Usa - Alimenti e Bevande

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Usa - Alimenti e Bevande
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EXPORT
ISTRUZIONI PER L’USO
Usa: norme su import ed export,
Food safety modernization act
ed etichettatura
a cura di Francesco Montanari e Cesare Varallo
Avvocati, FARE (Food & Agriculture REquirements)
I requisiti per l’importazione
nell’Unione europea
di alimenti con origine Usa
e per l’esportazione nel
territorio statunitense
di salumi a breve
stagionatura.
Il punto sulle novità previste
dal Food safety
modernization act (Fsma),
varato dal presidente
Obama, in materia di
etichettatura nutrizionale
Negoziazioni translantiche
e sicurezza alimentare
T
radizionalmente i legami commerciali tra
Unione europea (UE) e Stati Uniti d’America (Usa) sono sempre stati estremamente intensi: tuttavia, a partire dal luglio 2013, con
l’avvio delle trattative per la conclusione del
Transatlantic trade and investment partnership
(Ttip), tale rotta commerciale ha acquisito un
rinnovato interesse per le imprese italiane, in
particolare per quanto riguarda il comparto
agroalimentare.
Il Ttip è un accordo commerciale ad ampio
spettro tra Usa ed UE, volto a creare la più vasta – ed economicamente rilevante – zona di libero scambio esistente, nonché a dare nuovo
slancio alle economie occidentali, poste di
fronte ai ritmi di crescita a doppia cifra dei Paesi emergenti.
Il commercio Usa-UE costituisce almeno il 30%
del commercio mondiale per quanto riguarda
le merci e il 35% per quanto attiene i servizi.
Conseguentemente, i benefici della conclusione di un tale accordo potrebbero essere estremamente rilevanti, anche sotto il profilo dell’accesso al mercato del lavoro, e stimabili in
120 miliardi di euro per la zona UE ed in 90 miliardi di euro per gli Stati Uniti.
Il settore agroalimentare, tuttavia, sembra
sempre di più essere l’ago della bilancia nella
trattativa, poiché irto di barriere non tariffarie
difficili da scardinare. Tra le questioni più controverse, basti pensare alle dispute commerciali sull’utilizzo di ormoni per la crescita nei bovini e sui differenti standard fitosanitari nonché
all’antitetico punto di vista assunto dai due
blocchi su OGM, clonazione ed i più recenti
progressi delle biotecnologie.
Se tali questioni difficilmente troveranno una
soluzione decisiva nell’ambito della negoziazione del Ttip, poiché sinora pare che esse siano state diplomaticamente aggirate da entrambe le parti, ciò che è sin qui emerso è che
mentre gli Usa richiedono all’UE una maggiore
apertura all’innovazione, quest’ultima non desidera assolutamente accedere a tale richiesta,
sacrificando i propri standard di sicurezza alimentare. A sparigliare il tavolo, inoltre, si è di
recente inserito il tema delle indicazioni geografiche protette. Mentre l’UE, forte dell’accordo commerciale concluso nello scorso ottobre con il Canada – ed all’interno del quale ha
ottenuto il riconoscimento e la tutela di 145
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indicazioni geografiche europee (di cui 39 italiane) – ambirebbe ad ottenere un risultato simile con gli Usa, dall’altra parte dell’Oceano
55 senatori americani (ossia la maggioranza
assoluta) hanno recentemente inviato una lettera al Governo, chiedendo espressamente il
respingimento delle istanze europee, con il fine di tutelare i propri standards of identity e
l’ingente quantità di prodotti domestici (in particolar modo nel comparto lattiero-caseario)
che sarebbe posta in situazione di illegittimità
da tale riconoscimento. Secondo gli americani,
infatti, la normativa Usa in materia di marchi
sarebbe più che sufficiente a garantire la dovuta tutela.
Dopo quattro round di negoziazioni e con
l’obiettivo di concludere un accordo tecnico
entro il 2015, la strada appare quindi tutt’altro
che in discesa.
Esportazioni Usa
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Attualmente non sono molte le norme comunitarie che stabiliscono requisiti speciali per
l’importazione nell’Unione europea di alimenti
con origine Usa. Tra queste vi sono le misure di
emergenza del regolamento CE 1152/2009, il
quale contiene norme e procedure per l’importazione di certi prodotti di origine vegetale da
Paesi extraeuropei per possibile presenza di
aflatossine. Per quanto concerne gli Usa, si
tratta delle mandorle (con guscio, sgusciate o
tostate), nonché dei miscugli di frutta secca o
a guscio contenenti mandorle. Tali prodotti
possono essere importati solamente se:
• accompagnati da certificato sanitario di cui
all’allegato I del regolamento e da un certificato di analisi da parte di un laboratorio
riconosciuto dallo U.S. Department of Agriculture;
• pre-notificati al porto designato come punto
d’entrata tramite l’invio del documento di
entrata comune di cui all’allegato II del regolamento CE 669/2009.
Al loro ingresso nell’UE, le partite dei prodotti americani soggetti al reg. CE
1152/2009 sono sottoposti a controlli ufficiali occasionali. Dati i livelli bassi di non
conformità osservati negli ultimi anni, la
Commissione europea sta attualmente considerando di togliere i prodotti di cui sopra
dall’elenco di prodotti ad alto rischio aflatossine.
Sempre per rischio aflatossine, la decisione
2007/48/CE prevede l’approvazione dei
controlli eseguiti dalle autorità statunitensi
sulle partite di arachidi destinate all’export
UE. Anche in questo caso, ai fini dell’importazione nell’UE sono richiesti certificato
sanitario e analisi di laboratorio compiute
da laboratorio accreditato negli Usa. Qualora i controlli documentali alle frontiere
UE siano favorevoli, campionamento ed
analisi da parte delle autorità sanitarie
competenti dello Stato membro dovranno
essere, di conseguenza, significativamente
ridotte.
Sistema UE di allerta
rapida
Per quanto concerne il Rapid alert system for food and feed (Rasff), il trend delle notifiche per
prodotti avente origine statunitense appare in
netto calo (160 notifiche nel 2010, 127 nel
2012, 107 nel 2013). Le categorie di prodotti più
problematiche permangono la frutta a guscio
(pistacchi, arachidi e, in misura minore, mandorle, con in totale 24 notifiche) e gli integratori alimentari (41 notifiche, di cui 6 allerta, pari al
50% del totale). In relazione alla prima categoria, si segnala la presenza di aflatossine o l’assenza dei prescritti certificati sanitari per l’importazione in UE.
Per quanto concerne, invece, gli integratori alimentari, i problemi riguardano più che altro la
composizione e l’utilizzo di sostanze vietate,
quali la Dimetilamilamina (DMAA), prodotto di
sintesi utilizzato come fat burner, inibitore dell’appetito e stimolante, attualmente vietato
nell’UE e classificato come sostanza dopante
dalla World anti-doping agency. Sempre più
spesso, tuttavia, l’importazione di tali integratori nell’UE è effettuata tramite piattaforme Internet aventi sede in Stati membri dalla legislazione più permissiva, motivo che rende molto
difficile il coordinamento delle operazioni di
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controllo e, ove necessario, il blocco della commercializzazione di tali prodotti.
americani in Italia, nella speranza che la situazione possa a breve normalizzarsi.
Esportazioni UE,
il caso dei salumi freschi
Usa, nuove regole
di sicurezza in cantiere
Il 2013 è stato un anno storico per il settore delle carni. Dopo oltre 15 anni di dispute, è caduta
infatti una delle barriere non tariffarie più penalizzanti per il nostro comparto alimentare, ossia
il divieto di importazione di salumi a breve stagionatura (ad esempio, salame, pancetta, coppa), seguito a stretto giro anche dall’apertura
delle frontiere alla bresaola (purché ottenuta da
materie prime di origine Usa).
Mentre i vincoli all’ingresso della bresaola erano
retaggio dell’epidemia di BSE, motivo del bando
per i salumi a breve stagionatura era il timore del
diffondersi negli Usa della malattia vescicolare
dei suini. Malattia virale ad alta morbilità e bassa mortalità, non trasmissibile agli umani neanche attraverso gli alimenti derivanti da animali
infetti, essa tradizionalmente affligge alcune Regioni italiane (in particolare Campania e Calabria). Nell’aprile 2013, tuttavia, l’Animal and
plant health inspection service (Aphis) statunitense ha ufficialmente riconosciuto l’indennità
dalla malattia di Lombardia, Emilia-Romagna,
Veneto, Piemonte e delle Province autonome di
Trento e Bolzano, aprendo così le porte statunitensi ai prodotti provenienti da tali Regioni a partire dal 28 maggio 2013.
Dopo l’iniziale entusiasmo del comparto e delle
associazioni di categoria, tuttavia, a causa del riscontro di alcune positività per Listeria monocytogenes sulla merce in ingresso, già nel settembre dello stesso anno si è assistito all’inasprirsi
dei requisiti all’importazione, che hanno accresciuto in maniera esponenziale i costi di esportazione, rendendola del tutto antieconomica. Le
autorità americane, infatti, hanno disposto il
controllo sistematico (100%), con contestuale
prelievo di campioni per analisi microbiologiche,
di tutte le partite di prodotti di salumeria provenienti dall’Italia, le quali sono cosi costrette a stazionare per molte settimane presso i magazzini
della dogana, con costi di deposito spesso insostenibili. Dopo due missioni diplomatiche a Washington, si attende ora la visita degli ispettori
Il Food safety modernization act (Fsma), varato
dal presidente Barack Obama il 4 gennaio 2011,
è la più profonda riforma del diritto alimentare
statunitense degli ultimi settant’anni e, data la
sua complessità, la fase di implementazione e
definizione delle modalità attuative di alcuni capitoli è tuttora in corso, con termine previsto per
il 2016.
Le novità di maggiore rilievo per le imprese italiane che commerciano con gli Stati Uniti riguardano nuovi requisiti per l’importazione di alimenti e bevande in quel Paese. Le disciplina del
Fsma in materia si applicherà a tutti gli importatori Usa, che, salvo limitate eccezioni, sono considerati i primi responsabili della sicurezza del
prodotto. A tale fine, gli importatori sono definiti come segue:
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• il proprietario statunitense o il consegnatario
del prodotto alimentare al momento dell’ingresso negli Stati Uniti;
• nel caso in cui non vi sia un proprietario statunitense o il consegnatario, l’agente o il rappresentante negli Stati Uniti di un proprietario o consegnatario straniero del prodotto alimentare al momento dell’ingresso di tale
prodotto negli Stati Uniti.
In particolare, i principi e le regole che denoteranno il nuovo regime di import saranno i seguenti:
• responsabilità dell’importatore: l’importatore
avrà l’espressa responsabilità di verificare che
l’esportatore straniero ponga in essere controlli adeguati per assicurare che gli alimenti
rispettino standard di sicurezza quantomeno
equivalenti a quelli vigenti in Usa (Fsvp – Foreign supplier verification program – Section
301 Fsma);
• certificazioni indipendenti: il Fsma prevedrà
un programma attraverso il quale parti terze
qualificate potranno certificare la conformità
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degli stabilimenti stranieri alle regole Usa in materia di sicurezza
alimentare, al fine di facilitare
l’importazione da tali stabilimenti
(Accreditation of third-party auditors – Section 307 Fsma);
• certificazione per alimenti “ad alto
rischio”: la Food and drug administration (Fda) avrà il potere di richiedere certificazioni di parte terza come condizione per l’import
di prodotti così qualificati (Authority to require import certifications
for food – Section 303 Fsma);
• Voluntary qualified importer program (Vqip): l’Fda stabilirà un programma volontario per gli importatori, volto a creare un regime
preferenziale e più rapido per l’ingresso degli alimenti negli Usa a
beneficio degli operatori che deciFig. 1 – A sinistra, l’etichetta nutrizionale corrente; a destra, l’etidano di aderirvi (Section 302 chetta nutrizionale proposta dalla Fda
Fsma);
• respingimento delle importazioni: qualora lo
to “Nutrition facts panel”, a mezzo di una duplistabilimento o il Paese straniero rifiutino
ce proposta avanzata dopo anni di studi, ricerl’ispezione da parte di funzionari FDA (o tecche e consultazioni pubbliche. Il fine di un così
nici da essa accreditati), quest’ultima potrà
importante cambiamento è principalmente quelnegare l’importazione di prodotti provenienti
lo di rendere più semplice la lettura e la comda tale Paese/struttura (Inspection of foreign
prensione delle etichette nutrizionali, nonché di
food facilities – Section 306 Fsma).
adeguarle alle mutate abitudini alimentari dei
Si prevede, in ultimo, che l’Fda avrà il potere
consumatori e di proseguire nel percorso di lotdi stabilire le tariffe per le ispezioni di impianta all’obesità – in particolar modo infantile – e alti stranieri oltre ad acquisire maggiori poteri
le non-communicable diseases ad essa connesdi verifica nei Paesi terzi. Saranno anche inse, quali il diabete e le affezioni cardiovascolari.
stallati nuovi uffici dell’agenzia in alcuni PaeNella figura 1 si riporta un immediato confronto
si esportatori verso gli Usa, al fine di provvevisivo tra il panel nutrizionale attualmente in uso
dere assistenza agli organismi governativi lo(a sinistra) ed il nuovo proposto dalla Fda.
cali nell’implementare misure adeguate a gaLe modifiche principalmente riguarderanno gli
rantire che gli alimenti rispondano ai requisiaspetti riportati di seguito.
ti di sicurezza alimentare imposti dal Fsma
(Section 305 & 308 Fsma).
• L’obbligatorietà di fornire informazioni circa
gli zuccheri aggiunti. Lo zucchero è un nutriente nell’occhio del ciclone per quanto
Etichettatura nutrizionale
concerne la lotta alle non-communicable diseases e tale informazione permetterà al conL’etichettatura nutrizionale attualmente presensumatore non solo di verificare la presenza
te sugli imballaggi dei prodotti commercializzati
totale di zucchero aggiunto presente nel pronegli Usa risale al 1993. Dopo più di vent’anni,
dotto finito, ma anche l’incidenza degli zucnel marzo di quest’anno la Fda ha comunicato di
cheri aggiunti sul quantitativo totale. Gli
voler apportare alcuni cambiamenti al cosiddetesperti consigliano un basso apporto di calo-
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rie dagli zuccheri, in particolare quelli aggiunti. Solo pochi giorni fa sono state pubblicate
le raccomandazioni dell’Organizzazione
mondiale della salute (Oms) che consigliano
una soglia massima del 10%, ponendo come
obiettivo addirittura una riduzione al 5%.
L’obbligatorietà di riportare le quantità di potassio e vitamina D, mentre la dichiarazione
di vitamina A e C saranno effettuate solo su
base volontaria.
L’indicazione di grassi totali, saturi e acidi
grasso trans, ma non più le calorie totali derivanti dai grassi, poiché le ricerche condotte
hanno dimostrato che è più importante far
conoscere il tipo di grassi assunto, piuttosto
che le quantità di calorie da essi incorporata.
È bene ricordare come gli acidi grassi trans
siano un altro nutriente sotto accusa per
quanto riguarda le malattie legate a sovrappeso e obesità. In proposito, la Fda ha recentemente operato un accertamento preliminare, il quale statuisce che gli oli parzialmente
idrogenati, la principale fonte alimentare di
grassi trans nei prodotti alimentari trasformati, non sarebbero più ingredienti da ritenersi
sicuri (i cosiddetti Gras - Generally recognized
as safe). Se la Fda trasformerà questa determinazione provvisoria in un provvedimento
definitivo, gli oli parzialmente idrogenati non
potranno più essere usati negli alimenti senza l’approvazione preventiva da parte della
Fda ed una solida base scientifica che ne dimostri la sicurezza. In tal caso è evidente come centinaia di prodotti andrebbero incontro
ad una inevitabile riformulazione, anche se,
verosimilmente, si dovrebbero prevedere periodi transitori piuttosto lunghi per permettere agli operatori di effettuare le necessarie
decisioni ed esaurire le scorte di prodotti non
conformi in giacenza.
Valori nutrizionali di riferimento aggiornati
per alcuni nutrienti, come fibre, calcio e vitamina D (Daily values - Dv).
Valori nutrizionali di riferimento aggiornati
per il sodio, con un abbassamento da 2.400
a 2.300 mg.
Carattere grassetto e di dimensione maggiore per l’indicazione delle calorie totali.
Carattere grassetto e di dimensione maggiore per l’indicazione delle porzioni e delle uni-
tà di consumo.
• Spostamento delle percentuali dei Dv nella
colonna di sinistra.
• Modifica delle note in calce, nelle quali dovrà
essere meglio spiegato il significato dei Dv e
delle relative percentuali (% Dv).
• Novità riguardanti le porzioni e le relative indicazioni. Nell’ottica di adeguare tali indicazioni a ciò che gli individui effettivamente
mangiano e bevono, piuttosto che su ciò che
essi dovrebbero mangiare o bere – ed in considerazione dell’aumento della dimensione
delle porzioni consumate, avvenuto negli ultimi vent’anni:
- i cibi e le bevande consumati in un’unicaporzione non dovranno riportare indicazioni relative alle cosiddette “serving sizes” che possano far credere che essi siano destinati a essere consumati in sessioni multiple;
- per i cibi che possono essere consumati come monoporzione oppure in più sessioni, sarà fatta richiesta ai produttori di indicare i
nutrienti e le calorie in doppia colonna per la
singola porzione che per l’intero pacchetto.
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Le regole proposte sono apparse sul Federal register il 3 marzo scorso ed è stato previsto un periodo di 90 giorni per esprimere commenti, con
termine 2 giugno 2014.
L’Fda ha pianificato di giungere ad una versione
finale delle nuove regole entro il 2015 e di concedere poi agli operatori un periodo transitorio
di due anni per adeguarvisi.
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