unita` 2 lo sviluppo mentale del bambino secondo jean piaget

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unita` 2 lo sviluppo mentale del bambino secondo jean piaget
I.S.S.R. Albenga-Imperia – a.a 2015/16
Dispense ad uso interno del Seminario di Psicologia
“Lo sviluppo della religiosità nell’infanzia e nell’adolescenza”
Prof. Sac. Enrico Gatti
UNITA’ 2
LO SVILUPPO MENTALE DEL BAMBINO
SECONDO JEAN PIAGET
1.1 Lo sviluppo mentale come comportamento adattivo: assimilazione e accomodamento
Piaget (1896-1980) ha dedicato tutta la vita allo studio del pensiero del bambino, descrivendo
l'evoluzione del pensiero dalla nascita all'adolescenza.
Piaget rifiuta sia l’ipotesi innatista, secondo cui le strutture cognitive hanno un’origine
esclusivamente innata, sia quella ambientalista, secondo cui hanno un’origine esclusivamente
ambientale. Egli propone una teoria organismica per cui l’individuo non è un passivo recettore
di influenze ambientali, nè un veicolo di idee innate, ma un costruttore attivo delle prorpie
conoscenze.
Lo sviluppo consiste nella trasformazione di strutture che si costruiscono grazie all’attività
dell’individuo. La maturazione biologica e l'esperienza di apprendimento sono condizioni di
base ma il pensiero si autogenera nella miriade di quotidiane interazioni con cui l'individuo
influisce sulla realtà e la realtà sull'individuo.
L'obiettivo generale dello sviluppo del pensiero è l'adattamento all'ambiente. Questo
adattamento avviene mediante due processi:
 l'assimilazione, con cui l'individuo assimila nuovi dati "piegandoli" in modo che si
accordino con le conoscenze già possedute.
 l'accomodamento, con cui il soggetto modifica i prori schemi mentali per adeguarsi alle
esigenze dell'ambiente che sono incompatibili con gli schemi posseduti.
Un esempio può chiarire meglio questi concetti. Un bambino di otto mesi tende ad afferrare con
le mani qualsiasi oggetto (schema di prensione). Se gli si avvicina un pupazzetto egli,
assimilando la situazione-stimolo ad analoghe precedentemente vissute, cercerà di afferrarlo
secondo lo schema percettivo-motorio della prensione, che già possiede. Ma se gli si pone tra le
mani un oggetto troppo piccolo, ad esempio una biglia, lo schema della prensione si rivela
inadeguato. Il bambino viene così a trovarsi in una situazione di disequilibrio. Per ristabilire
l'equilibrio occorre un accomodamento che sviluppi uno schema di comportamento più
complesso.
Nell'attivare processi di assimilazione e accomodamento vi è una tendenza all'equilibrazione,
ossia a trovare un equilibrio funzionale tra assimilazione e accomodamento, senza che l'uno
prevalga sull'altro.
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1.2 Gli stadi dello sviluppo mentale
Piaget descrive lo sviluppo cognitivo nel susseguirsi di una serie di stadi. Il passaggio da uno
stadio all'altro comporta sempre un cambiamento strutturale, un salto qualitativo; in tal modo lo
sviluppo dell'intelligenza non è concepito soltanto come accrescimento quantitativo (una mera
accumulazione di conoscenze). Inoltre per Piaget gli stadi sono universali (riscontrabili in tutti
gli uomini di qualsiasi luogo e tempo), sequenziali (lo stadio prima prepara quello successivo),
gerarchizzati (si va dalle forme più rudimentali di pensiero a quelle più complesse) e integrati
(allorchè si raggiunge uno stadio più avanzato la modalità di pensiero dello stadio precedente
scompare).
Sono quattro gli stadi individuati:
 Stadio senso-motorio (0-2 anni): il bambino inizialmente è sprovvisto di
rappresentazioni mentali, vive nell'immeditezza del presente e conosce la realtà
attraverso un' intelligenza sensomotoria, ovvero tramite le percezioni e le azioni fisiche
di manipolazione delle cose. Si hanno delle «reazioni circolari»: il bambino compie delle
azioni a cui corrispondo degli effetti, si instaurano le prime abitudini (es. succhia il dito,
tenta di afferrare e lascia) fino a quando compaiono comportamenti intenzionalmente
diretti ad un fine (ad es. scuote il sonaglio affinchè continui a suonare, posa la palla per
afferare un altro oggetto o fa cadere un oggetto da varie poszioni per vederne gli effetti).
Sul finire di questo stadio compaiono le prime rappresentazioni mentali. Il concetto più
importante che viene acquisito è la nozione di «oggetto permanente»: ci sono realtà che
possiedono uan propria entità indipendentemente dalle azioni che si compiono su di
esso. Ciò significa che un oggetto continua ad esistere anche quando un bambino non
può nè vederlo nè sentirlo.
 Stadio pre-operatorio (2-6/7 anni): il bambino possiede delle rappresentazioni mentali
e ciò è dimostrato da alcuni "fenomeni":
- l'imitazione differita: il ripetere un'azione dopo averla vista, il che significa che è stata
conservata una rappresentazione interna di essa (immagine mentale).
- il gioco simbolico (il "far finta di"): giocare trattando un oggetto come se fosse qualcosa di
diverso (un cucchiaio al posto del telefono, una scopa al posto del cavallo). Il "far finta" implica
l'attribuzione ad un oggetto di qualità diverse da quelle effettive, dunque carateristiche di un
oggetto evocato mentalmente.
- l'uso del linguaggio verbale per riferirsi a oggetti, persone o situazioni assenti. Ciò comporta
la capacità di usare schemi verbali per designare una realtà che ci si rappresenta mentalmente.
Fatto salvo ciò la descrizione che Piaget effettua di questo periodo verte molto sui
difetti, su ciò che il bambino in termini intellettivi non sa ancora fare. Pur possendendo
rappresentazioni mentali, secondo Piaget, il bambino è ancora molto ancorato alla
prevalenza dei dati percettivi immediati; gli schemi mentali che il bambino possiede
sono azioni interiorizzate che il bambino considera soltanto una per volta e non in
maniera integrata.
Le caratteristiche del pensiero infantile che Piaget individua in questo stadio sono:
- l'egocentrismo, ossia l'incapacità di porsi in un punto di vista diverso dal proprio, dando per
scontato che gli altri vedano le cose come le vede lui. Ad esempio il bambino che al telefono
mostra al papà la sua nuova macchinina si stupisce che il papà non veda che l'automobilina è
rossa.
- la pre-causalità, ossia l'incapacità a stabilire legami causali adeguati tra sè e il mondo esterno
e tra le cose del mondo esterno. Essa è strettamente derivante dall'egocentrismo: il bambino
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intrepreta tutto in base alla sua esperienza soggettiva, così la realtà non è interpretata secondo
leggi fisiche ma secondo categorie psico-morali (ad esempio la sedia contro cui il bimbo è
andato a scontrarsi è "cattiva").
In particolare emergono tre atteggiamenti:
 finalismo: tutto ha uno scopo. Esiste un ordine prestabilito di cui l'essere umano è il
centro. Così la ragione per cui una pallina rotola su un piano incinato è che vuole
andare verso il bambino.
 animismo: le cose sono concepite come viventi e dotate di intenzionalità.
Inizialmente la vita è attribuita a qualunque cosa dotata di attività (la lampada che brucia, la
luna che brilla); in seguito soltanto agli oggetti mobili e infine solamente a quelli dotati di moto
proprio (nuvole, astri, vento). Alle entità dotate di vita è attribuita anche una certa coscienza:
sanno quello che fanno e lo fanno intenzionalmente (il sole sa di muoversi, lo fa per seguirci).
 artificialismo: tutto è stato costruito dall'uomo o da un'attività divina che opera
secondo le regole della costruzione umana (i laghi sono stati scavati, le montagne
costruite).
 Stadio operatorio-concreto (7/8-11/12 anni): se nello stadio precedente le
rappresentazioni mentali erano considerate isolatamente e in modo rigido ora il bambino
è in grado di usare l'intelligenza rappresentativa per stabilire connessioni tra gli oggetti e
le loro caratteristiche. Ciò sempre in riferimento ad esperienze concrete (presenti o
passate). Ad esempio è in grado di disporre in ordine crescente dei bastoncini ma
incapace di risolvere problemi di tipo ipotetico o formale (Se Patrizia è più bionda di
Monica e più scura di Maria, chi è la più bionda delle tre?).
A questa età il bambino non confonde più il proprio punto di vista con quello altrui.
Impara anche a stabilire adeguati nessi di causalità tra i fenomeni.
 Stadio operatorio-formale (dagli 11/12 anni): nello stadio precedente il bambino non è
più dominato dalle impresioni empiriche poichè dispone della logica, tuttavia non sa
svincolarsi dal concreto. In questo stadio invece s'afferma il pensiero operatorio-formale
che è un pensiero ipotetico-deduttivo: il preadolescente è in grado di rappresnetarsi
anche situazioni possibili e non concrete così come di astrarre dai dati di esperiezna dei
concetti. Ad esempio si affrontano problemi completamente sganciati dall'esperienza
vissuta, come quelli di algebra o filosofia. Il ragionamento accede così, oltre che nel
reale, nel regno del possibile. La realtà empiricamente verificata è coinsiderata come una
delle tante pèossibilità di un universo astratto-formale più ampio.
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