6. Simulazione letteraria del parlato File

Transcript

6. Simulazione letteraria del parlato File
Modulo A
La variazione
linguistica
tra scritto e parlato
6. Simulazione
letteraria del parlato
28 ottobre 2015
Linguistica italiana II
Mirko Tavosanis
A. a. 2015-2016
Oggi
• Rappresentare il «parlato-parlato» attraverso la
scrittura
• Casi di scarso successo
• Alcuni casi di successo: da Federico De Roberto
a Leo Ortolani
Scritto e parlato
• Per molti ascoltatori, poche cose sono più fastidiose di
una conferenza o di una lezione in cui si legga ad alta voce
un testo pensato per lo scritto
• Lo stesso succede per uno scritto realizzato con tratti di
oralità (relazioni confuse, incomprensibili, con
affermazioni che si contraddicono…)
• In alcuni casi però si vogliono riprendere in un canale
tratti dell’altro: fare discorsi «lapidari» o, più spesso,
riprodurre attraverso la scrittura la lingua parlata
• Nella letteratura – oltre che nel cinema, nelle produzioni
televisive, ecc. – questo è un problema pratico di
dimensioni rilevanti
Parlato-parlato
• All’interno di un discorso semiologico più complesso,
Giovanni Nencioni nel 1976 ha indicato diverse categorie
di parlato: Parlato-parlato, parlato-scritto, parlatorecitato (poi incluso in Giovanni Nencioni, Di scritto e di
parlato. Discorsi linguistici, Bologna, Zanichelli, 1983,
pp. 126-179)
• L’esame di Nencioni è partito dallo studio (p. 126):
– «della conversazione registrata in situazioni colloquiali tipiche»
(«parlato-parlato»)
– «del dialogo teatrale preso nel testo stampato» («parlato-scritto»)
• Il «parlato-scritto» è stato poi diviso da Nencioni in:
– «parlato citato entro una cornice narrativa – novella o romanzo»
– «parlato recitando»
Indagine sul parlato
• Nello studio a monte, di cui in pratica non parla, Nencioni si è
concentrato soprattutto sui fenomeni prosodici e sintattici e ha
lasciato da parte gli elementi sociolinguistici, concentrandosi
sull’italiano di toscani (e non sull’italiano popolare)
• In effetti, il suo contributo è dedicato soprattutto a discutere un
problema semiologico: se il teatro è o meno comunicazione
• D’altra parte, le obiezioni alla possibilità di descrivere il teatro
come comunicazione sono capziose o semplicemente
terminologiche (Mounin: il teatro non prevede risposta del
pubblico, ma per avere comunicazione occorre avere
interazione…)
• Il contributo di Nencioni, in sostanza, affronta questioni di
filosofia del linguaggio di ridotto interesse per noi – anche se
torneremo tra poco sul problema della «simulazione»
Il parlato su fonti scritte?
• Nencioni discute un’obiezione: per esaminare il parlato, ha
senso usare come riferimento composizioni teatrali scritte?
• Da p. 129 a p. 132 ricorda gli studi del parlato condotti su fonti
scritte, notando il graduale declino della formula
• Poi (pp. 132-133) nota che tutti gli aspetti del parlato non
possono essere recuperati neanche dalle registrazioni
audiovisive (che non registrano i presupposti pragmatici del
colloquio)
• Alla fine (p. 134) fa una curiosa torsione, dicendo che non è
opportuno «esaltare i parlati» e che la lingua scritta genera «un
senso nuovo della comunicazione e dell’informazione che
procura allo strumento linguistico dimensioni prima ignorate»
• Tutto giusto, ma l’obiezione di base rimane senza risposta
Operativamente
• Alcuni scrittori sono in grado di produrre un «parlatoscritto» che dal punto di vista linguistico (lessico,
morfologia, sintassi…) assomiglia molto al «parlatoparlato»
• Questa somiglianza:
– si basa su fattori oggettivi (per esempio, la scelta lessicale; altri
dettagli li vedremo domani)
– viene riconosciuta come tale dai lettori e spesso sembra un fattore
di giudizio estetico
• In Italia, ultimamente, più che negli scrittori si ritrova
negli autori di fumetti o di canzoni
Testa, Lo stile semplice
• Enrico Testa ha dedicato due libri alle tecniche di riproduzione del
parlato usate dagli scrittori italiani:
– Simulazione di parlato. Fenomeni dell’oralità nelle novelle del QuattroCinquecento, Firenze, Accademia della Crusca, 1991
– Lo stile semplice. Discorso e romanzo, Torino, Einaudi, 1997 (dedicato agli
scrittori dell’Ottocento e del Novecento)
• Anche qui, mancano i dati quantitativi ma la campionatura è molto
interessante
• Per esempio, vengono esaminate in dettaglio le interiezioni usate da
Manzoni nei Promessi sposi: ah («frequentissima nel romanzo e
destinata, quasi invariabilmente, a figure di bassa estrazione sociale,
si caratterizza per una forte dipendenza contestuale che determina
cadenze semantiche e tonali diversissime», p. 39), oh, eh («È forse il
fenomeno interiettivo più complesso del romanzo», p. 41), ehi, uh,
ih, ehm, poh, ohè, olà, come, ve’
Strutture tipiche del parlato
Per esempio, nei Viceré di Federico De Roberto (1894) si trovano
(documentazione a p. 151):
• Che polivalente
«Avanzate nulla dal duca, che l’aspettate?...»
«andatevene che non ho bisogno di voi»
«per fargli da servitore! Che è buono soltanto a questo!
• Questo e quello rafforzati da qui e lì
«La colpa non è di questi qui.»
«Quello lì non è il vostro nipotino?»
• Uso dell’indicativo per il congiuntivo
«Io credo che i Giulente sono nobili»
• Dislocazioni a destra o a sinistra
«Tutte le sere le passa con lei!...»
«I conti ve li faccio io, in quattro e quattr’otto!»
«Questo Calafoti lo conosco»
«La madrigna, basta che la rispetti»
Parlato narrativo irrealistico
• Svevo ne è un esempio tipico
• Discorso di infermiera tratto dalla Coscienza di
Zeno (citato da Testa a p. 200 come esempio di
reazioni «irriducibili ad ogni performance
vocale»):
«Se lei minaccierà, io chiamerò l’infermiere ch’è
un uomo forte e, se non venisse subito, la
lascerei andare dove vuole perché io non voglio
certo rischiare la pelle!»
Limiti della simulazione
• In alcuni casi nascono conflitti strutturali
• In Italia ci sono state polemiche interessanti sull’uso di un
linguaggio «moderno» all’interno dei romanzi storici:
- Te dov’è che stavi? – gli chiedo.
- A Eisenach, poi a Salza, poi ero stufo di spaccarmi le braccia sulle schiene dei poveracci. Un
vero schifo. Sono troppo vecchio per queste stronzate, ho quarant’anni, cazzo, e vent’anni di
questa merda. E te, signorino?
- Venticinque.
- No, no: dov’eri?
- Frankenhausen (Wu Ming, Q, 1999, pp. 18-19).
• In altri casi non ci sono state critiche, per esempio nel caso di Alan
D. Altieri, Magdeburg. L’eretico, 2004: “L’hai detto tu, Tenente:
vapori” (p. 216); “Te... Te adesso sei uno di noi, dico giusto, Stark?”
(p. 212); “Te non sei uno di noi! Non sei uno della Falange!...” (p.
227).
Dal romanzo al fumetto
• I problemi teorici di cui parla Nencioni hanno qualche
concretizzazione nel momento in cui entrano in gioco le
convenzioni dei generi e le reazioni dei lettori
• Il fumetto è un mezzo di comunicazione molto
interessante per vedere il rapporto con il pubblico e la
comunicazione
– All’interno del fumetto, quasi sempre il testo è costituito da
dialoghi
– Inoltre, sono presenti informazioni sul contesto immediato
– Tuttavia, solo raramente il fumetto italiano cerca di simulare la
lingua parlata
– Del resto, riprodurre un parlato convincente è difficile!
Lo standard del fumetto italiano:
italiano letterario anche nel “parlato”
Creatività linguistica:
due autori italiani

Andrea Pazienza

Leo Ortolani
Casi completamente diversi, ma con una notevole
capacità di riprodurre la lingua parlata
In altri casi (Pratt, Zerocalcare) la lingua parlata
viene usata per fini espressivi ma non realistici
Andrea Pazienza,
Zanardi (1983)
La vivacità espressiva e l’uso di forme colloquiali non porta
necessariamente alla riproduzione realistica del parlato:
Zerocalcare, Dodici (2014)
Giochi
espressivi:
Hugo Pratt,
Una ballata
del mare
salato
(1967)
… poi
cambiato in
alcune
ristampe
successive
Leo Ortolani, Rat-Man:
acqua e zucchero (l’italiano delle vecchie zie)
Ben gentile
Due miei contributi
• La lingua moderna dei romanzi storici, in Finzione
cronaca realtà, a cura di Hanna Serkowska, Milano,
Transeuropa, 2011, pp. 335-346.
• Fabio Gadducci, Andrea Plazzi, Mirko Tavosanis, Due o
tre cose che si possono dire di Rat-Man, in Leo Ortolani.
Cuore di Rat-Man. Dall’autoproduzione alla Marvel, a
cura di Andrea Plazzi, Roma, Coniglio, 2005, pp. 22-46.
Sintesi generale
• Per riferimento useremo qui la voce «Lingua parlata» di
Miriam Voghera (Enciclopedia dell’italiano, UTET,
2011), che inserisco anche nella bibliografia d’esame
• La voce è un’ottima sintesi delle caratteristiche del
parlato italiano e vale la pena discuterla in dettaglio qui