Apprendimento, processi cognitivi e gioco nelle attività motorie

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Apprendimento, processi cognitivi e gioco nelle attività motorie
DIDATTICA DEL GIOCO NELL’ ATTIVITA’ MOTORIA
prof. Angela Capuzzo
A.A. 2006/2007
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Lezione on line n. 4
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Il gioco ha le sue regole, la cui trasgressione è contemplata
e tollerata. Ma il porsi fuori dal gioco
è un elemento di distruzione del gioco stesso.
Johan Huizinga
Apprendimento, processi cognitivi e
gioco nelle attività motorie: tappe della crescita
motoria, cognitiva, affettiva della persona e
comportamento ludico
Crescere attraverso l’azione. Agire, esercitarsi, sperimentare per strutturare le
funzioni legate alla sopravvivenza e allo sviluppo di competenze motorie e per
arrivare all’organizzazione di forme complesse del pensiero e dei processi cognitivi.
Godere dell’opportunità di sperimentare una attività motoria autonoma è
fondamentale nella prima infanzia, momento privilegiato per la strutturazione degli
apprendimenti e delle forme di relazione con il mondo.
L’Educazione Motoria ed il gioco consentono di apprendere anche modi di imparare,
che possono stabilizzarsi attraverso una coerente e costante continuità, attraverso
la pratica [Zocca, 2004].
Sviluppo dell’intelligenza ed epistemologia genetica
Affrontare il tema dell’apprendimento e dello sviluppo dei processi cognitivi nel
bambino anche in relazione al ruolo che il gioco ed il giocare rivestono per un
equilibrato quadro evolutivo, ci porta inevitabilmente ad affrontare nel dettaglio la
poderosa costruzione teorica sullo sviluppo psicologico dell’uomo elaborata dallo
studioso Jean Piaget (1896-1980), biologo e psicologo dell’età evolutiva, e ad
indagare anche con l’ausilio di strumenti critici e di successivi studi e teorie il lavoro
dell’autore.
Egli affronta su basi sperimentali oltre che teoriche il tema della nascita e del
funzionamento del pensiero logico analizzando lo sviluppo mentale del bambino in
maniera sistematica.
L’imponente lavoro teorico di Piaget e della sua scuola lo ha portato a individuare
un nuovo campo di indagine, definito dall’autore epistemologia genetica, che a
distanza di oltre 50 anni dalla sua definizione costituisce ancora la base di partenza
di tutti gli studi in questo settore. L'impostazione sperimentale del suo lavoro e la
formulazione delle sue teorie è fortemente caratterizzata dalla originaria formazione
universitaria di Piaget come biologo: egli fonda la sua ipotesi iniziale sull’idea che lo
sviluppo psichico possa evolvere di pari passo con la maturazione dell'organismo a
partire dalla nascita sino al compimento dell'età matura. Tale processo secondo
Piaget tende a porre l'individuo, sia da un punto di vista biologico che da un punto
di vista mentale, in equilibrio stabile con l'ambiente che lo circonda, sebbene non si
legga poi sulla direttrice opposta una diretta proporzionalità tra decadimento fisico
e decadimento mentale.
L'autore parte da un’intuizione semplice ed efficace: accettata l’idea di una origine
biologica dell'intelligenza, egli ipotizza che le tappe dell'evoluzione mentale possano
essere in un qualche modo legate alla maturazione del sistema nervoso e quindi
all'età del soggetto; analizzando quindi lo sviluppo delle strutture mentali attraverso
la successive fasi della vita, sarà possibile capire i modi ed i tempi secondo cui si
edifica e funziona il pensiero logico.
Attraverso i risultati dei suoi studi ha dimostrato che la differenza tra il pensiero del
bambino e quello dell'adulto è di tipo qualitativo: il bambino cioè non è un adulto in
miniatura ma un individuo dotato di struttura e meccanismi mentali propri. Ha
inoltre sottolineato come il concetto di intelligenza o per meglio dire lo sviluppo
delle capacità cognitive del soggetto siano fortemente dipendenti dal concetto di
"adattamento all'ambiente": la conoscenza del bambino infatti si realizza grazie
all’interazione pratica del soggetto con l’oggetto, con tutto ciò che l’ambiente
esterno gli offre da sperimentare, nel senso che il soggetto influisce sull’oggetto e lo
trasforma.
Come nasce e si costruisce il pensiero logico
L'intelligenza è vista da Piaget come un processo di adattamento sia all'ambito
sociale che a quello fisico che circonda il soggetto: l'apprendimento scaturisce e
l'intelligenza si sviluppa grazie ad una interazione attiva con l'ambiente. Questa
interazione emerge da un bisogno fondamentale dell'individuo che è quello di porsi
in "equilibrio" con la realtà esterna, per poter in qualche misura controllare il mondo
circostante, assimilando in modo organico nella sua "struttura" mentale ogni nuova
informazione che da esso perviene.
Se una nuova informazione proveniente dall’ambiente non è immediatamente
interpretabile attraverso gli schemi mentali preesistenti, il soggetto sperimenta uno
stato di squilibrio, vive cioè uno stato di contraddizione con la realtà esterna: si
sforzerà a questo punto di raggiungere un nuovo equilibrio, agendo sulla propria
struttura mentale e modificandola; analizzerà quali siano le difficoltà incontrate nel
tentativo di far proprie le nuove informazioni, che contraddicono le informazioni
preesistenti e formulerà nuove ipotesi per organizzare diversamente le sue
conoscenze. In altre parole si realizza quella che Piaget chiama "autoregolazione"
della struttura, una specie di autocorrezione capace di tenere conto della nuova
situazione. Nel suo lavoro Piaget sottolinea il fatto che ogni stato di squilibrio che il
soggetto incontra corrisponde sempre alla manifestazione di un bisogno.
Per Piaget ogni apprendimento umano si realizza attraverso questo meccanismo di
adattamento, a sua volta caratterizzato da due distinti processi che egli chiama
assimilazione e accomodamento.
Si ha assimilazione quando un soggetto incorpora un evento o un oggetto in
un'attività che fa già parte del suo repertorio comportamentale o cognitivo. In
pratica il bambino utilizza un oggetto per effettuare un'attività che fa già parte del
suo repertorio motorio o decodifica un evento in base a elementi che gli sono già
noti (è il caso di un bambino di pochi mesi che afferra un oggetto nuovo e lo porta
alla bocca: l'afferrare e il portare alla bocca sono movimenti già acquisiti che
vengono però applicati ad un nuovo oggetto). Questo processo predomina nella Ia
fase dello sviluppo.
Nella IIa fase dello sviluppo invece prevale il processo di accomodamento, allorché il
bambino può svolgere un'osservazione attiva sull'ambiente tentando altresì di
dominarlo: l’accomodamento consiste nella modifica della struttura cognitiva o dello
schema comportamentale per inserirvi nuovi oggetti o eventi che fino a quel
momento erano ignoti (nel caso del bambino precedentemente considerato se
l'oggetto è difficile da afferrare egli dovrà individuare nuove modalità di presa).
Anche l'imitazione è una forma di accomodamento, poiché il bambino modifica se
stesso in relazione agli stimoli dell'ambiente. Un buon adattamento all'ambiente si
realizza quando assimilazione e accomodamento sono ben integrati tra loro.
Questo meccanismo di adattamento descritto da Piaget ci permette di capire come
il raggio di azione ed il campo di esperienza dell'individuo divenga via via sempre
più ampio e se in una fase iniziale i movimenti elementari permettono solamente il
possesso degli oggetti vicini, considerati nel momento presente, successivamente
l’intervento della memoria ed il progressivo sviluppo dell'intelligenza rendono
possibile un processo reversibile che permette di ricostruire mentalmente,
all'indietro nel tempo, le trasformazioni avvenute e quindi di prevedere le
trasformazioni possibili; attraverso questo percorso il bambino diviene sempre più
padrone degli avvenimenti sia nel tempo che nello spazio.
Gli stadi dello sviluppo dell’intelligenza
La struttura "mentale" dunque si evolve di pari passo con l'evoluzione biologica,
passando attraverso quattro stadi così distinti da Piaget:
– Stadio dell'intelligenza senso-motoria (0-2 anni)
– Stadio pre-operazionale (2-7 anni)
– Stadio delle operazioni intellettuali concrete (7-11 anni)
– Stadio delle operazioni intellettuali formali (11-14 anni)
A) Stadio dell'intelligenza senso-motoria
Questo stadio si sviluppa dalla nascita ai 2 anni di età e rappresenta la forma più
elementare di intelligenza. I riflessi, all'inizio caratterizzati da azioni meccaniche,
vengono gradatamente coordinati e modificati. Successivamente gli oggetti e le
persone vengono percepiti dal bambino come esterni a sé, capaci quindi di
continuare ad esistere anche dopo essere usciti dal suo campo percettivo. Con il
progredire dello sviluppo intellettivo i sentimenti sperimentati dal soggetto si
differenziano e si moltiplicano specialmente come reazioni dipendenti da atti
intenzionali.
Questo stadio è a sua volta suddiviso in 6 periodi.
I_Riflessi innati: dalla nascita al I° mese. Alcuni esempi di modalità reattive innate
sono il pianto, la suzione, il vocalizzo… strumenti che il bambino utilizza per
comunicare con il mondo esterno. L'esercizio frequente di questi riflessi, in risposta
a stimoli provenienti dal suo organismo o dall'ambiente, porta all'instaurarsi di
"abitudini". Ad esempio dopo i primi giorni di vita il neonato trova il capezzolo molto
più rapidamente; pur succhiando sempre il dito, lo discrimina dal capezzolo o dal
ciuccio, e smette di succhiare il dito se gli viene dato il cibo.
II_Reazioni circolari primarie: dal 2° al 4° mese di vita. Con la definizione "reazione
circolare" Piaget si riferisce al meccanismo di ripetizione da parte del bambino di
un'azione prodotta inizialmente per caso, ma che viene eseguita poi per ritrovarne
gli interessanti effetti. L'azione originaria si consolida e diventa uno schema che il
bambino può poi eseguire con facilità anche in altre circostanze. Non vi è ancora in
questo stadio la capacità di distinguere tra un "sé" e un "qualcosa al di fuori", ma il
bambino prova comunque ad acquisire schemi nuovi: toccandogli il palmo della
mano reagisce volontariamente chiudendo il pugno, come per afferrare l'oggetto;
oppure in presenza di un rumore proveniente dall’ambiente gira il capo per
guardare nella direzione da cui proviene un suono.
III_Reazioni circolari secondarie: dal 4° all’ 8° mese. In questa fase il bambino
orienta la sua attenzione anche al mondo esterno oltre che al proprio corpo.
Afferra, tira, scuote, muove oggetti che sono nel campo d’azione della sua mano e
sperimenta il rapporto tra queste sue azioni ed i risultati che ne derivano
sull'ambiente. Scopre il cordone della campanella attaccata alla culla e la tira per
sentire il suono. Ancora non sa perché le sue azioni provocano determinati effetti,
ma capisce che i suoi sforzi sono efficaci quando cerca di ricreare taluni eventi
piacevoli, visivi o sonori.
IV_Coordinazione mezzi-fini: dall'8° al 12° mese di vita. Il bambino comincia a
coordinare in una sequenza organizzata due singoli schemi d'azione (ad esempio
prova a tirare via un cuscino per prendere un giocattolo sottostante). In tal modo
riesce a utilizzare mezzi idonei per il conseguimento di uno scopo specifico.
L'intenzionalità si manifesta anche nella comunicazione con gli adulti quando punta
il dito verso il biberon per farselo dare. Gradualmente si rende conto che gli oggetti
sono indipendenti dalla sua attività percettiva o motoria.
V_Reazioni circolari terziarie e scoperta di mezzi nuovi mediante sperimentazione
attiva: dai 12 ai 18 mesi. Il bambino ricorre sempre più spesso a nuove e diverse
modalità per ottenere effetti desiderati. Appare una prima forma di "ragionamento".
Mentre prima, per eseguire una sequenza di azioni, doveva partire dall'inizio, ora
può anche interrompere la successione e riprendere l'azione in un qualsiasi stadio
intermedio. Procedendo per “prove ed errori” egli è anche in grado di scoprire la
soluzione di alcuni dei problemi che gli si presentano: diventa quindi possibile per il
bambino modificare gli schemi che già possiede. Ad esempio dopo aver tentato,
invano, di aprire una scatola, esita per un attimo e poi riesce ad aprirla. Infine può
richiamare alla memoria gli oggetti assenti, grazie alle relazioni che intercorrono tra
un oggetto e la sua possibilità di utilizzo.
VI_Comparsa della funzione simbolica: dai 18 mesi in poi. Il bambino è in grado di
agire sulla realtà col pensiero. Può cioè immaginare gli effetti di azioni che si
appresta a compiere, senza doverle mettere in pratica concretamente per
osservarne gli effetti. Comincia ad usare le parole non solo per accompagnare le
azioni che sta compiendo (nominare o chiedere un oggetto presente), ma anche per
descrivere cose non presenti e raccontare quello che ha visto-fatto in un momento
antecedente. E’ in grado di riconoscere oggetti anche se ne vede solo una parte.
Riesce ad imitare i comportamenti e le azioni di un modello, anche dopo che questo
è uscito dal suo campo percettivo. Sa distinguere i vari modelli e sa imitare anche
quelli che per lui hanno un'importanza di tipo affettivo, come capita ad esempio coi
giochi simbolici che implicano "fare finta" di fare qualcosa o "giocare un ruolo".
Quello senso-motorio è il periodo in cui l’attività ludica del bambino è caratterizzata
dal gioco di esercizio: egli si impegna, di solito da solo, nel ripetere schemi sensomotori rendendoli autonomi dal fine pratico per cui sono stati originariamente
concepiti ed appresi.
B) Stadio pre-operazionale
Si sviluppa approssimativamente dai 2 ai 7 anni di età. Il passaggio dallo stadio
senso-motorio allo stadio pre-operazionale o pre-logico è segnato proprio dalla
comparsa della funziona simbolica, con la riproduzione di modelli anche a distanza
di tempo, la comparsa dei giochi simbolici e soprattutto la strutturazione del
linguaggio verbale. Il linguaggio in particolare, attraverso l’associazione di parole ad
oggetti o ad azioni permette una accelerazione del processo di sviluppo del pensiero
e consente al bambino di sperimentare livelli di socializzazione che arrivano a
coinvolgere anche dati della sua vita interiore. Con il gioco il bambino occupa la
maggior parte della giornata, per lui tutto è gioco: ripete in forma ludica le azioni
reali che sperimenta (ad esempio diventano un gioco le azioni di vestirsi e
svestirsi). Nel gioco simbolico egli definisce un contesto non referenziale per la
propria attività ludica (situazione immaginaria) ed agisce coerentemente ad esso.
Imita, anche se in maniera generica, tutte le persone che gli sono vicine: le
idealizza perché sa che si prendono cura di lui. Impara a comportarsi come gli
adulti vogliono, prima ancora di aver compreso il concetto di "obbedienza".
In questa fase si sviluppa un tipo di pensiero definito da Piaget pre-operatorio (o
pre-logico) in quanto si assiste nel bambino al tentativo di spiegare le situazioni che
egli vive solo in base alle caratteristiche presenti istante per istante. Un
atteggiamento caratteristico di questo periodo, che in qualche modo impedisce una
visione oggettiva della realtà, è l'atteggiamento che Piaget definisce "egocentrico",
inteso naturalmente in senso epistemologico e non affettivo o morale. La mente
egocentrica del bambino considera il suo punto di vista come l'unico possibile: non
conosce alternative alla realtà che personalmente sperimenta e si dimostra
incapace di mettersi al posto di un altro. Questa visione unilaterale delle cose lo
induce a credere che tutti la pensino come lui e che tutti capiscano i suoi desideri o
i suoi pensieri, senza che si renda necessario fare sforzi per farsi capire.
Il pensiero del bambino è anche caratterizzato dalla "irreversibilità" cioè dalla
incapacità di leggere una situazione come il prodotto di una trasformazione: dato
un sistema che ha subito una qualche trasformazione, il bambino non riesce a
tornare mentalmente allo stato del sistema preesistente alla trasformazione, di
confrontare lo stato di partenza e di arrivo, di rilevare in una parola il cambiamento
sopravvenuto. Per esempio non è in grado di afferrare il principio di conservazione
della materia nelle trasformazioni fisiche: se si prende una pallina di creta e la si
modella, trasformandola in un cilindretto, il bambino dirà ora che la creta è in
quantità maggiore o minore a seconda che la sua osservazione venga catturata
dalla lunghezza o dal diametro del cilindretto; egli è incapace di rilevare che
durante l'operazione non è stata aggiunta o levata della creta.
Il processo di socializzazione, reso possibile dall'uso dei simboli (linguaggio, giochi
simbolici ed imitativi) investe profondamente la vita affettiva del bambino. Piaget
sottolinea con forza che affettività e comprensione sono dati inscindibili e che
ambedue sono sempre presenti sia nei processi di apprendimento che nella vita di
relazione: conseguentemente preme sottolineare come in qualsiasi intervento di
tipo educativo-didattico non si possa ignorare come il dato affettivo possa
concorrere o interferire con il processo di apprendimento.
Verso la fine del periodo pre-operatorio, anche se il pensiero simbolico non sfocia
ancora nel pensiero logico in senso concreto, si manifesta una certa tendenza ad
organizzare i dati, formando sistemi di insiemi. Il bambino acquisisce una discreta
capacità di osservazione, pur permanendo un pensiero di tipo intuitivo per cui egli
"afferma" ma non "dimostra". Attraverso alcune intuizioni elementari il bambino
riesce ad interiorizzare degli schemi di azione, delle corrispondenze spaziali o
comunque degli schemi percettivi. Aumenta la partecipazione e la socializzazione
nella vita di ogni giorno, in maniera creativa, autonoma, adeguata alle diverse
circostanze. Da un punto di vista della vita di relazione, entrando nella scuola
dell’infanzia, il bambino sperimenta l'esistenza di nuove autorità, diverse dai
genitori: impara quindi a rivedere le conoscenze acquisite nelle fasi precedenti,
mediante processi cognitivi di generalizzazione. Ovvero, le conoscenze possedute,
relative ad un'esperienza specifica, vengono trasferite a quelle esperienze che, in
qualche modo, possono essere classificate nella stessa categoria. Tuttavia, la sua
capacità di riprodurre mentalmente un avvenimento avviene nell'unica direzione in
cui l'avvenimento si è verificato.
C) Stadio delle operazioni concrete
In questo stadio che si sviluppa dai 6-7 agli 11-12 anni, il bambino è in grado di
coordinare più azioni successive, di capire che un'azione resta invariata anche se
ripetuta, di passare da una modalità di pensiero analogico a una di tipo induttivo, di
giungere ad uno stesso punto di arrivo partendo da due vie diverse. Per operazioni
intellettuali concrete Piaget si riferisce a tutte quelle operazioni mentali che vengono
condotte su contenuti concreti e percettibili cioè non astratti. Durante questo stadio si
sviluppa un tipo di pensiero capace di compiere delle operazioni mentali di una certa
complessità.
Le operazioni concrete, intese nell'accezione indicata, si coordinano in strutture definite
stabili che non solo si conservano tutta la vita e non interferiscono nell'organizzazione
di strutture superiori ma vengono richiamate e riutilizzate durante l'esistenza ogni qual
volta si rende necessario organizzare dati nuovi ed immediati. Piaget attraverso un
suo esperimento riesce ad illustrare bene queste nuove capacità. Egli pone davanti
al bambino 20 perle di legno, di cui 15 rosse e 5 bianche e gli chiede se, volendo
fare una collana la più lunga possibile, prenderebbe tutte le perle rosse o tutte
quelle di legno. Il bambino, fino a 7 anni, risponderà, quasi sempre, che
prenderebbe quelle rosse, anche se gli si fa notare che sia le bianche sia le rosse
sono di legno. Solo dopo questa età, essendo giunto al concetto di "tutto" e di
"parti", indicherà con sicurezza quelle di legno.
Fondamentale conquista di questa fase dello sviluppo è l’acquisizione della capacità
di concepire ogni stato di un sistema come il risultato di una trasformazione. La
reversibilità del pensiero, permettendo un continuo confronto tra aspettative e
risultati ed il rilevamento di eventuali contraddizioni, accelera il meccanismo di
crescita della struttura mentale e rende possibile una percezione corretta degli
eventi fisici basati su di un effetto causale, senza soggiacere alle impressioni
soggettive. Comincia anche a manifestarsi una certa tendenza all'estrapolazione,
che implica una possibile estensione del reale in direzione del virtuale; ad esempio,
il bambino riesce a concepire la possibile aggiunta di nuovi termini ad una serie o
ad una classe di oggetti, anche se non arriva a prefigurare tutte le possibili
trasformazioni o i possibili modi di essere di un sistema, come riuscirà a fare poi nel
successivo stadio di sviluppo.
Con lo sviluppo del pensiero logico la mente del bambino riesce quindi a compiere
tutta una serie di operazioni mentali, anche se concrete, quali sommare, sottrarre,
dividere, classificare, seriare, uguagliare, mettere in corrispondenza... Tutto ciò gli
permette di uscire dal proprio egocentrismo per prendere in considerazione punti di
vista diversi dal proprio.
Sul piano affettivo egli scopre i vantaggi di una integrazione dei vari punti di vista,
sviluppa uno spirito di cooperazione sociale, sperimenta i primi sentimenti di
amicizia e di reciproco rispetto, di spontanea codificazione e regolamentazione dei
comportamenti e si sviluppa il senso di giustizia. E’ in questo periodo che il bambino
compie i primi atti di volontà (senso del dovere).
A partire dai 7 anni le attività ludiche del bambino sono caratterizzate dai giochi a
regole che permangono anche nell’età adulta. L’attività ludica diventa di tipo sociale
ed è governata da regole astratte e frutto di accordo convenzionale.
D) Fase delle operazioni formali.
In questa fase, che va dagli 11-12 ai 14-15 anni, nel soggetto pre-adolescente
appare la capacità del ragionamento astratto, di tipo ipotetico-deduttivo. Per
operazioni intellettuali formali Piaget si riferisce a tutte quelle operazioni mentali
relative a contenuti formali ed astratti cioè non immediatamente percettibili.
E’ la fase in cui un soggetto è in grado di valutare ipotesi che possono essere o non
essere vere e riesce ad immaginare cosa potrebbe accadere se fossero vere.
Già sul finire del periodo delle operazioni concrete si realizza una progressiva
autonomia dal dato percettivo. Dopo i 12 anni, l’adolescente acquista la capacità di
ragionare su semplici ipotesi, e comincia a risolvere problemi enunciati solo
verbalmente senza il supporto della sperimentazione concreta (ad esempio,
premesso che A è più alto di C e che A è più basso di B stabilire chi è il più alto dei
tre senza effettuare confronti diretti). Più in generale mentre nella fase concreta
tutti i ragionamenti operati dal bambino necessitano della presenza di dati
percettivi, nella fase del pensiero formale l'adolescente è in grado di ipotizzare,
relativamente ad un certo ambito preso in esame, tutte le situazioni possibili tra le
quali una è realizzata in concreto. Avviene quindi a livello di capacità di pensiero
una inversione dell'ordine di importanza: da ora in poi assistiamo ad una
preminenza degli aspetti ipotetici su quelli reali.
E’ importante sottolineare, anche per le applicazioni che possono risultarne in
ambito educativo, che le operazioni formali stabiliscono relazioni tra altre relazioni e
per questo vengono chiamate operazioni alla seconda potenza, mentre le operazioni
concrete vengono definite operazioni alla prima potenza; per produrre un esempio,
il principio di proporzionalità è una relazione di eguaglianza tra dei rapporti cioè una
relazione tra relazioni (A/B = C/D = ...), mentre ciascuno dei rapporti è una
relazione tra due dati numerici derivanti da misure.
Queste strutture si caratterizzano per essere operatori formali suscettibili di
applicazioni diverse e quindi utilizzabili in ambiti disciplinari diversi. Inoltre non
vengono scoperti dall'adolescente a partire da dati percettibili ma vengono ricavati
a partire da strutture logiche preesistenti.
Oltre al "principio di proporzionalità" possiamo elencare tra questi operatori formali:
– Le "operazioni combinatorie", cioè la capacità di ricavare, dati più elementi,
tutte le combinazioni possibili attraverso l'applicazione sistematica delle
permutazioni e delle disposizioni
– La "coordinazione di due sistemi di riferimento" e la "relatività dei movimenti
e delle velocità"
– La "nozione di probabilità"
– La "nozione di correlazione"
– La "compensazione moltiplicativa" che è strettamente connessa con il
principio di proporzionalità. Infatti se A·B = C·D avremo anche che A/C =
D/B; ad esempio, l'adolescente si rende conto che può compiere lo stesso
lavoro alzando un certo peso ad una certa altezza ovvero un peso doppio a
metà dell'altezza precedente, in quanto il lavoro è dato appunto dal prodotto
dell'altezza per il peso
– "Forma di conservazione che oltrepassa l'esperienza" ossia forme di
conservazioni non verificabili per impossibilità sperimentali come avviene nel
caso del moto rettilineo uniforme ovvero del principio d'inerzia. Queste
operazioni sono puramente mentali in quanto si perviene al principio
"escludendo" mentalmente le interazioni che possono turbare il moto
rettilineo uniforme.
Grazie alla comparsa del mondo delle idee e delle astrazioni il preadolescente
comincia a realizzare un certo equilibrio fra assimilazione e accomodamento. Egli
riesce a comprendere il valore di certi oggetti e fenomeni, la relatività dei giudizi e
dei punti di vista, la parità dei diritti, la distinzione e l'indipendenza relativa tra le
idee e la persona…
Sul piano affettivo l'adolescenza segna il graduale ingresso del soggetto nella
società degli adulti e la tendenza a realizzare un programma di vita e di
cooperazione sociale.
Una critica al pensiero di Piaget: Lev Vygotskij
I due autori possono considerarsi i padri fondatori della psicologia dello sviluppo per
aver posto le basi di tutta la ricerca successiva sul campo.
I risultati degli studi dello scienziato russo lo portano però a considerazioni opposte
rispetto a quelle formulate dal collega ginevrino. La principale critica mossa da
Vygotskij è verso l’eccessivo formalismo piagetiano: l’autore ritiene che la teoria
dello sviluppo cognitivo elaborata da Piaget sia di tipo genetico solo in senso
cronologico e non ontologico e che essa si sviluppi attorno a concetti di tipo
classificatorio-combinatorio-meccanico, trascurando il piano concettuale-dialettico.
Vygotskij ritiene che non sia possibile indagare il campo in oggetto solo attraverso
una analogia con la logica formale e la matematica nel tentativo di dare un
fondamento razionale allo sviluppo cognitivo. Per Vygotskij il formalismo
dell’epistemologia genetica trova radice nel tentativo di voler eliminare le
rappresentazioni illusorie del soggetto attraverso uno stabilirsi definitivo del
concetto di invarianza dell'oggetto. In effetti la maggior parte del lavoro piagetiano
si riferisce alla ricostruzione delle tappe evolutive del principio di conservazione (o
invarianza) della quantità-sostanza-peso-volume degli oggetti.
Un altro aspetto criticato da Vygotskij è quello relativo all’egocentrismo infantile
individuato da Piaget come l’aspetto che unisce tutte le specifiche caratteristiche
della logica infantile. Vygotskij contesta la visione di Piaget secondo la quale il
pensiero del bambino sarebbe originariamente autistico e solo con la pressione
sociale diventerebbe realistico (pensiero tipico dell’adulto). Piaget infatti riferendosi
a due concetti freudiani che sostengono a) l’idea che il principio del piacere preceda
quello di realtà e b) l'idea che il piacere sia una forza vitale indipendente, sostiene
che ciò che interessa al bambino è la soddisfazione di piaceri, in antitesi al principio
di realtà. Vygotsky invece, dal suo punto di vista, afferma che lo sforzo per ottenere
la soddisfazione di un bisogno e lo sforzo per adattarsi alla realtà non sono
separabili né opponibili, altrimenti viene a crearsi una situazione di sofferenza, di
patologia.
Vygotskij ha approfondito nei suoi studi la nascita e le funzioni del linguaggio:
ritiene che sia nello sviluppo cognitivo del bambino sia nella vita dell’adulto la
funzione primaria del linguaggio sia la comunicazione. A differenza di Piaget egli
sostiene che fin dalla sua prima apparizione il linguaggio sia di tipo sociale; in
seguito, grazie allo sviluppo cognitivo, le funzioni del linguaggio si differenziano,
cioè si egocentrizzano e pensiero e linguaggio arrivano alla fase di interiorizzazione.
In altre parole, il linguaggio diventa anche egocentrico, ma non perde le sue
caratteristiche sociali, poiché l'egocentrismo rappresenta soltanto
un'interiorizzazione di forme di comportamenti sociali. Nell'adulto si manifesta nel
linguaggio interiore (linguaggio egocentrico in profondità), che comincia a
svilupparsi all'inizio dell'età scolare. Vygotskij poté constatare attraverso le sue
ricerche che se il soggetto è in una situazione di difficoltà il coefficiente del
linguaggio egocentrico raddoppia, ma proprio perché grazie ad esso il bambino
realizza un processo di presa di coscienza che lo aiuta a cercare una soluzione del
problema. E' noto il suo esempio: mentre un bambino di 5 anni stava disegnando
un tram, gli si ruppe la matita. Accortosi che era del tutto inservibile, decise di
usare gli acquerelli, disegnando un tram rotto dopo un incidente; egli continuava di
tanto in tanto a parlare con se stesso circa il cambiamento del suo disegno. In
pratica il linguaggio egocentrico funge da mediatore fra quello vocale (se vogliamo
"autistico") e quello "interiore" (quello che dà "senso" alle cose).
Volendo spiegare le differenti funzioni del linguaggio tra adulto e bambino Vygotskij
sostiene che il linguaggio egocentrico del bambino è stato così interiorizzato
dall'adulto che esso, nell’adulto, non si manifesta più come tale. Alla luce degli studi
di Piaget bisognerebbe invece dire che non si manifesta più perché è scomparso.
Per Vygotskij in realtà esso è stato solo portando in profondità, "interiorizzato".
L'egocentrismo quindi per Vygotskij è un aspetto positivo, una molla che permette
di non essere soffocati dal conformismo sociale, per sua natura ripetitivo. Piaget
invece pensava che il bambino diventasse adulto nel momento stesso in cui usciva
dal piacere egocentrico per entrare nel dovere sociale.
Il gioco a regole come campo di allenamento per
lo sviluppo morale dell’individuo
Un interessante studio di Paglieri mette a confronto le due teorie
sul gioco proposte da Piaget e Vygotskij, rispetto al tema dei
possibili rapporti tra regole di gioco e lo sviluppo e la condotta
morale dell’individuo.
La prima parte del suo lavoro prende spunto da alcune considerazioni di carattere
generale sulla libertà e le regole. Innanzitutto viene presa in esame l’arbitrarietà
delle regole dei giochi e la loro totale indipendenza sia da cause di forza maggiore,
come avviene per esempio per le leggi, sia da possibili secondi fini come può essere
invece per tutti i tipi di convenzioni. Questa arbitrarietà delle regole non significa
però che esse non siano vincolanti: anzi, il loro rispetto è reso ancor più necessario
non tanto per il fatto che ciò porterebbe ad una sanzione (caso che si concretizza
solo nelle ammonizioni dei giochi sportivi) ma quanto per il fatto che il loro mancato
rispetto determina la fine improvvisa del gioco, un evento quindi che Paglieri
definisce ancora più traumatico, sia per il singolo che per il gruppo.
Regole e libertà sono i due poli opposti di un percorso che porta allo sviluppo
morale dell’individuo. E’ questo il motivo per cui le esperienze ludiche segnano un
passaggio fondamentale nello sviluppo della persona e nelle dinamiche di gruppo,
contribuendo ad una evoluzione non solo da un punto di vista cognitivo ma anche
per quanto riguarda le competenze relazionali e morali dei soggetti coinvolti.
Interessante osservare come molto spesso i bambini rispettano le regole dei loro
giochi: Paglieri sottolinea il fatto che il gioco ed in particolare il gioco sociale è la
prima situazione di vita nella quale il bambino si sottopone volontariamente ad un
insieme di regole, siano esse più o meno codificate. In particolare nel gioco fra pari
le regole sono spontaneamente accettate dal bambino senza che siano imposte da
una autorità esterna e normalmente non è presente nessuno che potrebbe
all’occorrenza avocarsi l’autorità di mettere in riga i giocatori indisciplinati.
Altro interessante aspetto è quello relativo alla creatività normativa che
contraddistingue il gioco dei bambini: osservando gruppi di bambini diversi si nota
come con frequenza essi tendano a modificare con grande inventiva le regole dei
loro giochi creando numerose varianti degli stessi. Nel gioco simbolico di gruppo
accade poi che le regole siano inventate in itinere dai giocatori stessi: le attribuzioni
dei ruoli e la definizione delle scene viene costantemente negoziata dai bambini.
Nel mettere a confronto le diverse posizioni sul gioco di Piaget e Vygotskij, Paglieri
sceglie di partire dalla posizione di chi osserva il gioco come motore di sviluppo:
l’attività di gioco è considerata come occasione privilegiata di esperienza e di
apprendimento delle relazioni tra pari per poter strutturare un sistema sociale
armonico e largamente partecipato.
L’analisi critica mossa da Paglieri ai lavori presenti nell’ambito della letteratura
psico-pedagogica parte da alcune osservazioni sulla teoria piagetiana. Il gioco in
Piaget è visto come un momento in cui sia ha una predominanza del processo di
assimilazione (quindi come abbiamo precedentemente visto quelle attività con cui i
dati sensoriali sul mondo vengono subordinati agli schemi mentali pre-esistenti)
rispetto al processo di accomodamento (dove sono gli schemi mentali ad adattarsi
alle evidenze percettive che il soggetto riceve dai propri sensi): nell’assimilazione
l’esperienza del mondo viene ristrutturata dalle categorie cognitive del soggetto,
mentre nell’accomodamento tali categorie vengono costituite ed aggiornate
dall’esperienza [Paglieri, 2005]. Ora in Piaget si ha questa distinzione:
ƒ gioco: come temporaneo predominio dell’assimilazione sull’accomodamento
ƒ imitazione: prevalenza dell’accomodamento sull’assimilazione
ƒ condotta adattativa: equilibrio tra i due processi di assimilazione e di
accomodamento
Ma definire il gioco come uno squilibrio nel processo di sviluppo socio-cognitivo
porta alla successiva considerazione che esso sia destinato ad essere superato
grazie al processo di crescita. E proprio questo pare essere il punto di partenza di
Piaget: la suddivisione del gioco che egli descrive come costituita da 3 fasi distinte
che accompagnano il processo evolutivo del bambino (giochi di esercizio, giochi
simbolici e giochi a regole) appare troppo rigidamente strutturata. Egli è convinto
che solo i giochi a regole, in contrapposizione al gioco simbolico (e come momento
successivo, conquistato dopo aver ‘superato’ la fase del gioco simbolico),
contribuiscano in maniera importante allo sviluppo sociale e morale del bambino. In
Piaget quindi, non solo vi è la convinzione che il gioco simbolico sia destinato a
ridursi dopo una certa età fino a scomparire del tutto nella vita dell’adulto, ma è
anche presente l’idea che forme autentiche di socialità siano quasi impossibili nel
gioco simbolico a causa della natura egocentrica dell’assimilazione ludica; inoltre la
sua rigida suddivisione porta a leggere una forte contrapposizione tra gioco
simbolico e gioco a regole concepiti come fasi diverse dello sviluppo sia da un punto
di vista cognitivo che sociale. In pratica egli contrappone:
egocentrismo e appagamento individuale Æ nel gioco simbolico
socialità e atteggiamento proto-morale Æ nel gioco a regole
In Vygotskij assistiamo ad un ribaltamento di tale prospettiva: egli sostiene che
tutti i giochi con situazioni immaginarie, cioè i giochi simbolici, sono
necessariamente anche giochi di regole e viceversa. Paglieri però sottolinea come,
nonostante l’autore abbia il merito di aver contribuito a superare lo schematismo
proposto da Piaget, non si riescono ad individuare nella osservazioni riportate
dall’autore motivazioni valide a supporto della sua tesi. Una delle critiche mossa a
Vygotskij è che egli sembra aver scambiato alcune regolarità comportamentali con
regole vere e proprie, nel senso che sebbene sia vero che nel gioco simbolico
appaiano spesso schemi di azione ritualizzati (il bambino che immagina di essere la
madre ed immagina che la sua bambola sia il bambino… deve obbedire alle regole
di comportamento materno) non è però accettabile assimilare queste regolarità
comportamentali alle regole dei giochi più strutturati, regole che implicano un senso
di obbligatorietà che manca alle prime.
Paglieri propone quindi un nuovo modello delle dinamiche normative nel gioco
infantile. Egli inizia la sua analisi applicando un particolare modello socio-cognitivo
di comportamento normativo, quello elaborato da Conte e Castelfranchi (1996) i
quali distinguono 4 ruoli funzionali, chiamati anche personaggi, che a loro avviso
sottostanno al funzionamento e alla circolazione di qualsiasi norma sociale e
caratterizzano il funzionamento di un sistema normativo maturo (la legislazione di
una nazione, i regolamenti interni di una azienda, le regole di un gioco precodificato sia esso tradizionale o commerciale…). Tali ruoli sono:
ƒ il Legislatore: colui che è autorizzato ad emanare una norma
ƒ il Soggetto: colui che è tenuto al rispetto della norma, esplicitamente o
implicitamente
ƒ il Difensore: colui che protegge la norma e ne assicura l’effettiva
applicazione
ƒ l’Osservatore: colui che riconosce e descrive la norma
L’idea di Paglieri è quella che si possano caratterizzare diverse fasi del gioco
infantile proprio a partire dai ruoli normativi che in esse trovano manifestazione.
Il modello che egli propone è riassunto nella tabella 1.
STADIO
TIPOLOGIA DI GIOCO
RUOLI NORMATIVI
I
Æ
Gioco simbolico solitario
Æ
nessuno
II
Æ
Gioco simbolico sociale
Æ
Legislatore
Soggetto
Difensore
III
Æ
Gioco di regole senza
modifiche normative
Æ
Soggetto
Difensore
Osservatore
Æ
Gioco di regole con
modifiche normative
Æ
Legislatore
Soggetto
Difensore
Osservatore
IV
Tabella 1_ Ruoli normativi nel gioco. Modello proposto da Paglieri (2005)
Nella fase I, relativa al gioco simbolico solitario, non appaiono ruoli normativi ma si
osservano solo semplici regolarità comportamentali.
Con la comparsa del gioco simbolico di gruppo (aspetto non considerato da Piaget
ma documentato da numerosi studi successivi) appaiono le prime regole di gruppo
e si configurano vari ruoli normativi: il Soggetto, il Difensore e il Legislatore. Infatti
una volta stabiliti dal gruppo lo scenario immaginario del gioco ed i ruoli rivestiti dai
bambini, ogni giocatore è sia vincolato a comportarsi coerentemente con essi (è
cioè Soggetto di una aspettativa sociale) sia è tenuto a verificare l’adeguatezza
della condotta altrui (è quindi anche Difensore dell’accordo raggiunto nel gruppo).
Ma il ruolo principale, quello che viene enfatizzato nel gioco simbolico di gruppo, è
proprio quello del Legislatore. Qui infatti non esiste una autorità esterna alla quale
appellarsi e la decisione sulla situazione immaginaria da mettere in azione dipende
da una negoziazione tra pari: tutti i giocatori sono in linea di principio autorizzati ad
agire in qualità di Legislatore ed ognuno di essi dovrà fare delle scelte per trovare
un equilibrio tra l’appagamento delle proprie fantasie e il desiderio di giocare con gli
altri.
Nel momento in cui i bambini, giunti ad uno stadio evolutivo
successivo cominceranno a praticare giochi con regole predefinite, il quadro dei ruoli normativi assumerà una diversa
configurazione. Lo stesso Piaget aveva notato che in una prima
fase i bambini giocano mostrando un rigoroso rispetto delle
regole esistenti e solo in un secondo momento imparano ad
esprimere atteggiamenti di tipo esplorativo e provano a manipolare le regole dei
giochi, introducendo variazioni e mosse alternative. Comunque in entrambi i
momenti siamo in presenza di giochi con regole che sono molto più precise,
sofisticate e vincolanti rispetto a quelle del gioco simbolico: qui il ruolo più
enfatizzato è quindi quello del Soggetto della norma e ci si aspetta che tutti lo
rivestano pena l’impossibilità di giocare o l’esclusione del singolo dal gioco. Ciò che
differenzia le due fasi del gioco a regole, cioè la presenza o meno di manipolazione
delle regole stesse, si identifica nel ruolo del Legislatore, assente nella prima fase
ma che ricompare nel secondo momento: la figura del Legislatore assume qui di
nuovo un significato centrale, ma non come nel gioco simbolico di gruppo per
realizzare un minimo livello di cooperazione bensì per riprendere il controllo su un
sistema di vincoli formali e per dichiarare nuovamente la totale indipendenza dei
giocatori.
Concludiamo l’esposizione di questo lavoro sullo sviluppo morale attraverso le
dinamiche normative nei giochi con le parole dello stesso autore:
…questa analisi socio-cognitiva mostra come le norme e le dinamiche
normative siano centrali in ogni fase dello sviluppo del gioco – incluso
il gioco simbolico. I rapporti fra simbolo e regola non si risolvono
quindi né in una giustapposizione, come suggeriva Piaget, né in una
immediata identità, come sosteneva Vygotskij, ma piuttosto si
caratterizzano per una graduale trasformazione […]. Questo
comporta che il gioco con regole non è supposto rimpiazzare il gioco
simbolico, ma piuttosto si affianca ad esso come forma alternativa
della condotta ludica. Crescendo, i bambini acquisiscono e praticano
nei loro giochi competenze normative diverse e nuove forme di
comportamento sociale, senza per questo perdere le modalità di
interazione perfezionate in precedenza. [Paglieri, 2005]
Un quadro di sintesi
Presentiamo infine un quadro sintetico delle età del gioco in relazione agli sviluppi
della motricità, alla maturazione dei processi cognitivi e alle conquiste in ambito
affettivo e sociale dell’individuo, consapevoli che ogni tentativo di sintesi si presta a
semplificazioni e a volte a possibili mancanze. L’intento è quello di individuare
alcune tappe che descrivano la progressiva conquista del gioco che da individuale
diviene via via sociale.
MOTRICITA’
0-4 MESI
• posizione orizzontale
• prono solleva la testa
• prono solleva il torace
con le braccia
• funzione esploratoria
• rotola
• afferra oggetti
4-6 MESI
6-8 MESI
8-10
MESI
10-12
MESI
• funzione esplorativa ed
esercitativa
• seduto
• seduto manipola oggetti
(filo)
• trasferisce oggetti da
una mano all’altra
• si mette a sedere
• grafismo: produce
tracce
• funzione simbolica
• funzione organizzativa e
di costruzione
• quadrupedia
• sta in piedi
appoggiandosi
• stazione eretta
• si solleva in piedi
• si mette a sedere
• grafismo: produce segni
• si china e si rialza
• cammina da solo
• prende chicchi tra
pollice e indice
• grafismo: traccia segni
diversi
• uso di tecniche norme e
regole
AFFETTIVITA’ E
SOCIALIZZAZIONE
PROCESSI COGNITIVI
• reazioni circolari primarie
• piacere funzionale
• non c’è oggetto
• reazioni circolari
secondarie
• interesse per l’oggetto
• linguaggio: lallazione
• globalità tra esterno ed
interno
• fase senza oggetto
• soddisfazione
•
•
•
•
gioco individuale
oggetto parziale
inizio frustrazione
avvio della
mentalizzazione
• gioco in coppia
• scoperta del corpo come
unità
• imitazione
• autocoscienza: esperienza
dello specchio
• interesse per i risultati
sugli oggetti
• tentativo di padroneggiare
la realtà in termini visivocinestesici
• avvio della
tridimensionalità dello
spazio
• organizzazione diacritica
organi estero recettivi
• permanenza dell’oggetto
• imita il suono del
linguaggio
• attività esplorativa
• ascolto e comprensione
• linguaggio: papà e
mamma specifico
• imitazione di suoni e
parole, varie intonazioni
• unità dell’io
• gioco in coppia
• presenza assenza
• angoscia ottavo mese
• oggetto transazionale
• gioco in coppia e
comparsa del gioco di
coppia
• distingue un giocattolo
dall’altro come iniziale
investimento sulle varie
realtà
• stadio orale
• gioco di coppia
18-24
MESI
2-3
ANNI
3-5
ANNI
6-7
ANNI
8-11
ANNI
12-13
ANNI
•
•
•
•
•
•
cammina all’indietro
sale le scale
corsa
salta sul posto
pedala sul triciclo
scarabocchia
spontaneamente e a
lungo
• uso della motricità, età
dell’acrobata
• fa una torre di otto cubi
• si lava e asciuga le mani
• si veste sotto
sorveglianza
• perfezionamento della
motricità e adattamento
alla realtà
• disegna un omino con
sei parti, disegna
oggetti reali e fantastici
• disegna di sè elementi
essenziali (dalla testa
agli arti e agli accessori)
• si veste senza
sorveglianza
• assimetria funzionale
• dominanza funzionale
lateralizzata
• lateralizzazione
strutturata
• progresso della
motricità generale e
fine, in senso prossimo
distale
• controllo tonico,
contrazione e
rilasciamento
• disorganizzazione
motoria
• riorganizzazione e
produzione motoria
• potenziamento
funzionale
• ampliamento delle
competenze e delle
abilità
• imitazione differita
• gioco simbolico
(funzione creatrice)
• schema corporeo
• costruzioni in
orizzontale e verticale
separatamente
• segue istruzioni due su
tre
• usa i plurali
• costruzioni
• sviluppo attività percettivo
motoria, spazio tempo
verbo motoria
• dice nome e cognome
• pensiero preoperatorio
• perfeziona il linguaggio
• grafismo in evoluzione
rispetto allo sviluppo della
motricità
• instabilità e babuzie
fisiologica
• curiosità, scoperta
• pensiero operatorio
completo
• separazione del pensiero
formale dal pensiero
affettivo fantastico
• linguaggio verbale vero
• evoluzione dello schema
corporeo
• sviluppo el pensiero
creativo
• schema corporeo da
ristrutturare
• pensiero ipotetico
deduttivo
• pensiero formale
Tabella 2_ Quadro di sintesi [in Zocca, 2004]
• fase anale
• controllo della realtà e
delle emozioni
• aiuta in facili mansioni
• gioco in gruppo
• fase anale
• si separa dalla madre
con facilità
• partecipa a giochi di
relazione
• gioco in gruppo
• rottura completa della
simbiosi
• rinforzo dell’io
• opposività: no!
• motricità ancora
affettiva e globale
• stadio genitale (latenza)
• gioco in gruppo e
comparsa del gioco di
gruppo
• regole: si, no!
• superamneto conflitti
• decentramento affettivo
• separazione della
globalità psicologica e
motoria
• giochi di gruppo e
comparsa del gioco di
squadra
• fase di latenza
• gioco di gruppo e in
squadra, comparsa
del gioco di squadra
• fase genitale, prepubere
e pubere
• fase della banda e del
bisogno di appartenenza
ad un gruppo di pari
• relazione con gli adulti
di dipendenza e crisi
• gioco di gruppo, in
squadra e di squadra
Per approfondimenti sul tema:
ƒ Bilotta E. [1997], “ll gioco simbolico”, in “Il gioco nell’etologia e nell’
Intelligenza Artificiale”, Dip. Scienze dell’Educazione, Centro Interdip
della Comunicazione, Università della Calabria
ƒ Nicoli E. in “Metodi e tecniche per l’insegnamento efficace” su
http://wwwcsi.unian.it/educa/index.html
ƒ Paglieri F. [2003], “Il gioco di ruolo come sistema complesso:
conseguenze pedagogiche e terapeutiche” in Angiolillo A., Giuliano L.,
Sidoti B. (a cura di), Inventare destini: il gioco di ruolo nelle scuole
italiane, Bari, La Meridiana
ƒ Piaget J., [1972], “Il giudizio morale nel fanciullo”, Firenze, GiuntiBarbera
ƒ Piaget J., [1972], “La formazione del simbolo nel bambino”, Firenze,
La Nuova Italia
ƒ Vygotskij L.S. [1992], “Pensiero e linguaggio”, Roma, Editori Laterza
ƒ Vygotskij L.S. [1984], “Lo sviluppo psicologico del bambino”, Roma,
Editori Riuniti