pazienza, magnanimità, benevolenza, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5,22).
UN PRETE PER AMICO (27)
IL FARISEISMO DI DELEGARE...
’
L
handicappato, come
l’ammalato, l’anziano,
il ragazzo difficile, l’excarcerato, il malato di
mente, pone e impone
problemi; ce ne stanchiamo, non
si notano risultati e progressi
immediati, si ricade reciprocamente negli stessi atteggiamenti, ci si ritrova isolati come dei don
Chisciotte con qualche scudiero
incompetente… Allora liberarcene “con un felpato modo farisaico”
è anche quello di delegare qual-
LETTERE
AL DIRETTORE
POSTA:
V.le Cesare Battisti 8
22100 COMO
cuno al nostro posto, magari Dio
stesso, a pensare a chi è nel bisogno, deviando l’angoscia di dover
fare nell’invocazione “ascoltaci o
Signore”.
Difficilmente l’handicappato esperimenta l’incontro in parità con
chi l’avvicina: sente di essere oggetto di compassione, di assistenza, di prediche sul dolore; ma spesso viene lasciato nel suo angolo,
non considerato protagonista, non
aiutato ad emanciparsi insieme.
mons. AUGUSTO PEDUZZI
FAX:
031.3109325
✉
E-MAIL:
[email protected]
UNA LETTERA DA ALCUNI GIOVANI DI PARÈ
«NOI PENSIAMO»... E VI DICIAMO CHE...
entile direttore, per
molti giorni il nostro
paese, Parè in provincia di Como, è stato
interessato da un can
can mediatico provocato dalla
trasmissione “Grande fratello”.
Per molti giorni con nostro
estremo stupore, abbiamo letto
di un pensiero unico che non
rispecchiava la verità dei fatti ed
oggi continuiamo a stupirci per
la totale mancanza di attenzione
verso un fenomeno che invece
dovrebbe ricevere una risposta
dalle istituzioni.
Le nostre sono domande che
attendono una risposta.
Innanzitutto, programmi televisivi che mandano in onda, in
piena fascia protetta, giovani
senza altra occupazione se non
quella di passare varie settimane a bere, fumare, e trascorrere le
proprie giornate senza fare nulla, sguazzando mezzi nudi in piscina, in compagnia di totali estranei con i quali tutto è consentito, che cosa rappresentano?
Sono modelli reali?
Ci rendiamo conto dei danni
che stiamo procurando alle nuove generazioni attraverso questo
genere di programmi? Come possiamo pensare di contrastare efficacemente fenomeni estremamente attuali di disagio, dipendenza e violenza quando sono
questi i modelli di successo così
tanto esaltati? Pensiamo che la
Gran Bretagna che si ritrova a
dover affrontare una vera e propria emergenza sulla situazione
giovanile sia cosi lontana? Oppure si pensa che sia sufficiente
dire “siamo una società priva di
valori” per pensare che accada
qualcosa?
Inoltre, quanto conta la cultura della donna-oggetto così radicata nel Paese dove le donne sono
le più discriminate e sotto valorizzate d’Europa? Si può forse
tacciare di moralismo chi pone al
primo posto la tutela dei minori
e degli adolescenti e il rispetto
della dignità della donna?
Esiste un limite tra questa che
è definita “nuova cultura popolare” e libertà e tutela della dignità e della salute dei più giovani,
in particolare dei minori. Non si
possono continuare a violare diritti garantiti dalla Costituzione,
dalle normative europee e dai
codici d’autoregolamentazione.
Già nel 2004, durante un convegno organizzato alla Camera
dei deputati, neurologi e antropologi denunciarono: “I giovani
sono costretti a inseguire i modelli banali e allo stesso tempo
irraggiungibili dei reality show,
vivono con rabbia le occasioni
mancate […] I sintomi di questa
nuova forma di disagio sono tutt’altro che trascurabili: forte senso d’insicurezza, ridotta autostima, cambiamenti d’umore e dei
comportamenti alimentari fino
ad anoressia o bulimia, ansia,
depressione, aggressività e abuso di droghe o alcol”.
In questi giorni per sensibilizzare l’opinione pubblica a questi temi su iniziativa dell’assessore alle politiche giovanili del
comune di Parè abbiamo dato
vita ad un’associazione di giovani tutti tra i 22 e i 25 anni che
intendono lanciare i seguenti
appelli:
- alle Ministre della Gioventù
e delle Pari opportunità e all’Autorità garante delle comunicazioni perché diano sostanziale e non
solo formale attuazione alla direttiva della Comunità europea
del 1989 che dispone: “Gli Stati
membri devono adottare le misure atte a garantire che le trasmissioni delle emittenti televi-
G
sive soggette alla loro giurisdizione non contengano alcun programma che possa nuocere allo
sviluppo fisico, mentale o morale dei minorenni, (a meno che la
scelta dell’ora di trasmissione o
qualsiasi altro accorgimento tecnico escludano che i minorenni
che si trovano nell’area di diffusione assistano normalmente a
tali programmi.)”
- all’Ordine dei giornalisti, perché sia maggiormente sensibile
alle tematiche che toccano la crescita dei più giovani che hanno
bisogno di sviluppare in modo
sano la loro psiche e il loro pensiero. Ci rendiamo conto dell’estrema urgenza di raccontare
modelli positivi?
- a tutto quel mondo che conosce lo stato grave della situazione dei giovani del nostro Paese:
genitori, insegnanti, associazioni, parroci, educatori, psicologi,
giuristi, perché inizino, attraverso ogni mezzo possibile (interviste, convegni, lettere, email) a porre massicciamente nell’agenda
politica dell’intero Paese la realizzazione di politiche pubbliche che
tutelino la salute e la crescita dei
giovani valorizzandoli come risorsa fondamentale per il Paese.
ALESSIO FIONDA (24 anni)
(attualmente assessore con delega
alle politiche giovanili nel Comune
di Parè e presidente
dell’associazione “Noipensiamo”)
Soci fondatori: Bernasconi Serena
(22 anni) - Gorla Stefano (25 anni)
- Mascetti Massimiliano (22 anni) Moretti Martina (25 anni) - Scavo
Sabrina (23 anni)
Non è mio costume
occuparmi della televisione “guardona” che
imperversa oggi (e di cui il
programma da voi citato è il
capostipite, un vero “peccato
originale” del video vuoto e
insulso...). Pubblico questa
vostra lettera perché mi ridona
un po’ di speranza nelle giovani
generazioni e mi rafforza circa
la passione educativa di cui mi
sento investito come prete (e
come giornalista, anche se so
che la maggior parte dei miei
colleghi non sono d’accordo con
me sul fatto che i media possano
educare e, purtroppo,
diseducare). Posso solo dirvi che
non sono pochi quelli che la
pensano come voi, anche se
spesso se ne stanno in silenzio e
allargano le braccia sconsolati,
convinti che il mondo va ormai
irrimediabilmente in questa
direzione e che non si può
cambiarlo. Purtroppo sono tanti
quelli che, usando il televisore
come una tappezzeria di casa,
bevono a piccoli sorsi tutto ciò
che i palinsesti propinano.
Dicendo così, penso soprattutto
agli anziani, che sono il vero
target delle nuove produzioni
televisive e che, spesso, passano
ore ed ore davanti al televisore.
Naturalmente non sottovaluto
affatto il problema dei minori
che voi sollevate, anche se io
resto convinto che certe trasmissioni facciano male anche ai
maggiorenni, perché contribuiscono a svuotarli dei valori e a
riempirli di vuoto. Non ho mai
pensato di misurare il valore di
un uomo o di una donna dalla
circonferenza dei bicipiti o dalla
taglia di reggiseno, con il rischio
che poi, quando aprono la
bocca, questi iperdotati riescono
solo a dimostrare che... non
pensano. Purtroppo, però, certi
criteri sono propagandati dai
media e vengono acriticamente
assorbiti anche da tanti giovani. Il vostro compito, quindi,
non è facile, soprattutto nei
confronti dei vostri coetanei.
Se volete lavorare per i valori
veri oltre che contro la stupidità, troverete nel nostro giornale
un alleato. Anche noi pensiamo!
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