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rivista del dal 1928 MENSILE N.4 A P R I L E 2 0 1 0 € 3,50 ESCLUSIVO ALBERTO BARBERA INTERVISTA Gilles Jacob KASIA TRAVOLTA DA JOHN, ALBA BELLA E BRAVA, ZAMPAGLIONE DA HORROR PIXAR E TOY STORY AL PASSO CON I TEMPI: UNO, DUE E 3D! Poste Italiane SpA - Sped. in Abb. Post. - D.I. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004, n° 46), art. 1, comma 1, DCB Milano MADE IN ITALY LA FABBRICA DEI GIOCATTOLI Il principe dei ladri RUSSELL CROWE E’ ROBIN HOOD PER RIDLEY SCOTT. A CANNES IN VERSIONE KOLOSSAL fondazione ente™ dello spettacolo ® dal regista Premio Oscar de "IL PIANISTA" EWAN MCGREGOR PIERCE BROSNAN KIM CATTRALL OLIVIA WILLIAMS Non pronunciate mai il suo nome L’ UN FILM DI ROMAN POLANSKI UOMO OMBRA NELL’ THE GHOST WRITER ALAIN SARDE E ROBERT BENMUSSA PRESENTANOUNAPRODUZIONE R.P. FILMS FRANCE 2 CINEMA ELFTE BABELSBURG FILM Gmbh RUNTEAM I I LTD EWAN MCGREGOR PIERCE BROSNAN KIM CATTRALL OLIVIA WILLIAMS “L’UOMO NELL’OMBRA”(“THE GHOST WRITER”) CON TOM WILKINSON TIMOTHY HUTTON JON BERNTHAL DAVID RINTOUL ROBERT PUGH ELI WALLACH COSTUMI DINAH COLLIN CASTING FIONA WEIR MUSICA ALEXANDRE DESPLAT DIRETTOREDELLAFOTOGRAFIA PAWEL EDELMAN MONTAGGIO HERVE DE LUZE SCENOGRAFIA ALBRECHT KONRAD CO-PRODUTTORI TIMOTHY BURRILL CARL L. WOEBCKEN CHRISTOPH FISSER PRODUTTOREESECUTIVO HENNING MOLFENTER PRODOTTODA ROMAN POLANSKI ROBERT BENMUSSA ALAIN SARDE TRATTODALROMANZO “THE GHOST” DI ROBERT HARRIS SCENEGGIATURA ROBERT HARRIS E ROMAN POLANSKI DIRETTODA ROMAN POLANSKI DAL 9 APRILE AL CINEMA www.yahoo.it/luomonellombra www.01distribution.it rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo Nuova serie - Anno 80 N. 4 aprile 2010 In copertina Russell Crowe in Robin Hood di Ridley Scott Segui l’Ente dello Spettacolo anche su FACEBOOK Fondazione Ente dello Spettacolo: www.fbook.me/entespettacolo Tertio Millennio Film Fest: www.fbook.me/tertiomillenniofilmfest YOUTUBE www.youtube.com/EnteSpettacolo TWITTER www.twitter.com/entespettacolo punti di vi sta Segui la Rivista del Cinematografo su FACEBOOK Cinematografo.it: www.fbook.me/cinematografo Rivista del Cinematografo: www.fbook.me/rivistadelcinematografo DIRETTORE RESPONSABILE Dario Edoardo Viganò CAPOREDATTORE Marina Sanna Oscar nel mirino REDAZIONE Gianluca Arnone, Federico Pontiggia, Valerio Sammarco CONTATTI [email protected] PROGETTO GRAFICO P.R.C. - Roma ART DIRECTOR Alessandro Palmieri HANNO COLLABORATO Alberto Barbera, Giulio Bassi, Orio Caldiron, Gianluigi Ceccarelli, Carlo Chatrian, Bruno Fornara, Antonio Fucito, Michela Greco, Daniel Lombard, Massimo Monteleone, Franco Montini, Morando Morandini, Valentina Neri, Peppino Ortoleva, Luca Pellegrini, Manuela Pinetti, Giorgia Priolo, Angela Sanseviero, Boris Sollazzo, Marco Spagnoli REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE DI ROMA N. 380 del 25 luglio 1986 Iscrizione al R.O.C. n. 15183 del 21/05/2007 STAMPA Società Tipografica Romana S.r.l. - Via Carpi 19 - 00040 Pomezia (RM) Finita di stampare nel mese di marzo 2010 MARKETING E ADVERTISING Eureka! S.r.l. - Via L. Soderini, 47 - 20146 Milano Tel./Fax: 02-45497366 - Cell. 335-5428.710 e-mail: [email protected] DISTRIBUTORE ESCLUSIVO ME.PE. MILANO ABBONAMENTI ABBONAMENTO PER L’ITALIA (10 numeri) 30,00 euro ABBONAMENTO PER L’ESTERO (10 numeri) 110 euro SERVIZIO CORTESIA S.A.V.E. Srl, Fiano Romano (RM) tel. 0765.452243 Fax 0765.452201 [email protected]. PROPRIETA’ ED EDITORE PRESIDENTE Dario Edoardo Viganò DIRETTORE Antonio Urrata UFFICIO STAMPA [email protected] buone intenzioni sugli Davide ha battuto Golia. Che sia avvenuto effetti speciali. In nella fortezza del cinema bigger than life, in quella Hollywood che ha sempre guardato con definitiva dell’America umile ed ecumenica di sospetto i filmaker indipendenti, non è un oggi contro quella dettaglio da poco. A patto di non ridurre il muscolare e trionfo da Oscar di The Hurt Locker a una imperialista di ieri” rivincita del cinema umanista – fatto di storie (“Un verdetto politico”, Cinematografo.it, 13 esemplari e immerse nelle viscere del reale – su quello degli effetti speciali. Sarebbe una febbraio 2010). Difficile stabilire quale possa lettura semplicistica, per non dire faziosa. essere la portata di una simile decisione. Non Significherebbe non riconoscere ad Avatar era mai successo che l’Academy scavasse un l’intenzione dietro l’organizzazione narrativa, il fossato così profondo tra le proprie valutazioni e quelle del pubblico. Nessuna discussione punto di vista ideologico, la «pressione del invece sulla decisione di conferire il David di presente» sotto lo splendore scenografico, le meraviglie tecnologiche, la veste Sci-Fi. Non è Donatello alla carriera a Tonino Guerra. Figura centrale del cinema italiano, lo scrittore di una questione di contenuti. Ma di forma. Santarcangelo ha messo a disposizione di una Intesa non secondo i canoni dell’estetica, ma generazione di fenomeni - da in quanto strategia discorsiva Antonioni a Fellini, da Rosi a generale. E’ probabile che il - la propria vis poetica, basso profilo ideologico, “Mai l’Academy aveva Visconti fornendo loro canovacci ibridi, retorico e produttivo di The scavato un fossato così dispositivi testuali dove ogni Hurt Locker abbia avuto la meglio sulla spavalda profondo tra le proprie parola è già virtualmente grandeur hollywoodiana di valutazioni e quelle del un’immagine. E la Parola – meglio, il Verbo – si è fatta Cameron. Che sia più in pubblico” immagine anche nei film dedicati sintonia con l’umore politico alla figura di Cristo. Per chi del momento (ma volesse ripercorrere questa decisamente meno con il “storia nella storia” del cinema l’appuntamento gusto dello spettatore, visti gli incassi). Come se l’Academy avesse espresso una preferenza è con la bella mostra torinese dedicata, “Ecce Homo” (26 marzo – 6 giugno 2010), curata dal simbolica e, prediligendo il piccolo al grande, Museo del Cinema di Torino e dagli archivi sancito “la rivincita dell’etica della formica su della Fondation Jérôme Seydoux-Pathé e della quella della cicala, della piccola e Cinémathèque Française. parsimoniosa impresa sulla grande e corrotta multinazionale, delle idee sul denaro, delle COMUNICAZIONE E SVILUPPO Franco Conta [email protected] COORDINAMENTO SEGRETERIA Marisa Meoni [email protected] DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE Via G. Palombini, 6 - 00165 Roma - Tel. 06.96.519.200 Fax 06.96.519.220 - [email protected] Associato all’USPI Unione Stampa - Periodica Italiana Iniziativa realizzata con il contributo della Direzione Generale Cinema - Ministero per i Beni e le Attività Culturali La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 aprile 2010 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 5 JEANMICHEL COUSTEAU UN FILM DI JEA NJAC Q UES E PRESENTA FR ANÇOIS M ANTELLO DAL 30 A AL C PRIL INEM E A BENVENUTI NEL NOSTRO MONDO ANCHE AN N CH C H E IN I N 2D 2D RACCONTATO R A C C ON N T ATO O DA DA ALDO , GIOVANNI E GIACOMO consigliato da www.oceani3dilfilm.it I PROTAGONISTI DI OCEA NI 3D TI ASPETTA NO DAL VIVO ALL’ ACQUAR IO DI GENOVA. Succede solo all’ www.acquariodigenova.it sommario n. 4 april e 2010 PERSONAGGI 24 Fermo immagine Jacob Il presidente di Cannes immortala le star. Intervistato da Alberto Barbera 34 L’uomo che uccise Bond La seconda vita di Pierce Brosnan, politico à la Tony Blair per Polanski 50 Divina, con Garbo Vent’anni senza Greta, bellezza altera e inossidabile SERVIZI 30 Greengrass Ultimatum Con Matt Damon nella Green Zone irachena: paranoia post 11/9 e intrattenimento 39 Alba nuova Non più “semplicemente” brava: la Rohrwacher in versione sexy per Soldini FILM DEL MESE 54 Green Zone 58 L’uomo nell’ombra 59 Vendicami 59 Una proposta per dire sì 60 Cella 211 62 Dragon Trainer 63 Departures 63 Daybreakers 64 Cosa voglio di più 66 Oltre le regole - The Messenger 67 Happy Family 67 Sunshine Cleaning 68 Perdona e dimentica 69 Fantastic Mr. Fox 69 From Paris with Love Il ritorno di Woody e della banda di giocattoli targata Pixar 42 Esordi di “Kasia” nostra La Smutniak con Travolta, Papaleo regista in Basilicata, Tiromancino horror 46 Giocattoli in 3D Woody, Buzz & Company: tornano in sala i Toy Story stereoscopici 18 COVER Perdona e dimentica di Todd Solondz. A sinistra Gilles Jacob Russel Hood Fuoco e fiamme nella foresta di Sherwood: Ridley Scott ritrova il suo Gladiatore e riscrive la leggenda som ma ri o La divina Greta Garbo 10 Morandini in pillole Non selezionato da Cannes, Leone d’Oro a Venezia: Lebanon 12 Circolazione extracorporea Quando il messaggio ecologico è griffato: Home Project 14 Glamorous News e tendenze: provocazione Cotillard, il ministro non perdona 16 Colpo d’occhio Da Avatar a Scontro tra Titani: Sam Worthington 78 Borsa del cinema Trionfa The Hurt Locker: motivi politici o incentivo per il box office? 80 Libri 72 Tutte le donne del grande schermo. In volo con Wenders Dvd & Satellite Collezione Bergman, poi Il nastro bianco e le serie targate SKY 82 Colonne sonore Compositore doc per la volpe in stopmotion di Anderson pensieri e parole Quello che gli altri non dicono: riflessioni a posteriori di un critico DOC MORANDINI in pillole di Morando Morandini Scartato da Cannes per motivi ideologici (?), Lebanon vinse poi il Leone d’Oro a Venezia Punti di vista – Nel 2009 Lebanon, film d’esordio dell’israeliano Samuel Maoz, fu rifiutato da tutte le sezioni del Festival di Cannes, compresa la Semaine de la Critique, messo in concorso a Venezia ne uscì con il Leone d’Oro. Il che dimostra, tra l’altro, in che misura le commissioni di selezione dei festival possono sbagliarsi. Scegliere o rifiutare un film per un festival è un’operazione omologa a quella di un critico. Dipende da molti fattori: gusto, competenza/soggettività, ideologia, geopolitica eccetera. Secondo me a Cannes prevalse l’ideologia. Non a caso in Italia le maggiori riserve su Lebanon vennero da alcuni recensori di sinistra. Non sono pochi i film israeliani sulle guerre in Medio Oriente. I più noti sono Kippur (2000) di Amos Gitai; Beaufort (2007) di Joseph Cedar, inedito in Italia; Valzer con Bashir (2008), film d’animazione di Ari Folman. Con Lebanon hanno in comune almeno tre cose: sono autobiografici; sono coprodotti con cinematografie europee e, quel che è più importante, tutti e quattro sono narrati dal punto di vista dei soldati combattenti israeliani, non da quello del loro governo. Nessuno dei quattro si spinge a dare un giudizio politico (suscitando le comode riserve dei critici e spettatori europei): sono tutti contro la guerra e la sua atroce assurdità; esprimono il desiderio di pace e di una vita normale; insistono sui gravi traumi – fisici, psicologici, etici – subiti nei combattimenti. Primo bilancio – Nel 2009 furono distribuiti 84 lungometraggi italiani di cui sette prodotti nel 2007. Sei film tra gli 84 hanno incassato più di 10 milioni di euro e altri 16 più di un milione di dollari. Guida la classifica Natale a Beverly Hills di Neri Parenti con 19 milioni e mezzo (più di 3 milioni di presenze), seguito da Cado dalle nubi di Gennaro Nunziante con 13.444.677 e da Italians di Giovanni Veronesi con 12.158.248. I dati sono della Fondazione Cineteca Italiana di Milano (di cui è presidente Cristina Comencini e diretta da Enrico Nosei e Matteo Pavesi). In un referendum tra i principali cinecritici della penisola sul migliore lungometraggio del 2009 ha vinto Vincere di Bellocchio con 38 voti, seguito da Dieci inverni (Valerio Mieli) e da Lo spazio bianco di Francesca Comencini con 4 voti. Sul dizionario dei film Zanichelli 2010 (dove figurano soltanto i film distribuiti nel primo semestre 2009) Vincere ha avuto 5 stellette di critica, seguito con 4 da Puccini e la fanciulla di Paolo Benvenuti e Terra madre di Olmi. 10 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 FINE PEN(N)A MAI VISIONI FORZATE E INDULTI CRITICI Sosteneva Capra, La vita è meravigliosa: 63 anni dopo, i Vanzina ribattono che La vita è una cosa meravigliosa. Si sa, sono le piccole cose a far la differenza… #### Occhiatacce in 3D: sul banco degli imputati finiscono gli occhialetti zozzi, ma industria ed esercenti vedono rosso: “E’ tutta una montatura!”. Visione distorta, perché il vero problema si vede a occhio nudo: la sporcizia dei cinema nostrani… #### Sei mesi di ritardo, sei copie d’uscita: distribuzione coi guanti di velluto, griffati Mikado, per Io sono l’amore di Guadagnino. Se si fosse intitolato Io sono la sfiga? #### Nuovi Orizzonti al Lido: fuori formato, e con ben quattro premi. Trovare i film a cui assegnarli sarà il soggetto di Miracolo a Venezia 67. #### Onore al titolo: vedere L’uomo nell’ombra, capire perché. Al sole rischierebbe il linciaggio… ALMOST (IN)FAMOUS: DALLE STALLE ALLE STARLETTE Dal campo al set: complice un infortunio, David Beckham cerca la Fuga per la vittoria; complice non si sa che, Francesco Totti prenota il cinepanettone. Abituati a recitare sul campo, piglieranno a calci la macchina da presa? STOP Quando il titolo è destino: 3,3 milioni di euro per la Bond girl Freida Pinto, star di The Millionaire… STOP Fuori da Ghostbusters 3? Ivan Reitman è caduto dalle nuvole, anzi Tra le nuvole: per tagliargli la testa, la Paramount ha chiesto al figlio Jason, e ingaggiato George Clooney… STOP Il tatuaggio è come il tradimento: indelebile. Chiedetelo a Sandra Bullock, Oscarizzata e cornificata dal maritino con Miss Tattoo. Federico Pontiggia circolazione extracorporea IL KITSCH DELLA RETE Fruizioni multiple nell’era della riproducibilità a cura di Peppino Ortoleva PROCLAMA TOTAL FREE SULLA CRISI ECOLOGICA O PLATEALE OPERAZIONE GRIFFE? IL CASO HOME PROJECT PRODUCE BESSON Il cineasta Luc Besson. In basso la main page YouTube di Home Project 12 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 Nel maggio 2009, Luc Besson, in veste di produttore esecutivo, ha presentato il film Home del fotografo Yann Arthus-Bertrand, una sorta di proclama in HD sulla crisi ecologica. Abbiamo fatto una pazzia, ha detto Besson: abbiamo deciso di far circolare il film gratuitamente e in simultanea in tutto il mondo. Come dire, “a quanti bei soldi abbiamo rinunciato per amore della causa”. In effetti lo “Home Project” consente di vedere il film su YouTube in 5 diverse lingue e con sottotitoli, e l’operazione ha avuto un certo successo, visto che i counter delle varie edizioni parlano di milioni di contatti. Un film in rete, un film per tante diverse reti. Ma parlare di “pazzia” in questo caso è come minimo ipocrita. Far capire di averci perduto del denaro, poi, è semplicemente bugiardo. Basta cominciare a guardare Home per vedere una sequela di marchi, a cominciare da Gucci, poi Balenciaga, Fnac, e tanti altri. E’ un film griffato: certo, griffati oggi i film lo sono un po’ tutti, da quando la pubblicità occulta si è rifatta una verginità prendendo il nome di product placement, e alluvionare ogni scena di marchi, di profumo o di mobili, o naturalmente delle proibitissime (in teoria) sigarette, è diventato uno dei principali business della settima arte. Ma nel caso di Home è stato fatto un passo più in là. Grazie all’accordo col PPR Group, ditta di promozione che si è specializzata nel settore del lusso, il film è nato come veicolo pubblicitario, tanto da poter fare a meno degli altri normali canali di sussistenza del cinema, dalla sala ai diritti televisivi, e poter passare direttamente alla rete. La cosa può sembrare strana, visto che il film si presenta come un’opera impegnata, combattiva, strumento per una presa di coscienza. Visto che usa la rete come una sorta di tam tam, se non proprio di chiamata alle armi. E se invece, fosse proprio qui la trovata? Nel tanto parlare di guerrilla marketing, ecco trovato un mezzo ancora considerato nobile, come il cinema, ecco individuata una causa che permette a tutti di sentirsi indignati e pronti alla mobilitazione senza però farsi dei veri nemici, ecco la possibilità di usare un canale, YouTube, che favorisce lo spirito di condivisione al di là dei contenuti stessi che vi circolano. Così nasce un’operazione tanto innovativa in termini di marketing quanto poco lo è il film in quanto tale. Home applica al pianeta intero il linguaggio della più standardizzata fotografia di moda. Del resto che cosa ci si può Progetto tanto aspettare dall’uomo che per primo è stato insi- innovativo in termini gnito, in quanto fotografo, della Legion d’onore? Quando un grandissimo musicista come di marketing quanto Maurice Ravel rifiutò quell’onorificenza, con un superficiale nei gesto di saggezza e di responsabilità, un altro grande ma perfido, Eric Satie, disse: “Ravel contenuti rifiuta la Legion d’onore ma tutta la sua musica l’accetta”. Battuta ingiusta, ma che è rimasta. Yann Arthus-Bertrand, il militante della fotografia delle buone cause, la Legion d’onore non si è neppure sognato di rifiutarla. E il suo film, poi, l’accetta e la esibisce in ogni singola inquadratura. BRENDAN FRASER TI TOGLIERANNO IL RESPIRO! DAL 7 MAGGIO AL CINEMA www.puzzoleallariscossa.it glamo rous Ultimissime dal pianeta cinema: news e tendenze 14 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 a cura di Gianluca Arnone AVANTI IL PROSSIMO Tra Kate Winslet e Sam Mendes tutto finito. Non hanno nemmeno aspettato il settimo anno, il matrimonio si è suicidato prima. Nulla dura a Hollywood. Alla fabbrica dei sogni segue la fiera dei fallimenti. Cambiano i nomi, ma la scena si ripete: dopo Tom Cruise e Nicole Kidman, Madonna e Guy Ritchie, avanti il prossimo. E bruci per noi sull’altare delle favole. IL BELLO DI CHIAMARSI ANGELINA Non sarà una santa e non vincerà nemmeno il premio simpatia. Però stavolta ci piace ricordarla così: buona. In Africa tutti sanno del suo impegno umanitario a favore dei bambini. E in Afghanistan ha contribuito di recente (75.000 dollari) all’apertura di una scuola elementare. C’è un pò di “Angelina” nella Jolie. E un pò di cuore anche in questa rubrica. LA LEGGE DEL CONTRAPPETTO Un ministro francese ha bucato il seno di Marion Cotillard. Cercava di appuntarle al petto una medaglia d’onore. Giorni prima l’attrice aveva girato uno spot contro lo strabismo maschile: “tette finte da fronte” per donne che vogliono essere guardate in faccia. La cosa è arrivata al ministro. E chi di seno ferisce, di seno perisce. REMEMBER ME! Ci sarà un giorno in cui si esaurirà l’esangue icona di una stagione emo. Passerà di moda, come tutto. Ma Pattinson non sparirà. Farà il musicista, ha annunciato. Non si sa bene come, ma in fondo che importa? Conta invece la metamorfosi, il teatrale addio alle scene, il cambio di look, il capello cotonato. L’epopea dell’artista che rinasce. Quanto a noi, basterà tapparsi le orecchie. Come oggi chiudiamo gli occhi. aprile 2010 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 15 c olpo d’occhio FE ST IVAL DE L M ES E di Massimo Monteleone Di nuovo Estremo Oriente a Udine, Schermi d’amore a Verona, alta quota a Trento CHICAGO LATINO FILM FAR EAST FILM 1 XII 5 FESTIVAL edizione del festival, a cura PER DESCRIVERE la sua ultima epopea cinematografica Sam Worthington ha usato un’unica inequivocabile parola: “ridicola”. Parlava ovviamente di Scontro tra Titani – dal 2 aprile nelle sale – che vedrà il coriaceo australiano fare a cazzotti stavolta con dei, falsi dei e ciabattai dell’Olimpo in un’orgia di effetti speciali e cafonate mitologiche. A riprova che è lui, oggi, la più efficace effige dell’action mainstream. E anche il suo testimonial meno adatto. del Centro Espressioni Cinematografiche, sul cinema dell’Estremo Oriente (Hong Kong, Giappone, Cina, Corea del Sud, Thailandia, Taiwan, Singapore, Filippine, Indonesia, Malesia). Anteprime, omaggi, retrospettive, incontri con attori e registi. INTERNATIONAL ISTANBUL 6 FILM FESTIVAL Località Udine, Italia Periodo 23 aprile - 1 maggio tel. (0432) 299545 Sito web www.fareastfilm.com E-mail [email protected] Resp. Sabrina Baracetti LINEA D’OMBRA - FESTIVAL CULTURE GIOVANI XV edizione della rassegna internazionale competitiva (e non) di lungometraggi e “corti”, che celebra la creatività giovanile. Il tema odierno è “l’identità” (nel cinema e in altre arti). Previsti omaggi e retrospettive degli ospiti presenti. Località Salerno, Italia Periodo 13-18 aprile tel. (089) 662565 Sito web www.festivalculturegiovani.it E-mail segreteria@festival culturegiovani.it Resp. Peppe D’Antonio 2 Ar ma letale Scontro tra Titani: Worthington si batte da solo SCHERMI D’AMORE 4 VERONA FILM FESTIVAL XIV edizione del festival del cinema sentimentale e mélo, ospitato dalla città di Giulietta e Romeo e del melodramma musicale. Oltre al Concorso internazionale sono previsti rassegne, retrospettive e un omaggio a Ken Russell. Località Verona, Italia Periodo 27 aprile – 2 maggio tel. (045) 8005348 Sito web www.schermidamore.it E-mail veronafilmfestival@ comune.verona.it Resp. Paolo Romano Scontro tra Titani. Sopra: Sam Worthington rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo marzo 2010 XXIX edizione della rassegna competitiva dedicata ai film che trattano le arti. Include una panoramica sul cinema turco e degli altri paesi. Località Istanbul, Turchia Periodo 3-18 aprile tel. (0090-212) 3340723 Sito web www.iksv.org E-mail [email protected] Resp. Azize Tan FESTIVAL DEL CINEMA 7 EUROPEO XI edizione del Festival leccese, a carattere competitivo, che da quest’anno istituisce il “Premio Mario Verdone”. Tra gli ospiti di questa edizione, Carlo Verdone (“Protagonista del cinema italiano”), Isabella Ragonese e Violante Placido. In anteprima Shadow di Federico Zampaglione. TRENTOFILMFESTIVAL – 3 MONTAGNA – SOCIETA’ – CINEMA - LETTERATURA LVIII edizione della più antica manifestazione a concorso sull’ambiente-montagna, compresi alpinismo, sport, editoria del settore e tutela dell’ambiente. Presenta opere documentaristiche e di fiction. Località Trento, Italia Periodo 29 aprile - 9 maggio tel. (0461) 986120 Sito web www.trentofestival.it E-mail [email protected] Resp. Maurizio Nichetti 16 XXVI edizione del festival che presenta più di 100 film e video di ogni genere, riflettendo le diversità della cultura latina fra i vari paesi (Spagna, Portogallo, Stati Uniti e America Latina). Località Chicago (Illinois), USA Periodo 16-29 aprile tel. (001-312) 4311330 Sito web www.latinoculturalcenter. org/filmfest/ E-mail [email protected] Resp. Pepe Vargas Località Lecce, Italia Periodo 13-18 aprile tel. (0832) 524565 Sito web www.festivaldelcinema europeo.it E-mail info@festivaldelcinema europeo.it Resp. Cristina Soldano, Alberto La Monica FESTIVAL INTERNATIONAL 8 DE FILMS DE FEMMES XXXII edizione del noto festival europeo dedicato alle donne registe. Le novità sono nella sezione competitiva (film a soggetto, documentari e “corti”). Località Créteil, Francia Periodo 2-11 aprile tel. (0033-1) 49803898 Sito web www.filmsdefemmes.com E-mail [email protected] Resp. Jackie Buet COVER “Un Robin Hood così non l’avete ancora visto”. Parola di Crowe, di nuovo protagonista per Ridley Scott. Nel kolossal che inaugura il festival di Cannes di Marina Sanna 18 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 Russell Crowe è Robin Hood diretto da Ridley Scott. Arciere al servizio di Riccardo Cuor di Leone con il compito di salvare la patria dalla guerra civile aprile 2010 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 19 COVER Ridley Scott sul set in Inghilterra con Crowe e Cate Blanchett (Lady Marian). Accanto Mark Strong (sir Godfrey, il traditore) “QUANDO HO LETTO la sceneggiatura ho capito che avremmo dovuto cambiare la storia. Con tutto il rispetto per chi l’aveva scritta, non era interessante”, racconta Russell Crowe. E non c’è dubbio: dimenticate la leggenda, il nuovo Robin Hood, firmato Ridley Scott e scelto per aprire il festival di Cannes, non è mai stato raccontato così. Siamo in Francia, al volgere del XII secolo, l’arciere semplice Robin Longstride combatte i Normanni al servizio di sua maestà Riccardo Cuor di Leone. Accade l’imprevedibile: Robin viene coinvolto in una rissa con gli amici e messo alla gogna. Intanto impazzano le Crociate e, prima sorpresa, Riccardo muore. Robin e i suoi vengono liberati e scappano nella foresta francese, nel frattempo i Cavalieri prendono in consegna la corona per riportarla in patria al legittimo erede, il principe John (Oscar Isaac). Nel tragitto vengono attaccati ma arriva Robin Hood che uccide i nemici (fatta eccezione per il traditore Mark Strong, lo sfregiato) e promette a sir Robert Loxley (Douglas Hodge) caduto nell’agguato di portare a termine l’impresa e, contestualmente, la spada al padre, sir Walter Loxley (Max von Sydow) che vive a Nottingham con la bella Marian (Cate Blanchett). Robin e i suoi attraversano il territorio nemico sotto mentite spoglie ma Mark Strong trama nell’ombra e giura vendetta. Intanto Robin, per aiutare Marian, ritrovatasi vedova e quindi senza terra, si improvvisa suo consorte mentre lo sceriffo corrotto (Matthew Macfayden) spadroneggia nel villaggio. “Sono sempre stato un fan di Robin Hood – spiega Crowe -, ricordo ancora Errol Flynn nella versione del ’38, immaginate quindi la gioia nel sentire la proposta di Brian (Grazer, il produttore ndr). Non poteva essere però l’ennesimo remake: doveva avere caratteristiche completamente diverse da quelle narrate finora”. Sul personaggio di Robin Hood le versioni storiche sono diverse e discordanti: rappresentato come un contadino, mercante e poi più tardi, intorno al 1500, trasformato nel signore di Huntington. Quello più popolare e ripreso da Alexandre Dumas nel romanzo Robin Hood Il proscritto, viene privato dei suoi possedimenti dallo sceriffo di Nottingham e diventa un fuorilegge. Crowe voleva rendergli giustizia, almeno al cinema, quindi accettata la proposta di Grazer si è rimboccato le maniche e ha pensato al da farsi: quale regista migliore sul mercato di Ridley Scott? Quello che lo ha portato alla gloria con Il gladiatore (non a caso una scena è stata girata a Bourne Wood in Surrey, lo stesso luogo in cui Maximus raduna le trup- “Non poteva essere l’ennesimo remake: doveva avere caratteristiche completamente diverse da quelle narrate finora” 20 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 aprile 2010 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 21 COVER Nel nome di Robin Flynn, Costner, Connery e la volpe Disney: i volti di una leggenda Ne ha fatta di strada, dal medioevo a oggi, la figura del nobile brigante “che ruba ai ricchi per dare ai poveri”: circoscritto, anche troppo, da un tormentone che ne ha sfumato origini e caratteristiche, Robin Hood – al pari di altri eroi leggendari e popolari – non è riuscito mai davvero ad incidere sul grande schermo quanto la sua fama avrebbe meritato. L’arciere fedele di Riccardo Cuor di Leone - impegnato a difendere dalle mire del fratello Giovanni Senza Terra il trono del re, chiamato a combattere una crociata – riesce comunque a lasciare qualche sporadico segno nell’immaginario collettivo grazie ad una manciata di titoli (pochi, se si considera che le trasposizioni dai primi anni ’10 ad oggi sono circa una ventina, comprese le versioni televisive, tra cui la recente serie britannica, in onda dal 2006 al 2009), già a partire dal lavoro di Allan Dwan del 1922. La ribalta filmica vera e propria, però, si deve al Robin Hood / Errol Flynn di Michael Curtiz, prototipo di quell’antieroe impertinente e sfrontato pe contro le orde barbariche) e con cui ha condiviso 5 film. Con Scott dalla sua parte, Crowe ha poi pensato al cast: Cate Blanchett in primis, a cui aveva già 22 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 che, 53 anni dopo, viene riproposto dal Kevin Costner principe dei ladri diretto da Kevin Reynolds. Meglio di lui, però, aveva fatto sicuramente Sean Connery nell’inglese Robin e Marian (1976) di Richard Lester, affiancato da una Lady Marian d’eccezione, Audrey Hepburn. E, forse, la volpe antropomorfa della versione a cartoni animati rivolto elogi in pubblico per la bravura. Anche l’affiatamento con gli Per aiutare Marian, altri era fondaRobin si improvvisa mentale: Little suo consorte, mentre John, Allan lo sceriffo corrotto spadroneggia nel A’Dayle e Will villaggio Scarlet interpretati rispettivamente da Kevin Durand, Allan Doyle e Scott Grimes, di cui è amico da anni, sono stati invitati nella sua bella casa in Australia mesi prima che iniziassero le riprese in Inghilterra. “Stare insieme era necessario per la riuscita del film. Volevo forma- firmata Walt Disney nel ’73. Davvero da dimenticare, infine, la parodia diretta da Mel Brooks nel 1993 (Robin Hood – Un uomo in calzamaglia) e il misconosciuto Robin Hood – La leggenda di John Irvin, realizzato qualche mese prima rispetto al film di Reynolds, con Patrick Bergin e Uma Thurman. VALERIO SAMMARCO re una squadra vera, atletica e con un background musicale, siamo un gruppo simpatico e allegro. Abbiamo imparato a usare arco e frecce, è stato un po’ come giocare a golf, anzi meglio. Ci siamo preparati duramente e credo si veda”. Il risultato è un kolossal spettacolare, il set è stato ricostruito con dovizia di particolari, sono stati chiamati esperti di ogni tipo per costumi e location (solo Nottingham ha preso oltre duemila acri nei dintorni di Hampton) e le scene di azione impressionanti: quando c’è da battersi Russell non si tira certo indietro. Sequel in agguato? Senza raccontare troppo possiamo anticipare che dove finisce il film incomincia la vera storia di Robin Hood… % SELEZIONE UFFICIALE 2009 FUORI CONCORSO SELEZIONE UFFICIALE 2009 VINCITORE DI 7 PREMI GOYA $/(66$1'5,$(*,772'& ,/021'2&$0%,Ó3(56(035( R CHEL WEISZ UN FILM DI ALEJANDRO AMENÁBAR DAL 23 APRILE AL CINEMA WWW.AGORA.MIKADO.IT SOUNDTRACK ON esclusivo Ritratto di signore Il direttore del Museo del Cinema Alberto Barbera intervista il presidente di Cannes Gilles Jacob. Un intellettuale che ha cambiato il panorama dei festival e ha appena pubblicato Livre d’or: una raccolta di foto commentate da personalità del mondo dello spettacolo Gilles Jacob con Thierry Frémaux e Veronique Cayla. Accanto un autoscatto, sotto Alberto Barbera Dopo il bell’album di ricordi La vie passera comme un rêve dello scorso anno, un nuovo libro in libreria: Livre d’or. Diverso da tutti i precedenti per molti motivi. In che cosa consiste? Si tratta essenzialmente di una raccolta di fotografie, il che potrebbe forse sorprendervi. Il fatto è che sono abituato a camminare molto e in occasione delle mie lunghe passeggiate porto sempre in tasca uno di questi nuovi apparecchi digitali che pesano come una piuma ma offrono straordinarie prestazioni. Così ho esercitato il mio gusto per l’immagine riprendendo scene, luoghi, personaggi che mi apparivano come l’inizio di una storia. Questa sensazione mi ha fatto venir voglia di chiedere a degli artisti amici che cosa questi cliché evocavano in loro. E’ così che Livre d’or ha assunto nello stesso tempo la forma di un album fotografico molto personale – assai poco legato a Cannes – e una raccolta di testi e commenti che vanno da Paul Auster a Juliette Binoche, da Woody Allen a Emmanuel Carrère, da Raymond Depardon a Clint Eastwood o Olivier Assayas. Come è nato il suo rapporto con il cinema e su che cosa si fonda? E’ nato quando la mia balia mi ha portato al cinema per poter abbracciare nel buio il suo innamorato e sono stato costretto a fissare lo schermo. Lì, ho visto le gambe delle ragazze delle attualità Fox Movietone che ancheggiavano in cadenza e mi sono innamorato… Trentatré anni alla guida del festival di Cannes, prima come direttore poi aprile 2010 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 25 esclusivo esclusivo L’attrice Dominique Blanc commenta uno scatto di Jacob, sotto Fanny Ardant dice la sua. Pagina successiva Sean Penn a Cannes come presidente. Un caso unico, un’esperienza senza equivalenti in nessun altro paese del mondo. Come spiega questa continuità altrove impossibile? Forse è la dimostrazione della costanza di una passione coniugata alla capacità di rinnovarsi che mi ha consentito di adattarmi a tutte le evoluzioni del cinema. Questa perennità è stata resa possibile grazie all’indipendenza che ci viene garantita dai poteri pubblici francesi, di qualunque tendenza essi siano, senza trascurare un fatto fondamentale: il sostegno da parte degli artisti. 26 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 Che cosa ricorda con maggior piacere e quale errore vorrebbe non aver commesso nella sua carriera? Precisamente questa prossimità con gli artisti che si è manifestata a più riprese e in particolare in occasione degli anniversari in cui ho avuto l’immensa soddisfazione di poterli riunire a Cannes, senza dimenticare i progetti artistici come Chacun son cinéma (il film a episodi realizzato in occasione del 60° anniversario del festival – ndr), dove ho potuto giocare al direttore d’orchestra, dirigendo la creazione di alcuni fra i più grandi nomi del cinema mondiale. Che cosa poter sognare di meglio?! Quanto all’errore, non so se rimpiangere maggiormente i film che non ho saputo selezionare o quelli che non avrei dovuto, secondo i critici che sono miei colleghi. Lei ha contribuito in maniera decisiva a fare di Cannes l’appuntamento festivaliero più importante del mondo. Il “50 commenti di 50 artisti ai quali avevo chiesto una fantasticheria intorno a una foto e soprattutto di non dirne bene!” più grande e il più prestigioso. Capace di conciliare le ragioni dell’arte con quelle del mercato. Determinato a far convivere la difesa degli autori con le ragioni di produttori e distributori. A che cosa deve tutto ciò? A me stesso (scherzo!). Ho già risposto in parte a questa domanda. Per sviluppare le qualità di cui lei parla, bisogna naturalmente poter lavorare con la tranquillità di spirito che conferisce un’istituzione stabile. Ho avuto la fortuna di ricevere una duplice formazione, divisa fra l’amore per il cinema e il senso della gestione di un’impresa, il che mi ha consentito di sviluppare i mezzi della nostra indipendenza finanziaria, politica, diplomatica, professionale, unita a una visione del futuro della manifestazione che ha sempre guidato e accompagnato ogni pur minima decisione. Prima che prendesse piede in alcuni importanti festival l’idea di affiancarvi un fondo destinato allo sviluppo e al sostegno di opere prime e seconde, un importante produttore si disse scandalizzato all’idea che un festival potesse pensare di essere qualcosa di aprile 2010 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 27 esclusivo più e di diverso di una semplice vetrina dell’esistente. L’esperienza della Cinéfondation di Cannes, del World Film Fund di Berlino, dell’Hubert Bals Fund di Rotterdam, del Torino Film Lab, sembrano dimostrare esattamente il contrario. Che ne pensa? Lei sta parlando con l’ideatore della Cinéfondation, che in questi dodici anni ha sviluppato la sua attività lungo tre direttrici: potrà facilmente dedurne che giudico indispensabile che un festival si preoccupi di assecondare la creazione dal momento in cui si manifesta. Mostrare dei film sarà ben presto un gesto che richiede non più di un secondo per essere convogliato su migliaia di schermi disseminati per tutto il mondo. E’ dunque un ruolo che non si identifica più con l’unica missione di un festival di cinema che si rispetti. Mi sembra che siamo sempre di più spinti a interpretare un ruolo di sostegno degli artisti e di luogo privilegiato d’incontro. I festival di oggi sono molto diversi da quelli di un tempo e forse lo saranno sempre di più in un domani che non appare così lontano. Come vede il futuro di queste manifestazioni? Prendo atto con piacere che siamo sulla stessa lunghezza d’onda, perché prevedo la domanda successiva! Il futuro del cinema? Come diceva il generale De Gaulle a proposito di tutt’altra cosa: “Vasto problema!” E il futuro della sala cinematografica? Fintanto che i ragazzi avranno voglia di uscire di casa per incontrare le ragazze al buio e scoprire il mondo e la vita, l’avvenire è assicurato! Ultima domanda: c’è un aneddoto che riguarda i suoi incontri con gli artisti o gli attori che le piacerebbe raccontare? Ne ho svelati alcuni in La vie passera comme un rêve, in particolare quello in cui, un giorno, a Venezia (che lei all’epoca dirigeva), ho scambiato Bertolucci per Milos Forman… Dissolvenza in nero. Vada ancora per un inedito, proprio perché è lei: il giorno in cui ho fatto apparire un sorriso irresistibile sul bel viso di Jane Fonda ricordandole pubblicamente le 20.00 pagine del dossier che l’FBI conservava su di lei… % Jane Fonda e Sharon Stone fotografate da Jacob sulla Montée di Cannes, da sfogliare con tante altre nel nuovissimo Livre d’or 28 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 intervista IRAQ "Da Bourne a Green Zone, inquadro la paranoia post 11 settembre", dice Paul Greengrass. Con Matt Damon, "tra popcorn e ricerca della verità" di Federico Pontiggia 30 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 T ra Bourne e United 93, “un mix di popcorn movies e cinema-verità”. Definizione del regista Paul Greengrass, è Green Zone, che porta il maresciallo Matt Damon in Iraq, sulle tracce delle famigerate armi di distruzione di massa: Cia contro Pentagono, iracheni contro iracheni, tutti contro tutti. Titolo che indica l’area protetta del comando Usa e britannico a Baghdad, la spy-story pare la seconda parte di un dittico del dolore americano, iniziato con l’11 settembre di United 93. Greengrass, è così? Se guardo ai miei ultimi quattro film, Bourne Supremacy, United 93, Bourne Ultimatum e Green Zone, credo che in diversi modi si indirizzino tutti alle turbolenze innescate dall’11 settembre. Da un lato, il factual filmaking di United 93, dall’altro i popcorn movies del dittico di Bourne, che inquadra la contemporanea paranoia globale, infine, Green Zone, che è il tentativo di sposare questi due versanti. aprile 2010 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 31 intervista Green Zone: qui Jason Isaacs, a fianco Brendan Gleeson, sotto Greg Kinnear Dopo averla bastonata con Bourne, qui rivaluti la CIA e accusi il Pentagono: perché? Non esiste alcun dubbio, la Cia a quei tempi era molto ostile verso il caso intelligence costruito per le armi di distruzione di massa: l’input non venne dall’Agenzia, ma dall’interno del Pentagono. La Cia fu molto cauta e critica a riempire il buco delle armi che non si trovavano: si è dimostrata molto più lungimirante, anche perché a differenza della Difesa non credo fosse guidata ideologicamente. Comunque, dopo Bourne, ho voluto pareggiare il conto con un agente buono... La tua mission a Hollywood sembra quella di combinare l’action mainstream all’indagine geopolitica indipendente: come ci riesci? Faccio film che, in un modo o nell’altro, si impegnino a inquadrare il mondo reale, e mi adopero per trovare gli strumenti migliori. Il singolo contro il potere politico: una costante della tua filmografia Credo sia un ottimo espediente per esplorare quel che succede oggi, ma ora forse è giunto il momento di cambiare: basta guerra. Sei alla terza collaborazione con Matt Damon: com’è il vostro rapporto? Avete in cantiere un quarto film sulla crisi economica? No, non so ancora che farò: vediamo 32 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 come va Green Zone, e poi decideremo. Ma di certo farò altri film con Matt, siamo buoni amici e amo lavorare con lui. È un magnifico attore e un grande partner creativo: in qualsiasi progetto tu lo inserisca, sa portare delle idee brillanti. Un iracheno gli dice: “Non sta a voi a decidere cosa deve succedere qui”. Riflette la tua posizione sulla guerra in Iraq? Credo sia molto importante che in un film tu non dia la tua opinione, ma che la tua opera abbia un forte punto di vista. È una differenza fondamentale: la storia deve avere un punto di vista chiaro, così che lo spettatore possa prenderne ciò che vuole, ma non offrire l’opinione del regista, che reputo poco interessante. In altre parole, tutto quel che avevo e ho da dire è nel film. Credi che il governo Obama porti significativi cambiamenti nella politica estera Usa? Non lo so, se racconti storie devi stare lontano da politica, devi lasciare che sia solo il tuo film a parlare. % “Obama? Non so che dire: se racconti storie, devi star lontano dalla politica. E far parlare i tuoi film” Il regista Paul Greengrass sul set con il soldato Matt Damon personaggi Lunga vita a Pierce! Brosnan è riuscito dove tanti hanno fallito: uccidere Bond. Come? Grazie al talento, chiedete a Polanski… di Daniel Lombard Olivia Williams in L’uomo nell’ombra di Roman Polanski. A destra, Pierce Brosnan 34 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 TRE FILM IN USCITA. In uno, già in sala, è un peloso centauro (Percy Jackson e gli Dei dell’Olimpo), nel secondo, Remember Me, il padre problematico di Robert Pattinson e nel terzo... Tony Blair. “Ero a Londra quando il mio agente mi disse che aveva ricevuto una telefonata del sig. Polanski. Voleva vedermi. Ero molto intrigato, andai a Parigi, pranzammo insieme e mi parlò subito del personaggio che desiderava interpretassi. Tony Blair, appunto. Abbiamo parlato molto di lui, e poi del resto, della famiglia, della vita. Un uomo intelligente, brillante, caustico. E lo è anche ora, in questo momento difficile”. Sorride, un foulard improbabile al collo per difendersi dal freddo berlinese (il film L’uomo nell’ombra, che ha visto collaborare i due come regista e protagonista, ha vinto l’Orso d’argento), Pierce Brosnan è un uomo affascinante, uno di quei lord bizzarri e piacenti che in qualche fumetto starebbero benissimo. L’ex James Bond - l’esclusione sembra ancora bruciargli - sa giocare con il suo aspetto fin dai tempi di Remington Steele, serie tv investigativa in cui il suo fascino era fonte di risa più che di conquiste. Forse perché, come avviene nel film di Polanski con Olivia Williams, quando c’è una donna a smontarne il fascino da irlandese impenitente, lui ne guadagna. E pensare che a fare l’attore, come dicono tutti, neanche ci pensava. “Ora, per fortuna, sono un attore che lavora, nonostante un inizio orribile. Ci ho messo molta passione e ce l’ho fatta. Quando ero giovane, lavoravo in uno studio di produzione, facevo per lo più Klingons fights umpteen dwarves. Batman grew up, then two chrys aprile 2010 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 35 personaggi tazze di tè e fotocopie, annaffiavo le piante, ma sognavo che un giorno avrei fatto qualcosa di più nel cinema. Mi vedevo produttore, ero troppo riservato per recitare. Un giorno un amico mi disse che organizzavano un workshop di recitazione, io non sapevo neanche cosa volesse dire. Dovevo chiudere gli occhi e vagare, toccare i visi delle altre persone. Ho pensato che era quello che volevo fare. Ho iniziato in un piccolo teatro, un mix incredibile di artisti, poeti, musicisti, attori, era il tempo delle Black Panthers e ho scoperto Sartre, Cechov, è stata la mia scuola, la mia formazione. Quel portfolio di dipinti e disegni divenne il “Quando ero giovane, lavoravo in uno studio di produzione, facevo per lo più tazze di tè e annaffiavo le piante” mio passaporto. Così decisi di fare l’attore, avevo presenza scenica, ma ero completamente disarticolato. Ed è incredibile che dopo tanta gavetta ebbi il ruolo di James Bond”. Fece risorgere l’agente di sua maestà dall’oblio in cui le difficoltà della MGM (e Timothy Dalton) l’avevano portato. Un poker di Ewan McGregor con Brosnan. Sotto un’altra scena di L’uomo nell’ombra 36 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 successi per farne una nuova icona. L’ingrato accantonamento dei rivitalizzati produttori poteva essere una mazzata per chiunque, non per questo vecchio ragazzaccio che dietro quel sorriso così bello da sembrare finto perfetto per il politico Adam Lang, protagonista dal carisma “di plastica” de L’uomo nell’ombra - nasconde un carattere temprato dalla gavetta, dalla tv fatta a ritmi e intensità straordinari, per qualità e quantità. E così è sfuggito all’etichetta- “la temevo, come tutti coloro che accettano l’eredità di Connery e Moore: sai che è una proposta che non potrai rifiutare, allo stesso tempo sai che potrebbe essere una meravigliosa, gustosissima polpetta avvelenata”- riuscendo a ritagliarsi spazi per altri film in mezzo alle avventure da spia. “Mi ha aiutato la voglia di non fermarmi, di accettare ruoli che ho amato anche nel loro essere piccoli e marginali”. Anche perché con l’età la voglia di divertirsi è aumentata. “E’ vero. Mamma mia! per esempio è stata un’esperienza magnifica: recitare senza gelosie e prendendosi in giro continuamente con due attori straordinari come Firth e Skarsgård, duettare, in tutti i sensi (anche se il canto non è che gli si addica poi tanto, ndr) con Meryl Streep, sono regali speciali. Così come può apparire una follia quella di aver accettato The Matador di Richard Shepard. E invece ha saputo toccare parti di me diverse, la coppia formata con Greg Kinnear era unica nel suo genere, e io ho scoperto cose del mio lavoro che non conoscevo. O forse, semplicemente, non ricordavo”. E l’impressione è che l’entusiasmo sia in crescendo. “Se sei diventato famoso e abbastanza benestante, puoi permettertelo. Ora c’è un film che voglio fare da molto tempo, The Dresser. Forse anche da regista. Mi piacerebbe farlo a Babelsberg, qui in Germania, perché è un posto splendido, stimolante, rinvigorente, qui c’è molto rispetto per il lavoro degli artisti ed è appagante. Los Angeles, Hollywood, invece, sono posti strani”. % FESTIVAL DI CANNES 2009 UN CERTAIN REGARD Premio Speciale della Giuria , A L R U , A T N A C E H C IL FILM . N A R E H E T A À T R SCANDISCE LA LIBE UN FILM DI BAHMAN GHOBADI BAHMAN GHOBADI HOSSEIN ABKENAR SI RINGRAZIA ROXANA SABERI TURAJ ASLANI MONTAGGIO HAYEDEH SAFIARI SUONO NEZAMODIN KIAIE MIX BAHMAN ARDALAN PRODUTTORE ESECUTIVO BEHROZ GHOBADI CON NEGAR SHAGHAGHI ASHKAN KOOSHANEJAD HAMED BEHDAD BABAK MIRKHANI SCENEGGIATURA DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA WWW.IGATTIPERSIANI.IT DAL 16 APRILE AL CINEMA PRODUTTORI MIJ FILM Alba, cosa vuoi di più? Che fosse brava lo sapevamo, ma sexy così non l’avevamo mai vista: i numeri (primi) della Rohrwacher di Michela Greco aprile 2010 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 39 made in italy Alba Rohrwacher. Sotto con il cast e Silvio Soldini MINUTA, ESILE, chiara di carnagione, quasi una bambola di porcellana da trattare con estrema delicatezza, Alba Rohrwacher in realtà è capace di tirar fuori un coraggio e una determinazione – dentro e fuori dal set – degni del suo cognome così aggressivo. E così negli ultimi due anni è stata protagonista dei film italiani più importanti, conquistandosi un David di Donatello per il suo ruolo in Giorni e nuvole, approdando al festival di Venezia con la bruttina Giovanna voluta da Pupi Avati e ora buttandosi anima e corpo (è proprio il caso di dirlo) nei panni (sporchi) di Anna, la protagonista di Cosa voglio di più di Silvio Soldini, mostrato alla Berlinale nella sezione Panorama Special Gala. Storia di un tradimento vista al microscopio, con la macchina da presa che si insinua non solo tra le lenzuola di due amanti clandestini, ma anche tra le pieghe del senso di colpa, e di realtà, che minaccia le loro coscienze di padre di famiglia e di donna che convive da anni con un compagno. Senza compiacimenti ma nemmeno censure, Soldini ha mostrato la passione attraverso i corpi 40 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 “Per me è stato più difficile affrontare i ritorni a casa e i confronti con il compagno tradito” intrecciati di Alba e Pierfrancesco Favino, una bella sfida: “Abbiamo girato le scene di sesso come tutte le altre del film – racconta la protagonista –. Ne abbiamo parlato a lungo, le abbiamo provate, cercando di capire fino in fondo i personaggi, i loro sentimenti, le loro intenzioni. Ci abbiamo messo tutte le nostre paure e le abbiamo affrontate. Ma confesso che più degli incontri passionali, per me è stato difficile affrontare i ritorni a casa e i confronti con Giuseppe Battiston, il compagno tradito“. Il risultato è che quelle di Cosa voglio di più sono tra le scene di sesso più belle viste nel nostro cinema. Dichiaratamente ispirate a film come Intimacy e Matrimonio tardivo, Soldini le ha girate mettendosi lui stesso al carrello, con pochissime persone nella stanza, e realizzando lunghe sequenze senza interruzioni. Ma in realtà non è solo il sesso il punto: “Sul set e fuori, io e Pierfrancesco abbiamo discusso molto sui nostri personaggi. All’inizio c’è stata la curiosità di scoprire insieme a Silvio un personaggio che era lontanissimo da quelli che avevo fatto. Abbiamo cercato «il fuori» di Anna, l’esteriorità. Lei esiste grazie agli altri, grazie a Domenico e alla famiglia, e quando si innamora di quest’uomo è una sorpresa: pensava di essere felice con il suo compagno, e non sapeva di volere di più”. Ora, dopo averla vista nei panni della rampolla ribelle di Io sono l’amore di Luca Guadagnino, aspettiamo la trasformazione di Alba Rohrwacher in Alice, la problematica protagonista de La solitudine dei numeri primi di Saverio Costanzo. % L’amore ai tempi della crisi “Anche i tradimenti ne risentono”. Silvio Soldini docet “Non è facile l’amore clandestino quando si fa fatica ad arrivare a fine mese”. Se passione, adulterio e sensi di colpa sono senz’altro gli ingredienti principali di Cosa voglio di più, quel mondo un po’ laterale e periferico in cui si muovono Anna e Domenico (Rohrwacher e Favino) è determinante. “E’ per questo che – dice Soldini – come set ho scelto Milano, dove non giravo un film da 17 anni. Avevo bisogno di una metropoli dinamica, dove fosse chiaro il contrasto tra centro e periferia, per evidenziare ciò che i miei protagonisti non possono permettersi semplicemente mostrando Anna che prende il treno per andare a lavorare”. In effetti Anna non si concede vacanze perché deve pagare il mutuo, e Domenico è costretto a chiedere un anticipo al suo capo per mantenere moglie e figli piccoli. “Ai tempi di Giorni e nuvole non si era ancora preparati all’indigenza, alla disoccupazione, anche se il problema era nell’aria. Oggi ci siamo abituati, ma in un certo senso con quel film ci abbiamo azzeccato”. M.G. Ancora la Rohrwacher. A sinistra con Giuseppe Battiston, il marito nel film aprile 2010 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 41 42 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 buona la prima TRAVOLTA DA UN INSOLITO DESTINO... "Dopo John e Rhys-Meyers, posso pure tornarmene a casa", dice Kasia Smutniak. Che da una Paris stellare guida la carica degli esordienti (molto particolari) di Federico Pontiggia “ARRIVERÒ LÌ E NON RIUSCIRÒ A SPICCICARE UNA PAROLA: fortunatamente, questo timore è durato 5 minuti, perché mi hanno messo subito a mio agio, da grandi professionisti quali sono”. Tutti i battiti del cuore di Kasia Smutniak, che compie il grande balzo nel cinema che conta, e non solo i soldi: From Paris with Love, produzione franco-hollywoodiana con protagonisti John Travolta e Jonathan Rhys Meyers. Diretto da Pierre Morel, prodotto da Luc Besson, un action thiller che proietta la Smutniak tra le braccia del diplomatico Usa Rhys Meyers e sotto le rudi attenzioni dell’agente CIA Travolta: tra droga e terrorismo, sparatorie e inseguimenti, un battesimo di fuoco che ha lasciato estasiata l’attrice, italiana d’adozione: “Posso pure tornarmene in Polonia, dopo aver recitato con quei due”. Ovvero, Travolta: “Non avrei mai pensato neppure di incontrarlo, figuriamoci lavorarci insieme. Mi ha colpito per il lato umano, è estremamente simpatico: in conferenza stampa a New York, ha tenuto a dire pubblicamente quanto fossi brava, chi altro l’avrebbe fatto? Ed è pure generoso, ti confida i segreti della sua recitazione” e Rhys Meyers: “E’ irlandese, ma parla italiano: aprile 2010 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 43 buona la prima d’altronde, gli irlandesi sono come i napoletani, e Jonathan è supercaloroso, sorridente e affascinante”. Seppure la “familiarità low-budget e totalizzante” di Nelle tue mani di Peter Del Monte “potrà difficilmente essere sostituita in cima alle mie gratificazioni”, From Paris with Love ha catapultato Kasia in un universo produttivo in cui “la superprofessionalità non ti permette di distrarti ma di pensare unicamente al tuo lavoro. E che dire di Notre-Dame illuminata appositamente alle 5 di notte, nonostante sullo schermo sia poco più di un puntino? Roba dell’altro mondo, anzi di un altro mondo…”. Dallo “scontro di civiltà” parigino a maggio ritroveremo la Smutniak in quello Per un ascensore a Piazza Vittorio, mentre le sale d’ottobre l’accoglieranno con La passione di Mazzacurati, ma ora è tempo di bilanci: “Da Paris torno a casa come da un viaggio emozionante: tanti bei ricordi, professionali e non”. % Martina sul mare “Spietata? Macché, vera”. La Codecasa in digitale per D’Alatri Modella? Qualche copertina, grazie a mamma e sorella. Fotografa? Un grande hobby, ma nulla più. Cinema? Sì, ma da Londra back to Italy. 22 anni, professione (neo)attrice, è Martina Codecasa, fuggita a New York a 19 anni per imparare la lingua – “Ma ero sola e m’è venuta la psoriasi” – e già nell’amore di Luca Guadagnino. Ma il debutto da protagonista gliel’ha dato Alessandro D’Alatri, previa investitura di Carolina Crescentini: Sul mare, storia digitale d’amore e morti bianche sull’isola di Ventotene. Che è lo sfondo ideale per esaltare la bellezza non stereotipata e il carattere volitivo della Codecasa: non saranno rose, ma lei non smobilita: “La mia Martina a più di qualcuno potrà sembrare arida, io credo solo sia vera: oggi il malessere dei giovani è ingestibile”. Capito? F.P. John Travolta in From Paris with Love; pagina precedente, Kasia Smutniak e Jonathan Rhys Meyers “Travolta mi ha colpito umanamente: è generoso, fuori e dentro il set”, dice la Smutniak 44 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 UN SOGNO DA BRIVIDI “L’Italia ha bisogno di horror”, dice Zampaglione. Che prova a rilanciare il genere con Shadow “L’horror? Un sogno che si è avverato”. Ha l’entusiasmo del neofita Federico Zampaglione. Come se il debutto dietro la mdp non fosse mai avvenuto (Nero Bifamiliare, 2007): “Shadow è il cinema che voglio fare – confessa il “Tiromancino” -. Quello che ho amato prima della musica, seguito sin da bambino con i film di Argento e Bava.” Un genere che da noi sembra però aver esaurito la sua spinta. E’ un problema ideologico. L’horror aveva in Italia una nobile tradizione e una vasta cerchia di fan, ma è stato sacrificato sull’altare del perbenismo televisivo. Si riparte da Shadow dunque? Me lo auguro. Perciò ho voluto Una scena di Shadow; sotto, il regista Federico Zampaglione fare qualcosa di nuovo, che sovvertisse le regole, facesse a meno di mostri e portasse a galla un malessere reale. In fondo, cosa c’è di più mostruoso dell’uomo? Senza distinguere più tra vittime e carnefici? La nostra Storia non ci autorizza a farlo. Il Male che abbiamo prodotto divora tutti, vittime e carnefici. Non si salva nessuno? La donna. Nel film è Angeline, un angelo. Prossimi progetti? Una piccola casa di produzione che rilanci il genere e aiuti giovani talenti. Io? Non so se farò altri film, ma so già come saranno: da paura! G.A. Rocco Papaleo coast to coast “Bisogna imparare ad attraversarsi: fare coast to coast nel proprio intimo”. Parola di Rocco Papaleo, che esordisce dietro la macchina da presa con una commedia musicale on the road: Basilicata coast to coast, ispirata al teatro-canzone e dall’amore per la propria terra. Dal Tirreno allo Jonio a piedi, seguiamo quattro scalcagnati musicisti – il bello e “sfigato” Alessandro Gassman, l’introverso Paolo Briguglia, il silente Max Gazzè e la guida spirituale Papaleo – e un’incazzosa reporter – Giovanna Mezzogiorno, che purtroppo canta pure… - tra imprevisti picareschi e intermezzi musicali fino all’approdo terapeutico. “Un’esperienza entusiasmante: da attore iniziavano a mancarmi gli stimoli, qui l’unico problema è stata la fatica”, conclude Papaleo, che porta Sideways di Alexander Payne in Lucania… F.P. aprile 2010 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 45 Non chiam giocattoli! Uno, due e… 3D: Toy Story torna in sala in veste stereoscopica, 46 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 anteprima ateci in attesa del nuovissimo, spettacolare terzo episodio di Valentina Neri aprile 2010 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 47 VERSO L’INFINITO e oltre. Aveva ragione Buzz Lightyear a dire questa frase. Quattordici anni dopo l’uscita nelle sale di tutto il mondo, lo space ranger e il suo amico con il “serpente nello stivale”, lo sceriffo Woody, sono ancora sotto i riflettori grazie ad una nuova edizione stereoscopica. In attesa dell’uscita di Toy Story 3, il 7 luglio prossimo, Disney-Pixar ha infatti deciso di ridistribuire i primi due capitoli della saga nella modaiola versione da gustare con gli occhialini. Per sole due settimane arriveranno in sala Toy Story, 30 aprile, e Toy Story 2 - Woody e Buzz alla riscossa, 7 maggio. Un’occasione imperdibile per tutti i fan della serie e per le nuove generazioni che nel 1996 non hanno potuto guardare il film sul grande schermo. Ma l’importanza di questo film va oltre la riedizione 3D. Toy Story è infatti il primo lungometraggio della Pixar, la factory di animazione più popolare al mondo, nonché una pietra miliare nella storia del cartoon moderno visto che fu il primo ad essere girato interamente in computer grafica, o CGI. Anche se sul primato non sono d’accordo gli animatori brasiliani che considerano Cassiopeia di Clóvis Vieira, la prima pellicola interamente progettata e realizzata al computer, mentre il film di 48 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 Lasseter pare sia stato lavorato al computer solo in un secondo momento. Inoltre lo sviluppo di Toy Story è legato strettamente alla carriera di John Lasseter, l’animatore-regista Leone d’Oro a Venezia, che ha fondato la Pixar e oggi è il direttore creativo della sua compagnia e della Walt Disney Animation Studios. Lasseter comincia a pensare ad un film in computer grafica sui giocattoli alla fine degli anni ’80, quando realizza il corto Tin Toy, vincitore dell’Oscar per il miglior cortometraggio animato. Protagonista del film un pupazzetto musicista, che vive di vita propria quando gli umani lasciano la stanza. La grafica avveniristica e la qualità tecnica di Tin Toy richiama su Lasseter l’attenzione della Disney, al punto che la compagnia di Topolino e la Pixar firmano un accordo di collaborazione per tre film. Il primo è appunto Toy Quattordici anni dopo, occasione imperdibile per tutti i fan della serie e per il pubblico più giovane Story. Scritto da un team di sceneggiatori che includevano il regista Lasseter, il futuro papà della serie Buffy Joss Whedon, e diversi nomi storici della Pixar come Joe Ranft, Andrew Stanton e Pete Docter, il film riprende l’idea che i giocattoli siano solo apparentemente senza vita e che una volta rimasti soli conducano una loro esistenza. E’ quello che accade anche a Woody, il pupazzo cowboy sviluppo delle tecniche di computer grafica. Se a questo aggiungete le canzoni di Randy Newman, interpretate in italiano da Riccardo Cocciante, e le voci di Tom Hanks (Fabrizio Frizzi nella versione italiana) nei panni di Woody, e Tim Allen (Massimo Dapporto) in quelli di Buzz, avrete la ricetta del successo di un film, cardine dell’animazione, che nonostante i quasi due sequel all’attivo, si prepara ad un grande ritorno in sala preferito dal suo padroncino, il piccolo Andy, e ai suoi colleghi giocattoli quando la loro cameretta è deserta. A turbare la loro tranquilla doppia vita, l’arrivo del nuovissimo Buzz Lightyear, uno space ranger che in poco tempo conquista il suo cuore confinando Woody e compagni nel dimenticatoio. Accecato dalla gelosia, Woody cerca di sminuire Buzz e di sabotarlo, ma alla fine l’eroe intergalattico riesce a far breccia nel cuore del vecchio cowboy. E non solo nel suo: Toy Story conquista il pubblico, che lo premia con 362 milioni di dollari d’incasso. Niente male per il primo film di una compagnia semisconosciuta, che con un budget di 30 milioni riesce a ottenere 3 nomination agli Oscar 1996 (miglior canzone, colonna sonora e sceneggiatura) e fa vincere a John Lasseter una statuetta speciale per lo nello splendore del 3D stereoscopico. Aveva ragione Lightyear: la vita di Toy Story va ben oltre l’infinito. % Tecniche 3D e sequel Nel 1999 Woody e Buzz sono stati protagonisti del sequel in cui Woody veniva rapito da un avido collezionista di giocattoli d’epoca. In quell’avventura, i nostri amici trovarono una nuova amica, Jess, cowgirl che fece perdere la testa allo space ranger Lightyear. Costato 90 milioni di dollari, il film incassò quasi 485 milioni. Nel nuovo sequel i nostri eroi vengono impacchettati per finire in soffitta quando il loro padroncino Andy parte per il college. Per un errore, però, la scatola con tutti i giocattoli finisce in un asilo nido. Scoperto che non tutti i giochi appena conosciuti sono buoni come vogliono far credere, i nostri amici si daranno alla fuga, ma Buzz sarà resettato per errore e reimpostato nella lingua spagnola. Diretto da Lee Unkrich, il terzo capitolo vede 14 nuovi personaggi e doppiatori d’eccezione tra cui Michael Keaton, nei panni di Ken, Timothy Dalton, in quelli di un porcospino di peluche, e Whoopi Goldberg, un polipo. Toy Story 3 è stato pensato dall’inizio in 3D, mentre per la stereoscopia dei due vecchi capitoli è stato necessario un lavoro di 6 mesi per creare ed elaborare digitalmente la percezione di profondità di ogni singola scena. Un processo che Lasseter ha definito scherzosamente “Archeologia digitale”. aprile 2010 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 49 IL GARBO DELLA sfinge Non sex-appeal, ma fotogenia: il fascino di Greta. “Luna” per Risi, Ninotchka per Lubitsch: il ricordo a 20 anni dalla morte di Orio Caldiron COME NON RESTARE ABBAGLIATI, rivedendo oggi Ninotchka (1939), dalla felicità inventiva di una delle più belle commedie di Lubitsch? Se Bulianoff, Iranoff, Kopalski, gli agenti sovietici in missione a Parigi, cedono subito alle lusinghe del capitalismo, la compagna Greta Garbo, l’inflessibile commissario Nina Yakusciova, ci mette di più a lasciarsi catturare dal fascino della Ville Lumière. Alla fine perde la testa, ma non l’improbabile cappellino che ha adocchiato fin dall’inizio. S’innamora, ride, si ubriaca, cade fucilata dal botto di 50 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 un tappo di champagne dopo la celebre arringa: “Compagni! La rivoluzione è in marcia, le bombe cadranno, la civiltà crollerà in pezzi. Ma per favore non adesso”. Lanciato con lo slogan “Garbo laughs!”, il film sembra aprire una nuova, inattesa stagione nella carriera dell’attrice, mai apparsa prima in una commedia. Ma il clamoroso insuccesso di Non tradirmi con me (1941) la convince a lasciare per sempre il cinema ad appena trentasei anni. Nessun’altra aveva saputo raccontare come lei la passione amorosa di una ritratti aprile 2010 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 51 ritratti ventina di film diseguali, da La carne e il diavolo (1927) a La donna divina (1928), da Destino (1929) a Anna Christie (1930), da Mata Hari (1932) a Grand Hotel (1932), da Come tu mi vuoi (1932) a La Regina Cristina (1933), da Anna Karenina (1935) a Margherita Gauthier (1937). Il volto intenso, la camminata altera, il magnetismo della immedesimazione totale, a cui non sono estranee la tenerezza e l’ironia, fanno di Greta una delle più alte incarnazioni del cinema come arte, confrontata a più riprese con il grande Charlot di Chaplin. Nonostante i suoi film siano spesso modesti, affidati alle logore convenzioni del melodramma e alla banalità di registi privi di estro, per sedurre le platee la bellezza misteriosa della sfinge svedese non ricorre al sexappeal ma alle segrete alchimie della strepitosa fotogenia. Il trionfo della Garbo, di cui il pubblico Il volto e la camminata ne fanno una delle più intense incarnazioni del cinema come arte 52 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 femminile invidia i costosi vestiti che indossa sullo schermo, viene spesso attribuito ad Adrian, il costumista della Metro Goldwyn Mayer che la studia come un chirurgo scruta il paziente con i raggi X. Alla sua immagine essenziale, inimitabile, archetipa, avrebbero contribuito i grandi cameramen hollywoodiani, a cominciare da William Daniels. Nessuno sembra voler ammettere che Greta ha fatto tutto da sola – Cecil Beaton l’ha paragonata a un sismografo capace di registrare la gamma più delicata e impercettibile di vibrazioni – dimostrando la singolare creatività di un’interprete che è stata regista di se stessa, una straordinaria, irripetibile attrice-autrice. Il paradosso della grande svedese è che, senza la logica brutalmente commerciale degli studios, Greta non si sarebbe dovuta inventare da sé, ma per preservare il fantasma a cui aveva dato vita, il fascino senza tempo della sua miracolosa apparizione, ha dovuto condannarsi a star lontana dal set. Nel corso del suo lunghissimo esilio – scomparirà a New York il 15 aprile 1990 – si moltiplicano i progetti destinati a restare irrealizzati. Ingmar Bergman la vorrebbe per Il silenzio, uno dei suoi film più angosciosi, Luchino Visconti le propone il ruolo della Regina di Napoli quando spera ancora di portare sullo schermo la Recherche di Proust. Ma il tempo del cinema sembra per lei irrimediabilmente finito, mentre si ribadisce la scelta della solitudine. Se vuole restare se stessa deve essere quella che è sempre stata. Enigmatica, inafferrabile, lontana. Lontana come la luna, diceva Dino Risi, arrischiando il paragone impossibile con Anna Magnani: “La Garbo è la luna e la Magnani il ciclone. La luna troppo lontana può influire sui nostri sentimenti ma non si può toccare, mentre il ciclone è qualcosa di pericoloso, ti entra in casa, ti sfonda i vetri delle finestre, ti sfascia le porte”. % WARNER BROS. PICTURES PRESENTA UNA PRODUZIONE BUDDY GANG E WARNER BROS. ENTERTAINMENT ITALIA CONCEPT FOTO ALBERTO GUGLIELMI / MAZMA.COM L’AMORE È COME L’ESTATE... QUANDO INIZIA SPERI SIA PER SEMPRE DAL 2 APRILE AL CINEMA OTTIMO BUONO SUFFICIENTE MEDIOCRE SCARSO Green Zone L’isola che (non) c’è nell’inferno iracheno: Matt Damon lotta e indaga per l’ottimo Paul Greengrass i film del mese in uscita “NON STA A VOI decidere cosa deve succedere qui”. Parola di iracheno, megafono di Paul Greengrass, che inquadra la Green Zone di Baghdad, all’indomani della seconda Guerra del Golfo nel 2003. Scritto dal premio Oscar Brian Helgeland (L.A. Confidential e Mystic 54 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 Regia Con Genere Distr. Durata River, niente male…) e basato sul bestseller del giornalista del Washington Post Rajiv Chandrasekaran, Imperial Life in the Emerald City: Inside Iraq’s Green Zone (colpevolmente non tradotto in Italia), Green Zone arriva nella filmografia del regista inglese dopo il Paul Greengrass Matt Damon, Greg Kinnear Drammatico, Colore Medusa 115’ dittico spionistico The Bourne Supremacy e The Bourne Ultimatum e l’11 settembre di United 93: tutti e tre aprile 2010 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 55 i film del mese ritornano qui sia nello stile documentaristico (macchina a mano, montaggio mozzafiato, effetti di realismo speciale) che nella poetica (dare definizione, altra dai massmedia “giornalistici”, al vulnus geopolitico di questi nostri anni) e pure nell’ideologia, con qualche significativo slittamento. Il primo è il ruolo della CIA: dopo averla bastonata con Bourne, Greengrass osserva come sia “bello avere un personaggio dell’Agenzia che sia una brava persona”, ma c’è di più. La Cia, tramite il comandante della postazione di Baghdad Martin Brown (Brendan Gleeson, possente), vuole capire perché le armi di distruzione – poi ribattezzate di “distrazione” - di massa non si trovino, mentre l’agente della DIA del Pentagono Clark Poundstone (Greg Kinnear, perfetto uomo d’apparato bushista) insabbia, distorce e svia, complici i Berretti Verdi (Jason Isaacs) e una stampa a corto di verifica: Lawrie Dayne (Amy Ryan) del Wall Street Journal, che beve tutto e mette in pagina. Poi ci sono gli iracheni: il generale Al Rawi (Ygal Naor, con lo sguardo che uccide) rivendica all’esercito un ruolo di stabilizzazione nel dopo Saddam, mentre Freddy (Khalid Abdalla), una gamba lasciata in Iran, la volontà di fare in prima persona per il proprio Paese. Tutti contro tutti, americani contro americani, iracheni contro iracheni, americani contro iracheni: in mezzo, il capo Roy Miller, chiamato dall’alto a trovare le armi chimiche e richiamato da se stesso a cercare la verità. Un luogotenente con il 56 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 “Non sta a voi americani decidere cosa deve succedere qui” volto e la fisicità di Matt Damon, alla terza collaborazione con Greengrass dopo i due Bourne (la quarta forse in cantiere: focus sulla crisi finanziaria) e sulla (buona) strada di una carriera senza eguali a Hollywood. Da un sito all’altro a bordo dell’Humwee, i suoi occhi rivelano che la Green Zone, i 10 km² protetti del comando USA e UK, è l’isola che (non) c’è nell’inferno: iracheno, ma a denominazione d’origine controllata statunitense. E Greengrass fa di tutto per dare credito alla sua testimonianza: reduci come attori e consulenti militari, location in Spagna, Marocco e Inghilterra “più vere della vera Baghdad”, tagli sul movimento e raffiche notturne che altro non sono che un nuovo, adrenalinico e civile tallonamento neorealistico. Non ci sono i buoni e i cattivi, ma la gelatina esplosiva che manda in frantumi la verità, quella che un editing di travolgente umanità cerca di ricomporre: senza escludere un solo spettatore, senza venire meno alla scabrosa legittimità del diritto internazionale. Tutti giù per terra: l’Iraq agli iracheni, e non c’è Green Zone che tenga. FEDERICO PONTIGGIA % i film del mese L’uomo nell’ombra Regia Con Genere Distr. Durata Pierce Brosnan, Ewan McGregor Thriller, Colore 01 Distribution Buon thriller alla Hitchcock per Polanski. Con Tony Blair in (fuori)campo 131’ SE UNO SCRITTORE INTELLIGENTE e abile incontra un ottimo regista e scrivono insieme, non sempre il risultato è un film godibile. Anzi. La storia del cinema è piena di libri traditi divenuti capolavori del grande schermo e di capolavori letterari seguiti con fedeltà finiti a impolverarsi nelle cineteche. E non parliamo solo di Stephen King e Stanley Kubrick, uniti dalle iniziali e divisi da Shining. Certo, che gli autori moderni vergano le loro pagine pensando già alle immagini in movimento e a una trasposizione filmica, è innegabile. E così Il ghost writer (ed. Mondadori) sembra già un’efficace sceneggiatura, tanto da sacrificare, forse, persino qualcosa della sua natura primaria, quella letteraria. Robert Harris, poi, ha la stessa abilità di Grisham nell’entrare nei gangli del potere e delle sue regole, si 58 in uscita Roman Polanski rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 diverte a giocare con l’attualità e ha avuto la fortuna di trovarsi come regista un genio che ha anche, quasi sempre, il dono del realismo. Tanto che - se si esclude il personalissimo Oliver Twist, in cui si perse - raramente ci offre film sbagliati. Ecco perché un noir politico con sottotesti evidenti, politici e umani, come L’uomo nell’ombra risulta piacevole e ben fatto. Da una parte c’è lo Il regista Roman Polanski scrittore, deluso dal suo paese e dai suoi politici che in Adam Lang (Pierce Brosnan) riversa la frustrazione, le colpe e i sospetti ricaduti su Tony Blair, cavalier servente di Bush. E su Ruth Lang (Olivia Williams, che brava) la sindrome Yoko Ono - dietro un marito affascinante ma in errore, c’è sempre una donna diabolica che lo travia - che colpì Cherie Blair. Dall’altra il complotto americano richiama la vicenda personale del cineasta. Insomma, Ewan McGregor è tre volte fantasma: dell’ex leader britannico, del regista e di se stesso, scrittore ombra che parte dalle redditizie memorie di un primo ministro per scoprire il Segreto. E di cui mai udiremo il nome. Un thriller classico, alla Hitchcock, in cui Polanski si fa politico come mai prima d’ora. Un film rotondo e piacevole che vuole entrare nella Storia moderna, più che nella storia del cinema. BORIS SOLLAZZO % Vendicami Una proposta per dire sì Due star e una trovata per una rom-com non proprio riuscita. E il plot ricorda So dove vado Regia Con Genere Distr. Durata anteprima Tra Melville e Ford, spunta un grande Johnnie To: con Johnny Hallyday, al servizio del Cinema UNA DONNA FRANCESE, un uomo cinese e i loro due bambini: i sicari piombano in casa, e ne fanno strage. Si salva solo la donna, al cui capezzale dalla Francia arriva il padre: professione cuoco, passato (?) killer, nome Costello, obiettivo: vendetta. Per consumarla calda, ingaggia tre killer, ma pure lui non starà con le mani in mano… Il nome, Costello, è un esplicito omaggio al Melville di Le Samourai (in Italia: Frank Costello, faccia d’angelo), e proprio Alain Delon l’avrebbe dovuto interpretare: nulla di fatto, e il rimpiazzo è stato rock, Johnny Hallyday, ottimo attore come già ne L’uomo del treno di Leconte. E’ il suo volto sofferto, la sua recitazione pietrificata ad accompagnarci nel lavoro migliore di To da anni a questa parte: con gusto (arche)tipicamente mitologico, il regista hongkonghese mixa il suo cinema natale al noir transalpino, il western fordiano all’action, descrivendo con lirismo e furore “divino” una parabola che sa insieme di arte e di vita. Se la vendetta finirà per rendere claustrofobico lo schermo, Costello avrà la “memoria corta”: come il film stesso, che assembla una teoria di luoghi comuni, ma volendoli – e sapendoli - reinventare tutti. Vendicando anche le nostre cattive visioni… FEDERICO PONTIGGIA % Regia Con Genere Distr. Durata Johnnie To Johnny Hallyday Azione, Colore Fandango 108’ Anand Tucker Amy Adams, Matthew Goode Commedia, Colore Universal Pictures 100’ FRUSTRATA dal fidanzato Jeremy, che nicchia ormai da anni di fronte a una proposta di matrimonio, l’arredatrice di origini irlandesi Anna Brady (Adams) decide di raggiungerlo a Dublino dove si trova per lavoro e approfittare di un’antica usanza irlandese: ogni 29 febbraio una donna può chiedere a un uomo di sposarla. Ma una tempesta la dirotterà in Galles, dove Anna sarà costretta a chiedere aiuto al burbero gestore di pub Declan (Goode) per raggiungere l’Irlanda. Che mai succederà? Forse non molto più di quanto ci si aspetti da una rom-com impacchettata e pronta all’uso, nonostante un regista il cui interessante esordio (Shopgirl) faceva sperare di più. Tra scenari da cartolina e mandrie di vacche, la comicità (appunto) resta terra terra e tutto sembra già visto. Compresa l’etichetta di agricoltori che spesso e volentieri gli americani rifilano agli irlandesi. Amy Adams, però, le prova davvero tutte, nevrosi comprese, per suscitare simpatia, ed è solo grazie a lei e Goode se si arriva fino in fondo. Ma due star e una trovata non fanno un film riuscito: e il plot “originale” di Deborah Kaplan ed Harry Elfont è troppo simile a quello di So dove vado di Powell e Pressburger per non ricorrere al virgolettato. GIANLUIGI CECCARELLI % in uscita i film del mese Cella 211 Regia Con Genere Distr. Durata Alberto Ammann, Luis Tosar Drammatico, Colore Bolero Film Prison-movie muscolare e tesissimo: rivoluzione e repressione secondo Monzón 104’ JUAN OLIVIER (l’attore rivelazione Alberto Ammann) si appresta a prendere servizio come secondino in un carcere. Per fare buona impressione, si presenta un giorno prima e - in seguito ad un piccolo infortunio - rimane suo malgrado “imprigionato” nel bel mezzo di una rivolta. Per sopravvivere, dovrà gioco forza “camuffarsi” e farsi passare per un galeotto: Malamadre (un epocale Luis Tosar), leader indiscusso tra i detenuti, rimane favorevolmente colpito dall’audacia del nuovo arrivato, sedicente omicida e con le idee molto chiare. Il gioco di ruolo, però, si complica ora dopo ora: per fare pressione sul governo, Malamadre e i suoi prendono in ostaggio tre carcerati “sensibili”, appartenenti all’Eta, mentre fuori i funzionari e i rappresentanti del ministero sembrano perdere terreno 60 in uscita Daniel Monzón rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 sulla negoziazione. Come se non bastasse, Juan vorrebbe a tutti i costi tranquillizzare Elena, la moglie incinta di sei mesi, rimasta senza sue notizie da troppi giorni. Quarta regia per lo spagnolo Daniel Monzón, Cella 211 (presentato alla scorsa edizione delle Giornate degli autori veneziane) è - al pari de Il profeta di Jacques Audiard (9 César in Francia) Il regista Daniel Monzón sul set - uno dei più interessanti “prison movie” degli ultimi anni: teso e politicamente scorretto, violento e muscolare, getta più di qualche semplice ombra sulla situazione carceraria spagnola (estendibile, con le dovute esagerazioni del caso, anche all’attuale condizione nostrana). Servendosi di volti e presenze difficilmente arginabili (su tutti, il già citato “Malamadre” e l’Apache colombiano, interpretato da Carlos Bardem, fratello di Javier), Monzón porta sullo schermo il romanzo di F.P. Gandull e - seppur con qualche lungaggine verso il finale - offre ottimi spunti di amara riflessione (da che parte bisogna stare, in galera, per essere nel giusto?) e altrettanti momenti di grande cinema. Premiato con 8 Goya, gli Oscar spagnoli, tra cui Miglior film, regia, attore (Luis Tosar), adattamento, montaggio e suono. VALERIO SAMMARCO % EAGLE PICTURES e PACO CINEMATOGRAFICA presentano e con Giovanna Alessandro Paolo Max Rocco GASSMAN BRIGUGLIA GAZZÈ PAPALEO MEZZOGIORNO un film di Rocc o PAPAL EO IN COLLABORAZIONE CON dal 9 APRILE al cinema WWW.BASILICATACOASTTOCOAST.IT SCADE il 09/05/2010 – Totale montepremi Euro 13.700,00 – Regolamento integrale su www.basilicatacoasttocoast.it film del mese Dragon Trainer Regia Genere Distr. Durata Animazione, Colore Universal Pictures 98’ UNA VOLPE è molto più facile da tenere a bada. Non sputa fuoco e non rapisce, al volo, terrorizzate pecorelle. Ma l’austero villaggio vichingo abbarbicato su rapide scogliere non è infestato da animali cari al nostro mondo: ogni notte sono draghi e dragoni, di diversa forma e umore, che planano mettendo a soqquadro case e stalle. Stoick, il nerboruto capo dei capi, è anche un genitore abbastanza deluso e confuso, perché Hiccup, mingherlino e così diverso dai coetanei è un figliolo davvero imprevedibile: si sottopone alla gavetta para-militare di addestramento per riuscire a fronteggiare quelle creature volanti e difendere doverosamente la comunità, ma con la sua sofisticata intuizione capisce che non ci potrà mai essere vera vittoria contro quei terribili sputa-fuoco. Così il dissidio si allarga quando Hiccup fa amicizia con Furia 62 in sala Chris Sanders, Dean DeBlois rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 Non solo faville per i draghi 3D della DreamWorks. Ma un mix di audacia ed avventura Buia detto lo Sdentato, un drago della specie più rara e pericolosa che ricorda nei tratti Stitch (il mostriciattolo anche lui disegnato da Chris Sanders), che lui aiuta a volare di nuovo. Storia lungimirante di tolleranza tra creature diverse. I film di animazione stanno davvero prendendo una piega nuova che, nella spettacolarità avvincente della tridimensionalità, questa volta ai Jeffrey Katzenberg della DreamWorks Animation suoi massimi, affronta temi anche impegnativi. Up, il capostipite, accoglieva il dolore di una donna sterile, di un marito vedovo, della sua solitudine. Nella terra dei dragoni, invece, l’amicizia, la fedeltà, la condivisione e l’accettazione, anche della sofferenza fisica, dimensioni non più tenute nascoste ai piccoli spettatori. L’avvenente Astrid capirà come legarsi a Hiccup, rispettandolo per ciò che lui è; la comunità vichinga capirà come si può andare d’accordo con tutti e anche Moccioso, Gambedipesce, Testa Bruta e Testa di Tufo accoglieranno Hiccup come un eroe. Dragon Trainer, nato dalla fantasia della scrittrice Cressida Cowell, è stato creato dallo stesso team di Shrek, Madagascar e Kung Fu Panda: del primo si ritrova l’ironia, del secondo il divertimento, del terzo l’eleganza. Questa volta la DreamWorks, con i suoi draghi, fa faville. LUCA PELLEGRINI % Departures Daybreakers Se tutto il mondo è vampiro: suggestiva scifi dalle ambizioni etico-politiche Regia Con Genere Distr. Durata in uscita Ironia ed emozione per una riflessione non banale sul senso della fine. Premiata con l’Oscar I MORTI HANNO CESSATO DI ESISTERE, diceva Baudrillard. Esiliati da una cultura ossessionata dal mito dei corpi giovani. La morte non è mai un bello spettacolo, quando non si fa spettacolo. A riguardo il cinema – morte al lavoro – continua a fornirci spunti, canovacci, esempi. Succede anche nel bel film di Yojiro Takita, Departures, imperniato attorno a un cerimoniere di riti funebri e vincitore, miglior straniero, dell’Oscar 2008 (quello, a detta di molti, scippato a Gomorra). Vi si affronta la tanatoprassi. Senza omissis, però con pudore. Sfiorando il grottesco, toccando il sacro. In equilibrio tra ironia e partecipazione. Un racconto “all’americana” (per fluidità, montaggio, architettura narrativa) pervaso da spirito di trascendenza orientale. Quindi eleganza formale, grazia nei gesti, corrispondenze tra musica e rituale (il protagonista è anche violoncellista). Con qualche sottotesto e minuto di troppo (il legame col padre). Vaga necrofilia e autentica pietà (evocata da una dolente esecuzione dell’Ave Maria di Gounod). Una riflessione non banale sull’osmosi di vivere e morire. Sulla soglia che li unisce e li separa, rendendo pari dignità. Sul mistero che consente ai vivi di guarire nella cura dei morti. GIANLUCA ARNONE % Regia Con Genere Distr. Durata Michael Spierig, Peter Spierig Ethan Hawke, Willem Dafoe Sci-Fi, Colore Mediafilm 98’ IMMAGINI FLUIDE, taglio morbido, luci calde, gioco d’ombre. Daybreakers ti avvolge come un noir. Lo è in parte: nel ritmo serrato e nella potenza figurativa dei dialoghi; per come caratterizza i personaggi, tra i quali c’è chi fuma e si veste come nei film con Bogart. Ma non è (solo) noir. Gli inseguimenti in macchina, lo spaccato urbano, gli intrighi al potere, lo rendono a tratti un poliziesco. Invece è fantascienza, proiezione al futuro di un mondo che non è un’evoluzione del nostro, ma dell’immaginario cinematografico. Sci-Fi? Macché, horror. Filone vampiresco: la stirpe di Dracula ha sostituito il genere umano nel dominio sulla terra, ereditandone i vizi. Quel che resta della nostra specie vive in clandestinità, capeggiata da Willem Dafoe. Il sangue scarseggia, la politica spinge per la “soluzione finale”, la scienza (almeno Ethan Hawke) cerca “una alternativa”, l’economia sogna lo scenario più lucroso. La fame rende i vampiri nervosi, inclini a delinquere, persino dei “mostri”. Sembra un paradosso, il film intero lo è. Daybreakers mira al pamphlet etico-politico. Ma non va preso troppo sul serio. Vuol soprattutto divertire. Lo fa con stile e intelligenza. Proprio come i vecchi film di genere. Pardon, di generi. GIANLUCA ARNONE % in sala Yojiro Takita Masahiro Motoki Drammatico, Colore Tucker Film 131’ aprile 2010 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 63 i film del mese Cosa voglio di più anteprima Regia Con Genere Distr. Durata Silvio Soldini P. Favino, A. Rohrwacher Drammatico, Colore due corpi: convincono Soldini e gli interpreti Warner Bros. 126’ A GUARDARE la locandina il messaggio è chiaro: il corpo, benché protetto da un taglio obliquo e da un soffuso chiaroscuro, campeggia assoluto. Due amanti si sfiorano, si scoprono. A doverlo raccontare in due parole, Cosa voglio di più è proprio questo: l’incontro di due corpi diversi e irresistibilmente attratti, nonostante remore sociali, morali ed economiche. C’è tuttavia qualcosa di più. Qualcosa che l’istantanea non restituisce. Non è il corpo il centro del nuovo film di Soldini, ma tutto ciò che gli ruota intorno e che in un modo o nell’altro vi si oppone. Il matrimonio, ad esempio, unione affettiva importante ma anche gabbia normalizzatrice, bene identificata dalle pareti anguste del focolare domestico. E poi il lavoro, ciò che permette di arrivare alla fine del mese. Soldini si sofferma a descrivere tutto quanto riempie la vita di 64 Disagio esistenziale che sfocia nell’unione di rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 una persona (l’unione affettiva, la costruzione di una casa, il progetto di mettere in piedi una famiglia) per poi mostrare che nel caso di Anna, impiegata modello e sposa felice, tutto questo non basta. L’insorgere di un desiderio primordiale e irrazionale è nel film il mezzo attraverso cui parlare di altro, di qualcosa di più Il regista Silvio Soldini sul set con gli attori essenziale dell’unione tra due corpi. O, meglio, di un disagio esistenziale che trova la sua espressione nell’unione di due corpi. Se Anna (una splendida Rohrwacher) finisce tra le braccia di Domenico (Favino, sempre convincente), padre di due bimbe e lavoratore precario, è perché in lei si esprime la volontà di spezzare una catena tanto precisa quanto illusoria: lavoro, matrimonio, figli. Alla precisione di una scrittura che non banalizza le svolte narrative, si affianca la scelta stilistica felice di tradurre questa dinamica in un corpo a corpo con i personaggi. Nella messa in scena di Soldini manca letteralmente l’aria, anche perché il denaro ha invaso tutti gli ambiti: dal lavoro alla casa, fino al luogo in cui consumare il proprio desiderio. Capita così che l’assenza di orizzonti in cui vivono i personaggi vada oltre il senso del film ed esprima una condizione subita dell’italiano oggi. CARLO CHATRIAN % Domenico Procacci presenta UNO SPASSOSO ROAD MOVIE IN COMPAGNIA DI UNA SGANGHERATA FAMIGLIA DI EBREI. SI RIDE DI GUSTO! Movieplayer.it L’Unità GAG PERFETTE, MUSICHE IRRESISTIBILI, ENERGIA CONTAGIOSA... UN’IRRIVERENZA CHE NON RISPARMIA NIENTE E NESSUNO. RITMO SCOPPIETTANTE E PERSONAGGI DIFFICILI DA DIMENTICARE. DA NON PERDERE. Il Riformista Il Messaggero www.fandango.it DAL 9 APRILE AL CINEMA film del mese Oltre le regole The Messenger Regia Con Genere Distr. Durata Woody Harrelson, Ben Foster Drammatico, Colore Lucky Red Ambasciatori di morte in divisa: l’esordio di Moverman tra Milius, Coppola e l’ultima Bigelow 105’ UN ESERCITO ha sempre bisogno di burocrati. Per migliaia di soldati che muoiono sul campo di battaglia, ce ne sono altrettanti che riempiono le carte e svolgono lavori “scomodi” che consentano al carrozzone militarista di portare avanti il proprio ministero di morte e violenza. Dai reclutatori agli alti ufficiali delle stanze del potere, la burocrazia militare miete fin troppe vittime, anche se spesso tra le proprie fila. Ma tra questi, ci sono anche travet che hanno sulle loro spalle compiti inumani: quello, per esempio, di recare alle famiglie la notizia della morte del loro marito, padre, figlio, fratello. Coppie di soldati impeccabili che recitano a memoria salmi che l’esercito stabilisce in quella ritualità infame che a loro tocca recitare con la stessa ottusità con cui il subordinato spara. 66 in uscita Oren Moverman rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 Solo perché, magari, chi è più alto in grado glielo ha intimato. Oren Moverman, sceneggiatore di Io non sono qui ed ex militare, nella sua Israele, per 4 anni, ci racconta uno spaccato di questa ambasciata di morte, ci offre un ritratto di questi messaggeri di dolore in divisa. Ben Foster e Woody Harrelson hanno la stessa uniforme, ma uno è un reduce Nel cast anche Samantha Morton spezzato dalla guerra in Iraq, l’altro lo è dalle sue regole di ingaggio, da un cinismo posticcio e politicamente scorretto. Frustrati da un lavoro impossibile, unici a pagare le colpe di un esercito, di un paese intero, ogni giorno sanno che qualcuno quello sporco lavoro lo dovrà pur fare. E per amor di patria, per servirla nonostante tutto, ci portano con loro. C’è un po’ di Milius nelle loro ambizioni irrisolte e in quegli animi feriti, c’è tanto Coppola (quello di Giardino di pietra), c’è persino la Bigelow di The Hurt Locker. Il nostro mondo in guerra, le nostre ingiustizie globali, i nostri Vietnam moderni ci costringono a metterci anche i panni più scomodi. Moverman e l’italiano Camon, sceneggiatore nominato all’Oscar, lo fanno fin quasi alla fine: senza quel finale troppo risolto e qualche eccesso d’enfasi, infatti, il film sarebbe stato tragicamente perfetto. BORIS SOLLAZZO % Sunshine Cleaning Happy Family Divertissement metacinematografico per Salvatores. Minimalista e sorridente, con un occhio ai Tenenbaum Regia Con Genere Distr. Durata in uscita White trash e (l’impossibile) sol dell’avvenire: commedia amara, con le brave Adams e Blunt COME SI RESISTE con un passato da cheerleader e un presente da donna delle pulizie? Come si resiste con una sorella scoppiata (Emily Blunt), un padre (Alan Arkin) impegnato a far soldi senza successo e un problematico figlio di 8 anni (Jason Spevack)? Ce lo insegna con sudore sulla fronte e insicurezze allo specchio la Rose di Amy Adams, faccina da fidanzata d’America e sogni mai usciti dal cassetto. Per guadagnarsi uno scatto di sopravvivenza, Rose non molla lo scopettone, ma lo dirige sulle scene dei crimini, ben più redditizie di cucina e tinello: con la sorella, fonda la Sunshine Cleaning, ma sarà garanzia di un radioso futuro? Prodotto dal team del cult Little Miss Sunshine, da cui viene pure il premio Oscar Alan Arkin (nella foto in basso) ma non analoghe emozioni, Sunshine Cleaning è diretto da Christin Jeffs, con uniforme humour, virate drammatiche e talento femminile nel dirigere gli attori. Che sono tutti tra i punti di forza di questa tranche de vie stelle e strisce: l’America del white trash, che ipoteca pure le illusioni, e se trova un precario happy ending non cancella le rughe, non stende il sorriso e non riabilita i corpi, mutilati o prosaicamente svestiti per sveltine no future. Non cercatelo qui il sol dell’avvenire. FEDERICO PONTIGGIA % Regia Con Genere Distr. Durata Gabriele Salvatores Fabio De Luigi, Diego Abatantuono Commedia, Colore 01 Distribution 90’ RIDUZIONE di Woody Allen e Wes Anderson (I Tenenbaum, soprattutto nelle tappezzerie…), I soliti sospetti e Charlie Kaufman, ecco il divertissement meta-cinematografico di Gabriele Salvatores, che prende dal teatro (dell’Elfo, da cui viene lo spettacolo e la co-sceneggiatura di Alessandro Genovesi) e ci porta in una Milano bifamiliare, partorita dalla “beautiful mind” dell’aspirante sceneggiatore Fabio De Luigi: Happy Family di - quasi tutti - happy few meneghini (fichetti è un valido sinonimo), personaggi in cerca non di un autore, ma di una storia che vada avanti. Divisa a immagine e somiglianza della vita in “Personaggi e interpreti”, “Confidenze” e “The Family”, ovvero l’approdo nell’ipertesto sociale, familiare è un’occorrenza, una commedia non per caso, ma del caso, che invita a lasciarsi andare, aprendo a inedite amicizie (l’avvocato Fabrizio Bentivoglio e il precario Diego Abatantuono, spassosi 20 anni dopo Turnè), flirt e coming out, fino all’elaborazione che non segue, ma precede il lutto. Il tutto col sorriso sulle labbra, disimpegno - qui e là invertito da accenni edificanti… – e concessioni al minimalismo: gustoso, fresco, futile, un piccolo film che respira (di) grande. FEDERICO PONTIGGIA % in sala Christin Jeffs Amy Adams, Emily Blunt Commedia, Colore Videa – CDE 91’ aprile 2010 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 67 i film del mese Perdona e dimentica in uscita Regia Con Genere Distr. Durata Todd Solondz Shirley Henderson, Ciarán Hinds Drammatico, Colore in “tempo di guerra”, irregolare e bellissima Archibald Enterprise Film 92’ IRREGOLARE, sghembo, divertente, malinconico, indimenticabile. Potrebbe essere la descrizione del viso di Todd Solondz, che già solo con la sua espressione sempre stralunata e allo stesso tempo concentrata, le sue parole e le sue immagini “diverse”, sa incarnare la sua idea di cinema. Quegli stessi aggettivi calzano perfettamente anche al suo ultimo film, Perdona e dimentica, gioiello applaudito a Venezia e che trova, ora, una faticosa e coraggiosa via per la distribuzione italiana (Archibald). Todd, che peraltro regala nel film, con un manifesto di I’m Not There, un tributo al suo omonimo e omologo Haynes, riprende le fila di Happiness, più di un decennio dopo. Di una famiglia disastrosa e disastrata, di tre sorelle surreali e cechoviane, del suo dolcissimo nichilismo che sa 68 Solondz riprende le fila di Happiness: opera rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 essere spietato ma allo stesso tempo indulgente. Una ragnatela di sentimenti e di rapporti che scavano nella carne viva della borghesia del Jersey, nella mente di una scrittrice famosa, in quella di una madre frustrata e frustrante, di una giovane donna che “uccide“ gli uomini che ama. Ma non c’è solo un’ottica femminile, il Il regista Todd Solondz filo rosso del film il ritorno di un padre, pedofilo, che cerca il riscatto con, ma soprattutto per il figlio. Dopo aver pagato - infamia e perdono, come sempre in Solondz, si uniscono in figure tragiche e insopportabili - vuole “salvarlo”. Ma c’è anche la morte, la malattia mentale, la crisi d’identità sociale e di genere, ovviamente l’amore. La vita in tempo di guerra, in un paese che ha tanto mitizzato la pace da militarizzare il mondo per ottenerla invano, durissima. Solondz, fin dal titolo, vuole rendere universale il discorso (da qui il cambio degli attori rispetto a Happiness), e laddove allora all’euforia della fine del secolo breve contrapponeva uno sguardo lucido e quasi cinico, ora opta per una coerenza feroce ma un occhio ben più affettuoso. Per le persone - anche i maltrattati e inetti uomini, che siano vivi o no - e per il mondo. Semplicemente bellissimo. BORIS SOLLAZZO % From Paris with Love Fantastic Mr. Fox Tana libera tutti per il talentuoso Wes Anderson. Che debutta con lode nell’animazione stop-motion Regia Genere Distr. Durata in uscita Ibrido tra commedia fracassona e action hongkonghese. Divertente, ma nulla più PIROTECNICO action movie nato da un’idea di Luc Besson (anche produttore) e diretto da Pierre Morel, già regista del temibile Io vi troverò, From Paris with Love innesca un ibrido con la commedia fracassona – con un occhio a Hong Kong e due su Pulp Fiction – ma il risultato non è (si spera) quello desiderato. Striminzita l’intuizione: un incontenibile agente della CIA (Travolta, cranio rasato e intercalare volgare) e un pavido e meticoloso agente segreto (Rhys Meyers) diventano partner in quel di Parigi. Debellare un’organizzazione di trafficanti di droga non è però la reale missione di Travolta/Charlie Wax e, d’altronde, è poco più di un espediente (Hitchcock parlerebbe di MacGuffin) anche per il regista: lo scopo del film è mostrare azione, azione e ancora azione, sotto forma di sparatorie, fughe sui tetti e coreografici combattimenti. Con personaggi così monodimensionali, cos’altro fare? Vacanza – a tratti divertente – per il cervello dello spettatore, con reset garantito del film prima che terminino i titoli di coda. L’italiana Smutniak convince, nonostante l’impalpabilità del suo personaggio, che purtroppo è in buona compagnia. L’assonanza con Dalla Russia con amore si ferma al titolo. MANUELA PINETTI % Regia Con Genere Distr. Durata Wes Anderson Animazione, Colore 20th Century Fox 88’ ARRICCHITO nella versione originale – non perdetela! - dalle voci eccellenti di George Clooney, Meryl Streep e Willem Dafoe, oltre agli habitué Jason Schwartzman, Bill Murray e Owen Wilson, ecco il debutto del genietto Wes Anderson nell’animazione: Fantastic Mr. Fox, dal racconto omonimo per l’infanzia di Roald Dahl. Protagonista la volpe Mr. Fox, che, dopo dodici anni di vita “rintanata” con moglie, figlioletto e nipotino, non sfugge al richiamo della vita libera e ritorna ladro di polli, scontrandosi nottetempo con tre orridi fattori. Senza esclusione di colpi, la caccia alla volpe coinvolgerà tutti gli animali della fattoria: solo l’arguzia di Mr. Fox, e qualche “zampino” familiare, potrà salvarli... Colto stop-motion e divertita colonna sonora di Alexandre Desplat, una volpe furba e ironica, che non scontenta i più piccoli, ma soprattutto delizia gli adulti: dialoghi – papà Clooney e mamma Streep al vertice – pungenti e travolgenti, spassose schermaglie parentali e un’animata catena alimentare, che confermano il talento di Anderson e il suo gusto per il divertissement fichetto. Quello che Spike Jonze ha smarrito nell’”analogo” Paese delle creature selvagge, Anderson lo ritrova qui: grande cinema, tana libera tutti! FEDERICO PONTIGGIA % in uscita Pierre Morel J. Travolta, K. Smutniak Action, Colore Moviemax 92’ aprile 2010 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 69 teratura: novità e bilanci let e a tri us ind a, sic mu , eo vid me Ho DVD La vergogna, Passione, e tanti altri: scorpacciata Bergman Borsa del Cinema L’Oscar a The Hurt Locker per rilanciare il box office Libri Johnny Depp e Neil Jordan, poi i ricordi di Mario Verdone Colonne sonore Fantastic Mr. Desplat, Max Gazzè per Papaleo Donne da sfogliare Quando lo schermo si tinge di rosa: femminile, plurale Telecomando DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE DVD Ancora luce sul cineasta svedese: dischi singoli e collezione, con doc inedito Vampata Bergman 72 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 di Valerio Sammarco EVENTO IRRIPETIBILE: diverse etichette portano in home video alcuni tra i titoli meno “sfruttati” della filmografia bergmaniana. A poco meno di tre anni dalla morte del grande regista svedese, ecco dunque l’occasione per arricchire la personale “collezione Bergman” della vostra videoteca: RHV edita cinque film, partendo da Piove sul nostro amore e La terra del desiderio, entrambi interpretati da Birger Malmsten e incentrati sul racconto di amori contrastati, realizzati dal regista non ancora trentenne a brevissima distanza dall’opera prima Crisi (1946). Dopo i primi successi (Un’estate d’amore, Donne in attesa, Monica e il desiderio) e prima della definitiva affermazione internazionale ( Il settimo sigillo ), Bergman dirige Una vampata d’amore (1953) e Sogni di donna (1955), in cui si conferma il sodalizio artistico tra il regista e Harriet Andersson, attrice che anche in seguito (soprattutto in Come in uno specchio e Sussurri e grida ) segnerà in maniera indelebile il percorso del cineasta svedese. È del ’58, invece, successivo al Posto delle fragole, l’ultimo film proposto dalla Ripley’s, Alle soglie della vita , premiato a Liv Ullmann ne La vergogna. In basso Max von Sydow in Passione, a sinistra Ingmar Bergman. In apertura Una vampata d’amore Cannes per la miglior regia e per l’interpretazione collettiva femminile (Bibi Andersson, Ingrid Thulin, Eva Dahlbeck, Barbro Hiort Af Ornäs), ambientato in una reparto gine- cologico e incentrato sulla storia di tre partorienti e l’infermiera chiamata ad assisterle. Fa parte della collana “Il piacere del cinema” di Vieri Razzini, invece, il cofanetto Teodora Film distribuito da Flamingo Video e contenente La vergogna (1967), Passione (1968) e il doc inedito Images from the Playground: insieme a Persona (1964), i due film compongono la cosiddetta “tetralogia di Fårö”, completata da L’ora del lupo (1966), unico titolo con derivazioni horror diretto da Bergman, interpretato da Max von Sydow e Liv Ullmann (insieme anche ne La vergogna e Passione), distribuito da Dolmen Home Video. Si deve infine a D CULT l’edizione di Stimulantia, opera collettiva della Svenk Filmindustri, dove compare l’episodio realizzato da Bergman, Daniel, montaggio di filmati in 16mm sul figlio del regista. aprile 2010 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 73 Telecomando DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE DVD Nuovo e garantito Successi, di critica e pubblico, ora in salotto Il nastro bianco Making of e ritratto di Michael Haneke tra gli extra SCONFITTO AGLI OSCAR, ma Palma d’Oro a Cannes e vincitore del Golden Globe come miglior film straniero, Il nastro bianco di Michael Haneke arriva in home video. Disco singolo, doppio disco e Blu-ray le tre differenti edizioni dell’ultimo capolavoro diretto dal regista austriaco, protagonista di un ritratto di 50’ presente nei con- 74 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 tenuti speciali, che includono anche uno speciale di 18 minuti sull’ultimo Festival di Cannes e, soprattutto, il Making of del film (38’), indispensabile per scoprire i segreti della lavorazione all’interno di quel glaciale, indimenticabile “villaggio dei dannati”. DISTR. LUCKY RED Freschi di sala, segnaliamo otto nuovi titoli da questi giorni in vendita: forti dell’ottimo successo al botteghino, arrivano distribuiti da Warner Home Video. Io, loro e Lara di (e con) Carlo Verdone (da maggio anche in versione Blu-ray) e Sherlock Holmes di Guy Ritchie, in molteplici edizioni e arricchito di numerosi contenuti speciali. Dolmen Home Video propone Capitalism: A Love Story, documentario che Michael Moore ha presentato in concorso a Venezia, mentre 20th Century Fox distribuisce – anche in Blu-ray – la sorprendente commedia 500 giorni insieme e il teen-horror Jennifer’s Body con Megan Fox. Completano il quadro Welcome di Philippe Lioret (CGHV), Brothers di Jim Sheridan (01), Il mio amico Eric di Ken Loach e Segreti di famiglia di Francis Ford Coppola (BIM/01). Laclassedeiclassici a cura di Bruno Fornara REGIA Jean Renoir CON Catherine Hessling, Jean Angelo GENERE Drammatico (1926) DISTR. Ermitage Nanà Terzo film di Jean Renoir che ricorda, in “La mia vita, i miei film”, come Nanà fu “un’impresa folle”, ambientata in una “cornice sontuosamente decadente in cui l’autenticità si coniugava con la fantasia”. La protagonista, interpretata da Catherine Hessling, moglie di Renoir, “non era più una donna, era una marionetta, purtroppo il pubblico non poté tollerare quella rielaborazione” e il film fu un fiasco. Tratto dal romanzo di Zola. La Parigi del Secondo Impero, verso il 1870. Un’attrice, volgare e senza talento, falsamente innocente e ferocemente crudele. Si innamorano di lei un conte e altri uomini deboli, ipocriti, votati alla rovina. Al naturalismo degli ambienti spogli e vuoti si accompagna l’enfasi barocca di altre stanze. E all’astrazione del volto di Nanà, truccato alla giapponese, ai suoi occhi mostruosamente vuoti, fa da contrasto una recitazione agitata. Così come all’esibita volgarità del personaggio corrisponde il desiderio degli uomini di Parigi. Sesso e denaro, come il vaiolo, spandono il contagio, in modi più che freddi, algidi. Solo il cancan è sfrenato. Tragiche, le ultime scene, risucchiate in un gorgo di disperazione. Edizione restaurata secondo tutti i crismi. Fi lm in or bi ta a cura di Federico Pontiggia John Cazale (Studio Universal) John Cazale, chi era costui? Solo 5 film, ma tutti nominati agli Oscar: omaggio con due titoli – Quel pomeriggio di un maledetto giorno da cani e Il cacciatore – più il bio-doc I Knew It Was You. Being Human (Steel) Un vampiro, un licantropo e un fantasma, ovvero tre giovani ordinari. Il loro destino? Being Human, serie tv BBC alla ricerca della normalità: in anteprima i 6 episodi della prima stagione. Material Girl (Mya) No, non è Madonna, ma Ali Redcliffe (Lenora Crichlow), giovane designer che prova a sopravvivere nella giungla chiamata moda. Dal libro Fashion Babylon, una serie poco trascendente... I televisivi Quo vadis, Baby? e Romanzo criminale in cofanetto Fuoriserie DAL GRANDE AL piccolo schermo, ora in cofanetto. Le prime due serie tv prodotte da SKY Cinema (con Colorado Film e Cattleya) e tratte, rispettivamente, dal film omonimo di Gabriele Salvatores e dal testo di De Cataldo (portato già al cinema da Michele Placido), arrivano in dvd, entrambe in cofanetto (3 e 4 dischi). I 6 episodi di Quo vadis, Baby?, diretti da Guido Chiesa, sono arricchiti dallo speciale Inside Quo vadis, Baby?, che permette di addentrarsi nell’oscuro mondo di Giorgia Cantini (Angela Baraldi), investigatrice privata sui generis. Sono 12, invece, gli episodi della prima stagione di Romanzo criminale, riconosciuto dalla critica come uno “degli esiti più riusciti della fiction italiana”: oltre alle gesta del Freddo, del Dandi e del Libanese, anche 40’ di contenuti speciali, tra cui “Il mito della banda”, “Romanzo criminale tra fiction e realtà” e il trailer di Romanzo criminale 2. DISTR. 20TH CENTURY FOX ENTERTAINMENT aprile 2010 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 75 Telecomando DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE DVD Diavolo & Pap’occhio Doppio Benigni: in Blu-ray, restaurato e rimasterizzato ARRIVA IN BLU-RAY IL PICCOLO DIAVOLO (Cecchi Gori), esplosiva commedia diretta e interpretata da Roberto Benigni nel 1988, affiancato da un mostro sacro della comicità USA come Walter Matthau. Tra gli extra, “Il mistero del piccolo diavolo”. Altra operazione “recupero”, stavolta targata 01 distribution, per quello che riguarda Il Pap’occhio (nella foto), per la prima volta in dvd in edizione restaurata e rimasterizzata (con uno special di 70’ a cura di Fabrizio Corallo e la regia di Luca Nannini), a 30 anni dalla realizzazione del film firmato Renzo Arbore, protagonista insieme a tutti i componenti della storica trasmissione “L’altra Domenica”. E Martin Scorsese in cammeo. Da non perdere Clouzot, von Stroheim e Reed: D CULT Queen Kelly di Eric von Stroheim (1928), L’assassino abita al 21 di Henri-Georges Clouzot (1941) e Fuggiasco di Carol Reed (1947): la neonata D CULT – etichetta sorta dall’italo-francese Ermitage – riporta alla luce tre grandissimi classici di altrettanti maestri: ottima occasione per recuperare il torbido poliziesco d’esordio di Clouzot (omaggiato anche da Tarantino in Bastardi senza gloria, con la locandina originale inserita in una scena del film), il primo capitolo dell’ideale trilogia di Carol Reed – completata con Idolo infranto e Il terzo uomo – e, soprattutto, il quanto mai travagliato lavoro di von Stroheim, Queen Kelly, in edizione restaurata e contenente le varie versioni del film con Gloria Swanson, anche produttrice. DISTR. D CULT Esp erie nza infin ita Star Wars: The Old Republic Personaggi su misura, gruppi di ricerca e missioni in cooperativa Passano gli anni, ma l’universo di Star Wars ha sempre un appeal incredibile presso tutti gli amanti del cinema, ma anche di altri mezzi di intrattenimento. Normale quindi che a cadenza regolare arrivino videogiochi dedicati a questa fortunata saga, come nel caso di Star Wars: The Old Republic, che sarà un gioco di 76 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 ruolo persistente online dove è possibile creare il proprio sith o jedi e personalizzarne l’aspetto, giocare insieme ad altre persone ed affrontare missioni in cooperativa, creare veri e propri gruppi ed esplorare diverse locazioni inedite o riprese dai film e libri, per un’esperienza coinvolgente e dalla durata praticamente infinita. Il titolo dovrebbe essere disponibile entro l’estate per PC e potrà essere giocato anche con configurazioni non particolarmente potenti. Per saperne di più visitate www.multiplayer.it ANTONIO FUCITO Telecomando DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE Borsa del cinema di Franco Montini Lo strano (e unico) caso di un flop al botteghino che trionfa al Kodak Theatre: il rilancio di The Hurt Locker Effetto Oscar IL TRIONFO OSCAR di The Hurt Locker di Kathryn Bigelow ha suscitato vasta eco anche sulla stampa nostrana. La maggior parte degli analisti ha privilegiato l’aspetto politico e la novità rappresentata dalla vittoria, per la prima volta in oltre 80 anni, di una donna. Per ciò che riguarda la politica, non c’è dubbio che The Hurt Locker rappresenti una svolta rispetto al trionfalismi patriottici dell’era Bush e sia in evidente 78 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 sintonia con il nuovo corso della Casa Bianca, determinatosi con l’arrivo di Obama. Secondo molti, dunque, se a dispetto delle più scontate previsioni il film della Bigelow ha trionfato sconfiggendo Avatar, il ricchissimo blockbuster dell’ex-marito James Cameron, le ragioni sarebbero per così dire ideologiche e conseguenza del desiderio di premiare una donna e la politica del nuovo presidente. La suggestiva tesi, benché possieda qualche elemento di verità, non è del tutto convincente. Innanzi tutto c’è da considerare che anche Avatar è un film anti-Bush; per certi versi lo è ancora più di The Hurt Locker, perché il racconto dell’invasione umana sul pianeta Pandora rimanda metaforicamente alle aggressioni della precedente amministrazione americana. Quanto alle novità, più ancora che il pre- Cast & Crew di Marco Spagnoli Blood All’origine di True Charlaine Harris, la scrittrice di romanzi diventati serie televisive mio ad una donna, l’elemento che colpisce è l’assegnazione dei massimi riconoscimenti ad un film di scarsissimo successo. Non era mai accaduto nella storia degli Oscar che il trionfatore fosse un film, di indubbia qualità certo, ma rivelatosi in patria come nel resto del mondo un flop. Ed allora il trionfo della Bigelow potrebbe derivare da ragioni economiche. L’Oscar, come è noto, è il premio che più conta in termini di incassi, assai più della Palma d’Oro di Cannes, del Leone di Venezia e di ogni altro pur prestigioso riconoscimento. Gli Oscar sono espressione dell’industria di vampiri sono personaggi perfetti per esplorare il concetto dell’eterna giovinezza: una metafora della nostra modernità così preoccupata del fisico e della bellezza. Un consiglio ai giovani scrittori? Autrice di diverse serie di romanzi, Charlaine Harris ha conquistato fama internazionale nel 2001 con Finché non cala il buio, nuovo ciclo di romanzi denominati The Southern Vampire Mysteries, incentrati sulle vicende di Sookie Stackhouse, cameriera telepatica della Louisiana innamorata di un vampiro. I libri hanno ispirato Alan Ball, creatore di Six Feet Under, per dare vita alla serie tv True Blood, prodotta da HBO, con protagonista il premio Oscar Anna Paquin nel ruolo di Sookie. Il successo di True Blood ha cambiato il suo lavoro? Le vendite dei miei libri sono aumentate, così come le lamentele dei fan sorpresi dai cambiamenti apportati da Alan Ball ai romanzi. Scelte, invece, che mi trovano pienamente d’accordo, perché il miglior adattamento è sempre un tradimento. Se non fosse stato per True Blood non avrei mai scoperto alcuni elementi presenti nel mio lavoro. Che cosa pensa di Alan Ball? Lo ammiro molto: con lui condivido la stessa fascinazione per la morte. In questo senso i Sentirsi liberi di scrivere senza volersi intromettere nelle scelte di chi, un domani, potrebbe adattare il loro lavoro. Io sono interessata ad utilizzare tutti i media, tra cui i videogiochi, ma sono io a scrivere le mie storie e qualcun altro ad adattarle per gli altri mezzi. Bisogna fidarsi. All’Academy non interessava premiare Avatar, già record d’incassi di tutti i tempi Hollywood e a determinare vincitori e vinti sono state spesso proprio considerazioni economiche. Questa volta il sospetto è che i giurati dell’Academy non avessero interesse a celebrare Avatar, già capace di polverizzare ogni precedente primato d’incasso e che non aveva bisogno di ulteriore spinta promozionale. Hollywood, invece, ha scommesso su un film che, per una serie di accidenti - premi mancati, uscite sbagliate - non ha incassato, ma che pro- prio per la sua qualità, se rilanciato, potrebbe tramutarsi da flop in successo. Al momento di scrivere, un giorno dopo l’assegnazione dei premi, l’ipotesi è tutta da confermare, ma intanto si può prendere atto che, per restare in Italia, The Hurt Locker (131mila euro il misero incasso sala), benché già disponibile in dvd e passato sulla pay tv, sia tornato nei cinema. Quanto potrà incassare grazie al rilancio Oscar? Difficile prevederlo, ma un paio di precedenti inducono all’ottimismo. Nel 1992 Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme trionfò con 5 Oscar e Mediterraneo di Salvatores si impose come miglior film straniero. In Italia erano già usciti nella precedente stagione con risultati medi. Il primo aveva incassato 3,8 miliardi di lire, il secondo 3,7. Quando i due film vennero beneficiati dagli Oscar erano già disponibili per l’home video, ma ciò non impedì loro di raggiungere incassi molto superiori a quelli ottenuti in prima battuta. Tornato in sala, Il silenzio degli innocenti incassò altri 6,2 miliardi di lire, mentre Mediterraneo mise insieme altri 5,9 miliardi. La cosa ci dice niente? box office (aggiornato al 22 marzo) 1 Alice in Wonderland ............................... 2 Mine vaganti ............................................ 3 E’ complicato ........................................... 4 Shutter Island .......................................... 5 Percy Jackson e gli Dei dell’Olimpo .... € 25,306,603 € 4,530,368 € 1,228,335 € 5,392,256 € 2,279,532 6 Fuori controllo ......................................... € 644,146 7 Tutto l’amore del mondo......................... € 517,024 8 Genitori & figli - Agitare prima dell’uso.. € 8,018,973 9 Invictus ..................................................... € 5,765,323 10 Avatar ....................................................... € 64,787,416 N.B. Le posizioni sono da riferirsi all’ultimo weekend preso in esame. Gli incassi sono complessivi aprile 2010 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 79 Telecomando DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE Libri Monografia aggiornata sul cappellaio Matto di Burton, poi le declinazioni in rosa del grande schermo Into the Depp A pro pos ito di Joh nny Don ne in age nda ... Non si può negare che questo sia un anno di grandi ruoli per Johnny Depp: dall’icona fashion pop del Cappellaio Matto della Wonderland di Tim Burton, risalendo fino all’alter ego del prematuramente scomparso Heath Ledger nel Parnassus di Terry Gilliam. Ma è con Nemico Pubblico di Michel Mann che Johnny Depp supera l’istrionismo e ci regala un ritratto duro, dolente e ambiguo del gangster John Dillinger, probabilmente la sua interpretazione più matura. Ben venga allora l’edizione aggiornata della monografia di Eleonora Saracino, Johnny Depp - Dal sogno di rockstar al grande cinema internazionale, la carriera del più eclettico outsider di Hollywood (Gremese, pagg. 143, € 20,00). Ricco di illustrazioni, il saggio ripercorre, inserendola in una cornice biografica, la filmografia dell’attore da Nightmare ad Alice. Donne up, uomini down: e non solo al cinema… Lo racconta per schermi e pagine Paola Casella, critico del quotidiano Europa, nel saggio Cinema: femminile, plurale (Le Mani, pagg. 104, € 14,00), che indaga le “mogli, madri, amanti protagoniste del terzo millennio”. Per intenderci, una come la Juno di Ellen Page, che sorride in copertina, la Nicole Kidman in bilico tra visionarietà e borderline o le arpie di Muccino, che l’Autrice passa in rassegna e scruta nel profondo, con un approdo “irrinunciabile”: il desiderio di maternità dei fratelli Dardenne. Insomma, un libro di donne ma non solo per donne, che vi consigliamo di appuntare: magari sulla nuova Moleskine creata ad hoc per critici e cinefili: Film Journal (pagg. 240, € 19,00), che permette di costruire una cineteca su carta, con filmografie, festival, etc. GIORGIA PRIOLO 80 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 FEDERICO PONTIGGIA Air Jordan In libreria da qualche tempo, “riscopriamo” la monografia su Neil Jordan (Il Castoro, pagg. 168, € 13,90) firmata da Matteo Pollone e Caterina Taricano, componenti del direttivo dell’Associazione Museo Nazionale del Cinema. Agile ed essenziale guida per addentrarsi nei sentieri di quello che lo stesso Stephen Rea – suo attore feticcio – rinomina “Jordanland”, il viaggio nella carriera del più irlandese tra i registi irlandesi d’esportazione (primato che condivide con Jim Sheridan) viene affrontato dagli autori seguendone cronologicamente la filmografia, partendo da Angel (1982) per arrivare fino ad Ondine, realizzato l’anno scorso, passato al Festival di Toronto e ancora in attesa di distribuzione. In mezzo, capolavori quali La moglie del soldato e operazioni mainstream come Intervista col vampiro. Il volo di Wim Gesto-immagine in Spazio Wenders, reportage delle riprese del corto in 3D di Giulio Bassi VALERIO SAMMARCO I ricordi di Mario Pubblicazione postuma ma curata sin dal principio nella sua redazione dallo stesso Mario Verdone, la raccolta A Cantalupo in Sabina – Versi e memorie (Ed. Sabinae, pagg. 118, € 12,00) contiene i ricordi delle primavere e delle estati appartenenti alla giovinezza trascorsa a Cantalupo. Il grande studioso delle Arti del ‘900 ci regala i suoi versi in cui pone uno sguardo intimo e familiare verso un passato ricordato con nostalgia. Dai tramonti ai profumi, ogni cosa desta nell’autore un piacevole e duraturo ricordo impresso nelle pagine di quest’opera. Emerge nei suoi versi tutto l’amore provato per la terra sabina e per la serenità del “buen ritiro” che essa ha saputo regalargli. Le piccole cose pascoliane si rivelano come le più gradite e divengono ispirazione poetica in animi sensibili come quello dell’autore. ANGELA SANSEVIERO Fellini Satyricon “Saggio di fantascienza del passato”. Così nel 1969 Federico Fellini definiva il suo film Fellini-Satyricon, presentato quello stesso anno alla Mostra di Venezia. Alla trasposizione onirica e surreale di una Roma imperiale decadente e volgare è dedicato questo volume, parte di un progetto più ampio dell’Università degli Studi di Milano, intitolato Scene di Roma antica: al fine di evidenziare come tutte le arti abbiano di volta in volta guardato all’antichità romana come soggetto. Ricerche e riflessioni tra l’arcaico e il modernissimo in una particolare percezione dell’antico a metà strada tra i Musei Capitolini e “Harper’s Bazaar”, a conferma delle molteplici chiavi interpretative di un’opera che dopo 40 anni mantiene intatta la propria vitalità. La trascrizione della sceneggiatura audiovisiva dell’intero film in appendice fa di questo lavoro un valido strumento di studio. GIULIO BASSI Roberto De Gaetano, Bruno Roberti, Emilio Arnone (a cura di) Spazio Wenders Ed. LibrAre € 20,00 Pagg. 64 “Sono convinto che in futuro gli uomini dovranno vivere insieme, condividere”. Così Wim Wenders nell’introduzione al libro fotografico Spazio Wenders, pubblicato dall’Università della Calabria e Plane in occasione del cortometraggio Il volo. Wenders approda in Calabria con una sceneggiatura quasi indefinita e la scelta del 3D, per raccontare gli eventi che hanno segnato il difficile approdo in quelle terre di emigranti curdi, afgani, eritrei, palestinesi ed etiopi. Nel volume le immagini del regista durante le riprese sono accompagnate da saggi sul cinema dell’erranza, sul viaggio come ricerca, sull’accoglienza e sulla diversità. Wenders percorre uno spazio di luce-volume verso una sorta di sfondamento della visualità. Il 3D distorce la superficie cui siamo abituati ridando allo sguardo una nuova infanzia intesa come naturale capacità di vedere le cose per la prima volta. “Quando il bambino era bambino…”, così l’incipit de Il cielo sopra Berlino. E’ questo il compito più alto che il cinema si può dare. Il gesto-immagine di Wim Wenders sui tetti di Badolato durante la lavorazione de Il volo sembra mutare l’ordine abituale delle cose. Emerge la possibilità di sentire e pensare una nuova infanzia intesa come modo nuovo di mutare dal progetto. All’arte sempre il compito più arduo: resistere all’abbrutimento che impedisce che il “nuovo” nasca. Telecomando DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE di Gianluigi Ceccarelli Colonne Sonore Visti da vicino Quella volpe di Desplat Fantastic Mr. Fox, sonorità ad hoc per la vena di Anderson La duttilità di un compositore del calibro di Alexandre Desplat è fuori discussione. Saltare con tanta efficacia dal mondo di Ang Lee a quello di Wes Anderson non è, oggettivamente, da tutti. In Fantastic Mr. Fox il compositore francese, dopo il fluviale e discontinuo lavoro per Benjamin Button, sposa in pieno la vena irridente del regista e del suo progetto (uno stop-motion movie ispirato all’omonimo libro per bambini di Roald Dahl), ma va oltre rendendo il proprio contributo indispensabile per il perfetto bilanciamento tra lo score e la tracklist delle canzoni, al solito numerosa nella filmografia di Anderson. E così, inframmezzato tra i Beach Boys del periodo Smile ( Heroes and villains ), gli ormai rituali Rolling Stones (Street Fighting Men, dopo la Play with Fire usata ne Il treno per il Darjeeling) e i meno scontati Burl Ives e Art Tatum, Desplat tiene le redini del gioco con uno score sognante e fiabesco, puntuale e mai banale, capace di alternare lirismo a paradossali sonorità western e raccordandosi beffardamente, sin dalle prime battute, con The Ballad of Davy Crockett dei Wellingtons. Un lavoro che trova il culmine nell’epica Just Another Dead Rat In A Garbage Pail (Behind A Chinese Restaurant) come nella scanzonata marcetta di Whack-back Majorette . Ultime perle, il brano inedito di Jarvis Cocker Fantastic Mr. Fox aka Petey’s Song e i due lavori del grande Georges Delerue, quasi uno score nello score. Per tut ti i gus ti a cura di Federico Pontiggia Shadow Seconda regia per Federico “Tiromancino” Zampaglione, che di musica – ovviamente - ne sa e ce lo fa sentire. Con delega: spartito alla Goblin del fratello Francesco. Da “pajura”… 82 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2010 Basilicata coast to coast Max Gazzè recita muto, ma regala all’esordiente regista Rocco Papaleo la canzone finale: Mentre dormi. Per il resto, ottimo teatro-canzone e un’infausta performance canora di Giovanna Mezzogiorno. Gli amori folli Il tocco leggero e ironico di Mark Snow nelle follie sentimentali di Alain Resnais. Anni ’80 e jazz alla Lalo Schiffrin, per una Nouvelle Vague acustica dal sapore retrò, “doppiata” dalle voci over. Deliziosa. Con Samsung Movies Store porti il grande cinema sempre con te Scarica il tuo film preferito…ora puoi guardarlo anche in movimento! Samsung Movie Store è un nuovo servizio di Video on Demand che ti permette di scaricare il film che vuoi, per vederlo quando vuoi e dove vuoi. Semplice, veloce, facile da usare, multicanale: non solo sul telefonino ma anche su netbook e notebook. Visita subito www.samsungmobile.it e scarica il tuo film! Godersi il grande cinema a casa o in movimento non è mai stato così facile. Premi play … ora puoi rilassarti! Transformers: Copyright © 2009 PARAMOUNT PICTURES CORPORATION and DW STUDIOS L.L.C. All Rights Reserved. HASBRO, TRANSFORMERS and all related characters are trademarks of Hasbro. © 2009 Hasbro. All Rights Reserved. - Star Trek: TM, ® & Copyright © 2009 by Paramount Pictures. All Rights Reserved. - Watchmen: © 2009 Warner Bros. Entertainment Inc., Paramount Pictures Corporation and Legendary Pictures. All Rights Reserved. Watchmen and all related characters and elements are trademarks of and © DC Comics Con Samsung Movies Store porti il grande cinema sempre con te Scarica il tuo film preferito…ora puoi guardarlo anche in movimento! Samsung Movie Store è un nuovo servizio di Video on Demand che ti permette di scaricare il film che vuoi, per vederlo quando vuoi e dove vuoi. Semplice, veloce, facile da usare, multicanale: notebook, netbook… ma la vera novità è che puoi guardarlo anche sul tuo telefonino*. Visita subito www.samsungmobile.it e scarica il tuo film! Godersi il grande cinema a casa o in movimento non è mai stato così facile. Premi play … ora puoi rilassarti! * modelli compatibili : Omnia HD i8910, Jet S8000, Ultra-Touch S8300 Transformers: Copyright © 2009 PARAMOUNT PICTURES CORPORATION and DW STUDIOS L.L.C. All Rights Reserved. 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