Portfolio Alice Bachmann 2013-2015

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Portfolio Alice Bachmann 2013-2015
Portfolio Alice Bachmann
2013-2015
Nata il 12/06/1992 in Francia
Studentessa in biennio Cinema e Video all’Accademia di
Belle Arti di Brera - Milano
[email protected]
3894612477
“Sim’s idiorrythmiques” - 2013
I lavori sono presentati seguendo l’ordine temporale della loro concezione, per la semplice ragione che i scoppi
che le attraversano non potevano emergere senza le ricerche precedente. Comunque, possono vivere anche
senza gli altri nel loro proprio percorso.
Tutto inizia con lo studio delle registrazione delle lezione di Roland Barthes, chiamate Comment vivre ensemble
(come vivere insieme) tenute al Collège de France in 1977.
Per sintetizzare, in sedici lezione di 50 minuti, sviluppano il paradosso del “idiorrythmie” (è il nostro ritmo
vitale proprio, unico per ogni individuo) applicato al vivere insieme (in società, in comunità, in famiglia, ma
anche relativo ad un vivere insieme nella stessa contemporaneità).
Fare che il vivere insieme funziona è fare il compromesso di contraddire quotidianamente il nostro ritmo
proprio, l’idiorrythmia. Barthes interroga quell’utopia di potere vivere con gli altri, rispettando comunque questi
bisogni personali.
Deviando il videogioco The Sim’s, ho orchestrato una serie di situazione di convivenza virtuale, “huis clos” sadici
dove i personaggi virtuali eseguono un azione assurda e ripetitiva fino alla loro morte.
Questo videogioco si vuole una simulazione di un quotidiano banale nei periferie di nord America.
Queste 6 situazione sono captate dallo schermo stesso, per più o meno 1 ora di video, senza montaggio.
Registrano le relazione in fallito, algoritmi tra i personaggi. La comunicazione tra le persone sembra impossibile,
scavando l’abisso, parlano di meteo, tra l’altro il suono non è neanche registrato.
Gli elementi formali delle messe in scene virtuale sono ovviamente ispirati dalle conferenze di Roland Barthes,
ma anche dall’universo di John Waters, dal’ teatro dell'assurdo, Beckett o Valère Novarina, dai scritti di Antonin
Artaud (Il teatro della cruelta), e di Sartre (Huis Clos).
L’estetica si avvicina a quella dei lavori di Eva e Franco Mattes, e il collettivo Kolkoz che hanno lavorato su
videogiochi tipo Second Life.
“Hypothèse de paysage” - 2014
Un primo tentativo per rispondere al ansia che
emergeva delle video era la focalizzazione sui
paesaggi lisci che contengono questa simulazione di
vivere insieme, Barthes, da l’inizio pone l’attenzione
sul luogo del vivere.
Dopo una serie di sperimentazione attraverso
software di modelizzazione ho sentito il bisogno
di fare uscire dello schermo i miei paesaggi vuoti,
liberati di tutto ciò che non era paesaggio, negando
l’uomo stesso, reazione al non senso delle relazione
tra umani incarnato dalle video di Sim’s.
Ho montato nello spazio 3 pezzi uniformementi dipinti (1 blu per il cielo, 2 verde per le colline) su dei pezzi
di legno rifiuto. Fragile installazione che registro con la videocamera, girando il mio sguardo attraverso questa
simulazione fisica di un paesaggio virtuale. Fissata su le frontiere grezzamente colorate, l’immagine, posizionata
al penultimo di Deleuze, cornice della foglia dipinta dove la luce ricrea il suo gioco tra i spazi per permettere
l’illusione del mio paesaggio, che sia utopico o solitario. La limita del abisso all’inverso della colline.
Il simulacro si attiva solo con la registrazione e post produzione video (inquadratura, sfocato, rallentamento)
Condannati a circolare sempre dal reale al virtuale, i miei progetti sono presi in una oscillazione necessaria al
tentativo di comprensione di qualsiasi realtà. Uscire del modo di pensare logico-diairetico aristotelico dove una
cosa è reale, l’altra illusione, una recitata, l’altra provata.
“Base Vidéale” - 2014
Poi ho orchestrato delle situazione analoghe alle prime con
i Sim’s, ma questi cavie sono di carne : le persone con qui
condividevo il mio quotidiano.
Sempre legate ai scritti di Roland Barthes, ho creato delle
situazione performative che rispondono ad un protocollo
stretto : un luogo, un azione, un personaggio che gioca
l’aspetta annoiante di qualsiasi cosa che vuole immaginarsi.
L’occhio della camera gira nella scena performative. L’azione,
assurda e inutile ha per scopo di bloccare l’attore in questo
contesto fizionale. Ho registrato 20, 30 o 1 ora di video,
almeno la meta iniziale delle video non è neanche usata,
perché ho cercato il momento dove l’attore si annoiava,
quando oltrepassava la limita porosa tra lo spazio fizionato e
quello reale , cioè, provare i sentimenti che ci sono chiesti di
recitare. Il reale che ressurge nella messa in scena.
Rineke Dijkstra prende in foto delle donne dopo il parto
perché non provano a mettersi in posa. Eisenstein in Lo
sciopero, fa correre gli attore in una scesa : la loro paura non
è più finta.
Seguendo questa dialettica ho montato le video isolando
piccoli momenti di disturbo della regia, quando il reale
appassisce nel ruolo dell’attore dilettante, uno sguardo alla
camera o il caso della passeggiata di un gatto nel camp o:
le occorrenze del reale, potenzia infinita che il cinema (e
il documentario - se esistono queste categorie definite)
ha sempre messo in gioco (Alberto Grifi, Makhmalbaf,
Kiarostami, Jean Rouch, Pierre Perrault).
Mettendo in loop questi gif integrati ai video ho bloccato i personaggi in queste riemergere del reale. Loop
del contenuto : l’azione che si svolge, ripetuta, adeguata al loop della forma nel montaggio stesso, mettendo in
evidenzia l’intrappolata del reale in cui anche la messa in scena prende parte. Una delle video per esempio, dura
15 minuti, ma 14 minuti sono un unico movimento ripetuto deal’attore che guarda la video camera, gira la testa,
guarda la video camera, gira la testa.. Paradossalmente, si distrugge l’illusione cinematografica in una estetica di
bug di videogioco. Siamo davanti ad un testimonio del reale che assuma la sua propria artificialità.
“Instable Instal” - 2014
Nell'obiettivo di mettere in evidenzia i bug, ho
composto una installazione. La video originale è
un multi schermo con 9 video di queste persone
che eseguono azione annoiante, inutile. Ripetendo
questi gesti assurdi, ogni personaggio è separato da
l’altro da una banda nera legata semplicemente al
formato video.
L'installazione propone di cancellare queste bande
nere tra personaggi, per fargli vivere insieme nella
temporalità della videoinstallazione.
Giocando con materie porose industriale, la
luce delle videoproiezione passa attraverso dei
buchi, demoltiplicano l'immagine video via la
demoltiplicazione degli mezzi di progettazione.
Propone allo spettatore una sperimentazione
frammentata della visione, una immersione
nel immagine che non si preoccupa più di una
narrazione prestabilita. Una riflessione sulla
malleabilità dell’ immagine proietata, la sua
possibilità di uscire degli presentazioni 2D
tradizionale eredita del cinema, se stesso ispirato
dalla pittura.
Neil Beloufa, Trisha Baga e anche Bill Viola hanno
lavorato con questi sfide.
La video diventa materia, oggetto scoltorale dove il contenuto sempre piu nascosto da le forme complesse non è
piu in grado di proporre qualsiasi tentativo di narrazione, già messa in dubbio dal caratere circolare et ripetituvo
delle azione, e del montaggio.
“Tentative tropicale” - 2014
Dopo avere cercato una soluzione al vivere insieme nella convivenza tra umani schematici, virtuali; nei paesaggi
solitari a carattere ambiguo (virtuali o reali?); nella messa in scena delle persone con quelle condividevo la mia
vita, interrogazione su l’oscillazione tra falsità o realtà dei loro atti attraverso la macchina da ripresa; sarà la mia
propria messa in scena ad interrogare la possibilità del luogo come fantasmagoria del vivere.
A l’occasione di un viaggio in Senegal, un paesaggio quasi desertico si pone come l’ultima maniera di capire,
anche ironicamente, come si fa a vivere.
Barthes evoca spesso la figura del deserto (prigione senza muri, labirinto mentale). Studia anche la maniera di
vivere degli anacoreti (eremite) religiosi negli deserti del 400’, per lui, il vivere insieme non si poteva concepire
senza pensare al vivere da solo.
l'idiorrythmia, è il rispondere ai nostri bisogni in maniera la più adeguata al essere profondo, intuitivo.
Provo di investigare il luogo quasi vuoto, di sopravvivere cui con azione assurde legate ai bisogni umani
primordiali (dormire, igiene, agricoltura, rituale).
Sempre in fallito (agricoltura non si fa con una palme gonfiabile), come negli primi progetti di convivenza, sia
virtuale che reale; gli atti descrivono con umorismo la tragedia di questa utopia del vivere insieme idiorritmico
che, per me, non si può mai fare, ma che trova la sua poesia nel tentativo sempre ricondotto a fare coincidere le
due cose. Il riso e la poesia hanno il potenziale di riformulare un punto di vista terribile.
« Tentative tropicale » è quindi una serie di quattro performance realizzati in maggio 2014 in Senegal. Il
progetto proposto è un montaggio video di 2min con doppia screen, ma si potrebbe pensare come una semplice
videoinstallazione a 4 schermi.
Note sul suono
Lettore dell'Audiovisione di Michel Chion, il suono occupa la stessa importanza che l'immagine nei miei lavori,
anche nel caso che sia un silenzio ad accompagnare tutta la parte visuale (Hypothèse de Paysage).
Nel montaggio delle performance tropicale c’è registrazione In, ma che ho disincrostasti al immagine per
disturbare l’audio-spettatore, ponerlui la presenza del suono che abbiamo come abitudine di dimenticare se si
sovrapposte semplicemente a l’immagine. C’è altri suoni registrati durante il viaggio, (chiamata alla preghiera
musulmana, taxi, radio, strade di mercato), c’è anche suoni creati nella mia camera che ho modificato in un
obbiettivo sperimentale ispirandomi della musica concreta (spazzolino elettrico rallentato + highbass, larsen,
tastiera del computer doppiata, rallentato e velocizzato ) o altri che servono a capire meglio l’azione video (foley)
(rumore della plastica gonfiabile, pulirsi i mani).
L’ultima fonte sono brani di Richie Hawtin e Robert Hood che ho modificato (eco, reverb, highpass, lowpass,
velocita, chorus..). Loro sono pionieri della techno a Detroit, corrispondono alla mia sferra, ai miei gusti
personale.
Il suono legga due culture molto diverse, la nascita della techno di Detroit alla chiamata alla preghiera in
Senegal. Al inizio del cinema sonorizzato, la musica giocava un ruolo molto importante come testimonio
culturale. La coabitazione tra i due mondi era un sfide importante legate alla mia propria integrazione nello
spazio che investigo per queste video performative. Ad una solitudine visuale si sovrappone una ricchezza dei
suoni che coabitano tra di loro.
Lo schermo è separato in due pezzi : uno documenta l’azione in piano fisso, l’altro delle cose che accadevano nel
luogo simultaneamente a la performance che prende parte. Le presenze, reale o oniriche, sono il discorso stesso
di questa messa in scena che sembrava prima solitaria. Analogamente al sentimento di isolamento che una folla
è capace di creare, il deserto è questo luogo vuoto dove possono ressurgire presenze fantasmate.
“Coucou_multi-nous.com” - 2015
“Coucou multi nous” è un montaggio -sia orizontale che verticale- di 30 minuti composto di video di alcune seconde in un multi
screen mobile, dove si allarga, si rimpicciolisce il materiale. 5 video diverse possono svolgersi simultanemente sullo schermo.
Le video che uso sono create via un app sullo smartphone : « Vine », è un metodo molto intuitivo per registrare video (6 secondi
massimo) del quotidiano. La dimensione narcisistica (e esibizionista) è esacerbata in questi video che non accetano un altra maniera di
esistere che la loro pubblicazione automatica sul rete Vine, rete pubblico.
Nel cinema di documentario, Claudine de France parla di « profilmie » : come la personna cambia (coscientemente o no) di attitudine
davanti alla camera. Mi chiedo se questi “Vine” sono testimoni di realta, messe in scena, o questa limita tra i due che definisce la nostra
maniera di vivere in conessione. Che identita si costruisce oggi in rete? Dove è falsita? E se c’è falsita, come giocare con questo sfide del
identita moltipla e evanescente? Ryan Trecartin presenta un universo isterico che si ispirra a questa problematica
.
Che natura dare a queste immagine numeriche mobile? André Rouillé le lega ad un energia fisica, intuitiva piu che spirituale, senza
sforzo di inquadrattura, senza riflessione, si freganno delle regole di perspettiva fotografica eritate del rinascimento, quando l’occhio
unico deciva precisamente della composizione dell’imagine. Cattura senza neanche bisogno di controlare lo schermo, nasce una estitica
prosaica che dimostra una certa falsita nel entusiasmo, forzo quasi isterico delle personne personnaggi virtuali per esistere nel mondo
virtuale con la propria messa in scena nel mondo quotidiano.
Le video sono fatto da me o amici (non virtuali). Registrare un Vine si pone piu come un giocco che come un atto artistico. Provare
di fare poesia con merda è sempre un obbietivo del mio lavoro, cui ho provato una riflessione strutturata da filosofia con immagine a
l’estetica post-adolescente.
Registrati con smartphone, questo progetto si ride della performanza tecnologica, cui, i pixels permettono una certa intimita ai personnagi in ebisizione costante. Il “Dirt Style” in nuove tecnologie del arte permette a l’imaginazione di construire quello che oggi fa vedere
in una maniera univoca, frontale (quasi pornografica) le immagine di sintesi in sovralta definizione.
La video è presentata simoltanemente a delle screenshots di lei stessa. Infine statiche, le fotographie si approno alla contempiazione
“collage”, paradossalmente a la sperianza che uno potra fare della video da cui sono rubate : visione faticosa e urlante che componevanno gia comunque un mondo poetico che la velocità e la saturazione del movimento video non era in capacità di mostrare. Il fermo
immagine è la semplice manipolazione da fare per capire il tentativo di belezza geometrica, di composizione colorometrica che il montaggio video falliva ad esprimere. Fermo immagine reso cosi facile dalla natura stessa del video : digitale.
Piu che un giudizio sul nostro vivere insieme virtuale, il progetto cerca ad estrarre una certa utopia in questa condizione.
“Oscillazione; dallo schermo alla finestra” - 2016
Questo prodotto audio-visivo si propone di mischiare materiale eterogeneo, da la video performativa a
l’intervista documentaristica, passando da l’archivio artistico e filosofico.
Invece ai miei altri lavori, acceta di spieghare all’audio spettatore la ricerca svillupata, in una maniera piu
frontale, piu chiara. Dove si togliera un certo mistero si proporra di fare entrare chi guarda in una riflessione sul
reale che si fa registrare, finalmente, sul reale stesso; avvolgendoci.
Muovo il cursore da un estremi al altro, dal messagio dato al spettatore sanza chiederlui un minimo di
riflessione, a l’opera misteriosa intocabile.
Lo scoppo è di communicare la ricerca che prende sorge in 2013 nei progetti Base Videale e Instable Instal sul
luogo stesso della messa in scena : il reale. Come ressurge sempre perché l’avvolge.
La forma scelta della videoinstallazione non era capace di svillupare l’argomento, per colpa, al stesso tempo, di
una mancanza d’informazione dati, e della saturazione quasi decorativa proposta.
La video è composta in due parte :
1 - Mettere in evidenzia la ressurgenza del reale in una messa in scena che prende parte in un luogo artificiale :
lo studio. Manipolare l’attore, intrappolando lui nella noia, o nell’ansia per questi sfidi.
Uso ogni eventi che tradiscono l’umano sotto il personaggio, ma anche quelli che tradiscono la posizione nel
reale stesso del attore in un contesto finzionato. Cioè tutto quello che non era prevista prima : starnuto, rumore
delle machinne fuori, presenza incongruità del cane con chi è venuto uno dei attori senza avvisare prima. Tanti
elementi di questa messa in scena saranno infatti direttamente legati ai circostanzi : il bicchiere è preso dalle
macchine a caffè presente sul luogo, i chiavi usati sono quelle dell’attore stesso. Questa volontà di scegliere
oggetti non per la loro presenza decorativa sviluppa l’idea che nella casualità del reale è contenuto abbastanza
poesia per orchestrare una opera anche messa in scena. Cioè la fiducia nel potenziale di bellezza che contiene
oggetti banali che il regista sceglie (o non ha scelto) di integrare a l’opera, che cosa cambia se il bicchiere sia
di un bianco accordato alle colore dell’environemento di ripresa o sia di un marrone sporco? Dove si perde
l’arredamento teatrale di una forma visuale piacevole, si vince un contenuto discorsivo.
“Le riprese vanno girate sulle location. Non devono essere portate scenografie ed oggetti di scena (Se esistono
delle necessità specifiche per la storia, va scelta una location adeguata alle esigenze)”
Primo punto di Dogma 95, movimento cinematografico fondato in 1995 dai registi danesi Lars von Trier e
Thomas Vinterberg: interogazione su un rapporto cinematografico al reale.
2 - Mettere in evidenzia il concetto di profilmia teorizzato da Claudine de France, cioè l’auto messa in scena
(cosciente o no) del soggetto registrato in un contesto documentaristico, cui un intervista.
La profilmia concerna anche ogni intervento del regista nell’obiettivo di registrare una visione del reale che
preferiberre mostrare. Ovviamente questo ultimo punto sarà impossibile da mettere in pratica dalla regista
stessa.
La prima parte utilisa quindi il contenuto di Base Videale, che prendeva forma nella videoinstallazione Instable
Instal : rifaccio le riprese in un ambiente tipo studio professionale, per eliminare tutta la componente teatrale
(costume, arredamento..) che annebbiava il senso della mia riflessione.
Dei attori dilettanti si vedono intrappolarre con la richiesta di eseguire una azione loop così banale che si fa
normalmente in una maniera incosciente, in contesti di attesa(girare il pezzo di plastica in un bicchiere di caffè,
giocare con il pulsante di una penna, con delle chiavi...ecc).
Queste azione non creano niente di più che noia, che cosa succede quando l’attore non è più a giocare una
emozione ma a sentirla davvero?
Un attore non è mai altro che un essere umano simulando un personaggio. L’obiettivo è di mettere in evidenzia
istanti dove l’illusionismo cinematografico si vede perturbare dalle occorrenze della vita reale. Ogni disturbo
potrà essere usato, anche semplicemente un sguardo a la camera che rivela la presenza del regista o i segni
corporale di attesa o di tensione creati dalla consapevolezza di essere registrato.
La seconda parte si ispirra del lavoro di Coucou-multi-nous.com che poneva un sguardo sul comportamento
sempre messo in scena di qualcuno che si fa registrare.
“Orbene, non appena io mi sento guardato dall’obiettivo, tutto cambia: mi metto in un atteggiamento di “posa”,
mi fabbrico istantaneamente un altro corpo, mi trasformo anticipatamente in immagine.” Roland Barthes nella
Camera chiara.
Gli attori che hanno partecipato alle performance della parte 1 si vedono intervistare.
Si fanno spieghare la trappola da cui hanno preso parte, al stesso tempo che permette di spiegare allo spettatore i
sfidi delle performance.
Ovviamente, l’obiettivo (prima nascosto) dell’intervista è di isolare momenti dove la profilmia si esprime.
Possiamo dividere l’intervista in tre parte :
1 - capire se l’ipotesi della ressurgenza del reale nel luogo artificiale si esprime in forma adatta in questo progetto,
e se un sentimento diffuso come la noia permette questo procedimento.
2 - chiedere il punto di vista del attore su la sua manipolazione non consapevole, su i strati etici che concerna la
relazione tra regista e attore come creature del regista.
3 - divulgare la seconda trappola e interrogarsi su le limite porose tra ruoli che giochiamo in società (ma anche
da solo) e l’essenza reale da quella che siamo composti.
L’opera mischia materiale documentaristico (interview dei attori, voce off), referenze estetiche (Anthonin
Arthaud, Claudine de France, François Niney, Roland Barthes) e artistiche (Pierre Huyghe, Rineke Dijkstra) con
riprese della performanza se stessa.
Il mio obbietivo sarebbe di fare pensare piu che divertire (anche se uno si puo concepire con l’altro). E quello
che provo oggi di fare, passando da la spazialita a lo schermo 2D in un ultimo tentativo di chiarrificazione del
contenuto.
“Campionamento; esplorazione del reale” - 2015
Per essere chiara sul mio discorso penso che è necessario spieghare il funzionamento del oggeto divieto per
questa performance.
E un scanner mobile, che funziona come un campionamento visuale. Registra a intervalle regolare l’imagine
in 2 dimensione di quello che è appogiato a la sua surfacia. Poi un algoritmo metta in forma coerente questo
campionamento per creare una imagine molto fidele a la realta. E perfetto per registrare documenti officiali, dice
la notizia.
Divieto l’uso iniziale di questo oggeto, scanzionando la realta attorno a me attraverso un pezzo di vetro. Il
doppio movimento, quello del performer, e quello del mondo che gira attorno a lui fa impazzire l’algoritmo
che non è piu in grado di trascrire una imagine precisa, in 2 dimensione, di questa realta in movimento e in
3 dimensione (=in 4D). Nella limita tecnologiche del software è contenuto la potenzialita poetica di queste
immagine tra astrazione e figurazione. Questa estetica del campionamento entra in gioco con le tentative
futuristiche di dipingere su un sopporto statico una realta in movimento.
Nel gesto di scanzonare altre persone c’è ovviamente questa conotazione di un futuro securitario dove l’uomo
usera machine per controlare altri uomini. Baudrillard per esempio si serve di questo discorso paranoïaco per
svillupare le sue scritture. Invece un filosofo come Pierre Levy ha una visione ottimista (perché non abbiamo
neanche scelta) del futuro regito dai nuove tecnologie. Deleuze prende un altra via, analisando da un punto
quasi scientifico i rapporti tra reale e virtuale.
In questa aria, il discorso che vorrei svillupare con questa performanze è situata nell’utopia dell’interpretazione
visuale poetica, divietare un oggetto da cui l' uso è connotato come o prosaïco (documenti officiali) o securitario,
usato in un contesto di quotidianita banale : metro/lezione/esame che è in grado di creare immagine che
lascianno a l'immaginazione poeticare quello che l'apparato a registrare il reale (la camera) spesso toglie.
A la paranoïa di un futuro controllato via le tecnologie, si aggiunte la paranoïa presente di essere registrato
in spazi publici. Paradossalmente a la continua registrazione con la videosurvellanza e i selfie, l’artista del
documentario si confronta sempre alle reticenze da parte dei soggetti che vorebbe registrare. L’obbietivo è anche
di mostrare allo spettatore che l’arte è forse ancora l’unica via che non lo vuole usare per sfidi commerciali
o securitarie, il progetto chiede un po piu di comprehensione da parte del pubblico. E cui che interviene il
videoproettore, per rimmetere nello spazio pubblico lo stesso spazio pubblico transcendato dal meccanismo
di captazione. Lo spettatore puo allora contempiare la sua propria immagine sfocata, mai pornografiche che
diffonde l’artista.
Ho scelto cui di non avere altro soggeto di scansionamento che la realta, noi umani, errando oggi nel luogo
che non abbiamo piu o meno scelto. c’è un interesso forte per il potenziale del presente a diventare arte nei suoi
confronti le piu vuoti. Se la componente ottimista è molto forte e importante, il progetto si pone anche come un
mezzo di soppravivanza a lo spazio urbano contemporaneo.
“Non Classic Serial” - 2015
Lo spettatore è soggetto e performer del video installazione proposta. Registrata via webcam, la sua immagine
è proiettata in tempo reale su dei supporti riflettenti o porosi, questi ultimi lasciano passare una parte della
luce, moltiplicando il video in una spazialità decostruita. L’obbietivo è di proporre una esperianza frammentata
della visione, dove l’archittetura non è più in grado di dare un punto di riferimento, tra l’ansia e il gioco, lo
spettatore composa con il suo corpo un luogo assurdo in perpetuale movimento. I primi visitatori entrano in
uno spazio vuoto d'imagine, dove è solo proetata l'imagine dello spazio vuoto. Piano piano la webcam registra
le presenze umane che iniziano a occupare, saturare quel luogo, creando cosi un circolo infinito di immagini.
In questo sistemo chiuso, l'incastro dei imagine nei imagine, la “mise en abîme”, funziona come un tentativo
illusionisto per scavare altri spazi ipotetici nelle parete tangibile dello spazio espositivo. L'opera si attiva solo con
lo spettatore.
L'imprecisione e la rovinata creata dal proceso di difusione permette a l'immaginazione di poeticare quello che
l'apparato a registrare il reale (la camera) toglie spesso.
Questo lavoro è ispirrato dalla mostra Serial Classic nella Fondazione Prada a Venezia (ma anche a Milano).
Al contrario della scultura classica che perde la sua deificazione nella serialità, L’uomo ascesa ad un stato
sovranaturale, contemplando cosi lasua ubiquità digitale.