Scarica PDF - Cinematografo

Transcript

Scarica PDF - Cinematografo
rivista del
dal 1928
MENSILE N.4
A P R I L E 2 0 1 0 € 3,50
ESCLUSIVO
ALBERTO BARBERA
INTERVISTA
Gilles Jacob
KASIA TRAVOLTA DA
JOHN, ALBA BELLA
E BRAVA, ZAMPAGLIONE
DA HORROR
PIXAR E TOY STORY
AL PASSO CON I TEMPI:
UNO, DUE E 3D!
Poste Italiane SpA - Sped. in Abb. Post. - D.I. 353/2003
(conv. in L. 27.02.2004, n° 46), art. 1, comma 1, DCB Milano
MADE IN ITALY
LA FABBRICA
DEI GIOCATTOLI
Il principe
dei ladri
RUSSELL CROWE E’ ROBIN HOOD
PER RIDLEY SCOTT. A CANNES IN
VERSIONE KOLOSSAL
fondazione ente™
dello spettacolo
®
dal regista Premio Oscar de "IL PIANISTA"
EWAN MCGREGOR
PIERCE BROSNAN
KIM CATTRALL
OLIVIA WILLIAMS
Non pronunciate
mai il suo nome
L’
UN FILM DI
ROMAN POLANSKI
UOMO OMBRA
NELL’
THE GHOST WRITER
ALAIN SARDE E ROBERT BENMUSSA PRESENTANOUNAPRODUZIONE R.P. FILMS FRANCE 2 CINEMA ELFTE BABELSBURG FILM Gmbh RUNTEAM I I LTD EWAN MCGREGOR PIERCE BROSNAN KIM CATTRALL
OLIVIA WILLIAMS “L’UOMO NELL’OMBRA”(“THE GHOST WRITER”) CON TOM WILKINSON TIMOTHY HUTTON JON BERNTHAL DAVID RINTOUL ROBERT PUGH ELI WALLACH COSTUMI DINAH COLLIN CASTING FIONA WEIR MUSICA ALEXANDRE DESPLAT
DIRETTOREDELLAFOTOGRAFIA PAWEL EDELMAN MONTAGGIO HERVE DE LUZE SCENOGRAFIA ALBRECHT KONRAD CO-PRODUTTORI TIMOTHY BURRILL CARL L. WOEBCKEN CHRISTOPH FISSER PRODUTTOREESECUTIVO HENNING MOLFENTER
PRODOTTODA ROMAN POLANSKI ROBERT BENMUSSA ALAIN SARDE TRATTODALROMANZO “THE GHOST” DI ROBERT HARRIS SCENEGGIATURA ROBERT HARRIS E ROMAN POLANSKI DIRETTODA ROMAN POLANSKI
DAL 9 APRILE AL CINEMA
www.yahoo.it/luomonellombra
www.01distribution.it
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
Nuova serie - Anno 80 N. 4 aprile 2010
In copertina Russell Crowe in Robin Hood di Ridley Scott
Segui l’Ente dello Spettacolo anche su
FACEBOOK
Fondazione Ente dello Spettacolo:
www.fbook.me/entespettacolo
Tertio Millennio Film Fest:
www.fbook.me/tertiomillenniofilmfest
YOUTUBE
www.youtube.com/EnteSpettacolo
TWITTER
www.twitter.com/entespettacolo
punti di vi sta
Segui la Rivista del Cinematografo su
FACEBOOK
Cinematografo.it: www.fbook.me/cinematografo
Rivista del Cinematografo:
www.fbook.me/rivistadelcinematografo
DIRETTORE RESPONSABILE
Dario Edoardo Viganò
CAPOREDATTORE
Marina Sanna
Oscar nel mirino
REDAZIONE
Gianluca Arnone, Federico Pontiggia, Valerio Sammarco
CONTATTI
[email protected]
PROGETTO GRAFICO
P.R.C. - Roma
ART DIRECTOR
Alessandro Palmieri
HANNO COLLABORATO
Alberto Barbera, Giulio Bassi, Orio Caldiron, Gianluigi Ceccarelli,
Carlo Chatrian, Bruno Fornara, Antonio Fucito, Michela Greco,
Daniel Lombard, Massimo Monteleone, Franco Montini,
Morando Morandini, Valentina Neri, Peppino Ortoleva, Luca
Pellegrini, Manuela Pinetti, Giorgia Priolo, Angela Sanseviero,
Boris Sollazzo, Marco Spagnoli
REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE DI ROMA
N. 380 del 25 luglio 1986 Iscrizione al R.O.C. n. 15183 del 21/05/2007
STAMPA
Società Tipografica Romana S.r.l. - Via Carpi 19 - 00040 Pomezia (RM)
Finita di stampare nel mese di marzo 2010
MARKETING E ADVERTISING
Eureka! S.r.l. - Via L. Soderini, 47 - 20146 Milano
Tel./Fax: 02-45497366 - Cell. 335-5428.710
e-mail: [email protected]
DISTRIBUTORE ESCLUSIVO
ME.PE. MILANO
ABBONAMENTI
ABBONAMENTO PER L’ITALIA (10 numeri) 30,00 euro
ABBONAMENTO PER L’ESTERO (10 numeri) 110 euro
SERVIZIO CORTESIA
S.A.V.E. Srl, Fiano Romano (RM) tel. 0765.452243 Fax 0765.452201
[email protected].
PROPRIETA’ ED EDITORE
PRESIDENTE
Dario Edoardo Viganò
DIRETTORE
Antonio Urrata
UFFICIO STAMPA
[email protected]
buone intenzioni sugli
Davide ha battuto Golia. Che sia avvenuto
effetti speciali. In
nella fortezza del cinema bigger than life, in
quella Hollywood che ha sempre guardato con definitiva dell’America
umile ed ecumenica di
sospetto i filmaker indipendenti, non è un
oggi contro quella
dettaglio da poco. A patto di non ridurre il
muscolare e
trionfo da Oscar di The Hurt Locker a una
imperialista di ieri”
rivincita del cinema umanista – fatto di storie
(“Un verdetto politico”, Cinematografo.it, 13
esemplari e immerse nelle viscere del reale –
su quello degli effetti speciali. Sarebbe una
febbraio 2010). Difficile stabilire quale possa
lettura semplicistica, per non dire faziosa.
essere la portata di una simile decisione. Non
Significherebbe non riconoscere ad Avatar
era mai successo che l’Academy scavasse un
l’intenzione dietro l’organizzazione narrativa, il fossato così profondo tra le proprie valutazioni
e quelle del pubblico. Nessuna discussione
punto di vista ideologico, la «pressione del
invece sulla decisione di conferire il David di
presente» sotto lo splendore scenografico, le
meraviglie tecnologiche, la veste Sci-Fi. Non è Donatello alla carriera a Tonino Guerra. Figura
centrale del cinema italiano, lo scrittore di
una questione di contenuti. Ma di forma.
Santarcangelo ha messo a disposizione di una
Intesa non secondo i canoni dell’estetica, ma
generazione di fenomeni - da
in quanto strategia discorsiva
Antonioni a Fellini, da Rosi a
generale. E’ probabile che il
- la propria vis poetica,
basso profilo ideologico,
“Mai l’Academy aveva Visconti
fornendo loro canovacci ibridi,
retorico e produttivo di The
scavato un fossato così dispositivi testuali dove ogni
Hurt Locker abbia avuto la
meglio sulla spavalda
profondo tra le proprie parola è già virtualmente
grandeur hollywoodiana di
valutazioni e quelle del un’immagine. E la Parola –
meglio, il Verbo – si è fatta
Cameron. Che sia più in
pubblico”
immagine anche nei film dedicati
sintonia con l’umore politico
alla figura di Cristo. Per chi
del momento (ma
volesse ripercorrere questa
decisamente meno con il
“storia nella storia” del cinema l’appuntamento
gusto dello spettatore, visti gli incassi). Come
se l’Academy avesse espresso una preferenza è con la bella mostra torinese dedicata, “Ecce
Homo” (26 marzo – 6 giugno 2010), curata dal
simbolica e, prediligendo il piccolo al grande,
Museo del Cinema di Torino e dagli archivi
sancito “la rivincita dell’etica della formica su
della Fondation Jérôme Seydoux-Pathé e della
quella della cicala, della piccola e
Cinémathèque Française.
parsimoniosa impresa sulla grande e corrotta
multinazionale, delle idee sul denaro, delle
COMUNICAZIONE E SVILUPPO
Franco Conta [email protected]
COORDINAMENTO SEGRETERIA
Marisa Meoni [email protected]
DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE
Via G. Palombini, 6 - 00165 Roma - Tel. 06.96.519.200
Fax 06.96.519.220 - [email protected]
Associato all’USPI
Unione Stampa - Periodica Italiana
Iniziativa realizzata con il contributo della Direzione Generale
Cinema - Ministero per i Beni e le Attività Culturali
La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge
7 agosto 1990, n. 250
aprile 2010
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
5
JEANMICHEL COUSTEAU
UN FILM DI
JEA NJAC Q UES
E
PRESENTA
FR ANÇOIS M ANTELLO
DAL
30 A
AL C PRIL
INEM E
A
BENVENUTI NEL
NOSTRO MONDO
ANCHE
AN
N CH
C H E IN
I N 2D
2D
RACCONTATO
R
A C C ON
N T ATO
O DA
DA
ALDO , GIOVANNI
E
GIACOMO
consigliato da
www.oceani3dilfilm.it
I PROTAGONISTI DI OCEA NI 3D TI ASPETTA NO
DAL VIVO ALL’ ACQUAR IO DI GENOVA.
Succede solo all’
www.acquariodigenova.it
sommario
n. 4
april e 2010
PERSONAGGI
24 Fermo immagine Jacob
Il presidente di Cannes
immortala le star. Intervistato da
Alberto Barbera
34 L’uomo che uccise Bond
La seconda vita di Pierce
Brosnan, politico à la Tony
Blair per Polanski
50 Divina, con Garbo
Vent’anni senza Greta, bellezza
altera e inossidabile
SERVIZI
30 Greengrass Ultimatum
Con Matt Damon nella
Green Zone irachena: paranoia
post 11/9 e intrattenimento
39 Alba nuova
Non più “semplicemente”
brava: la Rohrwacher
in versione sexy per Soldini
FILM DEL MESE
54 Green Zone
58 L’uomo nell’ombra
59 Vendicami
59 Una proposta per dire sì
60 Cella 211
62 Dragon Trainer
63 Departures
63 Daybreakers
64 Cosa voglio di più
66 Oltre le regole - The
Messenger
67 Happy Family
67 Sunshine Cleaning
68 Perdona e dimentica
69 Fantastic Mr. Fox
69 From Paris with Love
Il ritorno di
Woody e della
banda di
giocattoli
targata Pixar
42 Esordi di “Kasia” nostra
La Smutniak con Travolta,
Papaleo regista in Basilicata,
Tiromancino horror
46 Giocattoli in 3D
Woody, Buzz &
Company: tornano
in sala i Toy Story
stereoscopici
18 COVER
Perdona e dimentica di Todd Solondz.
A sinistra Gilles Jacob
Russel Hood
Fuoco e fiamme nella foresta
di Sherwood: Ridley Scott ritrova
il suo Gladiatore e riscrive
la leggenda
som ma ri o
La divina
Greta Garbo
10
Morandini in pillole
Non selezionato da
Cannes, Leone d’Oro a
Venezia: Lebanon
12
Circolazione
extracorporea
Quando il messaggio
ecologico è griffato:
Home Project
14
Glamorous
News e tendenze:
provocazione Cotillard,
il ministro non perdona
16
Colpo d’occhio
Da Avatar a Scontro tra
Titani: Sam Worthington
78
Borsa del cinema
Trionfa The Hurt Locker:
motivi politici o incentivo
per il box office?
80
Libri
72
Tutte le donne del
grande schermo.
In volo con Wenders
Dvd & Satellite
Collezione Bergman,
poi Il nastro bianco e
le serie targate SKY
82
Colonne sonore
Compositore doc
per la volpe in stopmotion di Anderson
pensieri e parole
Quello che gli altri non dicono: riflessioni a posteriori di
un critico DOC
MORANDINI in pillole
di Morando Morandini
Scartato da
Cannes per
motivi
ideologici (?),
Lebanon vinse
poi il Leone
d’Oro a
Venezia
Punti di vista – Nel 2009 Lebanon, film d’esordio dell’israeliano Samuel Maoz, fu rifiutato da tutte le sezioni del Festival
di Cannes, compresa la Semaine de la Critique, messo in
concorso a Venezia ne uscì con il Leone d’Oro. Il che dimostra, tra l’altro, in che misura le commissioni di selezione dei
festival possono sbagliarsi. Scegliere o rifiutare un film per
un festival è un’operazione omologa a quella di un critico.
Dipende da molti fattori: gusto, competenza/soggettività,
ideologia, geopolitica eccetera. Secondo me a Cannes prevalse l’ideologia. Non a caso in Italia le maggiori riserve su
Lebanon vennero da alcuni recensori di sinistra. Non sono
pochi i film israeliani sulle guerre in Medio Oriente. I più noti
sono Kippur (2000) di Amos Gitai; Beaufort (2007) di Joseph
Cedar, inedito in Italia; Valzer con Bashir (2008), film d’animazione di Ari Folman. Con Lebanon hanno in comune almeno tre cose: sono autobiografici; sono coprodotti con cinematografie europee e, quel che è più importante, tutti e quattro
sono narrati dal punto di vista dei soldati combattenti israeliani, non da quello del loro governo. Nessuno dei quattro si
spinge a dare un giudizio politico (suscitando le comode riserve dei critici e spettatori europei):
sono tutti contro la
guerra e la sua
atroce assurdità;
esprimono il desiderio di pace e di
una vita normale;
insistono sui gravi
traumi – fisici, psicologici, etici –
subiti nei combattimenti.
Primo bilancio – Nel 2009 furono distribuiti 84 lungometraggi italiani di cui sette prodotti nel 2007. Sei film tra gli 84
hanno incassato più di 10 milioni di euro e altri 16 più di un
milione di dollari. Guida la classifica Natale a Beverly Hills di
Neri Parenti con 19 milioni e mezzo (più di 3 milioni di presenze), seguito da Cado dalle nubi di Gennaro Nunziante con
13.444.677 e da Italians di Giovanni Veronesi con 12.158.248. I
dati sono della Fondazione Cineteca Italiana di Milano (di cui
è presidente Cristina Comencini e diretta da Enrico Nosei e
Matteo Pavesi). In un referendum tra i principali cinecritici
della penisola sul migliore lungometraggio del 2009 ha vinto
Vincere di Bellocchio con 38 voti, seguito da Dieci inverni
(Valerio Mieli) e da Lo spazio bianco di Francesca Comencini
con 4 voti. Sul dizionario dei film Zanichelli 2010 (dove figurano soltanto i film distribuiti nel primo semestre 2009) Vincere
ha avuto 5 stellette di critica, seguito con 4 da Puccini e la
fanciulla di Paolo Benvenuti e Terra madre di Olmi.
10
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
FINE PEN(N)A MAI
VISIONI FORZATE E INDULTI
CRITICI
Sosteneva Capra, La vita è meravigliosa:
63 anni dopo, i Vanzina ribattono che La
vita è una cosa meravigliosa. Si sa, sono
le piccole cose a far la differenza… ####
Occhiatacce in 3D: sul banco degli imputati finiscono gli occhialetti zozzi, ma
industria ed esercenti vedono rosso: “E’
tutta una montatura!”. Visione distorta,
perché il vero problema si vede a occhio
nudo: la sporcizia dei cinema nostrani…
#### Sei mesi di ritardo, sei copie d’uscita: distribuzione coi guanti di velluto,
griffati Mikado, per Io sono l’amore di
Guadagnino. Se si fosse intitolato Io sono
la sfiga? #### Nuovi Orizzonti al Lido:
fuori formato, e con ben quattro premi.
Trovare i film a cui assegnarli sarà il soggetto di Miracolo a Venezia 67. ####
Onore al titolo: vedere L’uomo nell’ombra,
capire perché. Al sole rischierebbe il linciaggio…
ALMOST (IN)FAMOUS: DALLE
STALLE ALLE STARLETTE
Dal campo al set: complice un infortunio,
David Beckham cerca la Fuga per la vittoria; complice non si sa che, Francesco
Totti prenota il cinepanettone. Abituati a
recitare sul campo, piglieranno a calci la
macchina da presa? STOP Quando il titolo è destino: 3,3 milioni di euro per la
Bond girl Freida Pinto, star di The
Millionaire… STOP Fuori da Ghostbusters
3? Ivan Reitman è caduto dalle nuvole,
anzi Tra le nuvole: per tagliargli la testa,
la Paramount ha chiesto al figlio Jason, e
ingaggiato George Clooney… STOP Il
tatuaggio è come il tradimento: indelebile. Chiedetelo a Sandra Bullock,
Oscarizzata e cornificata dal maritino con
Miss Tattoo.
Federico Pontiggia
circolazione extracorporea
IL KITSCH DELLA RETE
Fruizioni multiple nell’era della riproducibilità
a cura di Peppino Ortoleva
PROCLAMA TOTAL FREE SULLA CRISI ECOLOGICA O
PLATEALE OPERAZIONE GRIFFE? IL CASO HOME PROJECT
PRODUCE BESSON
Il cineasta Luc Besson.
In basso la main page YouTube
di Home Project
12
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
Nel maggio 2009, Luc Besson, in veste di produttore esecutivo, ha presentato il
film Home del fotografo Yann Arthus-Bertrand, una sorta di proclama in HD
sulla crisi ecologica. Abbiamo fatto una pazzia, ha detto Besson: abbiamo deciso di far circolare il film gratuitamente e in simultanea in tutto il mondo. Come
dire, “a quanti bei soldi abbiamo rinunciato per amore della causa”. In effetti lo
“Home Project” consente di vedere il film su YouTube in 5 diverse lingue e con
sottotitoli, e l’operazione ha avuto un certo successo, visto che i counter delle
varie edizioni parlano di milioni di contatti. Un film in rete, un film per tante
diverse reti. Ma parlare di “pazzia” in questo caso è come minimo ipocrita. Far
capire di averci perduto del denaro, poi, è semplicemente bugiardo. Basta
cominciare a guardare Home per vedere una sequela di marchi, a cominciare da
Gucci, poi Balenciaga, Fnac, e tanti altri. E’ un film griffato: certo, griffati oggi i
film lo sono un po’ tutti, da quando la pubblicità occulta si è rifatta una verginità
prendendo il nome di product placement, e alluvionare ogni scena di marchi, di
profumo o di mobili, o naturalmente delle proibitissime (in teoria) sigarette, è
diventato uno dei principali business della settima arte.
Ma nel caso di Home è stato fatto un passo più in là. Grazie all’accordo col PPR
Group, ditta di promozione che si è specializzata nel settore del lusso, il film è
nato come veicolo pubblicitario, tanto da poter fare a meno degli altri normali
canali di sussistenza del cinema, dalla sala ai diritti televisivi, e poter passare
direttamente alla rete.
La cosa può sembrare strana, visto che il film si presenta come un’opera impegnata, combattiva, strumento per una presa di coscienza. Visto che usa la rete
come una sorta di tam tam, se non proprio di chiamata alle armi. E se invece,
fosse proprio qui la trovata? Nel tanto parlare di guerrilla marketing, ecco trovato un mezzo ancora considerato nobile, come il cinema, ecco individuata una
causa che permette a tutti di sentirsi indignati e pronti alla mobilitazione senza
però farsi dei veri nemici, ecco la possibilità di usare un canale, YouTube, che
favorisce lo spirito di condivisione al di là dei contenuti stessi che vi circolano.
Così nasce un’operazione tanto innovativa in termini di marketing quanto poco
lo è il film in quanto tale. Home applica al pianeta intero il linguaggio della più standardizzata
fotografia di moda. Del resto che cosa ci si può Progetto tanto
aspettare dall’uomo che per primo è stato insi- innovativo in termini
gnito, in quanto fotografo, della Legion d’onore?
Quando un grandissimo musicista come di marketing quanto
Maurice Ravel rifiutò quell’onorificenza, con un superficiale nei
gesto di saggezza e di responsabilità, un altro
grande ma perfido, Eric Satie, disse: “Ravel contenuti
rifiuta la Legion d’onore ma tutta la sua musica
l’accetta”. Battuta ingiusta, ma che è rimasta. Yann Arthus-Bertrand, il militante della fotografia delle buone cause, la Legion d’onore non si è neppure sognato di rifiutarla. E il suo film, poi, l’accetta e la esibisce in ogni singola inquadratura.
BRENDAN FRASER
TI TOGLIERANNO IL RESPIRO!
DAL 7 MAGGIO AL CINEMA
www.puzzoleallariscossa.it
glamo rous
Ultimissime dal pianeta cinema: news e tendenze
14
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
a cura di
Gianluca Arnone
AVANTI IL
PROSSIMO
Tra Kate Winslet e Sam
Mendes tutto finito. Non hanno
nemmeno aspettato il settimo
anno, il matrimonio si è
suicidato prima. Nulla dura a
Hollywood. Alla fabbrica dei
sogni segue la fiera dei
fallimenti. Cambiano i nomi,
ma la scena si ripete: dopo Tom
Cruise e Nicole Kidman,
Madonna e Guy Ritchie, avanti il
prossimo. E bruci per noi
sull’altare delle favole.
IL BELLO DI CHIAMARSI ANGELINA
Non sarà una santa e non vincerà nemmeno il premio simpatia. Però stavolta ci piace
ricordarla così: buona. In Africa tutti sanno del suo impegno umanitario a favore dei
bambini. E in Afghanistan ha contribuito di recente (75.000 dollari) all’apertura di una scuola
elementare. C’è un pò di “Angelina” nella Jolie. E un pò di cuore anche in questa rubrica.
LA LEGGE DEL
CONTRAPPETTO
Un ministro francese ha bucato il
seno di Marion Cotillard. Cercava di
appuntarle al petto una medaglia
d’onore. Giorni prima l’attrice aveva
girato uno spot contro lo strabismo
maschile: “tette finte da fronte” per
donne che vogliono essere guardate
in faccia. La cosa è arrivata al
ministro. E chi di seno ferisce, di
seno perisce.
REMEMBER ME!
Ci sarà un giorno in cui si esaurirà l’esangue icona
di una stagione emo. Passerà di moda, come tutto.
Ma Pattinson non sparirà. Farà il musicista, ha
annunciato. Non si sa bene come, ma in fondo
che importa? Conta invece la metamorfosi, il
teatrale addio alle scene, il cambio di look, il
capello cotonato. L’epopea dell’artista che
rinasce. Quanto a noi, basterà tapparsi le
orecchie. Come oggi chiudiamo gli occhi.
aprile 2010
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
15
c olpo d’occhio
FE ST IVAL DE L M ES E
di Massimo Monteleone
Di nuovo Estremo Oriente a Udine, Schermi
d’amore a Verona, alta quota a Trento
CHICAGO LATINO FILM
FAR EAST FILM
1 XII
5 FESTIVAL
edizione del festival, a cura
PER DESCRIVERE
la sua ultima epopea
cinematografica Sam
Worthington ha usato
un’unica
inequivocabile parola:
“ridicola”. Parlava
ovviamente di Scontro
tra Titani – dal 2
aprile nelle sale – che
vedrà il coriaceo
australiano fare a
cazzotti stavolta con
dei, falsi dei e
ciabattai dell’Olimpo
in un’orgia di effetti
speciali e cafonate
mitologiche. A riprova
che è lui, oggi, la più
efficace effige
dell’action
mainstream. E anche
il suo testimonial
meno adatto.
del Centro Espressioni
Cinematografiche, sul cinema
dell’Estremo Oriente (Hong Kong,
Giappone, Cina, Corea del Sud,
Thailandia, Taiwan, Singapore,
Filippine, Indonesia, Malesia).
Anteprime, omaggi, retrospettive,
incontri con attori e registi.
INTERNATIONAL ISTANBUL
6 FILM
FESTIVAL
Località Udine, Italia
Periodo 23 aprile - 1 maggio
tel. (0432) 299545
Sito web www.fareastfilm.com
E-mail [email protected]
Resp. Sabrina Baracetti
LINEA D’OMBRA - FESTIVAL
CULTURE GIOVANI
XV edizione della rassegna
internazionale competitiva (e non)
di lungometraggi e “corti”, che
celebra la creatività giovanile. Il
tema odierno è “l’identità” (nel
cinema e in altre arti). Previsti
omaggi e retrospettive degli ospiti
presenti.
Località Salerno, Italia
Periodo 13-18 aprile
tel. (089) 662565
Sito web www.festivalculturegiovani.it
E-mail segreteria@festival
culturegiovani.it
Resp. Peppe D’Antonio
2
Ar ma letale
Scontro tra Titani:
Worthington si batte da solo
SCHERMI D’AMORE 4 VERONA
FILM FESTIVAL
XIV edizione del festival del
cinema sentimentale e mélo,
ospitato dalla città di Giulietta e
Romeo e del melodramma
musicale. Oltre al Concorso
internazionale sono previsti
rassegne, retrospettive e un
omaggio a Ken Russell.
Località Verona, Italia
Periodo 27 aprile – 2 maggio
tel. (045) 8005348
Sito web www.schermidamore.it
E-mail veronafilmfestival@
comune.verona.it
Resp. Paolo Romano
Scontro tra Titani.
Sopra: Sam
Worthington
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
marzo 2010
XXIX edizione della rassegna
competitiva dedicata ai film che
trattano le arti. Include una
panoramica sul cinema turco e
degli altri paesi.
Località Istanbul, Turchia
Periodo 3-18 aprile
tel. (0090-212) 3340723
Sito web www.iksv.org
E-mail [email protected]
Resp. Azize Tan
FESTIVAL DEL CINEMA
7 EUROPEO
XI edizione del Festival leccese, a
carattere competitivo, che da
quest’anno istituisce il “Premio
Mario Verdone”. Tra gli ospiti di
questa edizione, Carlo Verdone
(“Protagonista del cinema
italiano”), Isabella Ragonese e
Violante Placido. In anteprima
Shadow di Federico Zampaglione.
TRENTOFILMFESTIVAL –
3 MONTAGNA
– SOCIETA’ –
CINEMA - LETTERATURA
LVIII edizione della più antica
manifestazione a concorso
sull’ambiente-montagna,
compresi alpinismo, sport,
editoria del settore e tutela
dell’ambiente. Presenta opere
documentaristiche e di fiction.
Località Trento, Italia
Periodo 29 aprile - 9 maggio
tel. (0461) 986120
Sito web www.trentofestival.it
E-mail [email protected]
Resp. Maurizio Nichetti
16
XXVI edizione del festival che
presenta più di 100 film e video di
ogni genere, riflettendo le
diversità della cultura latina fra i
vari paesi (Spagna, Portogallo,
Stati Uniti e America Latina).
Località Chicago (Illinois), USA
Periodo 16-29 aprile
tel. (001-312) 4311330
Sito web www.latinoculturalcenter.
org/filmfest/
E-mail [email protected]
Resp. Pepe Vargas
Località Lecce, Italia
Periodo 13-18 aprile
tel. (0832) 524565
Sito web www.festivaldelcinema
europeo.it
E-mail info@festivaldelcinema
europeo.it
Resp. Cristina Soldano, Alberto
La Monica
FESTIVAL INTERNATIONAL
8 DE
FILMS DE FEMMES
XXXII edizione del noto festival
europeo dedicato alle donne
registe. Le novità sono nella
sezione competitiva (film a
soggetto, documentari e “corti”).
Località Créteil, Francia
Periodo 2-11 aprile
tel. (0033-1) 49803898
Sito web
www.filmsdefemmes.com
E-mail
[email protected]
Resp. Jackie Buet
COVER
“Un Robin Hood così non
l’avete ancora visto”.
Parola di Crowe, di
nuovo protagonista per
Ridley Scott. Nel kolossal
che inaugura il festival
di Cannes
di Marina Sanna
18
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
Russell Crowe è
Robin Hood diretto da
Ridley Scott. Arciere al
servizio di Riccardo Cuor di
Leone con il compito di
salvare la patria dalla
guerra civile
aprile 2010
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
19
COVER
Ridley Scott sul set in
Inghilterra con Crowe e
Cate Blanchett (Lady
Marian). Accanto Mark
Strong (sir Godfrey, il
traditore)
“QUANDO HO LETTO la sceneggiatura
ho capito che avremmo dovuto cambiare
la storia. Con tutto il rispetto per chi l’aveva scritta, non era interessante”, racconta Russell Crowe. E non c’è dubbio:
dimenticate la leggenda, il nuovo Robin
Hood, firmato Ridley Scott e scelto per
aprire il festival di Cannes, non è mai
stato raccontato così. Siamo in Francia,
al volgere del XII secolo, l’arciere semplice Robin Longstride combatte i
Normanni al servizio di sua maestà
Riccardo Cuor di Leone. Accade l’imprevedibile: Robin viene coinvolto in una
rissa con gli amici e messo alla gogna.
Intanto impazzano le Crociate e, prima
sorpresa, Riccardo muore. Robin e i
suoi vengono liberati e scappano nella
foresta francese, nel frattempo i
Cavalieri prendono in consegna la corona per riportarla in patria al legittimo
erede, il principe John (Oscar Isaac).
Nel tragitto vengono attaccati ma arriva
Robin Hood che uccide i nemici (fatta
eccezione per il traditore Mark Strong,
lo sfregiato) e promette a sir Robert
Loxley (Douglas Hodge) caduto nell’agguato di portare a termine l’impresa e,
contestualmente, la spada al padre, sir
Walter Loxley (Max von Sydow) che vive
a Nottingham con la bella Marian (Cate
Blanchett). Robin e i suoi attraversano il
territorio nemico sotto mentite spoglie
ma Mark Strong trama nell’ombra e
giura vendetta. Intanto Robin, per aiutare Marian, ritrovatasi vedova e quindi
senza terra, si improvvisa suo consorte
mentre lo sceriffo corrotto (Matthew
Macfayden) spadroneggia nel villaggio.
“Sono sempre stato un fan di Robin
Hood – spiega Crowe -, ricordo ancora
Errol Flynn nella versione del ’38, immaginate quindi la gioia nel sentire la
proposta di Brian (Grazer, il produttore
ndr). Non poteva essere però l’ennesimo
remake: doveva avere caratteristiche
completamente diverse da quelle narrate finora”. Sul personaggio di Robin
Hood le versioni storiche sono diverse e
discordanti: rappresentato come un
contadino, mercante e poi più tardi, intorno al 1500, trasformato nel signore di
Huntington. Quello più popolare e ripreso da Alexandre Dumas nel romanzo
Robin Hood Il proscritto, viene privato
dei suoi possedimenti dallo sceriffo di
Nottingham e diventa un fuorilegge.
Crowe voleva rendergli giustizia, almeno
al cinema, quindi accettata la proposta
di Grazer si è rimboccato le maniche e
ha pensato al da farsi: quale regista migliore sul mercato di Ridley Scott?
Quello che lo ha portato alla gloria con Il
gladiatore (non a caso una scena è stata
girata a Bourne Wood in Surrey, lo stesso luogo in cui Maximus raduna le trup-
“Non poteva essere l’ennesimo remake:
doveva avere caratteristiche completamente
diverse da quelle narrate finora”
20
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
aprile 2010
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
21
COVER
Nel nome
di Robin
Flynn, Costner, Connery
e la volpe Disney: i volti
di una leggenda
Ne ha fatta di strada, dal
medioevo a oggi, la figura
del nobile brigante “che
ruba ai ricchi per dare ai
poveri”: circoscritto, anche
troppo, da un tormentone
che ne ha sfumato origini e
caratteristiche, Robin Hood
– al pari di altri eroi
leggendari e popolari – non
è riuscito mai davvero ad
incidere sul grande
schermo quanto la sua fama
avrebbe meritato. L’arciere
fedele di Riccardo Cuor di
Leone - impegnato a
difendere dalle mire del
fratello Giovanni Senza
Terra il trono del re,
chiamato a combattere una
crociata – riesce comunque
a lasciare qualche sporadico
segno nell’immaginario
collettivo grazie ad una
manciata di titoli (pochi, se
si considera che le
trasposizioni dai primi anni
’10 ad oggi sono circa una
ventina, comprese le
versioni televisive, tra cui la
recente serie britannica, in
onda dal 2006 al 2009), già a
partire dal lavoro di Allan
Dwan del 1922. La ribalta
filmica vera e propria, però,
si deve al Robin Hood / Errol
Flynn di Michael Curtiz,
prototipo di quell’antieroe
impertinente e sfrontato
pe contro le orde barbariche) e con cui
ha condiviso 5 film. Con Scott dalla sua
parte, Crowe ha poi pensato al cast:
Cate Blanchett in primis, a cui aveva già
22
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
che, 53 anni dopo, viene
riproposto dal Kevin
Costner principe dei ladri
diretto da Kevin Reynolds.
Meglio di lui, però, aveva
fatto sicuramente Sean
Connery nell’inglese Robin
e Marian (1976) di Richard
Lester, affiancato da una
Lady Marian d’eccezione,
Audrey Hepburn. E, forse, la
volpe antropomorfa della
versione a cartoni animati
rivolto elogi in pubblico per
la bravura.
Anche l’affiatamento con gli
Per aiutare Marian,
altri era fondaRobin si improvvisa
mentale: Little
suo consorte, mentre
John, Allan
lo sceriffo corrotto
spadroneggia nel
A’Dayle e Will
villaggio
Scarlet interpretati rispettivamente da Kevin
Durand, Allan Doyle e
Scott Grimes, di cui è amico da anni, sono stati invitati nella sua bella casa in Australia mesi prima che iniziassero le riprese in
Inghilterra. “Stare insieme era necessario per la riuscita del film. Volevo forma-
firmata Walt Disney nel ’73.
Davvero da dimenticare,
infine, la parodia diretta da
Mel Brooks nel 1993 (Robin
Hood – Un uomo in
calzamaglia) e il
misconosciuto Robin Hood –
La leggenda di John Irvin,
realizzato qualche mese
prima rispetto al film di
Reynolds, con Patrick
Bergin e Uma Thurman.
VALERIO SAMMARCO
re una squadra vera, atletica e con un
background musicale, siamo un gruppo
simpatico e allegro. Abbiamo imparato a
usare arco e frecce, è stato un po’ come
giocare a golf, anzi meglio. Ci siamo preparati duramente e credo si veda”. Il risultato è un kolossal spettacolare, il set
è stato ricostruito con dovizia di particolari, sono stati chiamati esperti di
ogni tipo per costumi e location (solo
Nottingham ha preso oltre duemila acri
nei dintorni di Hampton) e le scene di
azione impressionanti: quando c’è da
battersi Russell non si tira certo indietro. Sequel in agguato?
Senza raccontare troppo possiamo anticipare che dove finisce il film incomincia la vera storia di Robin Hood…
%
SELEZIONE UFFICIALE 2009
FUORI CONCORSO
SELEZIONE UFFICIALE 2009
VINCITORE DI
7 PREMI GOYA
$/(66$1'5,$(*,772'&
,/021'2&$0%,Ó3(56(035(
R
CHEL
WEISZ
UN FILM DI ALEJANDRO AMENÁBAR
DAL 23 APRILE AL CINEMA
WWW.AGORA.MIKADO.IT
SOUNDTRACK ON
esclusivo
Ritratto
di signore
Il direttore del Museo del Cinema Alberto Barbera intervista
il presidente di Cannes Gilles Jacob. Un intellettuale
che ha cambiato il panorama dei festival e ha appena
pubblicato Livre d’or: una raccolta di foto commentate da
personalità del mondo dello spettacolo
Gilles Jacob con Thierry
Frémaux e Veronique Cayla.
Accanto un autoscatto, sotto
Alberto Barbera
Dopo il bell’album
di ricordi La vie
passera comme un
rêve dello scorso
anno, un nuovo libro
in libreria: Livre
d’or. Diverso da
tutti i precedenti
per molti motivi. In che cosa consiste?
Si tratta essenzialmente di una
raccolta di fotografie, il che potrebbe
forse sorprendervi. Il fatto è che sono
abituato a camminare molto e in
occasione delle mie lunghe
passeggiate porto sempre in tasca uno
di questi nuovi apparecchi digitali che
pesano come una piuma ma offrono
straordinarie prestazioni. Così ho
esercitato il mio gusto per l’immagine
riprendendo scene, luoghi, personaggi
che mi apparivano come l’inizio di una
storia. Questa sensazione mi ha fatto
venir voglia di chiedere a degli artisti
amici che cosa questi cliché evocavano
in loro. E’ così che Livre d’or ha
assunto nello stesso tempo la forma di
un album fotografico molto personale –
assai poco legato a Cannes – e una
raccolta di testi e commenti che vanno
da Paul Auster a Juliette Binoche, da
Woody Allen a Emmanuel Carrère, da
Raymond Depardon a Clint Eastwood o
Olivier Assayas.
Come è nato il suo rapporto con il
cinema e su che cosa si fonda?
E’ nato quando la mia balia mi ha
portato al cinema per poter
abbracciare nel buio il suo innamorato
e sono stato costretto a fissare lo
schermo. Lì, ho visto le gambe delle
ragazze delle attualità Fox Movietone
che ancheggiavano in cadenza e mi
sono innamorato…
Trentatré anni alla guida del festival
di Cannes, prima come direttore poi
aprile 2010
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
25
esclusivo
esclusivo
L’attrice Dominique
Blanc commenta uno
scatto di Jacob, sotto
Fanny Ardant dice la
sua. Pagina successiva
Sean Penn a Cannes
come presidente. Un caso unico,
un’esperienza senza equivalenti in
nessun altro paese del mondo. Come
spiega questa continuità altrove
impossibile?
Forse è la dimostrazione della costanza
di una passione coniugata alla capacità di
rinnovarsi che mi ha consentito di
adattarmi a tutte le evoluzioni del cinema.
Questa perennità è stata resa possibile
grazie all’indipendenza che ci viene
garantita dai poteri pubblici francesi, di
qualunque tendenza essi siano, senza
trascurare un fatto fondamentale: il
sostegno da parte degli artisti.
26
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
Che cosa ricorda con maggior piacere e
quale errore vorrebbe non aver
commesso nella sua carriera?
Precisamente questa prossimità con gli
artisti che si è manifestata a più riprese e
in particolare in occasione degli
anniversari in cui ho avuto l’immensa
soddisfazione di poterli riunire a Cannes,
senza dimenticare i progetti artistici
come Chacun son cinéma (il film a
episodi realizzato in occasione del 60°
anniversario del festival – ndr), dove ho
potuto giocare al direttore d’orchestra,
dirigendo la creazione di alcuni fra i più
grandi nomi del cinema mondiale. Che
cosa poter sognare di meglio?! Quanto
all’errore, non so se rimpiangere
maggiormente i film che non ho saputo
selezionare o quelli che non avrei dovuto,
secondo i critici che sono miei colleghi.
Lei ha contribuito in maniera decisiva a
fare di Cannes l’appuntamento
festivaliero più importante del mondo. Il
“50 commenti di 50 artisti ai quali avevo chiesto
una fantasticheria intorno a una foto e soprattutto di
non dirne bene!”
più grande e il più prestigioso. Capace di
conciliare le ragioni dell’arte con quelle
del mercato. Determinato a far
convivere la difesa degli autori con le
ragioni di produttori e distributori. A che
cosa deve tutto ciò?
A me stesso (scherzo!). Ho già risposto in
parte a questa domanda. Per sviluppare
le qualità di cui lei parla, bisogna
naturalmente poter lavorare con la
tranquillità di spirito che conferisce
un’istituzione stabile. Ho avuto la fortuna
di ricevere una duplice formazione, divisa
fra l’amore per il cinema e il senso della
gestione di un’impresa, il che mi ha
consentito di sviluppare i mezzi della
nostra indipendenza finanziaria, politica,
diplomatica, professionale, unita a una
visione del futuro della manifestazione
che ha sempre guidato e accompagnato
ogni pur minima decisione.
Prima che prendesse piede in alcuni
importanti festival l’idea di affiancarvi un
fondo destinato allo sviluppo e al
sostegno di opere prime e seconde, un
importante produttore si disse
scandalizzato all’idea che un festival
potesse pensare di essere qualcosa di
aprile 2010
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
27
esclusivo
più e di diverso di una semplice vetrina
dell’esistente. L’esperienza della
Cinéfondation di Cannes, del World Film
Fund di Berlino, dell’Hubert Bals Fund di
Rotterdam, del Torino Film Lab,
sembrano dimostrare esattamente il
contrario. Che ne pensa?
Lei sta parlando con l’ideatore della
Cinéfondation, che in questi dodici anni
ha sviluppato la sua attività lungo tre
direttrici: potrà facilmente dedurne che
giudico indispensabile che un festival si
preoccupi di assecondare la creazione dal
momento in cui si manifesta. Mostrare
dei film sarà ben presto un gesto che
richiede non più di un secondo per essere
convogliato su migliaia di schermi
disseminati per tutto il mondo. E’ dunque
un ruolo che non si identifica più con
l’unica missione di un festival di cinema
che si rispetti. Mi sembra che siamo
sempre di più spinti a interpretare un
ruolo di sostegno degli artisti e di luogo
privilegiato d’incontro.
I festival di oggi sono molto diversi da
quelli di un tempo e forse lo saranno
sempre di più in un domani che non
appare così lontano. Come vede il futuro
di queste manifestazioni?
Prendo atto con piacere che siamo sulla
stessa lunghezza d’onda, perché prevedo
la domanda successiva!
Il futuro del cinema?
Come diceva il generale De Gaulle a
proposito di tutt’altra cosa: “Vasto
problema!”
E il futuro della sala cinematografica?
Fintanto che i ragazzi avranno voglia di
uscire di casa per incontrare le ragazze al
buio e scoprire il mondo e la vita,
l’avvenire è assicurato!
Ultima domanda: c’è un aneddoto che
riguarda i suoi incontri con gli artisti o gli
attori che le piacerebbe raccontare?
Ne ho svelati alcuni in La vie passera
comme un rêve, in particolare quello in
cui, un giorno, a Venezia (che lei all’epoca
dirigeva), ho scambiato Bertolucci per
Milos Forman… Dissolvenza in nero. Vada
ancora per un inedito, proprio perché è
lei: il giorno in cui ho fatto apparire un
sorriso irresistibile sul bel viso di Jane
Fonda ricordandole
pubblicamente le 20.00
pagine del dossier che l’FBI
conservava su di lei…
%
Jane Fonda e Sharon Stone
fotografate da Jacob sulla
Montée di Cannes, da sfogliare
con tante altre nel nuovissimo
Livre d’or
28
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
intervista
IRAQ
"Da Bourne a Green Zone,
inquadro la paranoia
post 11 settembre", dice
Paul Greengrass. Con
Matt Damon, "tra popcorn
e ricerca della verità"
di Federico Pontiggia
30
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
T
ra Bourne e United 93, “un mix di
popcorn movies e cinema-verità”.
Definizione del regista Paul Greengrass,
è Green Zone, che porta il maresciallo
Matt Damon in Iraq, sulle tracce delle
famigerate armi di distruzione di
massa: Cia contro Pentagono, iracheni
contro iracheni, tutti contro tutti. Titolo
che indica l’area protetta del comando
Usa e britannico a Baghdad, la spy-story
pare la seconda parte di un dittico del
dolore americano, iniziato con l’11
settembre di United 93.
Greengrass, è così?
Se guardo ai miei ultimi quattro film,
Bourne Supremacy, United 93, Bourne
Ultimatum e Green Zone, credo che in
diversi modi si indirizzino tutti alle
turbolenze innescate dall’11 settembre.
Da un lato, il factual filmaking di United
93, dall’altro i popcorn movies del
dittico di Bourne, che inquadra la
contemporanea paranoia globale,
infine, Green Zone, che è il tentativo di
sposare questi due versanti.
aprile 2010
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
31
intervista
Green Zone: qui Jason Isaacs, a fianco Brendan Gleeson, sotto Greg Kinnear
Dopo averla bastonata con Bourne,
qui rivaluti la CIA e accusi il
Pentagono: perché?
Non esiste alcun dubbio, la Cia a quei
tempi era molto ostile verso il caso
intelligence costruito per le armi di
distruzione di massa: l’input non venne
dall’Agenzia, ma dall’interno del
Pentagono. La Cia fu molto cauta e
critica a
riempire il buco
delle armi che
non si
trovavano: si è
dimostrata
molto più
lungimirante,
anche perché a
differenza della
Difesa non
credo fosse
guidata ideologicamente. Comunque,
dopo Bourne, ho voluto pareggiare il
conto con un agente buono...
La tua mission a Hollywood sembra
quella di combinare l’action
mainstream all’indagine geopolitica
indipendente: come ci riesci?
Faccio film che, in un modo o nell’altro,
si impegnino a inquadrare il mondo
reale, e mi adopero per trovare gli
strumenti migliori.
Il singolo contro il potere politico: una
costante della tua filmografia
Credo sia un ottimo espediente per
esplorare quel che succede oggi, ma
ora forse è giunto il momento di
cambiare: basta guerra.
Sei alla terza collaborazione con Matt
Damon: com’è il vostro rapporto?
Avete in cantiere un quarto film sulla
crisi economica?
No, non so ancora che farò: vediamo
32
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
come va Green Zone, e poi decideremo.
Ma di certo farò altri film con Matt,
siamo buoni amici e amo lavorare con
lui. È un magnifico attore e un grande
partner creativo: in qualsiasi progetto
tu lo inserisca, sa portare delle idee
brillanti.
Un iracheno gli dice: “Non sta a voi a
decidere cosa deve succedere qui”.
Riflette la tua posizione sulla guerra in
Iraq?
Credo sia molto importante che in un
film tu non dia la tua opinione, ma che
la tua opera abbia un forte punto di
vista. È una differenza fondamentale: la
storia deve avere un punto di vista
chiaro, così che lo spettatore possa
prenderne ciò che vuole, ma non offrire
l’opinione del regista, che reputo poco
interessante.
In altre parole, tutto quel che avevo e ho
da dire è nel film.
Credi che il governo Obama porti
significativi cambiamenti nella politica
estera Usa?
Non lo so, se racconti storie devi stare
lontano da politica, devi lasciare che sia
solo il tuo film a parlare.
%
“Obama? Non so che dire: se racconti
storie, devi star lontano dalla politica. E far
parlare i tuoi film”
Il regista Paul
Greengrass sul set
con il soldato Matt
Damon
personaggi
Lunga vita
a Pierce!
Brosnan è riuscito
dove tanti hanno
fallito: uccidere
Bond. Come? Grazie
al talento, chiedete a
Polanski…
di Daniel Lombard
Olivia Williams in L’uomo
nell’ombra di Roman Polanski.
A destra, Pierce Brosnan
34
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
TRE FILM IN USCITA. In uno, già in sala,
è un peloso centauro (Percy Jackson e
gli Dei dell’Olimpo), nel secondo,
Remember Me, il padre problematico di
Robert Pattinson e nel terzo... Tony
Blair. “Ero a Londra quando il mio
agente mi disse che aveva ricevuto una
telefonata del sig. Polanski. Voleva
vedermi. Ero molto intrigato, andai a
Parigi, pranzammo insieme e mi parlò
subito del personaggio che desiderava
interpretassi. Tony Blair, appunto.
Abbiamo parlato molto di lui, e poi del
resto, della famiglia, della vita. Un uomo
intelligente, brillante, caustico. E lo è
anche ora, in questo momento difficile”.
Sorride, un foulard improbabile al collo
per difendersi dal freddo berlinese (il
film L’uomo nell’ombra, che ha visto
collaborare i due come regista e
protagonista, ha vinto l’Orso d’argento),
Pierce Brosnan è un uomo affascinante,
uno di quei lord bizzarri e piacenti che in
qualche fumetto starebbero benissimo.
L’ex James Bond - l’esclusione sembra
ancora bruciargli - sa giocare con il suo
aspetto fin dai tempi di Remington
Steele, serie tv investigativa in cui il suo
fascino era fonte di risa più che di
conquiste. Forse perché, come avviene
nel film di Polanski con Olivia Williams,
quando c’è una donna a smontarne il
fascino da irlandese impenitente, lui ne
guadagna. E pensare che a fare l’attore,
come dicono tutti, neanche ci pensava.
“Ora, per fortuna, sono un attore che
lavora, nonostante un inizio orribile. Ci
ho messo molta passione e ce l’ho fatta.
Quando ero giovane, lavoravo in uno
studio di produzione, facevo per lo più
Klingons fights
umpteen dwarves.
Batman grew up,
then two chrys
aprile 2010
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
35
personaggi
tazze di tè e fotocopie, annaffiavo le
piante, ma sognavo che un giorno avrei
fatto qualcosa di più nel cinema. Mi
vedevo produttore, ero troppo riservato
per recitare. Un giorno un amico mi
disse che organizzavano un workshop di
recitazione, io non sapevo neanche cosa
volesse dire. Dovevo chiudere gli occhi e
vagare, toccare i visi delle altre persone.
Ho pensato che era quello che volevo
fare. Ho iniziato in un piccolo teatro, un
mix incredibile di artisti, poeti, musicisti,
attori, era il tempo delle Black Panthers
e ho scoperto Sartre, Cechov, è stata la
mia scuola, la mia formazione. Quel
portfolio di dipinti e disegni divenne il
“Quando ero giovane, lavoravo in uno
studio di produzione, facevo per lo più
tazze di tè e annaffiavo le piante”
mio passaporto. Così decisi di fare
l’attore, avevo presenza scenica, ma ero
completamente disarticolato. Ed è
incredibile che dopo tanta gavetta ebbi il
ruolo di James Bond”. Fece risorgere
l’agente di sua maestà dall’oblio in cui
le difficoltà della MGM (e Timothy
Dalton) l’avevano portato. Un poker di
Ewan McGregor
con Brosnan.
Sotto un’altra
scena di L’uomo
nell’ombra
36
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
successi per farne una nuova icona.
L’ingrato accantonamento dei
rivitalizzati produttori poteva essere una
mazzata per chiunque, non per questo
vecchio ragazzaccio che dietro quel
sorriso così bello da sembrare finto perfetto per il politico Adam Lang,
protagonista dal carisma “di plastica”
de L’uomo nell’ombra - nasconde un
carattere temprato dalla gavetta, dalla
tv fatta a ritmi e intensità straordinari,
per qualità e quantità. E così è sfuggito
all’etichetta- “la temevo, come tutti
coloro che accettano l’eredità di
Connery e Moore: sai che è una
proposta che non potrai rifiutare, allo
stesso tempo sai che potrebbe essere
una meravigliosa, gustosissima polpetta
avvelenata”- riuscendo a ritagliarsi
spazi per altri film in mezzo alle
avventure da spia. “Mi ha aiutato la
voglia di non fermarmi, di accettare
ruoli che ho amato anche nel loro
essere piccoli e marginali”. Anche
perché con l’età la voglia di divertirsi è
aumentata. “E’ vero. Mamma mia! per
esempio è stata un’esperienza
magnifica: recitare senza gelosie e
prendendosi in giro continuamente con
due attori straordinari come Firth e
Skarsgård, duettare, in tutti i sensi
(anche se il canto non è che gli si addica
poi tanto, ndr) con Meryl Streep, sono
regali speciali. Così come può apparire
una follia quella di aver accettato The
Matador di Richard Shepard. E invece ha
saputo toccare parti di me diverse, la
coppia formata con Greg Kinnear era
unica nel suo genere, e io ho scoperto
cose del mio lavoro che non conoscevo.
O forse, semplicemente, non ricordavo”.
E l’impressione è che l’entusiasmo sia
in crescendo. “Se sei diventato famoso e
abbastanza benestante, puoi
permettertelo. Ora c’è un film che voglio
fare da molto tempo, The Dresser.
Forse anche da regista. Mi piacerebbe
farlo a Babelsberg, qui in Germania,
perché è un posto splendido,
stimolante, rinvigorente, qui c’è molto
rispetto per il lavoro degli artisti ed è
appagante. Los Angeles, Hollywood,
invece, sono posti strani”.
%
FESTIVAL DI CANNES 2009
UN CERTAIN REGARD
Premio Speciale della Giuria
,
A
L
R
U
,
A
T
N
A
C
E
H
C
IL FILM
.
N
A
R
E
H
E
T
A
À
T
R
SCANDISCE LA LIBE
UN FILM DI BAHMAN GHOBADI
BAHMAN GHOBADI HOSSEIN ABKENAR SI RINGRAZIA ROXANA SABERI
TURAJ ASLANI MONTAGGIO HAYEDEH SAFIARI SUONO NEZAMODIN KIAIE MIX BAHMAN ARDALAN PRODUTTORE ESECUTIVO BEHROZ GHOBADI
CON NEGAR SHAGHAGHI ASHKAN KOOSHANEJAD HAMED BEHDAD BABAK MIRKHANI
SCENEGGIATURA
DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA
WWW.IGATTIPERSIANI.IT
DAL 16 APRILE AL CINEMA
PRODUTTORI
MIJ FILM
Alba, cosa
vuoi di più?
Che fosse brava lo sapevamo,
ma sexy così non l’avevamo mai vista:
i numeri (primi) della Rohrwacher
di Michela Greco
aprile 2010
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
39
made in italy
Alba Rohrwacher.
Sotto con il cast e
Silvio Soldini
MINUTA, ESILE, chiara di carnagione,
quasi una bambola di porcellana da
trattare con estrema delicatezza, Alba
Rohrwacher in realtà è capace di tirar
fuori un coraggio e una determinazione –
dentro e fuori dal set – degni del suo
cognome così aggressivo. E così negli
ultimi due anni è stata protagonista dei
film italiani più importanti,
conquistandosi un David di Donatello per
il suo ruolo in Giorni e nuvole,
approdando al festival di Venezia con la
bruttina Giovanna voluta da Pupi Avati e
ora buttandosi anima e corpo (è proprio il
caso di dirlo) nei panni (sporchi) di Anna,
la protagonista di Cosa voglio di più di
Silvio Soldini, mostrato alla Berlinale
nella sezione Panorama Special Gala.
Storia di un tradimento vista al
microscopio, con la macchina da presa
che si insinua non solo tra le lenzuola di
due amanti clandestini, ma anche tra le
pieghe del senso di colpa, e di realtà, che
minaccia le loro coscienze di padre di
famiglia e di donna che convive da anni
con un compagno. Senza compiacimenti
ma nemmeno censure, Soldini ha
mostrato la passione attraverso i corpi
40
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
“Per me è stato più difficile affrontare
i ritorni a casa e i confronti con il
compagno tradito”
intrecciati di Alba e Pierfrancesco Favino,
una bella sfida: “Abbiamo girato le scene
di sesso come tutte le altre del film –
racconta la protagonista –. Ne abbiamo
parlato a lungo, le abbiamo provate,
cercando di capire fino in fondo i
personaggi, i loro sentimenti, le loro
intenzioni. Ci abbiamo messo tutte le
nostre paure e le abbiamo affrontate. Ma
confesso che più degli incontri
passionali, per me è stato difficile
affrontare i ritorni a casa e i confronti con
Giuseppe Battiston, il compagno tradito“.
Il risultato è che quelle di Cosa voglio di
più sono tra le scene di sesso più belle
viste nel nostro cinema.
Dichiaratamente ispirate a film come
Intimacy e Matrimonio tardivo, Soldini le
ha girate mettendosi lui stesso al
carrello, con pochissime persone nella
stanza, e realizzando lunghe sequenze
senza interruzioni. Ma in realtà non è
solo il sesso il punto: “Sul set e fuori, io
e Pierfrancesco abbiamo discusso
molto sui nostri personaggi. All’inizio
c’è stata la curiosità di scoprire insieme
a Silvio un personaggio che era
lontanissimo da quelli che avevo fatto.
Abbiamo cercato «il fuori» di Anna,
l’esteriorità. Lei esiste grazie agli altri,
grazie a Domenico e alla famiglia, e
quando si innamora di quest’uomo è
una sorpresa: pensava di essere felice
con il suo compagno, e non sapeva di
volere di più”. Ora, dopo averla vista nei
panni della rampolla ribelle di Io sono
l’amore di Luca Guadagnino,
aspettiamo la trasformazione di Alba
Rohrwacher in Alice, la problematica
protagonista de La solitudine dei
numeri primi di Saverio Costanzo.
%
L’amore ai tempi della crisi
“Anche i tradimenti ne risentono”. Silvio Soldini docet
“Non è facile l’amore clandestino
quando si fa fatica ad arrivare a fine
mese”. Se passione, adulterio e
sensi di colpa sono senz’altro gli
ingredienti principali di Cosa voglio
di più, quel mondo un po’ laterale e
periferico in cui si muovono Anna e
Domenico (Rohrwacher e Favino) è
determinante. “E’ per questo che –
dice Soldini – come set ho scelto
Milano, dove non giravo un film da
17 anni. Avevo bisogno di una
metropoli dinamica, dove fosse
chiaro il contrasto tra centro e
periferia, per evidenziare ciò che i
miei protagonisti non possono
permettersi semplicemente
mostrando Anna che prende il treno
per andare a lavorare”. In effetti
Anna non si concede vacanze perché
deve pagare il mutuo, e Domenico è
costretto a chiedere un anticipo al
suo capo per mantenere moglie e
figli piccoli. “Ai tempi di Giorni e
nuvole non si era ancora preparati
all’indigenza, alla disoccupazione,
anche se il problema era nell’aria.
Oggi ci siamo abituati, ma in un
certo senso con quel film ci abbiamo
azzeccato”.
M.G.
Ancora la
Rohrwacher. A
sinistra con
Giuseppe Battiston,
il marito nel film
aprile 2010
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
41
42
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
buona la prima
TRAVOLTA
DA UN
INSOLITO
DESTINO...
"Dopo John e Rhys-Meyers, posso pure
tornarmene a casa", dice Kasia Smutniak.
Che da una Paris stellare guida la carica degli
esordienti (molto particolari)
di Federico Pontiggia
“ARRIVERÒ LÌ E NON RIUSCIRÒ A SPICCICARE UNA PAROLA:
fortunatamente, questo timore è durato 5 minuti, perché mi
hanno messo subito a mio agio, da grandi professionisti quali
sono”. Tutti i battiti del cuore di Kasia Smutniak, che compie il
grande balzo nel cinema che conta, e non solo i soldi: From
Paris with Love, produzione franco-hollywoodiana con
protagonisti John Travolta e Jonathan Rhys Meyers.
Diretto da Pierre Morel, prodotto da Luc Besson, un action
thiller che proietta la Smutniak tra le braccia del diplomatico
Usa Rhys Meyers e sotto le rudi attenzioni dell’agente CIA
Travolta: tra droga e terrorismo, sparatorie e inseguimenti, un
battesimo di fuoco che ha lasciato estasiata l’attrice, italiana
d’adozione: “Posso pure tornarmene in Polonia, dopo aver
recitato con quei due”.
Ovvero, Travolta: “Non avrei mai pensato neppure di incontrarlo,
figuriamoci lavorarci insieme. Mi ha colpito per il lato umano, è
estremamente simpatico: in conferenza stampa a New York, ha
tenuto a dire pubblicamente quanto fossi brava, chi altro
l’avrebbe fatto? Ed è pure generoso, ti confida i segreti della sua
recitazione” e Rhys Meyers: “E’ irlandese, ma parla italiano:
aprile 2010
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
43
buona la prima
d’altronde, gli irlandesi sono come i
napoletani, e Jonathan è supercaloroso,
sorridente e affascinante”. Seppure la
“familiarità low-budget e totalizzante” di
Nelle tue mani di Peter Del Monte “potrà
difficilmente essere sostituita in cima alle
mie gratificazioni”, From Paris with Love
ha catapultato Kasia in un universo
produttivo in cui “la superprofessionalità
non ti permette di distrarti ma di pensare
unicamente al tuo lavoro. E che dire di
Notre-Dame illuminata appositamente
alle 5 di notte, nonostante sullo schermo
sia poco più di un puntino? Roba dell’altro
mondo, anzi di un altro mondo…”.
Dallo “scontro di civiltà” parigino a
maggio ritroveremo la Smutniak in quello
Per un ascensore a Piazza Vittorio,
mentre le sale d’ottobre l’accoglieranno
con La passione di Mazzacurati, ma ora è
tempo di bilanci: “Da Paris torno a casa
come da un viaggio emozionante: tanti
bei ricordi, professionali e non”.
%
Martina sul mare
“Spietata? Macché, vera”. La Codecasa in digitale per D’Alatri
Modella? Qualche copertina, grazie
a mamma e sorella. Fotografa? Un
grande hobby, ma nulla più.
Cinema? Sì, ma da Londra back to
Italy. 22 anni, professione
(neo)attrice, è Martina Codecasa,
fuggita a New York a 19 anni per
imparare la lingua – “Ma ero sola e
m’è venuta la psoriasi” – e già
nell’amore di Luca Guadagnino. Ma
il debutto da protagonista gliel’ha
dato Alessandro D’Alatri, previa
investitura di Carolina Crescentini:
Sul mare, storia digitale d’amore e
morti bianche sull’isola di
Ventotene. Che è lo sfondo ideale
per esaltare la bellezza non
stereotipata e il carattere volitivo
della Codecasa: non saranno rose,
ma lei non smobilita: “La mia
Martina a più di qualcuno potrà
sembrare arida, io credo solo sia
vera: oggi il malessere dei giovani è
ingestibile”. Capito?
F.P.
John Travolta in
From Paris with
Love; pagina
precedente, Kasia
Smutniak e
Jonathan Rhys
Meyers
“Travolta mi ha
colpito umanamente:
è generoso, fuori e
dentro il set”, dice
la Smutniak
44
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
UN SOGNO DA BRIVIDI
“L’Italia ha bisogno di horror”, dice Zampaglione. Che prova a rilanciare il genere con Shadow
“L’horror? Un sogno che si è
avverato”. Ha l’entusiasmo del
neofita Federico Zampaglione.
Come se il debutto dietro la mdp
non fosse mai avvenuto (Nero
Bifamiliare, 2007): “Shadow è il
cinema che voglio fare – confessa
il “Tiromancino” -. Quello che ho
amato prima della musica,
seguito sin da bambino con i film
di Argento e Bava.”
Un genere che da noi sembra
però aver esaurito la sua spinta.
E’ un problema ideologico.
L’horror aveva in Italia una nobile
tradizione e una vasta cerchia di
fan, ma è stato sacrificato
sull’altare del perbenismo
televisivo.
Si riparte da Shadow dunque?
Me lo auguro. Perciò ho voluto
Una scena di
Shadow; sotto, il
regista Federico
Zampaglione
fare qualcosa di nuovo, che
sovvertisse le regole, facesse a
meno di mostri e portasse a galla
un malessere reale. In fondo, cosa
c’è di più mostruoso dell’uomo?
Senza distinguere più tra vittime
e carnefici?
La nostra Storia non ci autorizza a
farlo. Il Male che abbiamo
prodotto divora tutti, vittime e
carnefici.
Non si salva nessuno?
La donna. Nel film è Angeline, un
angelo.
Prossimi progetti?
Una piccola casa di produzione
che rilanci il genere e aiuti giovani
talenti. Io? Non so se farò altri
film, ma so già come saranno: da
paura!
G.A.
Rocco Papaleo coast to coast
“Bisogna imparare ad attraversarsi:
fare coast to coast nel proprio
intimo”. Parola di Rocco Papaleo,
che esordisce dietro la macchina da
presa con una commedia musicale
on the road: Basilicata coast to
coast, ispirata al teatro-canzone e
dall’amore per la propria terra. Dal
Tirreno allo Jonio a piedi, seguiamo
quattro scalcagnati musicisti – il
bello e “sfigato” Alessandro
Gassman, l’introverso Paolo
Briguglia, il silente Max Gazzè e la
guida spirituale Papaleo – e
un’incazzosa reporter – Giovanna
Mezzogiorno, che purtroppo canta
pure… - tra imprevisti picareschi e
intermezzi musicali fino all’approdo
terapeutico. “Un’esperienza
entusiasmante: da attore iniziavano
a mancarmi gli stimoli, qui l’unico
problema è stata la fatica”, conclude
Papaleo, che porta Sideways di
Alexander Payne in Lucania…
F.P.
aprile 2010
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
45
Non chiam
giocattoli!
Uno, due e… 3D: Toy Story torna in sala in veste stereoscopica,
46
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
anteprima
ateci
in attesa del nuovissimo, spettacolare terzo episodio
di Valentina Neri
aprile 2010
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
47
VERSO L’INFINITO e oltre. Aveva
ragione Buzz Lightyear a dire questa
frase. Quattordici anni dopo l’uscita
nelle sale di tutto il mondo, lo space
ranger e il suo amico con il “serpente
nello stivale”, lo sceriffo Woody, sono
ancora sotto i riflettori grazie ad una
nuova edizione stereoscopica. In attesa
dell’uscita di Toy Story 3, il 7 luglio
prossimo, Disney-Pixar ha infatti deciso
di ridistribuire i primi due capitoli della
saga nella modaiola versione da
gustare con gli occhialini. Per sole due
settimane arriveranno in sala Toy Story,
30 aprile, e Toy Story 2 - Woody e Buzz
alla riscossa, 7 maggio. Un’occasione
imperdibile per tutti i fan della serie e
per le nuove generazioni che nel 1996
non hanno potuto guardare il film sul
grande schermo. Ma l’importanza di
questo film va oltre la riedizione 3D.
Toy Story è infatti il primo
lungometraggio della Pixar, la factory
di animazione più popolare al mondo,
nonché una pietra miliare nella storia
del cartoon moderno visto che fu il
primo ad essere girato interamente in
computer grafica, o CGI. Anche se sul
primato non sono d’accordo gli
animatori brasiliani che considerano
Cassiopeia di Clóvis Vieira, la prima
pellicola interamente progettata e
realizzata al computer, mentre il film di
48
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
Lasseter pare sia stato lavorato al
computer solo in un secondo momento.
Inoltre lo sviluppo di Toy Story è legato
strettamente alla carriera di John
Lasseter, l’animatore-regista
Leone d’Oro a Venezia, che ha
fondato la Pixar e oggi è il
direttore creativo della sua
compagnia e della Walt Disney
Animation Studios. Lasseter
comincia a pensare ad un film in
computer grafica sui giocattoli alla fine
degli anni ’80, quando realizza il corto
Tin Toy, vincitore dell’Oscar per il
miglior cortometraggio animato.
Protagonista del film un pupazzetto
musicista, che vive di vita propria
quando gli umani lasciano la stanza. La
grafica avveniristica e la qualità tecnica
di Tin Toy richiama su Lasseter
l’attenzione della Disney, al punto che
la compagnia di Topolino e la Pixar
firmano un accordo di collaborazione
per tre film. Il primo è appunto Toy
Quattordici anni dopo, occasione
imperdibile per tutti i fan della serie e
per il pubblico più giovane
Story. Scritto da un team di
sceneggiatori che includevano il regista
Lasseter, il futuro papà della serie
Buffy Joss Whedon, e diversi nomi
storici della Pixar come Joe Ranft,
Andrew Stanton e Pete Docter, il film
riprende l’idea che i giocattoli siano
solo apparentemente senza vita e che
una volta rimasti soli conducano una
loro esistenza. E’ quello che accade
anche a Woody, il pupazzo cowboy
sviluppo delle tecniche di computer
grafica. Se a questo aggiungete le
canzoni di Randy Newman, interpretate
in italiano da Riccardo Cocciante, e le
voci di Tom Hanks (Fabrizio Frizzi nella
versione italiana) nei panni di Woody, e
Tim Allen (Massimo Dapporto) in quelli
di Buzz, avrete la ricetta del successo di
un film, cardine dell’animazione, che
nonostante i quasi due sequel all’attivo,
si prepara ad un grande ritorno in sala
preferito dal suo padroncino, il piccolo
Andy, e ai suoi colleghi giocattoli
quando la loro cameretta è deserta. A
turbare la loro tranquilla doppia vita,
l’arrivo del nuovissimo Buzz Lightyear,
uno space ranger che in poco tempo
conquista il suo cuore confinando
Woody e compagni nel dimenticatoio.
Accecato dalla gelosia, Woody cerca di
sminuire Buzz e di sabotarlo, ma alla
fine l’eroe intergalattico riesce a far
breccia nel cuore del vecchio cowboy. E
non solo nel suo: Toy Story conquista il
pubblico, che lo premia con 362 milioni
di dollari d’incasso. Niente male per il
primo film di una compagnia
semisconosciuta, che con un budget di
30 milioni riesce a ottenere 3
nomination agli Oscar 1996 (miglior
canzone, colonna sonora e
sceneggiatura) e fa vincere a John
Lasseter una statuetta speciale per lo
nello splendore del 3D stereoscopico.
Aveva ragione Lightyear: la vita di Toy
Story va ben oltre l’infinito.
%
Tecniche 3D
e sequel
Nel 1999 Woody e Buzz sono stati
protagonisti del sequel in cui
Woody veniva rapito da un avido
collezionista di giocattoli d’epoca.
In quell’avventura, i nostri amici
trovarono una nuova amica, Jess,
cowgirl che fece perdere la testa
allo space ranger Lightyear.
Costato 90 milioni di dollari, il film
incassò quasi 485 milioni. Nel
nuovo sequel i nostri eroi vengono
impacchettati per finire in soffitta
quando il loro padroncino Andy
parte per il college. Per un errore,
però, la scatola con tutti i giocattoli
finisce in un asilo nido. Scoperto
che non tutti i giochi appena
conosciuti sono buoni come
vogliono far credere, i nostri amici
si daranno alla fuga, ma Buzz sarà
resettato per errore e reimpostato
nella lingua spagnola. Diretto da
Lee Unkrich, il terzo capitolo vede
14 nuovi personaggi e doppiatori
d’eccezione tra cui Michael
Keaton, nei panni di Ken, Timothy
Dalton, in quelli di un porcospino
di peluche, e Whoopi Goldberg, un
polipo. Toy Story 3 è stato pensato
dall’inizio in 3D, mentre per la
stereoscopia dei due vecchi
capitoli è stato necessario un
lavoro di 6 mesi per creare ed
elaborare digitalmente la
percezione di profondità di ogni
singola scena. Un processo che
Lasseter ha definito
scherzosamente “Archeologia
digitale”.
aprile 2010
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
49
IL
GARBO
DELLA
sfinge
Non sex-appeal, ma
fotogenia: il fascino di Greta.
“Luna” per Risi, Ninotchka per Lubitsch:
il ricordo a 20 anni dalla morte
di Orio Caldiron
COME NON RESTARE ABBAGLIATI,
rivedendo oggi Ninotchka (1939), dalla
felicità inventiva di una delle più belle
commedie di Lubitsch? Se Bulianoff,
Iranoff, Kopalski, gli agenti sovietici in
missione a Parigi, cedono subito alle
lusinghe del capitalismo, la compagna
Greta Garbo, l’inflessibile commissario
Nina Yakusciova, ci mette di più a
lasciarsi catturare dal fascino della Ville
Lumière. Alla fine perde la testa, ma non
l’improbabile cappellino che ha
adocchiato fin dall’inizio. S’innamora,
ride, si ubriaca, cade fucilata dal botto di
50
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
un tappo di champagne dopo la celebre
arringa: “Compagni! La rivoluzione è in
marcia, le bombe cadranno, la civiltà
crollerà in pezzi. Ma per favore non
adesso”. Lanciato con lo slogan “Garbo
laughs!”, il film sembra aprire una
nuova, inattesa stagione nella carriera
dell’attrice, mai apparsa prima in una
commedia. Ma il clamoroso insuccesso
di Non tradirmi con me (1941) la
convince a lasciare per sempre il cinema
ad appena trentasei anni.
Nessun’altra aveva saputo raccontare
come lei la passione amorosa di una
ritratti
aprile 2010
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
51
ritratti
ventina di film diseguali, da La carne e il
diavolo (1927) a La donna divina (1928),
da Destino (1929) a Anna Christie (1930),
da Mata Hari (1932) a Grand Hotel (1932),
da Come tu mi vuoi (1932) a La Regina
Cristina (1933), da Anna Karenina (1935)
a Margherita Gauthier (1937). Il volto
intenso, la camminata altera, il
magnetismo della immedesimazione
totale, a cui non sono estranee la
tenerezza e l’ironia, fanno di Greta una
delle più alte incarnazioni del cinema
come arte, confrontata a più riprese con
il grande Charlot di Chaplin. Nonostante i
suoi film siano spesso modesti, affidati
alle logore convenzioni del melodramma
e alla banalità di registi privi di estro, per
sedurre le platee la bellezza misteriosa
della sfinge svedese non ricorre al sexappeal ma alle segrete alchimie della
strepitosa fotogenia.
Il trionfo della Garbo, di cui il pubblico
Il volto e la
camminata
ne fanno una delle
più intense
incarnazioni del
cinema come arte
52
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
femminile invidia i costosi vestiti che
indossa sullo schermo, viene spesso
attribuito ad Adrian, il costumista della
Metro Goldwyn Mayer che la studia come
un chirurgo scruta il paziente con i raggi
X. Alla sua immagine essenziale,
inimitabile, archetipa, avrebbero
contribuito i grandi cameramen
hollywoodiani, a cominciare da William
Daniels. Nessuno sembra voler
ammettere che Greta ha fatto tutto da
sola – Cecil Beaton l’ha paragonata a un
sismografo capace di registrare la
gamma più delicata e impercettibile di
vibrazioni – dimostrando la singolare
creatività di un’interprete che è stata
regista di se stessa, una straordinaria,
irripetibile attrice-autrice. Il paradosso
della grande svedese è che, senza la
logica brutalmente commerciale degli
studios, Greta non si sarebbe dovuta
inventare da sé, ma per preservare il
fantasma a cui aveva dato vita, il fascino
senza tempo della sua miracolosa
apparizione, ha dovuto condannarsi a
star lontana dal set.
Nel corso del suo lunghissimo esilio –
scomparirà a New York il 15 aprile 1990 –
si moltiplicano i progetti destinati a
restare irrealizzati. Ingmar Bergman la
vorrebbe per Il silenzio, uno dei suoi film
più angosciosi, Luchino Visconti le
propone il ruolo della Regina di Napoli
quando spera ancora di portare sullo
schermo la Recherche di Proust. Ma il
tempo del cinema sembra per lei
irrimediabilmente finito, mentre si
ribadisce la scelta della solitudine. Se
vuole restare se stessa deve essere
quella che è sempre stata. Enigmatica,
inafferrabile, lontana. Lontana come la
luna, diceva Dino Risi, arrischiando il
paragone impossibile con Anna Magnani:
“La Garbo è la luna e la Magnani il
ciclone. La luna troppo lontana può
influire sui nostri sentimenti ma non si
può toccare, mentre il ciclone è qualcosa
di pericoloso, ti entra in casa, ti sfonda i
vetri delle finestre, ti sfascia le porte”. %
WARNER BROS. PICTURES PRESENTA UNA PRODUZIONE BUDDY GANG E WARNER BROS. ENTERTAINMENT ITALIA
CONCEPT
FOTO ALBERTO GUGLIELMI / MAZMA.COM
L’AMORE È COME L’ESTATE... QUANDO INIZIA SPERI SIA PER SEMPRE
DAL 2 APRILE AL CINEMA
OTTIMO
BUONO
SUFFICIENTE
MEDIOCRE
SCARSO
Green Zone
L’isola che (non) c’è nell’inferno iracheno:
Matt Damon lotta e indaga per l’ottimo Paul
Greengrass
i film del mese
in uscita
“NON STA A VOI decidere cosa deve
succedere qui”. Parola di iracheno,
megafono di Paul Greengrass, che
inquadra la Green Zone di Baghdad,
all’indomani della seconda Guerra del
Golfo nel 2003.
Scritto dal premio Oscar Brian
Helgeland (L.A. Confidential e Mystic
54
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
River, niente male…) e basato sul
bestseller del giornalista del
Washington Post Rajiv
Chandrasekaran, Imperial Life in
the Emerald City: Inside Iraq’s
Green Zone (colpevolmente non tradotto
in Italia), Green Zone arriva nella
filmografia del regista inglese dopo il
Paul Greengrass
Matt Damon, Greg Kinnear
Drammatico, Colore
Medusa
115’
dittico spionistico The Bourne
Supremacy e The Bourne Ultimatum e
l’11 settembre di United 93: tutti e tre
aprile 2010
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
55
i film del mese
ritornano qui sia nello stile
documentaristico (macchina a mano,
montaggio mozzafiato, effetti di realismo
speciale) che nella poetica (dare
definizione, altra dai massmedia
“giornalistici”, al vulnus geopolitico di
questi nostri anni) e pure nell’ideologia,
con qualche significativo slittamento.
Il primo è il ruolo della CIA: dopo averla
bastonata con Bourne, Greengrass
osserva come sia “bello avere un
personaggio dell’Agenzia che sia una
brava persona”, ma c’è di più. La Cia,
tramite il comandante della postazione
di Baghdad Martin Brown (Brendan
Gleeson, possente), vuole capire perché
le armi di distruzione – poi ribattezzate
di “distrazione” - di massa non si
trovino, mentre l’agente della DIA del
Pentagono Clark Poundstone (Greg
Kinnear, perfetto uomo d’apparato
bushista) insabbia, distorce e svia,
complici i Berretti Verdi (Jason Isaacs) e
una stampa a corto di verifica: Lawrie
Dayne (Amy Ryan) del Wall Street
Journal, che beve tutto e mette in
pagina. Poi ci sono gli iracheni: il
generale Al Rawi (Ygal Naor, con lo
sguardo che uccide) rivendica
all’esercito un ruolo di stabilizzazione
nel dopo Saddam, mentre Freddy (Khalid
Abdalla), una gamba lasciata in Iran, la
volontà di fare in prima persona per il
proprio Paese. Tutti contro tutti,
americani contro americani, iracheni
contro iracheni, americani contro
iracheni: in mezzo, il capo Roy Miller,
chiamato dall’alto a trovare le armi
chimiche e richiamato da se stesso a
cercare la verità. Un luogotenente con il
56
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
“Non sta a voi americani decidere cosa
deve succedere qui”
volto e la fisicità di Matt Damon, alla terza
collaborazione con Greengrass dopo i due
Bourne (la quarta forse in cantiere: focus
sulla crisi finanziaria) e sulla (buona)
strada di una carriera senza eguali a
Hollywood. Da un sito all’altro a bordo
dell’Humwee, i suoi occhi rivelano che la
Green Zone, i 10 km² protetti del
comando USA e UK, è l’isola che (non) c’è
nell’inferno: iracheno, ma a
denominazione d’origine controllata
statunitense. E Greengrass fa di tutto per
dare credito alla sua testimonianza:
reduci come attori e consulenti militari,
location in Spagna, Marocco e Inghilterra
“più vere della vera Baghdad”, tagli sul
movimento e raffiche notturne che altro
non sono che un nuovo, adrenalinico e
civile tallonamento neorealistico. Non ci
sono i buoni e i cattivi, ma la gelatina
esplosiva che manda in frantumi la verità,
quella che un editing di travolgente
umanità cerca di ricomporre: senza
escludere un solo spettatore, senza
venire meno alla scabrosa legittimità del
diritto internazionale. Tutti giù per terra:
l’Iraq agli iracheni, e non c’è Green Zone
che tenga.
FEDERICO PONTIGGIA
%
i film del mese
L’uomo
nell’ombra
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
Pierce Brosnan, Ewan McGregor
Thriller, Colore
01 Distribution
Buon thriller alla Hitchcock per Polanski. Con
Tony Blair in (fuori)campo
131’
SE UNO SCRITTORE INTELLIGENTE e
abile incontra un ottimo regista e
scrivono insieme, non sempre il risultato
è un film godibile. Anzi. La storia del
cinema è piena di libri traditi divenuti
capolavori del grande schermo e di
capolavori letterari seguiti con fedeltà
finiti a impolverarsi nelle cineteche. E
non parliamo solo di Stephen King e
Stanley Kubrick, uniti dalle iniziali e divisi
da Shining. Certo, che gli autori moderni
vergano le loro pagine pensando già alle
immagini in movimento e a una
trasposizione filmica, è innegabile.
E così Il ghost writer (ed. Mondadori)
sembra già un’efficace sceneggiatura,
tanto da sacrificare, forse, persino
qualcosa della sua natura primaria,
quella letteraria. Robert Harris, poi, ha la
stessa abilità di Grisham nell’entrare nei
gangli del potere e delle sue regole, si
58
in uscita
Roman Polanski
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
diverte a giocare con l’attualità e ha avuto
la fortuna di trovarsi come regista un
genio che ha anche, quasi sempre, il
dono del realismo. Tanto che - se si
esclude il personalissimo Oliver Twist, in
cui si perse - raramente ci offre film
sbagliati. Ecco perché un noir politico
con sottotesti evidenti, politici e umani,
come L’uomo nell’ombra risulta
piacevole e ben fatto. Da una parte c’è lo
Il regista Roman Polanski
scrittore, deluso dal suo paese e dai suoi
politici che in Adam Lang (Pierce
Brosnan) riversa la frustrazione, le colpe
e i sospetti ricaduti su Tony Blair,
cavalier servente di Bush. E su Ruth
Lang (Olivia Williams, che brava) la
sindrome Yoko Ono - dietro un marito
affascinante ma in errore, c’è sempre
una donna diabolica che lo travia - che
colpì Cherie Blair. Dall’altra il complotto
americano richiama la vicenda personale
del cineasta. Insomma, Ewan McGregor
è tre volte fantasma: dell’ex leader
britannico, del regista e di se stesso,
scrittore ombra che parte dalle redditizie
memorie di un primo ministro per
scoprire il Segreto. E di cui mai udiremo
il nome. Un thriller classico,
alla Hitchcock, in cui Polanski si fa
politico come mai prima d’ora. Un film
rotondo e piacevole che vuole entrare
nella Storia moderna, più che nella storia
del cinema.
BORIS SOLLAZZO
%
Vendicami Una proposta
per dire sì
Due star e una trovata per una rom-com
non proprio riuscita. E il plot ricorda So dove vado
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
anteprima
Tra Melville
e Ford, spunta un grande
Johnnie To: con Johnny Hallyday, al servizio
del Cinema
UNA DONNA FRANCESE, un uomo cinese e i loro due
bambini: i sicari piombano in casa, e ne fanno strage. Si
salva solo la donna, al cui capezzale dalla Francia arriva il
padre: professione cuoco, passato (?) killer, nome Costello,
obiettivo: vendetta. Per consumarla calda, ingaggia tre
killer, ma pure lui non starà con le mani in mano…
Il nome, Costello, è un esplicito omaggio al Melville di Le
Samourai (in Italia: Frank Costello, faccia d’angelo), e
proprio Alain Delon l’avrebbe dovuto interpretare: nulla di
fatto, e il rimpiazzo è stato rock, Johnny Hallyday, ottimo
attore come già ne L’uomo del treno di Leconte.
E’ il suo volto sofferto, la sua recitazione pietrificata ad
accompagnarci nel lavoro migliore di To da anni a questa
parte: con gusto (arche)tipicamente mitologico, il regista
hongkonghese mixa il suo cinema natale al noir
transalpino, il western fordiano all’action, descrivendo con
lirismo e furore “divino” una parabola che sa insieme di
arte e di vita.
Se la vendetta finirà per rendere claustrofobico lo
schermo, Costello avrà la “memoria corta”: come il film
stesso, che assembla una teoria di luoghi comuni, ma
volendoli – e sapendoli - reinventare tutti. Vendicando
anche le nostre cattive visioni…
FEDERICO PONTIGGIA
%
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
Johnnie To
Johnny Hallyday
Azione, Colore
Fandango
108’
Anand Tucker
Amy Adams, Matthew Goode
Commedia, Colore
Universal Pictures
100’
FRUSTRATA dal fidanzato Jeremy, che nicchia ormai da anni
di fronte a una proposta di matrimonio, l’arredatrice di
origini irlandesi Anna Brady (Adams) decide di raggiungerlo
a Dublino dove si trova per lavoro e approfittare di un’antica
usanza irlandese: ogni 29 febbraio una donna può chiedere a
un uomo di sposarla. Ma una tempesta la dirotterà in Galles,
dove Anna sarà costretta a chiedere aiuto al burbero gestore
di pub Declan (Goode) per raggiungere l’Irlanda. Che mai
succederà? Forse non molto più di quanto ci si aspetti da
una rom-com impacchettata e pronta all’uso, nonostante un
regista il cui interessante esordio (Shopgirl) faceva sperare
di più. Tra scenari da cartolina e mandrie di vacche, la
comicità (appunto) resta terra terra e tutto sembra già visto.
Compresa l’etichetta di agricoltori che spesso e volentieri gli
americani rifilano agli irlandesi. Amy Adams, però, le prova
davvero tutte, nevrosi comprese, per suscitare simpatia, ed
è solo grazie a lei e Goode se si arriva fino in fondo. Ma due
star e una trovata non fanno un film riuscito: e il plot
“originale” di Deborah Kaplan ed Harry Elfont è troppo
simile a quello di So dove vado di Powell e Pressburger per
non ricorrere al virgolettato.
GIANLUIGI CECCARELLI
%
in uscita
i film del mese
Cella 211
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
Alberto Ammann, Luis Tosar
Drammatico, Colore
Bolero Film
Prison-movie muscolare e tesissimo:
rivoluzione e repressione secondo Monzón
104’
JUAN OLIVIER (l’attore rivelazione
Alberto Ammann) si appresta a
prendere servizio come secondino in un
carcere. Per fare buona impressione, si
presenta un giorno prima e - in seguito
ad un piccolo infortunio - rimane suo
malgrado “imprigionato” nel bel mezzo
di una rivolta. Per sopravvivere, dovrà
gioco forza “camuffarsi” e farsi passare
per un galeotto: Malamadre (un epocale
Luis Tosar), leader indiscusso tra i
detenuti, rimane favorevolmente colpito
dall’audacia del nuovo arrivato,
sedicente omicida e con le idee molto
chiare. Il gioco di ruolo, però, si
complica ora dopo ora: per fare
pressione sul governo, Malamadre e i
suoi prendono in ostaggio tre carcerati
“sensibili”, appartenenti all’Eta, mentre
fuori i funzionari e i rappresentanti del
ministero sembrano perdere terreno
60
in uscita
Daniel Monzón
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
sulla negoziazione. Come se non
bastasse, Juan vorrebbe a tutti i costi
tranquillizzare Elena, la moglie incinta
di sei mesi, rimasta senza sue notizie
da troppi giorni.
Quarta regia per lo spagnolo Daniel
Monzón, Cella 211 (presentato alla
scorsa edizione delle Giornate degli
autori veneziane) è - al pari de Il profeta
di Jacques Audiard (9 César in Francia)
Il regista Daniel Monzón sul set
- uno dei più interessanti “prison
movie” degli ultimi anni: teso e
politicamente scorretto, violento e
muscolare, getta più di qualche
semplice ombra sulla situazione
carceraria spagnola (estendibile, con le
dovute esagerazioni del caso, anche
all’attuale condizione nostrana).
Servendosi di volti e presenze
difficilmente arginabili (su tutti, il già
citato “Malamadre” e l’Apache
colombiano, interpretato da Carlos
Bardem, fratello di Javier), Monzón
porta sullo schermo il romanzo di F.P.
Gandull e - seppur con qualche
lungaggine verso il finale - offre ottimi
spunti di amara riflessione (da che
parte bisogna stare, in galera, per
essere nel giusto?) e altrettanti
momenti di grande cinema. Premiato
con 8 Goya, gli Oscar spagnoli, tra cui
Miglior film, regia, attore (Luis Tosar),
adattamento, montaggio e suono.
VALERIO SAMMARCO
%
EAGLE PICTURES e PACO CINEMATOGRAFICA
presentano
e con Giovanna
Alessandro
Paolo
Max
Rocco
GASSMAN BRIGUGLIA GAZZÈ PAPALEO MEZZOGIORNO
un film di
Rocc
o
PAPAL
EO
IN COLLABORAZIONE CON
dal 9 APRILE al cinema
WWW.BASILICATACOASTTOCOAST.IT
SCADE il 09/05/2010 – Totale montepremi Euro 13.700,00 – Regolamento integrale su www.basilicatacoasttocoast.it
film del mese
Dragon Trainer
Regia
Genere
Distr.
Durata
Animazione, Colore
Universal Pictures
98’
UNA VOLPE è molto più facile da tenere
a bada. Non sputa fuoco e non rapisce,
al volo, terrorizzate pecorelle. Ma
l’austero villaggio vichingo abbarbicato
su rapide scogliere non è infestato da
animali cari al nostro mondo: ogni notte
sono draghi e dragoni, di diversa forma
e umore, che planano mettendo a
soqquadro case e stalle. Stoick, il
nerboruto capo dei capi, è anche un
genitore abbastanza deluso e confuso,
perché Hiccup, mingherlino e così
diverso dai coetanei è un figliolo davvero
imprevedibile: si sottopone alla gavetta
para-militare di addestramento per
riuscire a fronteggiare quelle creature
volanti e difendere doverosamente la
comunità, ma con la sua sofisticata
intuizione capisce che non ci potrà mai
essere vera vittoria contro quei terribili
sputa-fuoco. Così il dissidio si allarga
quando Hiccup fa amicizia con Furia
62
in sala
Chris Sanders, Dean DeBlois
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
Non solo faville per i draghi 3D della
DreamWorks. Ma un mix di audacia ed avventura
Buia detto lo Sdentato, un drago della
specie più rara e pericolosa che ricorda
nei tratti Stitch (il mostriciattolo anche
lui disegnato da Chris Sanders), che lui
aiuta a volare di nuovo. Storia
lungimirante di tolleranza tra creature
diverse. I film di animazione stanno
davvero prendendo una piega nuova
che, nella spettacolarità avvincente
della tridimensionalità, questa volta ai
Jeffrey Katzenberg della
DreamWorks Animation
suoi massimi, affronta temi anche
impegnativi. Up, il capostipite,
accoglieva il dolore di una donna sterile,
di un marito vedovo, della sua
solitudine. Nella terra dei dragoni,
invece, l’amicizia, la fedeltà, la
condivisione e l’accettazione, anche
della sofferenza fisica, dimensioni non
più tenute nascoste ai piccoli spettatori.
L’avvenente Astrid capirà come legarsi a
Hiccup, rispettandolo per ciò che lui è;
la comunità vichinga capirà come si può
andare d’accordo con tutti e anche
Moccioso, Gambedipesce, Testa Bruta e
Testa di Tufo accoglieranno Hiccup
come un eroe. Dragon Trainer, nato
dalla fantasia della scrittrice Cressida
Cowell, è stato creato dallo stesso team
di Shrek, Madagascar e Kung Fu Panda:
del primo si ritrova l’ironia, del secondo
il divertimento, del terzo l’eleganza.
Questa volta la DreamWorks, con i suoi
draghi, fa faville.
LUCA PELLEGRINI
%
Departures
Daybreakers
Se tutto il mondo è vampiro: suggestiva scifi dalle ambizioni etico-politiche
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
in uscita
Ironia
ed emozione per una riflessione
non banale sul senso della fine. Premiata con
l’Oscar
I MORTI HANNO CESSATO DI ESISTERE, diceva
Baudrillard. Esiliati da una cultura ossessionata dal mito
dei corpi giovani. La morte non è mai un bello spettacolo,
quando non si fa spettacolo. A riguardo il cinema – morte
al lavoro – continua a fornirci spunti, canovacci, esempi.
Succede anche nel bel film di Yojiro Takita, Departures,
imperniato attorno a un cerimoniere di riti funebri e
vincitore, miglior straniero, dell’Oscar 2008 (quello, a
detta di molti, scippato a Gomorra). Vi si affronta la
tanatoprassi. Senza omissis, però con pudore. Sfiorando
il grottesco, toccando il sacro. In equilibrio tra ironia e
partecipazione. Un racconto “all’americana” (per fluidità,
montaggio, architettura narrativa) pervaso da spirito di
trascendenza orientale. Quindi eleganza formale, grazia
nei gesti, corrispondenze tra musica e rituale (il
protagonista è anche violoncellista). Con qualche
sottotesto e minuto di troppo (il legame col padre). Vaga
necrofilia e autentica pietà (evocata da una dolente
esecuzione dell’Ave Maria di Gounod). Una riflessione non
banale sull’osmosi di vivere e morire. Sulla soglia che li
unisce e li separa, rendendo pari dignità. Sul mistero che
consente ai vivi di guarire nella cura dei morti.
GIANLUCA ARNONE
%
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
Michael Spierig, Peter Spierig
Ethan Hawke, Willem Dafoe
Sci-Fi, Colore
Mediafilm
98’
IMMAGINI FLUIDE, taglio morbido, luci calde, gioco
d’ombre. Daybreakers ti avvolge come un noir. Lo è in parte:
nel ritmo serrato e nella potenza figurativa dei dialoghi; per
come caratterizza i personaggi, tra i quali c’è chi fuma e si
veste come nei film con Bogart. Ma non è (solo) noir. Gli
inseguimenti in macchina, lo spaccato urbano, gli intrighi al
potere, lo rendono a tratti un poliziesco. Invece è
fantascienza, proiezione al futuro di un mondo che non è
un’evoluzione del nostro, ma dell’immaginario
cinematografico. Sci-Fi? Macché, horror. Filone vampiresco:
la stirpe di Dracula ha sostituito il genere umano nel
dominio sulla terra, ereditandone i vizi. Quel che resta della
nostra specie vive in clandestinità, capeggiata da Willem
Dafoe. Il sangue scarseggia, la politica spinge per la
“soluzione finale”, la scienza (almeno Ethan Hawke) cerca
“una alternativa”, l’economia sogna lo scenario più lucroso.
La fame rende i vampiri nervosi, inclini a delinquere, persino
dei “mostri”. Sembra un paradosso, il film intero lo è.
Daybreakers mira al pamphlet etico-politico. Ma non va
preso troppo sul serio. Vuol soprattutto divertire. Lo fa con
stile e intelligenza. Proprio come i vecchi film di genere.
Pardon, di generi.
GIANLUCA ARNONE
%
in sala
Yojiro Takita
Masahiro Motoki
Drammatico, Colore
Tucker Film
131’
aprile 2010
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
63
i film del mese
Cosa voglio di più
anteprima
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
Silvio Soldini
P. Favino, A. Rohrwacher
Drammatico, Colore
due corpi: convincono Soldini e gli interpreti
Warner Bros.
126’
A GUARDARE la locandina il messaggio è
chiaro: il corpo, benché protetto da un
taglio obliquo e da un soffuso
chiaroscuro, campeggia assoluto. Due
amanti si sfiorano, si scoprono. A doverlo
raccontare in due parole, Cosa voglio di
più è proprio questo: l’incontro di due
corpi diversi e irresistibilmente attratti,
nonostante remore sociali, morali ed
economiche. C’è tuttavia qualcosa di più.
Qualcosa che l’istantanea non restituisce.
Non è il corpo il centro del nuovo film di
Soldini, ma tutto ciò che gli ruota intorno
e che in un modo o nell’altro vi si oppone.
Il matrimonio, ad esempio, unione
affettiva importante ma anche gabbia
normalizzatrice, bene identificata dalle
pareti anguste del focolare domestico. E
poi il lavoro, ciò che permette di arrivare
alla fine del mese. Soldini si sofferma a
descrivere tutto quanto riempie la vita di
64
Disagio esistenziale che sfocia nell’unione di
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
una persona (l’unione affettiva, la
costruzione di una casa, il progetto di
mettere in piedi una famiglia) per poi
mostrare che nel caso di Anna,
impiegata modello e sposa felice, tutto
questo non basta.
L’insorgere di un desiderio primordiale e
irrazionale è nel film il mezzo attraverso
cui parlare di altro, di qualcosa di più
Il regista Silvio Soldini sul set
con gli attori
essenziale dell’unione tra due corpi. O,
meglio, di un disagio esistenziale che
trova la sua espressione nell’unione di
due corpi. Se Anna (una splendida
Rohrwacher) finisce tra le braccia di
Domenico (Favino, sempre convincente),
padre di due bimbe e lavoratore precario,
è perché in lei si esprime la volontà di
spezzare una catena tanto precisa
quanto illusoria: lavoro, matrimonio, figli.
Alla precisione di una scrittura che non
banalizza le svolte narrative, si affianca
la scelta stilistica felice di tradurre
questa dinamica in un corpo a corpo con i
personaggi. Nella messa in scena di
Soldini manca letteralmente l’aria, anche
perché il denaro ha invaso tutti gli ambiti:
dal lavoro alla casa, fino al luogo in cui
consumare il proprio desiderio. Capita
così che l’assenza di orizzonti in cui
vivono i personaggi vada oltre il senso
del film ed esprima una condizione
subita dell’italiano oggi.
CARLO CHATRIAN
%
Domenico Procacci
presenta
UNO SPASSOSO ROAD MOVIE
IN COMPAGNIA DI UNA SGANGHERATA
FAMIGLIA DI EBREI.
SI RIDE DI GUSTO!
Movieplayer.it
L’Unità
GAG PERFETTE, MUSICHE IRRESISTIBILI,
ENERGIA CONTAGIOSA...
UN’IRRIVERENZA CHE NON RISPARMIA
NIENTE E NESSUNO.
RITMO SCOPPIETTANTE
E PERSONAGGI DIFFICILI DA DIMENTICARE.
DA NON PERDERE.
Il Riformista
Il Messaggero
www.fandango.it
DAL 9 APRILE AL CINEMA
film del mese
Oltre le regole
The Messenger
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
Woody Harrelson, Ben Foster
Drammatico, Colore
Lucky Red
Ambasciatori di morte in divisa: l’esordio
di Moverman tra Milius, Coppola e l’ultima Bigelow
105’
UN ESERCITO ha sempre bisogno di
burocrati. Per migliaia di soldati che
muoiono sul campo di battaglia, ce ne
sono altrettanti che riempiono le carte
e svolgono lavori “scomodi” che
consentano al carrozzone militarista di
portare avanti il proprio ministero di
morte e violenza. Dai reclutatori agli
alti ufficiali delle stanze del potere, la
burocrazia militare miete fin troppe
vittime, anche se spesso tra le proprie
fila. Ma tra questi, ci sono anche travet
che hanno sulle loro spalle compiti
inumani: quello, per esempio, di recare
alle famiglie la notizia della morte del
loro marito, padre, figlio, fratello.
Coppie di soldati impeccabili che
recitano a memoria salmi che l’esercito
stabilisce in quella ritualità infame che
a loro tocca recitare con la stessa
ottusità con cui il subordinato spara.
66
in uscita
Oren Moverman
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
Solo perché, magari, chi è più alto in
grado glielo ha intimato. Oren
Moverman, sceneggiatore di Io non
sono qui ed ex militare, nella sua
Israele, per 4 anni, ci racconta uno
spaccato di questa ambasciata di
morte, ci offre un ritratto di questi
messaggeri di dolore in divisa. Ben
Foster e Woody Harrelson hanno la
stessa uniforme, ma uno è un reduce
Nel cast anche Samantha Morton
spezzato dalla guerra in Iraq, l’altro lo è
dalle sue regole di ingaggio, da un
cinismo posticcio e politicamente
scorretto. Frustrati da un lavoro
impossibile, unici a pagare le colpe di
un esercito, di un paese intero, ogni
giorno sanno che qualcuno quello
sporco lavoro lo dovrà pur fare. E per
amor di patria, per servirla nonostante
tutto, ci portano con loro. C’è un po’ di
Milius nelle loro ambizioni irrisolte e in
quegli animi feriti, c’è tanto Coppola
(quello di Giardino di pietra), c’è persino
la Bigelow di The Hurt Locker. Il nostro
mondo in guerra, le nostre ingiustizie
globali, i nostri Vietnam moderni ci
costringono a metterci anche i panni
più scomodi. Moverman e l’italiano
Camon, sceneggiatore nominato
all’Oscar, lo fanno fin quasi alla fine:
senza quel finale troppo risolto e
qualche eccesso d’enfasi, infatti, il film
sarebbe stato tragicamente perfetto.
BORIS SOLLAZZO
%
Sunshine
Cleaning
Happy
Family
Divertissement
metacinematografico
per Salvatores. Minimalista e sorridente, con un
occhio ai Tenenbaum
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
in uscita
White trash e (l’impossibile) sol
dell’avvenire: commedia amara, con le brave
Adams e Blunt
COME SI RESISTE con un passato da cheerleader e un
presente da donna delle pulizie? Come si resiste con una
sorella scoppiata (Emily Blunt), un padre (Alan Arkin)
impegnato a far soldi senza successo e un problematico
figlio di 8 anni (Jason Spevack)? Ce lo insegna con sudore
sulla fronte e insicurezze allo specchio la Rose di Amy
Adams, faccina da fidanzata d’America e sogni mai usciti
dal cassetto. Per guadagnarsi uno scatto di
sopravvivenza, Rose non molla lo scopettone, ma lo dirige
sulle scene dei crimini, ben più redditizie di cucina e
tinello: con la sorella, fonda la Sunshine Cleaning, ma
sarà garanzia di un radioso futuro?
Prodotto dal team del cult Little Miss Sunshine, da cui
viene pure il premio Oscar Alan Arkin (nella foto in basso)
ma non analoghe emozioni, Sunshine Cleaning è diretto
da Christin Jeffs, con uniforme humour, virate
drammatiche e talento femminile nel dirigere gli attori.
Che sono tutti tra i punti di forza di questa tranche de vie
stelle e strisce: l’America del white trash, che ipoteca
pure le illusioni, e se trova un precario happy ending non
cancella le rughe, non stende il sorriso e non riabilita i
corpi, mutilati o prosaicamente svestiti per sveltine no
future. Non cercatelo qui il sol dell’avvenire.
FEDERICO PONTIGGIA
%
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
Gabriele Salvatores
Fabio De Luigi, Diego Abatantuono
Commedia, Colore
01 Distribution
90’
RIDUZIONE di Woody Allen e Wes Anderson (I Tenenbaum,
soprattutto nelle tappezzerie…), I soliti sospetti e Charlie
Kaufman, ecco il divertissement meta-cinematografico di
Gabriele Salvatores, che prende dal teatro (dell’Elfo, da cui
viene lo spettacolo e la co-sceneggiatura di Alessandro
Genovesi) e ci porta in una Milano bifamiliare, partorita dalla
“beautiful mind” dell’aspirante sceneggiatore Fabio De
Luigi: Happy Family di - quasi tutti - happy few meneghini
(fichetti è un valido sinonimo), personaggi in cerca non di un
autore, ma di una storia che vada avanti.
Divisa a immagine e somiglianza della vita in “Personaggi e
interpreti”, “Confidenze” e “The Family”, ovvero l’approdo
nell’ipertesto sociale, familiare è un’occorrenza, una
commedia non per caso, ma del caso, che invita a lasciarsi
andare, aprendo a inedite amicizie (l’avvocato Fabrizio
Bentivoglio e il precario Diego Abatantuono, spassosi 20
anni dopo Turnè), flirt e coming out, fino all’elaborazione che
non segue, ma precede il lutto. Il tutto col sorriso sulle
labbra, disimpegno - qui e là invertito da accenni edificanti…
– e concessioni al minimalismo: gustoso, fresco, futile, un
piccolo film che respira (di) grande.
FEDERICO PONTIGGIA
%
in sala
Christin Jeffs
Amy Adams, Emily Blunt
Commedia, Colore
Videa – CDE
91’
aprile 2010
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
67
i film del mese
Perdona e dimentica
in uscita
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
Todd Solondz
Shirley Henderson, Ciarán Hinds
Drammatico, Colore
in “tempo di guerra”, irregolare e bellissima
Archibald Enterprise Film
92’
IRREGOLARE, sghembo, divertente,
malinconico, indimenticabile. Potrebbe
essere la descrizione del viso di Todd
Solondz, che già solo con la sua
espressione sempre stralunata e allo
stesso tempo concentrata, le sue parole
e le sue immagini “diverse”, sa
incarnare la sua idea di cinema. Quegli
stessi aggettivi calzano perfettamente
anche al suo ultimo film, Perdona e
dimentica, gioiello applaudito a Venezia
e che trova, ora, una faticosa e
coraggiosa via per la distribuzione
italiana (Archibald). Todd, che peraltro
regala nel film, con un manifesto di I’m
Not There, un tributo al suo omonimo e
omologo Haynes, riprende le fila di
Happiness, più di un decennio dopo. Di
una famiglia disastrosa e disastrata, di
tre sorelle surreali e cechoviane, del
suo dolcissimo nichilismo che sa
68
Solondz riprende le fila di Happiness: opera
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
essere spietato ma allo stesso tempo
indulgente. Una ragnatela di sentimenti
e di rapporti che scavano nella carne
viva della borghesia del Jersey, nella
mente di una scrittrice famosa, in
quella di una madre frustrata e
frustrante, di una giovane donna che
“uccide“ gli uomini che ama.
Ma non c’è solo un’ottica femminile, il
Il regista Todd Solondz
filo rosso del film il ritorno di un padre,
pedofilo, che cerca il riscatto con, ma
soprattutto per il figlio. Dopo aver
pagato - infamia e perdono, come
sempre in Solondz, si uniscono in figure
tragiche e insopportabili - vuole
“salvarlo”. Ma c’è anche la morte, la
malattia mentale, la crisi d’identità
sociale e di genere, ovviamente l’amore.
La vita in tempo di guerra, in un paese
che ha tanto mitizzato la pace da
militarizzare il mondo per ottenerla
invano, durissima. Solondz, fin dal
titolo, vuole rendere universale il
discorso (da qui il cambio degli attori
rispetto a Happiness), e laddove allora
all’euforia della fine del secolo breve
contrapponeva uno sguardo lucido e
quasi cinico, ora opta per una coerenza
feroce ma un occhio ben più affettuoso.
Per le persone - anche i maltrattati e
inetti uomini, che siano vivi o no - e per
il mondo. Semplicemente bellissimo.
BORIS SOLLAZZO
%
From Paris
with Love
Fantastic
Mr. Fox
Tana libera tutti
per il talentuoso Wes
Anderson. Che debutta con lode nell’animazione
stop-motion
Regia
Genere
Distr.
Durata
in uscita
Ibrido tra commedia fracassona e action
hongkonghese. Divertente, ma nulla più
PIROTECNICO action movie nato da un’idea di Luc Besson
(anche produttore) e diretto da Pierre Morel, già regista
del temibile Io vi troverò, From Paris with Love innesca un
ibrido con la commedia fracassona – con un occhio a
Hong Kong e due su Pulp Fiction – ma il risultato non è
(si spera) quello desiderato. Striminzita l’intuizione: un
incontenibile agente della CIA (Travolta, cranio rasato e
intercalare volgare) e un pavido e meticoloso agente
segreto (Rhys Meyers) diventano partner in quel di Parigi.
Debellare un’organizzazione di trafficanti di droga non è
però la reale missione di Travolta/Charlie Wax e,
d’altronde, è poco più di un espediente (Hitchcock
parlerebbe di MacGuffin) anche per il regista: lo scopo del
film è mostrare azione, azione e ancora azione, sotto
forma di sparatorie, fughe sui tetti e coreografici
combattimenti. Con personaggi così monodimensionali,
cos’altro fare? Vacanza – a tratti divertente – per il
cervello dello spettatore, con reset garantito del film
prima che terminino i titoli di coda. L’italiana Smutniak
convince, nonostante l’impalpabilità del suo personaggio,
che purtroppo è in buona compagnia. L’assonanza con
Dalla Russia con amore si ferma al titolo.
MANUELA PINETTI
%
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
Wes Anderson
Animazione, Colore
20th Century Fox
88’
ARRICCHITO nella versione originale – non perdetela! - dalle
voci eccellenti di George Clooney, Meryl Streep e Willem
Dafoe, oltre agli habitué Jason Schwartzman, Bill Murray e
Owen Wilson, ecco il debutto del genietto Wes Anderson
nell’animazione: Fantastic Mr. Fox, dal racconto omonimo
per l’infanzia di Roald Dahl. Protagonista la volpe Mr. Fox,
che, dopo dodici anni di vita “rintanata” con moglie,
figlioletto e nipotino, non sfugge al richiamo della vita libera
e ritorna ladro di polli, scontrandosi nottetempo con tre
orridi fattori. Senza esclusione di colpi, la caccia alla volpe
coinvolgerà tutti gli animali della fattoria: solo l’arguzia di
Mr. Fox, e qualche “zampino” familiare, potrà salvarli...
Colto stop-motion e divertita colonna sonora di Alexandre
Desplat, una volpe furba e ironica, che non scontenta i più
piccoli, ma soprattutto delizia gli adulti: dialoghi – papà
Clooney e mamma Streep al vertice – pungenti e travolgenti,
spassose schermaglie parentali e un’animata catena
alimentare, che confermano il talento di Anderson e il suo
gusto per il divertissement fichetto.
Quello che Spike Jonze ha smarrito nell’”analogo” Paese
delle creature selvagge, Anderson lo ritrova qui: grande
cinema, tana libera tutti!
FEDERICO PONTIGGIA
%
in uscita
Pierre Morel
J. Travolta, K. Smutniak
Action, Colore
Moviemax
92’
aprile 2010
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
69
teratura: novità e bilanci
let
e
a
tri
us
ind
a,
sic
mu
,
eo
vid
me
Ho
DVD
La vergogna,
Passione, e tanti
altri: scorpacciata
Bergman
Borsa del Cinema
L’Oscar a The Hurt
Locker per
rilanciare il box
office
Libri
Johnny Depp e
Neil Jordan, poi i
ricordi di Mario
Verdone
Colonne sonore
Fantastic Mr.
Desplat, Max
Gazzè per Papaleo
Donne da
sfogliare
Quando lo schermo
si tinge di rosa:
femminile, plurale
Telecomando
DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE
DVD
Ancora luce
sul cineasta svedese:
dischi singoli e
collezione, con doc
inedito
Vampata
Bergman
72
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
di Valerio Sammarco
EVENTO IRRIPETIBILE:
diverse etichette portano in
home video alcuni tra i titoli
meno “sfruttati” della filmografia bergmaniana. A poco meno
di tre anni dalla morte del grande regista svedese, ecco dunque l’occasione per arricchire la
personale “collezione Bergman”
della vostra videoteca: RHV
edita cinque film, partendo da
Piove sul nostro amore e La
terra del desiderio, entrambi
interpretati da Birger Malmsten
e incentrati sul racconto di
amori contrastati, realizzati dal
regista non ancora trentenne a
brevissima distanza dall’opera
prima Crisi (1946). Dopo i
primi successi (Un’estate d’amore, Donne in attesa, Monica
e il desiderio) e prima della
definitiva affermazione internazionale ( Il settimo sigillo ),
Bergman dirige Una vampata
d’amore (1953) e Sogni di
donna (1955), in cui si conferma il sodalizio artistico tra il
regista e Harriet Andersson,
attrice che anche in seguito
(soprattutto in Come in uno
specchio e Sussurri e grida )
segnerà in maniera indelebile il
percorso del cineasta svedese.
È del ’58, invece, successivo al
Posto delle fragole, l’ultimo film
proposto dalla Ripley’s, Alle
soglie della vita , premiato a
Liv Ullmann ne La
vergogna. In basso
Max von Sydow in
Passione, a sinistra
Ingmar Bergman. In
apertura Una
vampata d’amore
Cannes per la miglior regia e
per l’interpretazione collettiva
femminile (Bibi Andersson,
Ingrid Thulin, Eva Dahlbeck,
Barbro Hiort Af Ornäs),
ambientato in una reparto gine-
cologico e incentrato sulla storia di tre partorienti e l’infermiera chiamata ad assisterle. Fa
parte della collana “Il piacere
del cinema” di Vieri Razzini,
invece, il cofanetto Teodora
Film distribuito da Flamingo
Video e contenente La vergogna (1967), Passione (1968) e il
doc inedito Images from the
Playground: insieme a Persona
(1964), i due film compongono
la cosiddetta “tetralogia di Fårö”,
completata da L’ora del lupo
(1966), unico titolo con derivazioni horror diretto da Bergman,
interpretato da Max von Sydow
e Liv Ullmann (insieme anche
ne La vergogna e Passione),
distribuito da Dolmen Home
Video. Si deve infine a D CULT
l’edizione di Stimulantia, opera
collettiva
della
Svenk
Filmindustri, dove compare l’episodio realizzato da Bergman,
Daniel, montaggio di filmati in
16mm sul figlio del regista.
aprile 2010
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
73
Telecomando
DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE
DVD
Nuovo e garantito
Successi, di critica e
pubblico, ora in salotto
Il nastro bianco
Making of e ritratto di Michael Haneke tra gli extra
SCONFITTO AGLI OSCAR, ma
Palma d’Oro a Cannes e vincitore del Golden Globe come
miglior film straniero, Il nastro
bianco di Michael Haneke arriva in home video. Disco singolo, doppio disco e Blu-ray le tre
differenti edizioni dell’ultimo
capolavoro diretto dal regista
austriaco, protagonista di un
ritratto di 50’ presente nei con-
74
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
tenuti speciali, che includono
anche uno speciale di 18 minuti sull’ultimo Festival di Cannes
e, soprattutto, il Making of del
film (38’), indispensabile per
scoprire i segreti della lavorazione all’interno di quel glaciale, indimenticabile “villaggio dei
dannati”.
DISTR. LUCKY RED
Freschi di sala,
segnaliamo otto
nuovi titoli da
questi giorni in
vendita: forti
dell’ottimo
successo al
botteghino,
arrivano
distribuiti da
Warner Home
Video. Io, loro e
Lara di (e con)
Carlo Verdone
(da maggio anche in
versione Blu-ray) e
Sherlock Holmes di
Guy Ritchie, in
molteplici edizioni e
arricchito di
numerosi
contenuti
speciali. Dolmen
Home Video
propone
Capitalism: A
Love Story,
documentario
che Michael
Moore ha
presentato in
concorso a
Venezia, mentre
20th Century Fox
distribuisce – anche
in Blu-ray – la sorprendente
commedia 500 giorni insieme e il
teen-horror Jennifer’s Body con
Megan Fox. Completano il
quadro Welcome di Philippe
Lioret (CGHV), Brothers di Jim
Sheridan (01), Il mio amico Eric di
Ken Loach e Segreti di famiglia di
Francis Ford Coppola (BIM/01).
Laclassedeiclassici
a cura di Bruno Fornara
REGIA Jean Renoir
CON Catherine Hessling,
Jean Angelo
GENERE Drammatico
(1926)
DISTR. Ermitage
Nanà
Terzo film di Jean Renoir che
ricorda, in “La mia vita, i miei
film”, come Nanà fu “un’impresa folle”, ambientata in una
“cornice sontuosamente decadente in cui l’autenticità si
coniugava con la fantasia”. La
protagonista, interpretata da
Catherine Hessling, moglie di
Renoir, “non era più una
donna, era una marionetta, purtroppo il pubblico non poté tollerare quella rielaborazione” e il
film fu un fiasco. Tratto dal
romanzo di Zola. La Parigi del
Secondo Impero, verso il 1870.
Un’attrice, volgare e senza
talento, falsamente innocente e
ferocemente crudele. Si innamorano di lei un conte e altri
uomini deboli, ipocriti, votati
alla rovina. Al naturalismo degli
ambienti spogli e vuoti si
accompagna l’enfasi barocca di
altre stanze. E all’astrazione del
volto di Nanà, truccato alla
giapponese, ai suoi occhi
mostruosamente vuoti, fa da
contrasto una recitazione agitata. Così come all’esibita volgarità del personaggio corrisponde il desiderio degli uomini di
Parigi. Sesso e denaro, come il
vaiolo, spandono il contagio, in
modi più che freddi, algidi.
Solo il cancan è sfrenato.
Tragiche, le ultime scene, risucchiate in un gorgo di disperazione. Edizione restaurata
secondo tutti i crismi.
Fi lm in or bi ta
a cura di Federico Pontiggia
John Cazale
(Studio Universal)
John Cazale, chi era costui? Solo 5 film, ma tutti
nominati agli Oscar: omaggio con due titoli – Quel
pomeriggio di un maledetto giorno da cani e Il
cacciatore – più il bio-doc I Knew It Was You.
Being Human
(Steel)
Un vampiro, un licantropo e un fantasma, ovvero
tre giovani ordinari. Il loro destino? Being Human,
serie tv BBC alla ricerca della normalità: in
anteprima i 6 episodi della prima stagione.
Material Girl
(Mya)
No, non è Madonna, ma Ali Redcliffe (Lenora
Crichlow), giovane designer che prova a
sopravvivere nella giungla chiamata moda. Dal libro
Fashion Babylon, una serie poco trascendente...
I televisivi Quo vadis,
Baby? e Romanzo
criminale in cofanetto
Fuoriserie
DAL GRANDE AL
piccolo schermo,
ora in cofanetto. Le
prime due serie tv
prodotte da SKY Cinema (con Colorado Film e
Cattleya) e tratte, rispettivamente, dal film omonimo di Gabriele Salvatores e dal testo di De
Cataldo (portato già al cinema da Michele
Placido), arrivano in dvd, entrambe in cofanetto (3
e 4 dischi). I 6 episodi di Quo vadis, Baby?, diretti
da Guido Chiesa, sono arricchiti dallo speciale
Inside Quo vadis, Baby?, che permette di addentrarsi nell’oscuro mondo di Giorgia Cantini (Angela
Baraldi), investigatrice privata sui generis. Sono 12,
invece, gli episodi della prima stagione di
Romanzo criminale, riconosciuto dalla critica come
uno “degli esiti più riusciti della fiction italiana”:
oltre alle gesta del Freddo, del Dandi e del
Libanese, anche 40’ di contenuti speciali, tra cui “Il
mito della banda”, “Romanzo criminale tra fiction
e realtà” e il trailer di Romanzo criminale 2.
DISTR. 20TH CENTURY FOX ENTERTAINMENT
aprile 2010
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
75
Telecomando
DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE
DVD
Diavolo & Pap’occhio
Doppio Benigni: in Blu-ray, restaurato e rimasterizzato
ARRIVA IN BLU-RAY IL PICCOLO DIAVOLO
(Cecchi Gori), esplosiva commedia diretta e
interpretata da Roberto Benigni nel 1988,
affiancato da un mostro sacro della comicità
USA come Walter Matthau. Tra gli extra, “Il
mistero del piccolo diavolo”. Altra operazione
“recupero”, stavolta targata 01 distribution, per
quello che riguarda Il Pap’occhio (nella foto),
per la prima volta in dvd in edizione restaurata
e rimasterizzata (con uno special di 70’ a cura
di Fabrizio Corallo e la regia di Luca Nannini), a
30 anni dalla realizzazione del film firmato
Renzo Arbore, protagonista insieme a tutti i
componenti della storica trasmissione “L’altra
Domenica”. E Martin
Scorsese in cammeo.
Da non perdere
Clouzot, von Stroheim e
Reed: D CULT
Queen Kelly di Eric
von Stroheim (1928),
L’assassino abita al 21
di Henri-Georges
Clouzot (1941) e
Fuggiasco di Carol
Reed (1947): la neonata D
CULT – etichetta sorta
dall’italo-francese
Ermitage – riporta alla
luce tre grandissimi
classici di altrettanti
maestri: ottima
occasione per
recuperare il torbido
poliziesco d’esordio di
Clouzot (omaggiato anche da
Tarantino in Bastardi senza gloria,
con la locandina originale inserita
in una scena del film), il primo
capitolo dell’ideale trilogia di
Carol Reed – completata con Idolo
infranto e Il terzo uomo – e,
soprattutto, il quanto mai
travagliato lavoro di von Stroheim,
Queen Kelly, in edizione
restaurata e contenente le varie
versioni del film con Gloria
Swanson, anche produttrice.
DISTR. D CULT
Esp erie nza infin ita
Star Wars: The Old
Republic
Personaggi su misura, gruppi di ricerca e missioni
in cooperativa
Passano gli anni, ma l’universo di
Star Wars ha sempre un appeal
incredibile presso tutti gli amanti
del cinema, ma anche di altri
mezzi di intrattenimento. Normale
quindi che a cadenza regolare
arrivino videogiochi dedicati a
questa fortunata saga, come nel
caso di Star Wars: The Old
Republic, che sarà un gioco di
76
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
ruolo persistente online dove è
possibile creare il proprio sith o
jedi e personalizzarne l’aspetto,
giocare insieme ad altre persone
ed affrontare missioni in
cooperativa, creare veri e propri
gruppi ed esplorare diverse
locazioni inedite o riprese dai film
e libri, per un’esperienza
coinvolgente e dalla durata
praticamente infinita. Il titolo
dovrebbe essere disponibile entro
l’estate per PC e potrà essere
giocato anche con configurazioni
non particolarmente potenti.
Per saperne di più visitate
www.multiplayer.it
ANTONIO FUCITO
Telecomando
DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE
Borsa del cinema
di Franco Montini
Lo strano (e unico) caso
di un flop al botteghino
che trionfa al Kodak
Theatre: il rilancio di
The Hurt Locker
Effetto Oscar
IL TRIONFO OSCAR di The Hurt Locker
di Kathryn Bigelow ha suscitato vasta eco
anche sulla stampa nostrana. La maggior
parte degli analisti ha privilegiato l’aspetto
politico e la novità rappresentata dalla vittoria, per la prima volta in oltre 80 anni, di
una donna. Per ciò che riguarda la politica,
non c’è dubbio che The Hurt Locker rappresenti una svolta rispetto al trionfalismi
patriottici dell’era Bush e sia in evidente
78
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
sintonia con il nuovo corso della Casa
Bianca, determinatosi con l’arrivo di
Obama. Secondo molti, dunque, se a dispetto delle più scontate previsioni il film della
Bigelow ha trionfato sconfiggendo Avatar,
il ricchissimo blockbuster dell’ex-marito
James Cameron, le ragioni sarebbero per
così dire ideologiche e conseguenza del
desiderio di premiare una donna e la politica del nuovo presidente.
La suggestiva tesi, benché possieda qualche elemento di verità, non è del tutto convincente. Innanzi tutto c’è da considerare
che anche Avatar è un film anti-Bush; per
certi versi lo è ancora più di The Hurt
Locker, perché il racconto dell’invasione
umana sul pianeta Pandora rimanda
metaforicamente alle aggressioni della precedente amministrazione americana.
Quanto alle novità, più ancora che il pre-
Cast & Crew
di Marco Spagnoli
Blood
All’origine di True
Charlaine Harris, la scrittrice di romanzi diventati serie televisive
mio ad una donna, l’elemento che colpisce è l’assegnazione dei massimi riconoscimenti ad un film di scarsissimo successo. Non era mai
accaduto nella storia degli
Oscar che il trionfatore fosse
un film, di indubbia qualità
certo, ma rivelatosi in patria
come nel resto del mondo
un flop. Ed allora il trionfo
della Bigelow potrebbe derivare da ragioni economiche.
L’Oscar, come è noto, è il
premio che più conta in termini di incassi, assai più della
Palma d’Oro di Cannes, del
Leone di Venezia e di ogni
altro pur prestigioso riconoscimento. Gli Oscar sono
espressione dell’industria di
vampiri sono personaggi perfetti per esplorare il concetto dell’eterna giovinezza: una
metafora della nostra modernità così preoccupata del fisico e della bellezza.
Un consiglio ai giovani scrittori?
Autrice di diverse serie di romanzi, Charlaine
Harris ha conquistato fama internazionale
nel 2001 con Finché non cala il buio, nuovo
ciclo di romanzi denominati The Southern
Vampire Mysteries, incentrati sulle vicende di
Sookie Stackhouse, cameriera telepatica della
Louisiana innamorata di un vampiro. I libri
hanno ispirato Alan Ball, creatore di Six Feet
Under, per dare vita alla serie tv True Blood,
prodotta da HBO, con protagonista il premio
Oscar Anna Paquin nel ruolo di Sookie.
Il successo di True Blood ha cambiato il
suo lavoro?
Le vendite dei miei libri sono aumentate,
così come le lamentele dei fan sorpresi dai
cambiamenti apportati da Alan Ball ai
romanzi. Scelte, invece, che mi trovano pienamente d’accordo, perché il miglior adattamento è sempre un tradimento. Se non fosse
stato per True Blood non avrei mai scoperto
alcuni elementi presenti nel mio lavoro.
Che cosa pensa di Alan Ball?
Lo ammiro molto: con lui condivido la stessa
fascinazione per la morte. In questo senso i
Sentirsi liberi di scrivere senza volersi intromettere nelle scelte di chi, un domani,
potrebbe adattare il loro lavoro. Io sono interessata ad utilizzare tutti i media, tra cui i
videogiochi, ma sono io a scrivere le mie
storie e qualcun altro ad adattarle per gli altri
mezzi. Bisogna fidarsi.
All’Academy non interessava premiare Avatar,
già record d’incassi di tutti i tempi
Hollywood e a determinare vincitori e
vinti sono state spesso proprio considerazioni economiche. Questa volta il sospetto
è che i giurati dell’Academy non avessero
interesse a celebrare Avatar, già capace di
polverizzare ogni precedente primato d’incasso e che non aveva bisogno di ulteriore
spinta promozionale. Hollywood, invece,
ha scommesso su un film che, per una
serie di accidenti - premi mancati, uscite
sbagliate - non ha incassato, ma che pro-
prio per la sua qualità, se rilanciato, potrebbe tramutarsi da flop in successo.
Al momento di scrivere, un giorno dopo
l’assegnazione dei premi, l’ipotesi è tutta
da confermare, ma intanto si può prendere
atto che, per restare in Italia, The Hurt
Locker (131mila euro il misero incasso
sala), benché già disponibile in dvd e passato sulla pay tv, sia tornato nei cinema.
Quanto potrà incassare grazie al rilancio
Oscar? Difficile prevederlo, ma un paio di
precedenti inducono all’ottimismo. Nel
1992 Il silenzio degli innocenti di Jonathan
Demme trionfò con 5 Oscar e
Mediterraneo di Salvatores si impose come
miglior film straniero. In Italia erano già
usciti nella precedente stagione con risultati medi. Il primo aveva incassato 3,8
miliardi di lire, il secondo 3,7. Quando i
due film vennero beneficiati dagli Oscar
erano già disponibili per l’home video, ma
ciò non impedì loro di raggiungere incassi
molto superiori a quelli ottenuti in prima
battuta. Tornato in sala, Il silenzio degli
innocenti incassò altri 6,2 miliardi di lire,
mentre Mediterraneo mise insieme altri
5,9 miliardi. La cosa ci dice niente?
box office (aggiornato al 22 marzo)
1 Alice in Wonderland ...............................
2 Mine vaganti ............................................
3 E’ complicato ...........................................
4 Shutter Island ..........................................
5 Percy Jackson e gli Dei dell’Olimpo ....
€ 25,306,603
€ 4,530,368
€ 1,228,335
€ 5,392,256
€ 2,279,532
6 Fuori controllo ......................................... € 644,146
7 Tutto l’amore del mondo......................... € 517,024
8 Genitori & figli - Agitare prima dell’uso.. € 8,018,973
9 Invictus ..................................................... € 5,765,323
10 Avatar ....................................................... € 64,787,416
N.B. Le posizioni sono da riferirsi all’ultimo weekend preso in esame. Gli incassi sono complessivi
aprile 2010
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
79
Telecomando
DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE
Libri
Monografia
aggiornata sul
cappellaio Matto di
Burton, poi le
declinazioni in rosa
del grande schermo
Into the Depp
A pro pos ito di Joh nny
Don ne in age nda ...
Non si può negare che questo sia un anno di grandi ruoli per
Johnny Depp: dall’icona fashion pop del Cappellaio Matto
della Wonderland di Tim Burton, risalendo fino all’alter ego
del prematuramente scomparso Heath Ledger nel Parnassus
di Terry Gilliam. Ma è con Nemico Pubblico di Michel Mann
che Johnny Depp supera l’istrionismo e ci regala un ritratto
duro, dolente e ambiguo del gangster John Dillinger,
probabilmente la sua interpretazione più matura. Ben venga
allora l’edizione aggiornata della
monografia di Eleonora Saracino, Johnny
Depp - Dal sogno di rockstar al grande
cinema internazionale, la carriera del più
eclettico outsider di Hollywood (Gremese,
pagg. 143, € 20,00). Ricco di illustrazioni, il
saggio ripercorre, inserendola in una
cornice biografica, la filmografia dell’attore
da Nightmare ad Alice.
Donne up, uomini down: e non solo al cinema… Lo racconta
per schermi e pagine Paola Casella, critico del quotidiano
Europa, nel saggio Cinema: femminile, plurale (Le Mani,
pagg. 104, € 14,00), che indaga le “mogli, madri, amanti
protagoniste del terzo millennio”. Per intenderci, una come
la Juno di Ellen Page, che sorride in copertina, la Nicole
Kidman in bilico tra visionarietà e borderline o le arpie di
Muccino, che l’Autrice passa in rassegna e scruta nel
profondo, con un approdo “irrinunciabile”: il desiderio di
maternità dei fratelli Dardenne. Insomma, un libro di donne
ma non solo per donne, che vi consigliamo di appuntare:
magari sulla nuova Moleskine creata ad hoc per critici e
cinefili: Film Journal (pagg. 240, € 19,00), che permette di
costruire una cineteca
su carta, con
filmografie,
festival, etc.
GIORGIA PRIOLO
80
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
FEDERICO PONTIGGIA
Air Jordan
In libreria da qualche tempo, “riscopriamo” la monografia su
Neil Jordan (Il Castoro, pagg. 168, € 13,90) firmata da Matteo
Pollone e Caterina Taricano, componenti del direttivo
dell’Associazione Museo Nazionale del Cinema. Agile ed
essenziale guida per addentrarsi nei sentieri di quello che lo
stesso Stephen Rea – suo attore feticcio – rinomina
“Jordanland”, il viaggio nella carriera del più irlandese tra i
registi irlandesi d’esportazione (primato che condivide con
Jim Sheridan) viene affrontato dagli autori seguendone
cronologicamente la filmografia,
partendo da Angel (1982) per arrivare
fino ad Ondine, realizzato l’anno scorso,
passato al Festival di Toronto e ancora in
attesa di distribuzione. In mezzo,
capolavori quali La moglie del soldato e
operazioni mainstream come Intervista
col vampiro.
Il volo di Wim
Gesto-immagine in Spazio Wenders, reportage
delle riprese del corto in 3D
di Giulio Bassi
VALERIO SAMMARCO
I ricordi di Mario
Pubblicazione postuma ma curata sin dal principio nella sua
redazione dallo stesso Mario Verdone, la raccolta A
Cantalupo in Sabina – Versi e memorie (Ed. Sabinae, pagg.
118, € 12,00) contiene i ricordi delle primavere e delle estati
appartenenti alla giovinezza trascorsa a Cantalupo. Il grande
studioso delle Arti del ‘900 ci regala i suoi versi in cui pone
uno sguardo intimo e familiare verso un passato ricordato
con nostalgia. Dai tramonti ai profumi, ogni cosa desta
nell’autore un piacevole e duraturo
ricordo impresso nelle pagine di
quest’opera. Emerge nei suoi versi tutto
l’amore provato per la terra sabina e per
la serenità del “buen ritiro” che essa ha
saputo regalargli. Le piccole cose
pascoliane si rivelano come le più gradite
e divengono ispirazione poetica in animi
sensibili come quello dell’autore.
ANGELA SANSEVIERO
Fellini Satyricon
“Saggio di fantascienza del passato”. Così nel 1969 Federico
Fellini definiva il suo film Fellini-Satyricon, presentato quello
stesso anno alla Mostra di Venezia. Alla trasposizione onirica
e surreale di una Roma imperiale decadente e volgare è
dedicato questo volume, parte di un progetto più ampio
dell’Università degli Studi di Milano, intitolato Scene di Roma
antica: al fine di evidenziare come tutte le arti abbiano di volta
in volta guardato all’antichità romana come soggetto.
Ricerche e riflessioni tra l’arcaico e il modernissimo in una
particolare percezione dell’antico a metà
strada tra i Musei Capitolini e “Harper’s
Bazaar”, a conferma delle molteplici chiavi
interpretative di un’opera che dopo 40 anni
mantiene intatta la propria vitalità. La
trascrizione della sceneggiatura audiovisiva
dell’intero film in appendice fa di questo
lavoro un valido strumento di studio.
GIULIO BASSI
Roberto De
Gaetano, Bruno
Roberti,
Emilio Arnone
(a cura di)
Spazio
Wenders
Ed. LibrAre
€ 20,00
Pagg. 64
“Sono convinto che in futuro gli uomini dovranno vivere
insieme, condividere”. Così Wim Wenders
nell’introduzione al libro fotografico Spazio Wenders,
pubblicato dall’Università della Calabria e Plane in
occasione del cortometraggio Il volo. Wenders approda
in Calabria con una sceneggiatura quasi indefinita e la
scelta del 3D, per raccontare gli eventi che hanno
segnato il difficile approdo in quelle terre di emigranti
curdi, afgani, eritrei, palestinesi ed etiopi. Nel volume le
immagini del regista durante le riprese sono
accompagnate da saggi sul cinema dell’erranza, sul
viaggio come ricerca, sull’accoglienza e sulla diversità.
Wenders percorre uno spazio di luce-volume verso una
sorta di sfondamento della visualità. Il 3D distorce la
superficie cui siamo abituati ridando allo sguardo una
nuova infanzia intesa come naturale capacità di vedere
le cose per la prima volta. “Quando il bambino era
bambino…”, così l’incipit de Il cielo sopra Berlino. E’
questo il compito più alto che il cinema si può dare. Il
gesto-immagine di Wim Wenders sui tetti di Badolato
durante la lavorazione de Il volo sembra mutare l’ordine
abituale delle cose. Emerge la possibilità di sentire e
pensare una nuova infanzia intesa come modo nuovo di
mutare dal progetto. All’arte sempre il compito più
arduo: resistere all’abbrutimento che impedisce che il
“nuovo” nasca.
Telecomando
DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE
di Gianluigi Ceccarelli
Colonne Sonore
Visti da vicino
Quella volpe di
Desplat
Fantastic Mr. Fox, sonorità ad hoc per la vena
di Anderson
La duttilità di un compositore del calibro di Alexandre
Desplat è fuori discussione.
Saltare con tanta efficacia
dal mondo di Ang Lee a
quello di Wes Anderson
non è, oggettivamente, da
tutti. In Fantastic Mr. Fox il
compositore francese, dopo
il fluviale e discontinuo
lavoro per Benjamin Button,
sposa in pieno la vena irridente del regista e del suo
progetto (uno stop-motion
movie ispirato all’omonimo
libro per bambini di Roald
Dahl), ma va oltre rendendo
il proprio contributo indispensabile per il perfetto
bilanciamento tra lo score e
la tracklist delle canzoni, al
solito numerosa nella filmografia di Anderson. E così,
inframmezzato tra i Beach
Boys del periodo Smile
( Heroes and villains ), gli
ormai rituali Rolling Stones
(Street Fighting Men, dopo
la Play with Fire usata ne Il
treno per il Darjeeling) e i
meno scontati Burl Ives e
Art Tatum, Desplat tiene le
redini del gioco con uno
score sognante e fiabesco,
puntuale e mai banale,
capace di alternare lirismo a
paradossali sonorità western
e raccordandosi beffardamente, sin dalle prime battute, con The Ballad of
Davy
Crockett
dei
Wellingtons. Un lavoro che
trova il culmine nell’epica
Just Another Dead Rat In A
Garbage Pail (Behind A
Chinese Restaurant) come
nella scanzonata marcetta di
Whack-back Majorette .
Ultime perle, il brano inedito di Jarvis Cocker Fantastic
Mr. Fox aka Petey’s Song e i
due lavori del grande
Georges Delerue, quasi uno
score nello score.
Per tut ti i gus ti
a cura di Federico Pontiggia
Shadow
Seconda regia per
Federico
“Tiromancino” Zampaglione, che di musica –
ovviamente - ne sa e ce lo fa sentire. Con
delega: spartito alla Goblin del fratello
Francesco. Da “pajura”…
82
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2010
Basilicata coast
to coast
Max Gazzè recita
muto, ma regala
all’esordiente regista Rocco Papaleo la
canzone finale: Mentre dormi. Per il resto,
ottimo teatro-canzone e un’infausta
performance canora di Giovanna Mezzogiorno.
Gli amori folli
Il tocco leggero e
ironico di Mark
Snow nelle follie sentimentali di Alain
Resnais. Anni ’80 e jazz alla Lalo Schiffrin, per
una Nouvelle Vague acustica dal sapore
retrò, “doppiata” dalle voci over. Deliziosa.
Con Samsung Movies Store
porti il grande cinema sempre con te
Scarica il tuo film preferito…ora puoi guardarlo anche in movimento!
Samsung Movie Store è un nuovo servizio di Video on Demand che ti permette di scaricare il film che vuoi, per vederlo
quando vuoi e dove vuoi. Semplice, veloce, facile da usare, multicanale: non solo sul telefonino ma anche su netbook
e notebook. Visita subito www.samsungmobile.it e scarica il tuo film!
Godersi il grande cinema a casa o in movimento non è mai stato così facile. Premi play … ora puoi rilassarti!
Transformers: Copyright © 2009 PARAMOUNT PICTURES CORPORATION and DW STUDIOS L.L.C. All Rights Reserved. HASBRO, TRANSFORMERS and all related characters are
trademarks of Hasbro. © 2009 Hasbro. All Rights Reserved. - Star Trek: TM, ® & Copyright © 2009 by Paramount Pictures. All Rights Reserved. - Watchmen: © 2009 Warner Bros.
Entertainment Inc., Paramount Pictures Corporation and Legendary Pictures. All Rights Reserved. Watchmen and all related characters and elements are trademarks of and © DC Comics
Con Samsung Movies Store
porti il grande cinema sempre con te
Scarica il tuo film preferito…ora puoi guardarlo anche in movimento!
Samsung Movie Store è un nuovo servizio di Video on Demand che ti permette di scaricare il film che vuoi, per vederlo
quando vuoi e dove vuoi. Semplice, veloce, facile da usare, multicanale: notebook, netbook… ma la vera novità è che
puoi guardarlo anche sul tuo telefonino*. Visita subito www.samsungmobile.it e scarica il tuo film!
Godersi il grande cinema a casa o in movimento non è mai stato così facile. Premi play … ora puoi rilassarti!
* modelli compatibili : Omnia HD i8910, Jet S8000, Ultra-Touch S8300
Transformers: Copyright © 2009 PARAMOUNT PICTURES CORPORATION and DW STUDIOS L.L.C. All Rights Reserved. HASBRO, TRANSFORMERS and all related characters are
trademarks of Hasbro. © 2009 Hasbro. All Rights Reserved. - Star Trek: TM, ® & Copyright © 2009 by Paramount Pictures. All Rights Reserved. - Watchmen: © 2009 Warner Bros.
Entertainment Inc., Paramount Pictures Corporation and Legendary Pictures. All Rights Reserved. Watchmen and all related characters and elements are trademarks of and © DC Comics