Contratto di distribuzione e indennità di fine rapporto nel diritto

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Contratto di distribuzione e indennità di fine rapporto nel diritto
CONTRATTI E UNIONE EUROPEA•DISTRIBUZIONE
Contratto di distribuzione
e indennità di fine rapporto
nel diritto tedesco
di VALERIO SANGIOVANNI
La direttiva comunitaria sugli agenti commerciali stabilisce che l’agente, al verificarsi di certe condizioni,
ha diritto a un’indennità di fine rapporto. Il testo normativo europeo è stato attuato in tutti gli Stati membri, compresa la Germania. La persona che può pretendere questa indennità, secondo il diritto comunitario e quello tedesco, è l’agente. In Germania questo compenso viene tuttavia riconosciuto dalla giurisprudenza, al sussistere di specifiche condizioni, anche al distributore. Dopo aver delineato brevemente le differenze tra agente e distributore, in questo articolo si esamineranno i presupposti che - secondo i giudici
tedeschi - fanno sorgere in capo a quest’ultimo il diritto a ottenere l’indennità di fine rapporto.
Introduzione
L
a disciplina del contratto di agenzia è fortemente
influenzata dal diritto comunitario in quanto, con
la direttiva 86/653/CEE, ci si è dotati a livello europeo di una regolamentazione dettagliata della materia (1).
La direttiva comunitaria è stata attuata in tutti gli Stati
membri, compresa la Germania (2). La regolamentazione tedesca sugli agenti commerciali è contenuta nel codice di commercio (Handelsgesetzbuch, HGB (3)), e seNote:
(1) Direttiva del Consiglio del 18 dicembre 1986 relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali
indipendenti (86/653/CEE). Il testo della direttiva è riprodotto, per
esempio, in R. Baldi, Il contratto di agenzia, VII ed., Milano, 2001, 497 ss.;
F. Bortolotti, Manuale di diritto commerciale internazionale, III, Padova,
2002, 652 ss. In tema di normativa comunitaria sugli agenti commerciali cfr., in lingua italiana, E. Adobati, I. Giangrossi, Necessaria applicabilità
della normativa comunitaria in tema di contratto di agenzia indipendentemente
dalla legge che regola il contratto, in Dir. comm. int., 2001, 725 ss.; R. Baldi,
Le novità del contratto di agenzia per l’adeguamento alla direttiva CEE, in
questa Rivista, 1999, 5, 505 ss.; R. Baldi, La sentenza della Corte UE e il ruolo degli agenti di commercio, in questa Rivista, 1999, 1, 90 ss.; S. Bastianon,
L’agente «abusivo» e il diritto comunitario, in Resp. civ. prev., 1998, 1340 ss.;
F. Bortolotti, L’indennità di scioglimento del contratto di agenzia nella direttiva
europea e nelle leggi nazionali, in Contratto e impresa/Europa, 2001, 819 ss.;
V. Capuano, I limiti dell’armonizzazione delle legislazioni nazionali sugli agenti di commercio, in Dir. pubbl. comp. eur., 2003, 1431 ss.; G. Coscia, L’indennità per la cessazione del rapporto di agenzia fra diritto interno e diritto comunitario, in Dir. econ., 1999, 585 ss.; O. Fiumara, Sulla nozione di agente
commerciale, in Rass. avv. Stato, 2004, 489 s.; R. Foglia, Iscrizione all’albo
degli agenti di commercio e diritto comunitario, in Dir. lav., 2003, II, 50 ss.; R.
Franci, Agenti: l’a.e.c. si allinea all’Europa (e va oltre). Una ricognizione del
rapporto di agenzia, alla luce della nuova contrattazione collettiva, in Lavoro e
previdenza oggi, 2002, 625 ss.; A. Frignani, G. Rossi, Gli accordi di agenzia
nel diritto comunitario antitrust, alla luce della nuova disciplina delle restrizioni
verticali, in Dir. econ. assic., 2001, 711 ss.; A. Lepore, Un ulteriore caso d’estensione dell’efficacia diretta verticale delle direttive comunitarie: la liberalizzazione della figura dell’agente di commercio, in Dir. lav., 2000, II, 487 ss.; T.
Lomonaco, L’iscrizione dell’agente di commercio nello specifico ruolo previsto
dalla l. n. 204 del 1985, alla luce della direttiva n. 86/653/CEE, in Giur.
comm., 2003, II, 470 ss.; M. Marinelli, Il problematico dialogo tra giudice na-
zionale e giudice comunitario in tema di contratti stipulati da un agente non
iscritto all’albo, in Eur. dir. priv., 2002, 1037 ss.; G. Paganuzzi, In tema di
prevalenza delle norme comunitarie su quelle nazionali, in Riv. crit. dir. lav.,
2001, 77 s.; R. Pardolesi, Non è necessaria l’iscrizione dell’agente nell’albo per
la validità dei contratti di agenzia, in Foro it., 1998, IV, 193 s.; A. Pinto Monteiro, Il contratto di agenzia rivisitato. La direttiva CEE 86/653, in Rass. dir.
civ., 1996, 877 ss.; F. Pirelli, Nullità del contratto di (sub)agenzia per mancata iscrizione al ruolo del (sub)agente ed efficacia delle direttive comunitarie, in
Riv. crit. dir. lav., 2000, 766 ss.; R. Scorcelli, Un caso di applicazione diretta
delle direttive comunitarie e la fine del c.d. «agente abusivo», in Riv. crit. dir.
lav., 1999, 620 ss.; P. Simone, Principio di territorialità, diritto degli Stati terzi
e disciplina comunitaria sugli agenti commerciali, in questa Rivista, 2001, 5,
519 ss.; P. Simone, Mancata iscrizione dell’agente nel ruolo e primato del diritto comunitario, in questa Rivista, 2001, 1, 93 ss.; M. Sirri, R. Zavatta, I
rapporti di sub-agenzia e la disciplina comunitaria, in Corr. trib., 2000, 2022
ss.; E. M. Tripoli, Brevi note su una nuova pronuncia della Corte di giustizia
in tema di agenti di commercio, in Corr. giur., 2003, 6, 722 ss.; M. Turci, Le
norme sul trattamento di fine rapporto dell’agente commerciale hanno carattere imperativo, in Dir. maritt., 2002, 1232 ss.; L. Valente, Agente abusivo e
Corte di giustizia CE: un esempio di integrazione positiva tra diritto comunitario e diritto nazionale, in Riv. giur. lav. prev. soc., 2000, II, 95 ss.; A. Venezia, Gli strumenti contrattuali per le reti di vendita, Milano, 2004, 48 ss.; A.
Venezia, In tema di efficacia della direttiva sugli agenti commerciali: come volevasi dimostrare, in Dir. comunit. scambi comm., 2000, 585 ss.; A. Venezia,
Il ruolo degli agenti e l’efficacia delle direttive comunitarie, in questa Rivista,
1999, 11, 1056 ss.
(2) Sulla disciplina tedesca dell’agenzia cfr., in lingua italiana, P. Kindler,
La direttiva comunitaria sugli agenti commerciali: un primo bilancio nel confronto tra Italia e Germania, in Riv. dir. civ., 2002, II, 235 ss. (traduzione di
S. Troiano); P. Kindler. L’indennità di fine rapporto spettante all’agente di
commercio nel diritto tedesco. Origine dell’istituto, principi generali e casistica
giurisprudenziale, in Giur. comm., 1995, I, 806 ss.; V. Sangiovanni, Il concetto di «agente commerciale» nel diritto tedesco, in Riv. dir. priv., 2005, 327
ss.; V. Sangiovanni, Il patto di non concorrenza postcontrattuale tra preponente e agente nel diritto tedesco, in Contratto e impresa/Europa, 2004, 121 ss.
(articoli ai quali sia consentito il rinvio). Una traduzione di P. Kindler
delle rilevanti disposizioni del codice di commercio tedesco può essere
letta in Giur. comm., 1995, I, 879 ss.
(3) In questo articolo si fa uso delle seguenti abbreviazioni della terminologia giuridica tedesca: BB: Betriebs-Berater [rivista]; BGH: Bundesgerichtshof (Corte di cassazione federale); DB: Der Betrieb [rivista]; HGB: Handelsgesetzbuch (codice di commercio); LG: Landgericht (tribunale); MDR:
Monatsschrift für Deutsches Recht [rivista]; NJW-RR: NJW-Rechtspre(segue)
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gnatamente nei §§ 84-92c HGB (4). L’attuazione in
Germania si è rivelata relativamente semplice considerando che in questo Paese vi era da lungo tempo un’apposita normativa in materia di agenzia. Anzi: il legislatore comunitario si è ampiamente ispirato proprio al modello tedesco nel predisporre la direttiva.
In questo articolo si affronta un argomento di grande rilevanza pratica. Il § 89b HGB stabilisce che l’agente, alla cessazione del rapporto, può pretendere dal preponente una congrua indennità. Molte delle controversie che
sorgono in materia di agenzia riguardano proprio l’applicazione di questa disposizione. Al termine del rapporto
contrattuale può infatti capitare che il preponente ritenga non sia dovuta alcuna indennità oppure può succedere che il produttore sia dell’opinione che essa sia dovuta
in misura inferiore a quanto richiesto dalla controparte
contrattuale. La complessità dei presupposti legislativi
che fondano il diritto a ottenere questo compenso porta
a frequenti liti. Il § 89b HGB viene ritenuto da dottrina
e giurisprudenza applicabile in via analogica al distributore. È su questa specifica materia che ci si sofferma nel
presente lavoro.
L’argomento è di interesse anche per il giurista e l’operatore italiani. Le disposizioni tedesche sul contratto di
agenzia (e sul contratto di distribuzione) possono trovare applicazione anche dinanzi ai giudici del nostro Paese.
Le imprese germaniche che importano in Italia si avvalgono generalmente di agenti/distributori italiani. La presenza in loco è infatti di grande importanza al fine di sviluppare il mercato. Inoltre la padronanza della lingua costituisce uno strumento indispensabile per vendere bene
in un Paese straniero. Le imprese tedesche che operano
in Italia tramite agenti/distributori italiani preferiscono
generalmente sottoporre il contratto al diritto germanico. Questa scelta rende più sicuri i preponenti/produttori, perché li mette al riparo da eventuali sorprese che il
contenuto della legge straniera potrebbe riservare. Si
tenga presente che le imprese, al fine di massimizzare il
proprio ritorno economico, tendono a distribuire le merci ovunque ciò sia lucrativo. Capita quindi spesso che
una società distribuisca i propri prodotti in numerosi
Paesi stranieri. Ciò comporta gravi problemi di certezza
del diritto, nel senso che l’impresa tedesca - che tratta
con agenti/distributori che operano in Stati diversi - si
trova ad affrontare contesti normativi del tutto differenti. Per risolvere alla fonte questo problema, le società
predispongono spesso un unico contratto di agenzia/distribuzione assoggettato al diritto tedesco e da utilizzarsi
nel rapporto con le controparti contrattuali in tutto il
mondo. Normalmente le imprese hanno un potere maggiore rispetto a chi cura la distribuzione dei loro prodotti (5). Esse hanno quindi gioco facile nel decidere se un
contratto scritto debba essere stipulato e, in caso affermativo, di darvi i contenuti che preferiscono. La scelta
di fondo attuata da molte imprese tedesche è quella d’insistere per l’applicazione del diritto germanico.
Di conseguenza può capitare che il giudice italiano,
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chiamato a risolvere una controversia tra un preponente
tedesco e un agente italiano (oppure tra un produttore
tedesco e un distributore italiano) in materia d’indennità di fine rapporto, si trovi ad applicare il diritto germanico. Data l’importanza degli scambi commerciali tra
l’Italia e la Germania non si tratta poi di un’evenienza
così rara. Questo scritto mira a informare sui contenuti
della normativa tedesca. Il giudice italiano è tenuto d’ufficio a ricercare il contenuto della legge straniera applicabile (art. 14, primo comma, Legge n. 218/1995). Ma
ciò non è affatto facile. Vi possono ostare difficoltà linguistiche e problemi di reperimento in Italia di testi normativi, di giurisprudenza e di dottrina. Senza contare il
fatto che leggi, giurisprudenza e dottrina sono in continua evoluzione. In realtà quindi il giudice è posto dinanzi a un compito improbo. Egli deve decidere la controversia che gli viene sottoposta e, nel fare questo, deve dare applicazione alla legge straniera. Ma come si può pretendere che il giudice conosca tutti i diritti applicabili e
tutte le lingue del mondo? Questo articolo si augura di
dare un piccolo contributo informativo su una tematica
di grande rilevanza pratica.
La definizione legislativa di agente
N
el diritto tedesco è previsto espressamente che
l’indennità di fine rapporto spetta all’agente
commerciale (Handelsvertreter). La normativa
germanica definisce questa figura. Il § 84 primo comma
HGB stabilisce che è agente commerciale chi, in qualità
di intermediario indipendente, è incaricato in maniera
permanente d’intermediare negozi per un preponente
oppure di concluderli in suo nome. È indipendente colui
che può organizzare la propria attività e determinare i
propri orari di lavoro in maniera sostanzialmente libera.
Il § 84 comma 2 HGB specifica che chi, senza essere indipendente ai sensi del comma 1, è incaricato in manieNote:
(segue nota 3)
chungs-Report [rivista]; OLG: Oberlandesgericht (corte d’appello); RIW:
Recht der Internationalen Wirtschaft [rivista]; VersR: Versicherungsrecht [rivista]; WM: Wertpapier-Mitteilungen [rivista] WRP: Wettbewerb in Recht und
Praxis [rivista]; ZPO: Zivilprozessordnung (codice di procedura civile).
(4) Per un’introduzione in lingua italiana al codice di commercio tedesco
cfr. K. Schmidt, Il codice commerciale tedesco: dal declino alla ricodificazione
(riflessioni sulla riforma del HGB), in Riv. dir. civ., 1999, I, 711 ss.
(5) Come osservano correttamente J. Ensthaler, D. Gesmann-Nuissl, M.
Stopper, Ausgleichsanspruch des Kfz-Vertragshändlers für drittbestimmte Investitionen und den Kundenstamm bei ordentlicher Kündigung oder Herabstufung, in DB, 2003, 257, il maggiore potere contrattuale dei
preponenti/produttori è ascrivibile anche al fatto che il ruolo di agente/distributore è maggiormente intercambiabile. Il numero di produttori
è generalmente piuttosto limitato, mentre quello dei potenziali distributori è molto più ampio. L’impresa ha quindi la possibilità di scegliere tra
più collaboratori per gestire la propria distribuzione. Allo stesso modo il
preponente/produttore, alla cessazione del rapporto, ha una certa facilità
a sostituire l’agente/distributore con un altro. Ciò non vale nel caso contrario. All’interruzione della relazione contrattuale l’agente/distributore
potrebbe avere una certa difficoltà a riposizionarsi sul mercato trovando
una nuova impresa che gli metta a disposizione i beni da distribuire.
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ra permanente d’intermediare negozi per un imprenditore oppure di concluderli in suo nome va considerato dipendente.
Un’importante osservazione preliminare è che per stabilire se un certo soggetto debba essere qualificato come
agente commerciale non ha rilievo la terminologia utilizzata dalla parti. I contraenti non hanno il potere di qualificare arbitrariamente il rapporto che intercorre tra di esse. La qualificazione della relazione va invece effettuata
secondo criteri oggettivi. Occorre quindi fare riferimento
alla struttura contrattuale posta in essere e, soprattutto, a
come il rapporto tra i contraenti si realizza concretamente. Le parti non hanno il potere di escludere l’applicazione dei §§ 84-92c HGB quando la relazione è da qualificarsi come agenzia. Un interesse alla mistificazione può
sussistere in capo al preponente. Questi, dotato normalmente di maggiore potere contrattuale ed economico,
preferisce una qualificazione della relazione che diminuisca le tutele stabilite dalla legge a vantaggio della controparte. Se i contraenti disponessero del potere di determinare in modo insindacabile (e quindi valido anche per il
giudice) l’esatta natura del rapporto, sarebbe agevole per
la parte più forte escludere l’applicazione delle norme in
materia di agenzia a sfavore dell’altro. Si potrebbe in particolare tentare di evitare il pagamento dell’indennità,
camuffando il contratto di agenzia con qualche altro tipo
contrattuale che non ne prevede il pagamento.
Va fatta un’ulteriore notazione di carattere preliminare
che tornerà utile al cortese lettore nel prosieguo di questo scritto: il contratto di agenzia (ma lo stesso vale per
quello di distribuzione) non richiede, nel diritto tedesco,
l’osservanza di forme particolari. Si tratta di un tipo contrattuale che può venire ad esistenza per effetto del solo
comportamento posto in essere dai contraenti. Quando
le modalità con cui si realizza il rapporto soddisfano tutti i presupposti richiesti dalla legge, può affermarsi l’esistenza di un relazione preponente/agente anche quando
non vi è stata espressa pattuizione sul punto. Se una delle parti avanza pretese nei confronti dell’altra asserendo
sussistere un contratto di agenzia, il giudice ricostruisce
le modalità con le quali si è sviluppato il rapporto. La
constatazione della presenza di tutti gli elementi che
concorrono a formare la definizione di agente consente
alla corte di applicare i §§ 84-92c HGB, compresa la disposizione che attribuisce l’indennità.
L’assenza di una definizione legislativa
di distributore
N
el diritto tedesco manca non solo una definizione legislativa di «contratto di distribuzione»,
bensì anche una definizione di «distributore»
(Vertragshändler). Più in generale giova osservare come
la Germania non regoli espressamente il contratto di distribuzione. Ci si trova così di fronte a un contratto atipico (o «contratto innominato», «Innominatvertrag»),
cui trovano applicazione le disposizioni generali in materia di contratto. La vicinanza con il tipo contrattuale
«agenzia» consente tuttavia l’applicazione analogica di
alcune delle norme previste dal legislatore tedesco per
gli agenti. È quindi utile soffermarsi brevemente sulle caratteristiche che accomunano agente e distributore e su
quelle che li differenziano. Se è vero che non esiste una
nozione legislativa di distributore, è altrettanto vero che
- nel corso degli anni - una copiosa giurisprudenza ha
contribuito a definire gli elementi che lo contraddistinguono dall’agente.
Dal punto di vista economico l’attività del distributore
consiste nell’acquistare i beni dal produttore per poi venderli a compratori finali (6). L’acquisto dall’impresa e la
vendita al cliente sono effettuate dal rivenditore in nome
e per conto proprio (7). Ecco qui una prima differenza
con il contratto di agenzia. L’agente si limita a intermediare il contratto tra il preponente e il cliente così che la
compravendita viene posta in essere tra questi due soggetti. L’agente non è parte del contratto. Il distributore è
invece parte del contratto con il compratore finale.
Nel contratto di agenzia viene posto in essere un solo
rapporto di compravendita, tra preponente e cliente finale. Nel contratto di distribuzione, invece, vi sono due
serie di compravendite: una prima relazione caratterizzata da una serie di compravendite tra produttore e distributore e una seconda relazione caratterizzata da più
compravendite tra distributore e clienti finali. Il primo
rapporto, per le sue caratteristiche di continuità (serie di
compravendite sempre tra gli stessi soggetti: produttore e
distributore), va qualificato come distribuzione.
Caratteristica in comune tra agenzia e distribuzione è la
continuità del rapporto. Non è sufficiente che un soggetto acquisti un bene per rivenderlo affinché sorga un
Note:
(6) Tra i principali contributi in lingua italiana sul diritto tedesco della
compravendita cfr. C. Abatangelo, Sostituzione di bene viziato e contrattazione di cosa specifica: i termini della questione nel diritto tedesco e nel pensiero
giuridico italiano, in Riv. dir. civ., 2004, II, 635 ss.; M. Bianca, La nuova disciplina della compravendita: osservazioni generali, in La riforma dello Schuldrecht tedesco: un modello per il futuro diritto europeo delle obbligazioni e dei
contratti?, a cura di G. Cian, Padova, 2004, 179 ss.; S. Grundmann, La
nuova disciplina della compravendita: la violazione dell’impegno contrattuale,
in La riforma dello Schuldrecht tedesco: un modello per il futuro diritto europeo delle obbligazioni e dei contratti?, a cura di G. Cian, Padova, 2004, 187
ss.; S. Grundmann, La disciplina della vendita dopo la riforma dello «Schuldrecht» in Germania - Da un ius commune romano a un ius commune americano-europeo?, in Annuario di diritto tedesco 2002, Milano, 2003, 77 ss.
(trad. di S. Buchberger); A. Janssen, I termini della direttiva 1999/44/CE e
il loro recepimento nel diritto tedesco con particolare riguardo alla Convenzione
di Vienna sulla vendita internazionale, in Contratto e impresa/Europa, 2004,
877 ss.; H.-W. Micklitz, Riforma della vendita e tutela del consumatore, in
Contratto e impresa/Europa, 2004, 860 ss.; I. Saenger, I fondamenti della
nuova vendita tedesca, in Contratto e impresa/Europa, 2004, 834 ss.; V. Sangiovanni, Contratto di compravendita e riserva di proprietà nel diritto tedesco,
in questa Rivista, 2005, 5, 511 ss. (cui sia consentito rinviare); K. Schmidt, Il diritto di regresso del venditore finale nella compravendita di beni di
consumo: teoria e prassi, in La riforma dello Schuldrecht tedesco: un modello per il futuro diritto europeo delle obbligazioni e dei contratti?, a cura di G.
Cian, Padova, 2004.
(7) Cfr. D. Kocher, Analoge Anwendung des Handelsvertreterrechts auf Vertragshändler in Europa, in RIW, 2003, 512.
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contratto di distribuzione. Occorre invece che la relazione si caratterizzi per una certa continuità nel tempo.
Questo elemento della stabilità è comune con la figura
dell’agente (8). La continuità della relazione implica un
certo livello d’inserimento nella rete di vendita del preponente/produttore.
Il distributore, diversamente dall’agente, si accolla il rischio di non riuscire a vendere i beni acquistati. Nell’ipotesi - infatti - in cui non riesca a trovare un acquirente, egli perde la somma investita nell’acquisto della merce. Nel caso dell’agenzia, invece, questo rischio non sussiste perché - nell’evenienza di una mancata conclusione del contratto tra preponente e cliente - l’agente perde solo il diritto alla provvigione. Il bene rimane di proprietà dell’impresa. Un discorso analogo va fatto per
quanto riguarda il rischio che il cliente finale non paghi.
Nel contratto di distribuzione il cliente è del distributore e se l’acquirente non paga il rivenditore non consegue
il prezzo. Nel contratto di agenzia, invece, il cliente è del
preponente e se il compratore non paga è l’impresa a
non ottenere il prezzo (mentre l’agente si limita a non
percepire la provvigione).
Il beneficio economico del distributore è di natura diversa dalla provvigione che viene percepita dall’agente
in base al contratto di agenzia (9). Egli guadagna perché
rivende i prodotti a un prezzo maggiore rispetto a quello
di acquisto. Nel caso di un automobile, per esempio, con
un prezzo di listino di 20.000 euro, il distributore può ottenerla dal produttore - si supponga - a 18.000 euro. I
2.000 euro di differenza costituiscono il guadagno del rivenditore. È diverso anche il soggetto che corrisponde il
compenso. All’agente il compenso viene pagato dal preponente, mentre nell’ipotesi di contratto di distribuzione il guadagno viene corrisposto dal cliente finale.
Il contratto di agenzia è quindi diverso da quello di distribuzione sotto diversi profili. Quest’ultimo può tuttavia presentare caratteri di forte somiglianza con l’agenzia. La giurisprudenza ritiene che, al sussistere di certe
condizioni, la posizione del distributore possa essere assimilata a quella dell’agente. Quando un esame complessivo della struttura contrattuale e della concreta attuazione della relazione fa ritenere che il distributore abbia
assunto una posizione simile a quella dell’agente, risultano applicabili analogicamente le disposizioni in materia
di agenzia (10). La più importante tra le norme che possono applicarsi in via analogica è quella relativa all’obbligo di corrispondere l’indennità di fine rapporto. È su
questo aspetto che ci si sofferma nel prosieguo.
La fine del rapporto quale presupposto
del diritto all’indennità
P
er ottenere l’indennità di fine rapporto è necessario innanzitutto che il contratto di agenzia (o di distribuzione) sia cessato. Con la terminazione della
relazione l’agente (o il distributore) cessa di ottenere
quei guadagni che prima poteva invece conseguire. L’indennità costituisce una forma di compenso sostitutivo di
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questi mancati profitti. Il preponente/produttore al contrario, se rimane a operare sul mercato avvalendosi di altre reti distributive, continua a trarre vantaggio dal portafoglio clienti dell’ex agente/distributore.
Segue: a) la rilevanza del soggetto
da cui proviene la disdetta
N
ella prassi le situazioni di fatto che determinano
la cessazione del contratto di distribuzione possono essere del tutto diverse le une dalla altre.
Rilievo ha in particolare il soggetto da cui proviene la disdetta.
Quando il contratto di distribuzione viene disdettato dal
produttore, sussiste il diritto del distributore di ottenere
l’indennità di fine rapporto. Il § 89, terzo comma, n. 2
HGB specifica tuttavia che la pretesa non è dovuta
quando il preponente disdetta il rapporto contrattuale
per un importante motivo ascrivibile al comportamento
colpevole dell’agente.
Anche quando il contratto viene risolto consensualmente sussiste il diritto del distributore di ottenere l’indennità di fine rapporto. La giurisprudenza ritiene che l’accordo dei contraenti con il quale si pone fine al rapporto
non osta al riconoscimento di questo emolumento. Se si
raggiunge il consenso, non ha rilievo il soggetto da cui
parte l’iniziativa di risolvere il contratto. Potrebbe quindi trattarsi anche del distributore (11).
Quando il contratto di distribuzione viene disdettato dal
distributore, questi non può invece pretendere l’indennità
di fine rapporto. Il § 89b terzo comma n. 1 HGB stabilisce infatti che questo tipo di pretesa non sussiste quando
l’agente ha disdettato il rapporto contrattuale, a meno
che il comportamento posto in essere dal preponente abbia dato causa in modo fondato a tale disdetta. Con questa disposizione si vuole evitare che l’agente abbia il potere di obbligare il preponente a far proprio il portafoglio
clienti e a pagare la relativa indennità. Anche questa
norma è applicabile in via analogica al distributore.
Segue: b) il caso particolare del regolamento
comunitario n. 1400/2002
L
a questione del soggetto da cui proviene la disdetta del contratto è stata oggetto di recenti decisioni
giurisprudenziali. Si tratta di pronunce che trovano la propria origine nell’emanazione del regolamento
Note:
(8) Nel diritto italiano sull’elemento della stabilità merita di essere letta
Cass., sentenza dell’8 febbraio 1999, n. 1078, in questa Rivista, 1999, 1016
ss., con ampia nota di A. Maniàci.
(9) Cfr. OLG Saarbrücken, sentenza del 5 febbraio 2003, in VersR, 2004,
195 ss. Questa sentenza è riprodotta anche in NJW-RR, 2003, 900 ss.
(10) In questo senso espressamente, per esempio, OLG Köln, sentenza
del 15 novembre 2002, in VersR, 2003, 105 s.
(11) C. Ulrich, Der Ausgleichsanspruch des Vertragshändlers, in Handbuch
des Vertriebsrechts, a cura di M. Martinek, F.-J. Semler, S. Habermeier, II
ed., München, 2003, 438 s.
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comunitario n. 1400/2002 (12). Questo testo normativo
ha modificato profondamente la disciplina europea degli
accordi che incidono sulla concorrenza nel settore automobilistico. Di fatto esso ha imposto ai produttori di autoveicoli di adattare i propri contratti di distribuzione alla nuova regolamentazione entro il 30 settembre 2003.
Se le case produttrici non adeguano i testi contrattuali al
mutato regime legislativo, è elevata la probabilità di
clausole in contrasto con il diritto comunitario. Certe limitazioni alla concorrenza, tollerate nel sistema normativo previgente, non lo sono più con la nuova disciplina.
I vecchi contratti, adottati sulla base della regolamentazione precedentemente in vigore, rischiano pertanto di
contenere clausole anticoncorrenziali non più conformi
al nuovo assetto legislativo. Dal punto di vista civilistico, quindi, singole clausole contrattuali (o addirittura
l’intero contratto) potrebbero risultare nulle per contrasto con il diritto comunitario. La Commissione inoltre accertata la violazione - può applicare multe ai contraenti, d’importo anche consistente (13). Produttori e
distributori di automobili si sono quindi recentemente
trovati dinanzi a una situazione del tutto particolare. Se
non avessero concordato opportune modifiche contrattuali, i contratti sarebbero diventati nulli (in parte e forse in toto). Inoltre entrambi i partner sarebbero stati
esposti all’applicazione di multe da parte delle autorità
comunitarie. Onde far fronte a questa situazione eccezionale alcuni produttori di automobili hanno disdettato
i precedenti contratti e hanno sottoposto ai distributori
nuovi testi contrattuali adattati al regime normativo sopravvenuto.
In un caso deciso dal Tribunale di Francoforte sul Meno
il produttore di automobili sottopose al distributore un
testo contrattuale che avrebbe dovuto sostituire il precedente (14). Il nuovo contratto era stato predisposto al
fine di adeguare quello precedentemente vigente alle
novità introdotte dal regolamento n. 1400/2002. Il distributore si rifiutò di sottoscrivere questo secondo testo
contrattuale. Il Tribunale di Francoforte decide che il rifiuto di sottoscrivere il nuovo contratto comporta la
perdita del diritto all’indennità di fine rapporto. Il giudice ritiene che il rifiuto di firmare vada equiparato a
una disdetta da parte del distributore che non attribuisce il compenso finale (15). L’impresa è infatti «costretta» a rinnovare il contratto per evitare la nullità dello
stesso e l’applicazione di multe. Il Tribunale è dell’opinione che le modifiche contrattuali che il produttore
aveva proposto non erano motivate da un tentativo di
peggiorare unilateralmente la posizione del distributore,
bensì dalla sola esigenza di adeguare il contratto alla
nuova situazione normativa. L’obiettivo del produttore
non era quello di cessare la cooperazione con il rivenditore, al quale invece era stato offerto un nuovo contratto. Il distributore avrebbe quindi potuto continuare
normalmente la propria attività, persistendo nel trarre
vantaggio dal proprio portafoglio clienti e senza perdere
gli investimenti effettuati per creare e gestire la rete di
vendita. In sostanza la scelta di disdettare proviene dal
rivenditore (che può continuare il rapporto, ma non lo
fa) e non dal produttore (che è invece costretto a cambiare il contratto per dare corretta attuazione alla nuova normativa europea).
La dottrina ritiene che, di norma, il distributore non
debba accettare un nuovo testo contrattuale proposto
dal produttore. Il primo contratto sottoscritto dai contraenti è infatti vincolante per le parti. Una modificazione di parte del o di tutto il testo contrattuale richiede il
consenso di entrambi. Se il distributore non è d’accordo
con le proposte di variazione può legittimamente rifiutare la sottoscrizione del nuovo contratto. Se - a questo
punto - il produttore ritiene di disdettare il rapporto, il
rivenditore può pretendere l’indennità di fine rapporto.
Nel caso affrontato dal Tribunale di Francoforte sul Meno, tuttavia, la modificazione del contratto era dovuta a
una causa di natura superiore, segnatamente le novità legislative introdotte dal regolamento n. 1400/2002. In sostanza il giudice mette l’accento sul fatto che le variazioni contrattuali erano necessarie ai fini di un adattamento alla nuova legge. Il regolamento n. 1400/2002 ha apportato modifiche legislative di tale portata che i contratti adottati in base alla normativa previgente risultavano inadeguati. Senza un opportuno adattamento, alcune clausole sarebbero diventate nulle. I contratti contenevano infatti usualmente delle limitazioni alla concorrenza non più conformi a legge alla luce del regolamento n. 1400/2002. Vi sarebbe stato inoltre il rischio di
una nullità totale. Attraverso la sostituzione del vecchio
contratto si allineano invece le pattuizioni contrattuali
al nuovo assetto legislativo. Chi non avesse adattato sarebbe inoltre potuto incorrere in multe per violazione
della normativa posta a tutela della concorrenza.
In definitiva occorre confrontare il nuovo testo contrattuale con quello precedentemente in forza. Se le modificazioni sono semplici adattamenti resisi necessari dalla
Note:
(12) Sul regolamento n. 1400/2002 v., per limitarsi a contributi in lingua
italiana, F. Bortolotti, Distribuzione selettiva ed esclusiva nel regolamento
1400/2002: verso una nuova configurazione del concessionario di autoveicoli,
in Contratto e impresa/Europa, 2003, 71 ss.; A. Droandi, La nuova disciplina comunitaria sulla distribuzione di autoveicoli: background e nuove prospettive aperte dal regolamento CE 1400/02, in Contratto e impresa/Europa,
2002, 1231 ss.; P. Mengozzi, Il regolamento 1400/2002 e le vie seguite dalla
Commissione per la tutela della concorrenza nel settore automobili, in Contratto e impresa/Europa, 2003, 1 ss.; T. Salonico/G. L. Zampa, Il regolamento 1400/2002: esenzione antitrust o regolazione di settore, in Contratto e impresa/Europa, 2003, 100 ss.; P. Troianiello, Il sistema delle garanzie nelle importazioni parallele di autoveicoli, in Rass. dir. civ., 2003, 532 ss.
(13) Secondo quanto riportato da J. Schönbohm, Die Anpassung des KfzVertriebs an die Vorausssetzungen der neuen Kfz-GVO 1400/2002, in WRP,
2004, 695, nell’ottobre del 2001 la Commissione ha applicato una multa
di 72 milioni di euro nei confronti di DaimlerChrisler e nel gennaio 1998
una sanzione di 102 milioni di euro a Volkswagen.
(14) LG Frankfurt am Main, sentenza del 20 ottobre 2004, in WRP,
2004, 1506 ss., con nota di D. Wendel.
(15) In questo senso anche W. Stumpf, A. Ströbl, Der Ausgleichsanspruch
eines Kfz-Vertragshändlers, in MDR, 2004, 1210 s.
I CONTRATTI N. 2/2006
183
CONTRATTI E UNIONE EUROPEA•DISTRIBUZIONE
variazione dell’assetto legislativo, è accettabile pretendere dal distributore che sottoscriva il nuovo contratto
(16). Altrimenti il rivenditore costringe il produttore a
pagare un’indennità di fine rapporto quale conseguenza
di un fatto (le modifiche legislative) del tutto indipendente dalla volontà dell’impresa. Se, invece, il nuovo testo contrattuale peggiora la posizione del distributore anche dove ciò non è imposto dalla nuova normativa, allora questi può rifiutarsi di sottoscrivere (17).
Segue: c) gli effetti della nullità
del contratto di distribuzione
L
a contrarietà di parti di un contratto di distribuzione al diritto comunitario comporta nullità delle
relative pattuizioni. L’invalidità concerne le singole clausole che violano le disposizioni europee. Il mancato adattamento al regolamento n. 1400/2002 potrebbe
tuttavia comportare la nullità non solo di specifiche pattuizioni, ma dell’intero contratto. Le modalità di estensione della invalidità di singole clausole al complessivo
assetto contrattuale sono regolate dal diritto nazionale
applicabile al contratto (18). Nell’ordinamento tedesco
la nullità di singole pattuizioni rende nullo l’intero contratto, salvo che si debba assumere che il negozio giuridico sarebbe stato posto in essere anche senza la parte nulla (§139 BGB).
Quando la nullità di una o di alcune clausole inficia l’intero contratto, si pone l’ulteriore problema se questa forma d’invalidità abbia conseguenze sull’indennità di fine
rapporto (19). Secondo un’opinione, se l’intero contratto risulta nullo il distributore non può far valere alcuna
pretesa. La nullità non sarebbe infatti equiparabile a uno
dei casi di cessazione del rapporto ai quali la legge lega
l’indennità. Questo principio dovrebbe, in ogni caso, valere quando viene proposta la sostituzione del vecchio
contratto con uno nuovo. La relazione contrattuale può
infatti continuare, se solo il distributore vuole, e non si
può parlare di «fine» del rapporto. Il rivenditore può continuare a gestire il portafoglio clienti e a trarne vantaggio,
senza perdere gli investimenti effettuati. Secondo una diversa opinione, invece, la nullità del contratto non si riflette in alcun modo sulle questioni relative all’indennità,
che rimane così dovuta. La giurisprudenza ha affermato
che la nullità per violazione di norme poste a presidio della libera concorrenza non esclude la possibilità per il distributore di far valere il diritto alla retribuzione finale. A
tal fine è naturalmente necessario che ricorrano gli altri
presupposti cui è legato il riconoscimento dell’indennità.
Occorre in particolare che il produttore possa trarre in futuro vantaggio dalla clientela del distributore.
Note:
(16) Cfr. J. Schönbohm, op. cit., 698 s.
(17) Cfr. B. von Linstow, GVO 1400/02 und Ausgleichsanspruch des KfzVertragshändlers, in WRP, 2005, 32 s.
(18) In questo senso J. Schönbohm, op. cit., 696. In giurisprudenza v.
OLG München, sentenza del 26 febbraio 2004, in BB, 2004, 798 s.
(19) Cfr. J. Schönbohm, op. cit., 698; B. von Linstow, op. cit., 33, anche
per gli opportuni riferimenti alla giurisprudenza.
(20) D. Kocher, op. cit., 514 s; J. Schönbohm, op. cit., 698. OLG München, sentenza del 20 dicembre 2002, in NJW-RR, 2003, 537 s.
L’inserimento nella rete di vendita
(21) In questo senso OLG Köln, sentenza del 15 novembre 2002, in VersR, 2003, 106.
er l’applicazione analogica della disposizione che
attribuisce all’agente l’indennità di fine rapporto
non basta che la relazione tra produttore e distributore consista in un semplice acquisto della merce al fine di rivenderla sul mercato. Non è nemmeno sufficien-
(22) L’OLG München, sentenza del 20 dicembre 2002, in NJW-RR,
2003, 537 s., ha affermato che il distributore non era inserito nella rete di
vendita del produttore in un caso in cui il primo non aveva l’obbligo di
acquistare dal secondo. La libertà di scegliere i fornitori esclude l’assimilazione al contratto all’agenzia e la conseguente possibilità di pretendere
l’indennità di fine rapporto.
P
184
te che sia intercorsa una serie di compravendite. Occorre invece che il distributore sia profondamente inserito
nella rete di vendita dal produttore (20). È necessario
che sussistano degli accordi per effetto dei quali si verifica un inserimento nel sistema distributivo dell’impresa
che presenta caratteri di tale integrazione per cui, da un
punto di vista economico, il rivenditore svolge compiti
simili a quelli dell’agente. Per stabilire se il distributore è
integrato nella rete di vendita del produttore bisogna
avere riguardo al contratto di cui si avvalgono le parti e
a come il rapporto contrattuale viene di fatto eseguito. È
necessario insomma effettuare una valutazione complessiva di tutte le circostanze del caso.
Esaminando l’ampia giurisprudenza che si è formata in
materia si ricavano le circostanze che sono indicative del
fatto che il distributore è integrato nella rete di vendita
del produttore. L’attribuzione di una zona in cui operare
costituisce una limitazione della libertà e concorre a dimostrare che il rivenditore è inserito stabilmente nella
struttura distributiva dell’impresa (21). La previsione di
un’esclusiva che obbliga a comprare solo dal produttore
lega in modo particolare i due partner contrattuali (22).
L’espresso divieto di svolgere attività concorrenziale imposto al distributore è indice della profondità della relazione intercorrente tra i contraenti. Il fatto che il rivenditore debba seguire le direttive del produttore relativamente alle strategie di vendita (per esempio stabilendo i
prezzi) indica che il rapporto contrattuale è assimilabile
a quello intercorrente con un agente. L’utilizzo del marchio dell’impresa è un altro indice della forza del legame
tra i due partner contrattuali. L’obbligo del distributore
di acquistare certi quantitativi di merce dal produttore è
indicativo di una forte relazione tra i due soggetti. Più in
genere il diritto della casa produttrice di controllare l’attività del rivenditore è indicativa di mancanza di libertà.
Si pensi alla possibilità di accedere agli uffici e ai magazzini del distributore oppure d’ispezionarne la documentazione oppure all’obbligo di relazionare sull’attività
svolta. Questo elementi, elencati in via esemplificativa,
I CONTRATTI N. 2/2006
CONTRATTI E UNIONE EUROPEA•DISTRIBUZIONE
testimoniano che il produttore limita la libertà del proprio partner contrattuale.
Il contratto di distribuzione lascia (o dovrebbe lasciare)
maggiori spazi di libertà di quanto avviene nel rapporto di
agenzia. Dall’altro lato il distributore deve convivere con
costi e rischi maggiori. Il distributore dispone di un proprio capitale più frequentemente di quanto non avvenga
nel caso dell’agente. I costi di gestione di un rapporto di
distribuzione tendono inoltre a essere più alti di quelli necessari per porre in essere una relazione di agenzia. Il distributore, diversamente dall’agente, deve comprare prima di poter vendere. L’agente - invece - non ha necessità
di comprare, perché poi non vende: egli si limita infatti a
intermediare il contratto. Il profilo di rischio del distributore è certamente più elevato. Il pericolo maggiore è
quello di non riuscire a vendere i prodotti acquistati. Il
costo affrontato per gli acquisti diventa così una perdita.
Il distributore, inoltre, corre altri rischi. Si pensi alla necessità di ottenere finanziamenti. Mentre l’agente si limita a intermediare contratti, guadagnando così la provvigione, il distributore può avere bisogno di procurarsi i
mezzi per comprare i beni che poi rivende. Queste disponibilità finanziarie possono essere ricavate ricorrendo al
credito, meccanismo che comporta però il rischio di non
essere in grado di restituire quanto preso a mutuo. Questo
sforzo finanziario non è necessario nel contratto di agenzia, perché l’agente non compra la merce, ma si limita a
intermediarne l’acquisto. Il costo di produzione della
merce è in capo al preponente. È quindi più facile che capiti al distributore di dover ricorrere a fonti di finanziamento, con i rischi che ne derivano.
Nessuna delle circostanze appena elencate, a favore oppure a sfavore di un’assimilazione del rapporto di distribuzione a un contratto di agenzia, è in sé decisiva. Si
tratta di semplici indizi della reale caratterizzazione della
relazione. Il giudice deve tenere conto di tutti gli elementi di cui dispone al fine di giungere a una corretta ed
equilibrata qualificazione.
L’obbligo di trasferire al produttore
i dati relativi ai clienti del distributore
V
i è un secondo requisito da cui la giurisprudenza
fa dipendere la possibilità per il distributore di
ottenere l’indennità di fine rapporto. Si tratta
del fatto che, nella relazione contrattuale con il produttore, sia previsto in capo al rivenditore l’obbligo di comunicare all’impresa i dati relativi ai clienti finali (23).
Questa trasmissione d’informazioni consente alla casa
produttrice, una volta cessato il rapporto di distribuzione, di beneficiare subito dei clienti del distributore, concludendo con essi nuovi contratti.
Segue: a) differenze tra agenzia e distribuzione
N
el contratto di agenzia l’agente opera come intermediario tra il preponente e il cliente. Il contratto viene concluso tra questi due soggetti.
L’agente può avere il potere di concludere il negozio in
nome proprio, ma lo fa sempre per conto del preponente. Inoltre l’esecuzione del contratto (si tratta essenzialmente della fornitura della merce) comporta che l’imprenditore venga a conoscenza dell’identità del compratore. Nel contratto di agenzia il preponente conosce
quindi il nominativo dell’acquirente finale. Il giorno in
cui il rapporto di agenzia si dovesse interrompere, l’imprenditore avrebbe gioco facile nel sostituire il vecchio
agente con uno nuovo indicando a quest’ultimo a quali
clienti rivolgersi per continuare a vendere gli stessi prodotti. Oppure il preponente potrebbe scegliere altri canali distributivi. In ogni caso il vecchio collaboratore
può essere agevolmente estromesso in toto dal mercato
prima coperto. Il legislatore si preoccupa del verificarsi di
questa situazione e riconosce un’indennità di fine rapporto proprio per compensare il fatto che il preponente
continua a guadagnare con la clientela sviluppata dall’agente, mentre questi cessa del tutto di beneficiarne. A
questa alterazione del rapporto sinallagmatico pone rimedio l’istituto dell’indennità.
Nel contratto di distribuzione vi è, in genere, una maggiore «distanza» tra produttore e compratore finale. Vi è
infatti un acquirente intermedio, che è il distributore. In
linea di principio, quindi, l’impresa non conosce l’identità dei soggetti cui i suoi prodotti - tramite l’attività del
rivenditore - giungono. Per l’esecuzione del contratto
non è insomma necessario che il produttore conosca l’identità dei compratori finali. Per certi versi alla casa produttrice ciò nemmeno interessa perché il suo obiettivo
economico, vale a dire il conseguimento del prezzo, è già
soddisfatto tramite la prima vendita, quella al distributore. Cosa poi faccia il rivenditore con la merce acquistata,
è - paradossalmente - irrilevante per il produttore.
Segue: b) significato
dell’interpretazione giurisprudenziale
L’
obbligo di trasferire i dati relativi ai clienti al produttore è indicativo del fatto che il distributore
gode di un’autonomia limitata. La consegna di
tali informazioni rappresenta un beneficio considerevole
per il produttore. Questi infatti può, in questo modo,
procedere subito a contattare gli acquirenti finali dei
suoi prodotti e trarne tutto il possibile vantaggio economico. Considerato dal punto di vista del distributore, la
consegna delle informazioni relative ai propri clienti
rappresenta invece un danno consistente.
La corresponsione dell’indennità presuppone che la relazione contrattuale sia cessata. Non a caso si parla d’indennità di «fine» rapporto. La relazione tra produttore e
distributore è quindi cessata. A questo punto è ragionevole aspettarsi che l’impresa, avendo a disposizione tutte
le necessarie informazioni, proceda essa stessa a rifornire
direttamente i clienti finali. In alternativa il produttore
Nota:
(23) OLG München, sentenza del 20 dicembre 2002, in NJW-RR, 2003,
537 s.
I CONTRATTI N. 2/2006
185
CONTRATTI E UNIONE EUROPEA•DISTRIBUZIONE
provvederà a creare nuovi canali distributivi, per esempio selezionando un agente oppure un altro distributore.
In ogni caso il vecchio rivenditore cessa di trarre beneficio economico dal lavoro svolto in precedenza.
Non è necessario che il produttore continui a operare sul
mercato interessato. Può cioè capitare che, terminata la
relazione contrattuale con il distributore, l’impresa decida di non distribuire più nella stessa zona. Questa circostanza non è idonea a escludere il diritto all’indennità. In
altre parole è sufficiente che il produttore abbia la possibilità di utilizzare il portafoglio clienti precedentemente
gestito dal distributore. Non è invece necessario che lo
faccia. Le ragioni più diverse possono indurlo ad abbandonare un certo mercato. Quello che è certo è che il distributore subisce un danno perché non distribuendo più
i prodotti cessa di ottenere quei guadagni che prima poteva conseguire. Il produttore deve sapere che, tutte le
volte che ottiene informazioni relative alla clientela del
distributore, corre il rischio di essere costretto a pagare
l’indennità di fine rapporto.
Segue: c) tempistica e modalità
del trasferimento dei dati
I
l trasferimento dei dati relativi ai clienti può avvenire alla cessazione del rapporto. Esso può tuttavia realizzarsi anche durante lo svolgimento della relazione
contrattuale tra produttore e distributore. Questo caso si
realizza in particolare quando sussiste l’obbligo di relazionare l’impresa sull’identità dei clienti del rivenditore
man mano che i relativi contratti vengono conclusi. In
un’ipotesi del genere non è necessaria una comunicazione finale perché il produttore acquisisce conoscenza un
po’ alla volta.
Il caso più semplice si realizza quando il contratto di distribuzione prevede espressamente in capo al distributore l’obbligo di fornire al produttore i dati identificativi
dei clienti. In questa ipotesi è chiaro che sussiste l’obbligo di corrispondere l’indennità di fine rapporto. Nella
prassi è tuttavia rara una pattuizione del genere perché il
produttore non ha interesse a inserire clausole che vanno a proprio svantaggio (24). È quindi difficile che il
contratto statuisca a chiare lettere che il distributore ha
l’obbligo di fornire all’impresa i dati identificativi dei
clienti. In questo modo infatti il produttore creerebbe
volontariamente i presupposti per dover corrispondere
l’indennità.
L’obbligo di fornire dati sui clienti può essere per così dire «camuffato» nel testo contrattuale. Si immagini, per
esempio, una clausola secondo la quale il distributore è
tenuto a relazionare con regolarità sull’attività di vendita. Se nelle relazioni si precisano non solo il tipo e la
quantità di merce venduta, ma anche i compratori, è
evidente che in questo modo il produttore ottiene informazioni su quelli che sono i clienti finali. Il giorno in cui
il rapporto contrattuale si dovesse interrompere, l’impresa produttrice - estromesso il distributore - avrebbe la
possibilità di contattare direttamente gli acquirenti del
186
I CONTRATTI N. 2/2006
rivenditore. Una pattuizione del genere può fondare
l’obbligo di corrispondere l’indennità di fine rapporto. Il
produttore che voglia escludere la corresponsione di
somme a questo titolo deve verificare accuratamente
che il testo contrattuale non contenga alcun riferimento
né diretto né indiretto a un trasferimento d’informazioni
relative alla clientela.
Talvolta l’obbligo di fornire dati sui clienti risulta da un
documento materialmente separato dal contratto scritto
di distribuzione. Si immagini il caso di circolari che vengono inviate dal produttore al distributore. In queste comunicazioni può essere sottolineata l’importanza di una
buona gestione del portafoglio clienti e, a tal fine, può
essere chiesto di fornire all’impresa produttrice informazioni sulla clientela. Queste iniziative unilaterali, se accettate dal distributore che vi dà seguito, possono configurare un’integrazione del contratto che fa nascere lo
specifico obbligo di fornire dati sui clienti.
Nella prassi capita frequentemente che non sia stato
espressamente pattuito l’obbligo del distributore di fornire al produttore i dati sui propri clienti. La casa produttrice attenta nella predisposizione del contratto preferisce non inserire una clausola del genere, perché altrimenti fonda in modo troppo diretto il proprio obbligo di
corrispondere l’indennità di fine rapporto. La sussistenza
del dovere di trasferire le informazioni può tuttavia essere affermata anche in assenza di un’espressa pattuizione
contrattuale, semplicemente osservando come si svolge
il rapporto. Se il produttore chiede con regolarità i dati
relativi ai clienti e questi vengono forniti, si può arrivare
ad affermare che è sorto un obbligo di comunicazione
(25). Ne consegue l’obbligo di corrispondere l’indennità
di fine rapporto.
In altri casi, poi, non è tanto il produttore che chiede al
distributore i dati sui clienti. Si verifica invece la situazione inversa. Il distributore comunica volontariamente
al produttore informazioni sui propri clienti. Se l’impresa rifiuta questi dati, l’obbligo di corrispondere l’indennità di fine rapporto non sorge. Se tuttavia il produttore
accetta queste informazioni, può sorgere un dovere di
trasmettere le informazioni. Si pensi, per esempio, all’ipotesi in cui il distributore trasmette con regolarità al
produttore copia degli ordini che ha ricevuto e da questi
si desume l’identità dei clienti. L’impresa che non vuole
corrispondere l’indennità di fine rapporto deve prestare
attenzione a non ricevere alcuna informazione sui partner contrattuali del rivenditore (26). Lo stesso ragionamento vale alla fine del rapporto di distribuzione. Il produttore che vuole evitare di pagare l’indennità deve immediatamente restituire al distributore eventuali docuNote:
(24) C. Ulrich, op. cit., 442.
(25) Così OLG Köln, sentenza del 15 novembre 2002, in VersR, 2003,
106.
(26) C. Ulrich, op. cit., 444 s.
CONTRATTI E UNIONE EUROPEA•DISTRIBUZIONE
menti che questi gli abbia consegnato al termine della
relazione, laddove essi contengano elenchi di clienti.
Altrimenti nell’accettazione di questa documentazione
può essere ravvisata un’integrazione del contratto nel
senso dell’affermazione dell’obbligo di fornire i dati relativi alla clientela. Il produttore potrebbe quindi essere
chiamato a corrispondere l’indennità di fine rapporto.
Il trasferimento dei dati relativi ai clienti deve avere carattere di sistematicità. Occorre che il rapporto tra produttore e distributore sia strutturato in modo tale per cui,
di fatto, le informazioni sensibili giungono regolarmente
all’impresa produttrice (27). In un regime di sostanziale
non comunicazione del portafoglio clientela, se - di tanto in tanto - qualche nominativo di cliente giunge all’azienda, questa circostanza non è sufficiente a fondare
l’obbligo di pagare l’indennità di fine rapporto. Viceversa in un sistema di regolare comunicazione di dati all’impresa, il fatto che - occasionalmente - qualche nominativo non sia stato messo a disposizione del produttore
non basta a escludere il dovere di corrispondere l’emolumento. Il criterio di fondo sui cui basarsi per effettuare la
valutazione è che, di fatto, i dati relativi almeno alla
maggior parte dei clienti giungano con regolarità alla casa produttrice per un periodo di tempo sufficientemente
lungo. Quando il trasferimento della maggioranza delle
informazioni è avvenuto per tutta la durata del rapporto
è difficile mettere in dubbio il carattere di sistematicità
della trasmissione.
Qualche volta il testo contrattuale può escludere espressamente l’obbligo del distributore di fornire al produttore informazioni sui clienti. In questo caso l’indennità di
fine rapporto non è dovuta (28). Un’impresa particolarmente astuta potrebbe inserire in contratto l’esclusione
dell’obbligo di fornire dati al solo fine di predisporre un
appiglio formale per escludere il futuro pagamento del
compenso finale. Il giudice non può tuttavia fermarsi al
dato letterale, ma deve indagare sulla reale attuazione
della relazione contrattuale. Può così capitare che, di fatto, il distributore fornisca regolarmente al produttore i
dati relativi ai clienti. In genere il rivenditore non è in
grado di opporsi a una richiesta in questo senso da parte
dell’impresa perché dispone di meno potere contrattuale. Al fine di mantenere in forza il contratto e di continuare a guadagnare, accetta - di fatto - di fornire al produttore questi dati così sensibili. Il solo fatto della comunicazione delle informazioni può far sorgere il diritto all’indennità. La giurisprudenza ha infatti interpretato la
trasmissione dei dati come una deroga alla previsione in
senso contrario contenuta nel contratto.
Se il contratto contiene espressamente l’obbligo per il
distributore di comunicare al produttore i dati relativi al
cliente ma l’impresa non ha interesse ad avere questi
informazioni può cercare di modificare il testo contrattuale (29). Una variazione richiede il consenso di entrambi i contraenti, e quindi anche del rivenditore. Se il
consenso non viene prestato, il produttore può pensare in alternativa - a disdettare il contratto per poi stipular-
ne uno nuovo escludendo per il futuro l’obbligo di fornire i dati. In questo caso infatti l’impresa si troverebbe sì
costretta a pagare l’indennità di fine rapporto ma solo
per il periodo di valenza del primo testo contrattuale. Il
produttore riesce invece a liberarsi dall’obbligo di corrispondere il compenso finale per il futuro. Per raggiungere questo risultato occorre tuttavia che il distributore sia
disponibile a stipulare un nuovo contratto a condizioni
diverse dal primo. Se ciò non avviene, il produttore che
voglia evitare il pagamento di future indennità deve cercare nuovi canali distributivi.
Il nesso di causalità tra l’obbligo
di consegnare i dati relativi ai clienti
e i benefici del produttore
V
i sono delle situazioni particolari in cui l’obbligo
del distributore di trasferire i dati relativi ai
clienti non è necessariamente vantaggioso per il
produttore. Il primo caso è quello relativo ai prodotti di
marca particolarmente famosa. La seconda ipotesi è
quella dei beni durevoli.
Segue: a) beni di marca particolarmente famosa
N
el caso di beni di marca particolarmente famosa la decisione di acquisto da parte del cliente,
di solito, dipende prevalentemente dalle caratteristiche del prodotto (30). Il ruolo del rivenditore nel
convincimento del potenziale compratore è generalmente piuttosto marginale. Nel caso di prodotti di marca particolarmente famosa il distributore si limita a organizzare e a facilitare il passaggio del bene dal produttore
all’acquirente. Spesso l’attività pubblicitaria è organizzata e gestita direttamente dall’impresa. L’attività del distributore consiste nell’assistenza, nella consulenza e nel
servizio del cliente. Essa, di solito, è di secondaria importanza rispetto alla decisione di acquisto. Per tutte queste
ragioni una volta terminato il rapporto di distribuzione è
probabile che il cliente finale continui a comprare i beni del produttore, anche se vi è un nuovo distributore.
L’esempio forse più calzante di questo effetto marca è
quello dell’industria automobilistica. Il compratore di
un’automobile generalmente non si decide ad acquistare
un’auto per l’azione di convincimento posta in essere dal
distributore. Egli decide dapprima di comprare l’automobile di un certo tipo di una certa marca e poi si rivolge alla concessionaria più vicina. La scelta dell’autovettura
non è influenzata dal rivenditore, bensì dalle caratteristiche del prodotto. Semmai è il produttore che influenza il comportamento degli acquirenti, per esempio lanNote:
(27) G. von Hoyningen-Huene, in Münchener Kommentar zum Handelsgesetzbuch, a cura di K. Schmidt, II ed., I, München, 2005, § 89b Rn. 22.
(28) C. Ulrich, op. cit., 443.
(29) C. Ulrich, op. cit., 444.
(30) Cfr. J. Ensthaler, D. Gesmann-Nuissl, M. Stopper, op. cit., 257.
I CONTRATTI N. 2/2006
187
CONTRATTI E UNIONE EUROPEA•DISTRIBUZIONE
ciando una campagna pubblicitaria particolarmente intensa. Se - a seguito di questa iniziativa - il numero di
compratori aumenta, è lecito pensare che la pubblicità
abbia influenzato positivamente il comportamento dei
potenziali acquirenti. In un caso del genere il distributore pare non aver giocato alcun ruolo nelle decisioni di
acquisto. In contesti del genere la clientela appare essere
più fedele alla marca che non al rivenditore. I clienti
«sono» insomma prevalentemente del produttore e non
del distributore. Non vi è - in altre parole - un portafoglio clientela che, al termine della relazione contrattuale, possa essere trasferito dal rivenditore all’impresa.
Nel caso di marche particolarmente famose si discute
quindi se il distributore possa reclamare l’indennità di fine rapporto (31). A questa domanda non può essere data una risposta in termini assoluti. Alcune volte l’indennità viene negata, altre volte viene concessa in toto (32),
altre volte ancora viene sì concessa ma ridotta di un certo valore percentuale in considerazione del fatto che la
fama della marca ha inciso sulla decisione di acquisto del
cliente (33).
L’orientamento generale della giurisprudenza è comunque nel senso di concedere l’indennità di fine rapporto al
distributore, anche se il suo ammontare viene ridotto in
relazione agli effetti di convincimento che il marchio famoso produce sui compratori. Si tratta, in altre parole, di
verificare nel caso concreto se e fino a che punto vi sia
correlazione tra attività del rivenditore e acquisto. È necessario stabilire se il distributore abbia perlomeno concorso a determinare la decisione del compratore. Se l’operato del rivenditore è stato - almeno in parte - causale,
a questi deve essere riconosciuta l’indennità (34). Questa forma di retribuzione del distributore va esclusa solo
quando il cliente è già autonomamente deciso in modo
risoluto all’acquisto e il rivenditore non ha avuto al riguardo alcun ruolo. Se, al contrario, il distributore ha posto in essere comportamenti che hanno influenzato - anche solo in parte - la decisione del compratore, allora
l’indennità va riconosciuta. Può bastare un’attività pubblicitaria oppure di assistenza, consulenza o servizio al
cliente. Nella prassi si tiene quindi conto dell’effetto
marca non tanto per escludere l’indennità, bensì al fine
di ridurne l’ammontare di un certo valore percentuale.
La giurisprudenza ritiene che la fama del marchio possa
determinare una riduzione della retribuzione finale del
distributore tra il 10% e il 25% della somma che sarebbe
altrimenti dovuta.
Segue: b) beni durevoli
I
l problema della rilevanza causale del comportamento del distributore si pone anche nel caso in cui i beni oggetto del contratto di distribuzione sono prodotti durevoli (35). Si immagini il caso di un rivenditore
che ha il compito di piazzare presso certe industrie macchinari che, una volta venduti, servono a produrre per
anni, se non per decenni. Anche le stesse automobili
rappresentano un bene destinato a essere utilizzato per
188
I CONTRATTI N. 2/2006
un lungo periodo. Il problema che si pone in questi casi
è che il produttore può trarre un vantaggio dall’obbligo
di trasferimento di clientela dal distributore solo a distanza di molto tempo. Anche se l’impresa viene in possesso dei dati relativi ai clienti, essa non può generalmente avvantaggiarsene nel breve o nel medio periodo,
perché è improbabile che l’industria manifatturiera oppure il proprietario dell’autoveicolo abbia necessità di
cambiare presto il bene acquistato.
Anche nel caso dei beni durevoli occorre un’attenta valutazione di tutte le circostanze del caso concreto per stabilire se l’indennità di fine rapporto è dovuta e in che
misura. È necessario chiedersi se ci si può aspettare che
un certo compratore proceda a una nuova ordinazione
presso lo stesso produttore, diventando così un c.d.
«cliente stabile» («Stammkunde») (36). Questi va tenuto distinto dal c.d. «cliente occasionale» («Laufkunde»).
«Clienti stabili» sono le persone che hanno stipulato più
di un contratto con il distributore o che si può presumere che concluderanno più di un contratto entro un certo
periodo di riferimento. Il cliente occasionale, invece, si
rivolge una sola volta al rivenditore e si può ritenere che
non lo farà di nuovo in futuro. Nel settore delle automobili è stato affermato in giurisprudenza che i distributori,
tramite l’attività di assistenza, di consulenza e di servizio
da essi prestata, riescono a legare a sé almeno una parte
degli acquirenti di autovetture, con l’effetto che questi si
rivolgono di nuovo allo stesso rivenditore per l’acquisto
successivo (37).
Le persone relativamente alle quali ci si può aspettare in
tempi ragionevoli una nuova ordinazione vanno considerati come clienti stabili del rivenditore. È ovviamente
difficile concretizzare il concetto di «tempo ragionevole»
entro il quale va effettuato l’acquisto successivo. Molto
dipende dal tipo di prodotto. La questione è stata recentemente decisa con riferimento alla vendita di carburante. La giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che un
cliente vada considerato come stabile quando si reca almeno 12 volte all’anno presso lo stesso distributore (38).
Nel caso di beni di valore maggiore, l’intervallo di tempo
è più lungo. L’acquisto di una nuova automobile, per
Note:
(31) C. Ulrich, op. cit., 446 s.; G. von Hoyningen-Huene, op. cit., § 89b
Rn. 23.
(32) Così l’OLG Köln, sentenza del 15 novembre 2002, in VersR, 2003,
106.
(33) Così l’OLG Saarbrücken, sentenza del 5 febbraio 2003, in VersR,
2004, 195 ss.
(34) In questo senso OLG Saarbrücken, sentenza del 5 febbraio 2003, in
VersR, 2004, 195 ss.
(35) C. Ulrich, op. cit., 447 s.
(36) BGH, sentenza del 10 luglio 2002, in WM, 499 ss.
(37) OLG Saarbrücken, sentenza del 5 febbraio 2003, in VersR, 2004,
195 ss.
(38) BGH, sentenza del 10 luglio 2002, in WM, 499 ss.
CONTRATTI E UNIONE EUROPEA•DISTRIBUZIONE
esempio, avviene generalmente a distanza di diversi anni
dal precedente.
In ogni caso il principio ricavabile dalla giurisprudenza è
che gli acquisti effettuati da clienti stabili devono essere
tenuti in considerazione ai fini del calcolo dell’indennità
di fine rapporto. Si può infatti presumere che tali compratori rimarranno fedeli al produttore anche dopo il
cambio del distributore. L’impresa continuerà così a trarne vantaggio anche in futuro. In giurisprudenza è stato,
per esempio, ritenuto probabile - con riferimento a un
concessionario di automobili - che circa i due terzi dei
clienti che avevano comprato presso tale distributore
avrebbero continuato ad acquistare presso lo stesso (39).
Si tratta ovviamente di prognosi, talvolta estremamente
difficili da fare. Si pensi solo alla difficoltà di stabilire
quanti tra i clienti di un distributore di carburante siano
da considerarsi fissi (40). Al riguardo il giudice è legittimato a effettuare valutazioni equitative ai sensi del § 287
comma 2 ZPO. A tal fine l’autorità giudiziaria può anche
avvalersi di dati statistici, i quali devono peraltro essere
letti, ed eventualmente corretti, alla luce di tutte le circostanze del caso concreto.
Note:
(39) OLG Saarbrücken, sentenza del 5 febbraio 2003, in VersR, 2004,
195 ss.
(40) BGH, sentenza del 10 luglio 2002, in WM, 499 ss.
I CONTRATTI N. 2/2006
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