Numero Completo - Diocesi di Como
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DELLA CONTIENE INSERTO ANNO XXXIV 21 FEBBRAIO 2009 E 1,00 7 MERCOLEDÌ DELLE CENERI: LIBERI DALL’ARROGANZA R icordati che sei polvere e in polvere ritornerai» era la formula abitualmente usata nella cerimonia dell’imposizione delle ceneri. Oggi si preferisce una formula meno ruvida: “Convertitevi e credete al Vangelo”. “Sei polvere e in polvere devi tornare” sono le parole che Dio rivolge ad Adamo dopo il peccato (Genesi 3,19). Più che un castigo queste parole dicono che cosa è l’uomo se guarda se stesso senza una Parola che ne sveli il significato nascosto. Se osserva soltanto la propria esistenza, che altro può dire un uomo? È un vivente che, come ogni altro vivente e proprio perché vivente, è destinato a morire. I suoi giorni scorrono più veloci della spola e subito terminano per mancanza di filo, dice Giobbe. Ricordare che siamo polvere è già una prima conversione, capace di liberarci dalle molte arroganze che riempiono la vita, illudendoci di dare un senso a noi stessi senza Dio. “Il ricco, quando muore, con sé non porta nulla”, dice l’antica saggezza. E ancora: “Non irritarti per chi ha successo, non irritarti; ancora un poco e scompare, cerca il suo posto e più non lo trova” (Salmo 37). Lo sguardo disincantato di chi ricorda la propria caducità, libera dall’arroganza, dalle illusioni, dalle invidie e, persino, dalla paura dei potenti, come il profeta Isaia che ha trovato la libertà di sbeffeggiare la ridicola prepotenza del re di Tiro di salire in cielo, sopra le stelle, per erigervi il suo trono: “Invece sei caduto dal cielo, sotto di te si stendono le larve, i vermi sono la tua coperta” (14,11-12). È vero: l’uomo è polvere e le sue arroganze sono così ridicole! Ma se la liturgia invita l’uomo a ricordarsene, è per aprire lo spazio all’ascolto della Parola di Dio che gli indica un ben altro destino. Solo se si prende coscienza della propria caducità, lo sguardo si fa pulito in modo d’essere capace di scorgere la potenza salvifica dell’amore di Dio. “Che cosa è l’uomo?”, si chiede il salmista (Salmo 8). Intelligentemente non pone la domanda a se stesso, né agli altri uomini, ma a Dio. Per conoscersi guarda in alto. Chiedesse soltanto a se stesso la propria identità, concluderebbe semplicemente di essere polvere. Guardando invece verso Dio si accorge di una verità che lo riempie di stupore: “Quando contemplo i cieli, opera delle tue dita, che cosa è l’uomo, perché ti ricordi di lui, un figlio d’uomo perché te ne prendi cura?”. Se lo confronti con l’immensità del firmamento – noi potremmo dire se lo misuri con il tempo, la morte, con il susseguirsi delle generazioni, con il numero sterminato degli uomini che nascono, vivono un’esistenza che pare insignificante, che muoiono – viene spontaneo pensare “che cosa conta un uomo?”. Eppure Dio si ricorda di lui. L’uomo è sospeso alla memoria di Dio – una memoria che non dimentica! – e qui trova la sua grandezza nonostante la piccolezza, qui trova la consistenza e la durata nonostante la sua precarietà. Cambiare la direzione dello sguardo è la seconda conversione. Una considerazione analoga si legge anche nel profeta Isaia (40,6): “Ogni carne è come l’erba e ogni sua gloria è come un fiore del campo... L’erba secca, il fiore appassisce, ma la Parola del nostro Dio dura per sempre”. C’è dunque un modo per sfuggire alla precarietà: poggiare la propria esistenza sulla Parola di Dio, affidandosi alla sua fedeltà. L’uomo che confida in se stesso è polvere, ma non l’uomo che confida in Dio. Il prologo del vangelo di Giovanni va oltre le parole del profeta: “E la Parola si è fatta carne” (1,14). Non soltanto la Parola salva la nostra caducità, ma è entrata nel mondo della nostra precarietà, in tal modo condividendola e salvandola. Fatto uomo, il Figlio di Dio ha condiviso la morte dell’uomo, mostrando che non è più un cammino verso la polvere, ma verso la risurrezione. Lasciare che la Pasqua del Signore imprima senso e direzione alla nostra esistenza è la terza conversione, verso la quale tutta la quaresima è orientata. Ma non senza un’ultima precisazione: con la sua vita e la sua morte il Figlio di Dio ha mostrato con chiarezza che non ogni modo di vivere vince la precarietà, ma soltanto una vita orientata al dono di sé. È l’amore che vince la morte. È il Crocifisso che è risorto. DI COMO PERIODICO SETTIMANALE - POSTE ITALIANE S.P.A. SPED. IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 1, DCB COMO Le tre conversioni prima della Pasqua mons. BRUNO MAGGIONI BENEDIZIONE DELLE FAMIGLIE 2009 Prenotatelo AL PIÙ PRESTO telefonando allo 031 - 26.35.33. (in orari d’ufficio) QUARESIMA 2009 NELLE PAGINE INTERNE ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ « DIOCESI COMO QUANDO LA SOLIDARIETÀ TIENE “BANCO” COMO CAMBIO DELLA GUARDIA AI VERTICI DELL’AVIS SONDRIO L’OSPEDALE DI COMUNITÀ FA DISCUTERE A PAGINA 15 iamo entrati dentro il Banco di Solidarietà comasco che garantisce assistenza, grazie anche ad un’altra ottantina di associazioni caritatevoli del Comasco, a circa 5 mila persone in provincia di Como. S ALLE PAGINE 1O E 11 VALCUVIA LA COMUNITÀ MONTANA CERCA UN NUOVO NOME A PAGINA 25 COMO LA FNP CISL AL SUO XVI CONGRESSO A PAGINA 12 SONDRIO AL LAVORO SUL PIAZZALE DELLA SASSELLA A PAGINA 26 Una proposta presentata lo scorso novembre anima il dibattito politico nel capoluogo, dove si apre la discussione sull’intero fronte dell’assistenza socio-sanitaria. A PAGINA 29 TIRANO RAGAZZI MENO... “SREGOLATI” Nell’ambito del progetto “Sinergie educative” insegnanti e genitori riflettono sul valore delle regole per i ragazzi. A PAGINA 32 P A G I N A 2 RIFLESSIONI IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 QUARESIMA CON S. AGOSTINO NOVITÀ IN LIBRERIA NEL SILENZIO DEL CUORE T empo di meditazione, di preghiera, di conversione e di preparazione alla Pasqua, la Quaresima è un momento prezioso per crescere nel dialogo e rapporto con Dio (vedi le quattro pagine interne di questo numero). Ma come viverlo “al meglio”? Padre Pasquale Cormio ha preparato un sussidio di testi tratti dalle opere di sant’ Agostino allo scopo di arricchire la riflessione e la meditazione personale su alcuni temi tratti dal Lezionario feriale e festivo del tempo di Quaresima. Per ciascuna delle settimane quaresimali ha individuato un tema da sviluppare ricorrendo all’insegnamento del vescovo di Ippona, prediligendo brani tratti da opere omiletiche ed esegetiche. Un iniziale riferimento alla Sacra Scrittura o alle preghiere liturgiche del giorno suggerisce una possibile traccia di riflessione, alla quale seguono una breve spiegazione del brano di Agostino. Infine un pensiero agostiniano, inerente ad un contesto di invocazione o di lode al Signore, suggella la lettura e apre alla meditazione personale, per una maggiore conoscenza e approfondimento del mistero pasquale. a cura di AGOSTINO CLERICI IL SEGRETO DI PAOLO PASQUALE CORMIO (ed.), Dio parla nel silenzio del cuore. Vivere la Quaresima con sant’Agostino, Città Nuova, pagine 222, euro 14,00. PROPOSTA DA CARITAS ITALIANA GESÙ CRISTO... NOSTRA PASQUA otto il titolo Cristo nostra Pasqua, la Caritas italiana propone un itinerario di preparazione per il tempo della Quaresima rivolto ai bambini e agli adulti. Esso comprende: un opuscolo destinato agli adulti e più specificatamente alle famiglie; un album per i bambini; un poster; un salvadanaio in cartoncino componibile con fustella per l’inserimento dei soldi, che può essere anche un valido sussidio per le classi di catechismo. Qual è il messaggio di questa iniziativa? «Cristo nostra Pasqua»: l’esclamazione, tratta dalla lettera di san Paolo ai Corinzi (5, 7), intende richiamare l’attenzione sull’evento straordinario della Resurrezione di Gesù. I sussidi proposti in coedizione Caritas - Città Nuova vogliono essere un aiuto concreto a vivere il tempo della Quaresima, imparando a sperimentare la carità, con gesti di condivisione e solidarietà che aiutino ad abbattere i muri, a superare i pregiudizi, a testimoniare l’amore di Gesù, proprio guardando a san Paolo di cui quest’anno si celebra il bimillenario della nascita. In particolare l’opuscolo propone per ogni giorno della Quaresima un percorso che offre, dopo l’ascolto della Parola, la testimonianza di positivi episodi di accoglienza e di inserimento. CARITAS, Cristo nostra Pasqua, Città Nuova, opuscolo Euro 1,80 - album Euro 1,20 poster Euro 0,60 - salvadanaio Euro 0,30. S Nel cuore dell’Anno Paolino e in stretta continuità con il sinodo dei Vescovi, entrambi fortemente voluti da Benedetto XVI, un libro che raccoglie gli scritti del Papa sull’apostolo Paolo, un apostolo coraggioso, capace di esporsi in prima persona. Il testo presenta il rapporto di Paolo con i suoi collaboratori: Timoteo e Tito, Stefano il protomartire, Barnaba, Silvano, Apollo, la famiglia di Aquila e Priscilla, le donne a servizio del Vangelo. Ne mette a fuoco la predicazione e l’impegno per la costruzione di comunità cristiane fedeli al Risorto, coraggiose testimoni di speranza. Nelle parole chiare ed evocative di Joseph Ratzinger, un ritratto dell’Apostolo e del suo messaggio universale. BENEDETTO XVI, Paolo. I suoi collaboratori e le sue comunità, San Paolo, pagine 108, euro 10,50. Giudeo, ma anche greco e romano. Fariseo e cristiano. Contemplativo e uomo d’azione. Evangelizzatore, testimone e maestro. Scrittore audace e teologo profondo. Instancabile nel suo cammino e immobilizzato dalle catene nel carcere. Accompagnato da molti collaboratori e amici e abbandonato da tutti alla fine dei suoi giorni. Questo è l’uomo di cui il presente libro ci spiega la metodologia di evangelizzazione. Paolo intraprende una carriera da atleta, che attua con molta cura, per riuscire a realizzare la grande missione che Dio gli ha affidato. Ha quali suoi allenatori Gamaliele, Anania e Barnaba, ma soprattutto si lascia dirigere dallo Spirito Santo. Una tappa della cosiddetta “Scuola di sant’Andrea”, nata in Messico e diffusa in 160 Paesi, una vera e propria scuola di evangelizzazione con un percosro di 21 corsi biblici. JOSÉ H. PRADO FLORES, Corso. Il segreto di Paolo. Evangelizzare così tanto in così poco tempo, Paoline, pagine 96, euro 11,00. Il libro illustra soprattutto san Paolo come uomo d’azione, come apostolo e missionario: nelle sue premesse, nella sua metodologia, nella sua passione per il vangelo, negli strumenti di cui si servì, nella geografia, la quale almeno nei progetti era quella dell’intero bacino mediterraneo. La presente edizione del volume di Giancarlo Biguzzi si differenzia dalla prima (intitolata Paolo comunicatore) per essere un’autentica rielaborazione, con l’aggiunta del «profilo interiore di Paolo», tratto dalle sue lettere. GIANCARLO BIGUZZI, Paolo missionario. Da Oriente a Occidente, Paoline, pagine 166, euro 12,00. Con l’affetto e la preoccupazione di un padre, Paolo, l’apostolo delle genti, durante il suo viaggio in Macedonia - forse tra gli anni 6566 d.C. - scrisse al giovane episcopo Timoteo per metterlo in guardia dai falsi dottori che sono presenti nella città cosmopolita d’Efeso. Otto versetti significativi della prima lettera a Timoteo costituiscono la base di questa lectio divina. EDOARDO SCOGNAMIGLIO, Il mistero della pietà. Lectio divina sulla prima lettera a Timoteo, San Paolo, pagine 126, euro 10,50. SETTIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B Parola FRA noi IS 43,18-19.21-22.24-25 SAL 40 2 COR 1,18-22 MC 2,1-12 La consapevolezza dei propri peccati è incontro con Dio di ANGELO SCEPPACERCA TERZA SETTIMANA del Salterio IL PERDONO, L’OPERA PIÙ GRANDE È il Vangelo nel quale Gesù guarisce il paralitico di Cafarnao. Prima, però, gli offre il perdono dei peccati, a significare che il peccato è il più grande male dell’uomo, la radice e l’origine di tutti i mali. Lontano dal volto di Dio, l’uomo si percepisce sfigurato e sfracellato nell’abisso. E la rovina dell’uomo è così tragica che Dio solo può scamparlo. Per strappare al pericolo l’uomo – per sanarlo – ci vuole un gesto di Dio. Questo atto è Gesù, il Figlio unico del Padre nel quale noi tutti siamo stati rappacificati. Perché il perdono dei peccati prima della guarigione dello storpio? Perché c’era folla quel giorno a Cafarnao e non tutti erano lì per essere ammaestrati dal Signore. I farisei, ad esempio, attendevano un gesto o una parola fuori dalla Legge per dichiararlo colpevole e chiederne la condanna a morte. Tutti si ammassano attorno a Gesù, ma per motivi diversi. Lui era lì quel giorno – come è ora qui – per dare riparo e rendere figli del Padre gli uomini da sempre affamati di conciliazione e di tregua e allora usa il segno del miracolo per indicare una verità più grande: guarisce lo storpio per dimostrare il risanamento dell’anima, di tutta una vita. A Gesù stava certamente a cuore la salute di quell’uomo, contorto e incatenato da una paralisi distrofica, una malattia penosissima considerata un castigo di peccati commessi. Ancora di più gli stava a cuore il perdono dei peccati. Giustamente i presenti si chiedono: ma chi può perdonare i peccati, se non Dio? Appunto. Se qualcuno è capace di miracoli, è anche capace di perdonare i peccati; quel qualcuno, dunque, ha in sé l’impronta della divinità. E giungere a questa fede è l’obiettivo del Vangelo di Marco. Oggi, come al tempo di Gesù, avvertiamo il bisogno di confessare i nostri peccati? Ne sentiamo vergogna? La consapevolezza dei propri peccati è la prima esperienza dell’incontro con Dio. Lo diceva già Sant’Agostino: “Chi confessa i suoi peccati e se ne accusa, è già d’accordo con Dio. Dio condanna i tuoi peccati, e se anche tu li condanni, ti unisci a Dio”. La remissione dei peccati è l’opera più grande che compie la Chiesa, su mandato di Cristo. Veri profeti, come don Milani e don Mazzolari, che pure avevano provato la ruvidezza di un rapporto gerarchico non proprio paterno, alla domanda di chi chiedeva come mai non avessero lasciato la Chiesa, rispondevano: non potremmo mai, abbiamo bisogno di chi ci perdona i peccati. Agostino non esita a dire che “Dov’è la remissione dei pec- cati, là è la Chiesa”. Con delicatezza Pascal immagina il dialogo con Dio: “Se tu conoscessi i tuoi peccati, ti perderesti d’animo. – Allora mi perderò d’animo, Signore, se me li rivelerai. – No, tu non ti dispererai, perché tu li conoscerai nel momento stesso in cui ti saranno perdonati”. SOCIETÀ P A G I N A 3 PRIMOPIANO IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 NASCEVA CINQUE ANNI FA AD OLGIATE COMASCO FONDAZIONE FAGETTI UN SEME DI SOLIDARIETÀ di PAOLO BORGHI Due immagini de “La casa di Paolo e Piera”, in realizzazione ad Olgiate Comasco U n’iniziativa nata da un grande dolore che si propone di alleviare altre sofferenze aiutando tutti i bambini che vivono in situazioni di difficoltà e di realizzare una casa - alloggio per bambini che il Tribunale ha allontanato dai genitori. Questa è la “Fondazione Paolo Fagetti Onlus”, costituita cinque anni fa ad Olgiate Comasco da un gruppo di amici di Paolo, prematuramente scomparso all’età di 30 anni nell’estate del 2004 in un tragico incidente stradale, che hanno pensato di portare avanti idealmente e materialmente le opere e i progetti perseguiti e sostenuti dall’amico durante la sua vita terrena. Le nostre iniziative - spiega Enrico Fagetti, papà di Paolo e presidente della Fondazione nascono proprio dal desiderio di chi amava Paolo di proseguire nell’opera di volontariato a favore dei bambini bisognosi in cui lui tanto credeva e a cui dedicava il suo tempo libero. L’amore di Paolo per la vita si tradusse in tante attività di volontariato in ambito sociale. Era volontario della Pubblica Assistenza di Olgiate Comasco, ospitò diversi minori in affidamento giudiziale e prese parte alle annuali iniziative riguardanti il soggiorno terapeutico di gruppi di bambini provenienti dalla Bielorussia, il paese maggiormente colpito dal disastro di Chernobyl del 1986. Amico di tutti e in particolare dei più piccoli non dimenticò mai nessuno nelle occasioni speciali quali compleanni, il Natale e il Carnevale, in particolare ebbe a cuore i più deboli e i bimbi con difficoltà. Periodicamente sosteneva e visitava un istituto per minori abbandonati o allontanati dalla famiglia dai tribunali per portare un semplice sorriso, un gioco o un contributo economico. Da ultimo e solo dopo la sua scomparsa vennero alla luce anche altre sue personali iniziative di sostegno a famiglie e persone bisognose. “Scrivi sulla sabbia quello che dai e incidi sulla roccia quello che ricevi” era la sua filosofia ed è anche quella che anima tutti i promotori della nostra Fondazione”. Proprio per quest’inclinazione dimostrata da piccoli gesti Un’iniziativa nata da un grande dolore che si propone di alleviare altre sofferenze aiutando tutti i bambini che vivono in situazioni di difficoltà disinteressati, gli amici e i genitori di Paolo Fagetti hanno deciso di dare vita ad un’istituzione, la Fondazione appunto, che ha quale finalità quella di aiutare in suo ricordo, con ogni forma di contributo sociale ed economico, i bambini in particolare, e qualsiasi persona bisognosa d’aiuto. Perché per le persone più vicine a Paolo aiutare gli altri in sua memoria è il modo per ricordarlo, di vivere come lui viveva! Da qui l’idea e l’impegno di riuscire a costruire una casa-alloggio per bambini in difficoltà. Ma in attesa dell’attuazione del progetto la Fondazione ha iniziato a prendere a cuore il caso di Ivan, un bambino olgiatese affetto da una rara malattia, la “sclerosi tuberosa”, che gli impediva un corretto sviluppo per cui era indispensabile un intervento chirurgico urgente negli Stati Uniti, del costo di 250.000 euro. Dopo l’apertura della sottoscrizione in pochi giorni, grazie all’impegno e alla generosità di tante persone, si è raccolto il necessario per il viaggio, il soggiorno e l’intervento avvenuto al Medical Center di New York, che ha avuto un ottimo risultato e sta permettendo ad Ivan un recupero graduale e costante. Prima dell’intervento Ivan si adattava a tutte le situazioni, ora sa scegliere cosa mangiare, dove e con chi stare, sempre prima dell’intervento lo sviluppo del suo cervello si era “fermato” ai due mesi di vita, dopo la visita specialistica effettuata presso l’ospedale Mondino di Pavia che lo ha in cura, i medi- ci hanno confermato un continuo progresso. Frequenta la scuola dove è seguito da un’ educatrice personale mentre a casa è assistito da una fisioterapista, entrambe messe a disposizione dalla Fondazione Paolo Fagetti. Ma anche la costruzione della casa - alloggio è sempre più vicina alla sua realizzazione. Nel 2006 la nobildonna Olgiatese Giordana Momo ha donato un appezzamento di terreno di circa 1.500 metri quadrati sul quale sorgerà la Casa che porterà il nome di Paolo Fagetti e di Piera Betti, mancata un anno dopo Paolo. Piera era una persona impegnata in moltissime attività di volontariato e sempre disponibile con tutti nonostante una grave malattia che secondo la diagnosi le avrebbe impedito di raggiungere i 20 anni. Ma la sua voglia di vivere e lottare le ha permesso di raggiungere i 50, affrontando traversie non del tutto semplici. Burbera ma sensibile, sempre pronta ad aiutare tutti, per Paolo era come una “seconda mamma”. “La Casa di Paolo e Piera – precisa Enrico Fagetti – sarà situata ad Olgiate Comasco in località Somaino in via Momo (la via di fronte alla parte vecchia di Casletto) in una bellissima area del paese circondata da tanto verde. Qui sorgerà la nuova struttura che accoglierà bambini da zero a dieci anni che vivono in situazione di disagio socio – familiare e ambientale, e vengono allontanati dalla famiglia con decreto del Tribuna- le per i Minorenni. La casa vuole essere un modo per raccogliere il testamento morale di Paolo e Piera e proseguire sulla via dell’impegno loro profuso nell’assistenza ai più piccoli. La futura casa - alloggio sarà affidata alla gestione di una cooperativa che già si occupa con competenza di queste problematiche e s’inserirà nel contesto delle strutture che sul territorio dell’Olgiatese da anni sono impegnate su questo fronte e i cui posti purtroppo non bastano mai. L’edificio sarà di circa 500 metri quadrati, tra seminterrato (cantine) piano terra (soggiorno, sala da pranzo, cucina, dispensa, due bagni, ascensore, ufficio e sala riunioni) e primo piano (7 camere, atrio, ascensore, due bagni e ripostiglio). La struttura è stata progettata nel rispetto dei parametri richiesti dall’ASL e potrà ospitare sino ad un massimo di dieci bambini”. “Una goccia d’acqua nell’oceano… per chiunque abbia bisogno d’aiuto” è lo slogan dei volontari della Fondazione che sono sempre impegnati in attività di animazione presso strutture protette come la “Casa di Luca” di Rodero e nel raccogliere fondi soprattutto tramite la realizzazione d’eventi. Proprio con quest’obiettivo anche recentemente hanno organizzato triangolari di calcio e basket, mostre di moto e auto d’epoca e il concerto, tenuto nella chiesa parrocchiale di Olgiate Comasco, di canti gregoriani del “Coro femminile Hildegard Von Bingen” di Como. L’avviamen- to della Casa - alloggio di “Paolo e Piera”, il cui progetto è già in fase conclusiva, rappresenta il primo vero obiettivo ambizioso della Fondazione che si è impegnata in tutta l’attività di reperimento degli spazi idonei, di costruzione dello stabile e di consegna dello stesso all’organizzazione che si occuperà di gestirla. I progetti della Fondazione non si fermano però a quest’unica struttura ma si spingono ad ipotizzare strutture simili sul territorio, con l’obiettivo di sostenere inoltre economicamente le istituzioni che già operano in favore dei minori, attivare servizi di tutela legale per le famiglie dei bambini che il Consorzio dei Servizi Sociali del territorio dovessero richiedere, creare forme di sostegno diretto ai minori con difficoltà economiche anche attraverso la costituzione di borse di studio che mirano a dare il necessario aiuto a chi vive in condizioni disagiate, e sensibilizzare attraverso la partecipazione agli eventi e alle manifestazioni che hanno per oggetto l’assistenza sociale e socio - sanitaria, la beneficenza e la tutela dei diritti civili con particolare riguardo al mondo del bambino. Chiunque desideri contribuire ai progetti della “Fondazione Paolo Fagetti Onlus”che ha la propria sede in via Santa Caterina da Siena 1 ad Olgiate Comasco, donando idee fresche e frizzanti, preziosissimo tempo o effettuando donazioni, può inviare una email a info@fondazionepaolo fagetti.org. SONDRIO PIÙ FORTI DELLA CRISI: PROTAGONISTI IN AZIONE P iù forti della crisi: protagonisti in azione” è stato il tema dell’incontro svoltosi nel tardo pomeriggio di mercoledì scorso presso il Protopolo di Montagna. L’incontro, introdotto da Pietro Bazzoni della Compagnia Delle Opere di Como e Sondrio, promotrice dell’evento, ha visto l’intervento del presidente di Iperal Antonio Tirelli. Il presidente del gruppo di “ grande distribuzione valtellinese ha spiegato come la sua azienda stia affrontando l’attuale crisi finanziaria con precise tattiche e strategie di mercato. La crisi può essere un’opportunità per chi parte da una situazione di vantaggio poiché chi la affronta avendo del fieno in cascina può prendersi delle quote di vantaggio sul mercato che prima non possedeva. Questo in sintesi il messaggio lanciato da Tirelli, secondo cui in questo periodo «non bisogna occuparsi della crisi, ma della propria azienda, mettendo in atto subito reazioni tattiche e strategiche. Ogni imprenditore deve guardare al proprio settore e alla propria azienda e non ai diversi indicatori economici». Per questo Iperal ha attuato una politica di prezzi e promozioni molto aggressiva per dare stimoli ed evidenza di reazioni ai clienti, andando incontro alle esigenze di mercato che è cam- biato rapidamente negli ultimi tempi. «Innanzitutto - ha spiegato Tirelli - abbiamo ridotto il prezzo dei generi di prima necessità, poi al posto di proporre promozioni con un “4 per 2”, abbiamo attuato sconti fino al 50 per cento. I piani di investimento per il 2009 prevedono una spesa di 4 milioni di euro per aumentare, rispetto al solito, le svalorizzazioni e condurre promozioni sempre più aggressive. Questa politica commerciale è possibile anche se il settore della grande distribuzione in Italia non va bene. Quando la crisi morde, è ovvio che i settori vadano in crisi: bisogna allora creare differenziazioni tra le imprese che permettano vantaggi competitivi riconosciuti dai clienti. Le promozioni aggressive assieme alla qualità del prodotto, che va rilanciata anche a scapito del profitto, fanno parte di questa linea». A.G. SOCIETÀ P A G I N A 4 INTERNIESTERI IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 KOSOVO UN ANNO DOPO L’INDIPENDENZA PARLA MONS. DODE GJERGJI La Chiesa con chi non vuole tornare al passato L e bandiere dei Paesi che hanno riconosciuto l’indipendenza del Kosovo sono esposte di fronte alle sede della municipalità di Prizren e di altre città del Kosovo. Issate al vento insieme al vessillo del nuovo Stato. Nonostante questi simboli, però, a un anno di distanza dalla proclamazione unilaterale di indipendenza da parte delle autorità albanesi di Pristina, il 17 febbraio scorso, il futuro dello Stato più giovane d’Europa è ancora avvolto da molte ombre. Ad oggi sono 54 i Paesi che hanno riconosciuto il Kosovo, tra cui gli Stati Uniti e quasi tutti i Paesi dell’Unione europea ad eccezione di Spagna, Slovacchia, Romania, Grecia e Cipro. Una spaccatura che, fino ad ora, ha impedito all’Ue di giocare un ruolo chiaro nella soluzione dell’ultimo dilemma balcanico. Senza dimenticare la grande opposizione della Russia, da sempre al fianco di Belgrado. TRA SPERANZA E DISILLUSIONE A continuare, a distanza di un anno, è anche la battaglia diplomatica tra Belgrado e Pristina con la Serbia che ha chiesto alla Corte di Giustizia internazionale un pronunciamento sulla legittimità della proclamazione. Uno scontro politico, tramutatesi in una paralisi diplomatica, che ha pesanti ricadute sulle vita di una popolazione che, indipendentemente dall’etnia, è accomunata dalla crisi economica di un Paese dove la disoccupazione oscilla dal 40 al 60 per cento. La mancanza di dialogo rischia inoltre di alimentare la tensione soprattutto nelle aree a maggioranza serba del nord del Kosovo, dove negli ultimi mesi non sono mancati episodi di tensione. Specialmente in quest’area, i serbi, che rappresentano il 5,3% degli oltre due milioni di cittadini kosovari, continuano a non riconoscere le autorità di Pristina boicottandone le istituzioni. Segnali di speranza arrivano però da altre zone dove non mancano esempi di convivenza interetnica. Scenari differenti che spesso affondano le radici nel ricordo dei sanguinosi giorni di guerra. DIPLOMAZIA AL LAVORO Il dialogo è però l’unica strada per risolvere alcuni dei grandi problemi che ancora impediscono lo sviluppo di questo spicchio di Balcani: dalle mancate privatizzazioni delle imprese ai commerci (la Serbia è una dei principali partner commerciali del Kosovo), dalla protezione dei monasteri serbi al ritorno dei profughi, dalla lotta alla criminalità alla partecipazione di tutte le etnie alla vita delle istituzioni, senza dimenticare lo sviluppo economico e delle infrastrutture. Proprio su questi problemi comuni, Lamberto Zannier, capo dell’Amministrazione Internazionale del Kosovo (Unmik), sta invitando le parti a discutere, raccogliendo però timidi segnali. La Serbia ha più volte dichiarato di accettare soltanto negoziati sulla questio- ne dello status, mentre le autorità albanesi sono disposte a sedersi attorno ad un tavolo soltanto da pari, con un dialogo tra stati sovrani. Due posizioni al momento difficilmente conciliabili. Queste difficoltà, unite alla lentezza del processo di riconoscimento del Kosovo, hanno creato così un misto di disillusione anche nella maggioranza albanese che ancora non vede i segni di un’indipendenza attesa a lungo e, forse troppo spesso, ritenuta la medicina per tutti i problemi. “La popolazione del Kosovo - ha dichiarato mons. Dode Gjergji, Amministratore Apostolico di Prizren, a Michele Luppi, inviato di SIR Europa - vive tra il desiderio di costruire il proprio Stato e una certa disperazione per il ritardo e le difficoltà di questo processo, sia sul piano delle funzionalità, sia per la scarsa chiarezza sulle competenze dell’Eulex. Senza dimen- ticare il mancato riconoscimento da parte di molti Paesi”. Negli ultimi mesi per cercare di adattarsi ad un contesto profondamente mutato, l’Unmik, ha avviato un percorso di riorganizzazione, diminuendo il suo organico, e devolvendo il controllo di aree come giustizia, dogane e polizia alla missione Eulex, la più grande missione mai dispiegata dalla politica europea di sicurezza e difesa. PROSPETTIVA EUROPEA Un sempre maggior coinvolgimento dell’Europa, con il definitivo approdo di tutti i Balcani nell’Ue appare, infatti, come l’unica soluzione che possa mettere una parola fine alla questione. Ma questo non sarà possibile fino a quando non sarà trovata una soluzione condivisa al problema kosovaro. Dall’altra parte molti sono i passi che i due Paesi devono ancora compiere. Belgrado ha già fir- mato il trattato di associazione e stabilizzazione, anticamera del cammino verso l’Ue, ma vincolandolo alla collaborazione con il Tribunale Penale Internazionale per la ex Jugoslavia. Il Kosovo deve, invece, ancora raggiungere standard adeguati in molti ambiti dimostrando di essere uno stato di diritto. Traguardi che appaiono ancora lontani. Due cammini da compiere insieme magari raccogliendo l’appello di mons. Dode Gjergji, che ha più volte invitato gli albanesi alla moderazione nei festeggiamenti, onde evitare inutili provocazioni: “Non possiamo tornare al passato, dobbiamo lavorare insieme, serbi e albanesi, per il futuro del Kosovo ricordando come non vi sia alternativa all’ingresso comune nell’Unione europea”. SIR EUROPA (inviato MICHELE LUPPI) NOTA ECONOMICA Con la cultura nichilista non ci sarà ripresa! P ongo una affermazione che farà sorridere non solo gli eventuali lettori di fede laica, ma anche molti cattolici progressisti. La crisi del capitalismo non è dovuta a consunzione, a mancanza di regole, a cecità ed egoismo sfrenato della classe dirigente, quanto alla perdita del concetto del sacro, ossia “all’assenza di Dio”, nella vita dei cittadini, nella società civile e in quella politica, nonché nel sistema economico/produttivo e finanziario. L’inquinamento dell’ambiente culturale, politico, sindacale ed economico/finanziario, rispecchia l’inquinamento interiore, nonché il distacco dalla fede cristiana. La società contemporanea ha rinunciato alla funzione di guida e di formazione delle coscienze, del magistero religioso ed ecclesiastico, cosicché è giunta ad un’etica senza Dio. La cancellazione della fede in Dio ha tolto fondamento all’etica, ha portato al nullismo, ovvero alla perdita della speranza e della capacità di costruire il futuro. Ho inteso dire che il declino dell’Occidente non è provocato né dal crollo delle ideologie, né dalla crisi del sistema capitalista con i suoi corollari di libero mercato e concorrenza. Quindi, non basterà dar vita ad un governo di indiscusse capacità tecniche, rilanciare l’imprenditorialità e divenire laboratorio d’eccellenza, nell’ambito della ricerca e della sperimentazione, per portare l’Europa fuori dalla crisi. Checché se ne dica per uscire dalla recessione, che soffoca l’economia, necessita riscoprire valori e idealità. Urge rendersi conto, ad esempio, che il progetto di una “nuova Italia”, ossia delle sue strutture politiche, giuridiche, economiche, artistiche, deve ispirarsi non solo a valori di libertà e democrazia, ma anche alle radici cristiane dei popoli europei. Non si deve dimenticare che “è un’esigenza della loro dignità di persone che gli esseri umani prendano parte attiva alla vita pubblica” (Pacem in terris, 73). Detto impegno richiede, uomini maturi, determinati e onesti, capaci insomma di vivere da cittadini e non da sudditi. Da più parti giungono notizie disarmanti: il debito pubblico è in costante crescita; le casse dello Stato piangono miseria; le risorse sono insufficienti per finanziare l’uscita dalla crisi. E’ noto che il rapporto debito/Pil è fra i più alti dell’Unione Europea, se non il più alto, e la sua crescita sarà continua anche per ragioni anticicliche. Ciò non preclude, tuttavia, l’attuazione delle riforme strutturali di maggior urgenza, nonché di assumere misure in grado di sostenere reddito e occupazione. Chi mi legge sa che amo il paradosso e il non conformismo, quindi nessuna meraviglia se affermo che non è intelligente tagliare indiscriminatamente la spesa pubblica. Il buon senso suggerisce di praticare, come prima via, la razionalizzazione della spesa e soprattutto di operare l’aumento delle entrate. Nel precedente articolo ho sostenuto che le misure anticrisi varate o promesse dal governo sono insufficienti, ma nonostante ciò hanno peggiorato la valutazione del nostro debito, da parte dei mercati e delle società di rating. Ciò premesso ricordo che tanto più cospicuo sarà il sostegno ai redditi e all’occupazione, tanto più consistente sarà il disavanzo aggiuntivo che ne conseguirà. Ecco perché le riforme strutturali, dalle quali ci si aspetta il riequilibrio dei conti pubblici e una spinta consistente alla ripresa economica, dovranno essere rigorose, credibili e inserite in una strategia di ripresa politica e sociale di lungo respiro. Pongo ora una domanda: con quali risorse si può garantire la copertura a un programma di sostegno dei redditi medio bassi? La risposta è semplice: con quelle derivate, ad esempio, da una intelligente riforma del sistema pensionistico e da un robusto giro di vite all’evasione fiscale. Nel sistema degli ammortizzatori sociali, non intendo inserire i sussidi a favore dei lavoratori che, in un futuro prossimo, potranno perdere quote di salario, a causa dell’introduzione della settimana corta. L’introduzione della settimana corta, proposta da Angela Merkel, con l’intento di evitare nel corrente anno licenziamenti nelle trenta maggiori industrie tedesche, è stata accolta con favore anche in Italia. La settimana corta è mirata al sostegno dell’occupazione, nell’attuale momento di crisi, quindi è volta a difendere chi già possiede un posto di lavoro. Ignora chi ne è senza e chi è alla ricerca di un primo impiego. L’uscita dalla crisi non passerà solo dalla riduzione della spesa pubblica, dalla settimana corta, dalla cassa integrazione e da programmi di grandi opere pubbliche. Non intendo negare che le predette scelte non siano strumenti validi di contenimento della prevedibile emorragia occupazionale, ma da sole non saranno sufficienti a rilanciare l’occupazione, nei tempi medio/lunghi. Mai come in questi mesi si è respirato aria di sfiducia nei confronti delle istituzioni democratiche e dello sviluppo economico. Si colgono, nello scontento dei cittadini, quei sintomi che portarono, nel massimo della buona fede, al fascismo. Non vedo la capacità di progettare iniziative in grado di spingere la ripresa economica e ridare fiducia nelle istituzioni e negli uomini, che sostanziano la democrazia parlamentare. Manco colgo la volontà di investire in ricerca, innovazione e in strategie proiettate nel futuro. Scelte che renderebbero credibile la speranza in una ripresa solida e nell’espansione della presenza dei nostri prodotti sui mercati mondiali. La società in cui viviamo è pervasa da un fondamentalismo laico cieco e da un nichilismo fautore di violenza e cultura di morte sostanziatasi, prima nell’aborto, poi nella decisione di togliere la vita ai privi di voce, vedi Eluana Englaro, e ciò è premessa al varo della legge che legalizzerà l’eutanasia. Purtroppo si espande quella cultura del nulla, che portò alle camere a gas naziste, ai gulag sovietici e all’eliminazione dei diversi (zingari,omosessuali, handicappati mentali e fisici). GIANNI MUNARINI SOCIETÀ FATTIePROBLEMI IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 P A G I N A 5 SE L’ARTE DI IPPOCRATE RISCHIA DI MORIRE Medico, rispetta la vita! L R Se manca la saggezza... egittimare la morte per fame e per sete di un malato – come è accaduto nel caso di Eluana Englaro – significa stravolgere il senso dell’arte medica. Anzi: potremmo parlare senza esagerazioni di “morte della medicina”. Questo giudizio potrà apparire a prima vista eccessivo, ma a ben guardare è solo una logica conseguenza delle premesse operative che hanno motivato i giudici e i fautori della “morte pietosa”. Infatti, su che cosa si fonda da millenni l’atto medico? Da dove trae la sua legittimazione il gesto del medico operato sul corpo del paziente? Se avessimo qui davanti a noi Ippocrate – greco e pagano, autore del celebre Testamento 2500 anni fa – egli ci risponderebbe che la suprema lex del medico è il bene del paziente. Oggi si parla molto di “alleanza terapeutica” e di “relazione medico-paziente”, ma si rischia di dimenticare un dato oggettivo ed elementare: che prima ancora dell’instaurarsi della relazione, occorrono delle certezze intorno al “mandato” che accompagna l’azione del medico. Questo mandato contiene dei doveri, degli obblighi, degli imperativi che non dipendono dalle circostanze, ma dalla natura stessa della professione: e fra questi imperativi, al primo posto non può che esservi la vocazione del medico a combattere la malattia, a lottare contro la morte e contro i suoi segni collaterali, aiutando il paziente per quanto possibile. Si tratta di un combattimento impari, nel quale alla fine la medicina esce comunque sconfitta, giacchè la vita - almeno quella biologica è una “malattia mortale”. Ma ciò non toglie che al letto di ogni paziente il medico arriva con un “protocollo” vincolante per la sua coscienza, ben più antico e più serio del famoso “protocollo di Udine”. Un protocollo nel quale, di fronte alla chiamata del paziente, il medico si sente caricato della responsabilità morale e insieme giuridica, socialmente rilevante - di prendersi in cura il malato. Qui si vede bene anche la grande differenza che c’è fra la libertà che ogni persona ha di “sfuggire” alla cura - ad esempio evitando di ricoverarsi o di sottoporsi a una chemioterapia - e la ben diversa situazione che si verifica quando la persona è letteralmente “nelle mani” di un medi- co o di una struttura sanitaria, che a quel punto ha assunto e assume nei confronti del malato una serie di doveri sia morali che giuridici In sintesi: non è che il compito del malato è definito dalla relazione con il paziente. Se così fosse, dovremmo concludere che la professione medica sarebbe definita di volta in volta (come la libertà di cui parla Sartre) sulla base delle istruzioni operative del singolo paziente. Ne ricaveremmo che - per fare un esempio paradossale - la richiesta di una otturazione dentaria, oppure la richiesta di estrarre tutti i denti sani per restare con le sole gengive, sarebbero due prestazioni mediche assolutamente equivalenti in virtù della volontà arbitraria e capricciosa del paziente. Con la morte di Eluana si è voluta varcare una frontiera: quella che considerava la vita un bene indisponibile, anche in presenza di una (per altro non dimostrata) volontà di morire del malato. Se proseguiremo in questa direzione, la medicina sarà letteralmente morta. Verrà rimpiazzata da un mestiere che si preoccupa di offrire al paziente ciò che egli vuole, senza poter più rifiutare nulla, in ossequio all’idea che “voluntas aegrotii suprema lex”. Lo storico della medicina Giorgio Cosmacini, in un pezzo apparso sull’inserto culturale del Sole 24 ore di domenica scorsa, suggeriva un nuovo paradigma. Quello in base al quale “oggi la vera pietas è l’etica del rispetto”. Intendendo - con questa formula indubbiamente molto elegante e rassicurante - che oggetto del rispetto non sarebbe più il bene della vita, cui il già citato Ippocrate “inchiodava” tutti i suoi discepoli, ma il bene della volontà del paziente. Di PELLEGRINAGGIO IN TURCHIA LE DATE SONO CAMBIATE! Gli Uffici Pastorali di Curia per la Catechesi e per il Dialogo interreligioso propongono, in occasione dell’Anno Paolino che si concluderà alla fine di giugno, un pellegrinaggio “Sui passi di Paolo, in Turchia”. Lo scopo del viaggio-pellegrinaggio è quello di offrire a tutti gli operatori pastorali della Diocesi (catechisti, educatori, componenti consigli pastorali, ministri straordinari dell’eucarestia, coppie impegnate nei vari persorsi…), ma anche a tutti gli altri, un’occasione per conoscere la storia e la teologia paolina a partire da alcuni luoghi visitati dall’Apostolo. Il pellegrinaggio sarà guidato da don Battista Rinaldi e accompagnato da un Vicario episcopale; per gli aspetti turistici dipenderemo da guide locali. Il periodo è fissato nei giorni dal 15 al 22 giugno 2009; il costo a persona è di € 1.200,00. Le iscrizioni si possono fare telefonando direttamente all’Agenzia organizzatrice: I Viaggi di Oscar, via Pretorio, Como: numero telefonico 031.304.524. L’agenzia fornirà anche tutte le indicazioni logistiche necessarie e potrà inviare programma dettagliato. Termine ultimo per le iscrizioni 15 aprile 2009. più: questa idea della pietas come rispetto potrebbe intendersi rivolta al tema della dignità-qualità della vita del paziente. E, dunque, non più il paziente - essendo egli impossibilitato a farlo perché non più compos sui, o mai in grado di esserlo - ma persone vicine a lui potrebbero decidere che la cosa migliore, per “rispettarlo”, sarebbe farlo morire. Questo scenario non implica solo un cambiamento della medicina, ma ne decreta inesorabilmente la morte. Perché a quel punto non potremmo più definire un contenuto oggettivo dell’arte medica, ma soltanto ipotizzare una competenza tecnica (saper maneggiare abilmente un bisturi) totalmente ambivalente nei suoi esiti: incidere un ascesso, oppure recidere un’arteria per far morire il paziente che lo avesse chiesto. Magari con un regolare testamento biologico. ileggevo in questi giorni alcune provocazioni di C. Sotll (Confessioni di un eretico high-tech, Garzanti) sul rapporto scuola-computer. Una scuola - si chiede l’autore - ha davvero bisogno di computer? La risposta è categorica: una buona scuola, se è davvero tale, non ha bisogno di computer; se invece è una scuola mediocre, non migliora adottando i computer. Io credo che, in questo asserto, al di sotto della forma provocatoria, ci sia del vero, e non poco. “Vogliamo una nazione di stupidi? Basta centrare sulla tecnologia il curriculum di studi; insegnamento attraverso videocassette, computer, sistemi multimediali. Si punti al massimo risultato possibile nei test di verifica standardizzati e si tolgano di mezzo quelle materie non di massa come la musica, l’arte, la storia, avremo una nazione di stupidi”. E ancora: “É facile scambiare per intelligenza la semplice familiarità con i computer, ma saper manovrare un computer non significa acutezza mentale. E incompetenza informatica ancor meno significa stupidità”. Non c’ è navigazione in rete che possa rimediare a una mancanza di pensiero critico e di capacità comunicativa. Nessun computer multimediale aiuterà uno studente a sviluppare capacità di analisi. Le informazioni in quanto tali non solo non edu- cano, ma non danno nemmeno quella capacità e quel potere, che alcuni sostengono. In realtà, dice Stoll: “Saggezza e conoscenza sono legate allo studio, esperienza, maturità, discernimento, ampiezza di vedute e introspezione. Tutte cose che hanno poco a che vedere con l’informazione. Né hanno molto a che fare con il potere”. Però, ciò che forma l’uomo e lo rende veramente tale, è proprio la saggezza. E la società oggi tende assurdamente a considerare i puri dati di informazione “superiori all’ esperienza, alla maturità, alla compassione, all’illuminazione interiore”, e quindi superiori alla saggezza. Chissà perché in tanto parlare di riforma della scuola queste provocazioni, provenienti da persona non sospetta, sono praticamente assenti? E se sono presenti è per operare nella direzione esattamente opposta? Quintali di tecnologia non possono produrre un grammo si saggezza. Che alla nostra scuola manchi appunto un minimo di saggezza? QUALE ? scuola ARCANGELO BAGNI MARIO PALMARO CORSIVO di AGOSTINO CLERICI QUELLA CENA A CADAVERE CALDO... Orzotto con fagioli e lombata di cervo, bagnati con i migliori vini friulani. Catering d’élite con camerieri in guanti bianchi. Villa seicentesca nella campagna fuori Udine. Ecco gli ingredienti per una serata - anzi, una notte - indimenticabile. Ma chi è il mecenate? E chi sono gli invitati? E quale il motivo di tanto lusso e raffinatezza? Vedo di accontentare i lettori curiosi, perché la grande stampa - che pure era presente all’evento - non ha scritto nemmeno una riga. Il “signorotto” che ha organizzato la cena è l’avvocato Giuseppe Campeis, legale di Beppino Englaro. Gli invitati alla cena in villa - naturalmente Villa Campeis - sono i giornalisti che si sono occupati della tragica vicenda di Eluana. Tutti? No, ne mancavano alcuni, e lascio al lettore indovinare il criterio che ha guidato l’avvocato della famiglia Englaro nello stilare la lista degli invitati... «So già che mi mancherete molto; - avrebbe detto il nostro mecenate, potente uomo del foro - con questa cena vi voglio ringraziare per la vicinanza e la collaborazione che ci avete dato». Il motivo dell’orzotto con fagioli e della lombata di cervo, a questo punto, è evidente a tutti: la morte di Eluana. Fin qui la notizia. Non data sui loro fogli dai giornalisti invitati, forse perché la cena è finita molto tardi e le rotative già stampavano... e, si sa, il giorno dopo la notizia era ormai vecchia per finire su quotidiani eccelsi. Mentre i bicchieri s’incrociavano nel brindisi, il cadavere di Eluana era ancora all’obitorio (il funerale si sarebbe celebrato il giorno dopo tra le montagne della Carnia), il che ha contribuito certo a rendere ancora più macabra la cena in villa. Non c’è bisogno che sia io a segnalare il cinismo dell’avvocato che ha organizzato la cena, che qualcuno ha definito «cena dei duri di cuore». Del resto, uno che ha lottato in tribunale per ottenere il diritto a disidratare e disalimentare chi non aveva voce per difendersi, ha dimostrato di avere gran- di risorse economiche per... idratare e alimentare proprio coloro che hanno avuto e continuano ad avere voce e che, quindi, possono ancora foraggiare la “nobile” causa dell’eutanasia. Quello che mi preoccupa di più non è il cattivo gusto di un personaggio inquietante, ma è il cinismo dei miei colleghi della carta stampata, che hanno accettato un invito a cena da chi voleva ringraziarli. E perché mai? Non avevano essi fatto il loro onesto mestiere di chi scrive solo ciò che vede, di chi si documenta seriamente, di chi ascolta e soppesa tutte le fonti, di chi soprattutto non si lascia ungere gli ingranaggi della penna da nessuno... E, allora, perché rovinare tutta questa deontologica carriera giornalistica, lasciandosi tentare da un volgare orzotto con i fagioli e da una lombata di cervo, messi in tavola con i guanti bianchi? Nonostante si sia trattato di una cena, in villa si è consumato l’ulteriore denutrimento delle coscienze. Naturalmente parlo di quella dei miei colleghi. L’avvocato, lui, è su un altro pianeta! P A G I N A 6 CHIESA CHIESA LOCALE ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 PRONTA PER PARTIRE LA TERZA EDIZIONE Scuola diocesana di pastorale famigliare M entre la seconda sta per concludersi, si aprono le iscrizioni alla terza edizione della scuola diocesana per operatori di pastorale famigliare. In questo modo altre coppie di sposi, sacerdoti, seminaristi e consacrati potranno approfondire la loro formazione, a partire dalla (ri)scoperta del sacramento del matrimonio. E’ quanto hanno avuto modo di sperimentare coloro che hanno partecipato: le lezioni, le testimonianze, i lavori di gruppo, i laboratori, le simulazioni; tutto ciò ha permesso di comprendere cosa significhi “promuovere uno stile che riconosca alla famiglia un’autentica soggettività sacramentale nell’edificare la comunità” come auspica il Vescovo Diego nelle Proposte Pastorali per il biennio 20082010. Da non sottovalutare anche la modalità residenziale che consente di creare relazioni, di vivere momenti di incontro e dialogo, di ampliare le proprie conoscenze rispetto alla realtà diocesana. E che dire della “convivenza sui banchi di scuola” di diverse vocazioni? E’ occasione preziosa, e rara, di condividere l’entusiasmo per ciò che si impara, la fatica dello studio, il desiderio di portare nelle proprie comunità le cose belle che si scoprono, la paura di incontrare critiche e ostacoli. Questo permette a sposi, sacerdoti e consacrati di cogliere la passione ma anche le fatiche di chi vive, nella Chiesa, un’altra vocazione. La scuola si articola su due anni: il primo anno mira a gettare le basi antropologiche, teologiche e psicologiche riguardo il matrimonio e la famiglia. Nel secondo anno sono previsti due indirizzi: per coloro che intendono dedicarsi alla preparazione dei fidanzati e alle giovani coppie e per quanti intendono svolgere il loro servizio con le diverse realtà famigliari, con particolare attenzione ai gruppi famigliari. Una proposta da non sottovalutare, anche in riferimento ai nuovi itinerari di fede per fidanzati che, ancora una volta, fanno emergere il bisogno di una formazione adeguata che aiuti sacerdoti e sposi a “trovare le parole” per dire il Vangelo del matrimonio e della famiglia. ANNALISA GIBOTTI 28 FEBBRAIO IN SAN FEDELE Rito di elezione dei Catecumeni TUTTA LA COMUNITÀ DEI CREDENTI È INVITATA A PARTECIPARE A QUESTO MOMENTO S abato 28 febbraio, alle ore 15.30, presso la chiesa di san Fedele in Como il vescovo monsignor Diego Coletti presiederà il Rito di elezione dei Catecumeni, momento cardine del cammino catecumenale. “L’esperienza di questi ultimi anni nella nostra diocesi ha dimostrato che l’impegno per l’iniziazione cristiana degli adulti, là dove si è attuata, è stata di grande utilità per la comunità cristiana: si sono compresi meglio il valore dell’anno liturgico in riferimento alla vita cristiana, il significato dei gesti sacramentali come ‘santi segni’ con cui Dio continua la sua opera di salvezza, il valore di un’esperienza cristiana come scelta e risposta a una chiamata, piuttosto che come socializzazione religiosa che avviene per abitudine”. Ad esprimersi così è il piano pastorale per il biennio 2008-2010. Pertanto anche quest’anno ha preso avvio questo percorso di catecumenato per l’iniziazione cristiana degli adulti . “… paradigma di ogni formazione cristiana. Questo rito deve diventare guida e norma anche per le altre forme di iniziazione cristiana che vengono attuate, quella dei ragazzi in età scolare e quella, assai diffusa nelle nostre comunità, del Battesimo dei bambini appena nati con la ripresa degli altri sacramenti dell’iniziazione nell’età successiva”. È sempre il piano pastorale ad esprimersi così. Da qui nasce l’esigenza di guardare a questo ‘modello’ per i nostri percorsi abituali. Per questo il Vescovo celebra con solennità questi sacramenti di iniziazione con tutti i riti che li precedono e li preparano. In S. Fedele, dunque, il giorno 28 febbraio, alle ore 15.30, ci sarà il Rito di elezione per i Catecumeni. Sono quegli adulti che hanno iniziato il loro percorso per l’iniziazione cristiana. La Chiesa, nella figura del Vescovo, li accoglie con materna fiducia e si impegna ad accompagnarli fino alla celebrazione della loro piena appartenenza, come membra vive, a quel Corpo vivente di Cristo che è la Chiesa stessa. A questa celebrazione tutto diventerà più significativo se oltre al Vescovo, gli officianti e coloro che animano la celebrazione, vi saranno anche i fedeli delle comunità di provenienza di questi catecumeni, insieme con i loro accompagnatori. Una Chiesa vivace e cosciente si vede soprattutto “nella partecipazione piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio alle medesime celebrazioni liturgiche… cui presiede il vescovo circondato dal suo presbiterio e dai suoi ministri” (SC n.41). don BATTISTA RINALDI IL RICORDO DI MONS. LUCIANO SALVADÈ Sabato 28 febbraio sarà il primo anniversario della morte di monsignor Luciano Salvadè, rettore della basilica di sant’Abbondio in Como, cappellano del Cimitero Monumentale e docente presso il Seminario vescovile. Don Luciano sarà ricordato durante le celebrazioni eucaristiche di sabato 28 febbraio a Olgiate Comasco, alle ore 18.00; domenica 1 marzo, alle ore 11.00, presso la Cappella del Cimitero Monumentale di Como (presiede il vicario generale monsignor Giuliano Zanotta); domenica 1 marzo, alle ore 16.00, presso la basilica di sant’Abbondio in Como. UFFICIO PER LA LITURGIA Ministri della Comunione In risposta alle richieste avanzate da parroci e superiori di Case Religiose (quasi esclusivamente di zone del Comasco) si comunica che per la preparazione di nuovi ministri straordinari della Comunione viene convocata una prima riunione che si terra sabato 21 febbraio a Como, presso l’Istituto Canossa, via Balestra 10, dalle ore 14.30 alle ore 17.30. Si tratteranno i seguenti temi: Il Signore Gesù, “Servo” del Padre e degli uomini. Il ministro straordinario della Comunione nella Chiesa “comunità di servizio” In questa occasione - considerate le esigenze dei partecipanti si concorderanno le modalità per proseguire il cammino formativo obbligatorio per accedere al ministero. Per problemi organizzativi, parroci e superiori religiosi sono pregati di comunicare o confermare quanto prima all’Ufficio per la liturgia le adesioni (tel. 031-3312216 – 031-3312252). La riunione generale di Quaresima dedicata a tutti i ministri straordinari della Comunione eucaristica operanti in diocesi avrà luogo: - domenica 8 marzo a Sondrio, presso l’oratorio Sacro Cuore, dalle ore 9.30 alle ore 12.30. (Non è prevista la partecipazione insieme alla S. Messa) - domenica 29 marzo a Como, presso l’Istituto Canossa, via Balestra 10, dalle ore 14.00 alle ore 17.00. UFFICI DI CURIA Incontro con il Vescovo Mercoledì 25 febbraio (Ceneri) presso il Centro Card. Ferrari alle ore 10.00 tutti gli uffici di Curia si incontrano con il Vescovo per iniziare il cammino della Quaresima. MERCOLEDÌ 25 FEBBRAIO LA CURIA RIMARRÀ CHIUSA CHIESA CHIESAMONDO IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 P A G I N A 7 LETTERE DALLA MISSIONE / 1 PADRE ATTILIO MOMBELLI, MISSIONARIO VINCENZIANO NATIVO DI GAGGINO GIORNATA NERA PER IL MADAGASCAR S ette febbraio 2009: la guardia presidenziale apre il fuoco contro un gruppo di manifestanti dell’opposizione ad Antananarivo, capitale del Madagascar. In base a quanto saputo sono quaranta le vittime e più di trecentocinquanta i feriti. Scrive padre Attilio Mombelli, missionario in Madagascar, che ci aggiorna sulla situazione drammatica e molto tesa del Paese. “Nei tanti anni passati qui penso che questa sia stata tra le giornate più pesanti, dure e tristi, per non dire disonoranti nella storia del popolo malgascio. Un popolo buono e mite; sorridente ed accogliente ha mostrato i suoi artigli. Un popolo che ha sempre fatto della “ FIHAVANANA” (l’equilibrio dei buoni rapporti con tutto il cosmo) un segno della sua saggezza ancestrale; un popolo che ha vissuto diverse lunghe e dolorose rivoluzioni quasi senza spargimento di sangue, oggi ha mostrato un volto diverso e ora ne porta le conseguenze di dolore e di vergogna. Purtroppo tutto fa temere che si sia solo all’inizio di quello che potrebbe diventare una vera guerra civile e magari anche tribale. La tensione tra il presidente in carica Marc Ravalomanana e il sindaco di Tana, Handry Rojoelina (di soli 34 anni), è incominciata da alcuni mesi, aumentando però assai presto. Ognuna delle due parti ha voluto aggrapparsi ad un cespuglio di verità per coprire una foresta di imbrogli e di interessi. Dalle parole si è passati ai fatti; prima con la soppressione della radio e televisione del Sindaco di Tana poi con il suo mandato d’arresto . Risposta immediata è stata l’assemblea popolare sulla grande piazza dell’indipendenza a Tana con la distruzione della televisione del presidente e di quella nazionale. In seguito il sindaco si è autoproclamato capo del governo del Madagascar, accusando l’attuale presidente di una lunghissima serie di frodi e di delitti contro il bene comune della gente. Ne sono seguiti una serie di devastazioni e furti nei supermercati di una società di proprietà del presidente, in quasi tutte le grandi città del Madagascar. Già in queste devastazioni ci sono stati dei morti, ma soprattutto incidenti sui posti dei furti (incendi e case o tettoie cadute). Per qualche giorno si è pensato ad una possibile mediazione dei Vescovi. Ma oggi il sindaco ha nominato un suo “primo ministro” e insieme, accompagnati dalla folla hanno marciato per occupare un palazzo governativo dove insediare il nuovo governo. In quel momento abbiamo capito che ERA FINITA! Il corteo si è trovato la strada sbarrata dall’esercito a qualche centinaia di metri dal palazzo; qualche scambio di parole, scaramucce, lanci di pietre, assalto, spari sulla folla, subito una ventina di morti e centinaia di feriti. Inspiegabile l’incoscienza di un comportamento provocatorio come questo; un comportamento destinato solo a far spargere del sangue inutilmente (se caso mai ci fosse uno spargimento di sangue che si possa giustificare!). In un istante oltre a tante vite umane è affondata e morta la speranza di una riappacificazione, di un avvenire più tranquillo, di un popolo unito. Ora crescerà l’odio della gen- te contro i militari (e sono i loro figli), di un partito contro l’altro, c’è da temere anche di tribù contro tribù, oltre che tra cristiani e contro i cristiani... Noi cattolici avremo la nostra parte (il sindaco è cattolico ... e quello che ha fatto farà dimenticare anzi infangherà l’impegno dell’episcopato per fare incontrare le due parti). Nessuno può prevedere che cosa capiterà domani, ma dobbiamo aspettarci il peggio. I Vescovi in questa situazione, oltre all’impegno di cui ho detto, hanno invitato e richiamato alla moderazione all’apertura al dialogo e sopratutto alla preghiera. Domani tutta la chiesa cattolica celebrerà una giornata di preghiera per domandare il perdono e la riconciliazione. Certo il popolo malgascio e sopratutto i poveri pagheranno caro, forse con tante altre vite di coloro che moriranno di fame, di stenti e di malattia. Forse i malgasci conserveranno ancora un po’ del loro sorriso buono... ma in questo momento tutti abbiamo un cuore pesante come un macigno, un macigno che sa di tomba.” pagina a cura di BENEDETTA MUSUMECI LETTERE DALLA MISSIONE / 2 SILVIO E DANIELA VENTRESCA, LAICI MISSIONARI COMBONIANI LE CONTRADDIZIONI DEL MOZAMBICO crivono dal Mozambico, per aggiornarci sulla loro esperienza missionaria, Silvia e Daniele Ventresca, laici missionari comboniani, che ora vivono a Maputo con la figlia Caterina. “Siamo Silvia e Daniele Ventresca e da quasi sei anni viviamo in Mozambico, prima a Beira ed ora a Maputo, la capitale. Con noi c’è anche nostra figlia Caterina, tre anni e mezzo, vissuti quasi interamente qui, con sua grande gioia perché, nonostante sia lontana dalle coccole dei nonni, si trova in un paese dove la gente è abituata ad essere circondata dai bambini. Maputo, come gli altri grandi centri africani, vive su enormi e pericolose disuguaglianze sociali. A pochi km dalla “lixeira”, la discarica cittadina, vero e proprio quartiere popolato da gente che sopravvive frugando tra i rifiuti, si può trovare il quartiere centrale chiamato “a cidade do cimento” (la città del cemento), zona ricca molto bella e ben servita. E’ uno dei luoghi più ambiti di tutta l’Africa Australe dove, per chi se lo può permettere, c’è ogni genere di comodità. In pochi chilometri quadrati infatti sono concentrate tutte le attività economiche: banche, case di cambio, ambasciate, agenzie internazionali e le varie ONG, oltre a ristoranti, hotel, centri commerciali e tutto quello che il consumismo può offrire. In questa piccola area di circa 70 km² si trovano i mozambicani arricchiti, i governanti padroni del paese, i Sudafricani imprenditori arrivati per fare affari, gli indiani commercianti di successo, e tutta una gam- S ma di stranieri presenti per i più svariati motivi: chi per aiutare, chi perché si sta bene, chi per sfruttare. La polizia, molto presente e ben armata, cerca di proteggere questi pochi fortunati tenendo blindata la zona e cercando di tenerne fuori la massa infinita di disperati, di persone “inutili”, che vivono ai limiti della dignità umana guardando con occhi affamati e invidiosi chi, spesso senza rispetto e vergogna, vive alla grande di fianco, se non sopra, a tanta miseria. Le contraddizioni quindi si toccano con mano, anzi ti si sbattono in faccia senza poterle evitare. Il Mozambico è portato in palmo di mano dalla comunità internazionale come esempio di processo di pace riuscito, di democrazia compiuta e di sviluppo economico sorprendente. Non di questa opinione è però la gente che, senza bisogno dei costosi rapporti degli esperti della cooperazione, capisce bene, perché lo vive sulla propria pelle, che tutto questo sviluppo non sta facendo altro che ingrassare quei pochi che possono mettere le mani sul benessere prodotto, facendo però diventare sempre più disperati gli altri. Niente di nuovo sotto il sole d’Africa. E niente di migliorabile all’orizzonte se pensiamo che la ricchezza fino ad oggi prodotta è frutto quasi esclusivo della svendita delle risorse naturali del paese (quelle ittiche e il legname fra tutte) e delle ingenti iniezioni di capitali stranieri. È una situazione preoccupante, se paragonata agli analoghi processi avvenuti in altri paesi africani (Kenia, Zimbabwe, Ni- geria) che alla lunga hanno prodotto violenze e instabilità politiche, come testimoniato dai recenti avvenimenti. Lo stesso Sud Africa, perla economica e rinomata meta turistica dell’Africa Subsahariana, non è immune da questo meccanismo, scosso proprio negli ultimi tempi da atti di violenza razzista. Il Mozambico, oltre ad una criminalità urbana sempre crescente, ha assistito, all’inizio di quest’anno, a preoccupanti episodi di rivolta popolare. Maputo è stato ovviamente il centro della protesta, sia perché è la capitale sia perché è il luogo dove questa assurda situazione di disparità è più evidente. Gruppi di manifestanti hanno bloccato le vie di accesso alla città e sono entrati nel centro ricco. Si sono avute ore di violenza che hanno causato, oltre a vari morti e feriti, la distruzione di molti negozi e automezzi. Il pretesto è stato l’aumento del prezzo dei trasporti popolari, ma il malumore viene da lontano: da una costante crescita generale e sconsiderata dei prezzi dei beni di prima necessità che non ha avuto l’equivalente aumento del reddito della gente, facendo diventare il costo della vita insostenibile per la maggior parte della popolazione. Questi atti di violenza sono stati condannati unanimemente per il modo in cui sono stati eseguiti, ma che maniere sono rimaste a tutti questi disperati per far sentire la propria voce e le proprie rivendicazioni, quando oramai da anni si ignorano i continui appelli lanciati da missionari e ONG. La soluzione al problema è ben nota, anche se sembra più un sogno che una speranza: che per una volta nella storia africana i politici abbiano l’intelligenza e la forza di passare da una gestione egoistica e di sfruttamento delle risorse e del potere, ad un reale interessamento per le esigenze della popolazione, che vuole vedere una diminuzione della povertà e la possibilità di accedere ai servizi essenziali. Ne saranno capaci? E noi, con la nostra presenza, come aiutarli a cambiare? Alla prima domanda dovrà soprattutto far fronte la comunità internazionale lasciando da parte gli interessi economici e commerciali per un intervento realmente mirato alla salvaguardia dei bisognosi attraverso meccanismi di giustizia sociale. Perché se soffrono la causa è innanzi tutto un sistema globale oppressivo: si muore di fame non per mancanza di cibo ma per una sua iniqua distribuzione. Alla seconda domanda siamo noi ad entrare in causa. Come? Facendo comunione con i poveri, non perdendoli mai di vista, diventando realmente solidali con loro. Facile a dirsi, ma metterlo in pratica? I Laici Missionari Comboniani ci provano, realizzando piccole comunità inserite in quartieri periferici, nelle parrocchie gestite dai Missionari Comboniani, dove le necessità sono tante ma dove si cerca prima di tutto di vivere assieme alla gente, fare un pezzo di strada con loro. E lo si attua con la partecipazione alla pastorale della parrocchia e con la formazione: qui a Maputo si tengono corsi di taglio e cucito e di informatica. Cose piccole, ma a misura d’uomo, dove le persone sono seguite passo passo, non solo dal punto di vista formativo, ma anche umano e affettivo. E’ una grande sfida e un cammino molto lento, dovuto soprattutto alle differenze culturali e al modo tutto africano di vedere la vita. Il tutto cercando di vivere uno stile di vita più sobrio, rispettoso della realtà che ci circonda e che ci metta al fianco della gente e non al di sopra di essi. E’ giunto il momento di schierarsi, il momento delle scelte che devono avere come direzione non i nostri interessi ma la vita, la vita per tutti. La gente dei bassifondi, la gente fuori dalla nostra porta, ci vuole, ha bisogno di noi come di persone che non accettano le realtà politiche stabilite e che generano muri tra le genti. Sembra utopia? Per noi uomini di sicuro lo è se non ci affidiamo a Colui che sente come Sua la sofferenza di miriadi di sfruttati e che ci assicura che prima o poi i poveri saranno liberati dal giogo dell’oppressione. Non ci vengono chiesti miracoli ma la vera compassione che è molto di più del sentimento sfuggente per una persona che soffre: è il pieno coinvolgimento del nostro cuore per chi è vittima del sistema, l’amore di chi guarda le cose con gli occhi dei sofferenti e non di quelli dei potenti di successo. E non possiamo aspettare di scegliere con chi stare solo quando ci sarà l’improbabile risposta economica esatta ed esaustiva ai problemi del mondo. Dobbiamo iniziare comunque a prendere le distanze dall’attuale oppressione, fare la nostra scelta di campo che sia in direzione del diritto alla vita per ogni essere umano.” P A G I N A 10 Como CRONACA DI E P R O V I N C I A ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2008 DA 14 ANNI UN PREZIOSO SERVIZIO AL TERRITORIO Quando la solidarietà tiene... Banco L a garanzia di un piatto caldo, il conforto di una parola amica, il sollievo di non sentirsi soli al mondo. È nel tentativo di elaborare una risposta articolata a questi bisogni che, circa 14 anni fa, era il 1995, nasce a Como il Banco di Solidarietà. Non tanto un spazio, un luogo fisico quanto la forza di un’idea: fare della solidarietà un’occasione di incontro, di condivisione, di crescita della persona. Grazie alla maturazione di quest’idea oggi il Banco è punto di riferimento di una rete che, in provincia di Como, raggiunge circa cinquemila persone. Uomini, donne, bambini, anziani quotidianamente alle prese con la fatica della sopravvivenza, per i quali il pasto quotidiano non è mai scontato. La scintilla che accende e fa sviluppare questo fuoco ha un nome: Antonio. A raccontarci la sua storia è Marco Mazzone, responsabile del Banco di Como. L’incontro con una persona che gli ha cambiato la vita… «Era il 1995 - ci spiega Marco -. All’epoca operavamo, come Centro di Solidarietà di Como, in via Borgovico nel tentativo di far incontrare domanda e offerta di lavoro. Svolgevamo incontri periodici con persone disoccupate. E lì incontrammo Antonio. Il colloquio con lui portò tutti noi ad immergerci nella sua storia. Quella disoccupazione era solo l’apice di un problema ben più complesso che abbracciava la sua famiglia. Residente in città, alcolista, tre figli piccoli, spesso non aveva di che sfamarli. Le sue lacrime ci indussero ad interrogarci su cosa fosse opportuno fare per rispondere a questo bisogno. Incominciammo, così, ad andare a trovarlo, ogni quindici giorni, portandogli dei viveri. Entrare nella sua casa ci permise di diventare, un po’, parte del suo mondo, di respirare il suo disagio, la sua fatica di vivere. Con lui ha avuto inizio un cammino che ci ha portato ad oggi». Oggi Antonio non c’è più. Eppure a lui va il ricordo di quei primi passi. Fu la sua famiglia la por- Una rete di assistenza ormai consolidata in risposta ad un bisogno reale per le famiglie in condizioni di particolare indigenza economica. Sono circa 5 mila, sul territorio della provincia di Como, le persone cui viene garantito un pasto grazie all’impegno del Banco di Solidarietà di Como e di altre 83 realtà caritatevoli pagine a cura di MARCO GATTI ta che avrebbe aperto il Centro di Solidarietà di Como ad un mondo nuovo. «Approfondendo i colloqui che conducevamo - continua Marco - ci accorgemmo esserci, attorno a noi, molte situazioni simili a quella di Antonio. Ma come avremmo potuto rispondere richieste di questa gente? Ci recammo presso il Banco Alimentare di Milano, dove incontrammo Emilio Roda, presidente del Banco Alimentare della Lombardia, e Marco Luchini, oggi direttore della Fondazione Banco Alimentare. Furono loro stessi a sollecitarci nel dare avvio al percorso che stavamo valutando. E da lì abbiamo incominciato. Prima rispondendo alle esigenze del Centro di Solidarietà, poi, piano piano, allargando l’orizzonte della nostra azione». Presto l’attività del Banco, che da quel 1995 diventa l’impegno prioritario del Centro di Solidarietà di Como, si intreccia anche con quella di un grande testimone di carità: don Renzo Beretta. «Per rifornire la sua mensa a Ponte Chiasso - prosegue Marco Mazzone don Renzo si era rivolto al Banco Alimentare della Lombardia, Banco che, a sua volta, vista la nostra presenza sul territorio, ci mise in contatto direttamente con lui. La nostra attività lo entusiasmò sin da subito, e fu proprio a Ponte Chiasso, era il settembre del ’96, che realizzammo la prima raccolta viveri in una parrocchia. Ricordo bene quel giorno: arrivò moltissimo cibo, che don Renzo stipò dietro l’altare. Fu lui stesso, anche sulla scorta della positività di questa prima raccolta, ad esortarci ad andare avanti. E così facemmo. Da lì ad un paio di mesi organizzammo anche a Como la prima Colletta Alimentare e il nostro rapporto con il Banco Alimentare di Milano divenne sempre più stretto». Oggi, grazie ad una rete dalle fitte trame e ad un’organizzazione degna di una muli utility il Banco di Solidarietà garantisce la distribuzione di cibo a centinaia di famiglie in difficoltà, residenti sul nostro territorio. «Complessivamente sono 135 le famiglie che oggi assistiamo direttamente come Banco - ci spiega Sonia Bianchi, un’altra delle anime di questa realtà -, per un totale di 440 persone. Si tratta di famiglie equamente distinte tra italiane e straniere. Molti gli anziani soli, ma tante anche la famiglie numerose, in special modo di stranieri. Ogni settimana ci arrivano le segnalazioni di tre - quattro nuove famiglie bisognose. Grazie ad una rete di volontari (sono circa un centinaio) assicuriamo la consegna quindicinale di un pacco viveri a queste 135 famiglie. La consegna viene sempre effettuata in coppia. È la risposta ad un bisogno materiale che diventa anche occasione di incontro, relazione, dialogo proficuo. E, in molti casi, chi non ha tempo e possibilità di portare con- cretamente dei pacchi, ha saputo proporsi anche come famiglia solidale. È il caso di famiglie che, fanno la spesa per un’altra. Il cibo acquistato viene sempre consegnato dai nostri volontari. Si tratta, a tutti gli effetti, di un’ “adozione” alimentare». Lo scorso anno sono state ben 33 le tonnellate di cibo secco consegnate dai volontari del Banco, a conferma del notevole impegno prodotto. Il punto di ritrovo dei volontari è il mercoledì, a s. Rocco, nella sede del Centro. Lì sono stipati decine di scatoloni che, poi, partono alla volta delle famiglie destinatarie. «Il nostro slogan - ci spiega Fulvio Montorfano, che si occupa di gestire la complessa fase di immagazzinamento e smistamento delle risorse - è condividere il bisogno per condividere il senso della vita. Su queste parole si gioca l’azione di noi volontari. Il nostro obiettivo, che risponde ad un bisogno concreto, non è certo quello di risolvere il problema della fame di chi vive una situazione di disagio, ma innanzitutto consiste nella proposta di un’esperienza di educazione alla carità cristiana attraverso un gesto gratuito dove, l’incontro con il bisogno dell’altro, diventa l’occasione per riscoprire di più se stessi». Un servizio al singolo, alla famiglia, al territorio. Un gesto concreto e semplice di aiuto a chi è meno fortunato di noi. CRONACA P A G I N A Como 11 IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 MOLTE LE INIZIATIVE PER REPERIRE CIBO Una rete ramificata per attingere alle risorse M olteplici sono i canali attivati oggi dal Banco per reperire le risorse alimentari sufficienti in grado di assistere le famiglie bisognose. LA COLLETTA ALIMENTARE Il più noto, ovviamente, è quello della Giornata Nazionale della Colletta Alimentare, avviata a Como nel 1997, che viene promossa ogni anno, l’ultimo sabato di novembre. Un’ iniziativa che coinvolge circa 100 supermercati sul territorio della provincia di Como e 1500 volontari che distribuiscono il “sacchetto della solidarietà”. Il 65% di quanto raccolto a Como viene, gene- Non è solo la Colletta Alimentare a garantire un continuo approvvigionamento delle scorte del Banco. Vediamo quali sono le altre iniziative messe in campo ralmente, ripartito tra gli 84 enti convenzionati con il Banco. La restante parte è messa a disposizione della stessa associazione Banco Alimentare, che la indirizza presso altri canali. La Giornata è resa possibile grazie anche all’impegno dell’Associazione Alpini di Como, alla Protezione Cicile, all’associazione San Vincenzo de Paoli, agli scout e alla Cri. DONACIBO Un’altra iniziativa im- portante è caratterizzata da “Donacibo”, che consiste nella campagna di raccolta di cibo, una settimana all’anno, nelle scuole di ogni ordine e grado. Alti gli scopi di questa settimana: educare alla solidarietà, educare alla sostenibilità ambientale, promuovere la cultura del dono anche tra i più giovani. “Donacibo” ha permesso di raccogliere, lo scorso anno, nel Comasco, circa 10 tonnellate di alimenti. L’iniziativa viene riproposta, ogni anno, la terza settimana di Quaresima. Quest’anno cadrà dal 16 al 21 marzo. «L’ingresso nelle scuole - spiega Paolo Mascetti, che si occupa delle famiglie assistite -, rappresenta una preziosa opportunità per raccontare quello che facciamo, per motivare la nostra azione, per spiegare in che modo ha a che fare con la nostra vita e come si lega ad una scelta di solidarietà, priva di qualsiasi colore politico. Lo scorso anno abbiamo incontrato 50 scuole: quasi tutti gli istituti comprensivi della città e 10 superiori tra Como, Erba, Cantù, l’Olgiatese… Abbiamo avuto modo di raccontare a quasi 3500 ragazzi quanto sia bello vivere la dimensione dell’incontro con l’altro, della relazione umana». PRONTO FRESCO Altra fonte preziosa riguarda il servizio di Pronto fresco che, dal 2005. Consiste nel reperimento quotidiano dai supermercati di alimenti freschi, non consumati, che hanno scadenza entro tre giorni. In questo ci si avvale di un prezioso gruppo di pensionati che bat- PER SAPERNE DI PIÙ Come donare il proprio tempo al Banco? Il Banco di Solidarietà di Como può essere contattato direttamente al numero 031-265061, o via fax al numero 031-2280614, oppure via mail all’indirizzo [email protected]. Per ulteriori informazioni è possibile anche consultare il sito www.centrosolidarietacomo.it. te, letteralmente, con mezzi propri, alcuni Centri con cui siamo convenzionati, per il reperimento del cibo che poi, portato a S. Rocco, viene smistato per essere consegnato, il giorno, stesso alle famiglie o alle mense dei poveri. poi lo ripartiscono tra gli enti convenzionati con il Banco. Da due mesi un accordo con il Comune di Como prevede anche una raccolta mensile di cibo tra i dipendenti, con la richiesta di prodotti specifici da parte del Banco. SITICIBO FAMIGLIE SOLIDALI Il mercoledì sera vengono distribuiti anche pane e frutta che arrivano al Banco tramite Siticibo il progetto della Fondazione Banco Alimentare, con cui il Banco di Como collabora, che, dal 2005, si occupa del reperimento di alimenti cotti, non consumati, dalle mense aziendali, scolastiche, etc. A curare il reperimento di questi prodotti sono una cinquantina di volontari, che Per far fronte alle continue richieste di cipo è nato anche il progetto “Famiglie solidali”. Il progetto prevede l’organizzazione e la gestione di un sistema di raccolta domiciliare presso privati, scuole, parrocchie, supermercati, esercizi commerciali e la successiva distribuzione delle risorse da parte del Banco di Solidarietà DENTRO LA RETE Dal Banco Alimentare alle case di molti bisognosi I l Banco Alimentare è una realtà che opera sull’intero territorio nazionale. Attraverso la Fondazione Banco Alimentare il Banco persegue una precisa missione: la lotta allo spreco e il recupero delle eccedenze alimentari sui diversi territori attraverso le associazioni Banco Alimentare regionali. L’associazione Banco Alimentare della Lombardia, realtà strutturata con un proprio direttivo, è a sua volta convenzionata con svariati enti che, nei vari territori, hanno lo scopo principale di fare carità. Il provincia di Como gli enti convenzionati con il Banco regionale sono 84. Vi fanno parte, oltre al Banco di solidarietà di Como, anche la Caritas, la S. Vincenzo, l’Arca, le mense dei poveri, etc. In virtù del suo stretto legame con il Banco lombardo il Banco di Como ne è diventato il referente esecutivo in provincia, sostenendone l’attività, occupandosi della gestione locale della Colletta e di altre attività. È lo stesso Banco di Solidarietà di Como, dunque, che distribuisce agli altri 83 enti del territorio, le risorse alimentari reperite attraverso i numerosi canali attivati (la Colletta è soltanto uno, anche se il più visibile). L’OLIO NEL VETRO SCURO “L'olio nel vetro scuro” di Laura D'Incalci. Storie vere, intessute di imprevedibili incontri, tutti raccolti in un libro. Sono gli incontri suscitati dall'esperienza del Banco di Solidarietà di Como, realtà nata agli inizi degli anni '90 per promuovere ascolto e condivisione dei bisogni. A partire dall'esigenza elementare del cibo, affrontata dai volontari che ogni settimana offrono un aiuto concreto a persone in difficoltà, è affiorata un'esperienza di sorprendente gratuità. Non un'analisi sulla povertà o sul ruolo del volontariato anima queste pagine, ma la scoperta, quasi una gioiosa rivelazione, di un profondo legame fra chi dona e chi riceve. La scoperta di uno sguardo che per ognuno può diventare carico di attesa e di speranza. CRONACA P A G I N A 12 Como&territorio IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 GLI SCORSI 17 E 18 FEBBRAIO La FNP Cisl al suo XVI Congresso L a Federazione Pensionati Cisl di Como ha celebrato, gli scorsi martedì e mercoledì, il suo XVI Congresso provinciale. Un momento importante in cui raccogliere la sostanza del dibattito svoltosi con gli iscritti nelle 51 assemblee territoriali tenute in tutte le zone sindacali della provincia, per leggere il presente e rilanciare l’impegno futuro. Attraverso queste assemblee L’FNP ha eletto 141 delegati in rappresentanza di 42.349 soci della FNP di Como (media degli iscritti 2005/08). Nel 2008 il numero degli iscritti ha toccato quota 42.434. «A questa assise - ha dichiarato nell’introdurre il suo intervento Alfredo Puglia, segretario generale della FNP di Como - è affidato ora il compito di definire le linee strategiche della politica sindacale che dovrà guidare le iniziative della nostra organizzazione per i prossimi 4 anni». Ampio e articolato l’intervento di Puglia che non ha mancato, da subito, di precisare come il compito della FNP «… è bene ricordarlo, è quello, dentro la politica confederale della CISL, di tutelare i pensionati, sia sul versante del reddito (valore delle pensioni), sia sul versante del ben-essere sociale (servizi alla persona). I pensionati appunto, ma quando parliamo di pensionati non ci riferiamo a quella massa indifferenziata denominata “terza età”, perché noi invece abbiamo in mente le tante singole persone anziane, che con il loro lavoro e la loro opera hanno contribuito e contribuiscono a costruire la storia del nostro Paese.In questa accezione, non pensiamo affatto alla persona anziana come ad un mero elemento di costo in un supposto bilancio nazionale, dove solo il lavoratore attivo è apportatore di ricchezza; al contrario, anche l’anziano produce quella insostituibile ricchezza costituita dalla sua presenza al servizio della famiglia, nella funzione di cura dei nipoti e non, degli ammalati, e nelle svariate forme di volontariato, senza le quali la nostra società sarebbe in grave sofferenza. E dunque, per la FNP, lottare per il bene-essere dei pensionati e delle persone anziane in genere, signi- Una “forza” rappresentata da 42.434 soci. «Persone le parole del Segretario generale FNP Cisl di Como Alferdo Puglia - che, aderendo alla FNP, ci affidano il compito di rappresentarle e di tutelarle nei loro interessi e nei loro bisogni, sia sul versante del reddito, che su quello dei servizi sociali (assistenza, sanità ecc)» fica valorizzare questa grande risorsa per il bene dell’intera collettività…» Uno degli ambiti cui la FNP dedica particolare attenzione è il fronte della contrattazione territoriale. «La vertenzialità nazionale regionale – spiega, nel merito, Puglia - deve essere accompagnata da una forte iniziativa a livello locale, lì dove vengono organizzate le risposte ai bisogni delle persone. Per questo, ogni anno, chiediamo ai Comuni del nostro territorio specifici incontri, per discutere le relative politiche di bilancio. Chiediamo ai Comuni il mantenimento di spesa sul versante sociale, ed una politica tariffaria sui servizi a domanda individuale (assistenza domiciliare, RSA, trasporti, mense scolastiche, asili nido, ecc) che sia realmente modulata sulla capacità di spesa delle singole famiglie, attraverso l’applicazione generalizzata dell’indicatore ISEE. Sul versante delle entrate chiediamo ai Comuni di non appesantire ulteriormente, attraverso l’addizionale, la già insopportabile pressione fiscale. E là dove le addizionali vengono già applicate, ne chiediamo l’esonero o la riduzione per i redditi più bassi.Non dappertutto riusciamo ad ottenere i risultati sperati, anche perché spesso i comuni non riescono a quantificare l’entità delle nostre richieste, però registriamo una certa sensibilità sul problema, e questo ci consente di tenere aperta la discussione per poter trovare soluzioni adeguate. In diversi Foto William Alfredo Puglia Comuni invece abbiamo siglato accordi soddisfacenti». Altro tasto delicato: le case di riposo. «Rispetto alle case di riposo RSA - continua Puglia - almeno con le più significative con le quali abbiamo un rapporto, la nostra azione punta a concordare, oltre che livelli di assistenza qualitativamente all’altezza, anche livelli delle rette minimamente sostenibili. Nonostante ciò le rette nelle RSA sono alte, mediamente si aggirano attorno a 48 euro giorno, cioè 18 mila euro per anno. Qui, come già abbiamo evidenziato, la questione è complicatissima e quasi irrisolvibile stante l’attuale modello organizzativo. La retta che paga l’utente non equivale al costo effettivo sostenuto dalla struttura (ovviamente sto parlando delle RSA accreditate presso la Regione), in quanto per ciascun ospite la Regione integra una cifra determinata da parametri fissati dalla legge, che tengono conto del fatto che parte dell’assistenza prestata all’utente è di tipo sanitario e quindi a carico del Sistema sanitario; tale contributo è calcolato mediamente attorno al 48% del costo totale. Questo criterio oggi non va più bene, perché nelle RSA ormai la stragrande maggioranza degli ospiti sono persone molto anziane, perlopiù non autosufficienti, portatori di diverse patologie, quindi bisognosi di continue cure sanitarie di mantenimento, spesso per lungo periodo. Se le RSA, come nei fatti sta avvenendo, diventano dei cronicari, allora vuol dire che devono accogliere solo questo tipo di persone, sostanzialmente non gestibili in modo diverso, il cui costo quindi deve essere principalmente a carico del Servizio sanitario, mentre le altre persone bisognose di assistenza, ma che mantengono gradi seppur differenziati di autonomia, devono essere aiutate, con i necessari supporti, a vivere dignitosamente nelle proprie abitazioni. Per tutte queste considerazioni, è urgente, lo ribadiamo ancora una volta, il “fondo per la non auto-sufficienza”.» Piani di Zona. «Più problematico - ha aggiunto Puglia - è invece il rapporto con i Piani di Zona. Come organizzazioni sindacali siamo presenti ai cosiddetti tavoli tecnici, i quali però hanno scarsissima rilevanza rispetto alla programmazione delle attività del Piano, tanto che non si riuniscono quasi mai. Ciò non va bene perché così non viene garantita una omogeneità dell’offerta dei servizi socio sanitari sul territorio. Per questo, unitamente alle nostre Confederazioni, abbiamo chiesto all’Amministrazione provinciale di costituire un “tavolo di coordinamento” dei Piani di Zona operanti in provincia, al fine appunto di poter assumere indirizzi comuni. Esiste inoltre il problema dell’integrazione tra i servizi ADI e SAD, forniti dalla ASL e dal Comune, cioè da Enti erogatori diversi che, non agendo in modo coordinato, riducono la potenzialità del servizio prestato». È una presenza capillare sul territorio quella espressa dalla FNP Cisl di Como. Ad oggi, nel territorio comasco sono state attivate n 70 leghe, nelle quali sono coinvolti, seppur con modalità e responsabilità diverse, 184 dirigenti. «Questo è certamente un risultato importante perché ci consente, in 71 Comuni della nostra provincia, di avere una presenza di una o più persone, punto di riferimento per i nostri iscritti e per gli anziani in generale, qualcuno se non altro disposto ad ascoltare e, nella misura del possibile, ad offrire un aiuto… Certo, come abbiamo già evidenziato, l’ideale sarebbe poter avere un referente per ciascun comune; anche se ci rendiamo perfettamente conto che questo sarà difficile da realizzare, dobbiamo comunque insistere. La possibilità per gli iscritti di trovare tempestivamente le risposte ed i servizi di cui hanno bisogno è contemporaneamente la nostra missione e la proposta più efficace di nuovo proselitismo. In questo senso, la Zona deve sempre più diventare la struttura che aiuta la nostra presenza politica ed organizzativa nei singoli comuni, supportando la contrattazione e sostenendo i servizi. La Zona non sostituisce la Lega, che resta sempre l’istanza congressuale di base della FNP, però in un situazione territoriale come quella lariana - 560mila abitanti distribuiti in 160 comuni - parlare di leghe comunali tranne che in una decina di comuni - non ha molto senso. Per questo la zona diventerà sempre più fondamentale non solo da un punto di vista organizzativo e funzionale, ma anche di rappresentanza politic». «Le amiche ed amici ha proseguito Puglia presenti nei nostri 65 recapiti, svolgono una vera e propria opera di segretariato sociale. In queste sedi e recapiti, noi siamo presenti come FNP, ma il lavoro preponderante è svolto a supporto dei servizi della CISL, principalmente il Patronato INAS, ed il Servizio fiscale del CAF. In questo senso i nostri Agenti rappresentano la CISL. E’ un lavoro importante che assolve almeno due funzioni: quella di servizio, in senso stretto, alle persone attraverso le informazioni e la raccolta delle “ pratiche” e quella di “proselitismo associativo” in quanto per tanti, iscritti e non, quello è il “volto” della CISL. E’ dunque un lavoro di grande responsabilità che esige innanzi tutto qualità». Tra i fiori all’occhiello della FNP spicca l’Anteas, l’associazione di volontariato promossa dalla FNP, «che costituisce lo strumento attraverso cui possiamo rispondere, in modo più pertinente ed adeguato, ai tanti bisogni posti dalla nostra gente. Per questo, oltre a destinare una significativa quota di risorse a sostegno di Anteas, abbiamo deciso di non alienare la nostra vecchia sede di Erba, ma di destinare i locali di via Adua a sede dell’associazione, che potrà svolgere una serie di attività in proprio, ed anche in collaborazione con altre associazioni presenti sul territorio. Si tratta, finalmente di declinare la sussidiarietà orizzontale, pilastro fondamentale di una democrazia matura». Con specifico riferimento all’Anteas ricordiamo il trasferimento della sua sede comasca, passata, per ragioni organizzative, dal numero 34 al numero 10 di via Rezzonico. A questo passo si aggiungerà, dal 1° marzo, l’attivazione di un nuovo servizio di trasporto sull’Erbese, che andrà ad integrarsi con quelli già attivi sui distretti di Como e di Cantù-Mariano. «Riteniamo che questo servizio possa essere di grande utilità per i cittadini del distretto di Erba - ha dichiarato Leopoldo Merlo, presidente Anteas Como - in particolare per tutte le persone parzialmente prive di autonomia propria che vivono in una situazione di disagio socio-economico. Il servizio sarà svolto dai nostri soci volontari utilizzando un mezzo di trasporto idoneo e sarà garantito dal lunedì al venerdì su richiesta degli interessati, compatibilmente con la disponibilità dell’automezzo e previa prenotazione telefonando allo 031-3333120 dove risponderanno i nostri soci volontari addetti al servizio di segretariato sociale». CRONACA P A G I N A 13 Como IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 COMUNE DI COMO Teso il clima di Palazzo tra revoche e sfiducia arrivato il tempo del rimpasto per la Giunta comunale di Como dopo le tensioni e i dis sidi maturati negli ultimi mesi in seno all’esecutivo di Palazzo Cernezzi, e in particolare in Forza Italia. Il sindaco di Como Stefano Bruni e il commissario provinciale di Forza Italia Giorgio Pozzi hanno infatti annunciato, la scorsa settimana, tre importanti spostamenti. Lasciano la Giunta, raccogliendo i cocci dei dissapori maturati con il sindaco negli ultimi mesi gli assessori Alessandro Colombo (Bilancio) e Paolo Gatto (Commercio e Moda). Consensuale invece il traghettamento di Umberto d’Alessandro, assessore all’Urbanistica, indicato come futuro presidente del consiglio di amministrazione della multi utility Acsm-Agam. A completare i vuoti lasciati nella compagnie di giunta saranno Roberto Rallo, che sostituirà Umberto D’Alessandro all’Urbanistica, Ezia Molinari, che sostituirà Alessandro Colombo, e Etta Sosio, che sostituirà Paolo Gatto. A Rallo sarà assegnata la delega all’Urbanistica, ad Ezia Molinari la delega ad Università e rapporti con il consiglio e ad Etta Sosio le deleghe a Commercio e Moda. Questi spostamenti hanno decretato tre nuovi ingressi in Consiglio, tutti, ovviamente, legati a È La scorsa settimana il sindaco di Como Stefano Bruni ha messo fine, con un colpo di spugna, a mesi di bagarre all’interno di Forza Italia. Ma si calmeranno davvero le acque? Intanto la minoranza attende la sicussione della mozione presentata contro il primo cittadino e prevista per il 23 febbraio Forza Italia. Si tratta di Piercarlo Frigerio, Giorgio Cantoni e Massimo Serrentino. «Siamo arrivati a questo rimpasto - ha dichiarato Stefano Bruni - dopo un attento confronto condotto all’interno di Forza Italia. L’obiettivo è ora quello di arrivare a fine mandato con questa squadra, rilanciando l’attività amministrativa. Si è trattato di un assestamento doveroso. Ringrazio i consiglieri per il compromesso raggiunto». «Quello intrapreso in questi mesi - ha dichiarato Giorgio Pozzi - è stato un percorso condiviso dalla totalità dei 14 consiglieri comunali di Forza Italia presenti in Consigio co- Nella foto William un momento dell’annuncio del rimpasto di Giunta, la scorsa settimana munale. Un’operazione appoggiata da tutti i livelli del partito, ai quali è stata portata a conoscenza la situazione comasca, e che darà grande slancio alla città». Sollecitato rispetto alla possibilità che la cittadinanza abbia maturato una negativa impressione rispetto agli scontri manifestatisi in seno al partito negli ultimi mesi, scontri che, di fatto, hanno rallentato l’attività amministrativa, così ha risposto il sindaco: «Il cittadino è critico da tempo. La responsabilità della politica, però, non è quella di ricercare la percezione dell’immediato, ma di portare avanti questioni che reputa utili e importanti per il territorio». «Il cittadino non comprende la politica perché questa non si fa capire - ha incalzato Pozzi -. Da parte nostra abbiamo sempre cercato di trovare soluzioni in grado di assicurare garanzie per il futuro. L’auspicio è che le scelte compiute possano produrre qualcosa di buono e di utile per la città». Di tutt’altra posizione le minoranze in Consiglio che, la scorsa settimana, hanno depositato una mozione di sfiducia nei confronti del sindaco. Mozione che andrà in aula dopo il 20 febbraio (per legge devono trascorrere 10 giorni dal suo deposito) e la cui presentazione è stata possibile grazie alle firme del leghista Emanuele Lionetti e dell’esponente Udc Luigi Bottone (che ha garantito il raggiungimento delle 16 firme necessarie per l’accesso in Consiglio). «Riteniamo che la presentazione della mozione - ha spiegato il capogruppo Pd Luca Gaffuri - forse un atto dovuto nei confronti della città, alle prese con un chiaro immobilismo dell’attività amministrativa. La Ticosa e l’area dell’attuale ospedale S. Anna sono i simboli dell’attuale stop. Ma non sono nemmeno più garantiti la necessaria sicurezza sulle strade, l’adeguata manutenzione agli edifici scolastici, la cura del verde, soltanto per citare alcuni esempi. Immobilismo reso palese dalle profonde divisioni maturate in seno a Forza Italia. Basti pensare al fatto che da un anno e mezzo dieci consiglieri di Fi svolgono un’attività slegata rispetto alle linee indicate dall’Amministrazione. Per non parlare delle modalità attraverso le quali è stato esercitato il recente rimpasto di giunta. Ma ci sono anche altri fatti da registrare: per l’ennesima volta le nomine all’interno di società pubbliche della città (si legga AcsmAgam, ndr) non sono state effettuate secondo precisi criteri di competenza, ma attenendosi a logiche di appartenenza». La mozione verrà discussa lunedì 23 febbraio. Sulla carta mancano i numeri per la sua approvazione, e la minoranza ben ne è consapevole, ma, visti i malumori delle ultime settimane, non è escluso qualche possibile colpo di scena. «Bruni rappresenta una minaccia per la città – ha tuonato Alesandro Rapinese, indossando un’originale maglietta riproducente la scritta “Bruni go home”. Per avere il consenso dei suoio deve acquistarli con delle poltrone. L’interesse dei cittadini non può essere portato avanti da questa giunta. Una cosa deve essere ben chiara, però. Quando si andrà al voto: chi non sarà a favore della mozione dichiarerà apertamente il suo sostegno a Bruni, o con lui o contro di lui. E, in caso di sostegno, taccia per sempre». «Le contraddizioni dell’Amministrazione comunale sono sotto gli occhi di tutti - ha dichiarato Bruno Magatti (Paco). È assurdo usare le istituzioni per una lotta intestina. Credo vi sia un oggettivo problema di orgoglio per la città. È inammissibile per i cittadini immaginare che si amministri così». Apertamente schierato contro sindaco e maggioranza anche Luigi Bottone, Udc, otre agli altri esponenti della minoranza. Allo scopo di informare al meglio i cittadini sulle ragioni della mozione di sfiducia al sindaco, e per chiedere la condivisione alla sua estromissione, Pd, Paco, Area 2010, Rifondazione, Italia dei Valori e Verdi consiliari attiveranno di banchetti in diversi punti della città. L’ULTIMO SALUTO NELLA NOTA DI PALAZZO CERNEZZI Si è spento Giuseppe Santangelo Si è spento lo scorso 16 febbraio all’età di 52 anni Giuseppe Santangelo. «La città ha perso un uomo dalla grande passione politica - ha commentato il sindaco, Stefano Bruni - cattolico appassionato della città tanto da risultare a volte spigoloso e “scomodo” per la determinatezza delle sue idee. Mai impreparato sui temi e sempre pronto a discutere nel merito le questioni, lontano dal clamore che schivava scientemente. Fu lui a volere la procedura innovativa che ha portato all’abbattimento e al recupero della Ticosa. La sua malattia lo ha allontanato dalla politica, ma ho cercato fino all’ultimo di stargli vicino. Una grossa perdita, e una tragedia per una famiglia a cui era molto legato. Oggi il pensiero va a sua moglie e ai suoi figli”. Giuseppe Santangelo, sposato con due bimbi, Roberto e Anna, nasce a Como il 17 febbraio 1957; nel 1984 si laurea in medicina e chirurgia all’Università degli studi di Pavia. Esercita, fin dal 1985, la professione di medico di medicina generale presso varie strutture Ospedaliere tra cui l’Ospedale Sant’Anna e la struttura Ca’ D’industria di Como. Inizia da giovanissimo la sua attività politica nel movimento giovanile della DC e in circoscrizione. Dal 1995 al 1997 riveste l’incarico di segretario provinciale P.P.I. Tra le attività di volontariato si ricorda la sua attività presso UNITALSI. Inizia la sua attività di amministratore della città di Como ricoprendo la carica di consigliere circoscrizionale e, nel 1990 viene eletto in Consiglio comunale nelle file della DC, svolgendo attività istituzionale anche quale componente della Commissione Consiliare II “Assetto del territorio, Ambiente ed Ecologia, Trasporti e lavori Pubblici”. Nel giugno 2002 entra a far parte della Giunta comunale quando il Sindaco neo eletto Bruni lo nomina Assessore con deleghe all’Urbanistica e Politiche del territorio, edilizia convenziona e sovvenzionata, pianificazione e valorizzazione del territorio. Si occupa di individuare la procedura innovativa per riqualificare la Ticosa. Nel 2007 è nuovamente consigliere comunale fino al 1° aprile 2008, quando decide di dimettersi. Foto William A CRONACA P A G I N A Como 15 IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 L’ASSEMBLEA ANNUALE Avis: il cambio della guardia Sabato 21 febbraio, alla chiusura dei lavori assembleari, il presidente Gabriele Noseda Pedraglio terminerà il suo secondo mandato e passerà la mano, pur restando a far parte del consiglio. Ne abbiamo approfittato per tracciare un bilancio sull’attività dell’associazione di MARCO GATTI empo di assemblea e tempo di rinnovi per l’Avis Comunale di Como. Sabato 21 febbraio, infatti, alle 14.30, presso la sede associativa di via Fornace 1, a Como, avrà luogo la 73° assemblea comunale dell’associazione. Evento di per sé importante quale occasione di bilancio di un anno di attività, ma questa volta reso ancora più rilevante in virtù della coincidenza con il rinnovo delle cariche associative per il prossimo quadriennio. A chiusura dei lavori assembleari, infatti, il presidente Gabriele Noseda Pedraglio e il tesoriere termineranno il secondo mandato consecutivo di gestione dell’Avis cittadina. Pertanto, come da statuto, dovranno passare la mano. Gabriele Padraglio lascia dunque una macchina che ha condotto consecutivamente negli ultimi otto anni. Ma non si tratta di un addio, il beneamato presidente continuerà infatti a restare a bordo del treno, rimanendo parte del consiglio direttivo. Gabriele Noseda Pedraglio incarna la storia dell’Avis comasca. Già presidente dell’Avis comunale, per un triennio, nel 1978, si era affacciato, per la prima volta, alla sezione una quindicina di anni prima. «Era il 1964 - ricorda -. Entrai in Avis con l’incarico di segretario». L’inizio di un amore mai sopito. «All’epoca in città - continua il presidente uscente - i donatori erano 750. A donare in Avis, a quel tempo erano, per lo più personaggi appartenenti a categorie sociali elevate, docenti, professori, politici locali. Il vento del cambiamento incominciò a soffiare sul finire degli anni ’60, sotto la presidenza Masciadri. Si iniziò a battere a T tappeto l’intero territorio, cercando di diffondere la cultura della donazione a 360°. Venne rinnovato e ringiovanito il consiglio direttivo, con l’ingresso di nuove leve. Un cambiamento nella sostanza e nello spirito, cui va dato atto al presidente Masciadri, che produsse, in breve, ottimi risultati. Da lì a poco i donatori comaschi (dell’area di Como e dintorni), passarono a 1500. Un ulteriore passo nella direzione di una più efficace gestione dell’attività fu la convenzione stipulata con l’ospedale S. Anna. Quella sottoscritta dall’Avis di Como fu la prima convenzione ospedaliere sottoscritta a livello nazionale. Convenzione che prevedeva un parziale rimborso per la nostra attività da parte dell’ospedale e una migliore gestione delle operazioni di prelievo. Fu un passo importante perché allora le nostre entrate erano assai risicate. A occuparsi degli aspetti di segreteria era un’impiegata in pensione cui elargivamo circa 50 mila lire al mese, cifra che corrispondeva, più o meno, al costo mensile del telefono». Un modesto locale al pian terreno, nel centro storico cittadino, in via Bonanomi. In quello spazio l’Avis comunale aveva intanto iniziato a muovere i suoi primi passi. «La sede, però, non era idonea, vista la sua collocazione nel cuore della città murata. Nel tempo individuammo un nuovo spazio in via XX Settembre, al secondo piano. 200 mq in grado di garantirci maggiori spazi di movimento. Allora l’Avis si avvaleva anche di un consistente gruppo sportivo (circa 200 ragazzi), che ne rendeva particolarmente vivace e articolata l’attività. Con il crescere del nostro impegno ci accorgemmo che anche questa nuova sede non risultava più adatta. Incominciavamo ad essere ingombranti per il palazzo che ci ospitava, visto il continuo via vai di persone. Ricevemmo così lo sfratto. Ma non ce ne andammo subito. Impiegammo circa tre anni per individuare un altro spazio. Fu la Provincia a proporci una sua ex officina, in via Fornace, circa 17 anni fa. Decidemmo di abbattere lo stabile, fatiscente, e di ricostruirlo. Fu un lavoro impegnativo, che vide la partecipazione di decine di volontari. La sede ci venne concessa da Villa Saporiti in comodato d’uso e quando ci è stata prospettata l’occasione del suo acquisto definitivo non ci siamo sottratti. Da un anno circa la sede di via Fornace è dunque di proprietà dell’Avis. Con ogni probabilità a breve, grazie anche a un prezioso lascito, potremo saldare il debito contratto». Una macchina solida e senza debiti. Questa l’eredità che Gabriele Noseda Pedraglio lascerà nelle mani del suo successore. Ma che cosa dire sui dati relativi alle donazioni? «Dati che rivelano la presenza di luci e ombre prosegue il presidente -. A fine 2008 i donatori iscritti all’Avis comunale di Como erano 6125, in crescita rispetto al 2007 (+71 unità). Nel 2008 abbiamo effettuato 13492 prelievi, 353 in più rispetto all’anno precedente. Numeri positivi che però, se letti con maggiore attenzione, rivelano una importante criticità. Ogni anno, in media, iscriviamo in Avis circa 500 nuovi donatori. I nuovi arrivati coprono i vuoti lasciati da quanti vengono dimessi per raggiunti limiti di età o per altre ragioni. Ebbene: l’incremento dello scorso anno non è da attribuirsi ad un significativo aumento dei nuovi iscritti (che sono stati soltanto 390), ma ad un numero ben più risicato del solito di dimissioni. In sostanza ne sono entrati di meno, ma ne sono anche stati dimessi di meno. Queste cifre confermano le nostre preoccupazioni rispetto ad un numero di iscritti che appare modesto. Abbiamo bisogno, in particolar modo, di donne, che rappresentano soltanto il 30% delle nostre forze. Con ogni probabilità usiamo un linguaggio che a loro non arriva, per questo abbiamo deciso di rafforzare la compagnie femminile all’interno del nuovo Consiglio, nella speranza possa produrre buoni risultati. Il nuovo consiglio proseguirà, inoltre, così com’è stato fatto in passato, nella sua politica di sensibilizzazione del territorio, nelle scuole, cercando di diffondere il più possibile la cultura del dono. Ricordando che il nostro vescovo è un ex donatore abbiamo cercato di puntare sull’infor- mazione anche in alcune parrocchie». Ma perché è così difficile trovare donatori disponibili? «La procedura che porta all’abilitazione del donatore è piuttosto selettiva, per ovvie ragioni di sicurezza, e ciò forse scoraggia un po’ chi desideri intraprendere questa strada. La prassi vuole che, una volta inoltrata la domanda, ci sia una prima visita di controllo presso la nostra sede, con un colloquio individuale con un medico. Superata questa fase (che già screma il 10% dei richiedenti), si procede agli esami veri e propri in ospedale, per verificare l’idoneità fisica del potenziale donatore (altra scrematura vicina al 7-8%). Una volta concessa l’idoneità si attendono tre mesi, dopo di che si effettuano nuovi esami (e a casa resta un altro 10%). Al termine di questa procedura si ottiene la definitiva abilitazione. È una pratica un po’ complessa e selettiva, ma necessaria, per la salute dei cittadini. Noi siamo i primi a dire ai potenziali donatori di astenersi dalla scelta di donare sangue nel dubbio di non avere tutte le carte a posto. Al donatore è inoltre richiesta costante responsabilità sociale nella sua condotta prima e dopo la donazione, per non pregiudicare la qualità del sangue che dona». Attenzione e uno stile di vita sobrio e possibilmente privo di eccessi che, forse, non tutti sono disposti ad avere. In ogni caso, nella speranza che il piccolo esercito comasco di donatori possa crescere, salutiamo il presidente uscente, chiedendogli un augurio da lasciare al suo successore. «Gli auguro di trovare una squadra come quella che mi ha sostenuto in questi otto anni, forte ed entusiasta nello svolgere al meglio la sua missione». CRONACA P A G I N A 16 perture domenicali. Alzano la voce le organizzazioni sindacali comasche dopo il vero e proprio “colpo di mano” che, secondo Cgil, Cisl e Uil, Palazzo Cernezzi avrebbe compiuto approvando, la scorsa settimana, un’ordinanza che di fatto amplia le possibilità di aperture domenicale per i centri commerciali del territorio. Ordinanza che dispone testualmente: “Nel corso dell’anno 2009 le medie e grandi strutture di commercio al dettaglio, ubicate al di fuori del centro storico, potranno osservare apertura facoltativa, nelle seguenti giornate festive: domenica 13 settembre, domenica 25 ottobre, domenica 8 novembre, domenica 15 novembre, domenica 22 novembre. Tutti gli esercizi commerciali ubicati nel territorio comunale potranno osservare apertura facoltativa nelle giornate festive di sabato 25 aprile e sabato 15 agosto 2009". La normativa attuale, entrata in vigore lo scorso anno, prevede la possibilità per la grande distribuzione di tenere aperto tutte le prime domeniche del mese, più l’ultima di gennaio, agosto e novembre. A queste date possono essere aggiunte altre tre domeniche, posizionate a discrezione dei Comuni. Tali numeri, secondo la legge, potrebbero essere ulteriormente incrementati da un pacchetto di altre dieci domeniche a disposizione dei Comuni capoluogo. Scelta che dovrebbe essere compiuta, però, in accordo con le parti sociali. Ed è su quest’ultimo punto si gioca il nodo della vicenda. «Su questo tema - spiega Antonio Mastroberti, segretario generale Fisascat Cisl - le parti sociali si sono confrontate con l’Amministrazione negli ultimi mesi, senza, peraltro arrivare ad un’intesa. Più A Como IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 DOPO L’ORDINANZA DI PALAZZO CERNEZZI Aperti la domenica? Il “no” dei sindacati nello specifico il 4 dicembre scorso il Comune inoltrava a Cisl e Adoc la richiesta di un parere in merito all’individuazione delle giornate festive ritenute idonee per l’apertura straordinaria delle medie e grandi strutture di vendita per l’anno 2009. La nostra risposta fu che non ci si dovesse riferire soltanto a Cisl e Adoc, essendo presenti sul territorio comasco organizzazioni sindacali e associazioni dei consumatori anch’esse rappresentative e titolate a dare il loro parere. Avanzammo la proposta di un incontro tra le organizzazioni sindacali di categoria e le associazioni imprenditoriali del settore, e che nelle giornate di apertura domenicale, sia in quelle già previste sia in quelle eventualmente in più, venisse messo in vendita, con adeguata pubblicizzazione, un paniere di beni di prima necessità a prezzi fortemente scontati (40 - 50% vista la grave crisi economica). Dalla nostra lettera datata 10 dicembre scaturì un incontro il 18 dicembre, in cui ribadimmo la necessità di allargare il confronto alle altre organizzazioni di categoria e in cui sottolineammo la nostra contrarietà a nuove aper- Contestata la decisione del Comune di aggiungere nuove date a quelle attuali, così come consentito dalla legge, senza però aver definito un preciso accordo con le organizzazioni di categoria ture se non a precise condizioni. Da allora è regnato il silenzio, ed ecco che ci ritroviamo questa ordinanza». «Si è trattato di un ennesimo colpo di mano - ha dichiarato Alessandro Tarpini, Cgil - da parte dell’Amministrazione. Nella stessa ordinanza che introduce 5 nuove aperture domenicale sulle dieci possibili si fa riferimento ad un accordo con le organizzazioni sindacali che di fatto non c’è stato. A ciò si aggiunga il fatto che talune deroghe non sono motivate con adeguata serietà: si sarebbe optato sul 25 aprile e sul 15 agosto in quanto le giornate cadono di sabato! Ma c’è un ulteriore elemento da richiamare. Nel confronto in atto a livello regionale si era convenu- to sulla necessità di lasciare libere alcune giornate, in virtù del loro significato simbolico: il 25 aprile, il 1° maggio, il 2 giugno. Ebbene Palazzo Cernezzi non si è curato minimamente di questo aspetto. Con l’introduzione delle nuove date, in pratica, dal 25 ottobre al 10 gennaio i centri commerciali potrebbero restare aperti tutte le domeniche! Un assurdo. Se l’apertura domenicale deve davvero essere un servizio per i cittadini perché non si opta su una politica delle rotazioni, aprendo alcuni centri una domenica e altri un’altra?». «L’atteggiamento del Comune ci è sembrato quantomeno singolare spiega Fausto Tagliabue, segretario generale della Cisl di Como - e sembra fondarsi su un’idea, sbagliata: quella che la gente oggi non consumerebbe di meno in virtù della crisi in atto, ma semplicemente perché i centri sono aperti in orari non comodi alla cittadinanza. La realtà è invece un’altra. Non dimentichiamoci, inoltre, che quando ra- gioniamo sulle aperture dobbiamo tenere conto delle esigenze dei cittadini consumatori ma anche dei lavoratori, che hanno pieno diritto di godersi il meritato riposo settimanale in famiglia. Tutte figure che vanno tutelate. L’ordinanza del Comune di Como non ci sembra adeguata ne rispondere realmente alle necessità del nostro territorio. Stiamo pertanto valutando se esistano gli estremi per un eventuale sua impugnazione, ricorrendo al Tribunale Amministrativo Regionale». DOMENICA 1 MARZO Serata bulgara a Capiago Intimiano Martedì 3 marzo, in occasione della festa nazionale della Bulgaria, le Associazioni “Strade dell’Est” e “Bulgari in Lombardia” organizzano presso l’oratorio di Capiago (in piazza della Chiesa), a partire dalle ore 19.45, una “Serata Bulgara”, con cena a base di specialità gastronomiche e vini della Bulgaria, accompagnata da video e proiezione di diapositive sulle bellezze culturali ed artistiche del Paese, insieme ad un’esposizione di alcune tradizioni, prodotti artigianali, quadri ed icone (www.emiltzeinski.it). Per la partecipazione alla serata (cena compresa) sarà richiesto un contributo di 20 euro (per bambini fino a 12 anni 10 euro). È necessaria la prenotazione (entro venerdì 27 febbraio) telefonando al 339-1246298 o inviando una mail a [email protected]. Unitalsi. giornata diocesana spiritualità a Garzola Domenica 1 marzo avrà luogo la Giornata di spiritualità dell’Unitalsi diocesana al Santuario Madonna del Prodigio a Garzola presieduta da mons. Andrea Caelli, rettore del seminario. Questo il programma ore 9 accoglienza , lodi meditazioni ore 11,30 santa messa ore 12,45 pranzo comunitario ore 15 vespri e benedizione. La giornata oltre ai soci è apreta a malati e simpatizzanti per iscrizioni al pranzo telefonare martedì dalle 14 alle 16 o il giovedì dalle 14 alle 18 alla sede dell’ Unitalsi Como in via Rodari 1, telefono 031-304430. . PA G I N A IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 1 Quaresima 2009 Tempo per «prendere il largo»! inserto a cura di don Agostino Clerici MERCOLEDÌ DELLE CENERI - INIZIO DELLA SANTA QUARESIMA Parola FRA noi GL 2,12-18 SAL 50 2 COR 5,20-6,2 MT 6,1-6.16-18 Una società senza amore e senza parole fraterne, senza madri e senza padri, sarà sempre più anoressica o bulimica di ANGELO SCEPPACERCA I TRE PILASTRI: ELEMOSINA, PREGHIERA, DIGIUNO Q uando fai l’elemosina... quando pregate... quando digiunate...”. L’inizio della Quaresima ci ricorda i tre pilastri della religione: l’elemosina, la preghiera e il digiuno. Sono i pilastri della religione perché definiscono il nostro rapporto con gli altri, con Dio e con le cose. Queste tre relazioni dicono anche che tipo di vita viviamo, rendono pubblica la verità della nostra esistenza. Infatti, ogni nostra azione può essere compiuta o per aver notorietà e approvazione dagli altri, oppure per essere graditi a Dio solo, fatta per amore e in umiltà. In ogni azione, anche in quelle “buone”, è naturale il bisogno di riconoscimento. Ognuno vive dello sguardo dell’altro. Il punto è: da chi vogliamo essere identificati, davanti a quali occhi stare, se a quelli degli uomini o a quelli di Dio. Gesù ci invita non solo ad essere religiosi – facendo elemosine, pregando e digiunando – ma a purificare fino in fondo le intenzioni del nostro cuore. “Quando fai l’elemosina”. L’elemosina non è solo un gesto di bontà, ma un atto di giustizia perché è impronta di solidarietà col povero, vicino o lontano che sia. Tutti i beni della terra sono destinati al “bene comune” e la solidarietà garantisce non solo la vita materiale, ma anche quella spirituale: l’amore fraterno. Fede e giustizia sono come l’anima e il corpo: non c’è l’una senza l’altro. Dal tempo di Gesù fino ad oggi gli ipocriti (letteralmente “gli attori”, quelli che indossano una maschera) non sono scomparsi e nelle loro opere, anche quando sono camuffate di perbenismo, c’è sempre nascosto lo scopo di voler primeggiare. L’apparire vince sulla realtà e la vanità avvelena ogni gesto. L’invito di Gesù, per l’elemosina come per la preghiera e il digiuno, è a viverli “nel segreto”, ossia nella parte più intima che nessuno vede, nel cuore delle intenzioni. “Quando preghi”. Prima ancora di insegnarci il “Padre nostro”, Gesù spiega come pregare. Anche la preghiera, infatti, può esser fatta per farsi vedere. La preghiera autentica è porsi davanti a Dio, non davanti agli uomini. Pregare è aprirsi a Dio, parlargli e udirlo, non chiudersi su di sé. Si può essere ipocriti anche nella preghiera. L’ipocrita, pur di apparire, si serve di tutti, anche di Dio. Ma Dio resiste ai superbi e si apre agli umili. Se è vero, come dice il Siracide, che la preghiera dell’umile penetra le nubi, chi potrà mai calcolare il bene piovuto sulla terra grazie alle preghiere dei piccoli del Signore? “Quando digiuni”. Il digiuno è segno di conversione perché il morso della fame volontaria ci fa capire che non di solo pane vive l’uomo. Con questa consapevolezza operare con giustizia e dividere i propri beni con i poveri, sono le naturali conseguenze del digiuno cristiano. Nella nostra società consumistica ridotta a bocca che tutto divora e a tubo digerente che tutto assimila, il digiuno riacquista significato e attualità se lo si comprende come medicina per guarire dalla brama del possesso, come metodo per giungere alla virtù della sobrietà, come anti- doto al veleno dell’edonismo che tutto riduce al consumo di sensazioni. Una società senza amore e senza parole fraterne, senza madri e senza padri, sarà sempre più anoressica o bulimica. Un’ultima doverosa considerazione. Come si può dire che la religione è all’origine delle guerre? Solo il peccato lo è, comunque e sempre. Nel cuore rivelato della religione, invece, c’è l’appello al superamento delle contese e alla comprensione per il povero. Una regola d’oro accomuna le grandi tradizioni religiose: fai all’altro quello che vorresti fosse fatto a te. In questa giornata, inizio della quaresima, il Papa invita tutti i cristiani a digiunare e pregare per la pace. Non è fuori luogo pensare che questo appello possa essere raccolto anche da altri credenti per i quali il digiuno, l’elemosina e la preghiera sono pure pilastri del loro credere. A digiuno, con le tasche più leggere per aver condiviso e dopo aver pregato nell’intimo, la pace è più vicina, avverabile. PA G I N A IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 2 Quaresima 2009 Il messaggio di Benedetto XVI «GESÙ, DOPO AVER DIGIUNATO QUARANTA GIORNI E QUARANTA NOTTI, C ari fratelli e sorelle! All’inizio della Quaresima, che costituisce un cammino di più intenso allenamento spirituale, la Liturgia ci ripropone tre pratiche penitenziali molto care alla tradizione biblica e cristiana - la preghiera, l’elemosina, il digiuno - per disporci a celebrare meglio la Pasqua e a fare così esperienza della potenza di Dio che, come ascolteremo nella Veglia pasquale, “sconfigge il male, lava le colpe, restituisce l’innocenza ai peccatori, la gioia agli afflitti. Dissipa l’odio, piega la durezza dei potenti, promuove la concordia e la pace” (Preconio pasquale). Nel consueto mio Messaggio quaresimale, vorrei soffermarmi quest’anno a riflettere in particolare sul valore e sul senso del digiuno. La Quaresima infatti richiama alla mente i quaranta giorni di digiuno vissuti dal Signore nel deserto prima di intraprendere la sua missione pubblica. Leggiamo nel Vangelo: “Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame” (Mt 4,12). Come Mosè prima di ricevere le Tavole della Legge (cfr Es 34,28), come Elia prima di incontrare il Signore sul monte Oreb (cfr 1 Re 19,8), così Gesù pregando e digiunando si preparò alla sua missione, il cui inizio fu un duro scontro con il tentatore. Possiamo domandarci quale valore e quale senso abbia per noi cristiani il privarci di un qualcosa che sarebbe in se stesso buono e utile per il nostro sostentamento. Le Sacre Scritture e tutta la tradizione cristiana insegnano che il digiuno è di grande aiuto per evitare il peccato e tutto ciò che ad esso induce. Per questo nella storia della salvezza ricorre più volte l’invito a digiunare. Già nelle prime pagine della Sacra Scrittura il Signore comanda all’uomo di astenersi dal consumare il frutto proibito: “Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire” (Gn 2,16-17). Commentando l’ingiunzione divina, san Basilio osserva che “il digiuno è stato ordinato in Paradiso”, e “il primo comando in tal senso è stato dato ad Adamo”. Egli pertanto conclude: “Il ‘non devi mangiare’ è, dunque, la legge del digiuno e dell’astinenza” (cfr Sermo de jejunio: PG 31, 163, 98). Poiché tutti siamo appesantiti dal peccato e dalle sue conseguenze, il digiuno ci viene offerto come un mezzo per riannodare l’amicizia con il Signore. Così fece Esdra prima del viaggio di ritorno dall’esilio alla Terra Promessa, invitando il popolo riunito a digiunare “per EBBE FAME» (MT 4,2) umiliarci - disse - davanti al nostro Dio” (8,21). L’Onnipotente ascoltò la loro preghiera e assicurò il suo favore e la sua protezione. Altrettanto fecero gli abitanti di Ninive che, sensibili all’appello di Giona al pentimento, proclamarono, quale testimonianza della loro sincerità, un digiuno dicendo: “Chi sa che Dio non cambi, si ravveda, deponga il suo ardente sdegno e noi non abbiamo a perire!” (3,9). Anche allora Dio vide le loro opere e li risparmiò. Nel Nuovo Testamento, Gesù pone in luce la ragione profonda del digiuno, stigmatizzando l’atteggiamento dei farisei, i quali osservavano con scrupolo le prescrizioni imposte dalla legge, ma il loro cuore era lontano da Dio. Il vero digiuno, ripete anche altrove il divino Maestro, è piuttosto compiere la volontà del Padre celeste, il quale “vede nel segreto, e ti ricompenserà” (Mt 6,18). Egli stesso ne dà l’esempio rispondendo a satana, al termine dei 40 giorni passati nel deserto, che “non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4). Il vero digiuno è dunque finalizzato a mangiare il “vero cibo”, che è fare la volontà del Padre (cfr Gv 4,34). Se pertanto Adamo disobbedì al comando del Signore “di non mangiare del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male”, con il digiuno il credente intende sottomettersi umilmente a Dio, confidando nella sua bontà e misericordia. Troviamo la pratica del digiuno molto presente nella prima comunità cristiana (cfr At 13,3; 14,22; 27,21; 2 Cor 6,5). Anche i Padri della Chiesa parlano della forza del digiuno, capace di tenere a fre- no il peccato, reprimere le bramosie del “vecchio Adamo”, ed aprire nel cuore del credente la strada a Dio. Il digiuno è inoltre una pratica ricorrente e raccomandata dai santi di ogni epoca. Scrive san Pietro Crisologo: “Il digiuno è l’anima della preghiera e la misericordia la vita del digiuno, perciò chi prega digiuni. Chi digiuna abbia misericordia. Chi nel domandare desidera di essere esaudito, esaudisca chi gli rivolge domanda. Chi vuol trovare aperto verso di sé il cuore di Dio non chiuda il suo a chi lo supplica” (Sermo 43: PL 52, 320. 332). Ai nostri giorni, la pratica del digiuno pare aver perso un po’ della sua valenza spirituale e aver acquistato piuttosto, in una cultura segnata dalla ricerca del benessere materiale, il valore di una misura terapeutica per la cura del proprio corpo. Digiunare giova certamente al benessere fisico, ma per i credenti è in primo luogo una “terapia” per curare tutto ciò che impedisce loro di conformare se stessi alla volontà di Dio. Nella Costituzione apostolica Pænitemini del 1966, il Servo di Dio Paolo VI ravvisava la necessità di collocare il digiuno nel contesto della chiamata di ogni cristiano a “non più vivere per se stesso, ma per colui che lo amò e diede se stesso per lui, e ... anche a vivere per i fratelli” (cfr Cap. I). La Quaresima potrebbe essere un’occasione opportuna per riprendere le norme contenute nella citata Costituzione apostolica, valorizzando il significato autentico e perenne di quest’antica pratica penitenziale, che può aiutarci a mortificare il nostro egoismo e ad aprire il cuore all’amore di Dio e del prossimo, primo e sommo comandamento della nuova Legge e compendio di tutto il Vangelo (cfr Mt 22,34-40). La fedele pratica del digiuno contribuisce inoltre a conferire unità alla persona, corpo ed anima, aiutandola ad evitare il peccato e a crescere nell’intimità con il Signore. Sant’Agostino, che ben conosceva le proprie inclinazioni negative e le definiva “nodo tortuoso e aggrovigliato” (Confessioni, II, 10.18), nel suo trattato L’utilità del digiuno, scriveva: “Mi dò certo un supplizio, ma perché Egli mi perdoni; da me stesso mi castigo perché Egli mi aiuti, per piacere ai suoi occhi, per arrivare al diletto della sua dolcezza” (Sermo 400, 3, 3: PL 40, 708). Privarsi del cibo materiale che nutre il corpo facilita un’interiore disposizione ad ascoltare Cristo e a nutrirsi della sua parola di salvezza. Con il digiuno e la preghiera permettiamo a Lui di venire a saziare la fame più profonda che sperimentiamo nel nostro intimo: la fame e sete di Dio. Al tempo stesso, il digiuno ci aiuta a prendere coscienza della situazione in cui vivono tanti nostri fratelli. Nella sua Prima Lettera san Giovanni ammonisce: “Se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l’amore di Dio?” (3,17). Digiunare volontariamente ci aiuta a coltivare lo stile del Buon Samaritano, che si china e va in soccorso del fratello sofferente (cfr Enc. Deus caritas est, 15). Scegliendo liberamente di privarci di qualcosa per aiutare gli altri, mostriamo concretamente che il prossimo in difficoltà non ci è estraneo. Proprio per mantenere vivo questo atteggiamento di accoglienza e di attenzione verso i fratelli, incoraggio le parrocchie ed ogni altra comunità ad intensificare in Quaresima la pratica del digiuno personale e comunitario, coltivando altresì l’ascolto della Parola di Dio, la preghiera e l’elemosina. Questo è stato, sin dall’inizio, lo stile della comunità cristiana, nella quale venivano fatte speciali collette (cfr 2 Cor 8-9; Rm 15, 25-27), e i fedeli erano invitati a dare ai poveri quanto, grazie al digiuno, era stato messo da parte (cfr Didascalia Ap., V, 20,18). Anche oggi tale pratica va riscoperta ed incoraggiata, soprattutto durante il tempo liturgico quaresimale. Da quanto ho detto emerge con grande chiarezza che il digiuno rappresenta una pratica ascetica importante, un’arma spirituale per lottare contro ogni eventuale attaccamento disordinato a noi stessi. Privarsi volontariamente del piacere del cibo e di altri beni materiali, aiuta il discepolo di Cristo a controllare gli appetiti della natura indebolita dalla colpa d’origine, i cui effetti negativi investono l’intera personalità umana. Opportunamente esorta un antico inno liturgico quaresimale: “Utamur ergo parcius, / verbis, cibis et potibus, / somno, iocis et arctius / perstemus in custodia - Usiamo in modo più sobrio parole, cibi, bevande, sonno e giochi, e rimaniamo con maggior attenzione vigilanti”. Cari fratelli e sorelle, a ben vedere il digiuno ha come sua ultima finalità di aiutare ciascuno di noi, come scriveva il Servo di Dio Papa Giovanni Paolo II, a fare di sé dono totale a Dio (cfr Enc. Veritatis splendor, 21). La Quaresima sia pertanto valorizzata in ogni famiglia e in ogni comunità cristiana per allontanare tutto ciò che distrae lo spirito e per intensificare ciò che nutre l’anima aprendola all’amore di Dio e del prossimo. Penso in particolare ad un maggior impegno nella preghiera, nella lectio divina, nel ricorso al Sacramento della Riconciliazione e nell’attiva partecipazione all’Eucaristia, soprattutto alla Santa Messa domenicale. Con questa interiore disposizione entriamo nel clima penitenziale della Quaresima. Ci accompagni la Beata Vergine Maria, Causa nostrae laetitiae, e ci sostenga nello sforzo di liberare il nostro cuore dalla schiavitù del peccato per renderlo sempre più “tabernacolo vivente di Dio”. Con questo augurio, mentre assicuro la mia preghiera perché ogni credente e ogni comunità ecclesiale percorra un proficuo itinerario quaresimale, imparto di cuore a tutti la Benedizione Apostolica. Dal Vaticano, 11 Dicembre 2008 IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO -21 FEBBRAIO 2009 Quaresima 2009 PA G I N A 3 Una riflessione sul digiuno UN DIGIUNO GIOIOSO PER ARRIVARE A UN CAMBIAMENTO DI MENTALITÀ N el messaggio per la Quaresima 2009 Benedetto XVI torna sul tema del digiuno. Dopo alcuni velocissimi, ma puntuali accenni ad esperienze dell’Antico Testamento, il pontefice propone l’esperienza di Gesù per il quale il digiuno è finalizzato a mangiare il vero cibo, che è fare la volontà del Padre. Da qui l’esperienza delle prime comunità cristiane e poi la nostra esperienza dove il digiuno “pare aver perso un po’ della sua valenza spirituale”. Si ricordano ancora alcuni passaggi della costituzione apostolica Paenitemini di Paolo VI, sempre su questo tema, poi si passa ad indicare alcuni significati utili per i cristiani di oggi. In Quaresima – si dice – il digiuno potrebbe aiutare a ritrovare unità nella persona frantumata in mille occupazioni e distrazioni e potrebbe servire a prendere coscienza della situazione in cui vivono tanti nostri fratelli. Naturalmente non in modo automatico, ma solo se il ‘digiunare’ diventa occasione per far spazio ad un maggior ascolto della ‘parola di salvezza’ e a ricuperare e coltivare ‘lo stile del buon Samaritano’. Qualche approfondimento sull’argomento. IL DIGIUNO, PER UN PO’ DI GIOIA Per i cristiani l’ascesi quaresimale è un serio impegno di conversione per avere parte alla grazia e alla gioia pasquale. Digiunando, quindi, l’uomo si riconosce povero e impotente, bisognoso di trascendenza e di salvezza, di Qualcuno che possa disporre della sua vita. Per renderselo propizio si rimette ‘nudo’, spoglio davanti a Lui. Poiché tutte le tensioni sono determinate dallo scatenarsi delle passioni umane, dall’ingordigia di possedere, di dominare, di godere, ossia dall’uso disordinato e ingiusto dei beni che Dio ha offerto a tutti, occorre privarsi temporaneamente di tutto quello di cui solitamente abusiamo (cibo, denaro, beni, mezzi di comunicazione, parole…) per riscoprire ciò che è essenziale e per favorire, con la generosa condivisione, quelli che ingiustamente sono privati del necessario, gli ultimi della società. E questo non soltanto nei giorni speciali di digiuno, ma sempre, imparando a vivere con sobrietà e carità. Il digiuno e la preghiera quaresimali sono dunque una scuola di autodisciplina, una sorta di allenamento graduale per arrivare a un cambiamento di mentalità, ad una condotta che rispetti la ‘volontà di Dio’ e i diritti del prossimo. Se siamo sazi di noi stessi e di cose, se siamo agguerriti interiormente per difendere sempre le nostre posizioni non possiamo aprirci né a Dio né al prossimo. Gesù stesso iniziò la sua missione di annunciare il Regno di Dio con quaranta giorni di digiuno nel deserto, nutrendosi della parola di Dio e della santa volontà del Padre. Il digiuno e la penitenza che portano alla conversione sfociano nella gioia pasquale che è liberazione dal peccato, trionfo dell’amore e della pace nei cuori e, conseguentemente, nella vita sociale e nei popoli. Una preghiera della liturgia della Chiesa d’Oriente in tempo di quaresima riassume bene le disposizioni del vero digiuno che dovremmo fare con animo alacre e sereno: “Signore togli da me lo spirito di ozio, di scoraggiamento, di brama di potere e di vano parlare. Dona invece al tuo servo lo spirito di castità, di umiltà, di pazienza e d’amore. Sì, o Signore, concedimi di vedere i miei errori e di non giudicare il mio fratello, perché tu sei benedetto nei secoli. Amen”. Ecco perché il digiuno dei cristiani dev’essere gioioso. Si digiuna dai cibi, da ogni superfluità, e anzitutto dal peccato, per gustare la Parola di Dio e la dolcezza della preghiera come comunione d’amore con Dio e con i fratelli. UN PO’ DI SILENZIO PER ASCOLTARE DI PIU’ La tradizione spirituale cristiana ha sempre letto il tempo della quaresima attraverso la metafora del deserto: è un tempo ‘altro’ perché contrassegnato dalla prassi dello stare in disparte, della solitudine e del silenzio, in vista soprattutto dell’ascolto del Signore e del discerni- mento della sua volontà. Potrebbe essere un modo interessante per riempire di significato la pratica del digiuno; potrebbe essere una proposta da fare in parrocchia, con diverse modalità, coinvolgendo gruppi di catechismo di iniziazione cristiana, genitori, catechisti e adulti impegnati in questo itinerario e l’intera comunità cristiana. Ma con proposte non generiche e non lasciate solo alla libera iniziativa. Questo far tacere parole e presenze intorno a sé ha la funzione di disciplinare il rapporto tra la Parola di Dio e le parole: il silenzio diventa occasione e strumento per dare priorità alla Parola, per conferirle priorità rispetto all’intera giornata in modo che sia veramente ascoltata, accolta, meditata, custodita, e, quindi, realizzata con intelligenza. Il silenzio, inoltre, è necessario per far nascere una parola umana autorevole, comunicativa, penetrante, Proposte di lettura sul digiuno DAG TESSORE, Il digiuno, Città Nuova, pagine 78, e 7,00 ANTONIO GENTILI, A pane e acqua. Pratica e spiritualità del digiuno, Ancora, pagine 158, e13,00 AMSELM GRÜN, Digiunare per il corpo e per lo spirito, San Paolo, pagine 78, e 6,00 ricca di sapienza e di capacità di comunione: quante volte, invece ci pare di ascoltare parole ‘vane’ – lo abbiamo sperimentato soprattutto in questi giorni passati! – perché non originate dal silenzio, dal religioso ascolto; parole vuote di senso perché ‘contro’ qualcuno, che non sono altro che rumore, affiorare vociante dei peggiori sentimenti che ci abitano. Oggi, purtroppo, è diventato così difficile volere il silenzio, crearlo, viverlo… Il silenzio è il grande assente dalla nostra società, dalle nostre città, dalle nostre case, dai nostri corpi, insomma dalla nostra vita. La modernità ha significato anche il trionfo del rumore, ci ha imposto una perdurante condizione di non silenzio, di non pausa a tutti i livelli e in ogni circostanza della nostra esistenza. Gli effetti di questa dominante del rumore assordante si riflettono sulle persone, sempre meno capaci di vivere consapevolmente il tempo, sempre meno disposte a vivere una vita interiore profonda e ad esercitare la comunicazione attraverso tutti i sensi, anche quelli spirituali. Si teme il silenzio come se fosse un abisso vuoto, da riempire ad ogni costo con rumore qualsiasi, mentre in realtà è ciò che permette di ascoltare bene la vita. Anche le nostre realtà pastorali sono, spesso, vittime di questa difficoltà. E il tempo di quaresima che dovrebbe essere il tempo del digiuno per ascoltare, diventa, invece, il tempo in cui si moltiplicano le parole, i discorsi, perfino le chiacchiere. Quanta fatica a pensare e proporre momenti di silenzio per far spazio alla Parola e alla Presenza di Dio; quante difficoltà ad ascoltare e condividere, a pregare e ad adorare in silenzio… Con la scusa che i fedeli non sono abituati, che è tradizione fare questo e quello, non si ha mai il coraggio di aiutare le persone a ritrovare se stesse per una esperienza di fede che incominci dal di dentro, dal cuore dell’uomo… La Quaresima può fornirci l’occasione per un digiuno dalle parole e dai suoni, per una ricerca e una pratica di tempi di silenzio durante il giorno e di vigilanza sulle parole perché non siano mai né violente, né vane. Ogni cristiano per vivere una vita più buona e più bella, una vita contrassegnata dalla beatitudine, deve imparare il silenzio, a custodire il silenzio, altrimenti finirà per perdere il contatto con la propria realtà autentica. Come potrà percepire la propria realtà di Figlio e a viverla profondamente se non ci sono mai momenti di familiarità e di confidenza con il Padre e con il proprio fratello? don BATTISTA RINALDI PA G I N A IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 4 Quaresima 2009 Prima domenica di Quaresima LA FEDELTÀ DI DIO PRECEDE L’IMPEGNO DELL’UOMO A l racconto del battesimo di Gesù, Marco collega immediatamente quello della tentazione. Racconto breve (2 versetti contro gli 11 di Matteo e i 13 di Luca) che svela per questo la sua originalità. Cerchiamo, allora, di cogliere le caratteristiche del nostro testo. In Marco, la tentazioneprova caratterizza tutto il tempo in cui Gesù è nel deserto (“era tentato”), mentre in Matteo e Luca la tentazione (sotto tre diverse prospettive) sopraggiunge al termine dei quaranta giorni. In Matteo e Luca viene sottolineato il digiuno di Gesù durante i quaranta giorni che precedono la prima tentazione; in Marco abbiamo invece gli angeli che provvedono costantemente a Gesù (“lo servivano”).Infine, Marco è il solo a sottolineare che Gesù “stava con le bestie selvatiche”. IL COMPIMENTO DI UN’ATTESA Il racconto di Marco è costruito attorno ad alcune parole-chiave: deserto, tentazione, le fiere, il servizio degli angeli. Brevemente. Il deserto non è solo il luogo della potenza del male Il testo del vangelo della prima domenica di Quaresima (Marco 1,12-15) ci propone il racconto della tentazione di Gesù e il suo annuncio-programma: “Il tempo è compiuto... Convertitevi e credete nel Vangelo”. I sinottici (Matteo, Marco, Luca) collocano il racconto della tentazione tra il battesimo di Gesù e l’inizio del suo ministero. Al battesimo Gesù è proclamato Messia nella linea del servo sofferente (“Tu sei il figlio mio, ‘amato: in te ho posto il mio compiacimento”). Prima di iniziare la sua attività pubblica Gesù è tentato da Satana nel deserto pagina a cura di ARCANGELO BAGNI (concezione, questa, diffusa al tempo di Gesù nella mentalità giudaica); esso rimanda anche all’attesa messianica: è nel deserto che il Messia deve venire (Is 40, 3); è nel deserto che Dio instaurerà con il suo popolo relazioni amicali, come un nuovo fidanzamento: “Per questo ti sedurrò e ti condurrò nel deserto e là parlerò al tuo cuore” (Os 2, 16 ss). Ora, nel libro di Osea, la promessa di un “nuovo fidanzamento” è accompagnata da quella della restaurazione della condizione paradisiaca: “Concluderò con essi in quei giorni- un’alleanza con le bestie dei campi, gli uccelli del cielo, i rettili del suolo”... (2,20). La prospettiva diventa così messianica (Is 11, 6-9; 35, 5-10; Ez 34, 2328; Dt 32, 10): la storia di Gesù che è cominciata (Mc 1,1) ha a che fare con l’attesa messianica; un’attesa che diventa compimento; un compimento che apre su di una nuova creazione. Il tema della tentazione può essere letto certamente nella prospettiva dell’esodo: il deserto come luogo, i quaranta giorni come tempo, la “prova” come situazione. Notiamo, tuttavia, come Marco non parli di tentazioni specifiche né di alcuna vittoria definitiva di Gesù sul tentatore (diversamente da Mt: “Allora il diavolo lo abbandona, ed ecco, degli angeli si avvicinano e le servivano”, 4, 11). Gesù, per Marco, non ha certamente ceduto al tentatore. Egli dice infatti che gli angeli lo “servivano”: l’imperfetto sta ad indicare una situazione che permane. Durante tutti i quaranta giorni gli angeli servivano Gesù. L’AMORE DI DIO PRECEDE IL CAMMINO DI CONVERSIONE DELL’UOMO l tema del deserto richiama, in Marco, sia il luogo della preghiera solitaria (cf Mc 1,35), del riposo, della lontananza dalle folle, sia il tempo trascorso da Israele nel suo cammino verso la terra promessa. L’annotazione di tempo (“per quaranta giorni”) ha una portata simbolico-teologica: richiama i quaranta giorni del diluvio, i quaranta anni del cammino di Israele nel deserto. Gesù dunque ripercorre e porta a compimento quella storia di cui i fatti citati sono stati momenti significativi. Il tema della tentazione è richiamato altre volte da Marco (cf 8,11; 10, 2; 12,15). In tutti i casi la tentazione riguarda un mettere in discussione la validità della vita scelta da Gesù. Le domande che collegano i testi citati posso essere espresse così: la strada che Gesù percorre nel suo essere Messia, è davvero la strada giusta? La logica che la guida è davvero valida? E’ dunque in discussione un certo modo di essere Messia piuttosto che un altro. Gesù, solo dopo aver verificato la strada da seguire (la via, cioè, del servizio e non la via della potenza o del privilegio), inizierà la sua vita pubblica. I discepoli, nel vangelo di Marco, costantemente faticheranno a comprendere la strada che Gesù ha scelto. E di fronte alla prospettiva della croce si scandalizzeranno e fuggiranno. Rivelato dal Padre (“Tu sei il Figlio mio, l’amato), vinte la potenze del male (“stava con le fiere e gli angeli lo servivano”), Gesù si presenta alle folle proclamando: “Il tempo è compiuto, il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credere nel vangelo”. Il tempo è compiuto: con Gesù termina il tempo dell’attesa e ha inizio la pienezza, il tempo ultimo e decisivo di cui avevano parlato i profeti (cf Ger 3,17; 5,18; 50,4.20; Ez 7,12; Dn 7,22; 12,9) e che interpella ora radicalmente tutti. Ed è Dio l’autore di questo compimento. Il Regno di Dio è giunto: per Israele il Regno di Dio era una realtà che diceva riferimento essenzialmente a un domani, a un qualcosa che stava davanti. Gesù afferma che questo domani è diventato un presente, un oggi. All’iniziativa di Dio (“il tempo è compiuto e il Regno è vicino) l’uomo è chiamato a rispondere. E’ in questa prospettiva che comprendiamo i due imperativi: “Convertitevi” e “Credete al vangelo”. Convertirsi: la conversione di cui parla il testo non chiama in causa solo una dimensione di maggiore impegno. Per Marco, convertirsi significa cambiare modo di pensare Gesù e la sua proposta. Si tratta, allora, di comprendere - e fare proprio - il suo stile di vita e di “ricentrare” la propria esistenza su di esso. La conversione è dunque una risposta a un avvenimento che precede il credente: la proposta libera e gratuita di Dio in Gesù. Credere nel vangelo: poiché la vicenda di Gesù (il modo con il quale essa inizia, si svolge e si conclude) è la “lieta notizia”, al credente è chiesto di fidarsi di essa al punto tale da farla propria. Credere al vangelo significa, allora, accettare e fidarsi della logica che ha guidato tutta la storia di Gesù: la logica della solidarietà agli uomini e della fedeltà al Padre. Notiamo, infine, lo strano rapporto tra conversione e fede. Abitualmente noi penseremmo: prima la fede e poi la conversione. La prospettiva del testo evangelico è diversa: la conversione non è né la condizione della fede né solo una conseguenza di essa ma la stessa fede in atto. La “lieta notizia” sta in questo: “Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà per causa mia e del vangelo, la salverà” (Mc 8,35). I Tuttavia, è significativo notare che l’evangelista non parla di un “trionfo” definitivo di Gesù. Forse Marco vuole introdurre il lettore a comprendere che la vittoria definitiva di Gesù avviene solo con la manifestazione della croce? E che là occorrerà comprendere come e in che senso Gesù è il Figlio di Dio, l’amato? Possiamo rilevare anche che, nel racconto di Marco, il tentatore entrerà ancora in scena proprio di fronte all’interpretazione da dare alla vicenda di un Messia crocifisso (8,33). Una prospettiva, quella del Messia-crocifisso che scandalizza “satanicamente” il discepolo Pietro che invita Gesù a percorre un’altra strada per essere più credibile! E’ opportuno ricordare che il verbo “tentare”, in prospettiva biblica, indica il modo con il quale l’uomo mette alla prova Dio (chiedendo segni perché la sua parola e la sua azione siano più credibili) e il modo con il quale Dio mette alla prova l’uomo (non per punirlo, ma per verificare se la sua fede sia davvero disinteressata: si legga, in questa linea, la vicenda di Giobbe). Le bestie selvatiche: per alcuni, esse indicherebbero la solitudine e il disagio del deserto; per altri - e forse in modo più coerente - esse richiamerebbero il tema paradisiaco, il ritorno alla pace tra l’uomo e gli animali, come sperava Isaia pensando alla pienezza dei tempi, all’avvento del Messia (Is 11, 6-9). Gesù realizzerebbe, allora, le speranze messianiche (Gb 5, 22-23; Os 2,2o; Is 11, 6-9; 65, 25). In Gesù ha inizio una nuova creazione. Ma per comprendere tutta la portata sarà necessario seguire la storia di Gesù fino alla croce. Essa, solo essa, svela come, in che senso l’umanità nuova ha origine e si sviluppa dentro la storia concreta, segnata ancora dal peccato e dalla contraddizione. Infine, il servizio degli angeli: esso pure rimanda alla restaurata comunione fra l’uomo e Dio. Alcune provocazioni Innanzitutto, Gesù è sì figlio di Dio, eppure viene tentato; egli non sfugge dalla lotta con il male e con le sue provocazioni. Un primo scandalo da superare sta proprio qui: essere figlio di Dio, per Gesù, non ha significato evasione dalla storia, ma assunzione di essa e fino in fondo. In quale Messia crediamo? Un Dio potente che risolverebbe anche i nostri problemi o un Dio che li “abita” dando ad essi nuove prospettive? Poi, la lieta notizia del Vangelo è sorprendente e debole allo stesso tempo. Sorprendente, perché ci attesta che Dio viene incontro a noi, per primo e gratuitamente invitandoci a condividere la sua stessa vita in Gesù. Debole, perché lo logica con la quale Dio agisce e invita ad agire è la logica del dono e della gratuità. E questa prospettiva “ci mette alla prova” costantemente. Noi vorremmo, molto spesso, che la proposta evangelica fosse più efficace, maggiormente capace di “imporsi”. Ma la fortezza del vangelo sta nella debolezza della croce. Quindi, tutto questo ci interpella, in modo particolare nel nostro vissuto comunitario e familiare. Siamo in grado di creare spazi dove si possa sperimentare davvero che la debolezza dell’amore è capace di costruire l’esistenza umana? Siamo in grado di educare e di educarci a comprendere - perché lo viviamo ogni giorno - che la gratuità, il dono, lo spendersi per gli altri non è un perdersi ma un ritrovarsi? Abbiamo, come famiglie e come comunità, la capacità di motivare, con la testimonianza e la parola, la nostra fede nella debolezza della croce? Questi interrogativi ci accompagnino nella quaresima che è iniziata. CRONACA Como&territorio IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 P A G I N A 21 PROMOSSO DALLA PROVINCIA Corso per guardiapesca volontari L a Provincia di Como organizza un corso di formazione per guardia-pesca volontari. L’obiettivo è quello di poter disporre di personale volontario tecnicamente “formato” che collabori con i professionisti per intervenire in modo sempre più efficace a tutela e difesa del territorio e delle sue ricchezze naturali. Il corso è gratuito e aperto a tutti i maggiorenni. Gli otto incontri, tenuti da personale dell’Ufficio Pesca e della Polizia Provinciale, si terranno con cadenza bisettimanale presso Villa Gallia, sede della Provincia di Como, in via Borgovico 148, dalle ore 20.30 alle ore 22.00 circa. Il programma del corso prevede: Lunedì 23 febbraio: Biologia, riconoscimento e distribuzione della fauna ittica. Teoria Venerdì 27 febbraio: Riconoscimento della fauna ittica. Esercitazioni Lunedì 2 marzo: I ripopolamenti, i censimenti e le altre attività di gestione della fauna ittica Venerdì 6 marzo: La regolamentazione dell’attività di pesca. Teoria Lunedì 9 marzo: La regolamentazione dell’attività di pesca. Esercitazioni Venerdì 13 marzo: Le sanzioni amministrative e il ruolo dell’agente di vigilanza Lunedì 16marzo: La stesura del verbale di accertamento. Teoria FILM CON DIBATTITO A S. FEDELE INTELVI Il Comune di San Fedele Intelvi, Assessorato Politiche Giovanili, in collaborazione con l’Associazione PariComo, la Comunità Montana Lario Intelvese, la Parrocchia di Sant’Antonio Abate, la ProLoco di San Fedele, con il sostegno del Consiglio d’Istituto dell’ICS Magistri Comacini, nell’ambito del progetto “Comunicare per crescere”, cofinanziato dalla Regione Lombardia, Assessorato Famiglia e Solidarietà Sociale, organizza un ciclo di film con dibattito rivolto alle famiglie, per aiutarle e sostenerle nei loro compiti sociali ed educativi. Le proiezioni, presso la sala conferenze della Comunità Montana Lario Intelvese in San Fedele Intelvi, inizieranno alle ore 20.30, l’ingresso è libero. Questi i film e i temi in programma: 17 febbraio, Mai più come prima, (la comunicazione con gli adolescenti), 10 marzo, 28 giorni (l’alcol e la droga), 24 marzo, Piovono mucche (l’integrazione di un diversamente abile), 17 aprile, Quando sei nato non puoi più nasconderti (l’integrazione degli stranieri), 22 maggio, Pranzo di Ferragosto (la solitudine), 5 giugno, Il vangelo secondo precario (la precarietà del lavoro). L’obiettivo è quello di poter disporre di personale volontario tecnicamente “formato” che collabori con i professionisti per intervenire in modo sempre più efficace a tutela e difesa del territorio e delle sue ricchezze naturali Venerdì 20 marzo: La stesura del verbale di accertamento. Esercitazioni Al termine delle lezioni, i partecipanti dovranno affrontare un esame finale in due prove, un quiz di cinquanta domande a risposta multipla sulle materie trattate nel corso e la redazione di un verbale di accertamento di trasgressione; una volta superato l’esame finale, riceveranno il decreto di guardia particolare giurata e potranno partecipare alle attività provinciali di vigilanza e gestione ittica, come ripopolamenti, censimenti... Per informazioni e iscrizioni ci si può rivolgere al numero 031230843 (dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle 14.00) oppure si può inviare una mail a [email protected]. CERNOBBIO 1 MARZO Giornata mondiale della guida turistica ITINERARIO MANZONIANO A LECCO CON “MONDO TURISTICO” L’Associazione Culturale “Mondo Turistico” organizza per domenica 1 marzo un itinerario manzoniano a Lecco. L’appuntamento è fissato per le ore 10.30 con la guida a Lecco, davanti alla biglietteria di Villa Manzoni in località Caleotto di Lecco (5 minuti a piedi dalla stazione ferroviaria, nei pressi del centro commerciale “Meridiana”, con possibilità di parcheggio). Dopo la visita alla villa del Caleotto, ricca di testimonianze manzoniane, si raggiungerà a piedi il rione di Pescarenico e la passeggiata dell’ “..addio monti…” lungo la riva sinistra dell’Adda. Il percorso terminerà sul lungolago di Lecco. La quota di partecipazione è di 8 euro per i soci e di 9 euro per i non soci, incluso l’ingresso a Villa Manzoni. Per informazioni e prenotazioni (obbligatorie): Mondo Turistico, tel. 339.4163108; e-mail: [email protected]. Si ricorda che: le visite richiedono un minimo di 15 persone per essere effettuate. - Si prega di lasciare il recapito telefonico al momento della prenotazione e di avvisare se, successivamente alla prenotazione, si è impossibilitati a partecipare. - Gli spostamenti avvengono con mezzi propri. La Città di Cernobbio, in collaborazione con l’Associazione culturale Mondo Turistico organizza per domenica 1 marzo, in occasione della “Giornata mondiale della guida turistica”, visite guidate gratuite a Villa d’Este, Villa Erba e Villa Bernasconi. Per Villa d’Este, realizzata nel secolo XVI dal Cardinale Tolomeo Gallio e in seguito dimora di Carolina di Brunswick, moglie di Giorgio IV d’Inghilterra, le visite saranno limitate al Parco (con pass nominativo) e avranno inizio alle ore 14.30 e 15.30. Le visite a Villa Erba, già dimora estiva del regista Luchino Visconti, e al suo splendido parco, avranno inizio alle ore 10.00, alle 11.30, alle 14.30 e alle 16.00; nel pomeriggio, alle ore 14.30 e alle 16.00 sono previste visite speciali per bambini con gioco finale, a cura del Gruppo MAMO. Per Villa Bernasconi, uno degli esempi più rappresentativi dello stile liberty, le visite invece sono state fissate alle ore 14.30 e 16.00. I posti per le visite sono limitati; è pertanto obbligatoria la prenotazione telefonica al Comune di Cernobbio - Ufficio Relazioni con il Pubblico, tel. 031.343.253, dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle ore 13.30. La chiusura delle prenotazioni avverrà lunedì 23 febbraio, alle ore 13.30 oppure al raggiungimento del numero di posti disponibili. P A G I N A 22 CRONACA Como&territorio IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 UN INCONTRO LO SCORSO 3 FEBBRAIO A MONTE OLIMPINO L’Azione Cattolica e le famiglie I l 3 febbraio scorso il vice presidente diocesano dell’Azione Cattolica, Marco Arighi, ha convocato a Monte Olimpino i presidenti parrocchiali di AC per fare il punto sulla situazione, in vista della prossima Assemblea Diocesana che si terrà a Sondrio il prossimo 15 marzo alla presenza del nostro Vescovo e a cui tutti gli aderenti sono tutti invitati. Ha ricordato come l’Azione Cattolica abbia subito un calo di iscritti che deve farci riflettere, ma non scoraggiarci. Mons. Coletti ha più volte sottolineato quanto gli stia a cuore la nostra associazione di laici al servizio della Chiesa. Dobbiamo, perciò rimetterci in cammino non stancamente, ma con il desiderio vìvo di farci conoscere e diffondere i valori in cui crediamo. Tutti noi cattolici siamo chiamati a fare i conti con un clima mutato, ma non sono, certo, mutati i prìncipi su cui si fonda la nostra fede. Don Tullio ci ha ricordato come Gesù si è posto al servizio degli uomini fraternamente e su questo ci proponiamo oggi di riflettere. Nel momento in cui viviamo, è necessario più che mai, infatti, apri- Spunti di un incontro avvenuto nell’oratorio sul tema “Gesù propone un nuovo volto di Dio, un volto fraterno”. Il vice presidente diocesano Marco Arighi, ha convocato presidenti parrocchiali di AC per fare il punto sulla situazione, in vista della prossima Assemblea Diocesana che si terrà a Sondrio il prossimo 15 marzo alla presenza del nostro Vescovo di MARIA ROSARIA DI GIOIA presidente parroccchiale Ac Monte Olimpino re il nostro cuore al prossimo, cominciando da quelli che sono più vicini a noi. Nella vita famigliare siamo sicuramente disponibili ma, oltre all’amore, sappiamo dare l’ascolto di cui tutti abbiamo bisogno? Ai giovani, ad esempio, noi possiamo insegnare il valore del silenzio, ascoltandoli se hanno desiderio di parlarci, senza interromperli e senza opporre alla loro esperienza di oggi quello che facevamo noi alla loro età. Le persone che amiamo ci chiedono attenzione, condivisione e perdono. In famiglia noi mettiamo in atto uno dei più importanti precetti evangelici: dare all’altro senza un corrispettivo. I conflitti nascono, invece, quando ci aspettiamo dall’altro qualcosa per noi, qualcosa in cambio. E’ importante mettere a disposizione il proprio tempo, le proprie capacità e le proprie idee. Così, nel mondo che ci circonda, in cui tutti amano alzare la voce e i toni, noi cristiani siamo chiamati a mostrare mitezza, a dialogare con pazienza se vogliamo accogliere gli altri e trovare terreni comuni di intesa. Vivere da fratelli, come Gesù ci chiede, significa passare dalla contrapposizione al dialogo. Ciò vale, naturalmente, anche fuori del nostro ambito domestico, per dare una risposta alla domanda dei bisognosi. Come è diventato difficile ricordare che, nel giorno del Giudizio, Dio potrà dirci: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete ospitato nella vostra casa”! Ci troviamo in un mondo globalizzato, ma dobbiamo imparare a ricavarne positività, mentre rischiano di affermarsi sempre più i diritti dei più forti, sia fra le Nazioni che fra singoli soggetti. Per nostra fortuna, molte sono le persone sensibili e disponibili, ma fra queste i cristiani hanno una marcia in più: la consapevolezza della fraternità che Dio ci ha donato come Padre di tutti. La coscienza di un cristiano, oggi, deve essere aperta ai problemi politici e sociali, senza ignorare gli aspetti negativi da cui deve rifuggire, come il pietismo ad ogni costo e dare invece ai fratelli quella pietà che è amore, comprensione, condivisione. Vogliamo, perciò, nella nostra Parrocchia, creare un clima di sempre maggiore collaborazione di tutte le forze, puntando sulla cura della famiglia, perché è innanzitutto in essa che si ricevono dei valori. L’Azione Cattolica è fatta di aderenti che la so- IL TOURING CLUB, CON MONDO TURISTICO, IN VISITA AL SANTUARRIO DELLA BEATA VERGINE MARIA DEI MIRACOLI DI SARONNO I GRANDI OSSERVATORI ASTRONOMICI A TAVERNERIO I Consoli comaschi del Touring Club Italiano, con l’assistenza tecnica dell’Associazione Culturale “Mondo Turistico”, organizzano per sabato 28 febbraio una visita guidata al Santuario della Beata Vergine dei Miracoli a Saronno. L’appuntamento è fissato per le ore 15.00 con i Consoli TCI a Saronno, davanti al portale centrale del Santuario in piazza Santuario 1. Il Santuario è uno scrigno di tesori d’arte cui hanno lavorato insigni artisti. La costruzione, iniziata nel 1498, fu realizzata in stile rinascimentale su progetto di Giovanni Antonio Amadeo, architetto della fabbrica del Duomo di Milano. La fama di questo edificio, tuttavia, è dovuta all’abbondanza delle decorazioni pittoriche cinquecentesche, opera dei due grandi pittori lombardi Bernardino Luini, che ha realizzato gli affreschi dell’abside, del presbiterio, della volta della cappella del Cenacolo, delle pareti sottostanti la cupola e Gaudenzio Ferrari, che ha creato un mirabile Paradiso nella cupola con una tale miriade d’angeli per cui Saronno si vanta d’essere “la città degli angeli”. Il termine della visita è previsto per le ore 17 circa. La quota di partecipazione è di 7 euro per i soci, di 8 euro per i non soci. Per informazioni e prenotazioni (obbligatorie): APT Como, tel. 031.3300128; Libreria “Non solo libri” di Como, tel. 031-268762. Venerdì 20 febbraio, dalle ore 21.15, presso il Centro Civico “Rosario Livatino” di Tavernerio, in via Risorgimento 21, il Gruppo Astrofili Lariani organizza una conferenza dal titolo “I grandi osservatori astronomici”, a cura di Paolo Ostinelli, dedicata alle più importanti strutture osservative presenti nei cinque continenti e accompagnata da splendide immagini computerizzate. L’ingresso è libero. Per informazioni, la sede del Gruppo Astrofili Lariani si trova in via Risorgimento 21 a Tavernerio, presso il Centro Civico “Rosario Livatino”; tel. 328.0976491 (dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 21); e-mail: astrofili_lariani @virgilio.it; sito web: www.astrofili lariani.org. “Ho creduto ora vedo il tuo volto Signore” P. Priore, i padri, l’Azione Cattolica e tutti gli amici della comunità parrocchiale della SS. Annunciata affidano al Signore l’anima di Salvatore che nella vita ha semopre testimoniato la sua fede ...hai l’ALCOLISMO in casa? ...VUOI saperne di più? ...hai bisogno di AIUTO? I GRUPPI FAMILIARI AL-ANON condividono le loro esperienze in modo anonimo e gratuito e possono offrirti le informazioni che cerchi. telefona al: 800-087897 stengono, ma è aperta a tutti per un dialogo costruttivo. E’ bello ritrovarsi in incontri mensili, ma è vitale che le famiglie in queste circostanze possano scambiarsi con libertà le loro idee sui problemi che le coinvolgono direttamente. Non avremo mai giovani attenti e desiderosi di vivere come Cristo ci chiede, se le famiglie non li indirizzano su questa strada. Facciamoci, dunque, coraggio. Lavoriamo insieme e non perdiamo mai la speranza! LOTTERIA DEL CUORE I BIGLIETTI VINCENTI L’associazione Comocuore per la lotta contro l’infarto comunica si sono concluse le iniziative legate alla “Giornata europea del Cuore”: Di seguito i biglietti vincenti della lotteria “Parole di Cuore” 1° Autovettura Daihatsu "cuore", biglietto numero 08384; 2° crociera per due sul Mediterraneo, biglietto n. 04066; 3° weekend per due in centro benessere, biglietto n. 01071; 4° buono spesa da mille euro, biglietto n. 06112; 5° set valigie, biglietto n. 10609; 6° corso di inglese, biglietto n. 07077; 7° disegno d’autore, biglietto n. 02598; 8° macchina caffè, biglietto n. 08504; 9°macchina fotografica digitale, biglietto n. 04045; 10° telefono cellulare, biglietto n. 06344. I premi vanno ritirati nella sede di via Rovelli 8 entro il 15 aprile CRONACA P A G I N A Como&territorio 23 IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 SAN FERMO DELLA BATTAGLIA L’Unitalsi ricorda Alcide Nessi i sono svolti venerdì della scorsa settimana a San Fermo della Battaglia, i funerali di Alcide Nessi, 75 anni , era conosciuto per la sua attività di volontariato in seno alla parrocchia e all’ Unitalsi, oltre che nella locale AVIS . Inoltre era stato consigliere della Cooperativa di San Fermo.Dopo aver lavorato per 35 anni alle seterie Canepa, andato in pensione si è dedicato ad aiutare le persone più bisognose . La sua giornata era sempre piena di questi appuntamenti verso persone anziane che chiedevano un aiuto. “Persona di fede - lo ricorda Vittore De Carli presidente diocesano dell’Unitalsi - più volte aveva accompagnato i malati a Lourdes , Fatima, Banneux e Caravaggio, sempre sorridente con la battuta pronta riusciva a trasmettere allegria anche in momenti difficili”. Di seguito pubblichiamo il ricordo dell’assistente diocesano dell’Unitalsi mons. Giorgio Pusterla. “Tutti noi abbiamo davanti agli occhi l’immagine di Alcide sempre in S 75 anni, era conosciuto e molto amato in paese per il suo grande impegno profuso per gli altri movimento, sempre intento ad andare da qualche parte, sempre disponibile ad aiutare, soprattutto se la chiamata arrivava dal parroco o dall’Unitalsi. E tu, con generosità correvi, sempre con il sorriso. Ti preoccupavi che il sagrato della chiesa fosse sempre decoroso, che il giardino parrocchiale fosse in ordine e se c’era qualcosa che non andava chiamavi i tuoi amici e con rastrelli e ramazze rimettevate tutto a posto. E poi tutti i tuoi lavoretti, una tapparella rotta, un vetro da sostituire, una ringhiera da verniciare. Quanti di noi hanno pronunciato la frase “chiamiamo l’Alcide”. Da oltre 30 anni poi eri anche unitalsiano, un ulteriore segno della tua disponibilità e attenzione verso gli altri. Lourdes, Loreto, Banneaux, Caravaggio… la tua presenza era una costante e se mancavi tutti a chiedere “ma dov’è l’Alcide?” Ora sei tra le braccia amorevoli della Madre del Signore, che sicuramente non si è dimenticata di quante volte sei andato a trovarla nei diversi santuari, di quante “Ave maria” hai recitato, di quante candele hai acceso. Il nostro pensiero oggi va anche alla tua famiglia, alla tua amata moglie Carmen, ai tuoi figli Claudia, Barbara e Emiliano, a tuo genero, a tua nuora e ai tuoi adorati nipoti. Le nostre preghiere li accompagnino in questo momento di dolore. Caro Alcide Ti ricorderemo nelle nostre preghiere ma anche tu da lassù non dimenticarti di noi; della parrocchia che hai servito con semplicità, dell’Unitalsi a cui hai dedicato tanto tempo, della tua famiglia che hai amato e di tutti noi che ti abbiamo conosciuto e stimato. Caro Alcide il nostro non è un addio, ma un arrivederci”. Alcide Nessi, mentre accompagna un ammalato durante il pellegrinaggio diocesano lo scorso anno a Caravaggio. UN CONVEGNO AL S. ANNA IL 7 MARZO Educare alla salute educare alla vita L ’ Azienda Ospedaliera S. Anna di Como ospita, il prossimo 7 marzo, il convegno sul tema della Conferenza Episcopale Italiana per la Giornata mondiale del malato, dal titolo. “Educare alla salute, educare alla vita” che si svolgerà presso la scuola infermieristica dell’ospedale S. Anna dalle 9 alle 17. Questi gli obiettivi generali del convegno: formare una cultura e un nuovo atteggiamento terapeutico in senso umanitario, analizzare le correnti di pensiero della società moderna, approfondendo le situazioni riguardo ai principali momenti critici dell’esistenza: nascita, età anziana e momento del morire Responsabile scientifico del convegno è Mario Viganò - padre Superiore Cappellani Azienda Ospedaliera S. Anna di Como. I moderatori: Renata Muscionico - Infermiera coordinatrice, Neurologia Ospedale S. Anna di Como; Donatella Pontiggia - Coordinatore didat- tico di Sezione del Corso di Laurea in Infermieristica Università Insubria Varese - Sede di Como. Relatori: Giovanna Colombo - infermiera, Patologia Neonatale Ospedale S. Anna di Como; Marco Ferrari - infermiere, Hospice Ospedale di Mariano Comense; Domenico Pellegrino - Medico Direttore Dipartimento di Medicina Azienda Ospedaliera S. Anna di Como; mons. Angelo Riva docente di Teologia Morale Seminario di Como; Pietro Tettamanti - Medico Responsabile Centro per la Vita Como. Si ricorda che il corso è rivolto a medici, infermieri, infermieri pediatrici, ostetriche, educatori, tecnici di neurofisio-patologia età evolutiva e cittadini interessati. Numero massimo di iscritti: 100. Deve essere effettuata una pre iscrizione esclusivamente via mail; dopo mail di accettazione dello Staff Formazione, inviare scheda completa di tutti i dati: per e-mail all’indirizzo: gianfranca. IL PROGRAMMA [email protected] o formazione.como@hsa como.org ovvero tramite posta interna: c/o Staff formazione - palazzina didattica corso di laurea in infermieristica Le domande dovranno pervenire all’Ufficio Formazione della A.O. S. Anna entro Ecco il programma del convegno: 09.00 Introduzione ai contenuti e al senso del convegno padre M. Viganò 09.30 Cultura della vita, cultura della libertà. La difficile mediazione mons. A. Riva 10.15 La tarda età: problema etico - sociale dr. D. Pellegrino 11.00 Pausa 11.30 Dibattito - moderatore: dr.ssa D. Pontiggia 12.30 Pausa pranzo 13.30 La vita: dono o possesso? dr. P. Tettamanti 14.15 Quando nascere è difficile... ruolo educativo dell’infermiere in terapia intensiva neonatale sig.ra G. Colombo. L’Hospice. L’assistenza al malato terminale nel rispetto della dignità della persona sig. M. Ferrari 15.00 Pausa 15.20 Dibattito - moderatore: sig.ra R. Musciocico 16.30 Compilazione questionario di gradimento chiusura dei lavori. il 23 febbraio. Per informazioni è possi- bile telefonare al numero 031-5854166. CRONACA P A G I N A 24 Lago&Valli IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 È STATO DESTINATO ALLA PARROCCHIA DI BIZZARONE Il “grazie” di Loveno a don Olgiati L o sguardo di don Rodolfo Olgiati è sempre stato rivolto a Gesù, perché solo Lui - come il nostro pastore ha ripetutamente dimostrato - dà la vera luce e la vera gioia: anche attraversando ‘valli oscure’ non si deve temere alcun male, «perché so che Tu sei con me». Questa sarà sempre la sua grande forza: sapere che «Tu sei con me». Nel 1962, in Roma dalla famiglia Olgiati di Gemonio, nasceva Rodolfo... Il nome - affascinante rete di legami e di associazioni simboliche - ha già in sé le linee di un comportamento tracciato. Colui che è chiamato Rodolfo è luce e guida degli altri per condurli - attraverso la via della conoscenza - verso il Bene e il Vero. Valori ineludibili della personalità del nostro caro don Rodolfo. Egli, nel 1996 - già stimato geometra con esperienze lavorative di rilievo al suo attivo -, entrava in seminario. Il progetto di Dio su quel giovane adulto prendeva forma, lo interpellava... Mentre il nostro seminarista si applicava negli studi teologici, faceva esperienze pastorali presso le parrocchie di Portichetto, Gaggino e Capiago. Inoltre, trascorreva periodi formativi presso i disabili di Ponte Lambro e gli ospiti dell’Istituto don Luigi Gua- Pubblichiamo, in questo articolo, un ampio stralcio del lungo testo di ringraziamento a don Rodolfo pervenutoci in redazione nella a Como; aderiva fattivamente a iniziative di solidarietà con le comunità Gulliver (recupero di tossicodipendenti) e Nuovi Orizzonti (assistenza di malati terminali di Aids). ...Ed ecco il gran giorno: il 14 giugno 2003 l’amato e stimato mons. Maggiolini lo ordinava sacerdote nella Cattedrale di Como. Il Vescovo, nella memorabile omelia di quella solenne celebrazione, aveva esortato i novelli preti (sei in tutto) a non affastellare «iniziative e manifestazioni esterne che magari raggiungono il plauso dei superficiali, ma non incidono nella vita dell’altro. A chiamare alla santità e a condurvi, non saranno le scaltrezze umane: sarà la comunione con Cristo. Sarà la preghiera. Lavorate di ginocchia. Il resto sarà valido. In questa impresa, vi prego, cari candidati: siate buoni»... Un mandato che don Rodolfo ha inverato nella lettera e nello spirito della sua opera pastorale nella nostra Parrocchia dove era stato accolto con gioia il 14 settembre 2003. In quella occasione la comunità, per voce di un rappresentante del Consiglio Pastorale, così si era espressa: «Eccoci, Le diamo il benvenuto, ma con questa parola le chiediamo anche il Suo sostegno, l’incitamento, la compassione e il perdono». A tale richiesta, quasi un’implorazione, il nuovo parroco avrebbe risposto lungo i suoi cinque anni di permanenza distribuendo tutta la ricchezza del suo cuore, elargendo il dono divino del Vangelo, del quale era penetrato e, servendo così - dando la vita - questa sua vita ha portato un frutto: ricco, come si può visibilmente constatare. È diventato realmente padre di molti e, avendo guidato le persone non a sé ma a Cristo, ha guadagnato le anime, ha aiutato a migliorarci, a indicarci la via per il cielo. Si è rivelato un sacerdote che sa agire nella vita delle persone, interrogandosi sul modo in cui il messaggio cristiano possa ancora «fare innamorare» i giovani del nostro tempo... Sacerdote, ma anche uomo di cultura. Don Rodolfo ha pazientemente e faticosamente ricostruito la fisionomia della nostra originaria realtà sociale - risalendo nel tempo, per quanto sia stato possibile - attraverso l’analisi di dati reperiti da antichi documenti. Dati ordinati magistralmente in un archivio cartaceo e virtuale. L’indagine è stata approfondita per mezzo di una meditata interpretazione, da esperto, di informazioni ricavate dallo studio di strutture architettoniche antiche venute alla luce in seguito ai lavori di ristrutturazione del complesso ecclesiale. Un’opera, questa, di grande spessore, quasi ‘liturgico’... Chi altri avrebbe potuto essere interprete migliore, dunque, degli antichi manufatti sacri di Loveno se non il nostro parroco-geometra? Nel ricostruire questa fitta e affascinante rete di legami e di associazioni tra parole e immagini, don Rodolfo ha avuto l’intuizione felice della stesura di un libro dal titolo Una storia tra le pietre. Loveno: la sua chiesa, la sua gente, i suoi parroci. Il testo illustra la ricca trama della nostra passata vicenda socio-religiosa con una sapiente scelta di immagini e di parole, quasi una sorta di archeologia di spettacolo ‘multimediale’. Tuttavia, ricordiamo che la grande lezione del sacerdote don Rodolfo è stata quella di insegnare, in prima istanza, che l’origine autentica, l’Inizio ontologico è l’Amore di Dio, che è poi la Sua essenza. Nella comunione eucaristica la nostra umanità è profondamente toccata e trasformata sino ad essere il pensiero che il Signore ha di essa. E tutto si fa nuovo, poiché Dio stesso ha detto: «Ecco io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5). Operare nell’intima unione tra Cristo in noi e negli altri, unione nella quale il nostro dispiegarsi persona raggiunge una densità e un’ampiezza altrimenti impossibili; cercare di fare della nostra quoti- dianità una vita che offriamo a Dio, affinché Egli viva in noi: questo è il messaggio vitale che ci affida il nostro Parroco. Noi tradiremmo la sua consegna se non fossimo capaci di valorizzare tutto il lavoro che egli ha fatto per ogni persona indistintamente; di conservare il nostro passato guardando, però, al futuro, dimostrandoci all’altezza delle sfide che si incontrano sotto la guida dello Spirito, il quale è l’ermeneuta della Verità che è Vita. Con queste parole abbiamo inteso esprimere a don Rodolfo, servitore di una «liturgia cosmica», la nostra gratitudine. Don Rodolfo: coerente nella verità; coerente nell’impegno per il bene; sereno nelle avversità per amore di Cristo (cfr. Atti 5, 41). Egli è stato per noi il Buon pastore evangelico. L’INCONTRO DI DON RENZO GABUZZI CON I RAPPRESENTANTI DLELE ASSOCIAZIONI LOCALI AD ARGEGNO Buono il primo approccio richiesto da don Renzo, nuovo parroco di Argegno, nell’incontro in Comune con tutti i responsabili delle varie associazioni esistenti in paese, al fine di conoscere modalità, tempi e qualità delle nostre manifestazioni. Iniziava ad illustrare lo svolgimento dei suoi impegni il capo gruppo degli alpini (46) che raccontava di presenziare con alcuni dei suoi uomini alle manifestazioni importanti di Argegno e dei paesi limitrofi ed anche di aver partecipato a degli avvenimenti riguardanti il Corpo degli Alpini in alcune città italiane. Pur se formato da pochi elementi locali (5) il corpo musicale del paese con altri musicanti della valle non manca mai alle manifestazioni importanti, sia civili che religiose e le loro note gioiose danno un tono di solennità alle cerimonie. Di pari considerazione è il coro della Bassa Valle che con alcuni elementi di Argegno ci viene in aiuto nelle principali feste religiose. In questo incontro si è sentito parlare anche dei confratelli (20) che si prestano in varie attività con impegno. Anche se timidamente le consorelle (101) hanno parlato del lavoro che svolgono per la chiesa e se la vediamo luccicare di colori e ben pulita è loro merito. Di grande importanza per il paese è quel gruppo di volenterosi una volta denominato Pro Loco e che ora sotto la denominazione di Amici del paese, si prestano per le Cappelle (Presepio Vivente), per la castagnata sul sagrato della chiesa di Sant’Anna, per la gara delle Lucie e per altri avvenimenti importanti. Qualcun altro si presta nello scrivere e nel riportare sul giornalino della Parrocchia e sul Settimanale della Diocesi avvenimenti importanti sia religiosi che civili che avvengono nel paese e per essere sinceri il compito è interessante ma anche impegnativo. Notata pure all’incontro la presenza di un graduato dei Carabinieri, che pur avendo cambiato residenza, dice che Argegno gli è rimasta nel cuore. Parlando dell’attività dei singoli gruppi non si può dimenticare la buona volontà dell’Amministrazione comunale che in collaborazione con la parrocchia ha organizzato gite turistiche, sia in battello sia in pullman, e noi anziani dobbiamo ringraziare per averci dato la possibilità di conoscere santuari, musei, città di mare che altrimenti non avremmo mai conosciuto. Aggiungo che apprezzati da tutta la comunità sono i rinfreschi, i banchetti per gli anziani degli anni scorsi ed il generoso pacco natalizio per gli over 70. All’incontro dei rappresentanti di tutta la comunità con don Renzo si è parlato pure del problema dei giovani e dal dialogo è emerso che dipende anche da noi adulti dare un esempio di vita retta e non tutto è bello senza dolori, non tutto è permesso, ci vuole anche un po’ di disciplina e speranza. Per concludere, buona è stata l’impressione suscitata da don Renzo. Al primo incontro ha dato l’impressione di essere un prete umile, disponibile, desideroso di conoscere il paese e la sua gente e da questo si desume che sarà un buon parroco. VALENTINO FAZZINI Sul numero scorso, nell’articolo relativo all’ingresso di don Renzo Gabuzzi a Schignano non è stato indicato l’autore delle immagini: ANDREA PRIORI. Ci scusiamo con lui e con i lettori. CRONACA P A G I N A 25 ValliVaresine IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 VALCUVIA PER IL TERRITORIO DELLA COMUNITÀ MONTANA In cerca di un nome... E ntro la fine dello scorso mese di gennaio doveva essere deciso il nome della Comunità Montana che nascerà dalla fusione tra le Comunità Montane di Valcuvia e Valli del Luinese. Infatti, a seguito delle disposizioni legislative degli scorsi anni e in applicazione della legge regionale di riordino degli enti montani è stata decretata la fusione tra le due comunità montane ed un nuovo ente si sostituirà ai due precedenti, ad oggi individuato dalla regione solo come “zona omogenea 23”. Sarà però solo dopo le Elezioni Amministrative del giugno 2009 che la nuova comunità montana sarà operativa; nel frattempo gli amministratori in carica stanno lavorando affinché non si verifichino sospensioni dei servizi in corso e perché i cittadini non abbiano ripercussioni negative da questa fusione. Tra queste incombenze c’è anche quella della definizione del nuovo nome che dovrà distinguere l’organismo che si andrà a creare: “Siamo Con la legge che porta alla razionalizzazione degli Enti, Valcuvia e Luinese si fondono in un’unica area chiamata zona omogenea 23 consapevoli che la scelta del nome è l’ultimo dei problemi – ha avuto modo di sottolineare il presidente della Comunità Montana Valcuvia (CMV) - ma questa è una questione formale che deve essere adempiuta nei tempi fissati dalla legge e comunque anche tale scelta caratterizzerà il futuro Ente montano e il suo vasto territorio”. La nuova Comunità Montana, infatti, si estenderà per una superficie di oltre 300 chilometri quadrati, suddivisi in 34 Comuni, che si estendono dal confine svizzero fino al versante nord - occidentale del Campo dei Fiori, costeggiano il Lago Maggiore per metà della sua lunghezza. Puntualmente, la scorsa settimana presso la sede varesi- na della Regione Lombardia gli amministratori in carica della due comunità montane attuali hanno individuato il nuovo nome che caratterizzerà questo vasto territorio, che sarà: Comunità Montana Valli del Verbano. La sede del nuovo organismo amministrativo sarà a Luino, mentre la sede assembleare sarà a Laveno in località Pradaccio, nella stessa sala attrezzata dove già si riuniva l’assemblea della CM Valcuvia. La Comunità Montana Valli del Verbano, non sarà però la somma integrale del territorio delle due preesistenti Comunità Montane; tre comuni, infatti, usciranno dalla Comunità Montana: Caravate, Bardello e Sangiano, mentre il comune di Ferrera di Varese uscirà dalla CM Valganna Valmarchirolo (a sua volta fusasi con la Valceresio) per entrare a far parte del nuovo organismo amministrativo delle Valli del Verbano. Come curiosità possiamo qui ricordare che per coinvolgere i cittadini nella scelta del nuovo nome dell’ente montano e per avere suggerimenti al riguardo, gli amministratori della CM Valcuvia, alla metà di gennaio, hanno lanciano la proposta di una consultazione via Internet per conoscere le idee dei cittadini e condividere con loro una scelta così strettamente legata al territorio. In un apposito spazio sul sito internet dell’Ente era possibile lasciare il proprio commento o sottoscrivere le proposte fatte da altri. Collegandosi ancora oggi alla pagina web della Comunità Montana (www.cm valcuvia.it) e entrando nel link relativo alle proposte per il nuovo nome troviamo una quarantina di suggerimenti che spaziano dai nomi di fantasia a quelli che si rifanno agli elementi naturali o ai nomi geografici che caratterizzano la zona. Come avevano assicurato in Comunità Montana, i vari suggerimenti sono stati vagliati e considerati e, probabilmente, hanno influito nella scelta del nome della nuova Comunità Montana. A.C. CORSO PER VOLONTARI Promosso dal Comitato di Coordinamento Volontari Valcuvia (AscoVoVa) e fatto proprio dal Cesvov (Centro di Servizi per il Volontariato Varese) e dall’assessorato politiche sociali della provincia di Varese in collaborazione con tante e significative associazioni di volontariato della Valcuvia, tra cui: AGE Cuveglio, Centro Aiuto alla Vita di Laveno, AUSER Valcuvia, Centro Civico Qui Mondo di Casalzuigno, l’Albero di Masciago Primo, Unicef Valcuvia, è in partenza il corso “Generosi si nasce, Volontari si diventa”, un ciclo di sei incontri di introduzione al volontariato nell’area sociale, corso che sarà anche abbinato alla presentazione di alcune importanti organizzazioni operanti sul territorio. Gli incontri si svolgeranno tutti presso la Sala Polivalente Comunale di Cuveglio, in piazza Marconi, 1, ove c’è ampia possibilità di parcheggio interno e nei locali non vi sono barriere architettoniche. Il corso è rivolto sia a giovani che a persone mature che sentono la solidarietà come un dovere sociale oltre che come una vocazione all’altruismo. A persone che probabilmente hanno già esperienze di aiuto a livello personale nell’ambito familiare o di vicinato. Il percorso è stato disegnato in risposta alle esigenze rappresentate dalle 16 Associazioni riunite nel Coordinamento AscoVoVa, ossia i corpi sociali più direttamente inseriti nel territorio in ascolto e risposta alle esigenze di aiuto e sostegno alla sofferenza, al bisogno, alla emarginazione, cioè alle povertà vecchie e nuove. Il corso è stato progettato con il duplice scopo di fornire informazione e orientamento sui contenuti, i principi e i valori del volontariato sociale organizzato e, nel contempo, di far prendere contatto con le stesse Organizzazioni promotrici e dar modo a queste di presentarsi. Ogni incontro sarà così diviso in due momenti: una prima parte dedicata ad un argomento secondo un programma prestabilito, una seconda parte dedicata alla presentazione di una Associazione da parte del presidente della stessa o da un suo delegato. Il primo incontro è in programma mercoledì 25 febbraio: ore 18.00-20.30. Tipologie e caratteristiche di persone nel bisogno e nel disagio. Si presentano il Coordinamento AscVoVa e Avulss. Informazioni chiamando il 347-8026181. P A G I N A 26 Sondrio CRONACA DI E P R O V I N C I A ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 SONDRIO INTERVENTI DI RIQUALIFICAZIONE PER IL SANTUARIO ALLE PORTE DEL CAPOLUOGO VALTELLINESE Lavori al piazzale della Sassella S ono ripresi in questi giorni i lavori di riqualificazione del piazzale antistante il santuario della Sassella, alle porte di Sondrio. Lo spazio che accoglie i pellegrini, ma anche gli ospiti del vicino ristorante e che risulta l’unica via d’accesso alla piccola frazione abbarbicata tra i vigneti e le rocce, ha visto negli ultimi anni un lento degrado dovuto all’incuria della vegetazione e del fondo sterrato. Già nel luglio 2006, dopo aver accolto il progetto di riqualificazione predisposto dall’architetto Adriano Gianola, il rettore del santuario don Silverio Raschetti - il santuario è infatti parte della parrocchia del Rosario aveva concluso un accordo con l’amministrazione comunale che risulta proprietaria del terreno. Tramite l’accordo, siglato con l’allora sindaco Bianchini, il comune si convenzionava con la parrocchia del Rosario che, a sua volta, assumeva l’impegno di reperire i fondi necessari all’intervento. Dopo oltre due anni, necessari per ottenere l’approvazione del progetto da parte di enti superiori quali comune, sovrintendenza ai beni ambientali e beni archeologici, i lavori hanno preso avvio alla fine dello scorso mese di ottobre. La ditta Stazzonelli, cui è stato affidato l’intervento, ha provveduto all’adeguamento dei sottoservizi per poi cominciare il lavoro di pavimentazione. A causa delle abbondanti precipitazioni di quest’inverno la prosecuzione dei lavori è slittata di qualche settimana, ma dovrebbe tuttavia vedere la conclusione entro il 25 marzo, data in cui per tradizione si celebra la festa patronale del Santuario nella solennità dell’Annunciazione. «Per quest’opera abbiamo attuato la filosofia e la cultura del fare - dichiara l’architetto Gianola - poiché, assieme a don Silverio, ne abbiamo seguito il processo completo per la realizzazione. Siamo partiti dalle idee, per passare al progetto, al reperimento dei fondi ed infine alla realizzazione. Non ci siamo limitati ad osservare la situazione di degrado in cui versava il piazzale della Sassella che è ritenuta la loggia, il balcone della nostra città». Particolare l’iniziativa messa in atto per la raccolta dei circa 60 mila euro necessari a finanziare l’intervento. Le spese verranno infatti sostenute grazie ai fondi raccolti tra i molti affezionati al santuario e alla frazione alle porte delle città. L’architetto Gianola e don Silverio hanno interpellato oltre 30 soggetti tra aziende locali, enti pubblici e privati, fondazioni e cittadini, oltre che i soci del Consorzio Cavatori della Valmalenco che hanno donato alla parrocchia il materiale lapideo necessario alla pavimentazione della piazza. «Si tratta per le parrocchie - spiega Gianola - di una nuova forma per affrontare la realizzazione di opere importanti. I soggetti interpellati hanno subito dato la loro disponibilità a contribuire secondo le proprie disponibilità e in due anni, tempo neanche troppo lungo, abbiamo reperito i fondi necessari all’avvio dei lavori. L’auspicio - ha proseguito l’architetto - è che questo sia tra i primi di altri interventi simili che potranno venire. Ad esempio si potrà pensare al restauro delle statue dei dodici apostoli, un tempo collocate presso la cappella che si trova sulla strada che conduce alla Sassella, ed ora custodite presso il museo civico». Al termine dell’intervento di pavimentazione, la piazza, che essendo l’allargamento di una via risulta avere una forma particolare, manterrà la sua disposizione originale. Tuttavia la riqualificazione, secondo le indicazioni delle sovrinten- denze interpellate, non potrà interessare i pochi metri immediatamente prospicienti il sagrato della chiesa perché coperti da un acciottolato del XV secolo che risulta però pesantemente sconnesso. «In futuro - spiega Gianola - speriamo di riuscire a realizzare un camminamento che colleghi il santuario con la nuova pavimentazione della piazza». Finora era possibile osservare un primo campione del camminamento centrale, ma col migliorare delle condizioni climatiche la realizzazione dell’opera non dovrebbe richiedere molti giorni. «In occasione della festa del Santuario - spiega don Silverio - speriamo di poter ridonare la piazza rinnovata a tutti coloro che hanno a cuore il Santuario». LA STORIA DEL SANTUARIO Il santuario sorge su un dosso roccioso presso Sondrio, vicino alla strada statale e lungo quella che una volta era la strada provinciale. Una leggenda, tramandata dal sacerdote Luigi Casati che fu rettore del Santuario della Sassella tra il 1791 e il 1807, narra che «l’origine di questa chiesa si riconosce nell’anno 932 di nostra salute, in cui Maria Vergine apparve all’Arciprete [di Sondrio] lagnandosi perché la Valtellina, già dichiarata sua diletta Provincia, non le avesse peranche alzato alcun tempio in suo onore, bramandone uno nel luogo detto Sassella. In vista di tale apparizione il buon Arciprete elesse due fabricieri ed apparecchiato il materiale già disponevasi di piantare le fondamenta nel piano vicino al fiume Adda, per dove passava la strada di Valle, quand’ecco che in una notte portentosamente trovassi trasportato il materiale sopra il colle vicino, ed apparendo di bel novo Maria Vergine all’Arciprete, ed alli fabricieri avvisolli che il luogo da Nell’immagine qui e sotto come sarà il piazzale una volta sistemato lei destinato per il suo tempio era quello, ove la mattina seguente avrebbero ritrovato il materiale. Divulgossi questo prodigio nella Valtellina, ma eziandio nelle vicine province, dalle quali a folla venivano per devozione con tali abbondanti elemosine, che in soli tre anni fu completamente ridotta la Chiesa a perfezione nel luogo ove di presente si vede». Lo stesso Casati aggiunge poi che la chiesa venne quasi sicuramente dedicata al mistero dell’Annunciazione poiché, secondo documenti presenti nell’archivio parrocchiale, l’arciprete di Sondrio era solito celebrare una Messa cantata in Santuario ogni anno, nel giorno dedicato al detto mistero, almeno a partire dal 1476. L’edificio attuale è databile intorno al XV secolo e non esistono documenti che attestino la sua precedente fondazione, anche se i recenti restauri hanno portato alla luce strutture preesistenti a livelli inferiori rispetto all’attuale edificio. La chiesa fu ampliata tra il 1682 e il 1685 con la costruzione del portico, della sagrestia e del campanile; subì un’ulteriore modifica nel 1715, quando fu edificata l’unica cappella laterale, dedicata alla Madonna del Carmine. Nel 1511 fu affidato ad Andrea De Passeris di Torno il compito di affrescare le pareti dell’abside, come risulta da un documento dell’archivio parrocchiale di Sondrio. Il marmoreo altar maggiore fu costruito nel 1716 dal ticinese Adamo e la pala d’altare, datata 1534, una volta esistente (ora trasferita nella parrocchiale della B. V. del Rosario) si deve a Vincenzo De Barberis; mentre nel 1683-84 fu eseguita, da parte del Cogoli, l’imponente ancona laterale che fu l’altar maggiore del santuario prima di essere trasferita nella cappella laterale. La chiesa venne consacrata nel 1521 da Francesco Ladino, vescovo di Laodicea, su licenza del vescovo di Como. Nei primi decenni del secolo XVIII, per iniziativa so- prattutto dell’arciprete di Sondrio Giovanni Battista Sertoli e del fratello, il canonico Francesco Saverio, rettore della chiesa, furono erette alcune cappelle lungo la via Valeriana che, dal Rione di Cantone, giungeva alla Sassella. Nell’intenzione dei costruttori le cappelle avrebbero dovuto essere quindici, come i misteri del Rosario, e costituire un modesto Sacro Monte. A causa di problemi economici dovuti allo straripamento del torrente Mallero ne vennero però realizzate solamente sei, delle quali quattro sono tuttora esistenti. Nel 1722, quando le costruzioni delle cappelle sembrava potessero procedere seppure a rilento, il canonico Francesco Saverio Sertoli pensò di far costruire davanti al Santuario il piazzale, ora oggetto dei lavori di riqualificazione, sostenuto da possenti arcate che fu ultimato nel 1741 dal capomastro Giacomo Cometti che nel 1731 aveva predisposto il disegno per costruire un ampio edificio che avrebbe dovuto contenere alcune botteghe. Sia il piazzale che le botteghe sarebbero stati destinati a fiere e mercati da tenersi in occasione di particolari ricorrenze religiose. Ma non se ne fece nulla perché il canonico Sertoli, a causa della vecchiaia, non poté più seguire i lavori che rimasero inconclusi. Il Santuario alla fine degli anni ‘90 è stato oggetto di interventi di restauro, conclusi nel 2000, che lo hanno riportato alla sua bellezza. IL PROGETTO PER IL PIAZZALE «Il progetto per la nuova sistemazione del piazzale spiega l’architetto Gianola - vuole essere testimone e rispettoso del passato, ma anche propositivo di nuove soluzioni progettuali coerenti con i tempi e con l’utilizzo flessibile degli spazi a seconda delle necessità. L’asse di collegamento longitudinale est-ovest è costituito dal camminamento centrale e rappresenta la “spina dorsale” del complesso che richiama la Valtellina; questo comprende la canalina di raccolta delle acque piovane e segue in parallelo l’andamento del sopraccitato asse direzionale; è formato da lastre di pietra locale di vario formato rettangolare con effetto scalato e proporzionato; avrà pendenza idonea per la raccolta ed il convogliamento delle acque piovane. Nei punti significativi verranno inserite delle caditoie realizzate con analogo materiale. “Le costole trasversali” di completamento della “struttura a pavimento” rappresentano i torrenti delle vallate laterali in sponda Retica ed Orobica, non frontiste fra loro; queste richiamano come chiave di lettura storica le rogge, i rivoli, i canaletti di raccolta delle acque di drenaggio o di formazione momentanee provvisorie nei periodi delle piogge, provenienti dai terrazzamenti dei vigneti soprastanti (notizia anche comunicata da fonti storiche verbali). Questi elementi strutturali trasversali sono formati da tronco centrale in legno di larice rosso che simboleggia il corso del torrente. La pavimentazione della piazza sarà leggermente pendenzata verso il centro, in “pietrame a spacco” di medio formato, parte di recupero e parte proveniente dall’esterno, ma avente caratteristiche e tonalità di colore similari, posata a fughe larghe su letto di impasto di sabbia e calce forte. La nuova pavimentazione sarà suddivisa in vari settori delimitati da segni a pavimento che formeranno delle superfici destinate a più utilizzi della piazza quali parcheggi dei residenti, aree di sosta e di relax. L’illuminazione sarà a raso pavimentazione con corpi illuminanti di adeguate caratteristiche tecniche posizionati nei punti significativi. Alla piazza verrà attribuito un nuovo carattere identificativo ed un “pizzico di teatralità” per renderla nel tempo flessibile nell’utilizzo, permeabile ed elegante». ALBERTO GIANOLI CRONACA P A G I N A 27 Valchiavenna IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 INIZIATIVA DELLA NISIDA SI TRATTA DI UN PROGETTO CONTRO LA DISPERSIONE SCOLASTICA La scuola diventa più interessante A cio di Piano e di associazioni presenti sullo stesso territorio. “Non uno di meno” si rivolge a minori già incorsi in bocciature o a rischio, a studenti che frequentano l’ultimo anno delle scuole secondarie di primo grado e il primo anno delle scuole superiori. Si intende promuovere un percorso che, tenuto conto delle osservazioni e delle indicazioni fornite dalla scuola e dalle famiglie, offra a tutti i ragazzi coinvolti un supporto nello studio. Per quelli di terza media sono previsti anche laboratori dai contenuti pratici o civici. «Questi momenti, forniti gratuitamente, possono essere intesi sia in senso integrativo, come sta av- venendo per gruppi di alunni di alcuni istituti comprensivi, sia aggiuntivi, da svolgersi quindi in orari extrascolastici», spiegano dallo staff della Nisida, una cooperativa particolarmente attenta ai bisogni che emergono sul territorio. Saranno affissi manifesti illustrativi sia all’interno delle scuole sia nelle biblioteche e in altri luoghi aggregativi. Gli interessati possono contattare il referente della cooperativa il lunedì, il giovedì e il venerdì dalle 15.00 alle 18.00 o all’Informagiovani al numero 0343.37409, oppure inviare una e-mail a [email protected]. IN SICILIA PER UNA GARA DI “RICEVIMENTO” Appuntamento a Erice, in provincia di Trapani, per l’edizione 2006 del Concorso Nazionale di Ricevimento. Ci sarà anche l’Istituto Alberghiero Crotto Caurga di Chiavenna all’importante gara siciliana, in programma il prossimo 20 febbraio. Quattro studenti della scuola alberghiera chiavennasca, accompagnati da due professori, contenderanno ai rappresentati di altre scuole provenienti da tutta Italia l’ambito riconoscimento. «Si tratta di una prova molto importante - spiega il docente Giovanni Gallo - che darà modo ai nostri ragazzi di crescere sia culturalmente sia dal punto di vista strettamente professionale per affrontare poi meglio il mondo del lavoro». Partecipare ad un concorso importante e, perché no, vedere uno dei borghi più belli dell’isola. L’istituto Caurga, considerato uno dei migliori a livello nazionale nel suo campo, è da sempre molto attento a questo tipo di opportunità e spesso i suoi studenti si classificano ai primi posti nei concorsi ai quali partecipano. Alla spedizione parteciperà, anche se non direttamente, il gruppo di agriturismo valchiavennaschi che fa capo all’associazione del Wwf Le Fattorie del Panda. Saranno gli agriturismo della valle a fornire i prodotti locali che arricchiranno la presenza della delegazione in Sicilia, in modo da promuovere al meglio la gastronomia locale in un contesto geograficamente molto lontano. Al concorso saranno portati slinzighe, violini di capra e formaggi. D.PRA. S.BAR. ANNIVERSARI IN RICORDO DEL GRANDE SACERDOTE E STUDIOSO ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ iutare gli studenti in difficoltà per affrontare con la giusta serenità gli impegni scolastici ed evitare bocciature. Dall’anno scolastico 2007/2008 è operativo il progetto, presentato e attuato dalla Nisida società cooperativa sociale, dal titolo “Non uno di meno”. Si tratta di un’iniziativa promossa per contrastare la dispersione scolastica sulla base di una specifica normativa regionale. Il progetto è stato rinnovato anche per l’anno scolastico in corso e ha visto l’adesione di tutti gli istituti comprensivi e degli istituti superiori della Valchiavenna, oltre che dell’Uffi- PROSTO GUARDANDO A LOURDES Un anno dalla morte di don Salice È festa mariana unedì 23 febbraio ricorre il primo anniversario della morte di don Tarcisio Salice. Figlio di Marco e di Maria Bertini, don Tarcisio nacque sabato 27 gennaio 1912 a Polaggia, suggestiva frazione nel comune di Berbenno di Valtellina, e fu battezzato lo stesso giorno dall’arciprete Paolo Volpatti nella chiesa dell’Assunta, alla presenza del padrino Domenico Scherini e della madrina e zia paterna Elisabetta Salice. Ordinato sacerdote nel 1934, egli divenne subito vicario della collegiata di San Martino a Tirano e, due anni dopo, parroco di Roncaiola dove, durante la Seconda guerra mondiale, diversi ebrei riuscirono a salvarsi grazie al suo aiuto. Nel 1944 fu nominato parroco di Posta- L lesio e, dal 1955, e per oltre cinquant’anni, è stato cappellano dell’Istituto Sacra Famiglia di Mese, fondato alla fine dell’Ottocento da don Primo Lucchinetti, che don Tarcisio conobbe da ragazzo, quando trascorse diverse estati alla Casa alpina di Montespluga. Da giovane cominciò a interessarsi alla storia di Valtellina e Valchiavenna e, incoraggiato dagli amici don Pietro Angelini e don Emilio Citterio nella ricerca archivistica, si affermò ben presto come cultore serio e attento. Dal 1965 fu consigliere della Società storica valtellinese e dalla fondazione, nel 1959, del Centro di studi storici valchiavennaschi, di cui ricoprì anche la carica di presidente, dal 1990 al 2003, e, fino alla sua scomparsa, quella di presidente onorario. Tra le numerose ricerche storiche di don Tarcisio Salice vanno ricordate quelle sullo stesso don Primo, di cui si attende la beatificazione, pubblicate in diversi periodici, tra cui il bollettino dell’Istituto Sacra Famiglia di Mese “Voci di casa”. Non mancano degli studi sui Ligari, usciti su “Le vie del bene”, mensile a beneficio dell’orfanotrofio femminile provinciale di Morbegno, e molti altri articoli, tra cui quelli sull’arciprete di Sondrio Nicolò Rusca, su San Carlo Borromeo e la Valtellina, sulla pieve di Samolaco e sul primo governatore grigione Rodolfo Marmorera, pubblicati sui bollettini annuali del Centro di studi storici valchiavennaschi, della Società storica valtellinese e dell’Archivio storico della diocesi di Como. Altre ricerche sono uscite sul mensile cattolico della provincia di Sondrio “Il pellegrino”, sul bollettino parrocchiale di Tirano “Le campane di San Martino”, nel “Notiziario della Banca popolare di Sondrio”, sul “Corriere della Valtellina”, “L’ordine”, “Il settimanale della diocesi di Como”, “L’eco delle valli” e “Il giornale di Chiavenna”. Tra le varie collaborazioni, don Tarcisio scrisse la parte storica del volume “L’ambiente naturale e umano della provincia di Sondrio”, uscito nel 1971 e, in un testo in memoria del professor Albino Garzetti pubblicato nel 2000, un articolo sulla chiesa di San Siro a Bianzone e il capitolo di Bormio. Di notevole interesse sono anche i suoi libri ed, in particolare, quelli su le pievi di Sondrio e di Berbenno editi, rispettivamente, nel 1969 e nel 1974 dalla Società storica valtellinese e dalla Banca piccolo credito valtellinese, o il volume sulla Valchiavenna nel Duecento, uscito dodici anni fa in una collana del Centro di studi storici valchiavennaschi. Per la sua preziosa attività di storico nel 1970 don Tarcisio fu insignito di medaglia d’oro dalla Fondazione Pro Valtellina e, nel 2007, sempre per i suoi meriti di studioso della storia valtellinese e valchiavennasca, e per la sua azione umanitaria nel corso del secondo conflitto bellico, ha ricevuto un riconoscimento dal Rotary club international di Sondrio. CRISTIAN COPES rande partecipazione di fedeli domenica sera per la tradizionale “Luminaria” a conclusione della festa in onore della Madonna di Lourdes che a Prosto è particolarmente venerata. Sono esattamente settant’anni che vige questa tradizione, da quando il prevosto don Luigi Ripamonti fece edificare nel 1939 la grotta della Madonna di Lourdes sul pendio alle spalle della chiesa parrocchiale. Una devozione che si è aggiunta alle altre già presenti, testimoniate da varie cappelle ed oratori dedicati a Maria, che fanno di Prosto un paese “mariano”. La solenne processione coi flambeaux, a metà febbraio, in concomitanza con il primo anni- G GIOVANNI BACHELET OSPITE DI SCUOLA APERTA Giovanni Bachelet a Chiavenna per un’attesa conferenza organizzata da Scuola Aperta Valchiavenna nell’ambito del suo programma formativo 2008-2009. Venerdì 20 febbraio alle 15 il fisico e parlamentare del Partito Democratico sarà al cineteatro Victoria di Chiavenna per un incontro intitolato “Educare alla cittadinanza. Educare alla legalità”. Figlio di Vittorio Bachelet, ucciso dalle Brigate Rosse nel 1980, Giovanni si è laureato in fisica. Ha lavorato in diverse Università sia italiane che estere, tra cui Pisa e Trento, mentre all’estero negli Stati Uniti d’America al Bell Labs nel New Jersey, e in Germania al MaxPlanck-Institut. Nel 2000 è diventato professore ordinario alla Sapienza Università di Roma. Ha partecipato alla fondazione dell’associazione Libertà e Giustizia. Mentre nel 2005 è stato uno dei fondatori del comitato, in seguito diventato associazione, “Salviamo la Costituzione”. Esponente come il padre del cattolicesimo democratico, comincia la sua attività politica a metà degli anni 90, quando Romano Prodi gli chiede di coordinare i comitati Prodi della provincia di Roma. Nell’ottobre 2007 è stato eletto alle primarie del Partito Democratico nella lista di Rosy Bindi al collegio di Roma centro. Alle elezioni politiche dell’aprile 2008 è stato eletto parlamentare alla Camera dei Deputati. D.PRA. versario dell’apparizione della Madonna a Lourdes, esprime e riassume compiutamente la profonda venerazione che i fedeli nutrono nei confronti della Vergine Immacolata. Una venerazione che li porta a professare pubblicamente la fede nella presenza reale di Cristo nell’Eucaristia. La processione infatti è con l’Eucaristia (non con la statua della Madonna), esposta nell’ostensorio per benedire la popolazione mentre si snoda lungo le vie principali del paese, in un panorama veramente suggestivo tra le vie e le case illuminate con migliaia di lumini accesi alle finestre, sui balconi, sui muri di cinta dei giardini, dappertutto. Una festa all’insegna della fede, espressa nei canti e nelle preghiere, sull’esempio delle processioni di Lourdes, che è iniziata con la celebrazione della Messa in chiesa, presieduta da padre Tommaso dei monaci di Piona, e proseguita con la processione che si è conclusa ancora in chiesa con la benedizione eucaristica. La serata era fredda, ma non disturbata dal vento. Tutto si è svolto regolarmente, nel commosso ricordo di don Gustavo, il compianto prevosto che di questa festa è sempre stato un fervente promotore e un infaticabile animatore, fino all’ultima edizione dello scorso anno, due mesi prima dalla sua scomparsa, quando la malattia aveva già compromesso irrimediabilmente la sua salute. P A G I N A 28 CRONACA Sondrio&provincia IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 PROVINCIA PALAZZO MUZIO STANZIA OLTRE UN MILIONE DI EURO PER MIGLIORARE VIABILITÀ E SICUREZZA Interventi per buche e paramassi A L’ESTATE RIPORTERÀ IL «GARIBALDI» A SONDRIO? Con l’arrivo dell’estate, a Sondrio, la statua di Garibaldi potrebbe tornare al suo posto, al centro dell’omonima piazza da sempre considerata il salotto buono del capoluogo valtellinese. Considerato lo stato di avanzamento dei lavori, che negli ultimi due anni e mezzo stanno portando alla realizzazione di centinaia di posti auto interrati e alla riqualificazione dell’intera piazza, il Comune ritiene sia possibile riportare a breve, al suo posto, il monumento che ritrae l’eroe dei due mondi. Attualmente l’effigie bronzea del Giuseppe nazionale è conservata in un deposito comunale alle porte di Sondrio, a Caiolo. Dopo tanta attesa sembra dunque concretizzarsi l’aspettativa dei sondriesi, i quali da tempo lamentano l’assenza di uno spazio urbano, quello di piazza Garibaldi, storicamente centro di ritrovo per la città e sui cui si affacciano edifici di pregio. Per Palazzo Pretorio e per la società Sondrio Città Centro mancano soltanto le ultime indicazioni e autorizzazioni da parte della Sovrintendenza. Le autorimesse, invece, potranno essere utilizzate solo dal prossimo autunno. La chiusura del cantiere di superficie di piazza Garibaldi porterà all’avvio dei lavori di un’altra piazza del centro cittadino, quella dedicata a Cavour. «Per la tarda primavera è previsto l’inizio dei lavori di ristrutturazione per il Teatro Pedretti - ricorda il sindaco Alcide Molteni -, mentre procede a pieno ritmo la sistemazione di Palazzo Lambertenghi; presto, infine, ci sarà un intervento anche sul palazzo che ospita l’Archivio di Stato, accanto a Palazzo Martinengo, sottoposto a restauro pochi anni fa». DUE GIORNI ANIMATORI A CATAEGGIO Sabato 28 febbraio e domenica 1 marzo a Cataeggio in Valmasino si terrà la due giorni per gli animatori della Media Valtellina, che avrà per tema Lo stile dell’animatore. Per l’iscrizione rivolgersi entro sabato 21 febbraio a don Fabio Fornera, telefono 328.2272651, o a don Luca Bordone, telefono 0342.493299. La partenza avverrà il 28 febbraio alle ore 15.00 dall’oratorio Sacro Cuore a Sondrio, mentre il rientro è previsto per l’1 marzo alle ore 16.00. Il trasporto avverrà con macchine private. IL CARNEVALE CON OBELIX E ASTERIX Sabato 21 febbraio, alle ore 13.30, appuntamento davanti alla chiesa del Sacro Cuore per chi vuole partecipare alla grande festa e alla sfilata di Carnevale con Asterix, Obelix e la balena Alice. Alle ore 14.00 avrà inizio l’animazione, alle ore 14.30 partirà la sfilata che, dopo aver attraversato le vie Moro, Caimi, Trento, XXV Aprile, piazza Campello, via Piazzi, via del Gesù, via Zara e via Don Bosco approderà all’oratorio San Rocco nell’omonima piazzetta. L’animazione proseguirà con falò e fuochi. DON LUIGI GIUSSANI COMMEMORATO IN COLLEGIATA Domenica 22 febbraio, nella Santa Messa delle ore 10.00 in Collegiata a Sondrio sarà ricordato il quarto anniversario della morte di don Giussani e del riconoscimento dell’esperienza della Fraternità di Comunione e Liberazione da parte della Santa Sede. mmonta a più di un milione di euro l’impegno finanziario di Palazzo Muzio per gli oltre 400 chilometri di strade provinciali che, nei prossimi mesi, saranno interessate da decine e decine di interventi. Un investimento decisamente superiore agli anni passati, resosi necessario a seguito delle straordinarie precipitazioni nevose di questo inverno che hanno rovinato il manto stradale e creato seri problemi di sicurezza sui versanti che sovrastano le arterie. Solo per la riasfaltatura verranno spesi 700mila euro, contro i 300mila del 2008. «L’impegno finanziario è ingente - spiega l’assessore Massimo Sertori - perché rilevante è la necessità di interventi immediati per ripristinare il manto stradale delle nostre provinciali. Gli interventi per riempire le buche causate dallo spargimento di sale e dagli spazzaneve sono quotidiani e vedono impe- gnati tutti i nostri operai, ma per la riasfaltatura dei tratti più accidentati abbiamo chiesto la collaborazione dei sindaci affinché ci indichino le emergenze, e preziose sono anche le segnalazioni dei cittadini. In questo modo, entro poche settimane, le nostre strade saranno completamente sicure». Sulla base delle richieste pervenute e delle necessità emerse, la Provincia stilerà un calendario degli interventi che comunicherà a tutti i sindaci, consentendo a loro volta di pianificare eventuali lavori che comporti- CARAVAGGIO CON INTERNET SALOON Internet Saloon di Sondrio, la scuola per imparare a usare il computer e a navigare in rete, organizza il 4 marzo una visita guidata a Milano, alla Pinacoteca di Brera, in occasione del bicentenario della sua fondazione. Oltre a questa “fantastica passeggiata tra capolavori dell’arte italiana” la visita comprenderà anche la preziosa Mostra di quattro quadri di Caravaggio messi a confronto. Si potrà vedere la celebre Cena in Emmaus, realizzata a Roma intorno al 1606, e messa eccezionalmente a confronto con l’altra versione dello stesso tema, eseguita dal pittore nel 1601 e concessa in prestito dalla National Gallery di Londra. Accompagnano la presentazione affiancata delle due Cene, altri due dipinti appartenenti alla fase giovanile del maestro lombardo, il Concerto e il Ragazzo con canestro di frutta, concessi in prestito rispettivamente dal Metropolitan Museum di New York e dalla Galleria Borghese di Roma. I posti sono limitati. Per informazioni e prenotazioni è necessario contattare la segreteria di Internet Saloon entro venerdì 27 febbraio telefonando allo 0342-513129. INCONTRO DELL’ASSOCIAZIONE ALOMAR L’associazione Alomar, sezione provinciale di Sondrio, promuove mercoledì 25 febbraio alle ore 15.00 presso l’Aula Magna dell’ospedale di Sondrio, un incontro informativo sul tema Diritti e opportunità per i malati reumatici con relatore Luca Moraschinelli, direttore del Patronato INAS-CISL di Sondrio. Solo un malato informato è in grado di far rispettare i propri diritti. È spesso appurato che i malati sono costretti a lottare oltre che contro la malattia anche contro la burocrazia. Nel corso dell’incontro il relatore spiegherà come ottenere un’adeguata tutela previdenziale toccando vari punti: invalidità civile, modalità e presentazione della domanda, esenzione dal ticket per patologia o invalidità, le varie prestazioni di invalidità (dall’assegno di invalidità all’accompagnamento), legge 104/92 e tutela dell’handicap, agevolazioni fiscali per acquisto di ausili sanitari, tecnici e informatici, veicoli ecc.. Informarsi e conoscere sono condizioni necessarie per vivere ed affrontare meglio la propria condizione di malato. CIASPOLATA APERTA A TUTTI IN VAL GEROLA CON IL CENTRO SERVIZI PER IL VOLONTARIATO Negli ultimi anni il Centro di Servizio per il Volontariato L.A.Vo.P.S. ha promosso diverse iniziative, dall’arrampicata alla discesa del fiume in gommone, che vedono il nostro territorio alpino protagonista dell’incontro tra studenti e persone disabili. Attraverso queste esperienze di montagna, studenti delle scuole superiori, volontari e persone disabili hanno scoperto insieme cosa significa fare attenzione all’altro, seguirne i movimenti, restargli accanto incitandolo alla riuscita, frenarne la caduta se scivola e incoraggiarlo a ritentare. Tutti insieme, anche attraverso quelle piccole esperienze, hanno potuto imparare qualcosa sulla solidarietà e su come sia importante poter contare sull’aiuto di qualcuno... La montagna è una grande risorsa ancora troppo poco utilizzata dal nostro punto di vista che permette alle persone di confrontarsi attraverso esperienze che mettano in luce limiti e risorse di ognuno. Per questo motivo L.A.Vo.P.S. ha pensato di proporre un’uscita invernale, considerato che quest’anno la neve proprio non manca! Ecco quindi una ciaspolata in Val Gerola il 27 febbraio. Il programma prevede: ritrovo a Morbegno, in piazzale della piscina, alle ore 9.30. Le persone disabili dei centri verranno con i propri pullmini, i ragazzi e gli altri partecipanti con auto propria. La giornata si terrà solo in caso di bel tempo. Eventuale noleggio delle ciaspole: 5 euro. La ciaspolata in Val Gerola si svolgerà durante la mattinata. Pranzo gratuito alle ore 13.30 circa, presso la sala della pro Loco di Gerola. Rientro a Morbegno per le ore 15.30. Iscrizioni entro lunedì 23 febbraio compilando apposita scheda di iscrizione reperibile presso l’ufficio Informagiovani di Morbegno o la sede della Cooperativa Insieme a Morbegno in via Beato Andrea, 16. Numero massimo partecipanti: 40. Per informazioni: inviare una mail a [email protected], oppure telefonare al 340-1785974. no scavi sulle strade prima delle riasfaltature per evitare ulteriori disagi ai cittadini e limitare i costi. La “campagna tappetini d’usura”, questo il nome tecnico dell’intervento, prevede la fresatura dello strato superiore e la successiva posa dell’asfalto, una procedura più lunga ma che offre maggiori garanzie di tenuta ed evita il continuo sovrapporsi di strati di catrame. «In realtà - precisa Sertori -, su alcuni tratti di strada, in particolare quelli più vecchi, sarebbe necessario il rifacimento dell’intera sezione stradale, compreso il sottofondo, ma ciò richiederebbe un impegno economico insostenibile se gli interventi riguardassero contemporaneamente tutte le strade alla fine di ogni inverno. Per questo programmiamo di anno in anno alcuni di questi interventi. Ciò che facciamo sempre è controllare i lavori e le caratteristiche dei materiali utilizzati dalle imprese esecutrici per avere la certezza di interventi a regola d’arte». In uno specifico capitolato è infatti previsto un carotaggio, cioè il prelievo di campioni di asfalto in due fasi: nella composizione all’interno dell’impianto e nella stesura sul posto. I campioni sono analizzati in laboratorio per certificare le caratteristiche tecniche dei componenti utilizzati, che devono rispondere a quanto specificato nel capitolato. L’inverno nevoso, poi, ha causato valanghe e smottamenti che hanno reso necessari interventi per il ripristino delle strutture paramassi e paravalanghe e per il rifacimento dei muri di sostegno sui versanti che sovrastano le strade provinciali. L’impegno finanziario della Provincia supera i 300mila euro. Le situazioni critiche che si sono verificate in queste settimane non hanno fortunatamente causato danni alle persone per l’immediato intervento della Provincia che ha provveduto alla chiusura al transito dei tratti a rischio. CARNEVALE IN ALLEGRIA CON IL VOLONTARIATO Fiori di Sparta-Coordinamento famiglie con disabili della Comunità montana di Tirano in collaborazione con la sezione di Tirano della Fondazione Terres des hommes, Una famiglia per l’affido e la cooperativa L’arco, su iniziativa del Centro Servizi per il Volontariato della provincia di Sondrio, promuovono il carnevale itinerante “Circo… liamo in allegria” a Morbegno il 22 febbraio e a Tirano l’1 marzo. Un carro del far west, il tendone del circo, pagliacci, giocolieri, una maga che fa le carte, un domatore alla prese con l’unico animale feroce del circo, una gallina, la banda… sarà un carnevale speciale quello delle persone disabili e dei volontari delle associazioni coinvolte. Maschere, costumi, trucchi e scenografia. Musiche, sfilata e scenette teatrali. Venti disabili e una settantina di volontari. Sono questi i numeri e i contenuti di “Circo… liamo in allegria”. Tutte le persone coinvolte hanno avuto modo di dare libero sfogo alla propria creatività e ognuno ha scelto il personaggio preferito e il più adeguato alle singole caratteristiche e capacità. I ragazzi disabili sono stati coinvolti direttamente nella progettazione e realizzazione dell’iniziativa. Durante la sfilata ognuno avrà il suo compito: “saltare” nel cerchio di fuoco, fare l’hula-hop, gareggiare con le carrozzine trasformate in macchine da corsa, suonare i più variegati strumenti all’interno della banda composta dai ragazzi di “Creativamente” dell’associazione Una famiglia per l’affido... “Circo… liamo in allegria” vuole promuovere nella cittadinanza il valore della solidarietà, aiutare a far conoscere le associazioni proponenti e permettere alle persone disabili di entrare in contatto diretto con il grande numero di persone che seguirà le manifestazioni. “Circo… liamo in allegria” si inserirà all’interno del Carnevalissimo di Morbegno e del Carneval Tiranes. Appuntamento dunque al 22 febbraio in piazza Sant’Antonio a Morbegno alle ore 14.00 e all’1 marzo a Tirano al Fontanone in località Madonna alle ore 14.00. CRONACA SondrioSanità IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 P A G I N A 29 SONDRIO UNA RIFLESSIONE SUI SERVIZI SOCIO-SANITARI IN GENERALE AVVIATA LO SCORSO NOVEMBRE Ospedale di comunità? Si discute N el consiglio comunale del 28 novembre 2008 il gruppo consiliare di minoranza “Sondrio liberale” presentò un ordine del giorno volto ad impegnare sindaco e giunta perché si ponesse allo studio la realizzazione – si leggeva nel documento – «di un progetto pilota per un Ospedale di Comunità di 10-15 posti letto presso la RSA di Sondrio, coinvolgendo da subito la seconda commissione consiliare permanente». La proposta dei consiglieri Andrea Massera e Antonio Grimaldi partiva da un lavoro condotto dalla loro lista civica già in fase di campagna elettorale, volto a studiare la possibile realizzazione di una struttura protetta per anziani che necessitano di riabilitazione dopo un intervento morboso acuto presso un ospedale. «Noi riteniamo – affermavano i due consiglieri in una nota stampa precente alla seduta consigliare – che anche a Sondrio debba essere introdotta questa tipologia di intervento a favore degli anziani. L’Ospedale di Comunità deriva concettualmente dal Country Hospital inglese che ha visto la sua comparsa più di settanta anni fa. In Inghilterra esistono attualmente più di 400 Country Hospital. Negli anni a seguire è stato introdotto in tutta Europa. In Italia se ne contano 53, sono coinvolti oltre 1000 Medici di Medicina Generale ed i primi Ospedali di Comunità datano 1995. Ci sono 600 posti letto distribuiti in 10 regioni che coprono una popolazione di 2.500.000 di persone». La necessità di realizzare una struttura di questo tipo anche a Sondrio nasceva dalla rilevanza dei problemi legati alla riabilitazione soprattutto delle persone Il modello preso ad esempio è quello degli anglosassoni country hospital; in Italia sono già attivi in una decina di regioni; nel capoluogo valtellinese si è aperto un dibattio sul fronte, molto ampio, del mondo degli anziani di ALBERTO GIANOLI anziane, per le quali i tempi sono notevolmente allungati anche in virtù di patologie croniche correlate. Inoltre l’assistenza domiciliare post dimissioni risulta essere insufficiente per persone anziane che non hanno un supporto familiare idoneo. «La Regione Lombardia – rilevavano gli esponenti di “Sondrio Liberale” – nel Piano Socio Sanitario 2007-2009 ha introdotto la possibilità di avviare progetti pilota per la costituzione di Ospedali di Comunità intesi come strutture semiresidenziali e ne auspica la realizzazione presso Ospedali piccoli o in RSA esistenti». A motivare la richiesta pure il fatto che il presidente della Conferenza dei Sindaci risulta essere il primo cittadino sondriese e che l’ente capofila del Piano di Zona è il Comune di Sondrio; che fosse in fase di studio e di definizione il nuovo Piano di Zona 2009-2012; che la Fondazione Onlus “Casa di Riposo Città di Sondrio” ottempera in pieno alle caratteristiche organizzative e strutturali di un Ospedale di Comunità e che, come tutte le RSA anche quella del capoluogo, versa in una situazione di forte criticità economico finanziaria con conseguente urgenza di trovare nuove forme di gestione e di allargare i propri ambiti di assistenza. LA REAZIONE Durante la seduta del consiglio comunale di novembre, i consiglieri di “Sondrio liberale” vennero invitati a ritirare l’ordine del giorno presenta- to perché si potesse meglio affrontare lo studio dell’eventuale realizzazione dell’Ospedale di Comunità in sede della Commissione Politiche Sociali. Risultava infatti complicato impegnare il sindaco e la giunta a deliberare per la realizzazione di una struttura di cui fosse necessario valutarne prima il bisogno effettivo alla luce delle esigenze del territorio. A causa delle festività natalizie, del consiglio di dicembre dedicato unicamente all’approvazione del bilancio comunale e delle difficoltà della Commissione ad incontrarsi nel mese di dicembre, la discussione sull’Ospedale di Comunità tornò ad essere affrontata lo scorso mercoledì 4 febbraio. In quell’occasione emerse, prima di attivare il progetto dell’ospedale, la necessità di valutare se i posti dei reparti di lungodegenza riabilitativa dell’azienda ospedaliera di Valtellina e Valchiavenna siano sufficienti a soddisfare il reale bisogno della popolazione. Inoltre dalla maggioranza giunsero perplessità riguardo la possibilità dell’attivazione dell’ospedale attraverso un progetto pilota finanziato dal sistema sanitario della Regione Lombardia. LA POLEMICA Due giorni dopo la seduta della Commissione Consigliare, i gruppi di minoranza, ad esclusione di “Sondrio anch’io”, vollero ribadire l’importanza dell’Ospedale di Comunità, andando a criticare il modo in cui la questione era stata affrontata. «Abbiamo ben volentieri accettato di ritirare l’ordine del giorno in consiglio – si leggeva nel comunicato – a condizione che il tema venisse giustamente trattato nella commissione competente. In tale commissione la discussione da parte dei membri della maggioranza si è tradotta in una feroce critica al sistema Socio Sanitario lombardo che ci lascia perplessi. Perplessi perché una azione propositiva da parte della minoranza deve essere valutata per quello che è senza introdurre argomenti che nulla hanno a che vedere con la proposta stessa. Chiamare in causa la legislazione lombarda in tema socio sanitario sembra un pretesto di fronte alla non volontà di perseguire un progetto. Ribadiamo con forza la nostra proposta ricordando che è proprio la Regione Lombardia che ci da la possibilità di concretizzarla. Non vorremmo che l’indisponibilità della maggioranza nel fare qualcosa per gli anziani si trasformasse in una sterile e non utile critica nei confronti di un ente superiore, quale è la Regione Lombardia, che notoriamente in campo socio sanitario può vantare prestigiosi traguardi». LA REPLICA Mercoledì della scorsa settimana i consiglieri di maggioranza della Commissione Politiche Sociali, assieme all’assessore Carlo Ruina, hanno indetto una conferenza stampa per rispondere all’intervento delle minoranze attraverso gli organi d’informazione. «Dalla Commissione dello scorso 4 febbraio – ha esordito la presidente Alda Cattelini – avevo la sensazione che avessimo messo un primo tassello per la realizzazione dell’Ospedale di Comunità valutando la Ca-sa di Riposo come possibile struttura ospitante, secondo al richiesta del consigliere Grimaldi. L’attacco alla Commissione, accusata di non volere la struttura, è infondato. Non si può affrontare il tema senza contestualizzarlo e rapportarlo alle criticità presenti sul territorio, dal momento che se è stata fatta la richiesta dell’Ospedale significa che qualche criticità indubbiamente c’è. Se ci sarà bisogno ci si attiverà per realizzare la struttura, altrimenti no. L’Ospedale di Comunità dovrà eventualmente essere realizzato all’interno o nelle immediate vicinanze di presidi che forniscano il monitoraggio dei pazienti, dal momento che i posti di lunga degenza dell’azienda ospedaliera locale non sono sufficienti ai bisogni dei cittadini e i pazienti non possono certo essere condotti a domicilio se ivi non hanno possibilità di cura». Un’annotazione pesante quella di Cattelini, che ha aggiunto: «I posti di lunga degenza dovrebbero esserci in ospedale e poi nelle case di riposo dove ci sono lunghe liste d’attesa. La nostra amministrazione intende occuparsi a fondo degli anziani e dei loro problemi». Per questo motivo – ha proseguito l’assessore Ruina – «intendiamo costituire un osservatorio per la condizione degli anziani. Inoltre vogliamo che, nell’ambito della conferenza dei sindaci, venga posto come pressante il problema dei posti in lunga degenza, dal momento che le prestazioni socio-assistenziali hanno degli oneri, a differenza di quelle ospedaliere. Nelle RSA ci troviamo purtroppo di fronte all’emergenza di un numero sempre maggiore di anziani non autosufficienti che chiedono un posto. Dal nostro comune sono 59 i cittadini accolti fuori ambito, soprattutto nelle strutture di Grosio e Grosotto, perché troppo pochi sono i posti di sollievo per le effettive necessità. Per sopperire a queste mancanze la Regione affida agli enti locali la possibilità di realizzare un progetto pilota per l’Ospedale di Comunità: noi non abbiamo, come si è letto sui giornali, snobbato l’idea. Abbiamo tuttavia cercato di mettere in atto un’analisi seria, senza fare propaganda». All’intervento dell’assessore ha fatto seguito quello del consigliere Marco Tam. «Non bisogna portare un problema ospedaliero – ha affermato – fuori dell’ospedale. Ad un intervento acuto fa seguito la riabilitazione specialistica e quindi la lungodegenza geriatrica. Successivamente le cure possono passare ai famigliari, oppure all’assistenza domiciliare o, ancora, alla casa di riposo. Non dobbiamo però confondere questi livelli perché fuori dagli ospedali il cittadino paga i servizi di tasca sua. I dirigenti ospedalieri della nostra provincia hanno sbagliato a pianificare i posti letto, realizzandone almeno 50 in meno di quelli necessari nei reparti di lunga degenza. Se nelle altre provincie sono numerosi i posti letto di questo genere, nella nostra si è equivocamente sbagliata una previsione e si va a far pressione sulla situazione locale, ma non si può pensare che i medici di famiglia si facciano carico di problemi che dovrebbero dipendere dall’ospedale». VERSO LA CONCLUSIONE Dopo l’intervento della maggioranza è intervenuto nel dibattito anche Piergiuseppe Forni di “Sondrio anch’io”, precisando la sua posizione, in linea con quelli che sono gli intenti della maggioranza: «dopo aver verificato che non esiste altra soluzione si potrà tentare la strada dell’Ospedale di Comunità. Prima però è necessario conoscere i dati. Quanti sono gli anziani interessati? Di quali tipologie di assistenza necessitano? Quant’è il tempo medio di permanenza? E ancora: quale ruolo dovrebbero avere le RSA? Quale rapporto con l’Asl e l’Azienda Ospedaliera? Quale il ruolo dei medici di famiglia? Quale tipo di collegamento con i gruppi di volontariato? Insomma non basta affermare che c’è una proposta di progetto pilota finanziato dalla Regione per operare una scelta. Un progetto che deve durare nel tempo deve essere solido e ben delineato in tutte le sue articolazioni fin dalla fase iniziale. La possibilità di poter accedere ad un finanziamento non è mai il punto di partenza. Potrebbe invece essere il punto di arrivo». Nei prossimi giorni la Commissione Servizi Sociali del Comune incontrerà il consiglio di amministrazione della RSA cittadina per un primo passo verso la verifica di fattibilità del progetto. CRONACA P A G I N A 30 SondrioCultura IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 SONDRIO L’INTERVENTO DI BRUNO CIAPPONI LANDI NELL’AMBITO DELLE MINICONFERENZE DEL VITTORIA L’identità culturale valtellinese M artedì 10 febbraio, nell’ambito delle miniconferenze tenute presso l’Hotel Vittoria e promosse da La Gazzetta di Sondrio (giornale diffuso via internet), Bruno Ciapponi Landi ha parlato della cultura nella nostra provincia. Il suo intervento, per rispettare i rigorosi tempi imposti dal collegamento internet e dal conduttore Alberto Frizziero, nella prima parte è risultato estremamente sintetico. Il relatore, infatti, ha snocciolato una lunga serie di dati, che documentano i modi con i quali la cultura si organizza: 40 biblioteche, 26 centri edi- toriali, 144 giornalisti, 28 musei (di cui, però, solamente 2 in regola con le normative vigenti), 46 palazzi e 36 edifici sacri di particolari interesse storico, 500 chiese in totale, 80 tra chiese, palazzi e castelli restaurati con la Legge Valtellina, 40 bande musicali… 9 gruppi folcloristici, 106 organi; inoltre, sale espositive, un concorso letterario di livello nazionale più altri minori, una bibliografia storica sterminata, dovuta in particolare alla Società Storica, ad altri Centri di studi, all’Istituto di Dialettologia che hanno all’attivo numerose pubblicazioni, tra cui 5 dizionari dialettali che hanno ricevuto lusinghie- TERRAZZAMENTI E UNESCO «Importante è unire la candidatura dei terrazzamenti vitati ad un territorio affine, simile; questo darebbe più peso alle nostre possibilità ed in quest’ottica dobbiamo lavorare per portare avanti il progetto, anche attraverso un vero patto di filiera fra gli imprenditori». Claudio Introini, coordinatore di Pro Vinea, ha introdotto così il suo discorso riguardante la candidatura dei terrazzamenti vitati valtellinesi al patrimonio dell’umanità Unesco, a margine della riunione del Gruppo di lavoro Patrimonio Mondiale Unesco della Convenzione delle Alpi la scorsa settimana Tirano e Poschiavo. All’incontro pubblico conclusivo sono intervenuti Andreas Bass per la Ferrovia Retica, che ha relazionato tutti i presenti sul percorso del Trenino Rosso recentemente inserito nel patrimonio dell’umanità, Bruno Ciapponi Landi, assessore alla Cultura del Comune di Tirano, e proprio Introini per la Fondazione promotrice della candidatura dei terrazzamenti vitati valtellinesi. «Questo territorio - ha sottolineato Ciapponi Landi - merita una valorizzazione non solo come ambiente naturale, ma anche come espressione culturale, come crocevia storico. La commissione che si è riunita getta le basi per le prospettive di sviluppo che la nostra realtà transfrontaliera ha davanti». ri apprezzamenti in ambito internazionale. Questi ed altri numerosi aspetti sono il frutto di una cultura che rappresenta lo stretto rapporto fra l’uomo e l’ambiente. Il relatore ha poi continuato su questa linea facendo un lungo elenco delle personalità valtellinesi che hanno dato importanti contributi alla vita culturale, economica, sociale e politica della Nazione e di coloro che oggi ricoprono incarichi di prestigio. Una carrellata così rapida è servita a Bruno Ciapponi Landi per arrivare alla questione che più gli premeva, cioè quella dell’identità. In passato, ha detto, ci sono stati degli elemen- ti che hanno contribuito in modo determinante a formare la mentalità e il carattere dei Valtellinesi. Tra questi la componente religiosa, che ha fatto delle chiese i centri e i simboli delle comunità, poi la struttura comunale, la presenza delle confraternite e delle società di gestione di pascoli e boschi, vere palestre di democrazia, che hanno formato nelle persone la capacità di rapportarsi con le regole, oltre allo spirito di laboriosità e di adattamento. Ma, oggi, si è chiesto il relatore, possiamo ancora parlare di identità valtellinese? L’identità sembra prevalentemente culturale. Quando, ad SONDRIO I RAGAZZI DELLA MEDIA “CECILIA TURCHI” DEL PIO XII Quando il canto si fa storia locale Sondrio la campagna per le Tende di Natale di AVSI (Associazione Volontari per il Servizio Internazionale) si è conclusa con una bella e significativa manifestazione realizzata venerdì della scorsa settimana dall’Istituto Pio XII Scuola secondaria di primo grado “Maria Cecilia Turchi” in collaborazione col Comune di Sondrio. Nella cappella dell’Istituto, appositamente trasformata per l’occasione con un palco per il coro e la platea per accogliere genitori, fratelli, nonni e amici, oltre a numerosi insegnanti, i ragazzi hanno dato vita allo spettacolo “La storia di un popolo attraverso i canti”, una rassegna di canti gospel, spiritual e blues. «Con le stesse modalità lo scorso anno era stato realizzato un altro lavoro, Natale in Europa - ci ha spiegato Paola Zenobi, docente di lettere nella scuola media - Anche allora era stato svolto un lavoro interdisciplinare e la preparazione aveva implicato soprattutto la conoscenza delle tre lingue straniere studiate dai ragazzi - inglese, francese e spagnolo -, esibita insieme alle abilità canore nella serata di canti A accompagnati dalla proiezione di diapositive sulle usanze tradizionali del Natale prevalentemente nei paesi da loro studiati. Quest’anno si è lavorato ancora una volta a partire dai canti, cercando di comprenderne il significato e i contenuti, coinvolgendo così sia le discipline letterarie (italiano, storia e geografia), sia l’inglese per la corretta comprensione e pronuncia delle parole, sia la musica per la storia del Gospel e dello Spiritual, sia la religione per le tematiche sottese. Quindi, alcuni ragazzi si sono preoccupati di preparare la presentazione dei canti e la loro traduzione italiana, altri hanno approfondito la parte geografica, altri hanno lavorato sulla parte storica, altri hanno scelto le immagini più idonee per accompagnare i canti mentre venivano eseguiti; infine, nelle ore di religione altri ancora hanno approfondito il tema della libertà e della convivenza tra i popoli». In questo modo i ragazzi hanno sviluppato anche notevoli abilità, memorizzando le parti, così che hanno cantato senza spartito con uno sforzo non indifferente, dato che hanno dovuto imparare le parole in inglese delle strofe e del ritornello di tutti e quindici i canti. La preparazione corale è stata cu- rata, dividendosi compiti e brani, dai due insegnanti di musica che lavorano nell’istituto: Luciana Villano, che si occupa delle classi di scuola media, e Michele Franzina, che tuttora segue il laboratorio dei ragazzi che scelgono come attività opzionale di approfondire la coralità. I risultati sono stati decisamente buoni e il pubblico ha mostrato di apprezzare lo sforzo e l’impegno applaudendo a lungo. «Tra l’altro - ha sottolineato ancora Zenobi -, tutti gli alunni sono stati chiamati ad essere protagonisti nella preparazione di quest’esperienza, non solo quelli che già possedevano doti per il canto, esempio, si pone la necessità di partecipare in maniera comunitaria a risolvere i problemi più rilevanti della Provincia, «si nota un deficit identitario». E il relatore ha citato lo Statuto Comunitario per la Valtellina, recentemente stilato da Alberto Quadrio Curzio, nel quale, alle prime righe, si afferma: «La Valtellina può essere definita, e nel tempo si è connotata, come un sistema locale o meglio come un sistema di microsistemi locali, proprio per una forte identità sociale prima ancora che politica, economica e produttiva». L’aver posto una questione che ci tocca così da vicino non poteva che risultare molto stimolante per il pubblico presente in sala e per quello collegato via internet, come ha dimostrato il vivace dibattito, coordinato da Alfonsina Pizzatti. È intervenuto dapprima Nemo Canetta, per chiedere come mai, mentre possiamo parlare di un’identità aostana, ticinese, trentina, grigiona… non altrettanto avviene per l’identità valtellinese. Non è facile rispondere, ha affermato il relatore, perché le cause possono essere molteplici. In passato ci sono state in pratica 3 Valtelline, costituite dai terzieri, ciascuno con il suo polo di aggregazione, ai quali vanno aggiunti i contadi di Bormio e di Chiavenna (tipiche le fiere, come momento di partecipazione sociale ed economica di ogni zona). È sempre mancata una grande città. L’unica eccezione è costituita dal Santuario della Madonna di Tirano, che ha sempre rappresentato un vero centro di identificazione (almeno religioso) per tutti i Valtellinesi. Sono poi arrivate numerose telefonate (una persino dalla Finlandia), a riprova di come i Valtellinesi sparsi per il mondo seguano questa iniziativa. Da segnalare l’intervento di Franco Visintin, presidente dell’Associazione Valtellinesi a Milano. Non si può parlare di mancanza di un’identità valtellinese, ha affermato, perché questa è molto sentita e visibile in coloro che hanno lasciato la loro terra e sono emigrati per lavoro. Il problema si pone allora come uno scarso riconoscimento della propria identità da parte dei residenti. Per questo, secondo Visintin, sarebbe necessario avere un simbolo della valle, molto più visibile ed efficace di quelli che sono stati utilizzati finora. Un altro elemento necessario, ha concluso Ciapponi Landi, è un disegno politico complessivo della nostra provincia, che possa essere mantenuto come linea fondamentale di indirizzo dalle varie amministrazioni che si succedono. È necessario, infine, non curare solamente i nostri prodotti, che possono essere ottenuti di pari qualità anche in altre parti, ma restare saldamente ancorati al nostro passato, perché, come diceva Cesare Sertoli Salis: «dobbiamo vendere la Valtellina con la sua storia». Le miniconferenze possono essere seguite in diretta o riascoltate su www.gazzet tadisondrio.it. C.R. LA SETTIMANA DI UNITRE A SONDRIO E TIRANO Dopo aver ricordato la tavola rotonda di venerdì 20, che interessa da vicino tutti i valtellinesi, poiché presenta il problema della moria dei boschi in provincia e suggerisce come intervenire, segnaliamo gli altri appuntamenti di Unitre di Sondrio nella quarta settimana di febbraio: lunedì 23, Claudio Snider e Giorgio Scaramellini, rispettivamente presidente e vicepresidente della SEV, presenteranno lo studio su Lo statuto comunitario per la Valtellina - Un progetto della sussidiarietà; mercoledì 25, Luca Pola, docente di storia e filosofia presso il liceo scientifico di Sondrio, tratterà il tema Il nazismo: ideologia e realtà, anche con proiezioni in power-point; venerdì 27, Elio Sindoni, direttore del Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e del Territorio presso l’Università degli Studi di Milano, svilupperà la seconda parte del tema di fisica Da Democrito ai quark: le grandi intuizioni della fisica; lunedì 2 marzo, Luigi Pizzolato, ordinario di Letteratura cristiana antica e preside di facoltà presso l’Università Cattolica di Milano, proporrà una riflessione su L’immagine della felicità nel mondo antico. Ricordiamo che tutte le lezioni si tengono presso il Cinema Excelsior a partire dalle ore 15.30. Due gli appuntamenti in calendario nella stessa settimana all’Unitre di Tirano presso la sala del Credito Valtellinese in piazza Marinoni: martedì 24 alle 15 sarà ospite l’artista Michele Falciani, che spiegherà Tecniche e materiali nella realizzazione del Monumento dell’Apparizione; giovedì 26, alla stessa ora, interverrà Mirella Nalbone Braga, già direttore del Centro internazionale del lino per l’Italia, per tenere la lezione non effettuata in ottobre sul tema Il lino e l’uomo. Un percorso comune affascinante. ma anche gli altri, proprio perché la nostra scuola attribuisce alla musica una capacità formativa connessa al fatto che il lavoro si svolge insieme e si impara ad ascoltarsi l’un l’altro, elementi che contribuiscono alla formazione integrale della persona». CRONACA SondrioGiovani IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 SONDRIO INCONTRO VENERDÌ 20 FEBBRAIO Perché sei voluta andare in Brasile? «Dopo un esperienza in Argentina volevo conoscere una realtà latina differente, ho sempre voluto visitare una favela e grazie a questa esperienza ci sono riuscita». Cosa hai fatto là? «Un mese è poco, quindi ho pensato di sfruttarlo per conoscere il progetto osservando il lavoro svolto dalle suore, dai volontari e dagli insegnanti». Cosa ti ha colpito ti questa esperienza? «Tutto! Il clima caldo e ventilato, l’odore per le strade, e all’interno della favela, molto acre, ma ti abitui in fretta, come ti abitui alle situazioni che vedi e che ti circondano, i mercati della frutta, giovani e anziani e bambini rigorosamente in infradito, autobus super affollati, ragazzine in minigonna e top, tanti bambini, la musica in ogni locale, in ogni luogo». Sei tornata a casa con? «La conferma di una realtà di cui, purtroppo, non si parla mai abbastanza, i sorrisi dei bambini che partecipavano ai corsi proposti dal progetto e il desiderio di molti altri (grandi e piccoli) che desideravano partecipare, la felicità nel ricevere un succo o un pò di frutta per merenda, baracche con nulla dentro, se non un amaca, e chi, fortunato, un divano e alcuni mobili arrivati con i container...». Come è possibile, dall’Italia, aiutare chi è là? «Si possono inviare dei contributi, anche minimi, per mantenere attivi i corsi e ancora meglio riuscire poi ad avere la possibilità di portarne avanti altri, le idee sono tante ma purtroppo con l’idea da sola non si fa nulla». Com’è la favela? «L’ho vista e sentita peri- sperando di risolvere i loro problemi. Non sottovaluto la questione droga, che è sicuramente da considerare, ma non posso lasciare inosservato il problema della prostituzione, che è senz’altro il più urgente». Cosa hai capito del Brasile? «Non molto, o meglio io ho vissuto la realtà della favelas non ho visitato altro se non qualche volta qualche giro in centro sempre con le suore, quindi non posso esprimermi, posso però garantire che l’atmosfera che si vive è quella tipica dell’America latina ritmo di vita lento e tranquillo, nessuno ha fretta, scordiamoci il ritmo frenetico e organizzato delle nostre città europee (ricordo che io sono stata solo a Fortaleza). Dal punto di vista amministrativo mi ha colpito il fatto che anche la politica si fa a ritmo di musica, o meglio, di salsa. La strategia è quella di trovare lo slogan elettorale più accattivante: più sei orecchiabile, più la gente ti vota…». Ti sembra ci siano politiche sociali adeguate per affrontare i problemi con cui anche tu, nel tuo pur breve soggiorno, ti sei confrontata? «Fondamentalmente penso una cosa: non si può pretendere di cambiare il mondo con un progetto, ma sicuramente è un modo per iniziare a porre i primi tasselli che alla fine ci potrebbero portare a costruire una scala puntata verso l’alto verso qualcosa di migliore, verso una speranza che non è altro che luce in fondo a un tunnel in cui non si vede altro che buio, i passi da fare con le persone che vivono e sono cresciute in una favela devono essere piccoli e non affrettati, si deve agire con cautela e sensibilità, bisogna far capire, a loro, che una speranza c’è e che se non si molla si può migliorare, il progetto “Em Defesa da Vida” fa questo e io l’ho constatato ascoltando i commenti di chi è stato aiutato, di chi ha trovato un impiego, di chi ha deciso di continuare ad aiutare e di chi, visto l’esempio vuole iniziare a farlo». testo raccolto da ENRICA LATTANZI Il progetto Em Defesa da Vida, nella favela Pirambu di Fortaleza, nasce alcuni anni fa con suor Lorenza e in ricordo di suor Attilia Fumagalli, la religiosa della congregazione della Sacra Famiglia di Mese che operava a Sondrio e scomparsa in un incidente stradale nel 2003. Il progetto si propone di seguire i bambini, gli adolescenti e, soprattutto, le madri adolescenti. È assai articolato e tende a coinvolgere l’intera popolazione del quartiere: una casa, in cui le prostitute rimaste incinte possono trovare alloggio e riparo per il periodo della gravidanza e per i primi mesi dopo il parto; il nido, in cui possono lasciare i loro bambini per frequentare corsi scolastici e professionali e cercare un lavoro. Il progetto offre numerosi corsi, dall’alfabetizzazione e formazione scolastica ad attività professionali: informatica, cucina, sartoria, estetista e parrucchiere. Non sono solo corsi teorici: vi sono un salone di parrucchiere ed estetista, semplice ma adeguatamente attrezzato, ed un laboratorio di sartoria. In più varie attività rivolte agli adolescenti: artigianato, chitarra, danza, teatro, capoeira, produzioni artistiche con materiali riciclabili, seminarî orientati alla cittadinanza attiva. Istruttori sono gli stessi giovani ed adolescenti, spesso le madri ex-prostitute, che lavorano per un piccolissimo compenso (350 reais al mese: il cambio attuale è di 2,5 reais per 1 euro). Il progetto ha molti bisogni: dalla ristrutturazione e manutenzione degli edifici, all’alimentazione dei frequentanti, al salario degli istruttori. Con 15.000 euro si potrebbe assicurare la sopravvivenza e lo sviluppo di un progetto che offre educazione, speranza e prospettive di vita dignitosa a numerosi bambini ed adolescenti in uno dei posti più poveri, violenti e meritevoli d’amore del mondo. ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ V colosa (io da sola non potevo girarla, o meglio solo lungo la via dove si trovava la casa della suore della redenzione) il resto mi era proibito, potevo andare solo se accompagnata, la gente ti guarda, ti scruta, analizza ogni tuo passo, ti controlla ma non sempre per aggredirti anche solo per assicurarsi che non sei un pericolo». Ci sono caratteristiche o dinamiche particolari? «Di giorno tutto è apparentemente tranquillo. I bambini vanno a scuola (chi può), si vedono signore fare la spesa e gli uomini di solito stanno seduti davanti a casa a passare il tempo giocando a carte oppure in giro in barca con la jangada (imbarcazione tipica), sperando di trovare qualche pesce che farà da pasto, altri bimbi giocano per strada con un pallone fatto di stracci oppure fanno il bagno in oceano che poi non è che un oceano di rifiuti, la sera diventa ambiente di spaccio di droga, di armi e di prostituzione, si sentono spari, e potrebbero essere petardi, ma non nascondo che spesso sono spari da arma da fuoco». Con quali altri problemi ti sei scontrata? «All’interno della favela i problemi sono legati a droga, spaccio d’armi, e prostituzione... Il nord est, e in questo caso intendo Fortaleza, ha una grossa piaga sociale che è quella della “esploraçao sexual” o abuso sessuale, che è legato alla prostituzione. Non è tutto, infatti a questi problemi si aggiunge il discorso del turismo sessuale un altro grosso problema, il giovedì (se non hanno cambiato) c’è addirittura un aereo che fa viaggio diretto Milano-Fortaleza per giungere nella regione del sesso. Bambine perché, a 13/14 anni non si può sicuramente parlare di ragazze e tanto meno di donne, che vengono acquistate per una settimana, o meno, o di più da uomini europei venuti apposta per divertirsi. Sono ragazzine provenienti dalle favelas che si fanno trovare lungo la “Beira Mar” che non è altro che il lungo mare (zona di alberghi, locali, ristoranti, punti di ritrovo) per fare la conoscenza di questi gringo 31 UN PROGETTO IN DIFESA DELLA VITA Vita e speranza enerdì 20 febbraio a Sondrio, alle ore 21.00 presso la sala Vitali, Laura Manfroi, una giovane volontaria di Postalesio, racconterà la sua esperienza in Brasile (a cavallo fra agosto e settembre 2008), a Fortaleza, nella favela del Pirambu. Laura ha partecipato al progetto “Em Defesa da Vida”. P A G I N A BASSA VALTELLINA AL VIA IL CICLO DI INCONTRI Un sostegno ai genitori I l progetto R-accordi che, con il coordinamento sempre della Cooperativa Sociale Insieme, è attivo in 21 comuni del mandamento di Morbegno, torna a proporre un ciclo di incontri formativi per genitori. Questa volta i comuni coinvolti sono quelli di Traona, Cino, Cercino e Mantello. Martedì scorso il vice-sindaco di Traona Valeria Lorenzoni e l’assessore alle politiche sociali e istruzioni di Traona Luciana Rizzi hanno presentato il calendario dei 5 incontri, a parti- re da venerdì 20 febbraio. «Per definire le tematiche – hanno spiegato – è stato costituito, attingendo dalle agenzie educative presenti sul territorio, un gruppo di lavoro che ha operato assieme ad alcuni genitori che avevano fornito la loro disponibilità nel corso degli incontri tenuti lo scorso anno. Dal momento preparatorio è emersa la proposta di due incontri incentrati sulla corresponsabilità della coppia di genitori, di un terzo interattivo e, infine, di due sull’uso e l’abuso di sostan- ze». Quest’ultimo tema affrontato, come già dal progetto R-accordi nei comuni del circondario di Ardenno, con la collaborazione del Dipartimento Dipendenze Asl provinciale e in particolare del responsabile dottor Massimo Tarantola. Gli incontri, che coinvolgono i comuni che gravitano attorno al polo scolastico di Traona, si svolgeranno con modalità itinerante tra Cino, Mantello e Traona per favorire maggiormente la partecipazione dei genitori di tutta la zona. A.G. P A G I N A 32 CRONACA SondrioEducazione IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 TIRANO LA CONFERENZA DEL PROFESSOR PIETROPOLLI CHARMET NELL’AMBITO DI «SINERGIE EDUCATIVE» Vita sregolata? No, grazie... ma L a conferenza, tenutasi la scorsa settimana al Cinema Mignon di Tirano da Gustavo Pietropolli Charmet sul tema Non voglio una vita sregolata, ma... nell’ambito del progetto Sinergie Educative, promosso dall’Istituto comprensivo di Teglio in collaborazione con la Scuola media Trombini, il Circolo didattico e la parrocchia di Tirano e col contributo di sei comuni (Castello Dell’Acqua, Teglio, Aprica, Bianzone, Villa di Tirano e Tirano), è stata non solo molto interessante e utile per quanti, genitori e insegnanti, sono impegnati nell’azione educativa, ma ha anche ottenuto, come già nel recente passato, una notevole partecipazione di pubblico. Segno evidente che l’iniziativa continua a toccare un tasto sensibile così da persuadere tanti a mettersi in gioco. Certamente anche il nome dei relatori, sempre di eccellenza nel loro campo e noti al grande pubblico, è all’origine di tanto successo, ma un ruolo di non minore richiamo lo svolgono anche le tematiche scelte con intelligenza e conoscenza dei problemi da chi, come il dirigente Maurizio Gianola, dell’educazione ha fatto il compito della propria vita. UN NUOVO MODELLO EDUCATIVO Charmet ha iniziato osservando che da venti e più anni la prospettiva culturale è cambiata e al precedente modello educativo, autorevole e severo, dove gli adulti, mamme e maestre comprese, concordavano sulla sacralità e inviolabilità delle regole, la punizione severa degli errori, a questo modello etico o della colpa, che vedeva nel bambino un piccolo selvaggio da civilizzare, da colpevolizzare rispetto alla sessualità, all’autonomia, all’aggressività, è stato sostituito il modello educativo della relazione, che vede invece nel bambino un essere buonissimo alla ricerca della sua mamma, più affamato di relazione, di affetto e di tutela che non di latte. «Questo è il passaggio avvenuto ed è confermato dalle nostre ricerche e da chi si è interessato al problema - ha proseguito Charmet - L’altra attribuzione di caratteristiche data dai nuovi genitori al loro bambino, è di ritenerlo molto socievole e molto precocemente alla ricerca di altri “cuccioli” come lui. Così, se messi in luoghi di grande intelligenza pedagogico-educativa, come il nido e la scuola materna, essi creano relazioni di amicizia, di interazione, di gioco, incontrando a volte la società degli adulti, a volte rimanendone discosti come se avessero i loro segreti, la loro società, il loro lavoro, cioè il gioco. Con una tale concezione non c’è bisogno di regole per dissuadere il bambino dal seguire la propria natura, al contrario lo si deve aiutare a seguirla, a far emergere la sua vocazione, le sue competenze e abilità. È il mito di cui in questi anni mi hanno parlato decine e decine di genitori venuti al nostro centro coi loro ragazzi con problemi legati allo sviluppo, alla scolarizzazione, all’apprendimento, ai conflitti familiari, alle difficoltà a inserirsi nel gruppo, ecc.». I “BAMBINI SREGOLATI” Molto difficilmente con questo nuovo modello bambini e ragazzi si sentono in colpa. «Infatti, maestre e docenti - ha ripreso Charmet - fanno esperienza di scolari che non hanno paura dell’adulto né dei suoi castighi, ma piuttosto cercano di relazionarsi con lui, di riceverne amore, comprensione, apprezzamento, cioè in genere arrivano a scuola conservando il ruolo di figli bambini più che indossando quello sociale di studente, il che complica non poco le cose, perché la scuola è un servizio, un’istituzione di lavoro che non può amare i propri utenti, ma deve imporre delle regole». Sorge, quindi, inevitabile per questi “bambini sregolati”, che cioè non conoscono le regole sociali, il problema della relazione tra scuola delle regole e famiglia degli affetti. «Da tempo cerco di capire quali potrebbero essere le strade per riscrivere il patto educativo tra scuola e famiglia, le due agenzie educative per competenza e mandato, ma povere di fronte allo strapotere di altre istituzioni che, senza mandato né competenza, hanno però le risorse economiche per studiare come funziona la mente dei bambini e così spacciare modelli di comportamento, aspettative, valori illusori con grande successo, perché bambini e adolescenti cercano proprio il modo per diventare famosi, belli ed eventualmente anche ricchi». Tornando alle regole, se, come in famiglia, nascono dalla cultura del dialogo e dalla contrattazione, è chiaro che non sono collegate a valori e principi, ma all’utilità dell’organizzazione domestica (alzarsi, lavarsi, fare la prima colazione, andare a scuola, fare i compiti, ecc.), in rapporto agli interessi e alle aspettative di tutti. «Quindi, la famiglia non costruisce né trasmette le regole sociali - ha concluso Charmet -, per cui gli insegnanti hanno l’impressione che la famiglia ne demandi a loro l’insegnamento. Da qui, la delusione della scuola rispetto all’educazione della famiglia e la perplessità della famiglia verso la scuola, che in apparenza non tiene conto della vita affettiva dei figli, ma avanza pretese, impone regole, commina castighi, bocciature... Inevitabilmente, tutto ciò ha incrinato il patto educativo soprattutto dalle scuole medie in avanti». LA DIFFICOLTÀ DI GESTIRE LA VERGOGNA «La difficoltà davvero complicata che deve affrontare il figlio della famiglia della relazione e degli affetti - ha ripreso il relatore - non sta più nel dover acquisire regole e valori che lo aiutino a costruire una piramide gerarchica per sapere sempre cosa è giusto e cosa è sbagliato, ma, essendo convinto della grande importanza del proprio sé, di dover perseguire obiettivi importanti quali conquistare l’attenzione, l’amore, la tenerezza, la fama, la visibilità sociale, il potere, il successo, il riuscire a realizzarsi e ad esprimersi attraverso relazioni che lo sostengano, lo amino, lo applaudano». Nella prospettiva di questo compito si annida la passione umana più difficile da gestire, che è l’impressione di essere inadeguato e di non riuscire, cosa che non provoca più senso di colpa, ma fa sentire in vergogna. Da qui, la fragilità dei ragazzini attuali, fragili e permalosi, da qui i guai più seri nella preadolescenza, ma soprattutto nell’adolescenza, perché la vergogna provoca una sofferenza particolare, perché riguarda il valore del sé, il fatto di non essere più una persona bella, di non essere diventato famoso, ecc. Cioè, questa generazione è fragile perché troppo esposta alla ricerca della visibilità, del successo non solo televisivo - anche purtroppo -, ma nel piccolo gruppo, nella squadra, nella classe, che è diverso dall’essere bravi o buoni. Non riuscirci significa trovarsi umiliati e mortificati. A volte questo sentimento doloroso viene cancellato in modi vistosi e pericolosi, come nei tragici disturbi della condotta alimentare (anoressie e bulimie), perché queste ragazzine provano un’enorme vergogna del loro corpo e la volontà di disfarsene per smettere di vergognarsi della rotondità o della femminilità vissuta come un’onta delle loro capacità intellettuali, sociali, scolastiche, ecc. È solo un esempio di tante altre problematiche riconducibili al bisogno di dare prestazioni, per es. assumendo droga, oppure sviluppando la muscolatura in palestra, tutte scelte ispirate non dall’etica o dal bisogno di disfarsi dell’etica, ma dall’estetica, dal narcisismo della bellezza, dalla tragicità di chi vuole in qualche modo apparire. UN NUOVO PATTO EDUCATIVO Su questi problemi è possibile lavorare educativamente, tenendo conto dei cambiamenti avvenuti e che la famiglia e la scuola non fanno più paura. «Circa il problema dell’educazione e della crescita - ha soggiunto Charmet - credo sia vero che i bambini sono figli della famiglia della relazione, si sentono impor- tanti, pensano di aver ragione, tendono a dare del tu, sopportano molto male le frustrazioni, soffrono di vergogna, sono permalosi, ma la loro aspirazione al riconoscimento è terribilmente, talora oscenamente, potenziata dalla sottocultura dei mass-media, che lavora su bambini forse legittimamente portati a sentirsi importanti, belli, preziosi. Infatti, dai mass-media e dalla rete derivano modelli gravissimamente narcisistici, istigatori della ricerca del successo, dell’importanza della visibilità sociale e dell’occhio della telecamera. Dunque, la famiglia e la scuola devono assolutamente sottoscrivere un nuovo patto educativo, per stendere attorno ai nostri figli una cintura sanitaria culturale, simbolica, relazionale e anche etica contro lo strapotere della sottocultura dei mass-media, competitori forti e micidiali, dotati di una formidabile capacità di penetrazione anche educativa». DIBATTITO E RIFLESSIONI CONCLUSIVE Durante il dibattito si sono aggiunte altre riflessioni importanti. Per es., rispondendo alla domanda se preferisse l’uno piuttosto che l’altro modello educa- tivo, Charmet ha affermato di conoscere fin troppo bene pregi e difetti del modello della colpa e del castigo per averlo sperimentato sulla propria pelle: non si sente di sostenere che è terribile, sbagliato, regressivo, ma neppure che si devono rimettere i paletti “divelti dal branco” e provare nostalgia per il vecchio modello. «In questo momento di crisi dei modelli educativi - ha continuato Charmet - penso che sia importantissimo imparare a riconoscere quali valori, quali obiettivi persegue e quale metodologia utilizza il nostro lavoro, in cosa consistono e perché sono avvenuti i cambiamenti e cosa hanno portato. Qui, giustamente è stato osservato che non è certo che sia così vero - badate, non giusto, buono, opportuno! - che le regole siano sempre e comunque contrattabili in famiglia. Quindi, è chiaro che la convinzione di avere diritto a un potere e di dover contrattare e negoziare, c’è ed è diffusa, ma poi è altrettanto chiaro che gli adulti hanno il potere reale: essi possono giocare la partita della democrazia degli affetti e della democrazia educativa, ma quando perdono le staffe tirano fuori il potere reale e costringono i figli a fare quello che devono e ritorna l’antichissima famiglia etica con zitto, taci, obbedisci, vai a letto, ecc. Il problema sorge se avviene sporadicamente sull’onda delle passioni e se dieci minuti dopo si va quasi piangendo a scusarsi col bambino. Personalmente, credo che il fatto della contrattualità sia molto importante, perché nel nostro paese abbiamo cercato di costruire una cultura dell’infanzia che ha messo la famiglia e la scuola in condizioni di lavorare bene coi bambini, e abbiamo bambini contenti del loro papà e della loro mamma e che vanno volentieri a scuola. Vuol dire che abbiamo indovinato il tipo di famiglia e di scuola che volevano». Però - ed ecco un altro problema sollevato da Charmet - questi bambini non pensano affatto che sia conveniente diventare grandi: per loro è meglio rimanere ragazzi che diventare come mamma e papà, o la maestra, perché stanno bene così. «Quando ero bambino, anche se avevo una famiglia bellissima, il mio vero obiettivo era diventare grande e libero. Loro invece cancellano il futuro, rendono eterno il presente, vanno in giro per il mondo in attesa di non so cosa, godendosi il tempo presente dell’amicizia e dello svago, in un certo senso responsabili rispetto a quello che sono e non rispetto a quello che diventeranno, perché altrimenti devono sacrificare quello che sono in vista di un’incertissima realizzazione futura. E, se ritorna il futuro, ritornano anche dovere, impegno, responsabilità... se invece il tempo in cui si vive è il presente, si sentono abbastanza a posto». PIERANGELO MELGARA P A G I N A 33 SPOR T SPORT IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 FINESTRA SUL CAMPIONATO Como sconfitto a Varese C he il Varese avesse qualche cosa in più del Como appariva lampante in questo periodo ed il risultato del derby disputato domenica a Masnago non ha fatto altro che confermare questa situazione. Il Como è stato battuto per 3-2 dai bosini biancorossi che si confermano così ai vertici della classifica del gruppo A. Per gli azzurri si tratta della terza sconfitta, su cinque gare disputate, nel girone di ritorno. Troppe per una squadra che ambisce al primo posto, nella norma per una il cui obiettivo è un campionato tranquillo, un campanello d’allarme se si vuole andare ai play-off. Durante la partita di domenica il Como è apparso in netta difficoltà di fronte ad un Varese molto in forma ed in una condizione che bisognerà vedere se continuerà nel tempo. Il risultato finale, 3-2 per i padroni di casa, avrebbe potuto essere ancora più severo per i lariani. Sugli scudi, infatti, il portiere Malatesta che ha effettuato numerosi interventi su diverse conclusioni degli attaccanti varesini. Il primo gol del Varese è stato realizzato da Del Sante C S I segnalare anche l’uscita anzitempo di Brioschi che si è infortunato dopo un contrasto con un avversario ed ha dovuto ricorrere alle cure ospedaliere per una contusione al volto. Con questa sconfitta il Como esce dalla zona playoff in una parte alta della classifica che ora vede racchiuse tante squadre in pochi punti. Sta meglio il Varese che guida la graduatoria e che ha sei lunghezze di vantaggio sui lariani. Una sconfitta che ha decretato anche l’esonero dell’allenatore: foglio di via per Corrado Cotta, al suo posto la società ha scelto Stefano Di Chiara. U.S. Prestino Riposa U.S. S. Maurizio Erba A.S.D. Piano e Valli - A.S.D. S.M. S. Paolo U.S. Vertematese A.S.D. Or. Città Murata A.S.D. Or. Solbiate 7 4 2 10 0 2 - A.S.D. Or. Rovellasca A.S.D. Piano e Valli U.S.O. Mariano S.A. U.S. Prestino 9 1 7 6 2 5 4 6 - A.S.O.F. A.S.D. G.S.O. Lurago A.S.D. G.S. S. Giuseppe A.S.D. G.S. Or. S. Luigi - A.S.D. S. Michele "A" Pol. Cucciago 80 C.S. Cortenova A.S.D. S. Michele "B" 7 2 1 1 6 5 - A.S.D. S. Michele S.A. La Spezia G.S. Grisoni Nuova E. Terraneo 1974 A.S.D A.S. Or. Buratti Riposa ALLIEVI A 7 I R I S U L T A T I Una battuta d’arresto pesante che ha decretato anche l’esonero dell’allenatore: foglio di via per Corrado Cotta, al suo posto la società ha scelto Stefano Di Chiara con un colpo di testa nel finale del primo tempo. Nella ripresa, dopo alcuni tentativi di Guazzo, sono arrivati in pochi minuti i due gol realizzati da Grossi che hanno, di fatto, chiuso il match. Negli ultimi minuti di gioco, con un Varese deciso solo ad amministrare il risultato, il Como ha accorciato le distanze con Luca Facchetti e di Kalambay. Chi c’era (ingresso riservato ai soli addetti ai lavori visto il divieto di recarsi in trasferta deciso dall’Osservatorio del Viminale) ha detto che Cotta è uscito deluso dl campo. Beh, c’è da credersi anche se questa sta diventando una costante nel 2009. Da RAGAZZI A 7 D E L L A S E T T I M A N A U.S. S. Maurizio Erba G.S. S. Giovanni Bosco Inter Club Valbrona G.S.O. Perticato JUNIORES A 7 C.S.O. Cirimido G.S. S. Giorgio Luraghese A.S.D. Pol. S. Agata Riposa ALLIEVI A 11 Pol. Barzanò A.S.D. Oratorio Oggiono Pol. Sanrocchese Riposa TOP JUNIOR A 7 Calcio Montorfano A.S.D G.S. S. Giovanni Bosco G.S.O. Perticato A.S.D. Civiglio A.D. Pol. Azzurra A.S.D. Or. Lambrugo 4 2 3 2 3 5 Rinv. 3 2 OPENA A 11 Categia A - Girone A A.C. Grandatese G.S. Or. S. Luigi A.S. Gagginese U.S. Lanzo Intelvi U.S.D. Cacciatori Alpi - Lora 04 Lipmo Fotoinc. Beretta Cernobbio Calcio 2005 A.S.D. Real Sagnino G.S. Senna 0 0 2 1 1 1 0 4 4 3 3 0 0 2 3 3 3 0 0 1 OPENA A 11 Categia A - Girone B U.S. Inverigo Calcio U.S. Albatese Pol. S. Giuseppe Como Misinto Calcio S.S. Falange - F.C. Albate Calcio F.C. Monguzzo 1997 Hotel Funicolare Electric 92 Cantù C.S.I. Luisago P A G I N A 34 MASSMEDIA IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 BAMBINI E NUOVE TECNOLOGIE LA NOTIZIA RICHIEDE RIFLESSIONE PRESTO SUL MERCATO UN CELLULARE DEDICATO SOLTANTO AI PIÙ PICCOLI N on sarà il problema più preoccupante che i genitori dovranno affrontare, ma la notizia che entro breve tempo sarà in commercio un telefono cellulare multifunzionale destinato ai bambini dai 3 anni in su non è affatto entusiasmante. A partire dalla prossima primavera anche i bimbi più piccoli potranno avere a disposizione una versione ad hoc del telefonino modello “BlackBarry”. Il giocattolo sarà commercializzato da un’azienda californiana e sarà privo di connettività effettiva, per cui non emetterà alcuna onda elettromagnetica pericolosa per la salute dei piccoli utenti, ma sarà simile in tutto e per tutto a quelli che usano gli adulti. Inizialmente verrà lanciato nel Regno Unito al costo di 20 sterline (corrispondenti a 22 euro circa) e sarà dotato di una tastiera pensata apposta per Non si tratta di un problema gravissimo ma senza dubbio invita a ripensare il rapporto fra i mezzi di comunicazione, l’infanzia e l’educazione di MARCO DERIU l’uso delle piccole mani. I responsabili del prodotto hanno provato a buttarla sul versante educativo, dichiarando che lo scopo dovrebbe essere quello di insegnare ai bambini a scrivere messaggi e imparare l’alfabeto. La motivazione non è credibile, sarebbe più onesto da parte loro ammettere che si tratta di un giocattolo capace di affascinare non soltanto i piccoli ma anche i grandi. Del resto, da sempre i bambini in molti dei loro giochi imitano a loro modo i comportamenti dei genitori o degli adulti di riferimento. E i giocattoli che riproducono gli oggetti utilizzati abitualmente dai grandi non sono una novità di oggi. In questo caso, però, la forzatura commerciale è molto evidente, anche in ragione dell’età dei piccoli utenti potenziali. Cilea Adriana Lecouvrer A driana Lecouvreur è un’opera in quattro atti di Francesco Cilea (1866-1950) su libretto di Arturo Colautti, dall’omonima commedia di Eugène Scribe ed Ernest-Wilfrid Legouvé. La prima rappresentazione ebbe luogo al Teatro Lirico di Milano il 6 novembre 1902, dove ottenne un successo enorme. Interpreti furono Angelica Pandolfini (Adriana), Edvige Ghibaudo, Enrico Caruso (Maurizio), Giuseppe De Luca, E. Sottalana, E. Giordani; direttore Cleofonte Campanini. Dopo essere stata rappresentata sino al 1910 in Italia e all’estero, l’opera venne poco a poco dimenticata. Dopo una serie di tagli e modifiche, a partire dagli anni Trenta, Adriana Lecouvreur rientrò stabilmente in repertorio, grazie anche all’attrattiva dei tre ruoli principali che contemporaneamente non offrono particolari difficoltà tecniche. Il primo progetto della composizione risale al febbraio del 1899 (esattamente centodieci anni fa). Alcuni problemi nella collaborazione con il librettista ritardarono però la fine della composizione sino all’autunno del 1902. Adriana Lecouvreur, in vita fra il 1692 e il 1730, è un personaggio storico: fu una celebre attrice delle opere di Corneille, Racine e Voltaire. Quando Cilea compose quest’opera, che ottenne molto favore, aveva già alle spalle l’esperienza e il pregevole risultato dell’Arlesiana (1897). L’Adriana Lecouvreur è, da un punto di vista strettamente teatrale, l’opera più rigogliosa e profonda di questo musicista che, pur appartenendo al verismo, si distinse da Ma- scagni e Giordano per la sua vena malinconia e per la per- A L L ' O P E R A spicace elaborazione musicale. Nacque anche grazie GRAMMA all’operosità e alla solerzia dell’editore Edoardo Sonzogno, appartenente alla cosiddetta “Giovane Scuola”. La personalità della protagonista e il delicato pathos che da lei scaturiva hanno sempre attratto le primedonne del mondo della lirica (ricordiamo, in particolare, Mafalda Favero, Maria Caniglia, Magda Olivero, Renata Tebaldi, Renata Scotto e Raina Kabaivanska). GUIDA PEN TA Le caratteristiche musicali di Cilea, contenute anche nell’Adriana, lo avvicinano, sia pure in senso lato, alla scuola francese (in particolare Massenet); da questa assimilò un particolare sentimentalismo che, a volte, assume nel compositore aspetti un po’ manieristici. Atto I: Io son l’umile ancella (Adriana); La dolcissima effigie (Maurizio); Ecco il monologo (Michonnet). Atto II: Acerba voluttà (Principessa); L’anima ho stanca (Maurizio); Aprite!… Apriteli, signora (Adriana e Principessa).Atto III: Il giudizio di Paride (balletto); Monologo di Fedra (Adriana). Atto IV: Poveri fiori (Adriana); No, la mia fronte…No, più nobile sei (Adriana e Maurizio). a cura di ALBERTO CIMA Che le attuali generazioni nascano e crescano nell’era della multimedialità è un dato di realtà, ma nonostante l’dea di instradare i più piccini all’uso delle tecnologie più avanzate quando sanno a malapena esprimersi a parole non è comunque positiva. A tre anni è molto più educativo lasciare libera espressione ai bambini nel disegno, nelle costruzioni o nelle attività manuali e, soprattutto, è necessario abituarli a coltivare la relazione con le persone che vivono intorno a loro, invece che spingerli a un’interazione individualista con un surrogato di tecnologia che anticipa l’uso successivo di strumenti elettronici. L’idea di un telefonino per bambini è un ritorno al recente passato. Un’azienda inglese qualche anno fa aveva già tentato di mettere in commercio un cellulare - stavolta vero - da vendere ai più piccoli, ma la commercializzazione suscitò reazioni negative e venne ostacolata al punto da essere bloccata. Nel 2006 anche un’azienda spagnola lanciò un cellulare per bambini dai 6 anni in su e lo stesso fece la Vodafone in collaborazione con la Disney quando mise sul mercato il “Primofonino”. Fortunatamente il mercato non rispose come i produttori avrebbero sperato e si preferì puntare ulteriormente sugli adulti, accelerando la corsa alla multifunzionalità dei cellulari tradizionali. Nonostante la trovata non convinca non soltanto dal punto di vista educativo ma nemmeno per quanto riguarda l’aspetto (eventualmente) ludico, non è il caso di cedere ad allarmismi di sorta: un bambino non entra in possesso di un telefonino - vero o finto che sia - se non c’è un adulto che glielo dà. E un genitore, prima di comprare il “baby BlackBerry”, farebbe bene a interrogarsi sulla reale motivazione che lo spinge a dotare il proprio frugoletto di un simile aggeggio. Serve a fargli imparare l’alfabeto? In fondo non c’è fretta, poi ci penserà la scuola. Serve a stimolare la sua manualità? Meglio le sane e vecchie costruzioni. Serve a introdurlo al mondo delle nuove tecnologie? A tre anni non se ne fa niente e quando gli serviranno avrà tempo e modo di imparare a usarle alla bisogna. Serve a far sen tire i genitori all’avanguardia perché capaci di condividere con i figli la loro passione per i nuovi media? Beh, un sano esame di coscienza farebbe riconoscere che il fatto di essere “cellulardipendenti” non si risolve instillando la medesima dipendenza anche nei bambini… È NECESSARIO UN FRENO PER INTERNET L’UNIONE EUROPEA CONTRO LA PEDOPORNOGRAFIA ON-LINE... I numeri sono ormai inesorabili, il fenomeno della pedofilia on-line è ormai un crimine prevalentemente europeo e il Parlamento del Vecchio Continente ha deciso di porre un freno a questo scempio. La scorsa settimana, Bruxelles ha approvato la relazione dell’europarlamentare Roberta Angelilli, con la quale rivolge al Consiglio una serie di raccomandazioni per lottare contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e contro la pedo-pornografia. Come peraltro confermano tutti i dati diffusi dalle Agenzie internazionali lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pornografia minorile negli ultimi cinque anni, sono più che raddoppiati: il 2007 si attesta l’anno record della pedofilia on-line, con un incremento del 131% rispetto al quinquennio precedente. I dati del report 2007 di Telefono Arcobaleno, diffusi attraverso il suo Osservatorio internazionale, lasciano di sasso di fronte ad un male che, ormai, non è più un derivato dell’emarginazione sociale, ma affonda le sue radici nell’Europa ricca e democratica. Secondo l’associa- zione, che da anni lotta contro il proliferare della pedopornografia su Internet, “sono europei i bambini sfruttati (92%); europei la maggior parte dei siti internet illegali (52%); europei sono i clienti e i consumatori della pornografia minorile (61%), con gli italiani che occupano un tristissimo quinto posto nella classifica mondiale dell’utenza”. Lo sfruttamento sessuale dei bambini su Internet ha un valore stimato di oltre 4 miliardi di dollari l’anno (oltre 13 milioni di dollari al giorno): le vittime vanno dai 7 ai 14 anni, ma è in aumento l’offerta di materiali pedopornografici con immagini di bimbi anche molto piccoli, e i prezzi medi sono sempre più accessibili (un dvd costa intorno ai 350 dollari, un cd 120 dollari e l’accesso ad un sito ne costa in media 80). Il Parlamento europeo ha chiesto di rivedere, “nel più breve tempo possibile”, la decisione quadro relativa alla l otta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pornografia infantile. Al centro del mirino il cosiddetto “grooming”, l’adescamento online dei minori a scopo sessuale, e tutte le altre attività via Internet legate a questo crimine efferato, come la gestione di chat room pedofile o di forum di pedofili. L’obiettivo è che il Consiglio chieda a tutti gli Stati membri di adottare misure volte a ritirare da Internet qualsiasi materiale illegale legato allo sfruttamento dei bambini, e ad agire di concerto con i gestori di Internet per disattivare i siti web incriminati. Anche il “pedobusiness” finirà sotto attacco Ue: allo studio la possibilità di chiudere o ostacolare i sistemi di pagamento online per i siti web coinvolti nella vendita in rete di materiale pedopornografico. P A G I N A 35 LETTEREeCONTRIBUTI IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 21 FEBBRAIO 2009 Il punto di DOMANDA a cura di MONS. FRANCO FESTORAZZI, vescovo emerito di Ancona-Osimo Amo Dio e i fratelli? (GAL 5,6) Abbiamo visto come ha operato nella vita concreta la fede di Abramo: si è tradotta nell’amore verso Dio e verso tutti gli uomini. Così ha realizzato il detto di san Paolo: “La fede si rende operosa per mezzo della carità” (Gal 5,6). Allo stesso modo si esprime la lettera di Giacomo: “Abramo, nostro padre, non fu forse giustificato per le sue opere, quando offrì Isacco, suo figlio, sull’altare? Vedi: la fede agiva insieme alle opere di lui, e per le opere la fede divenne perfetta…. Vedete: l’uomo è giustificato per le opere e non soltanto per la fede” (Gc 2,21-24). Diciamo subito che c’è un grande accordo tra Paolo e Giacomo, come appare chiaramente da queste due citazioni, in cui si afferma che la fede non è un semplice assenso mediante l’intelligenza, ma si attua concretamente in una vita di amore. Rimandiamo alla lettura personale del grande inno alla carità di san Paolo nella prima lettera ai Corinti (1 Cor 13,1-13). Riprenderemo questa citazione della lettera di Paolo quando parleremo della speranza, anticipando per ora l’affermazione più straordinaria: “La carità non avrà mai fine” (1 Cor 13, 8). Per capire fino in fondo il valore assoluto della carità nella vita cristiana, concludiamo le citazioni con il comandamento nuovo, donatoci da Gesù: “ Che vi amate gli uni gli altri come io ho amato voi” (Gv 15,12; cfr anche Gv 13, 34-35). E’ molto importante sottolineare il seguito del testo di Gv 15, ove Gesù descrive le qualità che caratterizzano la grandezza del suo amore per noi: Egli ci dona la sua vita (v. 13), ci considera suoi amici comunicandoci il disegno di amore del Padre (v. 15), ci ha scelti come missionari, perché portiamo frutto di fede e di amore (v. 16). Gesù promette che ogni preghiera rivolta al Padre nel suo nome sarà esaudita (v. 16).Incominciamo allora la nostra vita di carità con tanta preghiera. Seguiamo così l’esempio di Gesù: “Il mattino presto si alzò quando era ancora buio e, uscito di casa,si ritirò in un luogo deserto e là pregava” (Mc 1,35); dopo aver congedato la folla “salì sul monte a pregare” (Mc 6,46). Le citazioni sulla preghiera di Gesù potrebbero continuare (cfr B. Maggioni, Preghiera, in Nuovo Diz. di teologia biblica, ed. Paoline 1988, 7. La preghiera di Gesù pp. 1222-1224). Il centro della preghiera di Gesù Salvatore è il compiersi della volontà del Padre, nel suo disegno di amore e di salvezza, che ha come vertice della risposta umana la carità (basata sulla fede e aperta alla speranza!). La nostra preghiera sia fatta di apertura a tutte le situazioni dell’umanità, specialmente alle più dolorose e catastrofiche del mondo intero, ma anche a quelle che ci sono più vicine nella vita di ogni giorno. Questa preghiera deve poi calarsi nella carità operosa, che va incontro a tanti nostri coetanei, che hanno molto bisogno di vicinanza, di amore e di affetto. Ognuno di noi ha esperienza del bene già compiuto e di quello che possiamo continuare a fare, perché tutti possano dire sempre: guardate i cristiani, quanto si vogliono bene e amano ogni persona con grande dedizione, soprattutto i più bisognosi di essere amati, sostenuti, incoraggiati a vivere nella pace e nella speranza. Concludiamo, invocando lo Spirito Santo, che riempia il cuore di tutti i credenti con il suo amore senza limiti, così che possiamo realizzare la carità totale, con tutte le sue conseguenze. Come ci insegna san Paolo: “ Il frutto dello Spirito è amore, gioia , pace, pazienza, magnanimità, benevolenza, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5,22). UN PRETE PER AMICO (27) IL FARISEISMO DI DELEGARE... ’ L handicappato, come l’ammalato, l’anziano, il ragazzo difficile, l’excarcerato, il malato di mente, pone e impone problemi; ce ne stanchiamo, non si notano risultati e progressi immediati, si ricade reciprocamente negli stessi atteggiamenti, ci si ritrova isolati come dei don Chisciotte con qualche scudiero incompetente… Allora liberarcene “con un felpato modo farisaico” è anche quello di delegare qual- LETTERE AL DIRETTORE POSTA: V.le Cesare Battisti 8 22100 COMO cuno al nostro posto, magari Dio stesso, a pensare a chi è nel bisogno, deviando l’angoscia di dover fare nell’invocazione “ascoltaci o Signore”. Difficilmente l’handicappato esperimenta l’incontro in parità con chi l’avvicina: sente di essere oggetto di compassione, di assistenza, di prediche sul dolore; ma spesso viene lasciato nel suo angolo, non considerato protagonista, non aiutato ad emanciparsi insieme. mons. AUGUSTO PEDUZZI FAX: 031.3109325 ✉ E-MAIL: [email protected] UNA LETTERA DA ALCUNI GIOVANI DI PARÈ «NOI PENSIAMO»... E VI DICIAMO CHE... entile direttore, per molti giorni il nostro paese, Parè in provincia di Como, è stato interessato da un can can mediatico provocato dalla trasmissione “Grande fratello”. Per molti giorni con nostro estremo stupore, abbiamo letto di un pensiero unico che non rispecchiava la verità dei fatti ed oggi continuiamo a stupirci per la totale mancanza di attenzione verso un fenomeno che invece dovrebbe ricevere una risposta dalle istituzioni. Le nostre sono domande che attendono una risposta. Innanzitutto, programmi televisivi che mandano in onda, in piena fascia protetta, giovani senza altra occupazione se non quella di passare varie settimane a bere, fumare, e trascorrere le proprie giornate senza fare nulla, sguazzando mezzi nudi in piscina, in compagnia di totali estranei con i quali tutto è consentito, che cosa rappresentano? Sono modelli reali? Ci rendiamo conto dei danni che stiamo procurando alle nuove generazioni attraverso questo genere di programmi? Come possiamo pensare di contrastare efficacemente fenomeni estremamente attuali di disagio, dipendenza e violenza quando sono questi i modelli di successo così tanto esaltati? Pensiamo che la Gran Bretagna che si ritrova a dover affrontare una vera e propria emergenza sulla situazione giovanile sia cosi lontana? Oppure si pensa che sia sufficiente dire “siamo una società priva di valori” per pensare che accada qualcosa? Inoltre, quanto conta la cultura della donna-oggetto così radicata nel Paese dove le donne sono le più discriminate e sotto valorizzate d’Europa? Si può forse tacciare di moralismo chi pone al primo posto la tutela dei minori e degli adolescenti e il rispetto della dignità della donna? Esiste un limite tra questa che è definita “nuova cultura popolare” e libertà e tutela della dignità e della salute dei più giovani, in particolare dei minori. Non si possono continuare a violare diritti garantiti dalla Costituzione, dalle normative europee e dai codici d’autoregolamentazione. Già nel 2004, durante un convegno organizzato alla Camera dei deputati, neurologi e antropologi denunciarono: “I giovani sono costretti a inseguire i modelli banali e allo stesso tempo irraggiungibili dei reality show, vivono con rabbia le occasioni mancate […] I sintomi di questa nuova forma di disagio sono tutt’altro che trascurabili: forte senso d’insicurezza, ridotta autostima, cambiamenti d’umore e dei comportamenti alimentari fino ad anoressia o bulimia, ansia, depressione, aggressività e abuso di droghe o alcol”. In questi giorni per sensibilizzare l’opinione pubblica a questi temi su iniziativa dell’assessore alle politiche giovanili del comune di Parè abbiamo dato vita ad un’associazione di giovani tutti tra i 22 e i 25 anni che intendono lanciare i seguenti appelli: - alle Ministre della Gioventù e delle Pari opportunità e all’Autorità garante delle comunicazioni perché diano sostanziale e non solo formale attuazione alla direttiva della Comunità europea del 1989 che dispone: “Gli Stati membri devono adottare le misure atte a garantire che le trasmissioni delle emittenti televi- G sive soggette alla loro giurisdizione non contengano alcun programma che possa nuocere allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minorenni, (a meno che la scelta dell’ora di trasmissione o qualsiasi altro accorgimento tecnico escludano che i minorenni che si trovano nell’area di diffusione assistano normalmente a tali programmi.)” - all’Ordine dei giornalisti, perché sia maggiormente sensibile alle tematiche che toccano la crescita dei più giovani che hanno bisogno di sviluppare in modo sano la loro psiche e il loro pensiero. Ci rendiamo conto dell’estrema urgenza di raccontare modelli positivi? - a tutto quel mondo che conosce lo stato grave della situazione dei giovani del nostro Paese: genitori, insegnanti, associazioni, parroci, educatori, psicologi, giuristi, perché inizino, attraverso ogni mezzo possibile (interviste, convegni, lettere, email) a porre massicciamente nell’agenda politica dell’intero Paese la realizzazione di politiche pubbliche che tutelino la salute e la crescita dei giovani valorizzandoli come risorsa fondamentale per il Paese. ALESSIO FIONDA (24 anni) (attualmente assessore con delega alle politiche giovanili nel Comune di Parè e presidente dell’associazione “Noipensiamo”) Soci fondatori: Bernasconi Serena (22 anni) - Gorla Stefano (25 anni) - Mascetti Massimiliano (22 anni) Moretti Martina (25 anni) - Scavo Sabrina (23 anni) Non è mio costume occuparmi della televisione “guardona” che imperversa oggi (e di cui il programma da voi citato è il capostipite, un vero “peccato originale” del video vuoto e insulso...). Pubblico questa vostra lettera perché mi ridona un po’ di speranza nelle giovani generazioni e mi rafforza circa la passione educativa di cui mi sento investito come prete (e come giornalista, anche se so che la maggior parte dei miei colleghi non sono d’accordo con me sul fatto che i media possano educare e, purtroppo, diseducare). Posso solo dirvi che non sono pochi quelli che la pensano come voi, anche se spesso se ne stanno in silenzio e allargano le braccia sconsolati, convinti che il mondo va ormai irrimediabilmente in questa direzione e che non si può cambiarlo. Purtroppo sono tanti quelli che, usando il televisore come una tappezzeria di casa, bevono a piccoli sorsi tutto ciò che i palinsesti propinano. Dicendo così, penso soprattutto agli anziani, che sono il vero target delle nuove produzioni televisive e che, spesso, passano ore ed ore davanti al televisore. Naturalmente non sottovaluto affatto il problema dei minori che voi sollevate, anche se io resto convinto che certe trasmissioni facciano male anche ai maggiorenni, perché contribuiscono a svuotarli dei valori e a riempirli di vuoto. Non ho mai pensato di misurare il valore di un uomo o di una donna dalla circonferenza dei bicipiti o dalla taglia di reggiseno, con il rischio che poi, quando aprono la bocca, questi iperdotati riescono solo a dimostrare che... non pensano. Purtroppo, però, certi criteri sono propagandati dai media e vengono acriticamente assorbiti anche da tanti giovani. Il vostro compito, quindi, non è facile, soprattutto nei confronti dei vostri coetanei. Se volete lavorare per i valori veri oltre che contro la stupidità, troverete nel nostro giornale un alleato. Anche noi pensiamo! INFORMATIVA PER GLI ABBONATI La società Editrice de Il Settimanale della Diocesi di Como, titolare del trattamento, tratta i dati, liberamente conferiti per ricevere il ns. periodico in abbonamento, in ottemperanza al D.Lgs. 196/2003. 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