laboratorio di parole
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PAROLE BIMESTRALE DI POESIA PROSA E DIALETTO 2016 ANNO XX N° 2 Elio Manini: Frammenti ecologici — Olio su tela 70 X 70 cm. LABORATORIO DI PAROLE Circolo La Fattoria BOLOGNA Poste Italiane s.p.a.—Spedizione in abbonamento Postale—70% - CN/BO Editoriale di Rosalba Casetti: 50 anni del Rione Pilastro “Il Poeta del mese”, a cura di Rosalba Casetti Incipit: ”Ci sono giorni” da una poesia di Laila Falà Scheda di lettura, a cura di Anna Maselli Un ricordo di Marina Sangiorgi Le “pâgin dal dialàtt”, a cura di Viviana Santandrea La pagina di Tortoreto, a cura di Angela Falcucci Il racconto: “Quella volta che persi la strada” di Mirella Gresleri, a cura di Valeria Bragaglia. o Giochi, indovinelli e altro ancora di Sandro Sermenghi o Una lettere di Sara Sermenghi O O o o o o o o Anno 2016: ventiquattresimo anniversario del Laboratorio di Parole Appuntamenti: - Giovedì 5 maggio 2016 dalle ore 15:30 alle 17:30 incontro – lezione con il prof. Gianni Cascone. Data ultima per la consegna dei testi per la pubblicazione delle selezioni poetiche dei Soci del Laboratorio di Parole. - Sabato 21 maggio alle ore 21 presso il Teatro DOM del Pilastro in via Panzini 5. Omaggio al Pilastro: spettacolo di Poesia, musica e ballo a cura del Laboratorio di Parole e del gruppo Tango del Circolo La Fattoria Ingresso libero e gratuito. Abbonamento annuale 5 numeri € 15,00 Una copia € 3,00. Tessera ARCI 2016 € 11,50 Iscrizione 2015 al Movimento Difesa del Cittadino € 1,00 Registrazione Tribunale di Bologna N° 8044 del 18/02/2010 Direttore responsabile Primo Mingozzi Redazione: Anna Maria Boriani, Oscar De Pauli, Nadia Minarelli, Gabriella Penzo, Viviana Santandrea, Giovanni Vannini. Stampa: Copisteria Asterisco snc. Pubblicazione a diffusione interna del “Laboratorio di Parole” Proprietà Via Pirandello, 6 - 40127 BOLOGNA - Tel. 051 505117, Fax. 051 6333781, Bar – ristorante 051 511807 E mail [email protected] Sito internet: www.circolofattoria.it P. IVA 02552140374 C. FISCALE 80066910375 Movimento Difesa del Cittadino (MDC) è un’associazione dei Consumatori senza scopo di lucro, nata a Roma nel 1987, che opera a livello nazionale ed è indipendente da partiti e sindacati. MDC è membro del Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti (CNCU) costituito presso il Ministero dello Sviluppo Economico, di Consumers’ Forum ed è anche Associazione di Promozione Sociale riconosciuta dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Inoltre collabora con Legambiente e le principali associazioni nazionali di tutela dei diritti dei cittadini e dei consumatori. MDC Promuove la Tutela dei Diritti dei Cittadini, informandoli e dotandoli di strumenti giuridici di autodifesa, prestando Assistenza e Consulenza Legale su problematiche collettive ed individuali. Porta avanti una serie di iniziative per rendere i cittadini sempre più informati su come contrastare le Insidie del Mercato, anche attraverso Azioni Legali per la Difesa degli Interessi Collettivi e Diffusi. I cittadini che hanno bisogno di un consiglio e assistenza legale in tema di famiglia, lavoro, proprietà e locazione di immobili (liti condominiali), consumo e commercio, infortunistica stradale e multe, viaggi e turismo, possono usufruire, previo tesseramento, della consulenza GRATUITA di un esperto. E TUTTI I GIOVEDÌ ANCHE SENZA APPUNTAMENTO DALLE 17:00 ALLE 20:00 PRESSO LA SEDE DEL CIRCOLO LA FATTORIA Per maggiori informazioni: tel. 051505117, E-mail [email protected] 1966 – 2016 Cinquant’anni del Pilastro “Casa gialla” esterno lato est. Murales in onore di Roberto Roversi scrittore, poeta, giornalista e libraio bolognese Fotografia di Lino Bertone 2015 Editoriale 1966 – 2016: 50 anni del Rione Pilastro Ripropongo queste considerazioni scritte da Rosalba Casetti in occasione della Festa della Storia 2013 e nate da una serie di interviste registrate ad alcuni dei protagonisti di quegli anni d’inizio del Pilastro. Oscar De Pauli La struttura industriale italiana bloccata per un ventennio dal fascismo, distrutta dalla seconda guerra mondiale, deficitaria di materie prime, non lasciava prevedere la veloce e intensa industrializzazione che ha cambiato profondamente l’Italia. Questo cambiamento reso possibile dal passaggio da un’economia chiusa ad una aperta agli scambi, ha toccato soprattutto il cosiddetto triangolo industriale, ma anche, in misura minore, Emilia e Veneto. R. C. Continua a pag. 42 1 Il poeta del mese: Laila Falà a cura di Rosalba Casetti Attrice e poeta, Laila Falà è nata ad Ancona a vive a Bologna. Laureata al DAMS si è occupata a lungo di comunicazione e donne, è tra le fondatrici del Centro di Documentazione delle Donne. È attrice (della scuola Galante Garrone) e poeta. Ha scritto per il teatro e lavorato con molti registi. Scrive poesia dal 2002, fa parte del gruppo ’98 Poesia, che si occupa della poesia delle poete. Ha pubblicato la silloge Oggetti, poi Mobili e altre minuzie, Dars, 2015 e sue poesie sono apparse in antologie e riviste. La sua poesia è molto influenzata dalla sua attività teatrale, per il gusto del finale a sorpresa, del gioco di andare avanti e poi fare un passo indietro, proporre una situazione che disloca in tutt’altra. Il ritmo è un cantabile apparentemente leggero, ironico che nasconde messaggi, angoscia del vivere, è un tenersi di lato per scavare senza farsi troppo male. Tutto bene grazie Ciao come stai? Tutto bene grazie. Proprio oggi volevo suicidarmi un po’ e poi mi è mancato il coraggio. O la voglia di pensare a come fare. Non mi suicido per pigrizia? Oltretutto a un certo punto mi han telefonato – “Ciao, sono Patrizia”. Voleva vendermi servizi telefonici e mi sono così offuscata che alla fine non ci ho più pensato. Poi è tornato mio marito, e così il suicidio è finito. Da qualche tempo per colpa sua non riesco mai a combinare niente INCIPIT: ci sono giorni 2 La poeta del mese: Laila Falà a cura di Rosalba Casetti Vuoto Vacanza Sono io. Sonoro mi porto dentro il vuoto e forse tu lo stesso. Guardo i tuoi occhi contro questo cielo azzurro da canzone. Vacanza calma. Dal bicchiere succhio pigrizia senza colpa. Conosco questa solitudine affiora mentre mi sei a fianco ti guardo stanco e sento la tua, come la mia interminabile in oceano. Guardo i tuoi occhi che guardano lontano, stanno progettando qualcosa che presto mi racconterai una trovata che cambierà il nostro futuro o forse solo la serata. Mi abbracci, ti abbraccio e per un attimo lo sento come attraversato, per un momento il mare. Questi pochi pezzi abbiamo per un nuovo appuntamento. unire questi pochi ricominciare, andare, amare amare piano, andare. E invece li richiudi e dormi ancora un po’. Giorni Ci sono giorni che non riesco a starmene seduta la sedia è troppo alta, il divano non accoglie. Ci sono giorni del letto duro e inospitale che pare il disordine insopprimibile del cosmo riversarsi in un instabile equilibrio del mio corpo. Se ne stanno dure le cose e ossute preoccupate di seguire il palinsesto quotidiano. Gelato Lo chiamavo gelato perché avrei voluto mangiarmelo il mio uomo speciale si è sciolto al sole. Era davvero un gelato. Ora, in terra, rimane una macchia. Nello stomaco un vuoto. 3 La poeta del mese: Laila Falà a cura di Rosalba Casetti Abat-jour Mobilia Quando a colloquio col sonno mi spoglio scappano dai ripari diurni del corpo Scaffale a giorno su misura componibile adattabile ai momenti di solitudine. Brulica di pensieri smodati in edizione economica e brossura. Disponibile anche in metallo per risuonare il mezzogiorno e non dimenticare di mangiare. penzolano sull’abat-jour in attesa sul colle dei libri non letti sui colloqui virtuali di cellulari in riposo ali di parole dette lette ascoltate rubate a bocche distratte a insegne loquaci. Tappeto in lana per scivolare dal divano. Antimacchia durevole, resistente con motivi suonati a mano. Disponibile anche in altri pensieri per baci nuovi lusinghieri. Attendono come passeri sul filo che la luce si spenga. e vanno a infilarsi rimescolate nei sogni a spiegare i significati della mia irrequietezza il senso dei gesti non fatti. Cassettiere stile libero con alone senza bicchiere completa, corredata di affetti personali E scrittoio a scomparsa per guerre senza parole colme di effetti collaterali. Causa trasloco cedesi prezzi trattabili. Mi sospingono fino a depositarmi verso minuscole verità della vita. Saluti Ecco che arriva il sorriso malizioso del suo sguardo. E ridendo mentre me e vado mi attardo e vedo la domanda forse tra le sopracciglia “ma come te ne vai già non vieni con noi a cenare?” e poi parlare e poi chissà. No. Tanto mi basta. Con gli occhi già per me ho fatto serata. Prendo su la bici e gongolo. Ho solo tredici anni, stasera, mentre torno a casa. 4 Incipit Il Qui non mi attira * mi blocca, mi attanaglia, mi costringe. Volare, sognare, sentirmi libera a questo aspira il mio cuore ma... resto qui Ai é di dé, trûp ormâi, ch’as pôl såul zighér. (Ci sono giorni, troppi ormai, in cui si può solo piangere.) Bruxelles, 22 ed mèrz 2016 Anna Bastelli Eleonora Cruciani (*) dall’incipit del numero precedente: qui dove sto. Oggi il cielo è blu e il sole Bagna di luce tutte le cose Ci sono giorni splendidi Che non risuonano dentro Il mondo è fuori E io non so uscire Oppressa dall'apatia Ci sono giorni in cui Non scorre la vita E ristagno nell'incertezza Ci sono giorni in cui vorrei Non averti mai conosciuto Non conoscerei cos'è La non vita che è La distanza da te Alessandra Generali Ci sono giorni bambini e giorni nonni, spesso io ho intere settimane adolescenti. Anna Zucchini Ci sono giorni in cui la volontà è un fiore bianco come un’ondata travolgente mi solleva da terra. Aurelia Tieghi Ci sono giorni incerti di sole ci sono notti con troppa luna ma io rimango qui dove sono Gabriella Penzo Ci sono giorni dove niente è poesia Cadono nel vuoto i pensieri Si resta verticali in attesa Di quel fermo pensare Riflette negli occhi Solo il rosa del pruno Che di fronte invade Ringhiere e visuale. Rosy Giglio Ci sono giorni che vivere è un’eterna attesa: male d’amore Margherita Lollini 5 Incipit Ci sono giorni in cui anche il silenzio si riempie di luce e allora è possibile sentirsi a proprio agio nella felicità. Rosalba Casetti Ci sono giorni Ciao come stai tutto bene? Per non sapere risposta previene Ci sono giorni “che…” Tutto va bene! Ci sono giorni, nelle migliaia di giorni che fanno della nostra vita un pallottoliere, ci sono giorni, dicevo, in cui la vita pesa sulle spalle come un pastrano fradicio quando si siede in una stanza calda. Non sono particolarmente tristi né per ragione alcuna, dolorosi. Sono giorni sparsi come perle false in una collana imitazione. Maria Iattoni Ci sono giorni che sono uno splendore con il nero nascosto oltre il bagliore. Oscar De Pauli Marisa Bencivenni Ci sono giorni sorprendenti e regalati Emelina Pellizzari Ci sono giorni in cui il passato pare che ritorni E’ come se non se ne fosse mai andato Viviana Santandrea 6 Poesie del Laboratorio Alla Coop Che disdetta, davanti a me c’è proprio la signora “strana” con il sacchetto della frutta da pesare quella che spesso impreca e si divora con lo sguardo chi la sta a fissare aspetto pazientemente mentre lei parla di Giove, indugia, ce l’ha col mondo intero nessun problema, la Coop è quella grande e passo alle bilance dietro la colonna quando il sacchetto cede in un baleno e i pomodori maturi franano per terra uno si spappola proprio sulla mia scarpa nuova, un altro rotola oltre l’orizzonte così do di matto anch’io e siamo già in due a farlo i carrelli paiono impazziti pure loro, sfrecciano, scartano, alcuni deragliano giù dalle corsie con ruote scricchiolanti che non si riescono a domare poi di corsa verso le casse, finalmente con le voci della lista messe a tacere ci sono code lunghe e scomposte ovunque, da affrontare con le ultime riserve ma resto ottimista, ormai vedo la fine e la pace oltre le transenne parallele orgoglioso di aver trovato tutto tranne il brodo di giuggiole e quello primordiale raggiungo finalmente l’obbiettivo sospirato con l’affanno del mezzofondista la cassiera ha la pancia più gonfia della mia e un’espressione astratta chissà cosa le passa per la testa, forse i compiti dei figli o magari pensa al mare la mia merce intanto scivola sul tappetino sporco verso la sua mano quando all’improvviso dalla tasca sale il solito trillo inopportunamente puntuale “caro… sono io, volevo solo dirti che mancano anche le uova” no, non ci penso proprio di correre verso la corsia e ritornare in pista con la gente dietro che già sbuffa e lo stomaco che brontola tanto alla fine manca sempre qualcosa dentro al frigo e nella vita di ogni uomo a me ad esempio, ora è passato pure l’appetito e la voglia di guidare. Piero Saguatti 7 Poesie del Laboratorio Ai margini del centro una città sventrata, residuo di tempi occulti, di riti sotterranei, d’un tempo annullato sotto un cumulo di anni, di volti perduti nell’azzurro cielo tramontato in sofferenza. Mi sorregge l’indifferenza coltivata con gli eccessi d’una vita spenta. Felicità archiviate tra bottiglie vuote, ombre polverose curate con farmaci scaduti, conversazioni interrotte dal buio che s’insinua oltre il gelo dell’insonnia. Vago cercando la speranza nella nebbia d’una strada dissestata. Ero felice finché tu mi hai sorriso. Dopo mi ha accolto il vuoto, un gorgo d’angoscia dove affogo nel silenzio. Andrea Venzi 8 Poesie del Laboratorio A GIOVANNA (31.12.89) E se questa notte chiara la mia Stella, ancora avvolge nella limpida e dolcissima tristezza, il mio pensiero è il vento che si vuole fare amare dal fascino del nuovo, nel ricordo ancora puro, e forse più sincero di un’emozione delicata come il vento, che dolce, respira nell’aria leggera e passa nel bosco, e profuma di un lento e sincero ricordo, la vita – /// BELLA STAGIONE (4.3.90) La primavera che arriva Dolcemente, è diversa Il lungo e bianco inverno, nella sua sottile coltre di tristezza ha raccolto con pazienza l’attesa del risveglio delle nostre anime /// IL RICORDO (18.12.89) Nella mia vita ho scoperto il colore che illumina il Mondo per qualche momento e dipinge il reale del profumo del tempo quando allora mi penso, riscopro, di nuovo, la stessa meraviglia di averti incontrata sulla mia strada Stefano Balboni 9 Poesie del Laboratorio Cronache 5 Il cammino della storia procede inglorioso. Cammina questo grigio mattino dentro un tempo di fuochi accesi dentro un tempo di scoppi, tempeste tamburi rullano compagni corrono a spegnere i fuochi col fuoco dall’alto scende la morte la disperazione sta attaccata alla terra. Niente resta solo il dolore fiorisce. Ma non è il nostro dolore, è dolore dell’altro da noi carico di insignificanza. Il canto che sale, un coro di prefiche che il vento ci porta. Rosalba Casetti Dicembre 2015 Venerdì Santo 2016 E arriva il momento che il dolore dei padri è il mio tormento Arriva il momento che il pianto delle madri diviene lacrime che riempiono gli occhi serrati, asciutti diviene domande nei labirinti di Dio E arriva il momento che so il giorno che conosco l’ora Angela Falcucci 10 Poesie del Laboratorio La paura è un asinello ai giardini è l’uomo che invita mia madre a farmi salire. È il cane che mi ruba la merenda ai gradini dell’infanzia, pane e cortile, burro e derisione. Paura sono le galline feroci dal becco che offende. Solo il leone è mite nella gabbia pietosa. Qualcuno mi tiene per mano mentre m’intono dileggi. Quando è stato allora che alzai gli occhi per farli asciutti? Ho guardato verso l’alto ed ebbi un vaticinio in regalo: un illogico volo di ippopotami spigliati e leggeri. Anna Zucchini 11 Scheda di lettura, a cura di Anna Maselli a Elitis O. (Alepudelis) “Con cura prendo la primavera e la apro”. Di terrore mi vedo piangere ancora. La gatta tra le fauci tiene il suo piccolo requisito alle mie carezze di bimbo. Desideri infiniti di cose nuove la notte portava sempre al domani. Il riposo era un diverso giocare e la noia, allora non sapevi cos’era. Il mio Reno d’estate invita a bagnarsi. L’amico è là, steso sulla riva del fiume un uomo pompa sul petto acqua e fango dalla bocca di lui. La notte, disperate urla di madre mi assalgono dentro abbracciato alla mia. I giorni passano pieni di voglia d’estate tra braghe sempre più corte e sandali di una misura giusta solo a metà, e risa, tra agitate rincorse al pallone di stracci legati. Fortuna non aver nulla da far paragone nel tutto regna un sereno completo sentire. Ai figli della mia generazione, ho dato tutto ciò che non ho avuto, compreso le nevrosi e le facili illusioni. Quelle, ogni volta tolgono un pezzo di voglia di vita. Ho dimenticato un amore donato ogni giorno, completo di sberle sul culo, s’era il caso, cambiato ora, in gelosia di possesso dove l’amore è dato solo come scontato. Con cura prendo la primavera, quella mia e la richiudo. Giampietro Calotti E una composizione in versi di varia lunghezza, non legati da rime né assonanze e raggruppati in strofe di quattro versi con alcune eccezioni. 12 Scheda di lettura, a cura di Anna Maselli E' dedicata a Odisseus Alepudelis, poeta greco del '900, vissuto negli anni dell'ermetismo, Premio Nobel del 1963, contemporaneo ai nostri: Quasimodo, Premio Nobel 1959 e Montale, Premio Nobel 1975. A prima vista, la poesia fa pensare a una canzone, per il contenuto, racconto di esperienze di vita, ma l'ultimo verso fa da ripresa al primo e questo è tipico della ballata, della quale però manca il ritmo. Molte sono le immagini, che diventano spesso metafore delle stagioni della vita. Le prime due strofe ci danno la primavera della vita che si apre nella sua stupefacente fragilità come la gatta che delicatamente trasporta il piccolo tra le fauci abituate alla ferocia e il sonno del bambino, il buio che non spaventa e porta al domani. Poi la notte, le urla, l'irruzione della morte nell'immagine dell'amico steso sulla riva del fiume, acqua e fango dalla sua bocca. Il passare del tempo, le corse con gli amici, le “braghe sempre più corte”, i sandali piccoli, il pallone di stracci, ma tutto nuovo e bello senza paragoni, senza rimpianti. E, nelle ultime due strofe, la nuova generazione, che non scopre più niente, perché tutto è stato già sperimentato e manipolato, oggetto di trattative e illusioni che spengono sempre più il senso e l'entusiasmo del nostro vivere. Anna Maselli 13 Poesie del Laboratorio Bronzo solitario Carezze di arie voglio donare a tutti i cuori, ineffabili vibrare. L’anima di armonie avvolgo colmo di speranze, timori sciolgo. Di pace, trovo spazi da lenire e sereni desideri voglio offrire. Siedi, raccogli ogni sognare perso, nell’assorto tuo vagare. Adesso sei al centro del Creato: Fremiti prestati a ciascun ascolto uno Spirito atteso hanno donato. Risuonano liete note Cristiane sull’eco rilanciato nella valle. Ascolta: è concerto di Campane. Giampietro Calotti. Esser Donna Madre, sorella, figlia, amica sei. Io figlio di un destino nato dal tuo grembo. M’inchino al dolore della Donna e gioisco per essere in questo viaggio. Quando penso alle tue mani, l’anima di ogni ricordo torna a crocifiggermi le mie lontananze. Sei un Dio e questo è il tuo mondo. Donna, sei il libro antico del primo vagito. Non ho altri riferimenti di reale conferma del contrario. Madre del sangue che il futuro si porterà nei venti di ogni ragione. Un diniego totale alla violenza su tutte le Donne di ogni mondo, dove la vita urla e gioisce. Luigi Cuoco 14 Poesie del Laboratorio Anche oggi indosso La mia maschera d'allegria Per te che culli La mia anima e voli Sui miei pensieri Per te che culli la mia anima E voli sui miei pensieri Per le tue carezze Per tutte le dolcezze A te che mi sfili scarpe e reggiseno e mi dici Non ne hai più bisogno A te dono pensieri leggeri Negli intrecci delle nostre gambe Negli interstizi di una vita pesante A te il mio cuore pulsante E i baci leggeri prima di andar via Per tenerci ancora assieme Sentirmi ancora tua Sentire la tua vita un poco mia Osservo la tua foto Da whatsapp, Il viso magro E sofferente, Gli occhi lontani, Tristi, spaventati Dietro quei grandi Occhiali un po' buffi I capelli troppo lunghi per te. Ti guardo e Quasi non ti riconosco. Vieni da un passato Remoto dove passeggiavamo La vita insieme e tu eri ancora in salute, Dove l' aria si riempiva Di parole sorrisi sogni Futuro speranze. Oggi osservo per caso La tua foto su wathsapp, Oggi tra dolore e chemioterapie Oggi che abbiamo paura, Del futuro non se ne parla più Perché si può vivere Solo un piccolo istante In cui stai un po' meglio. Alessandra Generali Piera Grosso 15 Poesie del Laboratorio Solarità Incurante al richiamo del padrone un cane festoso corre sulle dune basse del parco e gira, gira, gira in tondo, le zampe sollevate il respiro ansante. Schiva irridente tentativi esausti di frenare la sua corsa folle, non risponde a lusinghe di cibi buoni e giocattoli divertenti. Sbircia sguardi ammirati e curiosi di badanti accanto a vecchi fermi al sole su panchine scrostate e foglie gialle dei pioppi a terra. I vecchi guardano quel cane ricco di energia come loro un tempo ora tornato per un solo momento. Fosca Andraghetti 19 novembre 2015 Champagne Se tu vuoi sapere quanto di me è reale e tangibile e quanto è costruzione aerea fondata su basi distruttibili: se ti interessi a me come essere umano cerca giù giù giù malinconia è la mia base Maria Luisa Bencivenni 16 Poesie del Laboratorio Il mio Pilastro (la Fattoria) C'è solo un ponte da attraversare la casa è vecchia di mura spesse ancor gli scuri alle finestre, un po' di verde che la circonda quella campagna solo un ricordo. E della stalla un ristorante con il suo bar poi, scuola ballo su note tango nel musicar. Così la mente ricorda un tempo sereno e antico nel suo spaziare dove un fattore gestiva il mondo con più famiglie, con donne e pargoli davanti al ceppo in quel narrare. In quella stanza, in quel camino non più la fiamma a rinfrancare ma son parole, parole dette. Di vita piene, e di emozioni a riscaldare. Così ritrovo quella passione che sempre vive ed un fattore ritorna ancora i nostri intenti a governare. Uno che ascolta ci sprona al verbo per poi cantare. È un tempo lieto, tra questa gente, tra queste mura ed il camino m'appare torni a crepitare. Giancarlo Passarini 17 Poetesse e poeti, ricordo di Marina Sangiorgi Domenica 10 aprile è morta improvvisamente Marina Sangiorgi. La conoscevamo poco perché ci siamo incontrati una sola volta alla presentazione di un libro di poesia presso la biblioteca Luigi Spina di Bologna. In quell’ incontro abbiamo percepito dolcezza, gentilezza e sensibilità. Una bella persona! Marina collaborava da anni alla nostra rivista poetica inviandoci puntualmente contributi qualificati e apprezzatissimi dai lettori. Ci mancherà molto! Per ricordarla pubblichiamo un Suo scritto che testimonia la sua forza di donna e di letterata. Per la redazione O. D. P. e A. Z. Mi basta l’aria Se fossi Dio non metterei alla gente le piaghe nel petto, non l’appenderei alle croci coi chiodi a mani e piedi. Se fossi Dio darei a tutti una lunga vita infinita senza strappi e tagli e ferite. Darei rose senza spine, rose e gigli, profumati, colorati, ai miei figli. Da fine maggio alzo gli occhi andando, e ho visto finalmente che il cielo è così bello, l’azzurro del cielo, le nuvole, l’azzurro e il bianco, e il calore del sole sulla schiena e le braccia. Non ho ringraziato abbastanza per i tramonti in fondo alla via Emilia e i platani del viale della stazione, i loro tronchi bianchi. L’importante, nella vita, la cosa veramente importante, è l’aria sulla faccia. Sentire l’aria sulla faccia. Socchiudo gli occhi, l’aria e basta, pura e semplice, l’aria sulla faccia in bicicletta, quell’aria a tratti sulla faccia mentre cammino la sera. Non sono mai stata male. Prima. Prima di adesso. Credevo di essere stata male. L’anno della supplenza ho pianto tutti i giorni, ma non era quello stare male. I due licenziamenti in via Bondi, quei due pomeriggi di gran pianto sul divano. Non era quello star male, mi ricordo che il divano era strano e verde e i tigli dietro la finestra. Lui mi ha piantato su una panchina in fondo a via Corticella, piangevo con le amiche in via Varthema e andai a comprarmi una maglia da Coin. Non era poi veramente quello stare male. Mi ricordo dopo quel colloquio di lavoro a Ravenna, sentivo un tale freddo sulle gambe, sotto i jeans, sentivo quel fastidioso freddo e gelo sulle cosce sotto i jeans e pensavo, credevo di stare male. Non stavo male. Non stavo poi così male. Ho pianto molto, da bambina in cima agli scivoli, nei bagni del 38, dopo quella cena di donne a San Luca, quel giorno che rimasi a sbobinare in via Mascarella, non mi ricordo nemmeno perché, – anzi mi ricordo, piangevo e non stavo ancora male. Piansi disperatamente, lo lasciai e andai a prendere il treno, seduta alla stazione guardavo i binari, i prati, la luce rosa del mondo, stavo male e non poi così male. 18 Poetesse e poeti, ricordo di Marina Sangiorgi Il medico mi ha chiesto se sento dei dolori. Se sento dolore. Lo sento. Mi sembra di cominciare a sentire la ferita del dolore totale, perfetto, di me stessa, di ognuno, di tutti. Mi arriva l’eco del dolore dei continenti, del Purgatorio, dell’universo. Aspetto il giudizio universale. Quando mi sarà ridato il mio corpo originale, autentico, vero. Rivoglio il mio corpo integrale, non un corpo aggiustato, artefatto, tagliuzzato e tumefatto. Lo voglio sano, non risanato. Il mio corpo puro e purificato. Che tenerezza per il mio povero corpo, il mio corpo tenerello, che ora che è malato, è bello. Aspetto i secoli e i secondi che mi separano dal risalire dalla polvere, il tornare a essere, perché voglio la salute e la salvezza, voglio la libertà nella salvezza, la voglio ora e invece devo aspettare, vegliare nella notte per miliardi di secoli. I miliardi di secoli sono come un battito di ciglia, eppure i giorni sono lunghi come l’eternità, ogni giorno ho tutto il tempo di pensare, di soffrire, a questa morsa nel petto, questa tenaglia, il bisturi che mi taglia la carne. Sto male e mi accorgo che l’aria è bella e gli alberi alla sera sono bellissimi, si imbrunano e le foglie si muovono all’aria leggera, e tutto è dolce, una meraviglia, una bellezza spropositata e immeritata. Mi piace tutto: i bambini nei passeggini, la musica, la gente, – ah la gente! ma li guardo abbastanza i visi, i sorrisi, le mani, le attaccature dei capelli? Dio, mi piace tutto! I sandali, le seggiole, le lampadine, il pavimento che scorre sotto i piedi, ogni momento, ogni andamento, oleandri e magliette e risate, le voci, il chiasso della vita, voglio restare per guardare, guardare ancora, guardare e basta. Ogni giorno è clamoroso, è un clamore di desiderio e amore, ogni giorno è tutto, e non voglio niente, non chiedo più niente, mi basta l’aria. Marina Sangiorgi 19 Pâgina dal dialàtt a cura di Viviana Santandrea Dal dintéssta Gêva al dintéssta“Brava, fa vedere il dentino poi arriva il topino che ti porta il giochino!” E pó dåpp méttr in måsstra cal surîs mutilè l êra una raritè. Aîr: “Cara signora – al dintéssta l’um dîs – la sostanza dell’osso non è affatto felice non sopporta l’impianto e in fede mia non posso garantirle il lavoro, ne va del mio decoro!” “Mo dutåur, oddio mé cum avaggna da fèr ch’an sån mégga prånta pr’invcèr ste mumänt qué!” “Tranquilla, i sei che scuotono noi li andiamo ad estrarre le metto un provvisorio che possa masticare; poi limiamo i centrali per farne copertura e attaccar quelli finti, ma non abbia paura, li unisce sul palato un bello scheletrato.” Za ste nómm l é un progrâma ed comm l andrà a finîr al fa prèst ló a dîr ch’an ò brîsa da fèr un drâma; as cminzéppia dai dént pò ai é la catarâta e l aparàcc’ acósstic acsé almànc a si sént. Pr adès ala tivî a lîv só un puctén l audio mo l umåur l é in di pî; chi dîs che “mèl cumón” al vôl dîr “mezzo gaudio?” Dal dentista Disse il dentista:”Brava, fa vedere il dentino poi arriva il topino che ti porta il giochino!” Quindi esibire a tutti quel sorriso speciale era un fatto normale. Ieri: “Cara signora il dentista mi dice – la sostanza dell’osso non è affatto felice non sopporta l’impianto e in fede mia non posso garantirle il lavoro, ne va del mio decoro!” “Ma allora dottore cosa possiamo fare non ero ancora pronta ahimè per invecchiare!” “Tranquilla, i sei che scuotono noi li andiamo ad estrarre le metto un provvisorio che possa masticare; poi limiamo i centrali per farne copertura e attaccar quelli finti, ma non abbia paura, li unisce sul palato un bello scheletrato.” Già sto nome è un programma di come andrà a finire fa presto lui a dire che non ne faccia un dramma; si comincia dai denti poi c’è la cataratta e l’apparecchio acustico così almeno ci senti. Per ora alla TV alzo un pochino l’audio il morale è un po’ giù, ma “Quando il male è comune c’è pure il mezzo gaudio!” Viviana Santandrea 2020<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<< <<<<20 Pâgina dal dialàtt a cura di Viviana Santandrea Soul par mé Solo per me Am piasrêv ón ed sti dé Tórmen ón tótt quant par mé. Par fèr gnìnta, gnént dal tótt o pr andèr fòra dai cópp. Mi piacerebbe un giorno o l’altro Tenerne uno tutto per me. Per far niente, niente del tutto. Per dar fuori di matto. Lèzr un lîber, fèr dla maia, Litighèr con cla picaia Dla mî amîga ch’sta qué atâc E ch’la dscòrr soul con al gât. Leggere un libro, lavorare a maglia Litigare con quella piangolona Della mia amica qui vicino E che parla solo col gatto. Friggere qualche castagnaccio Darmi tanta crema in faccia. Non dover far da mangiare Oppur fare un giro al mare. Ma son giorni immaginari Sempre fuori dai lunari. Frézzer socuant castagnâz Dèrm la cràmma int al mustâz. An fèr brîsa da magnèr Opûr fèr un gîr al mèr. Mo l é stóppid quasst parché S’à da vîver dé par dé. Maria Luisa Bencivenni Rompecabezas burlon Rompicapo burlone Todas las calles te exigen que sepas donde vas, ellas si, se multiplican son un rebus, rompecabezas burlòn; esto se resuelve sabiendo donde querès llegar. Tutte le strade esigono che tu sappia dove vai, esse sì, si moltiplicano sono un rebus, rompicapo burlone; ciò si risolve sapendo dove si vuole arrivare. Jorge Tarducci 21 Pâgina dal dialàtt a cura di Viviana Santandrea Stra lómm e scûr D'in duv véńnel ste vänt ch'as sént apanna ch'al prélla só se stass, come un dàbbel fulàtt ed parôl che int al sô esésster äl zairchen di ranpén stra l lómm e scûr dla nòstra rasån, di nûster pensîr. Fôrsi äl dmànden d entrèr in zûg. Parôl ch'äl pôlen esaurîr al sô inpûls, la sô spénta, caschèr såura i nûster prè ed chèrta. Qualóncv la séppa la sô uréggin äl pôlen avair di valûr che nó an cgnusàn brîsa. Tra chiaro e scuro Da dove viene questo vento che si sente appena che gira su di sé come un debole vortice di parole che nel loro esistere cercano appigli tra il chiaro e scuro della nostra ragione, dei nostri pensieri. Forse chiedono di entrare in gioco. Parole che possono esaurire il loro impulso, la loro spinta, cadere sopra i nostri prati di carta. Qualunque sia la loro origine potrebbero avere valori a noi sconosciuti. Elio Manini 22 Poesie del Laboratorio strane mattine di teste girate e mancamenti il capezzolo mi fa male le stanze colonizzate dalla noia. strade, i sacchi sgozzati foderi spalancati di strumenti posati a terra per l’obolo giallo sul viola del velluto. mi confessa la vetrina del negozio in cui non mi riconosco leggera euforia l’ombra dell’ombra dopo questa luce provvisoria. stanotte brinderò da sola, rinuncerò al rimorso di vivere senza lasciare il mondo a un’altra generazione. brinderò al dolce turbamento di una quinta diminuita, ignorando la banalità che stermina ironia senso destino e il n’importe quoi col suo precipizio e la sua impossibile redenzione. C’era una volta Voi che scrivete poesie e mi fate vedere sorrisi e cristalli vento e melanconia amore e tristezza mai potrete scrivere di me che sorridevo e riflettevo la luna. Il tempo ha spento la luce forse solo negli occhi a volte s’accende un lampo come di languida candela e l’aria non brilla più di tutta la mia gioia di tutta la mia vita. -amami per sempre- canticchio , merde al mondo iper-reale che decreta la nostra scomparsa. cosa c’è di più bello che un attimo insignificante? Zara Finzi Franco Lipari 23 Giugno 2001 Poesie del Laboratorio Il sale del pianto. In quell’oceano di vita che sgorga dagli occhi veleggiano le tue fantasie. Sono un pavido navigatore. La zattera danza sull’onda all’impeto affido il destino sperando di giungere salvo sulla battigia della tua mente. ‒Illusione ‒ un relitto che urta contro indomabili scogli. Retaggi ammuffiti, versano il sale del pianto nel cuore. Silvano Notari Partita doppia Nel libro mastro della vita tutte le poste ho registrato. In una colonna le perdite: i genitori e i fratelli, la fanciullezza non a pieno goduta e la scuola, sempre rimpianta. Nell’altra colonna i profitti: un figlio non partorito ma voluto ed amato, una nuora gentile, due nipoti briganti coi quali tornare bambina. Su tutto l’Amore, uno solo, dall’adolescenza alla vecchiaia. Infine la lingua dei padri, tesoro da curare e preservare. Un bilancio provvisorio, ma in attivo in attesa di chiudere il libro giornale in data ancora da stabilire. Anna Bastelli 24 Poesie del Laboratorio È primavera Al tramonto ormai l’inverno il cappotto più non voglio Il risveglio dal letargo dopo un lungo mite inverno Primavera è agli albori non sarà più come ieri La stagione più gradita è garbata e temperata Meno corte le giornate son più lunghe e soleggiate I balconi tutti in fiore è la festa del colore Già le prime margherite sopra i prati son fiorite Con i plaid gli innamorati sopra i prati i primi baci E le rondini nel cielo son tornate dopo il gelo Gli uccellini dentro ai nidi che cinguettano felici Se lunatica è la luna influenza la natura ma le stelle birichine poi le fanno le moine smesso il broncio allor la luna si presenta alta e piena Si dipinge tutto il cielo e lo fa l'arcobaleno i colori sono tanti fa felici tutti quanti. Colonnello Tommaso Per ritornare a me Le cose perdute le cova il ricordo il breve ritratto che non ricorse nemmeno sugli attenti risvolti dei pomeriggi a languire a pensare a ricadere nell'abisso nero di un sorriso di bambina che fui Mi volgo a toccare inconsistenti ombre dove si posa il sole gli esterrefatti luoghi senza figure mentre le risa gaudenti mi fanno odio atroce io che vorrei silenzio e intimo rivedere per ritornare a me Margherita Lollini 25 La pagina di Tortoreto, a cura di Angela Falcucci A Il FAI, Fondo Ambiente Italiano, è un’associazione senza scopo di lucro che opera grazie al sostegno di privati cittadini, aziende e fondi per contribuire a tutelare, conservare e valorizzare il nostro patrimonio d’arte, la natura e il paesaggio. Nelle Giornate di Primavera, giunte quest’anno alla 24ª edizione, il FAI apre al pubblico tesori d’arte salvati in tutt’Italia e zone naturali protette. Ci aiuta a scoprire luoghi e tesori poco conosciuti, come è successo quest’anno per la provincia di Teramo, che ha indicato al FAI proprio Tortoreto! Così il Comune, l’Istituto comprensivo del paese con gli insegnanti e gli alunni, i volontari del FAI e delle Associazioni no-profit locali, tutti si sono rimboccati le maniche per farci conoscere. Venerdì 18 marzo, pomeriggio con l’artista Daniela Musini, pianista attrice e scrittrice: come inaugurazione delle giornate del FAI, abbiamo potuto assistere ad un’appassionante conferenza/recital dal titolo “Mia Divina Eleonora”. Un viaggio nella vita e nell’anima della grande attrice, uno degli amori di Gabriele D’Annunzio. Sabato 19 marzo, Tortoreto è pronto a mostrare le sue bellezze artistiche e naturalistiche. Il lungomare con la pista ciclabile che si snoda a sud fino a Giulianova e a Nord fino a Martinsicuro tramite ponti di legno, la splendida meritevole per svariati anni d’Europa, ne fanno una meta famiglie. Il centro storico, ristrutturato e accogliente, spiaggia e il mare della Bandiera Blu turistica cara alle perfettamente apre le sue chiese. E’ aperta la Chiesa di Sant’Agostino, con il capolavoro di Mattia Preti (1613-1699), la grande tela raffigurante il Battesimo del Santo, solo recentemente recuperata per merito del prof. Giuliano Rasicci. Notevole l’organo del 1850, restaurato e funzionante, che reca la firma dell’organaro di Ascoli Vincenzo Paci (1811-1886). E’ aperta al visitatori anche la splendida villa Liberati, in corso di ristrutturazione, che ospita una mostra di artigianato locale e dipinti. Aperta la villa Domus delle Muracche di epoca romana, solo parzialmente recuperata, con resti di pavimenti in mosaico bianco e nero. Gli ambienti finora riportati alla luce sono relativi alla parte rustica (pars fructuaria), dove erano consevati 26 La pagina di Tortoreto, a cura di Angela Falcucci e la zona residenziale (pars urbana). Da visitare! Durante le giornate FAI di primavera, abbiamo avuto il privilegio di essere guidati da “ciceroni” in erba, ragazzi della scuola media, simpatici e preparati. Saluto da queste pagine le mie piccole guide, Federica e Alice. Brave! E’ aperta la cappella della Misericordia, con gli affreschi cinquecenteschi attribuiti a Giacomo Bonfini. Nella foto a sinistra un particolare della Crocifissione, nell’abside, dove sulla sfondo appare il paese di Tortoreto dell’epoca. In Campo della Fiera, esposizione di moto d’epoca, curata dal prof Rasicci e dal dott. Ciani. La sera di sabato 19 marzo, nel teatrino della sala parrocchiale di Santa Maria Assunta, i ragazzi della scuola media si sono impegnati in una piacevole recita dal titolo Ver sacrum, “ Primavera sacra”: la nascita di un nuovo popolo. Rievocazione di “un rito arcaico praticato dai popoli italici, in origine dedicato a Marte e poi a Giove. In caso di calamità naturali, guerra, carestia, venivano consacrati alla divinità bestiame e bambini che sarebbero nati nella primavera successiva. I bambini chiamati –sacrati-, una volta adulti, dovevano emigrare e fondare una nuova comunità”(dalla presentazione di Maria Sara Villani). Bravi gli attori, i ballerini, gli insegnanti e i collaboratori che hanno organizzato la serata. Quanti applausi! Le giornate FAI di Primavera si sono concluse con il concerto della flautista e soprano Bibiana Carusi, che ha mirabilmente interpretato canti di Francesco Paolo Tosti (1846- 1916), accompagnata al pianoforte dal maestro Anton Giulio Perugini. Gli spettatori, riscaldati nella chiesa gelida (!) dalla splendida voce della giovane artista, hanno caldamente applaudito. Ciao da Angela e da Bibiana 27 Poesie del Laboratorio Le parole più importanti saran pur sempre l’ultime perché non conterranno doppi sensi giochi di frasi messe in bella mostra metafore studiate solo per piacere, ma le poche, essenziali e grevi che formeranno concetti, pesanti come pietre su solide basi, l’appoggio di pensieri unici, veri… un lascito che ciascuno porterà con sé fino al successivo incontro. Sì… all’incontro successivo perché sempre ce ne sarà uno ognuno al proprio intimo quel ricordo ch’è omaggio alla persona, o nei momenti surreali dove passeggeremo per luoghi fantastici scambiandoci domande e poi il parere quello importante, su ciò che ci preoccupa, o sentendo quella voce, così uguale fatta simile dalla stessa cadenza, sì… al successivo incontro che unisce nome e parte della storia ciò che ci lega, che non crediamo esistere un ninnolo, il regalo di una foto questo per il dono, che solo noi capiamo sono fili, tela di ragno che per sempre legano… perché? Perché ci amiamo. Carlo Boari 28 Poesie del Laboratorio Donna 2016 Brandelli frantumati di domani in mano della donna da una vita Mimose margherite o tulipani si vede bene che non è guarita Fra i tanti “crespi” credo non dovuti dall’agili manovre del potere con l’unghie e i denti i pochi frutti avuti da fonde cicatrici di dolore In mille pezzi di tristo stupore assiste strapazzarle identità coi nodi che la legano al dovere pure a soqquadro la maternità perdendo dentro pur se se ne duole d’essere primizia di continuità Mimosa la conquista?! In dubbio l’esclusiva a partorire Sol del dolore è certo il progredire Breve storia: Dalle macerie della “nostra” guerra qualcuno aveva detto di non arrendersi alla paura. Chissà se la donna, pur in balia della paura, potrà dare maggior esempio di coraggio? Chissà se basterà la luce di speranza diffusa, da alcune donne, appunto, che col loro fardello di dolore, si addossano il dolore del mondo intero, in difesa della dignità umana? Maria Iattoni 29 Il racconto di Mirella Gresleri, a cura di Valeria Bragaglia Quella volta che persi la strada Eravamo a Istanbul, dove mio marito insegnava presso il locale Liceo Italiano, da alcuni mesi durante i quali avevamo preso conoscenza della città nel suo complesso e visitato i principali monumenti. Un giorno io decisi di andare a vedere una piccola moschea che mi incuriosiva per la sua posizione sopra un colle proprio ai bordi della città. Carmine, occupato nella correzione di un voluminoso fascicolo di compiti di matematica, restò in casa. Presi l’autobus, salii il colle e mi trovai presto davanti alla moschea. Entrai dall’ingresso principale tenendo le mie scarpe in mano e dopo la visita, me ne andai da una porta secondaria. Mi trovavo sulla strada di un piccolo borgo popolare formato da case basse, tanto che dalle finestre dei primi piani si poteva intravvedere gli umili interni. I bambini giocavano ancora sulla strada, mentre gli adulti rincasavano e nelle case cominciavano ad accendersi le luci. Camminai così un po’ a caso e tranquillamente, tanto il minareto della moschea mi avrebbe indicato la mia direzione. Ma quando mi resi conto che la sera autunnale stava avanzando e decisi di tornare sui miei passi, non scorsi più il minareto. Camminai e camminai, mentre l’ansia cominciava ad afferrarmi. Come era possibile? Sembrava che moschea e minareto fossero stati inghiottiti dalla terra. Senza sapermi orientare camminai ancora finché mi trovai sul ciglio del colle, non dalla parte che avevo percorso tempo prima lungo una strada agevole. Lì il fianco del colle scendeva a strapiombo fra una vegetazione scarsa, senza sentieri visibili. In basso scorsi, a una distanza che mi parve spaventosa, la strada di scorrimento veloce che collega il centro cittadino con la periferia. Tornare indietro e cercare ancora? Impensabile. Non mi restava che scendere da quel punto. Cominciai la mia corsa a salti e balzelloni finché, col cuore in gola, arrivai in fondo proprio al limite della strada che avevo visto dall’alto. Ero così confusa che non sapevo più se il centro era alla mia destra o alla sinistra. A Istanbul gli autisti di taxi hanno l’abitudine di muoversi in continuazione alla ricerca di clienti, perciò mi fu facile fermarne uno, diedi il mio indirizzo e in poco tempo fui a casa. Quando aprii la porta, mio marito stava ancora al tavolo, impegnato nella correzione. Alzò la testa e disse : “Mi sembri un po’ stanca. Tutto bene?” “ Tutto bene.” risposi. Mirella Gresleri 30 Poesie del Laboratorio Io non ho luogo Io non ho luogo. La mia terra è il mio corpo che non vedo. Il mio corpo è la debolezza degli occhi che non vedono il cielo vedono solo il lampadario acceso. Se è spento vedono l’assoluzione del silenzio che forse è un mago alla stazione col suo tondo di rosso sulla bocca. Stancano le scale mobili sulle pareti. Non ti vedo con gli occhi forse con l’aria che entra in luce chiara e poi spenta in un incontro. Ti ho aspettato sulle stampelle dei saltimbanchi, sulle murate di confine. Ma non sei tu che entri dalla porta, non sono io che scrivo. È necessaria questa perdita. Sulla mia tempia la mosca bianca ride, sicura del suo volo. Ma è il suo volo non il mio. In questo quadrante, è ferma la lancetta che batte sullo stesso istante rotta la molla. Finché la pila dura emette il battito nello stesso punto. Il punto è il luogo, cuore pulsante dopo l’espianto. La mia saliva sul cuscino è bava di lumaca sul reticolato. Nadia Minarelli 31 Poesie del Laboratorio Mi sono immedesimata alle “Parole” BO 2016-02-26 Un grazie alle bellissime “poesie” impostate e arricchite da spunti scelti con foto creati dal nostro mago, Oscar dall’incipit “Qui dove sto” Ascolto il mondo nostro, difficile. Ore cinque mattina. Io, vorrei entrare nell’animo, e scavare il nesso delle “Parole” così a volte, sublimi o non capite… e le ombre le lasciamo che ci fanno compagnia. In un giorno di pioggia arrivano i pensieri della raffinata, colta Mirella ci porta al dramma di un giovane pieno di oppressioni, e cerca un valore nella solidarietà le religioni bloccano una dottrina, così avvengono le guerre. E la gruccia esile può sostenere il mondo, noi tentiamo con dai nostri pensierini, e spesso fuoriesce un bellissimo fiore, la “Regina” soffre è amica bolognese, ci regala l’anima cara. Tanta fantasia si può accettare nel “sussulto d’illusione” I titoli dei nostri scritti sono curiosi, “Birichetto, o la libellula impaurita… dove i gatti di notte, al di là del cielo, vedono? I migranti, con spine sui confini, vorremmo raccogliere la bimba che piange… il cuore è disperato… nostro, io mi vergogno, e… la Mirella, passa al latte, quello or ora di Granarolo. La Penelope fila, cura, il divino amore, ed è subito suono nella ricchezza di luci… ancor più… t’amo nella tua debolezza dell’età. Genesi di un sogno conduce a polvere di verità. Donna che ti creò sì bella, al Sole, viole e fiori. In direzione inversa, torniamo al generale invece la polvere di stelle è nebulosa, aspetta…ti dissi... E lo sfarinamento è solo congettura. “di tale Giovanni”. Il cielo incombeva tra spazi al di là del cielo, la neve scendeva incessante. Parole nostre, care, poetiche. Emelina Pellizzari 32 Poesie del Laboratorio Devi immergerti Piazza Calderini devi immergerti per sentire il rumore del mare per trovare il gomitolo di sabbia che ti lega al fondale melmoso Piazza dei Calderini è un salottino appartato, di gusto sopraffino. Baretto snob e boutique esclusiva, degni di una sfilata di una diva. Pioppi aggraziati come danzatori: quadretto belle époque da gran signori. Un’edicola-chiosco novecento… Nostalgia di antichi sentimenti. Oleografia liberty discreta… Sogno lontano di un’estate quieta. non toccarlo potrebbe inghiottirti sfioralo con mano sicura e gli abitanti ti riconosceranno come pesce agganciato alla terra con un anello d’indissolubile matrimonio solo se squame e vene saranno presenti nello stesso corpo di uomo-pesce di mare-terra sarai completo universo Patrizia Tomba Gabriella Penzo Aspetta la sabbia aspetta la sabbia e contala clessidra di tempo lungo cronometro di tempo breve lasciala addormentata sulla riva tra castelli e rottami tra impronte infantili che aprono e tingono il mondo Il merlo e il gatto nero E c’era un merlo che per un bruco qua ci fischiava Bandiera Rossa lo puntò un gatto un micio nero fece una mossa dopo di che sputò le ossa mai più sentimmo di qua, cantare Bandiera Rossa Gabriella Penzo Arnaldo Morelli 33 Poesie del Laboratorio Sopra la nuvola In un sogno di primavera un bimbo chiede a una rondine: “Mi porti su quella nuvola bianca?!” la rondine dolente gli dice: “Io non posso! non ce la faccio! Chiederò alle aquile reali forse esse ti porteranno, giacché volano molto più alto.” I grandi uccelli delle cime acconsentono di portarlo. Arrivati là su lui domanda: “Mi fai salire sopra di te?” “Per fare cosa?” risponde la nube “Vorrei guardare il mondo dall’alto!” “Bene! sali pure che partiamo” Iniziano il viaggio verso sud al di là del mediterraneo. In basso su una distesa arida - vicino ad un’ampia fossa gente si china e si solleva. “Cosa fanno?” Egli domanda. “Raccolgono l’acqua per bere.” risponde triste, la nuvola. Più oltre ci sono dei bimbi macilenti, sporchi, panciuti. “Perché sono così?” Chiede ancora, lungo è il sospiro, poi la risposta: “Son poveri! Hanno poco cibo!” Una voce interrompe il sonno. Svegliati, farai tardi a scuola fai in fretta, vatti a lavare, la tua colazione è già pronta. Egli riflette. Forse ha capito! Crescenzo Guadagno 34 Poesie del Laboratorio Le madri di Erasmus Alessandro Fino a ieri, eran dolci le attese le ansie fugate dagli allegri squilli: “Ciao, io sto bene, studio e mi diverto!” Da quanto tempo ormai non sgorgano parole dall’intricato gorgo che ogni giorno si affossa sempre di più! Poi quelle immagini, ma nello sconcerto un’egoistica, umana speranza una preghiera a quietare la danza tumultuosa del cuore: “Non lei Signore!” Improvvisa la china si fa baratro che risucchia giù, giù, nel susseguirsi di notti e giorni, spazi tutti uguali legati a un unico denominatore sprazzi di sonno indotto popolato da incubi e ricordi risvegli tormentati dal dolore. Ripercorrere grani di un rosario tra i cari oggetti divenuti spine sparse su di un calvario senza fine; stanze che profumavano di vita ridotte a ricettacoli di pianto piccole cose amate, non riposte ridenti foto, un poster appeso lasciati lì, in un tempo sospeso. se qualche frase affiora ha le sembianze di un ovvio deja vu o non dipinge appieno questa marea che sale e mi artiglia la [gola solo al pensarti ecco sì: l’emozione mi chiedevo oramai dove abitasse in quale buio anfratto delle mie cellule fosse andata a nascondersi; ora lo so: vibra da sempre, intrisa nel tuo nome. Versi … a perdere Posata la fatica sul cuscino libero schizzi d’anima… precari come soffioni al capriccio del tempo. Oltre il cancello, rettangoli di notte. Viviana Santandrea 35 Poesie del Laboratorio Marzo mite pazzerello emisfero boreale sei un motore di folate cambi sette cappelli al giorno spazzati dal vento a destra e a manca bevi la pioggia a breve esci dal tempo turbinoso con un compenso di luce, preso dal sole colori i tetti delle aurore e dipingi gesticolando come un prezioso mimo non ti stanchi di guarnire di rinverdire alberi e nidi. Spuntano fiori rosa al pruno e occhi alle finestre di primule e margherite rivestite di terra grassa e di te, caro marzo che sai di primavera. Aurelia Tieghi Un giorno di tedio come molti altri Sui sassi i passi ritmano Le foglie gialle in monotono concerto Tacere Ascoltare in minuzioso silenzio Gli occhi volti in su Ogni tanto domandarsi come mai Non passi almeno uno straccio di UFO Paola Tosi 36 Giochi, indovinelli ed altro di Sandro Sermenghi Autoritrât flòs Autoritratto loffio Qué mé am trôv d frassca maténna quand che l’aria fòra é fénna a zarchèr d plasmèr di vérs parché ai ò da méttr insàmm un mî sbiâvd autoritrât: mo a n um vén al saggn adât! Qui io son, fresca mattina mentre l'aria fuori è fina, a dovere verseggiare per cercare di comporre un mio ansante autoritratto che non vien fuori di getto! Dånca a vâg żå pr al bråz dèster e pò a tåurn a vgnîr in só al bósst fâg dimónndi cûrt e una ganba ch’và al in żå, pò a m dirîż vêrs al pustrån: ste mî dsaggn l é pròpi stran! Dunque scendo il braccio destro e riprendo a salir su, faccio il tronco molto corto e una gamba va all'in giù, poi risalgo al perineo poscia ché ritorno giù! Adès adèsi a môv in só vérs al drétt mî brâz manzén e a m acôrz che lé arivè i é quelcôsa ch’a n cunbén! Mo ste abåurd a vói finîr e a m avéi al côr dirèt. Indi salgo lento all'alto verso il dritto braccio stanco e rifletto: ove son giunto, qui qualcosa non combina! Ma finir devo sto aborto e diretto al cuore punto. Qué mî amîg na riflesiån: csa dirèni i bòn letûr, forsi mèl a scréss al têma, a sån stè un mât martóff, e s’i um ciâpen srèni bòt? Svélt a fîl int un tramlòt! Or qui vien la riflessione: cosa mai dirà il lettore, forse male scrissi il tema, sono stato troppo loffio, se mi prendon saran bòtte? Svelto scappo in autobótte! Sandro Sermenghi 37 Lettera alla redazione Pubblichiamo volentieri questa lettera di Sara, figlia di Sandro Sermenghi. La ringraziamo di cuore per il legame che ha conservato con il Laboratorio di Parole e il Circolo La Fattoria, sodalizi che Sandro tanto amava con totale corrispondenza. Per la redazione Oscar De Pauli Cari soci/amici/lettori di "Parole", il 13/04/2016 saranno passati ben 4 anni dalla dipartita del mio papà, che tuttora mi manca moltissimo. Scherzando, io e papà ci dicevamo che il cordone ombelicale fra noi due non era mai stato tagliato, ed è verissimo: mi manca tutto di lui. I miei sentimenti verso di lui sono tuttora quelli da lui espressi nella poesia *Sei dentro me* (dedicata alla mia mamma), che testualmente recita: "Devo parlare di te, ricordarti, non posso dimenticarti, sei dentro me; l'amore che mi hai dato, indimenticato, sarà sempre al suo posto, corrisposto; vivessi mille anni, quel tuo sorriso la tua voce il viso, saran dentro ai miei panni come sole che sale;...". A volte in testa mi ronzano spezzoni di sue poesie, assieme a echi delle sue battute ironiche e anche dei nostri battibecchi; ricordo pure i momenti belli passati assieme noi cinque: io, mio figlio Fabio (luce degli occhi di papà), mio marito, papà stesso e la dada/nonna Ersilia: che nostalgia e rimpianto di quei tempi! Ora siamo rimasti solo noi tre, senza la nostra stampella Sandrèin, che mi manca ancora di più in quanto purtroppo dall'autunno 2013 mio marito si è ammalato di una malattia grave e rara, che ci porta altro dolore e altra tristezza. Ma questa è la vita, e bisogna cercare di viverla al meglio nonostante i problemi che ci affliggono; noi tre cerchiamo un po' di serenità aiutandoci e confortandoci reciprocamente, vivendo un giorno alla volta e tentando di pensare positivo. Io poi nei momenti bui mi sforzo di fare appello a tutto il patrimonio di cose buone e belle che papà ha seminato dentro e attorno a noi, e mi dico che sono una privilegiata, perché dopo 4 anni l'eredità spirituale di Sandrèin non solo è dentro me (dove sempre sarà), ma anche intorno a me, fuori fra le persone (come tanto piaceva a lui) che leggono "Parole" o che visitano siti internet, dove tuttora sono pubblicate sue poesie. Quel suo gesto di allungare un foglietto con una sua poesia, quando era a fine discorso con conoscenti incontrati magari mentre era a passeggio, è indimenticabile. Tutti questi miei pensieri hanno una sola finalità: quella di dire con il cuore GRAZIE a tutti voi amici di "Parole" e degli altri circoli poetici che ancora permettono a Sandrèin di continuare a essere con noi, pubblicando le sue poesie. Con tanto affetto. Sara Sermenghi 38 Poesie del Laboratorio Il cinema O MAMMA QUANTO PARLARE! Restiamo un attimo così nel silenzio riposante dell’attesa mentre lo schermo proietta un nuovo film Un silenzio prezioso conquistato e domande a cui diedi risposta scavando nel profondo Restiamo un attimo quiete tu mamma di troppe parole… Deponi quel ventaglio, il paravento dietro cui nascondi il tuo bisogno. Restiamo ed osserviamo questo film La tua mente già evade Per il resto non ti preoccupare: ti porto io al cinema e torneremo al mare! Francesca Crivellaro 39 Poesie del Laboratorio Poesia Di fronda in fronda solitario del vento scorgo caro nome vedo un sasso Ove l’aura assise scorre i prati Ch’ ella m’eco trascorre un passo un passo Qualcosa è così forte che mi ferma e scuote Scure arie la bruma del caffè cerchio attorno agli occhi neri Tu sorella ombra notturna quanta luce forza Giardino puro m’ insegue la morte Hai visto o mai nevi rugiada lame aggugli Dolce passo sorella alba notti nel mare bruma nebbia dei lunari Dimmi tu rosa bianca vita dolce mani Passerò il vento bufera devastazione e pioppi Usignoli e colombe avranno il tuo passo ma senza lasciare l’impronta Tu guardi pensi inventi scrivi e parli hai visto la nave passare a prora invisibili [qualcuno scruta Visto tutto sentito tutto scorre foglie mediterraneo tu venivi dalla rosa Non piangere laura la tua stella vaga nel solitario Tuo è il passo non roco è più il ritardo delle rose dell’aria Amleto Tarroni 40 Poesie del Laboratorio Alla finestra Alla finestra, il cielo piano piano si ingrigisce gli alberi si riempiono d’acqua tuoni fragorosi, lampi luminosi squarciano il cielo. Si blocca la città le auto corrono veloci la gente fugge chi è nelle proprie case osserva la forza della natura. Tutto appare violento, senza tregua, senza fine poi, come a voler far pace, esce un raggio di sole, luminoso si riscaldano e brillano le cime degli alberi come piccole gocce di rugiada Paola Mattioli 41 Editoriale Gli anni che vanno dal 1951 al 1963 sono quelli del “miracolo economico”, in cui le industrie che lavorano per l’esportazione sono efficienti e tecnologicamente avanzate. Il loro sviluppo è grandemente aiutato dalla larga disponibilità di manodopera, quando l’esodo dalle campagne, dal sud, dall’Appennino e dalle Prealpi, dove l’agricoltura era arretrata, frammentata e aveva bassi rendimenti, provoca lo spostamento di grandi masse di popolazione. Migrazione che non fu accompagnata da un parallelo sviluppo dei servizi, case, trasporti, scuole, assistenza sanitaria. Mettono radici in questo periodo la speculazione edilizia, distorsioni corporativistiche, assistenzialismo, clientelismo collusivo con i poteri economico finanziari secondo la regola di “privatizzare i guadagni e socializzare le perdite”. Parallelamente all’interno delle grandi fabbriche, nasce un movimento organizzato di massa che elabora nuove pratiche rivendicative, che muovono dalla difesa delle condizioni di lavoro e investono via via tematiche di trasformazione del lavoro, di riorganizzazione del territorio e della società. Il peso crescente della classe operaia nel sistema delle relazioni sociali ha, per riportare il discorso alla storia del Pilastro, portato alla formazione di nuclei operai consapevoli, preparati e quindi in grado di proporsi e indicare interventi reali, immediati e specifici anche al di fuori dell’azienda e in grado di dialogare con le istituzioni su concrete azioni sul territorio. Loro venivano da sud, dalla miseria delle campagne, venivano dal magro dell’Appennino, venivano in tanti, giovani con le mani forti e la speranza di un riscatto civile. Loro erano sempre stati sul lato duro del mondo. Tutto correva allora, quantità grandi di merci uscivano dalle officine, automobili e lavatrici e merci e merci. Loro stavano lì, i corpi incatenati alle catene di montaggio, le ore così lunghe, i giorni così lunghi. Ma trovano negli altri, nei compagni la volontà e la forza per organizzarsi per un fare diverso nella fabbrica e fuori. È il 1966 erano in tre, loro hanno iniziato: Oscar De Pauli, Luigi Spina, Giuseppe Ceccotti, idee chiare volontà di fare. È ottobre, niente riscaldamento ancora, chiamano tutti alla riunione, così sono 400 le famiglie che si radunano, che hanno bisogno di tutto, di scuole, di salute, di un vivere civile. Tutti ci sono, immigrati, profughi, poliziotti, operai. Tutti. Propongono e organizzano e stanno da pari a pari, con gli urbanisti, con il potere ed è Bologna la rossa che risponde e fa e dà. E ci sono le donne, orgogliose e forti nel guidare i figli e fare argine alla devianza, tante belle persone che quotidianamente si battono contro il pericolo di diventare ghetto. E sono gli spazi verdi, la prima scuola in Italia a tempo pieno, la farmacia, il nuoto per la scogliosi, le palestre, la biblioteca. E riunioni e corsi e sport e la Fattoria nostra, ancora un punto di riferimento per il quartiere. Rosalba Casetti 42 Poesie del Laboratorio Un pomeriggio, andando per autobus dai vetri tinti di pioggia vedo figure salire, scendere. Trovo un posto poi condiviso con una giovane donna che inizia un monologo per frammenti deve andare in Pediatria, il suo bambino sta morendo – l’angoscia come nebbia che fluttua nell’indifferenza generale. Nel brusìo della gente interrotto dal suono metallico del cellulare poi la parola “Meningite” Ascolto dentro di me l’accento della sua voce, come una lontana speranza per una nuova terapia. Conosco quel dolore, in quei luoghi è passata la mia sorellina che non è più tornata a giocare Immersa nel ricordo il brusio del nulla mi sovrasta, diventando assordante. Scendo, lei è ancora là seduta in compagnia del suo segreto. Mi volto e sussurro una preghiera. Anna Maria Boriani 43 Indice Cognome e nome N° di pag. Cognome e nome N° di pag. Andraghetti Fosca Balboni Stefano Bastelli Anna Bencivenni Maria Luisa Bertone Lino Boari Carlo Boriani Anna Maria Calotti Gianpietro Casetti Rosalba Colonnello Tommaso Cruciani Eleonora Crivellaro Francesca Cuoco Luigi De Pauli Oscar Falà Laila Falcucci Angela Finzi Zara Generali Alessandra Giglio Rosy Gresleri Mirella Grosso Piera Guadagno Crescenzo Iattoni Maria Lipari Franco Lollini Margherita Manini Elio Maselli Anna Mattioli Paola Minarelli Nadia Morelli Arnaldo Notari Silvano 16 9 5, 24 6, 16, 21 4 di cop. 28 43 12, 14 1,2,3,4,6,10,42 25 5 39 14 1, 6 2, 3, 4 10 26, 27, 23 5, 15 5, 30 15 34 6, 29 23 5, 25 1 di cop, 22 12, 13 41 31 33 24 Passarini Giancarlo Pellizzari Emelina Penzo Gabriella Saguatti Piero Sangiorgi Marina Santandrea Viviana Sermenghi Sara Sermenghi Sandro Tarducci Jorge Tarroni Amleto Tieghi Aurelia Tomba Patrizia Tosi Paola Venzi Andrea Zucchini Anna 17 6, 32 5, 33 7 18, 19 6, 20, 35 38 37 21 40 5, 36 33 36 8 5, 11 44