Come si prepara la tesi triennale - Omero

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Come si prepara la tesi triennale - Omero
COME SI PREPARA LA TESI TRIENNALE 1
SCOPI E DIMENSIONI
L’obiettivo della tesi è quello di approfondire uno degli argomenti del
corso di Storia contemporanea, utilizzando la letteratura principale relativa
all’argomento trattato e maturando una conseguente consapevolezza
storiografica della tematica presa in esame e del dibattito su di essa. Una parte
del lavoro potrebbe anche essere svolta su fonti primarie, siano esse edite o
d’archivio.
Il materiale di riferimento bibliografico su cui dovete lavorare consiste
in una decina di libri e in altrettanti saggi. I saggi sono pubblicati su riviste
scientifiche che in genere sono reperibili presso la Biblioteca di Filosofia e
Storia, la Biblioteca della Scuola Normale Superiore, o altre biblioteche del
sistema bibliotecario d’Ateneo. Alcune riviste – specie americane e inglesi –
sono consultabili via Internet in formato full text, partendo da un computer della
biblioteca o comunque interno al sistema universitario.
Non di rado il materiale di riferimento è in francese o in inglese. E’ quindi
opportuno che abbiate una decente conoscenza del francese e dell’inglese
scritti, per evitare di dover usare troppo spesso il dizionario.
L’elaborato finale, secondo il regolamento del corso di laurea, ha le
dimensioni di “un testo breve”, “dalle 30 alle 50 cartelle di circa 2800 battute”.2
Ciò significa che il lavoro complessivo è compreso fra gli 84.000 e i 140.000
caratteri, spazi inclusi. Potete facilmente verificare queste dimensioni con gli
strumenti di conteggio dei caratteri del vostro computer.
FORMA E STILE
Preferisco una cartella o pagina meno fitta, che abbia margini superiori,
inferiori e laterali più ampi. La pagina deve essere di 2000 battute o caratteri
ciascuna, spazi inclusi. Il numero di pagine risulta dunque un po’ superiore,
circa da 40 a 70. Ma le dimensioni reali dell’elaborato scritto restano
ovviamente le stesse. Non dovete faticare di più. 3
1
[La versione originaria di questo documento è stata redatta da Arnaldo Testi].
Università di Pisa, Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di Laurea in Storia, Regolamento della
Prova Finale e delle procedure di conferimento della Laurea triennale, Art. 3, § 1, in
http://lettere.humnet.unipi.it/index.php?id=429.
3
Molte di queste considerazioni formali, e di quelle che seguono, valgono per qualunque
compito scritto che sia richiesto agli studenti del triennio o del biennio specialistico, durante il
normale lavoro di classe.
2
2
Usate un carattere di stampa basico, per esempio Arial, Helvetica,
Times, Geneva, New York, a dimensione 12 per il corpo del testo, 10 per le
note. Evitate caratteri troppo piccoli o troppo grandi. Evitate caratteri fantasiosi
o bizzarri solo perché sembrano cool. Questo è un compito di storia, non di
graphic design.
Ogni volta che decidete di andare a capo, fate un rientro di almeno 1 cm,
così la cosa è più evidente. Ricordate che andare a capo ha un significato.
Serve per dare un ritmo al discorso, a chiuderne una parte e aprirne un’altra.
Quindi non andate a capo troppo spesso: è poco professionale, date
l’impressione di parlare per slogan. Ma evitate anche di non andare mai a capo:
prendete fiato ogni tanto, ogni mezza pagina, al massimo ogni pagina.
Nel testo che state leggendo, vado a capo spesso e fra un capoverso e
l’altro lascio una riga in bianco. Ciò accade perché questo è un (piccolo)
manuale, quindi procede per punti, è schematico. Inoltre deve essere adatto
alla lettura sullo schermo di un computer. Il vostro testo deve invece essere
disteso e ragionato, non schematico. Quindi non lasciate righe in bianco.
Mettete in corsivo le parole straniere non proprio usuali (come in questo
documento, qui sopra, cool e graphic design). Non hanno bisogno del corsivo
parole entrate nell’uso comune come weekend e film. Usate le virgolette solo
per le citazioni di parole altrui. Le citazioni fra virgolette vanno in carattere
tondo, cioè normale, non in corsivo.
Numerate sempre le pagine, anche quando mi portate un primo assaggio
provvisorio del lavoro. In questo caso ricordate di mettere sempre, in alto a
sinistra della prima pagina, il vostro nome e cognome, il titolo (provvisorio)
della tesi, e l’indirizzo e-mail. Nel prodotto finale, naturalmente, nome e
cognome e altri dati vanno messi nel frontespizio secondo le norme prescritte.
Anche la prima stesura provvisoria dell’elaborato deve essere scritta con
cura, secondo le norme grafiche qui suggerite, in italiano corretto, con la
punteggiatura al posto giusto. Ciò serve per rendere più scorrevole, cioè meno
irritante, la lettura.
COMPOSIZIONE
La tesi si struttura normalmente in tre parti principali: introduzione,
descrizione e analisi, e conclusione.
Nell’introduzione presentate il piano dell’opera: l’argomento trattato,
l’arco cronologico preso in esame, gli strumenti e le fonti che avete utilizzato, le
ragioni per cui avete scelto quell’ argomento, il modo in cui intendete
svilupparlo. Indicate subito lo scopo problematico del vostro lavoro ovvero la
3
tesi che intendete sostenere. Insomma, dite subito la cosa importante che avete
da dire, in maniera diretta e sintetica. L’introduzione è piuttosto breve.
La seconda parte, di descrizione e analisi, è invece lunga. Occupa più
pagine, è quantitativamente preponderante nell’economia complessiva del
lavoro. Qui illustrate tutti gli aspetti dell’argomento preso in esame, passo dopo
passo, seguendo un filo logico e consequenziale, evitando salti tematici e
cronologici. Qui dovete dimostrare di avere chiari gli aspetti fattuali del tema
prescelto, e le principali problematiche storiche a esso connesse. In questa
parte dovete dire con precisione quali sono le opinioni degli storici che dovete
discutere; oppure dovete esaminare e descrivere le fonti primarie che
eventualmente vi capiterà di prendere in esame. Fate entrambe le operazioni
con atteggiamento critico, cioè mantenendo le distanze. Sottolineate i contrasti
tra gli storici, le divergenze di metodo e di interpretazione che caratterizzano il
loro lavoro. Fate emergere i diversi punti di vista. Insomma, date valutazioni
ragionate, analisi critiche, non opinioni gratuite.
Sulla base degli elementi illustrati nella seconda parte, formulate la
conclusione, la terza parte. La conclusione è la coerente conseguenza dei fatti
e dei ragionamenti discussi in precedenza. Potete usarla, per esempio, per
esplicitare con chiarezza e sistematicità le considerazioni che avete sviluppato
nella parte di descrizione e analisi del tema in oggetto. Come l’introduzione, la
conclusione è piuttosto breve.
Introduzione e conclusione devono essere chiaramente distinte e indicate.
Il corpo principale dell’elaborato, cioè la seconda parte, deve essere anch’esso
diviso in capitoletti distinti, numerati e titolati. Riportate il tutto in un indice dei
contenuti all’inizio dell’elaborato, come si fa nei libri. Così offrite al lettore una
chiara mappa del vostro lavoro.
E’ utile preparare un indice provvisorio fin dall’inizio della ricerca, man
mano che vi vengono in mente delle idee, man mano che la mappa
complessiva del lavoro prende forma. Ricordate di portarne sempre una copia
aggiornata, quando venite a parlare con me. L’indice iniziale non è mai quello
finale: è una delle cose che si imparano facendo una tesi.
Introduzione e conclusione sono parti che è opportuno preparare alla
fine, dopo che è stata completata la sezione centrale (descrizione e analisi).
BIBLIOGRAFIA
La tesi è corredata da una bibliografia, collocata al termine dell’elaborato,
dopo la conclusione.
Nella bibliografia elencate le fonti utilizzate nella stesura della tesi, anche
quelle che magari non avete citato nel testo. Le fonti sono primarie (ossia i
4
documenti o i giornali dell’epoca) e secondarie (ossia la letteratura critica,
composta da libri e articoli sull’argomento preso in esame). I vari tipi di
fonti devono elencati separatamente. All’interno di ogni categoria, seguite un
ordine alfabetico, in genere l’ordine alfabetico dei cognomi degli autori.
Dei libri indicate l’autore (nome e cognome per esteso), il titolo completo
in corsivo, l’editore, il luogo di pubblicazione e l’anno di pubblicazione.
Degli articoli indicate l’autore (nome e cognome per esteso), il titolo
completo in corsivo, e poi a seconda dei casi:
a) il nome della rivista “fra virgolette”, e, a seguire l’anno e il numero della
rivista stessa;
b) il volume collettivo in cui sono pubblicati, con i nomi dei curatori, il titolo
completo in corsivo, l’editore, il luogo di pubblicazione e l’anno di pubblicazione,
le pagine.
Dei testi sul Web indicate chiaramente l’indirizzo o URL.
Esistono vari stili di citazione bibliografica. Più avanti trovate degli
esempi che rispecchiano quello che uso io, ma ce ne sono altri. Leggete in
proposito (per questo e per altri motivi) il libro di Umberto Eco, Come si fa una
tesi di laurea.4 L’importante è che scegliate uno stile e lo applichiate con
coerenza in tutto il testo.
Decidete subito lo stile da adottare e mettetelo subito in pratica, già nei
primi appunti, nelle prime schede di lettura. Risparmiate tempo, mettete le cose
in ordine fin dall’inizio.
NOTE A PIÈ DI PAGINA
La tesi è corredata da note a piè di pagina, che servono a vari scopi.
a) Indicano la fonte di una citazione o di altre informazioni riportate nel
testo (come nel caso della nota 2 di questo documento);
b) Forniscono le indicazioni bibliografiche complete di libri o articoli citati
nel testo con il solo titolo (come nel caso della nota 4 di questo documento);
c) Aggiungono ulteriori indicazioni bibliografiche che confermano
un’asserzione illustrata nel testo (come nel caso della nota 4 di questo
documento);
d) Ampliano affermazioni fatte nel testo, integrandole con ulteriori
considerazioni o commenti (come nel caso della nota 3 di questo documento).
In questo caso siate brevi, anzi brevissimi.
4
Umberto Eco, Come si fa una tesi di laurea: le materie umanistiche, Milano, Bompiani, 17°
ed., 2006; ma vedi anche Max Giovagnoli, Come si fa una tesi di laurea con il computer e
Internet, Milano, Tecniche nuove, 2004.
5
Per le indicazioni bibliografiche nelle note valgono le stesse norme di stile
della bibliografia. La prima volta che citate un libro o un articolo fornite il nome e
cognome dell’autore, il titolo completo, ecc. In più, in questo caso, precisate la
pagina o le pagine a cui fate riferimento. Più avanti trovate degli esempi.
Nelle eventuali citazioni successive dello stesso libro o articolo, scrivete
il cognome dell’autore, il titolo abbreviato in corsivo, l’indicazione cit. (che
significa: già citato) senza ulteriori aggiunte, e la pagina o le pagine di
riferimento.
Le note sono importanti. Il loro uso appropriato è segno di
professionalità, di serietà. Ma non abusatene. Non c’è bisogno di note a
sostegno di fatti notissimi e non controversi, per esempio: “gli Stati Uniti
entrarono in guerra nell’aprile 1917”. E tuttavia, se la questione è rilevante per il
vostro lavoro, può esserci bisogno di una nota che dica: “Sulle ragioni per cui gli
Stati Uniti entrarono in guerra, vedi...”
Le note a piè di pagina si chiamano così perché devono stare in fondo
alla pagina a cui si riferiscono, non al termine del capitolo o dell’intero
elaborato. Devono essere immediatamente sotto gli occhi del lettore.
Impaginatele così, dunque, con il computer è facile.
Imparate subito a usare le note, fin dalla prima stesura della tesi. Non
portatemi pezzi di tesi senza note, o con note abbozzate o fatte male. Sono
difficili da leggere, sono uno spreco di tempo per voi, che comunque dovrete
rifarle per bene, e anche per me.
CRITERI
PER LA REDAZIONE DELLE INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE
NELLA BIBLIOGRAFIA FINALE)
(NELLE
NOTE O
(a)
Î Modalità normale di citazione di un libro:
Nome
e Titolo
del Casa
cognome
libro
in editrice,
dell’autore
[o corsivo,
del curatore],
Es.:
Luogo
e
edizione,
data
di riferimento alla pagina [o
alle pagine].
6
Benedetto Croce, La mia filosofia, Adelphi, Milano 1993, p. 15 [oppure pp. 1516].
oppure:
Willem Tousijn (a cura di), Sociologia delle professioni, il Mulino, Bologna 1979,
p. 15 [oppure pp. 15-16].
(b)
Î Modalità di citazione di un saggio contenuto in un volume collettivo:
Nome
e Titolo del in Nome
e (a
cognome
cognome
cura
saggio in
dell’autore, corsivo,
del curatore di),
[o
dei
curatori]
Titolo
generale
dell’opera
in corsivo,
Casa
Luogo e riferimento
editrice, data
di alla pagina
edizione, [o
alle
pagine].
Es.:
Paolo Pezzino, Risorgimento e guerra civile. Alcune considerazioni preliminari,
in Gabriele Ranzato (a cura di), Guerre fratricide. Le guerre civili in età
contemporanea, Bollati Boringhieri, Torino 1994, p. 15 [oppure pp. 15-16].
(c)
Î Citazione di un saggio contenuto in una raccolta di scritti dello stesso autore:
Nome
cognome
dell’autore,
e Titolo del in Id., 5
saggio in
corsivo,
Titolo
generale
volume
corsivo,
Casa
del editrice,
in
Luogo
e riferimento alla
data
di pagina [o alle
edizione,
pagine].
Es.:
Claudio Pavone, Le idee della Resistenza. Antifascisti e fascisti di fronte alla
tradizione del Risorgimento, in Id., Alle origini della Repubblica. Scritti su
fascismo, antifascismo e continuità dello Stato, Bollati Boringhieri, Torino 1995,
p. 15 [oppure pp. 15-16].
5
Che vuol dire: in un libro che raccoglie scritti dello stesso autore del saggio citato.
7
(d)
Î Modalità di citazione di un saggio contenuto in una rivista 6:
Nome
e Titolo
cognome
corsivo,
dell’autore,
in in
«Nome della Anno
rivista»,
edizione,
di Numero,
riferimento
alla pagina [o
alle pagine].
Es.:
Gian Carlo Jocteau, Un censimento della nobiltà italiana, in «Meridiana. Rivista
di storia e scienze sociali», 1994, 19, p. 15 [oppure pp. 15-16].
(e)
Î Un libro suddiviso in più volumi va citato utilizzando il numero romano per
indicare il volume, eventualmente seguito dal titolo specifico del volume.
Es.:
Giovanni Sabbatucci e Vittorio Vidotto (a cura di), Storia d’Italia, vol. III,
Liberalismo e democrazia. 1887-1914, Laterza, Roma-Bari 1995, p. 15 [oppure
pp. 15-16].
Î Un libro suddiviso in più volumi e in più tomi [sezioni separate dello stesso
volume] va citato utilizzando il numero romano per indicare il volume,
eventualmente seguito dal titolo specifico del volume, e poi il numero arabo per
indicare il tomo.
Es.:
1
Storia d'Italia, vol. II, Dalla caduta dell’Impero romano al secolo XVIII, t. 2,
Einaudi, Torino 1974, p. 15 [oppure pp. 15-16].
(f)
6
I quotidiani o i periodici utilizzati come fonti possono essere citati in modo simile:
«Nome del quotidiano», giorno mese anno; per es.: «Corriere della Sera», 15 ottobre 1891.
8
Î Quando si ripete la citazione di un volume appena citato nella nota
precedente, si usa l’espressione Ibid., con l’indicazione di pagina; quando ci si
riferisce allo stesso testo e alla stessa pagina si usa Ivi.
Es.:
1
Benedetto Croce, La mia filosofia, Adelphi, Milano 1993, p.10.
Ibid., p. 13.
3
Ivi.
2
(g)
Î Quando si ripete la citazione di un volume citato in precedenza, ma non
nella nota immediatamente precedente, si usa questa soluzione:
1
Paolo Pezzino, Risorgimento e guerra civile. Alcune considerazioni
preliminari, in Gabriele Ranzato (a cura di), Guerre fratricide. Le guerre civili in
età contemporanea, Bollati Boringhieri, Torino 1994, p. 15 [oppure pp. 15-16].
2
Giovanni Sabbatucci e Vittorio Vidotto (a cura di), Storia d’Italia, vol. III,
Liberalismo e democrazia. 1887-1914, Laterza, Roma-Bari 1995.
3
Pezzino, Risorgimento e guerra civile, cit., p.25.
(h)
Î Nel caso si voglia segnalare sinteticamente al lettore l'esistenza di uno o più
saggi che hanno affrontato l'argomento di cui si sta parlando nel testo, o che
hanno comunque una qualche relazione con l'argomento ecc., si usa
l’espressione cfr.
Es.:
1
Cfr. Norberto Bobbio, Destra e sinistra. Ragioni e significati di una distinzione
politica, Donzelli, Roma 1994, p. 15 [oppure pp. 15-16].
(i)
Î Modalità di citazione di un fondo archivistico:
9
Sigla dell’archivio
Nome generale del numero di busta o eventuale numero eventuale
nome
di cartella o di filza del
singolo della
fondo
serie
documento o foglio. documentaria
interna
Es.:
1
ASPr 7, Presidenza poi Dipartimento dell’Interno, b. 435, fasc. 1, Agricoltura
1849-1853.
Î Oppure, nel caso di documenti patrimoniali privati:
Sigla
dell’archivio
Nome generale numero
busta
o
del fondo
cartella o
filza
di citazione
più
dettagliata
di possibile del tipo di documento
di (testamento, dote, inventario,
contratto, ecc.), con indicazione
dei contraenti e della data
se
possibile,
indicazione
del
foglio
o
della
pagina.
Es.:
1
ASL 8, Archivio Garzoni, b. 336, Testamento di Paolo Garzoni, 9 dicembre
1843, f. 4.
2
ASL, Archivio Mansi, b. 335, Contratto matrimoniale tra Raffele Mansi e
Camilla Parenzi, 3 dicembre 1766, f. 5.
Î Oppure, nel caso di corrispondenze o di carte private:
Sigla
dell’archivio
Nome generale numero
busta
o
del fondo
cartella o
filza
di citazione
più dettagliata
di possibile del tipo di documento
di (lettera, diario, ecc.), con
indicazione dei corrispondenti o
dell’autore e della data
se
possibile,
indicazione
del
foglio
o
della
pagina.
Es.:
1
ASL, Archivio Garzoni, b. 336, Lettera di Paolo Garzoni a Raffaele Mansi del
25 febbraio 1805.
2
ASL, Archivio Garzoni, b. 120, Diario di Paolo Garzoni, f. 456.
7
Che, in questo caso, significa Archivio di Stato di Parma; l’elenco delle sigle usate può
essere posto all’inizio del testo, dopo l’indice.
8
Che, in questo caso, significa Archivio di Stato di Lucca.