laboratorio di parole

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laboratorio di parole
PAROLE
BIMESTRALE DI POESIA PROSA E DIALETTO
2016
ANNO XX N° 2
Elio Manini: Frammenti ecologici — Olio su tela 70 X 70 cm.
LABORATORIO DI PAROLE
Circolo La Fattoria
BOLOGNA
Poste Italiane s.p.a.—Spedizione in abbonamento Postale—70% - CN/BO
Editoriale di Rosalba Casetti: 50 anni del Rione Pilastro
“Il Poeta del mese”, a cura di Rosalba Casetti
Incipit: ”Ci sono giorni” da una poesia di Laila Falà
Scheda di lettura, a cura di Anna Maselli
Un ricordo di Marina Sangiorgi
Le “pâgin dal dialàtt”, a cura di Viviana Santandrea
La pagina di Tortoreto, a cura di Angela Falcucci
Il racconto: “Quella volta che persi la strada” di Mirella Gresleri, a cura
di Valeria Bragaglia.
o Giochi, indovinelli e altro ancora di Sandro Sermenghi
o Una lettere di Sara Sermenghi
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o
Anno 2016: ventiquattresimo anniversario del Laboratorio di Parole
Appuntamenti:
- Giovedì 5 maggio 2016 dalle ore 15:30 alle 17:30 incontro – lezione con il
prof. Gianni Cascone. Data ultima per la consegna dei testi per la
pubblicazione delle selezioni poetiche dei Soci del Laboratorio di Parole.
- Sabato 21 maggio alle ore 21 presso il Teatro DOM del Pilastro in via
Panzini 5. Omaggio al Pilastro: spettacolo di Poesia, musica e ballo a
cura del Laboratorio di Parole e del gruppo Tango del Circolo La Fattoria
Ingresso libero e gratuito.
Abbonamento annuale 5 numeri € 15,00
Una copia € 3,00.
Tessera ARCI 2016
€ 11,50
Iscrizione 2015 al Movimento Difesa del Cittadino € 1,00
Registrazione Tribunale di Bologna N° 8044 del 18/02/2010 Direttore responsabile Primo Mingozzi
Redazione: Anna Maria Boriani, Oscar De Pauli, Nadia Minarelli,
Gabriella Penzo, Viviana Santandrea, Giovanni Vannini.
Stampa: Copisteria Asterisco snc. Pubblicazione a diffusione interna del “Laboratorio di Parole”
Proprietà
Via Pirandello, 6 - 40127 BOLOGNA - Tel. 051 505117, Fax. 051 6333781, Bar – ristorante 051 511807
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P. IVA 02552140374 C. FISCALE 80066910375
Movimento Difesa del Cittadino (MDC) è un’associazione dei
Consumatori senza scopo di lucro, nata a Roma nel 1987, che opera a
livello nazionale ed è indipendente da partiti e sindacati. MDC è
membro del Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti
(CNCU) costituito presso il Ministero dello Sviluppo Economico, di
Consumers’ Forum ed è anche Associazione di Promozione Sociale
riconosciuta dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Inoltre
collabora con Legambiente e le principali associazioni nazionali di
tutela dei diritti dei cittadini e dei consumatori.
MDC
Promuove la Tutela dei Diritti dei Cittadini, informandoli e dotandoli di
strumenti giuridici di autodifesa, prestando Assistenza e Consulenza Legale
su problematiche collettive ed individuali.
Porta avanti una serie di iniziative per rendere i cittadini sempre più
informati su come contrastare le Insidie del Mercato, anche attraverso
Azioni Legali per la Difesa degli Interessi Collettivi e Diffusi.
I cittadini che hanno bisogno di un consiglio e assistenza
legale in tema di famiglia, lavoro, proprietà e locazione
di immobili (liti condominiali), consumo e
commercio, infortunistica stradale e multe, viaggi e
turismo, possono usufruire, previo tesseramento, della consulenza
GRATUITA di un esperto.
E TUTTI I GIOVEDÌ ANCHE SENZA APPUNTAMENTO
DALLE 17:00 ALLE 20:00
PRESSO LA SEDE DEL CIRCOLO LA FATTORIA
Per maggiori informazioni: tel. 051505117, E-mail [email protected]
1966 – 2016
Cinquant’anni del Pilastro
“Casa gialla”
esterno lato est.
Murales in onore di Roberto Roversi scrittore, poeta, giornalista e libraio
bolognese
Fotografia di Lino Bertone 2015
Editoriale
1966 – 2016: 50 anni del Rione Pilastro
Ripropongo queste considerazioni scritte da Rosalba Casetti in occasione
della Festa della Storia 2013 e nate da una serie di interviste registrate ad alcuni dei
protagonisti di quegli anni d’inizio del Pilastro.
Oscar De Pauli
La struttura industriale italiana bloccata per un ventennio dal fascismo, distrutta dalla seconda guerra mondiale, deficitaria di materie prime, non lasciava
prevedere la veloce e intensa industrializzazione che ha cambiato profondamente
l’Italia.
Questo cambiamento reso possibile dal passaggio da un’economia chiusa ad una
aperta agli scambi, ha toccato soprattutto il cosiddetto triangolo industriale, ma anche, in misura minore, Emilia e Veneto.
R. C.
Continua a pag. 42
1
Il poeta del mese: Laila Falà a cura di Rosalba Casetti
Attrice e poeta, Laila Falà è nata ad
Ancona a vive a Bologna. Laureata al
DAMS si è occupata a lungo di comunicazione e donne, è tra le fondatrici
del Centro di Documentazione delle
Donne. È attrice (della scuola Galante
Garrone) e poeta. Ha scritto per il teatro e lavorato con molti registi. Scrive
poesia dal 2002, fa parte del gruppo
’98 Poesia, che si occupa della poesia
delle poete. Ha pubblicato la silloge
Oggetti, poi Mobili e altre minuzie, Dars,
2015 e sue poesie sono apparse in antologie e riviste. La sua poesia è molto influenzata dalla sua attività teatrale, per il gusto del finale a sorpresa, del gioco di andare avanti e poi fare un passo indietro, proporre una situazione che disloca in
tutt’altra. Il ritmo è un cantabile apparentemente leggero, ironico che nasconde
messaggi, angoscia del vivere, è un tenersi di lato per scavare senza farsi troppo male.
Tutto bene grazie
Ciao come stai? Tutto bene grazie.
Proprio oggi volevo suicidarmi un po’
e poi mi è mancato il coraggio.
O la voglia di pensare a come fare.
Non mi suicido per pigrizia?
Oltretutto a un certo punto
mi han telefonato – “Ciao, sono Patrizia”.
Voleva vendermi servizi telefonici
e mi sono così offuscata che alla fine
non ci ho più pensato.
Poi è tornato mio marito,
e così il suicidio è finito.
Da qualche tempo per colpa sua
non riesco mai a combinare niente
INCIPIT: ci sono giorni
2
La poeta del mese: Laila Falà a cura di Rosalba Casetti
Vuoto
Vacanza
Sono io. Sonoro
mi porto dentro il vuoto
e forse tu lo stesso.
Guardo i tuoi occhi
contro questo cielo
azzurro da canzone.
Vacanza calma.
Dal bicchiere succhio
pigrizia senza colpa.
Conosco questa solitudine affiora
mentre mi sei a fianco
ti guardo stanco e sento
la tua, come la mia
interminabile in oceano.
Guardo i tuoi occhi
che guardano lontano,
stanno progettando qualcosa
che presto mi racconterai
una trovata che cambierà
il nostro futuro
o forse
solo la serata.
Mi abbracci, ti abbraccio
e per un attimo lo sento
come attraversato, per un momento
il mare.
Questi pochi pezzi abbiamo
per un nuovo appuntamento.
unire questi pochi
ricominciare, andare, amare
amare piano, andare.
E invece li richiudi
e dormi ancora un po’.
Giorni
Ci sono giorni che non riesco a starmene seduta
la sedia è troppo alta, il divano non accoglie.
Ci sono giorni del letto duro e inospitale
che pare il disordine insopprimibile del cosmo
riversarsi in un instabile equilibrio del mio corpo.
Se ne stanno dure le cose e ossute
preoccupate di seguire il palinsesto quotidiano.
Gelato
Lo chiamavo gelato perché avrei voluto mangiarmelo
il mio uomo speciale si è sciolto al sole.
Era davvero un gelato.
Ora, in terra, rimane una macchia.
Nello stomaco un vuoto.
3
La poeta del mese: Laila Falà a cura di Rosalba Casetti
Abat-jour
Mobilia
Quando
a colloquio col sonno mi spoglio
scappano dai ripari diurni del corpo
Scaffale a giorno
su misura
componibile adattabile
ai momenti di solitudine.
Brulica di pensieri smodati
in edizione economica
e brossura.
Disponibile anche in metallo
per risuonare il mezzogiorno
e non dimenticare di mangiare.
penzolano sull’abat-jour in attesa
sul colle dei libri non letti
sui colloqui virtuali
di cellulari in riposo
ali di parole
dette lette ascoltate rubate
a bocche distratte
a insegne loquaci.
Tappeto in lana
per scivolare dal divano.
Antimacchia
durevole, resistente
con motivi suonati a mano.
Disponibile anche in altri pensieri
per baci nuovi lusinghieri.
Attendono come passeri sul filo
che la luce si spenga.
e vanno a infilarsi rimescolate nei sogni
a spiegare i significati della mia irrequietezza
il senso dei gesti non fatti.
Cassettiere stile libero
con alone senza bicchiere
completa, corredata
di affetti personali
E scrittoio a scomparsa
per guerre senza parole
colme di effetti collaterali.
Causa trasloco cedesi
prezzi trattabili.
Mi sospingono fino a depositarmi
verso minuscole verità della vita.
Saluti
Ecco che arriva
il sorriso malizioso del suo sguardo.
E ridendo
mentre me e vado mi attardo
e vedo la domanda forse
tra le sopracciglia
“ma come te ne vai già
non vieni con noi a cenare?”
e poi parlare e poi chissà.
No. Tanto mi basta.
Con gli occhi già
per me ho fatto serata.
Prendo su la bici e gongolo.
Ho solo tredici anni,
stasera, mentre torno a casa.
4
Incipit
Il Qui non mi attira *
mi blocca, mi attanaglia, mi costringe.
Volare, sognare, sentirmi libera
a questo aspira il mio cuore
ma...
resto qui
Ai é di dé, trûp ormâi,
ch’as pôl såul zighér.
(Ci sono giorni, troppi ormai,
in cui si può solo piangere.)
Bruxelles, 22 ed mèrz 2016
Anna Bastelli
Eleonora Cruciani
(*) dall’incipit del numero precedente:
qui dove sto.
Oggi il cielo è blu e il sole
Bagna di luce tutte le cose
Ci sono giorni splendidi
Che non risuonano dentro
Il mondo è fuori
E io non so uscire
Oppressa dall'apatia Ci sono giorni in cui
Non scorre la vita
E ristagno nell'incertezza
Ci sono giorni in cui vorrei
Non averti mai conosciuto
Non conoscerei cos'è
La non vita che è
La distanza da te
Alessandra Generali
Ci sono giorni bambini e giorni nonni,
spesso io ho intere settimane
adolescenti.
Anna Zucchini
Ci sono giorni in cui
la volontà
è un fiore bianco
come un’ondata travolgente
mi solleva da terra.
Aurelia Tieghi
Ci sono giorni incerti di sole
ci sono notti con troppa luna
ma io rimango qui dove sono
Gabriella Penzo
Ci sono giorni dove niente è poesia
Cadono nel vuoto i pensieri
Si resta verticali in attesa
Di quel fermo pensare
Riflette negli occhi
Solo il rosa del pruno
Che di fronte invade
Ringhiere e visuale.
Rosy Giglio
Ci sono giorni
che vivere è un’eterna attesa:
male d’amore
Margherita Lollini
5
Incipit
Ci sono giorni in cui anche il silenzio si riempie di luce
e allora è possibile sentirsi a proprio agio nella felicità.
Rosalba Casetti
Ci sono giorni
Ciao come stai
tutto bene?
Per non sapere risposta
previene
Ci sono giorni “che…”
Tutto va bene!
Ci sono giorni,
nelle migliaia di giorni
che fanno della nostra vita
un pallottoliere,
ci sono giorni, dicevo,
in cui la vita pesa sulle spalle
come un pastrano fradicio
quando si siede
in una stanza calda.
Non sono particolarmente tristi
né per ragione alcuna, dolorosi.
Sono giorni sparsi
come perle false
in una collana imitazione.
Maria Iattoni
Ci sono giorni che sono
uno splendore
con il nero nascosto
oltre il bagliore.
Oscar De Pauli
Marisa Bencivenni
Ci sono giorni
sorprendenti
e regalati
Emelina Pellizzari
Ci sono giorni
in cui il passato pare che ritorni
E’ come se
non se ne fosse mai andato
Viviana Santandrea
6
Poesie del Laboratorio
Alla Coop
Che disdetta,
davanti a me c’è proprio la signora “strana” con il sacchetto della frutta da pesare
quella che spesso impreca e si divora con lo sguardo chi la sta a fissare
aspetto pazientemente mentre lei parla di Giove, indugia, ce l’ha col mondo intero
nessun problema, la Coop è quella grande e passo alle bilance dietro la colonna
quando il sacchetto cede in un baleno e i pomodori maturi franano per terra
uno si spappola proprio sulla mia scarpa nuova, un altro rotola oltre l’orizzonte
così do di matto anch’io e siamo già in due a farlo
i carrelli paiono impazziti pure loro, sfrecciano, scartano, alcuni deragliano
giù dalle corsie con ruote scricchiolanti che non si riescono a domare
poi di corsa verso le casse, finalmente con le voci della lista messe a tacere
ci sono code lunghe e scomposte ovunque, da affrontare con le ultime riserve
ma resto ottimista, ormai vedo la fine e la pace oltre le transenne parallele
orgoglioso di aver trovato tutto tranne il brodo di giuggiole e quello primordiale
raggiungo finalmente l’obbiettivo sospirato con l’affanno del mezzofondista
la cassiera ha la pancia più gonfia della mia e un’espressione astratta
chissà cosa le passa per la testa, forse i compiti dei figli o magari pensa al mare
la mia merce intanto scivola sul tappetino sporco verso la sua mano
quando all’improvviso dalla tasca sale il solito trillo inopportunamente puntuale
“caro… sono io, volevo solo dirti che mancano anche le uova”
no, non ci penso proprio di correre verso la corsia e ritornare in pista
con la gente dietro che già sbuffa e lo stomaco che brontola
tanto alla fine manca sempre qualcosa dentro al frigo e nella vita di ogni uomo
a me ad esempio, ora è passato pure l’appetito e la voglia di guidare.
Piero Saguatti
7
Poesie del Laboratorio
Ai margini del centro
una città sventrata, residuo
di tempi occulti, di riti
sotterranei, d’un tempo
annullato sotto un cumulo
di anni, di volti perduti
nell’azzurro cielo tramontato
in sofferenza. Mi sorregge
l’indifferenza coltivata
con gli eccessi d’una vita
spenta. Felicità archiviate
tra bottiglie vuote, ombre
polverose curate con farmaci
scaduti, conversazioni interrotte
dal buio che s’insinua oltre
il gelo dell’insonnia. Vago
cercando la speranza
nella nebbia d’una strada
dissestata. Ero felice
finché tu mi hai sorriso.
Dopo mi ha accolto
il vuoto, un gorgo d’angoscia
dove affogo nel silenzio.
Andrea Venzi
8
Poesie del Laboratorio
A GIOVANNA
(31.12.89)
E se questa notte chiara
la mia Stella, ancora avvolge
nella limpida e dolcissima
tristezza, il mio pensiero
è il vento che si vuole fare amare
dal fascino del nuovo, nel ricordo
ancora puro, e forse più sincero
di un’emozione delicata come il vento,
che dolce, respira nell’aria leggera
e passa nel bosco, e profuma
di un lento e sincero ricordo, la vita –
///
BELLA STAGIONE (4.3.90)
La primavera che arriva
Dolcemente, è diversa
Il lungo e bianco inverno,
nella sua sottile coltre di tristezza
ha raccolto con pazienza l’attesa
del risveglio delle nostre anime
///
IL RICORDO (18.12.89)
Nella mia vita ho scoperto il colore
che illumina il Mondo per qualche momento
e dipinge il reale del profumo del tempo
quando allora mi penso, riscopro, di nuovo, la stessa meraviglia
di averti incontrata sulla mia strada
Stefano Balboni
9
Poesie del Laboratorio
Cronache 5
Il cammino della storia
procede inglorioso.
Cammina questo grigio mattino
dentro un tempo di fuochi accesi
dentro un tempo di scoppi, tempeste
tamburi rullano
compagni corrono
a spegnere i fuochi col fuoco
dall’alto scende la morte
la disperazione sta attaccata alla terra.
Niente resta
solo il dolore fiorisce.
Ma
non è il nostro dolore,
è dolore dell’altro da noi
carico di insignificanza.
Il canto che sale, un coro di prefiche
che il vento ci porta.
Rosalba Casetti
Dicembre 2015
Venerdì Santo 2016
E arriva il momento
che il dolore dei padri è
il mio tormento
Arriva il momento
che il pianto delle madri
diviene lacrime che
riempiono gli occhi
serrati, asciutti
diviene domande
nei labirinti di Dio
E arriva il momento
che so il giorno
che conosco l’ora
Angela Falcucci
10
Poesie del Laboratorio
La paura è un asinello ai giardini
è l’uomo che invita mia madre
a farmi salire.
È il cane che mi ruba la merenda
ai gradini dell’infanzia,
pane e cortile, burro e derisione.
Paura sono le galline feroci
dal becco che offende.
Solo il leone è mite nella gabbia pietosa.
Qualcuno mi tiene per mano
mentre m’intono dileggi.
Quando è stato allora che alzai gli occhi
per farli asciutti?
Ho guardato verso l’alto
ed ebbi un vaticinio in regalo:
un illogico volo di ippopotami
spigliati e leggeri.
Anna Zucchini
11
Scheda di lettura, a cura di Anna Maselli
a Elitis O. (Alepudelis)
“Con cura prendo la primavera e la apro”.
Di terrore mi vedo piangere ancora.
La gatta tra le fauci tiene il suo piccolo
requisito alle mie carezze di bimbo.
Desideri infiniti di cose nuove
la notte portava sempre al domani.
Il riposo era un diverso giocare
e la noia, allora non sapevi cos’era.
Il mio Reno d’estate invita a bagnarsi.
L’amico è là, steso sulla riva del fiume
un uomo pompa sul petto
acqua e fango dalla bocca di lui.
La notte, disperate urla di madre mi
assalgono dentro abbracciato alla mia.
I giorni passano pieni di voglia d’estate
tra braghe sempre più corte e sandali di
una misura giusta solo a metà, e risa, tra
agitate rincorse al pallone di stracci legati.
Fortuna non aver nulla da far paragone
nel tutto regna un sereno completo sentire.
Ai figli della mia generazione, ho dato
tutto ciò che non ho avuto, compreso le
nevrosi e le facili illusioni. Quelle, ogni
volta tolgono un pezzo di voglia di vita.
Ho dimenticato un amore donato ogni
giorno, completo di sberle sul culo, s’era
il caso, cambiato ora, in gelosia di possesso
dove l’amore è dato solo come scontato.
Con cura prendo la primavera, quella mia e la richiudo.
Giampietro Calotti
E una composizione in versi di varia lunghezza, non legati da rime né assonanze e raggruppati in strofe di quattro versi con alcune eccezioni.
12
Scheda di lettura, a cura di Anna Maselli
E' dedicata a Odisseus Alepudelis, poeta greco del '900, vissuto negli anni
dell'ermetismo, Premio Nobel del 1963, contemporaneo ai nostri: Quasimodo,
Premio Nobel 1959 e Montale, Premio Nobel 1975.
A prima vista, la poesia fa pensare a una canzone, per il contenuto, racconto di esperienze di vita, ma l'ultimo verso fa da ripresa al primo e questo è tipico
della ballata, della quale però manca il ritmo.
Molte sono le immagini, che diventano spesso metafore delle stagioni della
vita. Le prime due strofe ci danno la primavera della vita che si apre nella sua stupefacente fragilità come la gatta che delicatamente trasporta il piccolo tra le fauci abituate alla ferocia e il sonno del bambino, il buio che non spaventa e porta al domani.
Poi la notte, le urla, l'irruzione della morte nell'immagine dell'amico steso
sulla riva del fiume, acqua e fango dalla sua bocca.
Il passare del tempo, le corse con gli amici, le “braghe sempre più corte”, i
sandali piccoli, il pallone di stracci, ma tutto nuovo e bello senza paragoni, senza
rimpianti.
E, nelle ultime due strofe, la nuova generazione, che non scopre più niente,
perché tutto è stato già sperimentato e manipolato, oggetto di trattative e illusioni
che spengono sempre più il senso e l'entusiasmo del nostro vivere.
Anna Maselli
13
Poesie del Laboratorio
Bronzo solitario
Carezze di arie voglio donare
a tutti i cuori, ineffabili vibrare.
L’anima di armonie avvolgo
colmo di speranze, timori sciolgo.
Di pace, trovo spazi da lenire
e sereni desideri voglio offrire.
Siedi, raccogli ogni sognare
perso, nell’assorto tuo vagare.
Adesso sei al centro del Creato:
Fremiti prestati a ciascun ascolto
uno Spirito atteso hanno donato.
Risuonano liete note Cristiane
sull’eco rilanciato nella valle.
Ascolta: è concerto di Campane.
Giampietro Calotti.
Esser Donna
Madre, sorella, figlia, amica sei.
Io figlio di un destino nato dal tuo grembo.
M’inchino al dolore della Donna e gioisco
per essere in questo viaggio.
Quando penso alle tue mani,
l’anima di ogni ricordo torna a crocifiggermi
le mie lontananze.
Sei un Dio e questo è il tuo mondo.
Donna, sei il libro antico del primo vagito.
Non ho altri riferimenti di reale conferma
del contrario.
Madre del sangue che il futuro si porterà
nei venti di ogni ragione.
Un diniego totale alla violenza su tutte le Donne
di ogni mondo, dove la vita urla e gioisce.
Luigi Cuoco
14
Poesie del Laboratorio
Anche oggi indosso
La mia maschera d'allegria
Per te che culli
La mia anima e voli
Sui miei pensieri
Per te che culli la mia anima
E voli sui miei pensieri
Per le tue carezze
Per tutte le dolcezze
A te che mi sfili scarpe e reggiseno
e mi dici Non ne hai più bisogno
A te dono pensieri leggeri
Negli intrecci delle nostre gambe
Negli interstizi di una vita pesante
A te il mio cuore pulsante
E i baci leggeri prima di andar via
Per tenerci ancora assieme
Sentirmi ancora tua
Sentire la tua vita un poco mia
Osservo la tua foto
Da whatsapp,
Il viso magro
E sofferente,
Gli occhi lontani,
Tristi, spaventati
Dietro quei grandi
Occhiali un po' buffi
I capelli troppo lunghi per te.
Ti guardo e
Quasi non ti riconosco.
Vieni da un passato
Remoto dove passeggiavamo
La vita insieme e tu
eri ancora in salute,
Dove l' aria si riempiva
Di parole sorrisi sogni
Futuro speranze.
Oggi osservo per caso
La tua foto su wathsapp,
Oggi tra dolore e chemioterapie
Oggi che abbiamo paura,
Del futuro non se ne parla più
Perché si può vivere
Solo un piccolo istante
In cui stai un po' meglio.
Alessandra Generali
Piera Grosso
15
Poesie del Laboratorio
Solarità
Incurante al richiamo del padrone
un cane festoso corre sulle dune basse
del parco e gira, gira, gira in tondo,
le zampe sollevate il respiro ansante.
Schiva irridente tentativi esausti
di frenare la sua corsa folle,
non risponde a lusinghe di cibi
buoni e giocattoli divertenti.
Sbircia sguardi ammirati e curiosi
di badanti accanto a vecchi fermi
al sole su panchine scrostate
e foglie gialle dei pioppi a terra.
I vecchi guardano quel cane ricco
di energia come loro un tempo
ora tornato per un solo momento.
Fosca Andraghetti
19 novembre 2015
Champagne
Se tu vuoi sapere quanto di me è reale e
tangibile e quanto è costruzione aerea
fondata su basi distruttibili: se
ti interessi a me come
essere umano
cerca
giù
giù
giù
malinconia è la mia base
Maria Luisa Bencivenni
16
Poesie del Laboratorio
Il mio Pilastro (la Fattoria)
C'è solo un ponte da attraversare
la casa è vecchia di mura spesse
ancor gli scuri alle finestre,
un po' di verde che la circonda
quella campagna solo un ricordo.
E della stalla un ristorante con
il suo bar poi, scuola ballo
su note tango nel musicar.
Così la mente ricorda un tempo
sereno e antico nel suo spaziare
dove un fattore gestiva il mondo
con più famiglie, con donne e pargoli
davanti al ceppo in quel narrare.
In quella stanza, in quel camino
non più la fiamma a rinfrancare
ma son parole, parole dette. Di vita
piene, e di emozioni a riscaldare.
Così ritrovo quella passione che sempre
vive ed un fattore ritorna ancora
i nostri intenti a governare.
Uno che ascolta ci sprona al verbo
per poi cantare. È un tempo
lieto, tra questa gente, tra queste mura
ed il camino m'appare torni a crepitare.
Giancarlo Passarini
17
Poetesse e poeti, ricordo di Marina Sangiorgi
Domenica 10 aprile è morta improvvisamente Marina Sangiorgi.
La conoscevamo poco perché ci siamo incontrati una sola volta alla presentazione
di un libro di poesia presso la biblioteca Luigi Spina di Bologna. In quell’ incontro
abbiamo percepito dolcezza, gentilezza e sensibilità. Una bella persona!
Marina collaborava da anni alla nostra rivista poetica inviandoci puntualmente contributi qualificati e apprezzatissimi dai lettori. Ci mancherà molto!
Per ricordarla pubblichiamo un Suo scritto che testimonia la sua forza di donna e di
letterata.
Per la redazione O. D. P. e A. Z.
Mi basta l’aria
Se fossi Dio non metterei alla gente le piaghe nel petto, non l’appenderei alle croci
coi chiodi a mani e piedi. Se fossi Dio darei a tutti una lunga vita infinita senza
strappi e tagli e ferite. Darei rose senza spine, rose e gigli, profumati, colorati, ai
miei figli.
Da fine maggio alzo gli occhi andando, e ho visto finalmente che il cielo è così bello, l’azzurro del cielo, le nuvole, l’azzurro e il bianco, e il calore del sole sulla schiena e le braccia.
Non ho ringraziato abbastanza per i tramonti in fondo alla via Emilia e i platani del
viale della stazione, i loro tronchi bianchi. L’importante, nella vita, la cosa veramente importante, è l’aria sulla faccia. Sentire l’aria sulla faccia. Socchiudo gli occhi,
l’aria e basta, pura e semplice, l’aria sulla faccia in bicicletta, quell’aria a tratti sulla
faccia mentre cammino la sera.
Non sono mai stata male. Prima. Prima di adesso. Credevo di essere stata male.
L’anno della supplenza ho pianto tutti i giorni, ma non era quello stare male. I due
licenziamenti in via Bondi, quei due pomeriggi di gran pianto sul divano. Non era
quello star male, mi ricordo che il divano era strano e verde e i tigli dietro la finestra. Lui mi ha piantato su una panchina in fondo a via Corticella, piangevo con le
amiche in via Varthema e andai a comprarmi una maglia da Coin. Non era poi veramente quello stare male. Mi ricordo dopo quel colloquio di lavoro a Ravenna,
sentivo un tale freddo sulle gambe, sotto i jeans, sentivo quel fastidioso freddo e
gelo sulle cosce sotto i jeans e pensavo, credevo di stare male. Non stavo male.
Non stavo poi così male. Ho pianto molto, da bambina in cima agli scivoli, nei bagni del 38, dopo quella cena di donne a San Luca, quel giorno che rimasi a sbobinare in via Mascarella, non mi ricordo nemmeno perché, – anzi mi ricordo, piangevo
e non stavo ancora male.
Piansi disperatamente, lo lasciai e andai a prendere il treno, seduta alla stazione
guardavo i binari, i prati, la luce rosa del mondo, stavo male e non poi così male.
18
Poetesse e poeti, ricordo di Marina Sangiorgi
Il medico mi ha chiesto se sento dei dolori. Se sento dolore. Lo sento.
Mi sembra di cominciare a sentire la ferita del dolore totale, perfetto, di me stessa,
di ognuno, di tutti. Mi arriva l’eco del dolore dei continenti, del Purgatorio,
dell’universo.
Aspetto il giudizio universale. Quando mi sarà ridato il mio corpo originale, autentico, vero. Rivoglio il mio corpo integrale, non un corpo aggiustato, artefatto, tagliuzzato e tumefatto. Lo voglio sano, non risanato. Il mio corpo puro e purificato.
Che tenerezza per il mio povero corpo, il mio corpo tenerello, che ora che è malato, è bello.
Aspetto i secoli e i secondi che mi separano dal risalire dalla polvere, il tornare a essere, perché voglio la salute e la salvezza, voglio la libertà nella salvezza, la voglio
ora e invece devo aspettare, vegliare nella notte per miliardi di secoli. I miliardi di
secoli sono come un battito di ciglia, eppure i giorni sono lunghi come l’eternità,
ogni giorno ho tutto il tempo di pensare, di soffrire, a questa morsa nel petto, questa tenaglia, il bisturi che mi taglia la carne.
Sto male e mi accorgo che l’aria è bella e gli alberi alla sera sono bellissimi, si imbrunano e le foglie si muovono all’aria leggera, e tutto è dolce, una meraviglia, una
bellezza spropositata e immeritata. Mi piace tutto: i bambini nei passeggini, la musica, la gente, – ah la gente! ma li guardo abbastanza i visi, i sorrisi, le mani, le attaccature dei capelli? Dio, mi piace tutto! I sandali, le seggiole, le lampadine, il pavimento
che scorre sotto i piedi, ogni momento, ogni andamento, oleandri e magliette e risate, le voci, il chiasso della vita, voglio restare per guardare, guardare ancora, guardare e basta. Ogni giorno è clamoroso, è un clamore di desiderio e amore, ogni giorno
è tutto, e non voglio niente, non chiedo più niente, mi basta l’aria.
Marina Sangiorgi
19
Pâgina dal dialàtt a cura di Viviana Santandrea
Dal dintéssta
Gêva al dintéssta“Brava,
fa vedere il dentino
poi arriva il topino
che ti porta il giochino!”
E pó dåpp méttr in måsstra
cal surîs mutilè
l êra una raritè.
Aîr: “Cara signora –
al dintéssta l’um dîs –
la sostanza dell’osso
non è affatto felice
non sopporta l’impianto
e in fede mia non posso
garantirle il lavoro,
ne va del mio decoro!”
“Mo dutåur, oddio mé
cum avaggna da fèr
ch’an sån mégga prånta
pr’invcèr ste mumänt qué!”
“Tranquilla, i sei che scuotono
noi li andiamo ad estrarre
le metto un provvisorio
che possa masticare;
poi limiamo i centrali
per farne copertura
e attaccar quelli finti,
ma non abbia paura,
li unisce sul palato
un bello scheletrato.”
Za ste nómm l é un progrâma
ed comm l andrà a finîr
al fa prèst ló a dîr
ch’an ò brîsa da fèr un drâma;
as cminzéppia dai dént
pò ai é la catarâta
e l aparàcc’ acósstic
acsé almànc a si sént.
Pr adès ala tivî
a lîv só un puctén l audio
mo l umåur l é in di pî;
chi dîs che “mèl cumón”
al vôl dîr “mezzo gaudio?”
Dal dentista
Disse il dentista:”Brava,
fa vedere il dentino
poi arriva il topino
che ti porta il giochino!”
Quindi esibire a tutti
quel sorriso speciale
era un fatto normale.
Ieri: “Cara signora il dentista mi dice –
la sostanza dell’osso
non è affatto felice
non sopporta l’impianto
e in fede mia non posso
garantirle il lavoro,
ne va del mio decoro!”
“Ma allora dottore
cosa possiamo fare
non ero ancora pronta
ahimè per invecchiare!”
“Tranquilla, i sei che scuotono
noi li andiamo ad estrarre
le metto un provvisorio
che possa masticare;
poi limiamo i centrali
per farne copertura
e attaccar quelli finti,
ma non abbia paura,
li unisce sul palato
un bello scheletrato.”
Già sto nome è un programma
di come andrà a finire
fa presto lui a dire
che non ne faccia un dramma;
si comincia dai denti
poi c’è la cataratta
e l’apparecchio acustico
così almeno ci senti.
Per ora alla TV
alzo un pochino l’audio
il morale è un po’ giù, ma
“Quando il male è comune
c’è pure il mezzo gaudio!”
Viviana Santandrea
2020<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<
<<<<20
Pâgina dal dialàtt a cura di Viviana Santandrea
Soul par mé
Solo per me
Am piasrêv ón ed sti dé
Tórmen ón tótt quant par mé.
Par fèr gnìnta, gnént dal tótt
o pr andèr fòra dai cópp.
Mi piacerebbe un giorno o l’altro
Tenerne uno tutto per me.
Per far niente, niente del tutto.
Per dar fuori di matto.
Lèzr un lîber, fèr dla maia,
Litighèr con cla picaia
Dla mî amîga ch’sta qué atâc
E ch’la dscòrr soul con al gât.
Leggere un libro, lavorare a maglia
Litigare con quella piangolona
Della mia amica qui vicino
E che parla solo col gatto.
Friggere qualche castagnaccio
Darmi tanta crema in faccia.
Non dover far da mangiare
Oppur fare un giro al mare.
Ma son giorni immaginari
Sempre fuori dai lunari.
Frézzer socuant castagnâz
Dèrm la cràmma int al mustâz.
An fèr brîsa da magnèr
Opûr fèr un gîr al mèr.
Mo l é stóppid quasst parché
S’à da vîver dé par dé.
Maria Luisa Bencivenni
Rompecabezas burlon
Rompicapo burlone
Todas las calles
te exigen
que sepas
donde vas,
ellas si, se multiplican
son un rebus,
rompecabezas burlòn;
esto se resuelve
sabiendo donde
querès llegar.
Tutte le strade
esigono
che tu sappia
dove vai,
esse sì, si moltiplicano
sono un rebus,
rompicapo burlone;
ciò si risolve
sapendo dove
si vuole arrivare.
Jorge Tarducci
21
Pâgina dal dialàtt a cura di Viviana Santandrea
Stra lómm e scûr
D'in duv véńnel ste vänt
ch'as sént apanna
ch'al prélla só se stass,
come un dàbbel fulàtt ed parôl
che int al sô esésster
äl zairchen di ranpén
stra l lómm e scûr
dla nòstra rasån, di nûster pensîr.
Fôrsi äl dmànden
d entrèr in zûg.
Parôl ch'äl pôlen esaurîr
al sô inpûls, la sô spénta,
caschèr såura i nûster prè ed chèrta.
Qualóncv la séppa la sô uréggin
äl pôlen avair di valûr
che nó an cgnusàn brîsa.
Tra chiaro e scuro
Da dove viene questo vento
che si sente appena
che gira su di sé
come un debole vortice di parole
che nel loro esistere
cercano appigli
tra il chiaro e scuro
della nostra ragione, dei nostri pensieri.
Forse chiedono di
entrare in gioco.
Parole che possono esaurire
il loro impulso, la loro spinta,
cadere sopra i nostri prati di carta.
Qualunque sia la loro origine
potrebbero avere valori
a noi sconosciuti.
Elio Manini
22
Poesie del Laboratorio
strane mattine di teste girate
e mancamenti
il capezzolo mi fa male
le stanze colonizzate dalla noia.
strade, i sacchi sgozzati
foderi spalancati di strumenti
posati a terra per l’obolo
giallo sul viola del velluto.
mi confessa la vetrina del negozio
in cui non mi riconosco
leggera euforia l’ombra dell’ombra
dopo questa luce provvisoria.
stanotte
brinderò da sola, rinuncerò al
rimorso di vivere
senza lasciare il mondo a
un’altra generazione.
brinderò al dolce turbamento di
una quinta diminuita, ignorando
la banalità che stermina
ironia senso destino e
il n’importe quoi col suo precipizio e la
sua impossibile redenzione.
C’era una volta
Voi che scrivete poesie
e mi fate vedere
sorrisi e cristalli
vento e melanconia
amore e tristezza
mai potrete scrivere
di me che sorridevo
e riflettevo la luna.
Il tempo ha spento la luce
forse solo negli occhi
a volte s’accende un lampo
come di languida candela
e l’aria non brilla più
di tutta la mia gioia
di tutta la mia vita.
-amami per sempre- canticchio , merde
al mondo iper-reale che
decreta la nostra scomparsa.
cosa c’è di più bello che un
attimo insignificante?
Zara Finzi
Franco Lipari
23
Giugno 2001
Poesie del Laboratorio
Il sale del pianto.
In quell’oceano di vita
che sgorga dagli occhi
veleggiano le tue fantasie.
Sono un pavido navigatore.
La zattera danza sull’onda
all’impeto affido il destino
sperando di giungere salvo
sulla battigia della tua mente.
‒Illusione ‒ un relitto che urta
contro indomabili scogli.
Retaggi ammuffiti, versano
il sale del pianto nel cuore.
Silvano Notari
Partita doppia
Nel libro mastro della vita
tutte le poste ho registrato.
In una colonna le perdite:
i genitori e i fratelli,
la fanciullezza non a pieno goduta
e la scuola, sempre rimpianta.
Nell’altra colonna i profitti:
un figlio non partorito
ma voluto ed amato,
una nuora gentile, due nipoti briganti
coi quali tornare bambina.
Su tutto l’Amore, uno solo,
dall’adolescenza alla vecchiaia.
Infine la lingua dei padri,
tesoro da curare e preservare.
Un bilancio provvisorio, ma in attivo
in attesa di chiudere il libro giornale
in data ancora da stabilire.
Anna Bastelli
24
Poesie del Laboratorio
È primavera
Al tramonto
ormai l’inverno
il cappotto
più non voglio
Il risveglio
dal letargo
dopo un lungo
mite inverno
Primavera
è agli albori
non sarà
più come ieri
La stagione
più gradita
è garbata
e temperata
Meno corte
le giornate
son più lunghe
e soleggiate
I balconi
tutti in fiore
è la festa
del colore
Già le prime
margherite
sopra i prati
son fiorite
Con i plaid
gli innamorati
sopra i prati
i primi baci
E le rondini
nel cielo
son tornate
dopo il gelo
Gli uccellini
dentro ai nidi
che cinguettano
felici
Se lunatica
è la luna
influenza
la natura
ma le stelle
birichine
poi le fanno
le moine
smesso il broncio
allor la luna
si presenta
alta e piena
Si dipinge
tutto il cielo
e lo fa
l'arcobaleno
i colori
sono tanti
fa felici
tutti quanti.
Colonnello Tommaso
Per ritornare a me
Le cose perdute
le cova il ricordo
il breve ritratto
che non ricorse
nemmeno
sugli attenti risvolti
dei pomeriggi a languire
a pensare
a ricadere
nell'abisso nero
di un sorriso di
bambina
che fui
Mi volgo a toccare
inconsistenti ombre
dove si posa il sole
gli esterrefatti luoghi
senza figure
mentre le risa gaudenti
mi fanno odio atroce
io che vorrei
silenzio e intimo
rivedere
per ritornare
a me
Margherita Lollini
25
La pagina di Tortoreto, a cura di Angela Falcucci A
Il FAI, Fondo Ambiente Italiano, è un’associazione senza scopo di lucro che opera
grazie al sostegno di privati cittadini, aziende e fondi per contribuire a tutelare,
conservare e valorizzare il nostro patrimonio d’arte, la natura e il paesaggio.
Nelle Giornate di Primavera, giunte quest’anno alla 24ª edizione, il FAI apre al
pubblico tesori d’arte salvati in tutt’Italia e zone naturali protette.
Ci aiuta a scoprire luoghi e tesori poco conosciuti, come è successo quest’anno per
la provincia di Teramo, che ha indicato al FAI proprio Tortoreto! Così il Comune,
l’Istituto comprensivo del paese con gli insegnanti e gli alunni, i volontari del FAI e
delle Associazioni no-profit locali, tutti si sono rimboccati le maniche per farci
conoscere.
Venerdì 18 marzo, pomeriggio con l’artista Daniela
Musini, pianista attrice e scrittrice: come inaugurazione
delle giornate del FAI, abbiamo potuto assistere ad
un’appassionante conferenza/recital dal titolo “Mia Divina
Eleonora”. Un viaggio nella vita e nell’anima della grande
attrice, uno degli amori di Gabriele D’Annunzio.
Sabato 19 marzo, Tortoreto è pronto a mostrare le sue
bellezze artistiche e naturalistiche. Il lungomare con la pista
ciclabile che si snoda a sud fino a Giulianova e a Nord fino
a Martinsicuro tramite ponti
di legno, la splendida
meritevole per svariati anni
d’Europa, ne fanno una meta
famiglie. Il centro storico,
ristrutturato e accogliente,
spiaggia e il mare
della Bandiera Blu
turistica cara alle
perfettamente
apre le sue chiese.
E’ aperta la Chiesa
di Sant’Agostino, con il
capolavoro
di
Mattia Preti (1613-1699), la
grande
tela
raffigurante il Battesimo
del Santo, solo
recentemente recuperata per
merito del prof.
Giuliano Rasicci. Notevole
l’organo del 1850,
restaurato e funzionante, che
reca
la
firma
dell’organaro di Ascoli
Vincenzo
Paci
(1811-1886).
E’
aperta
al
visitatori anche la splendida
villa Liberati, in corso di ristrutturazione, che ospita una mostra di artigianato locale
e dipinti.
Aperta la villa Domus delle Muracche di epoca romana, solo parzialmente
recuperata, con resti di pavimenti in mosaico bianco e nero. Gli ambienti finora
riportati alla luce sono relativi alla parte rustica (pars fructuaria), dove erano consevati
26
La pagina di Tortoreto, a cura di Angela Falcucci
e la zona residenziale (pars urbana). Da visitare!
Durante le giornate FAI di primavera, abbiamo
avuto il privilegio di essere guidati da “ciceroni” in
erba, ragazzi della scuola media, simpatici e
preparati. Saluto da queste pagine le mie piccole
guide, Federica e Alice. Brave!
E’ aperta la cappella della Misericordia, con gli
affreschi
cinquecenteschi attribuiti a Giacomo Bonfini.
Nella foto a sinistra un particolare della
Crocifissione, nell’abside, dove sulla sfondo
appare il paese di Tortoreto dell’epoca.
In Campo della Fiera, esposizione di moto
d’epoca, curata dal prof Rasicci e dal dott. Ciani.
La sera di sabato 19 marzo, nel teatrino della sala
parrocchiale di Santa Maria Assunta, i ragazzi della
scuola media si sono impegnati in una piacevole
recita dal titolo Ver sacrum, “ Primavera sacra”: la
nascita di un nuovo popolo.
Rievocazione di “un rito arcaico praticato dai popoli
italici, in origine dedicato a Marte e poi a Giove. In caso di calamità naturali, guerra, carestia,
venivano consacrati alla divinità bestiame e bambini che sarebbero nati nella primavera successiva.
I bambini chiamati –sacrati-, una volta adulti, dovevano emigrare e fondare una nuova
comunità”(dalla presentazione di Maria Sara Villani). Bravi gli attori, i ballerini, gli
insegnanti e i collaboratori che hanno organizzato la
serata. Quanti applausi!
Le giornate FAI di Primavera si sono concluse con il
concerto della flautista e soprano Bibiana Carusi, che
ha mirabilmente interpretato canti di Francesco Paolo
Tosti (1846- 1916), accompagnata al pianoforte dal
maestro
Anton
Giulio
Perugini. Gli spettatori,
riscaldati nella chiesa gelida
(!) dalla splendida voce della
giovane
artista,
hanno
caldamente applaudito.
Ciao da Angela e da Bibiana
27
Poesie del Laboratorio
Le parole più importanti
saran pur sempre l’ultime
perché non conterranno doppi sensi
giochi di frasi messe in bella mostra
metafore studiate solo per piacere, ma
le poche, essenziali e grevi
che formeranno concetti, pesanti come pietre
su solide basi, l’appoggio di pensieri
unici, veri… un lascito
che ciascuno porterà con sé
fino al successivo incontro.
Sì… all’incontro successivo
perché sempre ce ne sarà uno
ognuno al proprio intimo
quel ricordo ch’è omaggio alla persona,
o nei momenti surreali
dove passeggeremo per luoghi fantastici
scambiandoci domande e poi il parere
quello importante, su ciò che ci preoccupa,
o sentendo quella voce, così uguale
fatta simile dalla stessa cadenza,
sì… al successivo incontro
che unisce nome e parte della storia
ciò che ci lega, che non crediamo esistere
un ninnolo, il regalo di una foto
questo per il dono, che solo noi capiamo
sono fili, tela di ragno
che per sempre legano… perché?
Perché ci amiamo.
Carlo Boari
28
Poesie del Laboratorio
Donna 2016
Brandelli frantumati di domani
in mano della donna da una vita
Mimose margherite o tulipani
si vede bene che non è guarita
Fra i tanti “crespi” credo non dovuti
dall’agili manovre del potere
con l’unghie e i denti i pochi frutti avuti
da fonde cicatrici di dolore
In mille pezzi di tristo stupore
assiste strapazzarle identità
coi nodi che la legano al dovere
pure a soqquadro la maternità
perdendo dentro pur se se ne duole
d’essere primizia di continuità
Mimosa la conquista?!
In dubbio l’esclusiva a partorire
Sol del dolore è certo il progredire
Breve storia: Dalle macerie della “nostra” guerra
qualcuno aveva detto di non arrendersi alla paura.
Chissà se la donna, pur in balia della paura,
potrà dare maggior esempio di coraggio?
Chissà se basterà la luce di speranza diffusa,
da alcune donne, appunto, che col loro fardello
di dolore, si addossano il dolore del mondo intero,
in difesa della dignità umana?
Maria Iattoni
29
Il racconto di Mirella Gresleri, a cura di Valeria Bragaglia
Quella volta che persi la strada
Eravamo a Istanbul, dove mio marito insegnava presso il locale Liceo Italiano, da alcuni mesi durante i quali avevamo preso conoscenza della città nel suo complesso e visitato i principali monumenti.
Un giorno io decisi di andare a vedere una piccola moschea che mi incuriosiva per la sua posizione sopra un colle proprio ai bordi della città. Carmine, occupato
nella correzione di un voluminoso fascicolo di compiti di matematica, restò in casa.
Presi l’autobus, salii il colle e mi trovai presto davanti alla moschea. Entrai
dall’ingresso principale tenendo le mie scarpe in mano e dopo la visita, me ne andai
da una porta secondaria. Mi trovavo sulla strada di un piccolo borgo popolare formato da case basse, tanto che dalle finestre dei primi piani si poteva intravvedere gli
umili interni. I bambini giocavano ancora sulla strada, mentre gli adulti rincasavano e
nelle case cominciavano ad accendersi le luci.
Camminai così un po’ a caso e tranquillamente, tanto il minareto della moschea mi avrebbe indicato la mia direzione. Ma quando mi resi conto che la sera autunnale stava avanzando e decisi di tornare sui miei passi, non scorsi più il minareto.
Camminai e camminai, mentre l’ansia cominciava ad afferrarmi.
Come era possibile? Sembrava che moschea e minareto fossero stati inghiottiti dalla terra. Senza sapermi orientare camminai ancora finché mi trovai sul ciglio
del colle, non dalla parte che avevo percorso tempo prima lungo una strada agevole.
Lì il fianco del colle scendeva a strapiombo fra una vegetazione scarsa, senza sentieri
visibili.
In basso scorsi, a una distanza che mi parve spaventosa, la strada di scorrimento veloce che collega il centro cittadino con la periferia. Tornare indietro e cercare ancora?
Impensabile. Non mi restava che scendere da quel punto. Cominciai la mia corsa a
salti e balzelloni finché, col cuore in gola, arrivai in fondo proprio al limite della
strada che avevo visto dall’alto. Ero così confusa che non sapevo più se il centro era
alla mia destra o alla sinistra.
A Istanbul gli autisti di taxi hanno l’abitudine di muoversi in continuazione
alla ricerca di clienti, perciò mi fu facile fermarne uno, diedi il mio indirizzo e in poco
tempo fui a casa. Quando aprii la porta, mio marito stava ancora al tavolo, impegnato nella correzione. Alzò la testa e disse : “Mi sembri un po’ stanca. Tutto bene?”
“ Tutto bene.” risposi.
Mirella Gresleri
30
Poesie del Laboratorio
Io non ho luogo
Io non ho luogo.
La mia terra è il mio corpo che non vedo.
Il mio corpo
è la debolezza degli occhi
che non vedono il cielo
vedono solo il lampadario acceso.
Se è spento
vedono l’assoluzione del silenzio
che forse è un mago alla stazione
col suo tondo di rosso sulla bocca.
Stancano le scale mobili sulle pareti.
Non ti vedo con gli occhi
forse con l’aria che entra in luce
chiara e poi spenta in un incontro.
Ti ho aspettato
sulle stampelle dei saltimbanchi,
sulle murate di confine.
Ma non sei tu che entri dalla porta,
non sono io che scrivo.
È necessaria questa perdita.
Sulla mia tempia
la mosca bianca ride, sicura del suo volo.
Ma è il suo volo
non il mio. In questo quadrante,
è ferma la lancetta
che batte sullo stesso istante
rotta la molla. Finché la pila dura
emette il battito
nello stesso punto.
Il punto è il luogo,
cuore pulsante dopo l’espianto.
La mia saliva sul cuscino
è bava di lumaca sul reticolato.
Nadia Minarelli
31
Poesie del Laboratorio
Mi sono immedesimata alle “Parole” BO 2016-02-26
Un grazie alle bellissime “poesie” impostate e
arricchite da spunti scelti con foto creati dal nostro
mago, Oscar dall’incipit “Qui dove sto” Ascolto
il mondo nostro, difficile. Ore cinque mattina.
Io, vorrei entrare nell’animo, e scavare il nesso
delle “Parole” così a volte, sublimi o non capite…
e le ombre le lasciamo che ci fanno compagnia.
In un giorno di pioggia arrivano i pensieri della
raffinata, colta Mirella ci porta al dramma di un giovane
pieno di oppressioni, e cerca un valore nella solidarietà
le religioni bloccano una dottrina, così avvengono le guerre.
E la gruccia esile può sostenere il mondo, noi tentiamo con
dai nostri pensierini, e spesso fuoriesce un bellissimo fiore,
la “Regina” soffre è amica bolognese, ci regala l’anima cara.
Tanta fantasia si può accettare nel “sussulto d’illusione”
I titoli dei nostri scritti sono curiosi, “Birichetto, o la libellula
impaurita… dove i gatti di notte, al di là del cielo, vedono?
I migranti, con spine sui confini, vorremmo raccogliere la bimba
che piange… il cuore è disperato… nostro, io mi vergogno,
e… la Mirella, passa al latte, quello or ora di Granarolo.
La Penelope fila, cura, il divino amore, ed è
subito suono nella ricchezza di luci… ancor più… t’amo
nella tua debolezza dell’età.
Genesi di un sogno conduce a polvere di verità.
Donna che ti creò sì bella, al Sole, viole e fiori.
In direzione inversa, torniamo al generale
invece la polvere di stelle è nebulosa, aspetta…ti dissi...
E lo sfarinamento è solo congettura. “di tale Giovanni”.
Il cielo incombeva
tra spazi al di là del cielo,
la neve scendeva incessante.
Parole nostre, care, poetiche.
Emelina Pellizzari
32
Poesie del Laboratorio
Devi immergerti
Piazza Calderini
devi immergerti per sentire
il rumore del mare
per trovare il gomitolo di sabbia
che ti lega al fondale melmoso
Piazza dei Calderini è un salottino
appartato, di gusto sopraffino.
Baretto snob e boutique esclusiva,
degni di una sfilata di una diva.
Pioppi aggraziati come danzatori:
quadretto belle époque da gran signori.
Un’edicola-chiosco novecento…
Nostalgia di antichi sentimenti.
Oleografia liberty discreta…
Sogno lontano di un’estate quieta.
non toccarlo potrebbe inghiottirti
sfioralo con mano sicura e gli abitanti
ti riconosceranno come pesce
agganciato alla terra con un anello
d’indissolubile matrimonio solo se
squame e vene saranno presenti
nello stesso corpo di uomo-pesce
di mare-terra sarai completo universo
Patrizia Tomba
Gabriella Penzo
Aspetta la sabbia
aspetta la sabbia e contala
clessidra di tempo lungo
cronometro di tempo breve
lasciala addormentata sulla riva
tra castelli e rottami
tra impronte infantili
che aprono e tingono il mondo
Il merlo e il gatto nero
E c’era un merlo
che per un bruco
qua ci fischiava
Bandiera Rossa
lo puntò un gatto
un micio nero
fece una mossa
dopo di che
sputò le ossa
mai più sentimmo
di qua, cantare
Bandiera Rossa
Gabriella Penzo
Arnaldo Morelli
33
Poesie del Laboratorio
Sopra la nuvola
In un sogno di primavera
un bimbo chiede a una rondine:
“Mi porti su quella nuvola bianca?!”
la rondine dolente gli dice:
“Io non posso! non ce la faccio!
Chiederò alle aquile reali
forse esse ti porteranno,
giacché volano molto più alto.”
I grandi uccelli delle cime
acconsentono di portarlo.
Arrivati là su lui domanda:
“Mi fai salire sopra di te?”
“Per fare cosa?” risponde la nube
“Vorrei guardare il mondo dall’alto!”
“Bene! sali pure che partiamo”
Iniziano il viaggio verso sud
al di là del mediterraneo.
In basso su una distesa arida
- vicino ad un’ampia fossa gente si china e si solleva.
“Cosa fanno?” Egli domanda.
“Raccolgono l’acqua per bere.”
risponde triste, la nuvola.
Più oltre ci sono dei bimbi
macilenti, sporchi, panciuti.
“Perché sono così?” Chiede ancora,
lungo è il sospiro, poi la risposta:
“Son poveri! Hanno poco cibo!”
Una voce interrompe il sonno.
Svegliati, farai tardi a scuola
fai in fretta, vatti a lavare,
la tua colazione è già pronta.
Egli riflette. Forse ha capito!
Crescenzo Guadagno
34
Poesie del Laboratorio
Le madri di Erasmus
Alessandro
Fino a ieri, eran dolci le attese
le ansie fugate dagli allegri squilli:
“Ciao, io sto bene, studio e mi diverto!”
Da quanto tempo ormai
non sgorgano parole
dall’intricato gorgo
che ogni giorno si affossa
sempre di più!
Poi quelle immagini, ma nello sconcerto
un’egoistica, umana speranza
una preghiera a quietare la danza
tumultuosa del cuore:
“Non lei Signore!”
Improvvisa la china si fa baratro
che risucchia giù, giù, nel susseguirsi
di notti e giorni, spazi tutti uguali
legati a un unico denominatore
sprazzi di sonno indotto
popolato da incubi e ricordi
risvegli tormentati dal dolore.
Ripercorrere grani di un rosario
tra i cari oggetti divenuti spine
sparse su di un calvario senza fine;
stanze che profumavano di vita
ridotte a ricettacoli di pianto
piccole cose amate, non riposte
ridenti foto, un poster appeso
lasciati lì, in un tempo sospeso.
se qualche frase affiora
ha le sembianze di un ovvio deja vu
o non dipinge appieno
questa marea che sale e mi artiglia la
[gola
solo al pensarti
ecco sì: l’emozione
mi chiedevo oramai dove abitasse
in quale buio anfratto
delle mie cellule
fosse andata a nascondersi;
ora lo so:
vibra da sempre, intrisa nel tuo nome.
Versi … a perdere
Posata la fatica sul cuscino
libero schizzi d’anima… precari
come soffioni al capriccio del tempo.
Oltre il cancello, rettangoli di notte.
Viviana Santandrea
35
Poesie del Laboratorio
Marzo
mite
pazzerello emisfero boreale
sei un motore di folate
cambi sette cappelli al giorno
spazzati dal vento
a destra e a manca
bevi la pioggia
a breve
esci dal tempo turbinoso
con un compenso
di luce, preso dal sole
colori i tetti delle aurore
e dipingi gesticolando
come un prezioso mimo
non ti stanchi di guarnire
di rinverdire alberi e nidi.
Spuntano fiori rosa al pruno
e occhi alle finestre
di primule e margherite
rivestite di terra grassa
e di te, caro marzo
che sai di primavera.
Aurelia Tieghi
Un giorno di tedio come molti altri
Sui sassi i passi ritmano
Le foglie gialle in monotono concerto
Tacere
Ascoltare in minuzioso silenzio
Gli occhi volti in su
Ogni tanto domandarsi come mai
Non passi almeno uno straccio di UFO
Paola Tosi
36
Giochi, indovinelli ed altro di Sandro Sermenghi
Autoritrât flòs
Autoritratto loffio
Qué mé am trôv d frassca maténna
quand che l’aria fòra é fénna
a zarchèr d plasmèr di vérs
parché ai ò da méttr insàmm
un mî sbiâvd autoritrât:
mo a n um vén al saggn adât!
Qui io son, fresca mattina
mentre l'aria fuori è fina,
a dovere verseggiare
per cercare di comporre
un mio ansante autoritratto
che non vien fuori di getto!
Dånca a vâg żå pr al bråz dèster
e pò a tåurn a vgnîr in só
al bósst fâg dimónndi cûrt
e una ganba ch’và al in żå,
pò a m dirîż vêrs al pustrån:
ste mî dsaggn l é pròpi stran!
Dunque scendo il braccio destro
e riprendo a salir su,
faccio il tronco molto corto
e una gamba va all'in giù,
poi risalgo al perineo
poscia ché ritorno giù!
Adès adèsi a môv in só
vérs al drétt mî brâz manzén
e a m acôrz che lé arivè
i é quelcôsa ch’a n cunbén!
Mo ste abåurd a vói finîr
e a m avéi al côr dirèt.
Indi salgo lento all'alto
verso il dritto braccio stanco
e rifletto: ove son giunto,
qui qualcosa non combina!
Ma finir devo sto aborto
e diretto al cuore punto.
Qué mî amîg na riflesiån:
csa dirèni i bòn letûr,
forsi mèl a scréss al têma,
a sån stè un mât martóff,
e s’i um ciâpen srèni bòt?
Svélt a fîl int un tramlòt!
Or qui vien la riflessione:
cosa mai dirà il lettore,
forse male scrissi il tema,
sono stato troppo loffio,
se mi prendon saran bòtte?
Svelto scappo in autobótte!
Sandro Sermenghi
37
Lettera alla redazione
Pubblichiamo volentieri questa lettera di Sara, figlia di Sandro Sermenghi.
La ringraziamo di cuore per il legame che ha conservato con il Laboratorio di Parole e il Circolo La Fattoria, sodalizi che Sandro tanto amava con totale corrispondenza.
Per la redazione Oscar De Pauli
Cari soci/amici/lettori di "Parole",
il 13/04/2016 saranno passati ben 4 anni dalla dipartita del mio papà, che tuttora
mi manca moltissimo.
Scherzando, io e papà ci dicevamo che il cordone ombelicale fra noi due
non era mai stato tagliato, ed è verissimo: mi manca tutto di lui.
I miei sentimenti verso di lui sono tuttora quelli da lui espressi nella poesia *Sei
dentro me* (dedicata alla mia mamma), che testualmente recita: "Devo parlare di te,
ricordarti, non posso dimenticarti, sei dentro me; l'amore che mi hai dato, indimenticato, sarà sempre al suo posto, corrisposto; vivessi mille anni, quel tuo sorriso la tua voce il viso, saran dentro ai
miei panni come sole che sale;...".
A volte in testa mi ronzano spezzoni di sue poesie, assieme a echi delle sue
battute ironiche e anche dei nostri battibecchi; ricordo pure i momenti belli passati
assieme noi cinque: io, mio figlio Fabio (luce degli occhi di papà), mio marito, papà
stesso e la dada/nonna Ersilia: che nostalgia e rimpianto di quei tempi!
Ora siamo rimasti solo noi tre, senza la nostra stampella Sandrèin, che mi manca
ancora di più in quanto purtroppo dall'autunno 2013 mio marito si è ammalato di
una malattia grave e rara, che ci porta altro dolore e altra tristezza.
Ma questa è la vita, e bisogna cercare di viverla al meglio nonostante i problemi che ci affliggono; noi tre cerchiamo un po' di serenità aiutandoci e confortandoci reciprocamente, vivendo un giorno alla volta e tentando di pensare positivo.
Io poi nei momenti bui mi sforzo di fare appello a tutto il patrimonio di cose buone e belle che papà ha seminato dentro e attorno a noi, e mi dico che sono una
privilegiata, perché dopo 4 anni l'eredità spirituale di Sandrèin non solo è dentro
me (dove sempre sarà), ma anche intorno a me, fuori fra le persone (come tanto
piaceva a lui) che leggono "Parole" o che visitano siti internet, dove tuttora sono
pubblicate sue poesie.
Quel suo gesto di allungare un foglietto con una sua poesia, quando era a
fine discorso con conoscenti incontrati magari mentre era a passeggio, è indimenticabile.
Tutti questi miei pensieri hanno una sola finalità: quella di dire con il cuore
GRAZIE a tutti voi amici di "Parole" e degli altri circoli poetici che ancora permettono a Sandrèin di continuare a essere con noi, pubblicando le sue poesie.
Con tanto affetto.
Sara Sermenghi
38
Poesie del Laboratorio
Il cinema
O MAMMA QUANTO PARLARE!
Restiamo un attimo così
nel silenzio riposante dell’attesa
mentre lo schermo proietta un nuovo film
Un silenzio prezioso
conquistato
e domande
a cui diedi risposta
scavando
nel profondo
Restiamo un attimo quiete
tu mamma di troppe parole…
Deponi quel ventaglio, il paravento
dietro cui nascondi il tuo bisogno.
Restiamo ed osserviamo questo film
La tua mente già evade
Per il resto
non ti preoccupare:
ti porto io al cinema
e torneremo al mare!
Francesca Crivellaro
39
Poesie del Laboratorio
Poesia
Di fronda in fronda solitario del vento scorgo caro nome vedo un sasso
Ove l’aura assise scorre i prati
Ch’ ella m’eco trascorre un passo un passo
Qualcosa è così forte che mi ferma e scuote
Scure arie la bruma del caffè cerchio attorno agli occhi neri
Tu sorella ombra notturna quanta luce forza
Giardino puro m’ insegue la morte
Hai visto o mai nevi rugiada lame aggugli
Dolce passo sorella alba notti nel mare bruma nebbia dei lunari
Dimmi tu rosa bianca vita dolce mani
Passerò il vento bufera devastazione e pioppi
Usignoli e colombe avranno il tuo passo ma senza lasciare l’impronta
Tu guardi pensi inventi scrivi e parli hai visto la nave passare a prora invisibili
[qualcuno scruta
Visto tutto sentito tutto scorre foglie mediterraneo tu venivi dalla rosa
Non piangere laura la tua stella vaga nel solitario
Tuo è il passo non roco è più il ritardo delle rose dell’aria
Amleto Tarroni
40
Poesie del Laboratorio
Alla finestra
Alla finestra, il cielo piano piano
si ingrigisce
gli alberi si riempiono d’acqua
tuoni fragorosi, lampi luminosi
squarciano il cielo.
Si blocca la città
le auto corrono veloci
la gente fugge
chi è nelle proprie case osserva
la forza della natura.
Tutto appare violento, senza tregua,
senza fine
poi, come a voler far pace,
esce un raggio di sole, luminoso
si riscaldano e brillano le cime degli alberi
come piccole gocce di rugiada
Paola Mattioli
41
Editoriale
Gli anni che vanno dal 1951 al 1963 sono quelli del “miracolo economico”,
in cui le industrie che lavorano per l’esportazione sono efficienti e tecnologicamente avanzate. Il loro sviluppo è grandemente aiutato dalla larga disponibilità di manodopera, quando l’esodo dalle campagne, dal sud, dall’Appennino e dalle Prealpi,
dove l’agricoltura era arretrata, frammentata e aveva bassi rendimenti, provoca lo
spostamento di grandi masse di popolazione.
Migrazione che non fu accompagnata da un parallelo sviluppo dei servizi,
case, trasporti, scuole, assistenza sanitaria. Mettono radici in questo periodo la speculazione edilizia, distorsioni corporativistiche, assistenzialismo, clientelismo collusivo con i poteri economico finanziari secondo la regola di “privatizzare i guadagni
e socializzare le perdite”. Parallelamente all’interno delle grandi fabbriche, nasce un
movimento organizzato di massa che elabora nuove pratiche rivendicative, che
muovono dalla difesa delle condizioni di lavoro e investono via via tematiche di
trasformazione del lavoro, di riorganizzazione del territorio e della società.
Il peso crescente della classe operaia nel sistema delle relazioni sociali ha,
per riportare il discorso alla storia del Pilastro, portato alla formazione di nuclei
operai consapevoli, preparati e quindi in grado di proporsi e indicare interventi reali, immediati e specifici anche al di fuori dell’azienda e in grado di dialogare con le
istituzioni su concrete azioni sul territorio.
Loro venivano da sud, dalla miseria delle campagne, venivano dal magro dell’Appennino,
venivano in tanti, giovani con le mani forti e la speranza di un riscatto civile. Loro erano sempre
stati sul lato duro del mondo. Tutto correva allora, quantità grandi di merci uscivano dalle officine, automobili e lavatrici e merci e merci.
Loro stavano lì, i corpi incatenati alle catene di montaggio, le ore così lunghe, i giorni così
lunghi. Ma trovano negli altri, nei compagni la volontà e la forza per organizzarsi per un fare diverso nella fabbrica e fuori.
È il 1966 erano in tre, loro hanno iniziato: Oscar De Pauli, Luigi Spina, Giuseppe
Ceccotti, idee chiare volontà di fare. È ottobre, niente riscaldamento ancora, chiamano tutti alla
riunione, così sono 400 le famiglie che si radunano, che hanno bisogno di tutto, di scuole, di salute,
di un vivere civile. Tutti ci sono, immigrati, profughi, poliziotti, operai. Tutti. Propongono e organizzano e stanno da pari a pari, con gli urbanisti, con il potere ed è Bologna la rossa che risponde
e fa e dà.
E ci sono le donne, orgogliose e forti nel guidare i figli e fare argine alla devianza, tante
belle persone che quotidianamente si battono contro il pericolo di diventare ghetto.
E sono gli spazi verdi, la prima scuola in Italia a tempo pieno, la farmacia, il nuoto per la scogliosi, le palestre, la biblioteca. E riunioni e corsi e sport e la Fattoria nostra, ancora un punto di
riferimento per il quartiere.
Rosalba Casetti
42
Poesie del Laboratorio
Un pomeriggio, andando per autobus
dai vetri tinti di pioggia vedo figure
salire, scendere. Trovo un posto
poi condiviso con una giovane donna
che inizia un monologo per frammenti deve andare in Pediatria, il suo bambino
sta morendo – l’angoscia come nebbia
che fluttua nell’indifferenza generale.
Nel brusìo della gente interrotto
dal suono metallico del cellulare
poi la parola “Meningite”
Ascolto dentro di me l’accento
della sua voce, come una lontana
speranza per una nuova terapia.
Conosco quel dolore, in quei luoghi
è passata la mia sorellina
che non è più tornata a giocare
Immersa nel ricordo il brusio del nulla
mi sovrasta, diventando assordante.
Scendo, lei è ancora là seduta
in compagnia del suo segreto.
Mi volto e sussurro una preghiera.
Anna Maria Boriani
43
Indice
Cognome e nome
N° di pag.
Cognome e nome
N° di pag.
Andraghetti Fosca
Balboni Stefano
Bastelli Anna
Bencivenni Maria Luisa
Bertone Lino
Boari Carlo
Boriani Anna Maria
Calotti Gianpietro
Casetti Rosalba
Colonnello Tommaso
Cruciani Eleonora
Crivellaro Francesca
Cuoco Luigi
De Pauli Oscar
Falà Laila
Falcucci Angela
Finzi Zara
Generali Alessandra
Giglio Rosy
Gresleri Mirella
Grosso Piera
Guadagno Crescenzo
Iattoni Maria
Lipari Franco
Lollini Margherita
Manini Elio
Maselli Anna
Mattioli Paola
Minarelli Nadia
Morelli Arnaldo
Notari Silvano
16
9
5, 24
6, 16, 21
4 di cop.
28
43
12, 14
1,2,3,4,6,10,42
25
5
39
14
1, 6
2, 3, 4
10 26, 27,
23
5, 15
5,
30
15
34
6, 29
23
5, 25
1 di cop, 22
12, 13
41
31
33
24
Passarini Giancarlo
Pellizzari Emelina
Penzo Gabriella
Saguatti Piero
Sangiorgi Marina
Santandrea Viviana
Sermenghi Sara
Sermenghi Sandro
Tarducci Jorge
Tarroni Amleto
Tieghi Aurelia
Tomba Patrizia
Tosi Paola
Venzi Andrea
Zucchini Anna
17
6, 32
5, 33
7
18, 19
6, 20, 35
38
37
21
40
5, 36
33
36
8
5, 11
44