la pubblicazione sull`Assistenza infermieristica in Anestesia
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la pubblicazione sull`Assistenza infermieristica in Anestesia
ISSN 2282-6130 Quaderni dell'ospedale [Online] Quaderni dell’Ospedale Nr. 4/2013 Assistenza infermieristica in Anestesia nei Blocchi Operatori Pubblicazione curata da Dr.ssa Franca Stornino Responsabile della S.S.A. Gestione dei Blocchi Operatori In collaborazione con Abbatia Patrizia, Aiachini Marta, Berti Roberta, Borasio Emanuela, Bortolin Ilaria, Carretta Laura, Civello Irene, Marino Riccardo, Minafra Massimo, Molinari Elisa, Odisio Sara, Piccolo Giovanna, Pistidda Loredana e Voglino Olga. Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 INDICE Introduzione……… pag. 2-3 Anestesia: definizione, farmaci e tecniche……… pag. 4-10 Valutazione pre-operatoria......................... pag. 11-12 Apparecchiature, presidi, materiali e procedure pag. 13-38 Competenze e responsabilità professionali dell’infermiere in sala operatoria.................... .. pag. 39-49 Posizionamento del paziente sul letto operatorio pag. 50-55 Complicanze intra-operatorie..................... pag. 56-68 Urgenza-emergenza in sala operatoria.......... pag. 69-70 Risveglio e dimissione dalla sala operatoria...... pag. 71-74 Valutazione e trattamento del dolore............ pag. 75-78 1 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Introduzione Quanto proposto in questo numero dei Quaderni dell’Azienda Ospedaliera è il prodotto del Progetto di Formazione sul campo dal titolo “Assistenza infermieristica in Anestesia nei Blocchi Operatori” avviato nel 2011. Il Gruppo di lavoro, coordinato dalla Dr.ssa Franca Stornino e composto da Abbatia Patrizia, Aiachini Marta, Berti Roberta, Borasio Emanuela, Bortolin Ilaria, Carretta Laura, Civello Irene, Marino Riccardo, Minafra Massimo, Molinari Elisa, Odisio Sara, Piccolo Giovanna, Pistidda Loredana e Voglino Olga, si proponeva di promuovere l’uniformità dei comportamenti all’interno dei Blocchi Operatori attraverso la rivisitazione delle procedure riguardanti le tre fasi dell’assistenza infermieristica anestesiologica in Sala Operatoria (fasi pre, intra e post operatoria). Il Gruppo, durante i tre mesi di lavoro, non si è limitato a riesaminare e discutere i contenuti delle istruzioni operative già esistenti, ma ha cercato, attraverso lo studio e la consultazione della letteratura, di arricchire le proprie basi teoriche in materia di assistenza anestesiologica in sala operatoria. Sono stati affrontati per la prima volta argomenti come l’ipertermia maligna, drammatica complicanza dell’anestesia generale, ed è stata stilata una nuova istruzione operativa per la prevenzione ed il trattamento. Per la check-list di sala operatoria, recentemente introdotta nelle sale della nostra azienda, è stato elaborato un documento aziendale sulla sua interpretazione ed applicazione, Tutti i partecipanti hanno inoltre steso relazioni e preparato slides su tutti gli argomenti affrontati. Il gruppo ha giudicato questa esperienza formativa sul campo un momento molto positivo ed efficace ai fini del proprio aggiornamento. Come già espresso nella customer sottoposta ai partecipanti a metà del percorso, il tema trattato è stato considerato vasto per il tempo a disposizione del gruppo e quindi meritevole di particolari approfondimenti . 2 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Sono emerse alcune esigenze che sono state ritenute irrinunciabili dai partecipanti e oggetto di particolare approfondimento : la revisione della sistemazione del materiale nei diversi Blocchi operatori e relativa istruzione; l’inserimento, tra i punti del time-out della check-list, del posizionamento del paziente sul letto operatorio e la predisposizione di un trattamento antalgico postoperatorio; l’utilizzo del gruppo di miglioramento per una mappatura delle competenze all’ingresso del Personale in un Blocco operatorio e di quelle dell’esperto per il mantenimento della preparazione professionale; la stesura di un documento aziendale sulla check-list. Questo momento formativo è stato unanimemente considerato la migliore occasione per comunicare e condividere le esperienze, uniformare i comportamenti da parte di realtà logisticamente distinte, ma accomunate dalla complessità e delicatezza di un’ attività di Area critica quale è l’Assistenza infermieristica anestesiologica in sala operatoria. Nell’incontro finale sono stati invitati i Coordinatori infermieristici dei 4 Blocchi Operatori che hanno avuto modo di rendersi conto del lavoro svolto dai loro infermieri recependo l’importanza di garantire l’uniformità di comportamenti in ogni sala operatoria della nostra azienda attraverso l’applicazione di procedure condivise. Il materiale che è stato prodotto, al fine di darne massima diffusione e consultazione da parte dei colleghi, è qui proposto come pubblicazione nei Quaderni dell’Azienda Ospedaliera. E’ auspicabile che l’esperienza così apprezzata dagli stessi partecipanti possa avere un seguito e costituire la base per analoghe future iniziative. Il Referente e Formatore del progetto Responsabile della S.S.A. Gestione dei Blocchi Operatori Dr.ssa Franca Stornino 3 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 ANESTESIA: definizione, farmaci e tecniche “Condizione che rende il Paz insensibile allo stimolo chirurgico” (O.Holmes 1846), quindi un insieme di atti medici espletati sia attraverso la somministrazione di farmaci sia attraverso l’applicazione di metodiche strumentali grazie ai quali il Paz. può affrontare l‘intervento chirurgico in assenza di dolore e delle reazioni neurovegetative ad esso connesse. TIPI DI ANESTESIA 1. Anestesia generale 2. Anestesia locale locale per infiltrazione blocchi periferici (tronculari - plessici) blocchi centrali (spinale- peridurale- combinata) 3. Anestesia locale con sedazione ANESTESIA GENERALE Stato farmacologico anomalo totalmente e rapidamente reversibile (rapido recupero della coscienza, dell'attività motoria e dei riflessi di protezione) caratterizzato da: incoscienza - analgesia - rilasciamento muscolare - depressione dei riflessi neurovegetativi. FASI DELL’ANESTESIA Preanestesia o premedicazione; Induzione; Mantenimento; Risveglio. Preanestesia o premedicazione : somministrazione di farmaci sedativi e/o analgesici circa un’ora prima dell’intervento al fine di ridurre l’ansia, la memoria e/o garantire un minimo piano analgesico (analgesia preventiva). L’induzione prevede: pre-ossigenazione; somministrazione di ipnotici (inalatori o endovenosi); somministrazione di analgesici; somministrazione di miorilassanti; intubazione oro- o naso-tracheale; collegamento al respiratore e impostazione della ventilazione meccanica. 4 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Ipnotici Farmaci necessari ad indurre l’ipnosi e la perdita di coscienza del paziente, privi di effetti analgesici PROPOFOL: 1. Dose d’induzione: 1,5-2,5 mg/Kg 2. Picco di concentrazione cerebrale: 3 min 3. Tempo di riapertura degli occhi: < 10 min 4. CONTRO: marcato effetto ipotensivo TIOPENTONE SODICO: 1. Dose d’induzione: 5-6 mg/Kg 2. Perdita di coscienza: 30-45 sec 3. Tempo di riapertura degli occhi: 3-5 min MIDAZOLAM: 1. Dose d’induzione: 0,1-0,4 mg/Kg 2. Perdita di coscienza: lenta e progressiva, intervallo d’induzione più lento che col TPS 3. Tempo di riapertura degli occhi: estremamente variabile 4. PRO: elevata stabilità emodinamica M IO R IL A S S A N T I F a rm a c i c h e pe rm etton o la m io ris o luz io ne m u s c ola re p er fa c ilitar e le m a no vr e d ’intu ba zio ne e c hir ur gic h e N O N D E P O LA R IZ Z A N T I: C is a t ra c ur io 1. D o s e: 0 ,2 m g / k g 2. T em p o p er l’in t ub a z ion e : 2 , 7 m in 3. D u ra ta d ell ’e ffe t o c li nic o : 68 m in D EP O L AR I Z Z A N T I: S u c c in ilc o lin a : 1 . D os e: 1 m g/K g 2 . T em po pe r l ’in tu b az i on e: 6 0 s e c 3 . D ur a ta de ll’ ef fe tt o : < 1 0 m in R o c ur on io 1. D o s e: 0 ,6 m g / Kg 2. T em p o p er l’in t ub a z ion e : 6 0 s e c 3. D u ra ta d ell ’e ffe t to : 30 m in OPPIOIDI Farmaci dotati di attività analgesica necessari ad abolire gli stimoli nocicettivi e le reazioni neurovegetative conseguenti alla laringoscopia e all’intubazione tracheale Fentanyl: 1. Dose: 1-3 µg /Kg 2. Tempo per l’intubazione: 3 min 3. Durata dell’effetto: 30-60 min Remifentanil: 1. Dose: 0,25 µg/Kg/min 2. Tempo per l’intubazione: 60 sec 3. Durata dell’effetto dopo sospensione dell’infusione: 120 sec circa 5 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Mantenimento: è garantito da farmaci somministrati esclusivamente per via endovenosa (TIVA, TCI), o inalatoria (Sevoflurano o Desflurano) o in associazione tra loro. L’analgesia è mantenuta dagli oppioidi e, in parte, dagli alogenati, il rilasciamento muscolare dai curari. Risveglio : interruzione dell’ erogazione degli agenti anestetici, decurarizzazione, assistenza respiratoria fino al recupero del respiro spontaneo, estubazione con controllo della pervietà delle vie aeree fino al completo recupero dei riflessi (tosse e deglutizione). Se il pz risponde agli ordini semplici, presenta forza e coordinamento muscolare, i suoi parametri respiratori e cardiocircolatori sono stabili e la VAS (scala analogica visiva) del dolore è al di sotto di 4 può essere dimesso dalla sala operatoria. FARMACI UTILIZZATI NELL’ANESTESIA GENERALE ANESTETICI INALATORI : l’assorbimento e distribuzione la loro principale caratteristica di questi è attraverso il polmone, per diffusione dagli alveoli ai capillari ; da questi ultimi gli anestetici passano nel circolo sistemico che li distribuisce a tutti gli organi e tessuti . L’eliminazione di questi farmaci avviene, allo stesso modo, per lo più per via respiratoria, sotto forma di farmaco immodificato; in minima parte vengono metabolizzati nel fegato ed eliminati per via renale . Questi farmaci, a pressione e temperatura ambiente sono allo stato liquido, contenuti in appositi flaconi. Vengono somministrati attraverso vaporizzatori connessi al ventilatore di anestesia. I farmaci più utilizzati sono: Sevoflurano Desflurano (broncodilatatore, effetto analgesico) ( risveglio più rapido ma irritante per le vie respiratorie) Caratteristiche di un anestetico inalatorio ideale sono induzione rapida, risveglio rapido, variazione rapida del piano anestesiologico, miorisoluzione, maneggevolezza, assenza di effetti tossici. Con gli anestetici inalatori è meno frequente il fenomeno di AWARENESS ( risveglio intra-operatorio e ricordo cosciente nel paziente anestetizzato ) IMPORTANTE: considerare la MAC (indice di equipotenza) : la MAC è la minima concentrazione alveolare di anestetico volatile che abolisce la risposta motoria all’incisione della cute nel 50% dei pz. ANESTETICI ENDOVENOSI: vengono utilizzati sia nell’induzione che nel mantenimento. Tiopentone sodico: barbiturico a rapida durata d’azione, utilizzato come ipnotico in sala operatoria e nella sedazione dei pz cranici in terapia intensiva e negli stati 6 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 di male epilettico Propofol: utilizzato nell’ induzione e nel mantenimento dell’anestesia, nella sedazione in Terapia intensiva e durante le manovre endoscopiche e radiologiche invasive. Ketamina: anestetico molto particolare diverso da tutti gli altri poiché crea un’anestesia dissociata (alterazione della coscienza, analgesia, conservazione del respiro spontaneo e dei riflessi ); l’unico anestetico inotropo positivo (non deprime la funzionalità cardiaca); indicato nei pz ipovolemici, frequentemente utilizzato per la sedo –analgesia in brevi interventi o manovre e procedure diagnostiche radiologiche, anche nei bambini. Poichè aumenta la pressione endocranica è un farmaco controindicato nel trauma cranico. Ha un effetto broncodilatatore. Benzodiazepine: midazolam è il farmaco più utilizzato. Può essere somministrato sia im che ev, ha un rapido inizio d’azione, una rapida eliminazione metabolica con scarsi effetti cardiorespiratori. Effetti collaterali Thiopentone: depressione o arresto di circolo, aritmie, bronco-laringospasmo, reazione allergica; Propofol: bradicardia, ipotensione, sensazione dolorifica locale all’ iniezione; Benzoziazepine: modesti effetti emodinamici e sul respiro, se associati a oppioidi possono dare ugualmente depressione respiratoria; Oppioidi: depressione respiratoria, dispnea, ipotensione, nausea, vomito, prurito, sonnolenza, ileo- paralitico (rallentamento peristalsi). CURARI: farmaci che determinano paralisi muscolare agendo sulla placca motoria. Si dividono in: Depolarizzanti : Succinilcolina (Midarine) utilizzata nell’ intubazione a rapida sequenza o nell’ intubazione difficile per il rapido onset ed una precoce ripresa del respiro spontaneo. Dà fascicolazioni . Non depolarizzanti: Cisatracurio (Nimbex) e Rocuronio (Esmeron), la loro azione è contrastata dalla neostigmina, antagonista dell’acetil colinesterasi. Recentemente è stato introdotto il Sugammadex (Bridion), antagonista selettivo dell’ Esmeron. FARMACI UTILIZZABILI NELLA FASE DI RECUPERO Neostigmina Sugammadex: antagonista del rocuronio, ingloba il miorilassante, lo rimuove dal 7 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 recettore e ne consente l’ eliminazione renale. Naloxone : antidoto degli oppioidi. Flumazenil : antidoto delle benzodiazepine. ANESTESIA LOCALE BLOCCHI PERIFERICI Per infiltrazione Tronculare Plessico BLOCCHI CENTRALI Subaracnoidea Peridurale Combinata Blocchi periferici . È importante conoscere l’anatomia distrettuale, per individuare la struttura nervosa da bloccare mediante l’iniezione dell’anestetico negli spazi perineurali. Vi sono alcune tecniche che vengono in aiuto nell’ individuazione delle strutture: la più utilizzata si basa sull’elettrostimolazione possibilmente eco-guidata. Esempi di blocco periferico: Blocco nervo femorale cutaneo. Blocco sciatico femorale (blocco duplice). Blocco plesso radiale. Blocco plesso lombare. Complicanze Dolore nel sito di iniezione Formazione di ematoma locale. Danno nervoso diretto Neuropatie periferiche Blocchi centrali Anestesia spinale: prevede la somministrazione di anestetici locali nello spazio liquorale. Le soluzioni utilizzate vengono distinte in: isobariche- ipobariche –iperbariche in base al rapporto tra la densità dell’anestetico e quella del liquor. 8 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 La basicità della soluzione influenza la sua distribuzione nel liquor; le soluzioni ipobariche tendono a distribuirsi in modo antigravitario, mentre le formulazioni iperbariche seguono la forza di gravità e si distribuiscono lungo le zone declivi. Anestesia peridurale : consiste nella somministrazione di anestetico nello spazio epidurale, cioè lo spazio virtuale compreso tra la dura madre e i legamenti vertebrali. Può essere eseguita con iniezione unica oppure continua attraverso il posizionamento di un catetere epidurale. I farmaci agiscono sulle radici nervose dei nervi spinali contenute nello spazio epidurale. Questa tecnica viene utilizzata per interventi su basso addome, sugli arti inferiori e in parto-analgesia e, associata ad anestesia generale, negli interventi di chirurgia maggiore addominale e toracica. Gli anestetici maggiormente utilizzati sono: Ropivacaina , Levobupivacaina e Lidocaina. Anestesia combinata : consiste nell’eseguire simultaneamente un blocco subaracnoideo e il posizionamento di un catetere epidurale. È utilizzata nella chirurgia degli arti inferiori, del perineo, e del basso addome. Complicanze dei blocchi centrali Ipotensione da dilatazione del versante arterioso e venoso ( la riduzione del ritorno venoso si controlla con riempimento volemico e/o uso di vasocostrittore). Bradicardia, più frequente in giovane età o in pazienti che assumono beta bloccanti. Cefalea da puntura della dura e deliquorazione. Nausea da ipotensione e/o oppiodi. Prurito da oppioidi. ANESTETICI LOCALI Sono farmaci che, posti a contatto con una fibra nervosa, ne alterano reversibilmente la capacità di trasmettere l’impulso. Aboliscono la sensibilità e l’attività motoria. La loro azione è reversibile, senza alcun danno strutturale della fibra nervosa. Caratteristiche fisico chimiche AMINO-ESTERI: Procaina Tetracaina Cocaina Lidocaina ( Xilocaina) AMINO AMIDI: 9 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Bupivacaina ( Marciana) Mepivacaina ( Carbocaina) Ropivacaina (Naropina ) Levobupivacaina ( Chirocaina) (isomero levogiro della bupivacaina ). Sono meno allergizzanti e vengono metabolizzati dal fegato. Molte sostanze vengono aggiunte agli anestetici locali per di modificarne le caratteristiche farmaco-cinetiche e potenziarne l’efficacia. Un blocco più profondo e duraturo può essere ottenuto aumentando la dose di farmaco, oppure utilizzando l’associazione con vasocostrittori (adrenalina) per ridurre l’assorbimento vascolare dell’anestetico aumentandone così la concentrazione in situ. La Clonidina è invece in grado di esercitare un’azione potenziante il blocco anestetico. L’aggiunta di oppioidi come Fentanyl e Sufentanyl alle miscele di anestetico locale è prevista nei blocchi centrali, in quanto prolunga la durata del blocco anestetico, senza interferire sul blocco motorio. Tossicita’ degli anestetici locali Tremori, Convulsioni, Alterazioni cardio- vascolari, Nistagmo, Alterazioni del sensorio fino al coma. 10 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 VALUTAZIONE PRE-OPERATORIA La valutazione pre-operatoria è sempre necessaria quando è prevista una prestazione anestesiologica. Implica l'acquisizione di informazioni relative alle condizioni cliniche del paziente attraverso lo strumento dell’anamnesi, dell’esame obiettivo e l’analisi degli esami ematochimici e strumentali. Ne conseguono : la quantificazione del rischio anestesiologico secondo la classificazione ASA, la programmazione della strategia anestesiologica peri-operatoria, sulla base delle condizioni cliniche, del tipo di intervento e del grado di rischio formulato. La valutazione pre-operatoria si compone quindi di tre momenti principali : 1) anamnesi 2) esame obiettivo 3) esami di laboratorio e strumentali. L’anamnesi è la tecnica più efficace e vantaggiosa poiché permette all’anestesista di raccogliere l’insieme delle informazioni sul paziente: 1 parametri antropometrici; 2 anamnesi familiare e patologica; 3 anamnesi farmacologica; 4 anamnesi anestesiologica (intubazione difficile pregressa o prevista, nausea e vomito post-operatori pregressi); 5 6 episodi allergici ed eventuali reazioni farmacologiche avverse; abitudini di vita ( fumo, alcool e droghe). L’attenzione dell’anestesista si focalizza sulle alte vie aeree per evidenziare la possibilità di una intubazione difficile, eseguendo il test di Mallampati che predice gradi crescenti di difficoltà . 11 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Test di Mallampati I) II) III) IV) Pa lato Pa lato Pa lato Pa lato m o lle, fau ci, ug ula , pilas tri m o lle, fau ci, ug ula m o lle, bas e dell’ugu la os se o, pa lat o m olle no n v is ib ile La documentazione pre-operatoria minima comprende: esami ematochimici; ecg (validità 1 mese); rx torace (validità 6 mesi). La stratificazione ASA ( acronimo di American Society of Anaesthesiology ) comprende 5 classi di gravità crescente: ASA 1 paziente sano; ASA 2 presenza di malattia sistemica di media entità con buon compenso; ASA 3 malattia sistemica grave stabilizzata; ASA 4 patologia sistemica grave con pericolo di vita costante; ASA 5 paziente moribondo con scarse aspettative di sopravvivenza. A queste si aggiunge l’ASA 6 per paziente in stato di morte cerebrale, candidato ad un eventuale prelievo d’organi, mentre l’ E ( da emergency) è da aggiungere alle categorie sopraindicate se il paziente richiede un intervento in urgenza . 12 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 APPARECCHIATURE, PRESIDI E MATERIALI VENTILATORE MECCANICO Il ventilatore meccanico sostituisce, in parte o in toto, l’attività dell’insieme: sistema nervoso – muscoli respiratori – gabbia toracica nell’assicurare un sufficiente volume di ventilazione alveolare. nel produrre la differenza In particolare si sostituisce ai muscoli respiratori di pressione transpolmonare che permette ai polmoni di riempirsi di aria. L’espirazione è sempre un atto passivo. In Anestesia il sistema deve non solo garantire al paziente la ventilazione (come in Terapia intensiva ) l’erogazione di una miscela che possa ma anche comprendere oltre ad aria e/o O2 (supporto vitale) anche protossido d’azoto (N2O) e anestetici alogenati ( anestesia inalatoria). PRINCIPI DI FUNZIONAMENTO L’apparecchio di anestesia si compone di due parti principali con due diverse funzioni: una parte per la preparazione delle miscele gassose, una parte per la somministrazione delle stesse (circuito respiratorio). Per il funzionamento dell’apparecchio, oltre al collegamento alla rete elettrica, devono essere inseriti gli attacchi alle prese per O2, aria compressa, N2O ( impianto centralizzato o bombole); per impedire errori di collegamento e quindi di somministrazione, ogni gas è dotato di un attacco e una presa non interscambiabili con gli altri e di colore diverso. In tutti i ventilatori meccanici è presente un allarme acustico che si attiva in caso di caduta della pressione dell’ossigeno e, per questo tipo di emergenza, devono essere rapidamente disponibili bombole di scorta. Un pallone di AMBU deve essere comunque sempre presente in S.O. La regolazione della somministrazione dei gas avviene con: un sistema a flussometri (rotametri) oppure Il un sistema miscelatore (mixer) flussometro è sostanzialmente un tubo in vetro all’interno del quale è presente un indicatore mobile che, su un’apposita scala graduata, dà la misura del gas erogato. L’erogazione e la regolazione del flusso del gas si ottiene agendo sulla manopola corrispondente. Ogni flussometro è calibrato per un solo tipo di gas ed ogni gas ha una manopola di regolazione di aspetto differente dagli altri ed un codice colore 13 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” specifico (O2 bianco, accidentalmente Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Aria bianco/nero, N2O azzurro). Per impedire che venga somministrata una miscela ipossica, esistono sistemi di sicurezza: Cut-off del N2O: associa l’erogazione dell’O2 a quella del N2O tramite una valvola che chiude l’erogazione del N2O qualora vi sia un’improvvisa riduzione dell’erogazione di O2. Sistemi che garantiscono una frazione minima inspirata di O2 compresa tra 21 e 25%. Nonostante l’uso di tali sistemi di sicurezza, somministrare permane comunque il rischio di miscele ipossiche; per questo motivo, deve essere presente circuito un ossimetro per monitorare l’effettiva sul percentuale di O2 della miscela erogata. Per miscelare O2, Aria e N2O in concentrazioni note, in alternativa ai flussometri, possono essere utilizzati i miscelatori o mixer. Tali dispositivi regolano l’ingresso dei singoli gas all’interno della camera in rapporto alle concentrazioni selezionate. L’unità di miscelazione è costruita in modo tale da rendere impossibile l’erogazione di miscele gassose con una percentuale di O2 inferiore al 25%. Ogni ventilatore inoltre è munito di un sistema di erogazione di O2 ad alto flusso (il cosiddetto “O2 d’emergenza”) che by-passa il circuito ed è utilizzabile in qualunque momento. l/min. Viene azionato attraverso un pulsante ben evidente che eroga almeno 30 Tale pulsante difficilmente può essere attivato accidentalmente e le sue caratteristiche di costruzione scongiurano la possibilità che rimanga in posizione attiva. Gli anestetici alogenati a temperatura e pressione ambiente sono tutti in forma liquida. Per essere erogati con la miscela gassosa devono essere trasferiti in un dispositivo detto vaporizzatore. Ogni alogenato, per essere erogato, necessita di particolare pressione e temperatura. Per questo sono disponibili evaporatori dedicati, non intercambiabili. Il sistema di riempimento non consente errori, in quanto, per alogenati diversi, utilizza connessioni diverse e un particolare codice colore (viola isoflurano, giallo sevoflurano, azzurro desflurano). Il sistema inoltre non consente di superare il limite di riempimento che costituirebbe un pericolo di passaggio di liquido nella miscela di gas freschi o di inquinamento ambientale. La miscela gassosa anestetica è fortemente inquinante per l’ambiente della S.O. per cui si rende necessaria la sua evacuazione. Questa avviene prima di tutto attraverso un sistema di scarico del ventilatore che convoglia all’esterno i gas inquinanti. I ricambi d’aria all’interno di una S.O. (almeno 10-15 ogni ora) contribuiscono alla rimozione di 14 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 eventuali residui inquinanti. Fondamentale è il comportamento corretto da parte di anestesista ed infermiere che devono ricordare di: controllare ed evitare le perdite di miscela dai circuiti ( es: palloni e raccordi) sia prima che durante la seduta operatoria; utilizzare evaporatori a caricamento diretto dal contenitore; chiudere i gas ai rotametri al termine dell’anestesia; Per ridurre il consumo di alogenati e favorire l’umidificazione ed il riscaldamento dei gas, alcuni respiratori consentono la ventilazione a circuito chiuso o a bassi flussi. Questo tipo di circuito consente di riutilizzare la miscela gassosa espirata, privata della CO2 accumulata ad ogni atto respiratorio. L’eliminazione della CO2 avviene con il passaggio dell’ espirato attraverso la calce sodata. Durante la reazione tra CO2 e calce sodata, si ha la formazione di acqua, che, oltre a mantenere umidificata la calce stessa, si raccoglie alla base del canestro contenitore. Quando la calce è satura, il suo colore vira verso il violetto e deve essere sostituita. Il parametro di riferimento è una CO2 inspirata = o > 3%. Particolare attenzione deve essere posta alle condizioni d’uso della calce sodata che può provocare a contatto con gli alogenati sostanze tossiche come il composto A o il monossido di carbonio (CO). Sono quindi necessarie alcune semplici raccomandazioni: evitare l’utilizzo di calce sodata anidra, sostituendola se l’apparecchio non è stato utilizzato per un lungo periodo; impiegare preferibilmente il circuito rotatorio a bassi flussi ; preferire l’impiego della calce sodata alla baralyme che non contiene basi monovalenti reagenti. CIRCUITO RESPIRATORIO Per la somministrazione delle miscele gassose durante l’anestesia si possono utilizzare due sistemi: 1. un sistema semplice, lineare detto anche “va e vieni”, utilizzato per la ventilazione manuale (con maschera o tubo tracheale) o la somministrazione di O2 in respiro spontaneo . Si compone di un raccordo con valvola di scarico dei gas in eccesso collegabile al sistema di evacuazione , di un pallone respiratorio e di un raccordo per l’immissione dei gas freschi . Il sistema si completa di filtro antibatterico, maschera facciale o catetere mount in caso di paziente intubato. Questo tipo di ventilazione può essere però usato per brevi periodi in quanto 15 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 necessita di alti flussi di gas, comporta la ri-respirazione di CO2, l’inspirazione di gas secchi e a bassa temperatura ed un elevato rischio di inquinamento ambientale. 2. un sistema rotatorio composto da due valvole unidirezionali, l’una inspiratoria e l’altra espiratoria e da due linee corrispondenti con un terminale a Y verso il paziente a livello del quale vanno inseriti sempre il filtro antibatterico, la maschera facciale o il catetere mount . Il sistema rotatorio può essere usato in ventilazione spontanea, manuale o meccanica. Per questo alcuni respiratori sono muniti di pallone respiratorio e valvola APL (Airways Pressure Limiting valve) che scarica i gas in eccesso nel circuito e si connette al sistema di evacuazione. CENNI SU ALCUNE MODALITA’ DI VENTILAZIONE Ventilazione meccanica a volume controllato Vengono impostati: volume corrente e/o minuto e frequenza respiratoria; percentuale di O2 (FIO2) ed eventualmente di gas alogenati; eventuale pressione positiva di fine espirazione (PEEP); rapporto tra inspirazione ed espirazione (I:E) . Questo tipo di ventilazione si usa con paziente in anestesia generale e curarizzato. L’ allarme di pressione nelle vie aeree impostato intorno a 25 cm H2O garantisce dal barotrauma polmonare e può indicare un disadattamento del paziente al ventilatore. Ventilazione meccanica a pressione controllata Vengono impostati: modalità in pressione controllata; valore di pressione di supporto e frequenza respiratoria; percentuale FIO2 ed eventualmente di gas alogenati; eventuale pressione positiva di fine espirazione (PEEP); I:E Il ventilatore garantisce che la pressione nelle vie aeree non superi il valore impostato, ma non garantisce il volume corrente quindi questo va attentamente monitorato e gli allarmi devono essere accuratamente impostati sui valori desiderati. Questo tipo di ventilazione si usa con pazienti in anestesia generale e curarizzati, in condizioni di bassa compliance polmonare, alte resistenze nelle vie respiratorie (es: laparoscopia,fibro-broncoscopia interventistica, posizione di Trendelenburg), ma anche 16 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 in corso di sedazioni profonde senza miorisoluzione (es: ventilazione con maschera laringea). Ventilazione meccanica in pressione assistita Vengono impostati: modalità di pressione assistita; valore minimo di pressione inspiratoria (supporto); percentuale FIO 2 e PEEP; trigger. L’atto respiratorio viene attivato dal paziente al quale la macchina fornisce un supporto per garantire una ventilazione sufficiente. Frequenza respiratoria e volume corrente vanno monitorati con attenzione per valutare, in fase di risveglio e di svezzamento, il grado di autonomia respiratoria del paziente ed il momento più opportuno per estubarlo. MONITOR MULTIPARAMETRICO DEFINIZIONE Apparecchiatura cui è affidato il controllo dei parametri vitali del paziente attraverso moduli funzionali. L’acquisizione avviene tramite sensori cui è demandato il compito di trasformare i segnali fisiologici in segnali elettrici elaborati e visualizzati sullo schermo. STRUTTURA ESTERNA I monitor multiparametrici sono dotati di un display lcd –crt per la visualizzazione della PA invasiva e non invasiva, della PVC, della saturazione di O2, della capnometria, della temperatura, delle miscele dei gas e delle curve della capnografia, del tracciato elettrocardiografico, , curve respiratorie e degli altri parametri. La tastiera (switchjoggle ,encoder,touch-screen) permette di modificare,secondo le esigenze, gli allarmi (range dei valori), di visualizzare le registrazioni dei trends dei parametri, di mettere in pausa, di spegnere il monitor, etc... Estremamente importante per la sicurezza del paziente è l’impostazione dei limiti d’allarme a volume efficace. 17 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 STRUTTURA INTERNA Il monitor multiparametrico è costituito internamente da un alimentatore, da una batteria e da un sistema di condizionamento ed è dotato di un microprocessore che trasforma i segnali fisiologici in elettrici. SCOPO Il monitoraggio delle funzioni vitali . MONITORAGGIO IN ANESTESIA Il monitoraggio in anestesia è diviso per moduli funzionali: -monitoraggio cardiovascolare -monitoraggio respiratorio -monitoraggio della funzione cerebrale -monitoraggio della temperatura -monitoraggio della funzione neuromuscolare MONITORAGGIO CARDIOVASCOLARE TRACCIATO ELETTROCARDIOGRAFICO. Il monitoraggio elettrocardiografico consente di registrare l’attività elettrica del cuore e di rilevare la comparsa di aritmie, di alterazioni della ripolarizzazione, di ischemia miocardia e di alterazioni della conduzione. La registrazione può avvalersi di 3 o 5 elettrodi La scelta è legata alle condizioni cliniche del paziente e /o al tipo di intervento. 18 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Gli elettrodi vanno applicati su cute pulita e asciutta e possibilmente in prossimità di prominenze ossee. Le posizioni ottimali per la registrazione sono: spalla destra (elettrodo rosso-4° spazio intercostale destro sulla parasternale) spalla sinistra (elettrodo gialli-4° spazio intercostale sinistro sulla parasternale) 5° spazio intercostale sinistro (elettrodo verde- sulla ascellare anteriore) Nel caso del monitoraggio a 5 derivazioni si aggiungono altri due elettrodi sulle gambe. La posizione degli elettrodi può variare per garantire il campo operatorio. MONITORAGGIO DELLA PRESSIONE ARTERIOSA La pressione arteriosa è un parametro emodinamico in quanto espressione del volume ematico circolante, delle proprietà elastiche dei vasi, del volume d’eiezione e della gittata cardiaca. Il monitoraggio della PA, in particolare della PAM (pressione arteriosa media), ha lo scopo di valutare la perfusione d’organo e il carico di lavoro del cuore durante tutte le fasi dell’anestesia. Si distinguono due tipi di monitoraggio con cui è possibile registrare i valori della PA : - misurazione non invasiva; - misurazione invasiva. Misurazione non invasiva. Può essere: -Manuale: garantito da una cuffia esterna a compressione che, posizionata sul braccio del paziente e poi gonfiata, permette l’auscultazione dei toni di Korotkoff durante la desuflazione. -Automatico:il dispositivo esterno è identico a quello manuale, ma, in questo caso, l’apparecchio registra il valore di PAM e da questo, attraverso algoritmi specifici, deriva la PAS e la PAD. E’ possibile impostare la registrazione ad intervalli di tempo predefiniti (2,3,5,10.. minuti) o in continuo; le linee guida raccomandano di non superare i 10 minuti tra una misurazione e l’altra. La modalità automatica è particolarmente comoda nella pratica quotidiana in quanto libera le mani degli operatori che possono dedicarsi ad altre procedure, si affida ad una tecnica di misurazione sempre uguale e quindi più attendibile, si avvale di un segnale acustico d’allarme quando i valori registrati sono al di fuori del range di PAS E PAD impostati dall’anestesista. Una misurazione non attendibile della PA può essere dovuta a problemi legati al bracciale (troppo piccolo o troppo grande, mal posizionato, non correttamente chiuso), a compressioni esterne sul braccio del paziente (ad esempio fissatori del letto operatorio, inavvertita pressione da parte del personale sul braccio del malato), a brividi e tremori del paziente 19 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Il bracciale dovrebbe essere posizionato sul lato opposto a quello della via infusionale e della SpO2 . Alcuni tipi di intervento (svuotamenti del cavo ascellare) e alcune patologie (linfedema, fistole artero-venose, ustioni, amputazioni di arto invasivo sono superiore) impediscono il posizionamento del bracciale. Misurazione invasiva Le indicazioni al monitoraggio molteplici e possono essere dettate dal tipo di intervento chirurgico o da patologie di base del paziente. Rientrano nel primo caso tutte le situazioni in cui la PA rapidamente può per variare perdite improvvisamente ematiche cospicue e o clampaggi di grossi vasi, vi è necessità di frequenti emogasanalisi arteriose o di induzione e gestione di un’ ipotensione controllata; nella seconda categoria rientrano tutte le condizioni di instabilità emodinamica del paziente (feocromocitoma, trauma grave, shock, valvulopatia ed insufficienza cardiaca). I dispositivi necessari comprendono: un catetere da inserire nel lume dell’arteria, un circuito chiuso sterile contenente soluzione fisiologica eparinata in sacca sotto pressione, collegato da una parte al catetere e dall’altra ad un trasduttore che trasforma la pressione in un segnale elettrico. Dopo l’incannulamento del vaso, è necessario calibrare lo zero di riferimento. PRESSIONE VENOSA CENTRALE Richiede l’incannulamento di un vaso venoso centrale ( v. succlavia, giugulare interna, femorale ). La PVC è il migliore indicatore del pre-carico dell’atrio destro ed è utilizzata come indice dello stato volemico del paziente. La PVC normalmente ha valori compresi tra 5 e 8 mmHg. Come per la rilevazione della PA cruenta, si procede al collegamento di un trasduttore che ci consente di visualizzare sul monitor una curva e dei valori numerici. Un vaso centrale a disposizione consente, tra l’altro, l’aspirazione di emboli d’aria, i prelievi ematici, l’ infusione di amine, l’introduzione di un catetere in a. polmonare o di un PM transvenoso, oltre alla normale terapia infusionale laddove non siano reperibili vasi venosi periferici. Catetere di Swan-Ganz Il cateterismo di Swan-Ganz permette di misurare molti parametri: la pressione venosa centrale, la pressione in arteria polmonare, la pressione di incuneamento, la gittata 20 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 cardiaca, la saturazione del sangue venoso misto, la temperatura centrale. E’ di grande utilità quando è prevista grave instabilità emodinamica peri-operatoria legata a patologie del paziente o ad interventi chirurgici particolarmente invasivi. catetere di Swan-Ganz MONITORAGGIO RESPIRATORIO Comprende: l’ossimetria a polso la capnografia e capnometria spirometria la rilevazione delle pressioni delle vie aeree l’ analisi delle percentuali dei gas nelle miscele erogate OSSIMETRIA A POLSO Grazie all’associazione della spettrofotometria con la sfigmometria è stata sviluppata l’ossimetria a polso che sfrutta la natura pulsatile del sangue arterioso; i valori della saturazione emoglobinica vengono ottenuti dal rapporto della luce trasmessa al punto più alto e al punto più basso della pulsazione. Il pulsossimetro è uno strumento che può avvalersi di un sensore a dito o auricolare. La luce generata da una sonda luminosa, una 21 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 volta passata attraverso il tessuto, viene trasformata in segnale elettronico da un fotorilevatore. Il segnale elettronico viene quindi trasmesso al monitor e amplificato e si traduce nel valore numerico della percentuale di saturazione emoglobinica ( SpO2) e della frequenza cardiaca. I sensori possono essere mono e poliuso. Sedi di misurazione: dita delle mani, dita dei piedi (alluce), orecchio, naso, labbra. SPIROMETRIA È la rilevazione del volume corrente, del volume/minuto e della frequenza respiratoria. CAPNOMETRIA E CAPNOGRAFIA La capnometria è la misura della pressione parziale di anidride carbonica espressa in mmHg registrata alla fine dell’espirazione (end – tidal CO2 o PetCO2). La capnografia invece è la rappresentazione grafica (curva) delle modificazioni istantanee della pressione parziale di CO2 (PetCO2) espressa in mmHg durante l’atto respiratorio. La capnografia è un monitoraggio obbligatorio nel paziente sottoposto ad anestesia generale e ventilazione controllata dal momento che è un sistema di controllo continuo e accurato della ventilazione e segnale inconfutabile di corretta intubazione. RILEVAZIONE DELLE PRESSIONI DELLE VIE AEREE Si rilevano: la PIP (pressione di picco), la PEEP (positive end espiration pressure ) e la MAP (pressione media nelle vie aeree). ANALISI DELLA PERCENTUALE DI GAS NELLA MISCELA EROGATA Si rilevano: la percentuale di ossigeno, di aria e/o di protossido d’azoto. Degli alogenati, distinti tra loro da un diverso codice colore (giallo per il sevorane, azzurro per il desflurano, viola per l’isoflurano) si rilevano: la percentuale inspirata, quella espirata e 22 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 la MAC (minima concentrazione alveolare per abolire nel 50% dei pazienti la risposta motoria all’incisione cutanea). MONITORAGGIO DELLA FUNZIONE CEREBRALE Durante l’anestesia generale il controllo dello stato di coscienza è di fondamentale importanza, in quanto, in condizioni particolari, è possibile una, anche momentanea, ripresa dello stato di coscienza (awareness) durante l’intervento, con livelli variabili di consapevolezza. Questo fenomeno è da scongiurarsi per le gravi ripercussioni, soprattutto psicologiche, che può avere sul paziente nel post-operatorio. BIS (Bispectral index) Un apparecchio applicazione di facile clinica rappresentato dal BIS, è in grado di fornire un valore numerico compreso tra 0 e 100. Con 0 il paziente è in uno stato di coma farmacologico profondo, mentre con unindice di 100, il paziente è perfettamente sveglio. Nel corso di un’ anestesia generale, è necessario mantenersi su valori compresi tra 40 e 60, mentre in corso di procedure di sedazione è sufficiente mantenere un valore intorno a 60 . I valori numerici derivano dalla rielaborazione dei dati elettroencefalografici ottenuti con il posizionamento di appositi elettrodi posti a livello della regione frontale. Questi elettrodi vengono collegati ad un sensore che, attraverso un cavo, si connette al BIS sul cui schermo compaiono tracciato e valore numerico correlato. Esistono due tipi di placche: una monolaterale e una bilaterale. La placca viene collegata al paziente in zona pareto- frontale secondo lo schema in esso indicato. La cute deve essere asciutta e pulita per garantire una miglior adesione dell’elettrodo e una corretta lettura. INVOS Sistema di rilevazione dei livelli di ossigenazione cerebrale utile alla prevenzione dell’ipossia cerebrale. 23 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Si applica in chirurgia vascolare (TEA carotidea), cardiochirurgia (ipotermie profonde, arresto di circolo). Le 2 placche vengono applicate in zona frontale, in modo da monitorare entrambi gli emisferi.La cute deve essere asciutta e pulita per favorire una miglior adesione delle placche e una corretta rilevazione. La rilevazione di riferimento deve avvenire a paziente sveglio (valore basale). MONITORAGGIO DELLA TEMPERATURA CORPOREA Tutti gli interventi chirurgici possono esporre il paziente a rischio di ipotermia, in considerazione della bassa temperatura ambientale, degli effetti collaterali degli anestetici (vasodilatazione, azione sui meccanismi di termoregolazione), dell’esposizione dei visceri e dell’infusione di liquidi freddi. METODI DI MISURAZIONE La temperatura centrale può essere misurata a diversi livelli : in arteria polmonare, in esofago e in naso-faringe. La sonda naso-faringea misura la temperatura del sangue che fluisce nei rami della carotide interna. La sonda esofagea misura la temperatura del sangue aortico, viene posizionata nel terzo inferiore dell’esofago davanti al cuore . La sonda in arteria polmonare garantisce la misurazione più accurata, ma presuppone l’inserimento del catetere di Swan-Ganz. MANTENIMENTO DELLA NORMOTERMIA La temperatura ambientale deve essere mantenuta a circa 22 -24 gradi. Le strategie di riscaldamento comprendono: dispositivi interni ed esterni Riscaldamento attivo interno Il riscaldamento attivo interno avviene con infusione di fluidi a 37 o più gradi. Appositi apparecchi consentono di riscaldare i liquidi a livello della linea infusionale. I riscaldatori interni possono essere di due tipi : -alla sorgente se riscaldano i liquidi prima che vengano infusi, -in linea se riscaldano i liquidi nel corso dell’infusione. Riscaldamento attivo esterno Per riscaldamento attivo esterno si intende l’esposizione diretta della cute del paziente a qualsiasi fonte esterna di calore: calore radiante, materassini ad acqua, ventilazione forzata con aria calda. I sistemi di riscaldamento più efficaci sono quelli a ventilazione forzata; la loro efficacia è dimostrata anche in condizioni chirurgiche sfavorevoli 24 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 (piccole superfici di contatto). I riscaldatori esterni devono possedere particolari requisiti di sicurezza e garantire l’ isolamento elettrico. Esistono sonde monouso e poliuso (utilizzabili con guaine coprisonda monopaziente). MONITORAGGIO DELLA FUNZIONE NEUROMUSCOLARE L’attento monitoraggio della curarizzazione del paziente ha molteplici l’individuazione del momento l’intubazione, un adeguato finalità quali: corretto per rilasciamento muscolare, utile alla procedura chirurgica, il dosaggio preciso del miorilassante , la valutazione dell’adeguata decurarizzazione prima dell’estubazione. Il monitoraggio clinico consente una valutazione approssimativa del blocco neuromuscolare e si avvale di segni come la contrazione dell’addome dopo stimolo chirurgico oppure l’aumento delle resistenze polmonari per disadattamento del paziente dal ventilatore. Il monitoraggio strumentale si basa sulla stimolazione di un fascio muscolare e sulla registrazione della risposta che tale stimolazione evoca (contrazione del fascio o assenza di contrazione). Si utilizza uno stimolatore di nervo periferico, costituito da due elettrodi che vengono posizionati sul decorso del nervo selezionato, che è di solito il nervo ulnare. MODALITÀ Single twich:si eroga uno stimolo (twich) ad una frequenza di 0,1 Hz , ossia uno stimolo ogni 10 secondi, e si valuta la risposta. Train of four (TOF): si erogano 4 twich ad intervalli di mezzo secondo l’uno dall’altro (2 Hz, due stimoli al secondo). Al termine del train c’è una pausa di dieci secondi e poi di nuovo quattro stimoli. Lo scopo è quello di stimolare a livello sovramassimale il nervo così da identificare anche un eventuale residuo di curarizzazione. Se vi è ancora curaro residuo, durante la stimolazione si assiste alla riduzione (fade) della risposta motoria che al primo stimolo sarà completa e al quarto assente o ridotta. L’assenza di risposta di tutti e quattro i twich indica un’importante 25 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 curarizzazione (90 -95% dei recettori bloccati). La decurarizzazione si considera completa quando il TOF raggiunge un valore del 95%. POSIZIONAMENTO DI CATETERE VENOSO PERIFERICO PRIMO APPROCCIO NELL’ASSISTENZA INFERMIERISTICA IN ANESTESIA Indicazioni: infusione di soluzioni cristalloidi e colloidi, infusioni di farmaci, somministrazione di sangue e/o emoderivati, conduzione dell’anestesia durante l’ intervento chirurgico, Emergenze. Le vie venose periferiche costituiscono la via più utilizzata . Vantaggi: basso costo, facilità d’accesso, tecnica semplice, infusione rapida con cateteri di grosso calibro. Complicanze: flebiti,fuoriuscita della soluzione infusa nel sottocute con edema localizzato, ematoma, embolia gassosa in caso di introduzione accidentale d’aria, infezioni. Materiali guanti monouso non sterili laccio emostatico batuffoli o garze soluzione disinfettante cerotto aghi cannula di varie misure AGHI CANNULA Presidio che viene utilizzato per l’incannulamento di una vena e somministrazione di liquidi (fleboclisi) o di farmaci. È composto da un tubicino chiamato cannula, all’interno della quale è inserito l’ ago che serve a forare l’epidermide e a facilitare il posizionamento del presidio in vena. L’ago viene sfilato una volta completamente inserita e posizionata la cannula. L’ago cannula è completato da due alette usate per fissare il presidio alla cute del paziente, al fine di evitare movimenti accidentali della cannula che potrebbero causare danni o provocarne lo sfilamento e da un cappuccio a protezione dell’ago, che viene rimosso prima dell’uso. La scelta del sito di inserzione deve tener conto del sito chirurgico, della posizione del paziente e, possibilmente, del suo comfort nel post-operatorio. 26 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Deve essere disponibile una fleboclisi con deflussore munito di prolunga e rubinetti. POSIZIONAMENTO DI CATETERE VENOSO CENTRALE Indicazioni: Inaccessibilità delle vene periferiche. Stati di shock con necessità di infusione di grossi volumi di liquidi. Nutrizione parenterale totale. Infusioni multiple (cateteri a più lumi). Terapia endovenosa a lungo termine. Misurazione della pressione venosa centrale. Somministrazione di infusioni ipertoniche o di farmaci particolari (noradrenalina). Vene utilizzate: Succlavia. Giugulare interna. Femorale. Basilica o Cefalica ( PIC). Materiali: Guanti e camice sterile. Mascherina e cappellino. Disinfettante (preferibilmente clorexidina al 2% o soluzione iodata). Set sterile di Anestesia ( garze, porta aghi, pinza, forbici). Catetere venoso centrale ( da 1 a 4 lumi). Seta 2,0 (per ancoraggio). Medicazione trasparente sterile (Visulin). CATETERE VENOSO CENTRALE E’ un tubicino di materiale biocompatibile (silicone o poliuretano) lungo almeno 20 cm la cui estremità distale arriva alla giunzione tra la vena cava e l’atrio destro. Può essere monolume, a 2-3-4 lumi. Richiede una maggiore cura e sorveglianza rispetto a quello periferico per il rischio di infezioni o embolie. L’infermiere collabora con l’anestesista per il posizionamento del paziente, per garantire l’esecuzione in asepsi della manovra e verificare il funzionamento del catetere. 27 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Incannulamento vena succlavia ( via sottoclaveare): paz. Supino; braccia lungo il corpo; testa girata controlateralmente al lato della puntura. Incannulamento vena giugulare interna: paz. Supino; lieve Trendelemburg; capo girato controlateralmente al lato della puntura. Incannulamento vena femorale: paz. Supino; punto di repere : arteria femorale (la vena è situata a 1 cm/1,5 cm medialmente all’ arteria). Procedura per il prelievo di sangue da CVC 1. Lavaggio antisettico delle mani. 2. Indossare i guanti e gli altri dispositivi di protezione individuale. 3. Utilizzare sempre il lume più grande per aspirare. 4. Sospendere le infusioni in corso, clampando il morsetto del deflussore, se la via è in uso. 5. Aspirare con una siringa da 10 ml circa 5/6 ml di sangue e gettare tutto nel contenitore per rifiuti speciali. 6. Inserire la siringa per il prelievo o il sistema vacutainer e aspirare la quantità di sangue necessaria per le indagini previste. 7. Eseguire un lavaggio di 20 ml di soluzione fisiologica. 8. Declampare il morsetto per riprendere l’infusione in corso. POSIZIONAMENTO DI CATETERE ARTERIOSO Vasi utilizzati : arteria radiale (tragitto rettilineo; valutazione preventiva del circolo collaterale dell’arteria ulnare mediante test di Allen; iperestensione del polso); arteria brachiale; arteria ulnare; arteria femorale; arteria pedidia. Materiali: 28 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” catetere arterioso ( ago cannula o set con Seldinger); telo sterile ( con foro centrale); garze sterili; guanti; disinfettante; anestetico locale (se richiesto dal medico); punti di seta ( 3,0) o steri strip; sacca di fisiologica eparinata con spremi sacca; set di monitoraggio con trasduttore. Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Permette di misurare in modo continuo la pressione arteriosa e di prelevare rapidamente campioni di sangue per fare emogasanalisi o esami ematochimici. L’arteria che più spesso viene incannulata è l’arteria radiale, per la sua accessibilità, il tragitto rettilineo e la presenza del circolo collaterale dell’arteria ulnare (eseguire test di ALLEN per verificare la pervietà dell’arteria ulnare). Si possono utilizzare un semplice ago cannula corto (20 G) oppure il catetere specifico munito di Seldinger. È necessaria un’ accurata disinfezione della cute. Una volta inserito, il cateterino viene collegato ad un sistema di lavaggio a pressione positiva che ne garantisce la pervietà. Il set è costituito da: un circuito chiuso sterile, collegato da una parte alla testa del catetere e dall’ altra ad un trasduttore; il trasduttore che trasforma la pressione in un segnale elettrico visibile come onda sul monitor; un sistema per il prelievo di sangue; un sistema di lavaggio (sol. Fisiologica con 2500 UI di eparina in 500 ml). Dopo l’incannulamento del vaso, è necessario controllare lo zero di riferimento, mettendo il trasduttore, posizionato all’altezza del cuore, in comunicazione con l’atmosfera. Quando sul monitor l’azzeramento risulta accettato, si ritorna alla posizione di partenza del rubinetto. Il trasduttore deve seguire le posizioni del paziente per rimanere a livello dell’atrio. CATETERE DI SWAN GANZ Il cateterismo dell’arteria polmonare costituisce il metodo di riferimento utile per la diagnosi, il monitoraggio e la valutazione del trattamento dei pazienti in condizioni di instabilità emodinamica. 29 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Tramite uno degli accessi venosi centrali è possibile inserire un catetere flottante che giunge fino all’arteria polmonare e consente la rilevazione delle pressioni in arteria polmonare e la determinazione della portata cardiaca. SIRINGA DA EMOGASANALISI Siringa monouso a riempimento automatico con eparina bilanciata per gli elettroliti. Aspira campioni di sangue di 0.7-1,5 ml. Dispone di un ago e di un dispositivo di protezione o dado per ago per la tutela dell’utilizzatore. Dotata di tip cap ventilato per agevolare la rimozione di bolle d’aria e di una sfera metallica per una migliore miscelazione. POMPE SIRINGA Le pompe siringa sono un sistema per la somministrazione continua di farmaci in soluzione. Possono essere impiegate singolarmente o impilate sopra una BASE, dotata di un cavo di alimentazione comune. Si possono utilizzare per l’induzione e il mantenimento dello stato di anestesia generale per mezzo di farmaci somministrati esclusivamente per via endovenosa (TIVA). Il sistema più moderno e più preciso per l’infusione continua è la target controlled infusion (TCI), basata sul controllo computerizzato della somministrazione di anestetici endovenosi ( Propofol e Remifentanil ) seguendo il loro profilo farmacocinetico. La TCI permette il controllo della concentrazione del farmaco al sito effettore (encefalo) e il calcolo dell’infusione avviene attraverso l’inserimento nel modulo di parametri quali l’ età, il sesso, il peso e l’ altezza del paziente. POMPE ELASTOMERICHE Sono dispositivi monouso per infusione continua e/o intermittente (boli) del farmaco per uso generico infusionale (antibiotici, chemioterapici e antidolorifici). Sono dotati di un pallone-serbatoio in materiale elastico che esercita sul fluido contenuto una pressione costante. Tale fluido viene spinto lungo una linea d’infusione in vena, sottocute, intorno ad un plesso nervoso, in un’ articolazione o nello spazio peridurale. MATERIALI E PRESIDI PER LA VENTILAZIONE Le prime manovre per garantire l’ossigenazione del paziente e assicurare un’adeguata ventilazione sono: iperestensione del capo del paziente (vietata nel sospetto di una lesione della colonna cervicale); 30 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 introduzione di una cannula di Mayo nel cavo orofaringeo. La CANNULA OROFARINGEA è un presidio medico cavo, in materiale plastico rigido, di conformazione arcuata, di varie misure che consentono il suo inserimento nel cavo orale dei pazienti con parametri antropomorfici diversi. I principali scopi dell’utilizzo della cannula sono: impedire la caduta della base della lingua e garantire così una via sicura per il transito dell’aria; assicurare una via d’accesso per l’ aspirazione di secreti; garantire la pervietà del tubo tracheale attraverso le arcate dentali. Le varie versioni esistenti (cannula di Mayo, di Guedel, di Safar e di Bierman) differiscono pochissimo tra di loro e spesso questi termini sono utilizzati per identificare una qualunque cannula orofaringea, senza riferirsi ad un tipo specifico. Applicata la cannula di Mayo l’anestesista può ventilare il paziente mediante una MASCHERA FACCIALE Ne esistono di varie dimensioni e di differente materiale plastico per il migliore adattamento al viso del paziente. INTUBAZIONE ENDOTRACHEALE L’intubazione tracheale consiste nell’introduzione di un’apposita sonda, di materiale plastico semirigido, all’interno della trachea. Lo scopo è di garantire la pervietà delle vie respiratorie ed il collegamento dell’apparato respiratorio (trachea – bronchi – alveoli polmonari) a respiratori meccanici o palloni rianimatori per la ventilazione manuale. L’intubazione tracheale può essere eseguita per: Via orale, se il tubo viene introdotto attraverso la bocca, 31 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Via nasale, se il tubo viene introdotto attraverso il naso, nel rinofaringe fino alla trachea. L’intubazione endotracheale viene correntemente eseguita nel corso dell’anestesia generale, allo scopo di garantire una sufficiente ventilazione polmonare a pazienti in cui i riflessi di protezione delle vie respiratorie e la respirazione spontanea sono depressi dai farmaci anestetici o addirittura aboliti dai curari Altre indicazioni all’ intubazione tracheale sono: l’insufficienza respiratoria acuta o cronica, l’ostruzione alta delle vie respiratorie, per fenomeni compressivi esterni, neoformazioni, spasmo ecc. L’intubazione tracheale può essere mantenuta per lunghi periodi di tempo in relazione alle necessità cliniche grazie ai materiali ad alta biocompatibilità attualmente disponibili. È preceduta da una manovra di laringoscopia per evidenziare la glottide e le corde vocali, attraverso le quali viene introdotto il tubo endotracheale. Allo scopo ci si avvale di uno strumento, il LARINGOSCOPIO , che è composto essenzialmente da due parti: il manico (impugnatura) e la lama (spatola che si introduce nella bocca), articolabili tra di loro. La forma della lama può essere curva o retta. Quelle attualmente in uso sono: la lama di Mac Intosh (curva) e la lama di Miller o di Foregger (retta) che si impiegano con tecniche diverse ( con la retta si carica l’epiglottide) Sulla parte distale della lama è presente una fonte di luce alimentata dalle batterie contenute nel manico. In altri tipi di laringoscopi la fonte luminosa è posizionata nel manico e la luce viene trasmessa alla lama mediante fibre ottiche. Durante l’utilizzo, la lama va inserita con la sua estremità distale, nel solco epiglottico per permettere la visualizzazione della glottide. TUBI ENDOTRACHEALI . Questi ultimi sono costituiti da un tubo in PVC dotato di un manicotto rigonfiabile (cuffia) e di un raccordo per la ventilazione. I tubi sono caratterizzati da elevata tollerabilità, minima abrasività delle pareti, termoplasticità. 32 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Le cuffie consentono di esercitare la minima pressione sulla mucosa delle pareti tracheali se gonfiate in misura adeguata. La cuffia riveste due funzioni: - evitare il passaggio di liquidi nell’albero bronchiale ( saliva, secrezioni bronchiali controlaterali o gastriche; - stabilizzare il tubo. La pressione della cuffia non deve superare i 25 cm H2O ed il suo controllo viene eseguito mediante apposito manometro. Andrebbe ripetuto durante l’anestesia in caso di utilizzo di protossido d’azoto che diffonde all’interno della cuffia e ne aumenta la pressione sulla mucosa tracheale con rischio di lesioni importanti. Sono disponibili anche tubi senza cuffia, in genere impiegati nei bambini. Sul tubo sono inoltre presenti alcune tacche che indicano la distanza dalla sua estremità distale. La misura di un tubo endotracheale si riferisce al suo diametro interno espresso in millimetri. Generalmente in un adulto maschio di media corporatura si utilizzano le misure 7,5 -8 – 8,5 mentre nella donna le misure 7 – 7,5. L’intubazione può richiedere l’utilizzo all’interno del tubo di un filo rigido ( mandrino ) che lo modella per facilitare la manovra e va rimosso non appena superate le corde vocali. A seconda della via di accesso, i tubi endotracheali si distinguono in : oro tracheali (maggiormente utilizzati) nasali I TUBI OROTRACHEALI possono essere: - ARMATI, ovvero costituiti da un tubo in silicone radio-opaco biocompatibile e rinforzato con filo di acciaio; garantiscono sicurezza e comodità, sono resistenti all’inginocchiamento, indipendentemente dalla posizione del paziente o dalla loro manipolazione. Pertanto, sono utilizzati negli interventi in posizione prona, laterale o semiseduta del paziente ( interventi neurochirurgici sulla colonna vertebrale o sul cranio, ove è impossibile l’ accesso ed il controllo del capo e ortopedici, sulla spalla) e in tutti gli interventi in cui si potrebbe verificare la compressione della trachea e quindi un ostacolo alla ventilazione ( es. tiroidectomie). 33 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 TUBI PER CHIRURGIA LASER : utilizzati negli interventi di microchirurgia delle vie aeree che prevedono l’impiego di raggi laser per bruciare i tessuti (microlaringoscopie, interventi sulle corde vocali, ecc.). Sono avvolti da una pellicola di protezione, resistente al laser. PREFORMATI ORALI E NASALI : vengono impiegati negli interventi di chirurgia maxillo-facciale e in alcuni interventi di ORL dove l’accesso alla bocca o al naso può essere reso più problematico da un trauma o una neoformazione. Sono modellati in forme particolari che permettono un buon adattamento all’anatomia della regione. Per il loro posizionamento potrebbe essere necessario l’utilizzo della pinza di Magill. 34 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Nella chirurgia toracica è spesso necessario isolare e ventilare selettivamente un polmone; a tale scopo esistono particolari tubi endotracheali chiamati “tubi a doppio lume”, che permettono di realizzare l’INTUBAZIONE ENDOBRONCHIALE. Sono tubi a doppio lume e a doppia cuffia attraverso i quali è possibile sia la ventilazione bipolmonare (lume tracheale) che quella monopolmonare (lume bronchiale, previo clampaggio ed esclusione del tracheale). Se il tubo è correttamente posizionato, il lume più corto termina in trachea, sopra la carena ; l’altro, distale, nel bronco principale, da ventilare selettivamente. Quest’ultimo ha una propria cuffia (cuffia bronchiale, solitamente di colore blu). Il controllo del corretto posizionamento dei tubi bilume viene eseguito mediante semplice auscultazione polmonare, clampando i lumi ed escludendo alternativamente uno o l’altro polmone, o mediante l’utilizzo del fibrobroncoscopio. Utilizzo Sgonfiare completamente le cuffie e lubrificare generosamente. Porgere con la concavità in avanti. Gonfiare la cuffia tracheale con 5 cc. di aria e la bronchiale con non più di 3cc. Collegare al circuito respiratorio con gli appositi raccordi. Disporre di clamp per escludere un lume e del presidio per l’ossigenazione apneica del polmone escluso. INTUBAZIONE DIFFICILE Possiamo definire difficile l’intubazione durante la quale, in un soggetto rilasciato, correttamente posizionato (decubito dorsale, occipite su sostegno di 8-10 cm, estensione atlanto-occipitale, in “posizione di annusamento”), la laringoscopia diretta non permette di visualizzare, in parte o totalmente, le corde vocali oppure l’introduzione del tubo tra le corde vocali e/o la sua progressione in trachea sono per qualche motivo ostacolate. Possiamo definire impossibile l’intubazione quando diversi tentativi di almeno 2 operatori sono risultati infruttuosi. In laringoscopia diretta, secondo la classificazione di Cormack, si distinguono quattro livelli di difficoltà: Visualizzazione parziale della glottide, Visualizzazione della sola estremità posteriore della glottide, 35 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Visualizzazione della sola epiglottide, Nessuna visualizzazione. Vengono utilizzati i seguenti presidi Mandrini; Introduttori (Frova, Eschmann); Maschere (laringee, fastrach); Fibroscopio; Airtraq; Mini- trach. Mandrino: Quello standard è una guida metallica plastificata,di circa 30cm; va inserito nel tubo, evitando che la punta sporga dall’ estremità distale. Introduttori Sono mandrini lunghi più di 50 cm, flessibili, con estremità distale angolata, punta atraumatica per tentativo “alla cieca” di passaggio attraverso le corde vocali. Il tubo viene fatto scorrere sulla guida in trachea. Vengono utilizzati: Introduttore di Eschmann; Introduttore di Frova, cavo all’interno per la somministrazione di ossigeno. Maschere laringee (LMA) Presidio sovraglottico costituito da un tubo che, distalmente, si continua con una struttura concava, gonfiabile con volumi di aria variabili a seconda delle dimensioni della maschera, la quale permette una buona tenuta intorno all’ingresso laringeo per il passaggio dei gas insufflati, senza dispersione e con l’esclusione delle vie digestive. Viene anche utilizzato in interventi elettivi in anestesia generale ove non sia prevista la curarizzazione del paziente. Permette la ventilazione, ma non assicura perfettamente la protezione delle vie aeree. È disponibile in varie misure; può essere monouso o risterilizzabile ed in commercio è prevista una maschera progettata per consentire il posizionamento del sondino nasogastrico. Utilizzo Scuffiare completamente la maschera. Lubrificarne la parte superiore. Quando inserita, cuffiare come segue: la misura 3 con 20 ml; la misura 4 con 30ml; la misura 5 con 40ml. Fissare con cerotti o fettucce di garza. Fastrach E’ una forma evoluta della maschera laringea che consente, oltre alla ventilazione, l’introduzione di un tubo endotracheale (ETT). Viene utilizzata in urgenza, per garantire 36 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 il controllo provvisorio della via aerea, mantenendo testa e collo in posizione neutra, fino a quando le condizioni per l’intubazione siano più favorevoli. Le difficoltà al posizionamento possono essere dovute a : limitata apertura della bocca, obesità, collo corto, macroglossia. E’ importante ricordare di non cuffiare la maschera oltre il volume limite previsto sulla confezione; meglio posizionare una maschera più grande. Combitube Il tubo è bilume con due condotti e due cuffie. Un lume si apre in faringe attraverso vari fori compresi tra i due manicotti gonfiabili e consente di ventilare il paziente. L’altro è aperto all’estremità distale e permette l’aspirazione dall’esofago. Intubazione con fibroscopio Nei casi di prevista intubazione difficile è necessario disporre di un broncoscopio flessibile su cui viene montato il tubo tracheale. La manovra può essere eseguita sia in anestesia topica che con sedazione. Airtraq L’airtraq è un laringoscopio monouso, dotato di fonte luminosa e un sistema ottico che consentono la visione diretta della rima glottica senza dover eseguire le manovre necessarie per la classica laringoscopia diretta. Evita\ l’iperestensione del collo e permette l’intubazione anche a paziente seduto. L’airtraq viene molto utilizzato quando ci si trova davanti a pazienti con distanza interadentaria < a 30 gradi. Mini- trach Con minitracheotomia s’intende l’inserimento di una piccola cannula avente diametro interno di 4,0mm attraverso la membrana crico-tiroidea per consentire l’accesso continuo alla trachea . Tale accesso può essere utilizzato per la somministrazione d’ossigeno deumidificato e farmaci nebulizzanti,per lavaggio bronchiale, jet ventilation e per la bronco aspirazione. La collocazione dei presidi per l’intubazione difficile deve essere nota a tutti gli operatori. Intubazione difficile prevista L’infermiere deve procurarsi i presidi e il materiale necessario. Controllarne l’integrità e la completezza. Mettere a disposizione l’aspiratore funzionante. Coordinarsi con l’anestesista e supportarlo durante le manovre per garantire l’ossigenazione e il successo della procedura. 37 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Intubazione difficile non prevista L’anestesista garantisce l’ossigenazione del paziente. L’infermiere provvede possibile. 38 a recuperare il materiale necessario nel più breve tempo Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 COMPETENZE E RESPONSABILITÀ PROFESSIONALI DELL’INFERMIERE IN SALA OPERATORIA ACCETTAZIONE 1 Controllare le generalità del paziente. 2 Verificare che il paziente sia a digiuno, secondo schema (liquidi chiari 2 ore, cibi solidi 5/6 ore). 3 Verificare che sia stata eseguita correttamente la tricotomia. 4 Controllare che il paziente abbia rimosso protesi mobili, monili, piercing, smalto,trucco. 5 Controllare se sia prevista l’antibioticoprofilassi. 6 Verificare che i consensi informati chirurgico, anestesiologico e all’ emotrasfusione siano in cartella firmati. 6 Controllare eventuale richiesta di sangue ed emoderivati. 7 Compilare, alla presenza dell’anestesista e del chirurgo, la fase di Sign – in della check- list. PRE-OPERATORIO L’assistenza infermieristica nel blocco operatorio ha inizio nel momento dell’affido del paziente all’infermiere di sala da parte del barelliere. Il trasferimento dalla barella al letto operatorio utilizza se disponibile, il passa malati. Movimentazione paziente da barella a letto operatorio con l’utilizzo del passamalati: - Mettere il paziente in decubito laterale e con la schiena rivolta al rullo trasportatore. - Alzare il vetro di protezione del passa malati e far scorrere il rullo trasportatore fino al corpo del paziente. - Far adagiare il paziente in posizione supina sul nastro trasportatore. 39 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 - Far scorrere il rullo e trasportare il paziente sul lettino chirurgico. - Assicurare il paziente al letto operatorio utilizzando le fasce di sicurezza. - Trasportare il paziente in sala operatoria. Se non si dispone del passa malati o nel caso il paziente provenga da una terapia intensiva , la barella o il letto della rianimazione affiancano il letto operatorio all’interno di un’area circoscritta che deve essere sanificata più volte nella giornata. Il passaggio sul letto operatorio è garantito da un minimo di due operatori. Durante questa fase, oltre ai controlli precedentemente citati, vengono verificati: paziente (igiene, eventuali lesioni della cute), la lo stato fisico del presenza di: bracciale di riconoscimento, camice e la cuffia in tessuto non tessuto indossati , fasce o calze per la profilassi tromboembolica, se prescritte, cartella infermieristica di reparto. All’arrivo in sala operatoria, l’infermiere di anestesia, alla presenza delle altre figure previste ( chirurgo e anestesista), compila a voce alta il sign-in della check-list (identità del paziente, sede dell’intervento, procedura, presenza in cartella di tutti i consensi, marcatura del sito chirurgico ove applicabile, avvenuto controllo delle apparecchiature di anestesia, presenza o meno di allergie, difficoltà di gestione delle vie aeree e, in caso positivo, presenza di strumentazione adeguata disponibile, rischio di perdite ematiche superiori a 500 ml e, quindi, di un accesso venoso adeguato oltre alla disponibilità di emocomponenti). E’ previsto inoltre il controllo della documentazione relativa al paziente ( ASA, sierologia), all’intervento chirurgico (cartella clinica completa di esami ematochimici, radiologici, screening cardiologico) . Durante tutta la fase dell’accoglienza, l’infermiere di anestesia deve stabilire un rapporto empatico con il paziente atto a ridurre lo stato di ansia fisiologicamente presente , anche rispondendo in modo esauriente a dubbi e quesiti eventualmente posti. Prima dell’incisione della cute l’infermiere di anestesia verifica i sette controlli previsti dal time-out della check-list: verifica che i nomi e le funzioni dei componenti dell’equipe siano noti a tutti i membri; conferma dell’ identità del paziente, della procedura, del sito chirurgico e del posizionamento sul letto operatorio; verifica che il chirurgo abbia informato l’equipe sulla durata prevista dell’intervento, sui rischi di perdite ematiche e di altre criticità; che l’anestesista abbia informato l’equipe sulla specificità del paziente, rischio ASA e altre criticità; che l’infermiere abbia comunicato all’equipe il controllo della sterilità, di eventuali problemi con i dispositivi medici e di altre criticità ; che la profilassi antibiotica nei 30/60 minuti che precedono l’incisione della cute; che siano state visualizzate le immagini diagnostiche ove previste. Tutti i dati raccolti della fase di accoglienza vengono registrati sulla scheda infermieristica dei blocchi operatori. 40 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 ANESTESIA GENERALE E GESTIONE DELLE VIE AEREE All’arrivo del paziente in SO l’infermiere, in collaborazione con il medico anestesista e il chirurgo applica e compila la fase del check- in della check-list (vedi modello). Monitoraggio del paziente (ECG, NBP, SpO2). Incannulamento di uno o più vasi periferici. Controllo dell’integrità del tubo endotracheale e della cuffia con gonfiaggio e sgonfi aggio. Pre-ossigenazione in ventilazione spontanea in maschera con FiO2 100%. Induzione dell’anestesia con ipnotico ev, eventualmente preceduto da oppioide (intubazione: manovra molto dolorosa). Somministrazione di miorilassante a dosaggi che consentano l’intubazione. Assistenza respiratoria in maschera per la durata dell’ onset del miorilassante avvalendosi della cannula di Guedel per impedire la caduta della lingua. L’intubazione prevede il paziente supino con un rialzo sotto il capo di circa 10 cm e in iperestensione ( Sniffing position). L’infermiere affianca a destra l’anestesista posto dietro la testa del paziente. L’infermiere per facilitare la visualizzazione delle corde vocali e l’intubazione esegue, su richiesta , la manovra di B.U.R.P. (backward, upward, rightward pressure), e amplia l’apertura orale con la trazione della rima buccale destra. Porge il tubo lubrificato all’anestesista. Cuffia il tubo con una siringa con aria per preservare le vie aeree da inalazione di vomito o secrezioni. Si collegano al tubo, nell’ordine, mount, filtro, circuito respiratorio. Si controlla il corretto posizionamento attraverso l’auscultazione bilaterale degli apici , delle basi polmonari e dell’epigastrio e la verifica della comparsa su monitor della curva capnografica. Importante è escludere l’intubazione selettiva del bronco di destra; in caso positivo si scuffia e si retrae il tubo di qualche cm. Il tubo viene fissato al massiccio facciale con cerotti o fettucce di garza, prestando attenzione alle labbra. Se necessario, viene posizionato il sondino naso-gastrico. Gli occhi devono essere chiusi e protetti con lacrime artificiali o gel. Il mantenimento dell’anestesia è garantito dai gas anestetici attraverso il ventilatore o da farmaci ev somministrati in bolo e/o da pompe siringa. Il controllo dei parametri vitali e della ventilazione attraverso il monitor multimodale dev’essere costante. 41 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 L’infermiere vigila sul paziente e collabora, con l’anestesista, nel mantenimento dell’omeostasi cardiocircolatoria, respiratoria e metabolica. MONITORAGGIO IN SALA OPERATORIA ECG ETCO2 PA cruenta (IBP) SpO2 NBP PVC BIS TC INVOS ANESTESIA LOCO-REGIONALE L’anestesia loco-regionale è una metodica che consiste nel blocco della trasmissione nervosa del dolore, senza modificazione dello stato di coscienza. Si realizza utilizzando gli anestetici locali. In alcuni casi, oltre alla sensibilità dolorosa viene abolita anche la capacità di movimento dei muscoli dell’area anestetizzata e spesso anche la sensibilità tattile (possono permanere la sensazione di pressione e un movimento indistinto). L’anestesia loco-regionale può interessare differenti distretti corporei. Assistenza infermieristica: Accettazione del paziente, conferma dell’identità e controllo dello stato di igiene, della tricotomia e del punto di iniezione. Informazione del paziente sulla procedura e sul mancato controllo della motilità della parte interessata per alcune ore. Esclusione di eventuali allergie. Posizionamento di un accesso venoso di calibro adeguato. Somministrazione di antibiotico secondo protocollo. Monitoraggio ( cardiaco – pressorio – ossimetrico) del paziente. Preparazione dei farmaci e del materiale necessario. TECNICHE BLOCCHI PERIFERICI Anestesia per infiltrazione: si inietta l’anestetico direttamente nei tessuti da operare, creando una sorta di "barriera anestetica" che blocca la trasmissione degli 42 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 stimoli dolorosi da parte delle terminazioni nervose ivi presenti. Serve per interventi in aree limitate ( rimozione schegge, nevi cutanei, ernie inguinali, ecc.). Anestesia tronculare: si blocca la conduzione dello stimolo dolorifico iniettando l’anestetico presso un singolo tronco nervoso, provocando un’anestesia ben delimitata e ristretta ( es. l’anestesia odontoiatrica di una emi-arcata dentale). Anestesia PLESSICA: E’ un tipo di anestesia loco-regionale in cui l’anestetico locale viene iniettato direttamente intorno al complesso dei nervi della zona da operare. Si utilizza un particolare ago, collegato ad uno strumento (elettrostimolatore) che, tramite impulsi elettrici, consente di ricercare i nervi interessati, provocando piccole scosse e clonie nell’arto corrispondente, soluzione anestetica. grazie alle quali l’anestesista localizza i nervi e inietta la Per questa tecnica, sono disponibili aghi di diametro e lunghezza diverse, dotati di un filo elettroconduttore, che si collega ad un elettrodo posto sulla cute del paziente, e di una prolunga con attacco Luer-Lock per l’iniezione dell’anestetico. BLOCCO del plesso BRACHIALE Utilizzato nella chirurgia del braccio ed avambraccio. Il plesso è formato dai rami anteriori degli ultimi quattro nervi cervicali e del primo nervo toracico. Il blocco si può realizzare con diverse tecniche o vie d’accesso, in base alla sede di intervento. Via ascellare : viene bloccato il plesso prima della sua diramazione in nervo radiale, mediano e ulnare; è un tipo di anestesia che consente di effettuare interventi chirurgici nella parte terminale dell’arto superiore ( fratture di polso e di falangi, morbo di Dupuytren, tunnel carpale, fratture di radio e ulna, fratture di olecrano, ecc.). Materiali: telini sterili garze sterili Betadine Elettrostimolatore Una placchetta con elettrodo Guanti sterili 43 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” 2 siringhe da 20 ml Ago a punta ottusa da 30mm/ 50mm/ 120mm Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Mepivacaina, ropivacaina, levobupivacaina (su indicazione dell’anestesista) Medicazione Procedura: Il paziente viene posto in posizione supina, il braccio abdotto a 90° e l’avambraccio flesso a 90° sul braccio. Sulla cute dell’emicostato del lato da bloccare, si posiziona una placchetta adesiva con elettrodo alla quale si collega attraverso un morsetto il filo elettrocondutore dell’elettrostimolatore . Si procede con l’allestimento del campo con disinfezione della cute e telini sterili Si collega la prolunga alla siringa preriempita di anestetico. L’anestesista introduce l’ago. La corrente iniziale di stimolazione solitamente è di 1 mA. Una volta individuato il nervo da bloccare, dopo aver ridotto gradualmente la corrente di stimolazione fino a 0,3 mA e dopo aspirazione negativa , si inietta l’anestetico. Si ricercano in questo modo tutti i nervi del plesso da bloccare, iniettando ogni volta la dose opportuna di anestetico. Terminata la procedura, si estrae l’ago, si disinfetta la cute apponendo la medicazione. Si smaltisce il materiale utilizzato. L’arto del paziente viene posizionato sull’addome e contenuto con fasce, per evitarne l’accidentale caduta. Per la completa estensione del blocco occorre un arco di tempo di 10-15 minuti a seconda del tipo, della concentrazione e della quantità di anestetico somministrato. Mantenimento: Controllo della sensibilità dell’arto Controllo dei parametri vitali del paziente Controllo fleboclisi Nursing post-intervento: 44 Controllo parametri vitali Controllo fleboclisi Controllo e gestione del dolore e delle eventuali complicanze Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Via interscalenica: rappresenta l’accesso più craniale del plesso brachiale. Un aspetto clinico significativo è il fatto che nel blocco interscalenico vengono coinvolti anche i rami sensitivi del plesso cervicale. Questa tecnica viene utilizzata nella chirurgia aperta e chiusa della spalla, della clavicola e della parte superiore del braccio. Il paziente viene posto in posizione supina, senza cuscino, con il braccio da bloccare posizionato sull’addome ed il capo voltato dal lato opposto. Anestesia dei NERVI PERIFERICI : - BLOCCO NERVO FEMORALE - BLOCCO NERVO SCIATICO - BLOCCO COMBINATO (DUAL BLOCK) BLOCCO DEL NERVO FEMORALE: Il nervo femorale deriva dalle radici L2, L3 e L4 ed è il nervo più grosso tra quelli di derivazione dal plesso lombare. Il blocco di tale nervo può essere combinato al blocco del nervo sciatico e dell’otturatorio per garantire l’anestesia negli interventi sul ginocchio, sulla gamba e sul piede. Il paziente è posto in posizione supina, evitando extrarotazioni dell’arto da bloccare. Il punto di inserzione dell’ago è situato alla radice della coscia a livello della piega inguinale, lateralmente all’arteria omonima. BLOCCO DEL NERVO SCIATICO: Il blocco isolato del nervo sciatico viene praticato raramente se non a scopo antalgico , per l’anestesia dell’arto inferiore è necessario il blocco di alcuni altri nervi del plesso lombare, come il femorale e l’otturatorio o il cutaneo-femorale. ( blocco “due in uno “o “tre in uno”). La tecnica può avvalersi di un approccio: Trans gluteo: il paziente giace sul lato che non deve essere bloccato, con l’arto sottostante disteso e l’arto soprastante flesso all’anca di 30-40° e di 90° al ginocchio. Il punto di inserzione si ricerca nell’area glutea. 45 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Può essere utile una matita dermografica di supporto all’anestesista per disegnare i punti e le linee di repere. La lunghezza dell’ago solitamente è di 120mm. Il nervo sciatico può essere bloccato anche con l’utilizzo di approcci alternativi (dorsale, frontale, laterale). COMPLICANZE DELLE ANESTESIE PLESSICHE Elevati livelli ematici di anestetico possono provocare depressione miocardica ed eccitazione del sistema nervoso centrale. Altre complicanze sono : - danno nervoso - neuropatie periferiche - dolore nel sito di iniezione - formazione di un ematoma locale - pneumotorace ( blocco del plesso brachiale per via interscalenica ). BLOCCHI CENTRALI: Anestesia SPINALE o SUBARACNOIDEA Anestesia PERIDURALE ANESTESIA SPINALE o SUBARACNOIDEA: 46 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Questo tipo di anestesia prevede la somministrazione di anestetico nello spazio subaracnoideo, diffondendosi nel liquor cefalorachidiano. Viene così a contatto con le radici posteriori (fibre sensitive) e le radici anteriori (fibre motorie) dei nervi, ottenendo l’ abolizione della sensibilità dolorifica , l’inibizione dell’attività motoria e del tono vascolare dei territori innervati. Questo tipo di anestesia viene utilizzata preferibilmente per interventi chirurgici della regione sotto-ombelicale: Interventi sul piccolo bacino (ernie, isterectomie, fratture, adenomectomie prostatiche, ecc.); Interventi all’inguine e alla regione sellare (ernie, emorroidi, fistole, ecc.); Interventi agli arti inferiori (fratture, protesi d’anca e di ginocchio, interventi vascolari, ecc.); Interventi urologici endoscopici (TURP, TURV, cistoscopie, ecc.) Interventi ginecologici. Vantaggi Non interferisce con l’apparato respiratorio Riduce il rischio di inalazione Riduce la risposta allo stress; Garantisce un miglior controllo del dolore post-operatorio Riduce il rischio tromboembolico L’ esecuzione del blocco consiste nell’introduzione di un ago da spinale atraumatico negli spazi intervertebrali compresi tra la seconda e la quinta vertebra lombare; a questo livello non si rischia di pungere accidentalmente il midollo spinale che termina a L1. Materiali Telini sterili Guanti sterili Garze sterili Betadine Aghi atraumatici (22G – 25G – 27G; lunghezza mm.90 o 119, con o senza introduttore) Siringhe da 2,5 e 5 ml Anestetici locali ed eventuali farmaci adiuvanti Medicazione Procedura Il paziente viene posto seduto sul letto operatorio o in decubito laterale, con la schiena flessa per consentire una miglior esposizione della colonna lombare e una maggiore apertura degli spazi intervertebrali. 47 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 L’infermiere di sala si posiziona davanti al paziente in modo da fargli mantenere la posizione corretta ed evitargli cadute accidentali. Preparato il campo sterile, si procede alla manovra e all’iniezione dei farmaci. Attualmente vi sono diversi tipi di anestetici locale utilizzati nell’anestesia spinale: Anestetici “iperbarici”: hanno un peso specifico maggiore rispetto a quello del liquor, sono condizionati dalla forza di gravità e quindi dalla posizione del paziente. Anestetici “isobarici”: hanno lo stesso peso specifico del liquor. L’anestesia selettiva (dell’emi-lato da operare) consente un risparmio di anestetico; si pratica a paziente in decubito laterale, sul lato da operare se si usa la soluzione iperbarica, sul lato sano (quindi non da bloccare) se si usa l’isobarica . ANESTESIA PERIDURALE o EPIDURALE: Con questa tecnica il farmaco anestetico viene iniettato nello spazio epidurale, compreso tra il periostio e la dura madre. L’ esecuzione di questo blocco prevede che l’ago non oltrepassi la dura madre. L’anestesia effettuata peridurale con somministrazione può singola essere iniezione continua: in o questo secondo caso, attraverso l’ago di Tuohy che ha raggiunto lo spazio peridurale, viene posizionato un catetere, che consente boli o infusione continua di farmaci per la conduzione dell’anestesia e dell’analgesia post-operatoria. L’anestesia peridurale è usata frequentemente per la chirurgia ano-rettale, urologica, vascolare maggiore e periferica, ginecologica e ostetrica (analgesia del parto), addominale maggiore e toracica Il posizionamento del paziente è sovrapponibile a quello del blocco subaracnoideo. Materiali 48 ago di Tuohy siringa da 10 ml a bassa resistenza. catetere peridurale centimetrato. connettore del catetere. filtro Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” guanti, teli e garze sterili Betadine siringhe da 2,5 e 5 ml soluzione fisiologica anestetici ed eventuali adiuvanti (es. oppioidi) medicazione Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Una volta posizionato, il catetere va fissato accuratamente alla cute del dorso COMPLICANZE perforazione della dura ematoma ascesso sindrome della cauda lesioni delle radici nausea prurito ipotensione cefalea ANESTESIA COMBINATA Questa tecnica consiste nell’eseguire un blocco subaracnoideo e posizionare un catetere peridurale durante un’ unica manovra Essa somma i vantaggi di entrambe le tecniche anestesiologiche ( blocchi centrali ): il rapido effetto di blocco sensitivo e motorio dell’ anestesia spinale e la possibilità di prolungare l’effetto anestesiologico e il controllo del dolore post-operatorio attraverso il catetere peridurale. Vi sono due tipi di presidi e quindi di tecnica: - needle through needle in cui vengono usati kit con un ago spinale che può essere inserito in quello peridurale - double-space in cui vengono utilizzati ago da spinale e kit standard da peridurale. 49 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 POSIZIONAMENTO DEL PAZIENTE SUL LETTO OPERATORIO Particolare attenzione deve essere posta durante il posizionamento del paziente sul letto operatorio, che avviene al termine dell’induzione anestesiologica. È tra gli item del time-out della check-list. Ne sono responsabili l’Anestesista, il primo Chirurgo e l’Infermiere di sala. In particolare: l’Anestesista collabora con il primo operatore, controllando il capo del paziente durante le manovre, al fine di assicurare il mantenimento della pervietà delle vie aeree, della ventilazione e la protezione degli occhi; il Chirurgo identifica la posizione che meglio garantisce l’ esposizione chirurgica in base al tipo di intervento e alla tecnica utilizzata; l’Infermiere posiziona il paziente. secondo le indicazioni dei medici, assicurando la protezione dei punti di compressione del corpo con l’interposizione di presidi in gel dedicati. Le tre figure verificano la presenza di punti a rischio di lesione per stiramento o pressione. Fondamentale è la verifica preventiva, a paziente vigile e cooperante, di limitazioni funzionali articolari, al collo e agli arti. PRINCIPALI POSIZIONI POSIZIONE SUPINA: utilizzata nella maggior parte degli interventi. Sarebbe opportuna, se l’intervento lo consente, una lieve flessione del tavolo operatorio all’altezza delle anche e delle ginocchia affinché le articolazioni coinvolte possano assumere una posizione naturale. I bracciali di supporto per gli arti superiori devono essere posizionati con angolo inferiore a 90° rispetto al corpo. Punti di compressione: occipite gomiti polsi anca sacro talloni 50 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Lesioni più frequenti: da decubito nervose ( es. lesione del plesso brachiale per iperestensione e/o iperabduzione del braccio o per compressione del trapezio da reggi-spalle) alopecia ustioni Le donne gravide, spesso, in posizione supina, si ipotendono per compressione cavale da parte dell’utero. Il decubito laterale sinistro può contrastare la complicanza. POSIZIONE GINECOLOGICA O LITOTOMICA: è adottata soprattutto in chirurgia ostetrico- ginecologica e nella chirurgia Vl del colon-retto. Le braccia devono essere sorrette da bracciale oppure fissate ai lati del corpo. Si impiegano reggi-spalle imbottiti a livello della regione acromion-claveare in modo tale da ridurre al minimo il rischio di lesioni in caso di posizione di Trendelemburg . Le gambe sono sollevate, divaricate e flesse sui cosciali dell’intervento per ottenere la migliore esposizione chirurgica. cosciali e gambe devono essere abbassati Alla fine lentamente e contemporaneamente. Nella posizione ginecologica i punti di compressione sono: Occipite Scapole Gomiti Anche Cavo popliteo Sacro Le complicanze più frequenti sono: dolore lombare post-operatorio lesioni alle articolazioni dell’anca e del ginocchio lesioni cutanee da scorretto uso dei supporti stasi venosa agli arti inferiori ipotensione al brusco ritorno alla posizione supina lesioni nervose ( n. peroneale, safeno, femorocutaneo, femorale e sciatico). POSIZIONE PRONA:comporta un aumento di pressione a livello addominale con riduzione dell’ escursione diaframmatica e del ritorno venoso. Sono perciò utili sostegni in corrispondenza del bacino e della parte superiore del torace per agevolare la respirazione. È importante ruotare il capo del paziente o utilizzare apposito supporto 51 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 frontale forato in gel per evitare l’ inginocchiamento della protesi respiratoria. Attenzione particolare va posta alla protezione degli occhi e del padiglione auricolare di appoggio . Va inoltre evitata l’iperestensione della caviglia, mediante un cuscino posto sotto l’articolazione tibio-tarsica. Il paziente, in questi casi, viene anestetizzato supino su un lettino o barella che affiancano il letto operatorio e poi ruotato di 180°. Durante la manovra, che richiede più operatori, le braccia devono essere mantenute lungo il corpo, poi abdotte di 90° con gli avambracci flessi e in pronazione. Per facilitare il posizionamento, vengono temporaneamente scollegate le vie di monitoraggio e la protesi respiratoria. Nella posizione prona i punti di compressione sono: occhi naso orecchie mammelle genitali vene del collo parete toracica e addominale I principali rischi della posizione prona sono: dislocamento e /o inginocchiamento del tubo endotracheale dislocamento e /o inginocchiamento del catetere urinario, delle vie infusionali, ecc stiramento del plesso brachiale stiramento del nervo sciatico per iperestensione degli arti inferiori POSIZIONE LATERALE: è adottata in interventi a carico del rene, del torace e della colonna vertebrale. Il capo, il collo e la colonna devono essere sullo stesso piano cioè allineati con cuscini o presidi morbidi . L’arto superiore non dipendente deve essere flesso su supporto a non meno di 30 cm sopra il capo. La posizione del tronco deve essere mantenuta da supporti o stabilizzatori imbottiti. Nella posizione laterale i punti di compressione sono: capo spalla gomiti parete toracica parete addominale trocantere dell’arto dipendente 52 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 arti inferiori I principali rischi della posizione laterale sono: instabilità della posizione lesione del nervo cutaneo laterale dell’anca lesione del nervo peroneale comune inginocchiamento e/o compressione del circuito respiratorio. compressione dell’arto superiore dipendente ipossia da alterazione del rapporto ventilazione/perfusione POSIZIONE DI TRENDELEMBURG: viene utilizzata negli interventi sugli organi del piccolo bacino ( genitali femminili, vescica, prostata, colon sin. e retto), permettendo lo spostamento dei visceri verso il diaframma. Questa posizione richiede l’ausilio di presidi imbottiti in corrispondenza delle spalle per impedire lo scivolamento del paziente dal letto operatorio. L’inclinazione del letto è estrema nella chirurgia videolaparoscopica e robotica e questo accentua gli effetti respiratori del pneumoperitoneo impiegato in queste tecniche (minore Capacità Funzionale Residua, maggiori atelettasie polmonari basali, maggiori pressioni nelle vie respiratorie), mentre compensa quelli emodinamici (riduzione del ritorno venoso). Altri effetti di questa posizione sono : aumento della pressione endocranica, oculare e gastrica. Nella posizione Trendelemburg i punti di compressione sono: occipite gomiti polsi anca sacro spalle I principali rischi della posizione di Trendelemburg sono: compressione del plesso brachiale per il peso del corpo sui reggi-spalle lesioni da stiramento per esagerata abduzione degli arti sup. decubito e stiramento sul cavo popliteo se associata posizione ginecologica. POSIZIONE ANTI-TRENDELEMBURG: viene utilizzata nella chirurgia laparoscopica dei quadranti superiori dell’addome. Più favorevole per la ventilazione, presenta, però, maggiori ripercussioni emodinamiche (riduzione del ritorno venoso, della gittata cardiaca e della pressione arteriosa). I punti di compressione sono gli stessi della posizione supina. 53 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 POSIZIONE SEDUTA: utilizzata in NCH per interventi nella fossa posteriore N e u ro c h ir u r g i a A ) P o siz io i o n ee ss e d uu ta . V a ri ri s oo s te te gg n i pp ee rr la te s ta ta .. C oo r p o f is s aa tto o in i n m oo d o d a fa f a cc ili ilita ta re re r a p iid d oo a b bb a s ss a m ee nn to in in c a s oo d ii em m b oo lia l ia g a s s oo sa sa A tte tt e nn z io n ee a n oo nn e c c e d ee rree n ee llla la f le s s iio o nn e te s ta t a ( u nn a m aa n oo p aa ssss aa tr a c o lllo lo e to rr aa cc ee )) ( B ,, C )) B o rrdd o s uu p e ri o rree ta v oo lo r io l o: 3 v e rte r te bb rraa to rr aa cc ic ic aa ;; aa nn g oo lo l o d ii 66 0 °° 9 0 °° A r ti s uu p ee rr io io r i ssuu aa dd dd o m e o r e g gg ib ra r a cc cc iiaa G in i n o cc cc hh ia le gg g ee rr m m e n te te ffle le ss s e ; p o pp lite l ite ,, ta llo l lo n ii ee cc aa vv ig llie ie p ro r o te te tte tte POSIZIONI ORTOPEDICHE: C h i ru r g i a o rto p e d ic a e tra u m a to lo g ic a A )) C C hh iirr uu rr g ii aa dd ee ll gg i n oo cc cc hh iio o ee d ee ll llaa tt iib b ia ia 54 D D ee cc uu b i t o ss u pp i n o R R a c h iidd e a l l iinn e a t o B B r a c c i a l a t e r aa ll i C C u ss c i n oo s oo t t oo t e s t aa e c o s c e B) C C hh iirr uu rr g ii aa d ee ll ll ’ aa rr to t o iinn ff e r iioo r ee ss u t a vv oo l o o r tto ta o p ee dd iicc o Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 C h ir u rg ia o rt o p e d i c a e tr a u m a t o lo g ic a M oodd alità alità ddii rrootazio tazio ne ne ddell ell ’ app ap p ar arecch ecchio io rad io lo ggico ico SSuupp ppoo rrto to co nntr troo p er erin in eo (d a ev itare itar e in cas caso o di fr attu rree ddii b acin oo)) frattu A Arrto to su pper erio iorree om o m o later laterale ale all’ all’ in ferio f er iorree lesio les io n ato : su ppp p or to o su o rto s u to torrace ace N.B. In tutte le posizioni descritte, va sempre evitata un’ eccessiva compressione degli arti da parte dei presidi di ancoraggio. 55 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 COMPLICANZE INTRA-OPERATORIE Un'accurata anamnesi ci aiuta a prevedere le possibili complicanze anestesiologiche intra-operatorie e, quindi, di prevenirle e/o trattarle adeguatamente. Reazioni allergiche: 1 vasodilatazione 2 eritema 3 edema 4 broncospasmo Sostanze coinvolte: 1 antibiotici 2 lattice 3 alcuni farmaci impiegati per l’anestesia : curari, ipnotici ( tiopentone sodico e propofol). Sintomi delle allergie: rush cutaneo con chiazze o ponfi angioedema che può comportare una condizione di emergenza se interessa la glottide con ostruzione e difficoltà o impossibilità all’intubazione. asma bronchiale : si manifesta con dispnea, aumento della frequenza respiratoria, desaturazione, ipercapnia e difficoltà alla ventilazione meccanica se il paziente è già intubato e ventilato SHOCK ANAFILATTICO Rappresenta il quadro clinico più severo e più temibile. Esso insorge rapidamente e a volte è preceduto da rush cutaneo, angioedema e broncospasmo. Sintomatologia: pallore ipotensione tachicardia perdita di coscienza arresto cardiaco Trattamento delle allergie Il primo provvedimento è rimuovere e/o sospendere tutte le possibili cause scatenanti; in seguito, l’intervento diventa di tipo farmacologico ( adrenalina, corticosteroidi, 56 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 antistaminici, broncodilatatori, ossigeno); l’ arresto cardiocircolatorio richiede le manovre di B.L.S.D. L’infermiere deve: predisporre i presidi e le apparecchiature per l’ossigenazione e la ventilazione predisporre i farmaci se necessario, attuare o supportare l’anestesista nelle manovre di B.L.S.D. ALLERGIA AL LATTICE L’allergia al lattice può manifestarsi per contatto diretto cutaneo oppure per inalazione di particelle della sostanza Sintomatologia: 1) dermatite irritativa da contatto 2) orticaria, rinite, congiuntivite, asma 3) anafilassi da ipersensibilità immediata con grave sintomatologia Prevenzione in sala operatoria Preparazione di una sala latex – free COMPLICANZE CARDIOVASCOLARI Tutti gli interventi chirurgici richiedono un adeguato monitoraggio cardiovascolare (ECG, SatO2, PA). Le principali alterazioni dei parametri emodinamici sono: 1) Ipotensione Viene trattata con somministrazione di colloidi e cristalloidi e con l’ utilizzo di vasopressori e con la correzione dei fattori scatenanti. 2) Ipertensione Può essere causa di incidenti cerebro- vascolari, cardiaci ( ischemie aritmie, episodi di scompenso). Favorisce maggiori sanguinamenti intraoperatori. Spesso è provocata da un inadeguato piano di anestesia e/o analgesia che vanno quindi approfondite. In altri casi si ricorre all’utilizzo di farmaci antipertensivi. 3) Disturbi del ritmo Bradicardia Per bradicardia si intende una frequenza cardiaca inferiore a 60 battiti al minuto. Il farmaco di prima scelta è l'atropina; altri farmaci utilizzati sono: l’adrenalina, l’isoprenalina, la dopamina e il glucagone 57 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Tachicardia Per tachicardia si intende una frequenza superiore a 100 battiti al minuto. Può richiedere l’uso di amiodarone, solfato di magnesio, adenosina, betabloccanti, calcio antagonisti. Le forme instabili possono richiedere la terapia elettrica (cardioversione). L’infermiere deve: conoscere e reperire i farmaci antiaritmici richiesti dall’anestesista predisporre un’analisi elettrocardiografica a 12 derivazioni predisporre un defibrillatore con pace maker. IPOSSIEMIA Diverse sono le cause di una riduzione dell’ossigenazione e del parametro di saturazione (atelectasie polmonari, focolai broncopneumonici, edema polmonare, pnx, embolia polmonare, grave ipotensione, intubazione accidentale del bronco dx, ecc). Il primo provvedimento è quello di prendere in considerazione le possibili cause e, se possibile, correggerle escludendo innanzitutto il banale malposizionamento del sensore saturimetrico. L’infermiere deve conoscere i valori limite di ossigenazione, verificare il corretto posizionamento e funzionamento del sensore e, in caso la desaturazione persista, allertare l’anestesista. REAZIONI TRASFUSIONALI In sala operatoria può essere necessario somministrare sangue ed emoderivati, in particolare: emazie concentrate nel paziente anemico, con particolare attenzione al rischio cardiologico ischemico ed in emergenza nel paziente in stato di shock emorragico plasma (coagulopatie o in corso di trasfusione massiva) piastrine (deficit da perdita o per patologie preesistenti) Complicanze: a) infettive (rare) b) accidentali ( per somministrazione di sangue incompatibile con reazione emolitica acuta, shock, insufficienza renale e CID) preceduti da dolore toraco- addominale, dispnea, ipotensione, febbre, emoglobinuria, sanguinamento inspiegabile, anemia resistente. Alcuni di questi sintomi sono mascherati in corso di anestesia generale. c) reazione di tipo allergica con orticaria, eritema, prurito, broncospasmo, fino all’anafilassi d) insufficienza respiratoria post- trasfusionale 58 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 e) complicanze metaboliche (acidosi, iperpotassiemia, ipocalcemia) Assistenza all’emotrasfusione: -Conoscere le indicazioni principali della trasfusione (livelli di emoglobina < 8-10 gr.) -Conoscere le procedure di richiesta, controllo e assegnazione degli emoderivati -Conoscere e saper preparare i presidi necessari per la loro infusione; gli emoderivati sono compatibili con la soluzione fisiologica ma non con la soluzione glucosata e con il ringer. -Conoscere le metodiche di trasfusione rapida in caso di shock emorragico (politrauma o emorragia iatrogena) : spremi-sacca e level one (per garantire grandi volumi in poco tempo e a temperatura sicura). Le sacche devono essere doppiamente controllate e i moduli di accompagnamento compilati in ogni parte e firmati dall’infermiere e dal medico prima della somministrazione. I moduli di accompagnamento vanno allegati alla cartella clinica. AB INGESTIS Si tratta di aspirazione nell’albero tracheo-bronchiale di cibo e succhi gastrici durante le manovre di ventilazione ed intubazione (più probabile nell’urgenza e nel paziente a stomaco pieno). È provocata dalla depressione dei riflessi di protezione delle vie respiratorie in corso di anestesia o nell’immediato post operatorio, nelle malattie del sistema nervoso centrale o nello stato di coma. Assistenza infermieristica: controllo del digiuno (6 ore per i solidi, 2 ore per i liquidi chiari), posizionamento preventivo di sondino naso gastrico, immediata aspirazione del materiale inalato, ossigenazione e antibiotico terapia, eventuale bolo di cortisone. IPOTERMIA Incidenza : 80% dei pazienti in sala operatoria Cause: anestesia (vasodilatazione) basse temperature delle sale operatorie infusione di liquidi a temperatura inferiore a quella corporea esposizione e lavaggio di organi e cavità corporee 59 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 ventilazione ad alti flussi di gas non riscaldati Effetti positivi: protezione contro l’ischemia e ipossia in NCH e CCH. Effetti negativi: rallentamento del metabolismo dei farmaci e conseguente prolungamento dei tempi di risveglio alterazione dei meccanismi della coagulazione ( maggior sanguinamento post- operatorio) aumento dell’ incidenza di infezioni post-operatorie da alterazioni del sistema immunitario. Prevenzione Riscaldamento del paziente con coperte termiche, materassini termici, ventilazione forzata ad aria calda) Riscaldamento preventivo dei liquidi utilizzati Ventilazione meccanica a circuito chiuso o a bassi flussi Mantenimento della temperatura ambientale intorno a 22 gradi. ARRESTO CARDIOCIRCOLATORIO L’arresto cardiocircolatorio è un ‘evenienza possibile in molte condizioni cliniche e può presentarsi sotto forma di asistolia (assenza di attività elettrica cardiaca), fibrillazione ventricolare (attività elettrica caotica e rapidissima che non produce una gettata cardiaca efficace), oppure sotto forma di dissociazione elettromeccanica o PEA (Pulseless Electrical Activity), ovvero attività elettrica organizzata o semiorganizzata non associata ad una efficiente attività di pompa. Ne deriva mancata perfusione degli organi, in particolare dell’encefalo, con il rischio di danni irreversibili. I principali segni dell’arresto cardiaco in Sala Operatoria sono: perdita di coscienza ( non rilevabile in narcosi) assenza di attività respiratoria ( non rilevabile in anestesia generale e ventilazione meccanica controllata) 60 assenza di polso centrale ( carotideo, femorale) improvviso crollo dell’EtCO2 nel paziente in ventilazione meccanica Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 improvviso appiattimento dell’onda della pressione arteriosa cruenta ( quando contemplata) Questa condizione viene affrontata attualmente con due livelli di approccio : BLS ( BASIC LIFE SUPPORT ) ALS (ADVANCED LIFE SUPPORT) I protocolli BLS sono oggi considerati patrimonio indispensabile per tutto il personale sanitario ( oltre che laico) . Per l’infermiere di anestesia la conoscenza dei protocolli BLS E BLS-D ( che prevede l’utilizzo del defibrillatore semiautomatico) ormai deve essere considerata un requisito fondamentale. I COMPITI DELL’INFERMIERE Chiedere immediatamente aiuto ad un altro anestesista o al chirurgo Se il paziente non è ancora intubato assistere l’anestesista durante la ventilazione in maschera facciale e/o nelle manovre di intubazione Alternarsi nel MCE con altro personale Preparare e somministrare i farmaci previsti dai protocolli ( adrenalina, vasopressina, amiodarone, bicarbonato di sodio, calcio cloruro o gluconato, ecc.) Predisporre defibrillatore con placche adesive o piastre ricoperte dell’apposita pasta conduttrice per defibrillazione; eventualmente approntare il materiale per un pace-maker trans cutaneo o trans venoso. Annotare il timing delle manovre rianimatorie e di somministrazione dei farmaci Predisporre sistemi di infusione in caso di abbondanti perdite ematiche (shock emorragico) Eseguire emogasanalisi Procurarsi un ecografo con sonda ecocardiografica 61 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” L’algoritmo universale dell’ Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 arresto cardiaco nell’ adulto può essere cosi rappresentato: INCOSCIENTE e NON RESPIRA ( o GASPING) CHIAMARE AIUTO e PREDISPORRE IL DEFIBRILLATORE SE POLSO CENTRALE ASSENTE, INIZIARE RCP ( 30 compressioni insufflazioni) DEFIBRILLABILE : 2 NON DEFIBRILLABILE ANALISI RITMO 1 SHOCK a 360 J se defibrillatore monofasico ( o equivalente energetico se bifasico) RIPRENDERE RCP 30:2 PER DUE MINUTI RIPRENDERE RCP 30:2 PER DUE MINUTI, fino alla successiva analisi del ritmo 62 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Defibrillatore Esistono due tipi di defibrillatore manuale: monofasico e bifasico. Se è disponibile un monofasico la defibrillazione viene effettuata sempre con una scarica a 360J; in caso di defibrillatore bifasico, se è noto il valore di energia di partenza per quella determinata macchina, si può partire da quello, per poi arrivare progressivamente al valore massimo erogabile nelle scariche successive. Nel caso non sia l’intensità raccomandata per la prima scarica, la defibrillazione dovrà essere effettuata utilizzando il valore massimo erogabile. IPERTERMIA MALIGNA L’ipertermia maligna, complicanza molto temuta in Anestesia, è una rara sindrome ipermetabolica che colpisce soggetti predisposti geneticamente in seguito all’ esposizione a fattori scatenanti (agenti anestetici). Studi di genetica molecolare hanno dimostrato che il difetto primario dell’ipertermia maligna risiede nell’anomala metabolizzazione del calcio libero citoplasmatico all’interno della cellula muscolare in seguito all’esposizione ad alcuni farmaci. I farmaci che possono scatenare una crisi sono gli anestetici inalatori, ed alcuni miorilassanti (succinilcolina). Non sempre i soggetti predisposti reagiscono con una crisi all’esposizione con agenti scatenanti; infatti, il paziente sottoposto ad anestesia generale può essere sottoposto a più interventi senza conseguenze e reagire con una crisi la volta successiva. Una volta scatenata, la crisi può evolvere fino al decesso. Il fenomeno può manifestarsi rapidamente (nel giro di 15 minuti) o nell’arco di un’ora; è pertanto fondamentale il tempestivo riconoscimento e il trattamento (indispensabile un’accurata anamnesi familiare). Il flusso irregolare di calcio provoca una contrazione muscolare patologica con aumento dell’ attività metabolica, del consumo di ossigeno e della produzione di anidride carbonica, lattati e di calore. Questi fenomeni provocano un’alterazione dell’ integrità della membrana cellulare con conseguente liberazione nel sangue di CPK (creatinfosfochinasi) e mioglobina e possibile conseguente insufficienza renale acuta. La tachicardia è uno dei primi sintomi della crisi . È scatenata dall’ iperpotassiemia che può provocare l’ arresto cardiaco. Nel paziente ventilato, significativo è l’aumento della EtCO2. L’emogasanalisi dimostra spesso un’acidosi mista ovverosia metabolica ed espiratoria. Un’ ipertermia intraoperatoria deve far sospettare la sindrome in quanto normalmente il paziente tende a diventare ipotermico. 63 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 TRATTAMENTO Il primo provvedimento consiste nella sospensione di qualunque farmaco che possa essere responsabile della crisi ( anestetici alogenati e succinilcolina). Il paziente deve essere iperventilato con ossigeno puro. L’infermiere deve provvedere a sostituire il circuito ed eventualmente il ventilatore per evitare tracce di gas anestetici. L’infermiere deve reperire immediatamente il dantrolene (unico farmaco conosciuto per il trattamento dell’ipertermia maligna (dose di attacco: 2,5 mg/Kg in bolo ); successivamente 1 mg/Kg x4 Vanno corrette le anomalie elettrolitiche e dell’equilibrio acido-base. L’infermiere provvede a preparare i sistemi per raffreddare il paziente (infusioni fredde e/o raffreddamento della superficie corporea). Predispone i set per l’incannulamento di vene centrali e arteria e per la rilevazione della temperatura centrale. Il monitoraggio invasivo e la somministrazione del dantrolene vanno mantenuti per 24/36 h dopo la risoluzione dell’episodio. Durante il trattamento, è importante seguire il profilo coagulativo, dato il rischio di insorgenza di una CID e monitorare il CPK fino alla sua normalizzazione. È necessario mantenere una buona diuresi. PREVENZIONE DELL' IPERTERMIA MALIGNA Visita pre-operatoria A tutti i pazienti da sottoporre ad anestesia generale, durante la raccolta dei dati anamnestici, dovrebbero essere poste le seguenti domande: Esiste storia familiare di MH? Si sono verificate morti o complicazioni durante l’ anestesia (incluse quelle per trattamenti odontoiatrici) in qualche membro della famiglia ? Esiste storia personale di malattie muscolari ? Esiste storia personale di comparsa di urine scure dopo anestesia? Esiste storia personale di febbre elevata inspiegabile durante o a seguito di intervento chirurgico ? In sala operatoria Dotazione di un protocollo scritto di prevenzione e trattamento. Disponibilità dei farmaci necessari ( almeno 36 fiale di dantrolene, acqua per preparazioni iniettabili e bicarbonato). 64 Conservazione in frigorifero di soluzioni saline ghiacciate. Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Personale di sala operatoria addestrato al riconoscimento e trattamento della ipertermia maligna. Durante l'intervento chirurgico di paziente non a rischio Valutare ogni inaspettata ipercapnia, tachicardia, tachipnea o aritmia (es. emogasanalisi arteriosa e venosa). Evitare di trattare una tachicardia con betabloccanti fino a che non è stata esclusa una MH Monitorare la temperatura centrale di tutti i pazienti sottoposti ad anestesia generale. Sospendere la somministrazione di anestetici gassosi e di succinilcolina se si verifica rigidità del massetere. Se l'intervento chirurgico deve continuare, passare immediatamente ad anestetici non scatenanti. Non somministrare anestetici scatenanti a pazienti con Distrofia di Duchenne, Miotonia e altre forme di distrofia muscolare. Se il paziente è a rischio Allestimento della sala operatoria Apparecchio di anestesia: o Rimuovere i vaporizzatori. o Assicurare un flusso di 10 L/m di aria o O2 attraverso il circuito respiratorio per almeno 20 minuti o Usare circuiti disposable Controllare i valori pre-operatori di creatin-chinasi (CK). Posizionare un sistema a coperta refrigerante sul tavolo operatorio Predisporre adeguato monitoraggio. Anestesia Tecnica di scelta o Spinale, epidurale, regionale o locale Farmaci sicuri 65 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” o Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Anestetici Locali, benzodiazepine, oppiodi, barbiturici, propofol, ketamina, protossido di azoto, curari non depolarizzanti. Neostigmina e atropina (dubbi) Farmaci pericolosi o alogenati. o Succinilcolina SHOCK Costituisce una sindrome clinica, ovvero una serie di segni e sintomi provocati da diversi fattori eziologici, che coinvolge differenti organi ed apparati. Comporta ipoperfusione periferica da ipotensione arteriosa con alterazione dei flussi ematici distrettuali e della capacità dei tessuti di estrarre ossigeno dal sangue. Lo shock costituisce una condizione di emergenza e può condurre rapidamente il paziente all’arresto cardiaco, da mancata perfusione miocardica, o a serie insufficienze d’organo anche irreversibili. Gli altri organi vitali coinvolti nello shock sono: l’encefalo , i polmoni e i reni. TIPI DI SHOCK : SHOCK IPOVOLEMICO SHOCK EMORRAGICO SHOCK ANAFILATTICO SHOCK SETTICO SHOCK CARDIOGENO Il più frequente in sala operatoria è l’emorragico Il quadro neurologico può variare da lievi alterazioni dello stato di coscienza fino al coma. La disfunzione cardiaca si presenta tipicamente con tachicardia e ipotensione arteriosa cui possono seguire segni di ischemia cardiaca, edema polmonare ed insufficienza respiratoria. Il rene è un organo particolarmente sensibile all’ ipoperfusione che può provocare oliguria ed infine anuria. Nello shock possono manifestarsi alterazioni della coagulazione con fenomeni emorragici e/o trombotici, sino al gravissimo quadro rappresentato dalla CID o coagulazione intravascolare disseminata. TRATTAMENTO 66 VIE DI INFUSIONE ADEGUATE Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 SISTEMI DI INFUSIONE VELOCE (Level One) ESPANSIONE DEL VOLUME INTRAVASCOLARE con infusione di cristalloidi e colloidi NELLO SHOCK EMORRAGICO infusione di emazie concentrate, plasma, fattori della coagulazione. In alcune gravi emorragie, possono essere preziosi i sistemi di recupero intra-operatorio del sangue. CONTROLLO DELLA TEMPERATURA CORPOREA A DISPOSIZIONE FARMACI NORADRENALINA) MONITORAGGIO EMODINAMICO PVC PA cruenta SWAN-GANZ PICCO MON ITORAGGIO DI EMOCROMO , COAGULAZIONE , EGA INOTROPI (DOPAMINA, ADRENALINA E SHOCK IPOVOLEMICO L’ipovolemia può essere determinata da : - Perdite gastrointestinali di liquidi (vomito, diarrea) - Perdite renali ( diabete mellito, diabete insipido, eccessivo uso di diuretici) - Perdite cutanee (ustioni,lesioni essudative, sudorazione) - Sequestro di liquidi (ascite, occlusione intestinale) - Aumento della permeabilità capillare (come nello shock anafilattico) - Emorragia massiva (shock emorragico) SHOCK EMORRAGICO L’emorragia acuta può accompagnare un notevole numero di condizioni patologiche sia mediche sia chirurgiche: - Traumi - Patologie a carico del tratto gastrointestinale e riproduttivo, - Malattie vascolari ( aneurisma dissecante, malformazioni artero-venose). In un primo momento, l’organismo è capace di sopperire alla mancanza di volume adeguato mettendo in moto una serie di meccanismi di compenso che tendono al 67 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 mantenimento dell’omeostasi corporea e della perfusione degli organi cosiddetti “nobili” ( cervello, cuore, rene): - vasocostrizione - tachicardia - contrazione della diuresi Il paziente presenta cute pallida e fredda, agitazione, piloerezione. La risposta cardiovascolare può variare con l’età, le condizioni cliniche preesistenti e l’ eventuale assunzione di farmaci. SHOCK ANAFILATTICO Rappresenta il quadro più severo di malattia allergica in sala operatoria. È a volte preceduto da rush cutaneo, angioedema ( intubazione difficile o impossibile!!!!) e broncospasmo. Si accompagna a ipotensione e tachicardia. 68 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 URGENZA – EMERGENZA IN SALA OPERATORIA Il paziente critico in sala operatoria è il paziente che presenta un’ alterazione dello stato di coscienza fino al coma, un’ instabilità emodinamica e/o respiratoria. L’infermiere di anestesia deve predisporre : presidi per il monitoraggio invasivo e non presidi e materiale per accessi venosi di grosso calibro sistemi per il mantenimento della normotermia emorecupero materiale per intubazione difficile sonda e sondini naso-gastrici sistemi infusionali (pompe siringhe, Level One) modulistica e provette per la richiesta di emoderivati ed esami ematochimici urgenti defibrillatore con accessori farmaci e soluzioni : 1. atropina 2. efedrina 3. urapidil 4. adrenalina 5. noradrenalina 6. vasopressina 7. dobutamina 8. nitroglicerina 9. dopamina 69 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” 10. amiodarone (cordarone) 11. esmololo (brevibloc) 12. betametasone 13. salbutamolo spray ed endovena ( ventolin ) 14. beclometasone inalante ( Clenil) 15. ossitropio bromuro inalante (Atem ) 16. acido tranexamico ( tranex) 17. antitrombina terza 18. human complex ( fattori della coagulazione) 19. vitamina K 20. novoseven 21. magnesio solfato 22. calcio cloruro 23. potassio cloruro 24. sodio bicarbonato 70 Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 RISVEGLIO E DIMISSIONE DALLA SALA OPERATORIA La sala di risveglio è un’area nella quale vengono ammessi i pazienti provenienti dalla sala operatoria e ove rimangono fino al recupero della coscienza e alla stabilizzazione della funzione respiratoria e circolatoria. In questo ambiente, tranquillo ed accogliente, il paziente troverà del personale medico ed infermieristico specializzato e verrà tenuto sotto costante osservazione dei parametri vitali. In una realtà come la nostra, che non prevede sale di risveglio, l’assistenza al risveglio del paziente e la sua sorveglianza nell’immediato post-operatorio avvengono in sala operatoria. Il paziente al termine di un intervento chirurgico: • può presentare un parziale recupero delle attività psico-sensoriali, • può non essere completamente autonomo nei movimenti, • può essere portatore di presidi medico chirurgici come: - catetere venoso (centrale o periferico) - catetere vescicale - drenaggi (toracico, addominale, etc.) - sondino naso gastrico. L’ infermiere di anestesia e l’anestesista provvederanno a controllare: la pressione arteriosa l’attività cardiaca la funzione respiratoria: ossigenazione ( SpO2 con pulsiossimetro e colorito cutaneo), frequenza respiratoria, ampiezza e simmetria delle escursioni toraciche presenza di secrezioni orofaringee che andranno aspirate con un sondino la funzione neurologica (stato di coscienza, riflessi di protezione delle vie aeree quali tosse e deglutizione, orientamento temporo-spaziale, esecuzione di ordini semplici) la funzione neuromuscolare ( capacità di stringere la mano, alzare la testa, muovere gli arti) il colorito cutaneo (segni d'allarme possono essere un improvvisa cianosi o pallore cutaneo) 71 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 la pervietà ed il corretto funzionamento dei presidi applicati al paziente (catetere venoso e arterioso, catetere vescicale, drenaggi, sondino naso gastrico, dispositivi per la misurazione della PA cruenta, ecc…) la temperatura corporea la presenza di dolore, nausea, vomito, brivido la medicazione della ferita chirurgica la pulizia del paziente Sulle cartelle infermieristica e di anestesia, allegate alla cartella clinica, devono risultare registrati: - parametri vitali e sintomi registrati al risveglio e all’uscita del paziente dal blocco operatorio; - farmaci e infusioni praticati in fase di risveglio; - indicazioni per il reparto relative a monitoraggio, terapia antalgica post-operatoria ed eventuali terapie. Prima dell’uscita dalla sala operatoria è necessario effettuare i controlli del SIGN OUT della chek-list. L’ infermiere conferma ad alta voce: il tipo di procedura chirurgica registrata, il conteggio finale di garze, aghi e altro strumentario chirurgico la presenza o meno di un campione chirurgico con relativo contenitore, richiesta ed etichetta eventuali problemi con i dispositivi medici la presenza o meno di eventuali aspetti critici per la gestione dell’assistenza post operatoria la presenza di un piano per la profilassi tromboembolica la predisposizione di un trattamento antalgico post-operatorio CRITERI DI DIMISSIONE DEL PAZIENTE La dimissione dalla sala operatoria viene decisa dall’anestesista dopo aver verificato le condizioni del paziente. Il paziente può essere trasferito al reparto chirurgico di appartenenza, in Terapia intensiva o ad un’unità di ricovero breve (day hospital). I requisiti necessari per la dimissione sono: 72 paziente cosciente Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” paziente in grado di mantenere la pervietà delle vie aeree con Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 riflessi di deglutizione e tosse presenti parametri cardiocircolatori stabili assenza di depressione respiratoria assenza di sanguinamento in corso assenza di nausea e vomito adeguata analgesia Particolare attenzione va posta alla funzione neuromuscolare: un blocco neuromuscolare residuo può risultare molto pericoloso per l’insufficienza dei riflessi di tosse e deglutizione e conseguente rischio di inalazione e insufficienza respiratoria Esistono diversi sistemi di valutazione del grado di recupero e autonomia raggiunti dal paziente dopo l’intervento chirurgico Si possono usare scale a punteggio che: rendono obiettivi e confrontabili i rilievi; permettono di seguire il recupero delle funzioni vitali nel tempo; documentano la raggiunta stabilizzazione. Uno di queste è il sistema a punteggio di ALDRETE I parametri valutati da questa scala sono: lo stato di coscienza: pz non risvegliabile, risvegliabile dopo stimolazione dolorosa, pz sveglio; la funzione respiratoria: apnea, dispnea, polipnea, tosse; il colorito: cianotico, pallido, normale; la pressione arteriosa; l’attività motoria: assente, 2 arti per stimolo, 4 arti per stimolo, spontanea a 4 arti. Ad ogni funzione corrisponde un punteggio; il paziente viene valutato al risveglio, dopo 5 minuti e in seguito ogni 15 minuti sino alla completa stabilizzazione. La scala di Aldrete non tiene conto del dolore, della nausea, del vomito, della temperatura e di eventuali sanguinamenti. Tali parametri dovranno quindi essere documentati comunque in cartella. Prima del trasferimento del paziente dalla sala operatoria occorre: raccogliere tutta la documentazione trasferire sulla barella il paziente in maniera da evitare lesioni durante lo spostamento 73 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” controllare il corretto posizionamento di tutti i presidi medico-chirurgici presenti, evitando: - rimozione - occlusione - reflusso di materiale Per la sicurezza di ogni manovra è necessario l’intervento di più operatori. 74 Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 VALUTAZIONE E TRATTAMENTO DEL DOLORE Il dolore è il sintomo più comune di malattia e segnale di rischio di perdita dell’integrità psico-fisica. Si definisce dolore acuto post-operatorio qualsiasi dolore acuto persistente nel paziente chirurgico, dovuto alla malattia pre-esistente,all’ intervento chirurgico o alla combinazione tra la malattia pre-esistente e la procedura chirurgica effettuata. DETERMINANTI DEL DOLORE POST-OPERATORIO INTERVENTO CHIRURGICO: Sede Trauma chirurgico Anestesia Drenaggi, sondini, cateteri Autonomia alimentare Canalizzazione AMBIENTE: Informazione Preparazione Staff medico ed infermieristico Staff di supporto PAZIENTE: Età, sesso, soglia individuale del dolore Fattori socio-culturali, religiosi, etc… Un adeguato trattamento del dolore prevede un approccio multidisciplinare: anestesista chirurgo infermiere fisiatra farmacologo psicologo Il rilevamento dell’intensità del dolore post- operatorio viene fatto utilizzando la scala NRS: al paziente viene chiesto di attribuire un numero, da 0 a 10, al dolore che sta avvertendo ( 0 equivale ad assenza di dolore , 10 al peggior dolore immaginabile). 75 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 Premesso che l’OMS classifica l’intensità del dolore in lieve, moderata e grave, si può considerare che: i numeri, riferiti dal pz, compresi tra 0 e 4 corrispondano ad un dolore lieve. i numeri tra 5 e 7 ad un dolore moderato. i numeri tra 8 e 10 ad un dolore grave. Un adeguato trattamento del dolore post-operatorio non solo garantisce il comfort del paziente, ma ne migliora l’outcome, attraverso una più precoce mobilizzazione, con benefici effetti soprattutto respiratori. I farmaci prescritti ad orari precisi vanno somministrati comunque, anche se il paziente, al momento, non riferisce dolore. DOLORE LIEVE Il dolore lieve si associa solitamente ad una chirurgia minore ( es: artroscopia, ernia inguinale, safenectomia , TURP ). Trattamento farmacologico: bolo a fine intervento di Ketorolac 30 mg; nelle prime 48h Ketorolac 30mg x 3 /die; a richiesta Tramadolo 100mg bolo di Paracetamolo 1g ; nelle prime 48h paracetamolo 1g x 3 o 4 /die; a richiesta Tramadolo 100mg . DOLORE MODERATO Il dolore moderato si associa ad una chirurgia media (artroprotesi dell’anca, isterectomia, interventi di chir. maxillo-facciale, mastectomia radicale). Trattamento farmacologico: bolo a fine intervento di ketorolac 30mg +tramadolo 100mg; nelle prime 48h infusione continua di tramadolo 300mg+ ketorolac 60mg /die bolo a fine intervento di tramadolo 100mg+ Paracetamolo 1g; nelle prime 48h infusione continua di tramadolo 300mg/die + Paracetamolo 1g x3 /die DOLORE GRAVE Il dolore grave si associa ad interventi di chirurgia maggiore (artroprotesi di ginocchio, stabilizzazione di colonna, chirurgia laparotomica, toracotomia). Diversi sono gli approcci terapeutici. TECNICHE ANTALGICHE 76 analgesia ev con oppioidi analgesia peridurale PCA ev o peridurale Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 TERAPIA EV bolo ev fine intervento di morfina 0,1 mg/kg + paracetamolo 1 gr o ketorolac 30mg;nelle successive 48-72 ore morfina 0,3-0,6mg/kg/die + paracetamolo 1 gr x 3 o 4/die o ketorolac 30 mg x 3/die. ANALGESIA PERIDURALE Il posizionamento del catetere peridurale si effettua prima dell’induzione dell’anestesia generale, ed il livello varia a seconda della sede dell’ intervento chirurgico: torace T6 – T7 addome alto T7 – T8/ T8 – T9 addome basso T9 - T10/T10 – T11 prostatectomia L1 - L 2 arti inferiori L2 – L 3 Il catetere peridurale può essere utilizzato nell’intra-operatorio iniettando sia anestetici locali (ropivacaina/ levobupivacaina) che oppioidi (morfina/sufentanyl/ fentanyl) con risparmio degli stessi per via sistemica (anestesia blended) . Per controllare e modulare questo tipo di anestesia è consigliabile il monitoraggio invasivo della PA, per i possibili episodi ipotensivi. Questa tecnica, in particolare, favorisce: riduzione dello stress chirurgico; cardioprotezione; riduzione delle complicanze tromboemboliche; riduzione delle complicanze respiratorie; trattamento efficace del dolore post-operatorio senza l’uso di oppioidi per via endovenosa. più precoce ripristino della motilità gastro-intestinale attraverso l’inibizione di archi riflessi spinali (prevenzione dell’ileo paralitico). Nel post-operatorio viene collegato un elastomero contenente anestetico locale con o senza oppioide che viene mantenuto per 48/72 ore. ANALGESIA CON SPINALE SINGLE SHOT Quando in chirurgia laparoscopica il posizionamento di un catetere peridurale non è possibile o non è indicato ( coagulopatie), una soluzione alternativa è quella di praticare una anestesia spinale prima dell’induzione della narcosi. 77 Azienda Ospedaliera Nazionale “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” A livello di Quaderni dell’ospedale nr. 4/2013 L2 - L3 o L3 – L4 si inietta nello spazio subdurale anestetico locale (bupivacina iperbarica o levobupivacaina ( 12,5 mg ) e un basso dosaggio di morfina (0,2 -0,3 mg) (single shot). E’ OPPORTUNO STABILIZZARE IL LIVELLO DI ANESTESIA PRIMA DI PROCEDERE AD ALTRE MANOVRE. Questa tecnica permette di evitare oppioidi per via sistemica, durante la prima giornata quando il dolore è sovrapponibile a quello della chirurgia in aperto. In seconda e terza giornata la chirurgia laparoscopica è molto meno dolorosa e possono essere sufficienti somministrazioni di paracetamolo (1 gr per 3/ 4 ) ed eventualmente tramadolo 100 mg, se NRS uguale > 4. Il dolore della ferita chirurgica può essere controllato con una preventiva infiltrazione della cute con farmaci anestetici (levobupivacaina o ropivacaina). 78