L`origine del movimento (1815-1914)
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L`origine del movimento (1815-1914)
Sommario Introduzione – pag. 6 L’origine del movimento (1815-1914) – pag. 11 Partire – pag. 13 Lavorare a Lione – pag. 20 Vivere a Lione – pag. 74 Da una guerra all’altra (1914-1940) – pag. 133 Gli italiani di Lione nella Prima Guerra Mondiale – pag. 134 Il boom dell'immigrazione italiana dopo il 1918 – pag. 140 Gli italiani, tema di scontri politici – pag. 172 Le relazioni franco-italiane messe alla prova dalla crisi – pag. 190 Il tempo dell’integrazione e della memoria (1940-2013) – pag. 207 L'impatto della Seconda Guerra Mondiale – pag. 208 La ripresa dell’immigrazione italiana (1945-1965) – pag. 215 Gli anni dell’integrazione sociale (1965-1990) – pag. 231 Il tempo della Memoria (1990-2013) – pag. 252 Lista delle abbreviazioni – pag. 260 Note – pag. 260 Indice delle immagini e crediti fotografici – pag. 268 L’origine del movimento (1815-1914) Alcuni italiani del quartiere della Stazione, a Saint-Priest, 1925 ca. 6 Introduzione Numerose sono le famiglie di origine italiana che conservano nei loro cassetti fotografie legate alla loro storia di immigrati: ritratti individuali o di gruppo, fototessere spillate ad un permesso di soggiorno o ad un permesso di lavoro, momenti di intimità familiare o documenti dell'attività professionale. Ogni immagine sussurra una storia singolare, non riconducibile a nessun'altra. Ma queste fotografie possono anche essere considerate come piccoli frammenti di una storia collettiva, quella degli immigrati italiani, e, nel caso specifico, di quelli insediatisi tra il Rodano e la Saona. Non è sempre facile cogliere il vero percorso di questa storia, poiché è necessario immergersi in un passato lontano che affonda le sue radici nel cuore del XIX secolo. È in quest'epoca che la città di Lione comincia a mutare fino a trasformarsi in un'agglomerazione dai confini ben lontani dal suo centro originale; e la storia di questi immigrati italiani è intimamente legata all'evoluzione di questo capoluogo regionale, che ha bisogno, ogni giorno di più, di manodopera nei cantieri, nelle officine, e in seguito tempo, appaiono altri flussi migratori, in particolare dal anche nelle fabbriche che hanno segnato profondamente centro-sud, dal nord-est e, nel XX secolo, dalle regioni il territorio di questa regione. più meridionali. Ciascuno di questi movimenti migratori possiede una propria storia e delle proprie caratteristiche, È risaputo che Lione e l'Italia hanno un lungo passato in una sua lingua o un suo dialetto, facendo sì che la “colonia comune: dalla fine del Medioevo, la città mantiene strette italiana di Lione”, come veniva chiamata nel XIX secolo, relazioni commerciali con alcune città della penisola e appaia come un mosaico di gruppi regionali. accoglie numerosi tra banchieri e mercanti fiorentini e lucchesi. Tra di loro ci sono anche due piemontesi, Étienne Ma la storia di questi emigranti è legata anche alla Turquet e Bartolomeo Naris, che nel 1536 introducono la Rivoluzione francese del 1789, che mette al centro dell'at- seteria a Lione assumendo al tal fine alcuni operai geno- tenzione il Popolo e la Nazione che esso costituisce. Tutta vesi esperti nella lavorazione di questa fibra. Il “periodo l'Europa è scossa, nei decenni a venire, da questo “risveglio italiano” che caratterizza Lione durante il Rinascimento dei nazionalismi” che porterà, tra l'altro, nel 1861, all'U- ha, malauguratamente, dissimulato una vasta storia nità d'Italia. Gli emigranti arrivati dalla penisola, sudditi comune più vicina a noi, altrettanto intensa e di natura del Regno di Sardegna o di quello delle Due Sicilie, dei molto diversa, legata all'arrivo degli immigrati italiani alla Ducati di Lucca o di Parma, diventano allora emigranti fine delle guerre napoleoniche. Inizialmente questi uomini di un solo ed unico Stato-nazione, l'Italia. È in questa e queste donne provengono essenzialmente dal Piemonte, stessa epoca che la nazionalità comincia a diventare un per ragioni di vicinanza geografica. Ma con il passare del elemento importante dell'identità di un individuo. In un 7 Introduzione poco a poco le loro emigrazioni stagionali, cominciano ad inserirsi progressivamente nella società urbana e, infine, nazionale. Al punto che alla fine del XIX secolo i contadini francesi che si trasferiscono in città con la speranza di trovare una vita migliore non sono più accolti come stranieri. Nei discorsi dell'epoca, la società rurale costituisce anzi l'anima stessa della nazione francese. Al contrario, gli immigrati venuti dall’estero, in particolare gli italiani, cominciano a soffrire, a causa della loro nazionalità, di una speciale stigmatizzazione. Termini come “macaroni” cominciano ad apparire nel vocabolario e nelle manifestazioni anti-italiane, qualche volta violente e sempre più numerose, che si svolgono in Francia a partire da questo periodo. Malgrado delle relazioni talvolta complicate, specialmente nei periodi di crisi economica o politica, il numero di italiani continua poco a poco a crescere: a tal punto che possiamo contare, nel 1930 e nel 1960, circa 25.000 italiani presenti nella regione lionese. È importante inoltre sottolineare come, a partire dal XIX secolo, la Francia faccia appello alla manodopera straniera, mentre l'Italia è vittima di un'emigrazione di massa che, ogni anno, tocca quasi tutte le regioni e provoca la partenza all’inizio di decine e poi in seguito di centinaia di migliaia di uomini e donne verso i quattro angoli del globo, al punto da formare un'immensa diaspora tuttora difficile da quantificare. Tra il 1876 e il 1976 si stima che quasi 27 milioni di italiani abbiano Una famiglia della baraccopoli di Gerland negli anni ’30. lasciato il loro paese per cercar fortuna in terre vicine o lontane2. Lione costituisce dunque solo uno dei tanti punti libro precedente1 mi sono impegnato nella ricerca storica di approdo tra migliaia di altri sparsi nel mondo. Ma l'emi- sui flussi di emigranti dalla storia totalmente differente: grazione italiana resta comunque protagonista del flusso i contadini del Limosino (regione della Francia centrale), migratorio diretto in città: a partire dall’ultimo ventennio che arrivavano, nel XX secolo, per lavorare una parte dell’Ottocento, infatti, circa il 60% degli stranieri censiti dell'anno come muratori nei cantieri lionesi. Nel 1850, essi nella città è costituito da italiani. Bisognerà attendere gli erano ancora considerati come dei veri e propri stranieri, anni ’60 del Novecento affinché i Transalpini perdano il loro esattamente come i gessatori piemontesi o i mosaicisti primato di comunità straniera più numerosa nella regione. friulani. Alla stregua degli italiani, infatti, non parlano il Ma chi erano questi emigrati italiani e quale è stata la loro francese ma uno dei numerosi dialetti occitani, ancora vita nel corso di questi due secoli d'immigrazione? In che molto utilizzati all'epoca, e non provano ad integrarsi con modo la “grande storia” – l’Unità d'Italia nel 1861, l'entrata la popolazione lionese. Nei decenni successivi, le cose però in guerra nel 1915, l'ascesa al potere di Mussolini e la con- iniziano a cambiare e questi contadini, che abbandonano a seguente instaurazione del regime fascista nel 1922, la 8 Introduzione dichiarazione di guerra alla Francia nel 1940 – ha toccato condizioni spesso difficili, e pure contribuendo attivamente e qualche volta completamente sconvolto le loro “piccole alla nascita di una cultura operaia che mostra tutta la sua storie”, e come sono riusciti a superare le mille difficoltà vivacità fino all'ultimo quarto del XX secolo. caratteristiche di un emigrante? Come sono riusciti a farsi I flussi migratori di provenienza transalpina sono cessati spazio nella regione e a contraddistinguere interi quartieri? nel corso degli anni ’60 del Novecento. Gli italiani si sono Quali sono le tracce che la presenza italiana ha lasciato allora integrati discretamente nella società lionese, dando nella memoria e nella struttura di questi quartieri? Queste l'illusione retrospettiva di un processo di integrazione stato ed altre domande hanno guidato la redazione della pre- rapido e indolore, mentre numerosi avvenimenti testimo- sente ricerca, dando una direzione allo studio del ricco e niano, a partire dal XIX secolo, il lungo e faticoso cammino complesso percorso dell'immigrazione italiana a Lione. verso la loro accettazione da parte della società francese. Per rispondere a tali interrogativi, è stato necessario tor- Tour de France del 1965: l'arrivo allo stadio di Gerland della maglia gialla, l'italiano Felice Gimondi, circondato da tifosi lionesi di origine italiana. nare indietro nel tempo, precisamente all'inizio del XIX secolo, in un'epoca dove il numero di Transalpini è ancora molto debole a Lione. Un balzo temporale che è stato necessario al fine di ricostruire i flussi migratori presenti già all'epoca di Napoleone, studiare le varie zone di provenienza e i diversi stimoli che portarono alla partenza, analizzare le difficoltà riscontrate ad ogni nuovo flusso di arrivi e valutare, a seconda dei periodi storici, l'importanza data agli italiani nella società lionese. I flussi migratori si sono concentrati soprattutto nella città di Lione dove si trovano, fin dal 1850, numerosi artigiani, commercianti e operai qualificati italiani. Ma con il passare del tempo gli italiani si sono insediati sempre più spesso ai margini della città, dapprima negli antichi sobborghi che nel 1852 erano adiacenti a Lione come Guillotière o Vaise, poi nei quartieri periferici come Gerland o Monplaisir, e infine nelle periferie operaie che cominciano a nascere alla fine del XIX secolo. Saint-Fons, Villeurbanne, Oullins, Vénissieux, Saint-Priest o Vaulx-en-Velin sono stati profondamente caratterizzati dalla presenza italiana, particolarmente importante nel XX secolo. Attirati dalle numerose fabbriche insediatesi sul territorio di questi comuni e disposti ad accettare lavori poco gratificanti, spesso rifiutati dai francesi, questi italiani hanno reso possibile lo sviluppo industriale del territorio, insieme con spagnoli, armeni, algerini e portoghesi che poco a poco li hanno raggiunti. In questi spazi all'inizio poco urbanizzati, hanno costruito le loro vite – e qualche volta le loro case – in 9 La composizione estremamente frammentata del territorio italiano nel 1843. L'origine del movimento (1815-1914) Capitolo 1 L’origine del movimento (1815-1914) Alla fine dell'impero napoleonico, nel 1815, la penisola si “spezzetta” di nuovo: il Regno Lombardo-Veneto è annesso all'impero Austro-Ungarico, e le antiche dinastie, cacciate via dall'esercito napoleonico, sono di nuovo restaurate: il Regno di Sardegna, il Regno delle Due Sicilie, il Granducato di Toscana, i Ducati di Modena, Parma, di Massa-Carrara e di Lucca. Lo stesso Papa riprende possesso degli Stati pontifici che all'epoca occupano una parte importante del centro dello Stivale. Intanto la penisola conosce numerosi moti nazionalisti dopo il 1815. All'inizio degli anni '30 dell'Ottocento, numerose ondate rivoluzionarie scuotono il centro dell'Italia nella speranza di unificare i differenti stati, ma questi moti vengono rapidamente bloccati e numerosi rivoluzionari si rifugiano in Francia. Alcuni di loro arrivano a Lione proprio a partire da quest'epoca. I rappresentanti italiani presenti alla consulta di Lione del 1802, cosí come i rifugiati degli anni ’30 dell’Ottocento, non hanno molto a che vedere con i migranti stagionali che cominciano già ad arrivare a Lione, in numero ancora La Consulta del 1802 a Lione dipinta dal pittore Nicolas-André Monsiau. ristretto. I primi provengono, perlopiù, dall'aristocrazia e La Rivoluzione francese e le guerre napoleoniche hanno dalla borghesia, aderiscono ai valori nazionali e patriottici giocato un ruolo essenziale nello sviluppo del sentimento figli della Rivoluzione francese e hanno per ideale politico nazionale italiano in un territorio fino ad allora diviso in un la creazione di uno Stato italiano. Sono in maggioranza gran numero di principati e regni concorrenti tra loro. In effetti, uomini di legge, ufficiali, medici, membri del clero e molti è in quest'epoca che nascono le prime forme di Stato unitario, di loro vivono di rendita. I secondi, invece, sono contadini dal territorio limitato e sotto la dominazione diretta della che praticano essenzialmente un'agricoltura di sussistenza, Francia, naturalmente, ma che costituiscono un embrione di costretti a lasciare le loro terre alcuni mesi all'anno per quello che sarà, a partire dal 1861, lo Stato Italiano. assicurare un’entrata supplementare alle proprie famiglie. Si tratta, per esempio, della Repubblica Cisalpina del 1797, Uomini per i quali, molto spesso, l'Italia non significa niente, poi diventata Repubblica italiana nel 1802, che si trasfor- se non un’idea astratta, confusa e senza nessun legame merà infine in Regno d'Italia dal 1805 al 1814. con la vita quotidiana. Nel 1802, per istituire la Repubblica italiana e definirne la forma costituzionale, Napoleone Bonaparte riunisce Prima del 1861 i migranti che arrivano a Lione, bisogna a Lione, nell'antica cappella della Trinità (attuale Liceo dire che non sono a tutti gli effetti dei veri e propri italiani, Ampère), una “Consulta” straordinaria. Allora 452 deputati dato che lo Stato-nazione non esiste ancora, ma piuttosto italiani raggiungono la capitale del Rodano e si riuniscono abitanti dei vari regni e ducati che compongono la penisola. dall'11 al 26 gennaio sotto la direzione del primo console A questo proposito, se consultassimo gli archivi francesi dell’epoca e che sarà eletto, alla fine della Consulta, presi- tra gli anni 1815 e 1860, potremmo restare sorpresi dal dente della Repubblica italiana. fatto che le designazioni amministrative dell'epoca non 12 L’origine del movimento (1815-1914) Partire tengono conto della realtà degli stati esistenti. Per esempio, nella maggior parte dei documenti rilasciati dalla burocrazia francese, si distinguono chiaramente gli abitanti della Il punto di partenza Savoia da quelli del Piemonte, nonostante entrambe le popolazioni provengano dal Regno di Sardegna. Al contrario, gli abitanti degli altri principati e ducati della penisola, All'inizio del XIX secolo i migranti d'oltralpe che arrivano allora ancora poco numerosi a Lione, sono definiti indistin- a lavorare a Lione sono originari, in otto casi su dieci, del tamente con il termine di “italiani”. Piemonte1. Ciò è dovuto naturalmente alla vicinanza L'appartenenza nazionale è dunque una nozione ancora geografica di questa regione, in un’epoca in cui i mezzi fluida e senza grande consistenza perfino per i burocrati di trasporto sono rudimentali. Ma non tutte le province dell'amministrazione francese, nonché un’idea molto del Piemonte partecipano in egual misura ad alimentare lontana dalle preoccupazioni quotidiane dei migranti che questo flusso migratorio. Gli abitanti del sud della regione vengono a lavorare a Lione. si orientano perlopiù verso le regioni di Nizza o Marsiglia, Dopo il 1831, l'esilio in Francia dei partigiani del Risorgimento italiano. 13 L’origine del movimento (1815-1914) dove la diaspora transalpina è già molto importante. Coloro vera e propria cultura della mobilità che marca profon- che raggiungono Lione sono originari soprattutto delle damente l'organizzazione dei gruppi sociali e i loro stili di zone settentrionali: la provincia di Torino, che fornisce un vita. Nella seconda metà del XVIII secolo, la popolazione dei terzo circa dei piemontesi di Lione, e le valli alpine del nord, piccoli villaggi alpini aumenta ed i mezzi di comunicazione in particolare quelle della provincia di Vercelli e di Biella o iniziano a migliorare. I migranti cominciano dunque ad del Verbano-Cusio-Ossola, che all'epoca fanno parte della avventurarsi al di là delle Alpi, e Lione diventa il punto di provincia di Novara. arrivo per certe valli alpine del nord del Piemonte. Molto indietro rispetto al Piemonte troviamo altre regioni La Valsesia, la Val Sessera, la Val D'Ossola, la valle dell'Elvo, come la Lombardia, l'Emilia-Romagna, il Veneto, il Friuli e del Chisone, dell'Orco, per non citare che le più importanti, la Toscana, che giocano un ruolo secondario nell'emigra- sono sempre più attratte dal fenomeno migratorio verso zione italiana a Lione, anche se sono all'origine di filiere la regione lionese. Ma la logica di questi flussi migratori professionali che mostrano la complessità e la ricchezza non ha subito modifiche durante gran parte del XIX secolo: di questa diaspora italiana. Gli immigrati provenienti dal le emigrazioni stagionali restano la norma e, nella maggior parte dei casi, i migranti partono per un soggiorno Mezzogiorno, invece, sono quasi completamente assenti. di breve durata nella città di Lione. Bisognerà attendere Secondo la loro regione o provincia di provenienza, gli la fine del secolo e la Grande Depressione degli anni ’80 italiani hanno mestieri e competenze particolari e nel dell'Ottocento perché questo fragile equilibrio, che para- contempo, come vedremo, numerosi punti in comune. La dossalmente ha permesso alle società rurali piemontesi di maggior parte proviene da zone di montagna ed è costituita sopravvivere, sia sconvolto e perché l'esodo rurale cominci da contadini. Le attività agricole, in Piemonte, poggiano davvero a svilupparsi. sull’allevamento di bestiame, sulla coltivazione di terreni Questo modello, valido per tutto il Piemonte, può essere di dimensioni molto ridotte e assai poco produttivi, e sulla ritrovato, in maniera quasi identica, nelle altre valli della produzione di castagne e di noci. Questo sistema agro-pa- Toscana, del Friuli o della Lombardia, ma su scala minore, storale alpino non è però sufficiente al sostentamento e visto che l’emigrazione non ha assunto le stesse dimensioni, ai bisogni delle famiglie e, ben prima del XIX secolo, l'arti- perlomeno prima dell’ultimo ventennio dell’Ottocento. gianato diventa un'attività complementare all'agricoltura. Ogni valle sviluppa dei settori particolari - muratori, ges- Il viaggio satori, falegnami, stagnini, venditori ambulanti, tessitori, ecc. - e a partire dall'epoca moderna, in numerose valli alpine, una buona parte della manodopera espatria per All'inizio del XIX secolo, gli italiani che arrivano a Lione andare a lavorare alcuni mesi all'anno nei piccoli villaggi sono dunque, per la maggior parte, dei migranti stagionali. dell'arco alpino e, qualche volta, anche oltre. Ma non tutti seguono le stesse pratiche migratorie. Alcuni vengono a Lione solo durante la stagione invernale, quando L'emigrazione non rappresenta allora una rottura defini- i lavori agricoli sono ridotti. È il caso per esempio degli sta- tiva, poiché il ritorno in patria costituisce sempre l'obiettivo gnini e dei lattonieri della Val Bognanco, all'estremo Nord di tutti coloro che decidono di partire. Il viaggio quindi non del Piemonte. Altri invece, come i pittori e i gessatori della è vissuto come un trauma, ma anzi come un elemento Valsesia, lasciano i loro campi all'inizio della primavera e normale della vita quotidiana che interessa, di generazione vi fanno ritorno verso la fine dell'autunno, nel momento in generazione, numerosi abitanti delle campagne. Le zone in cui il freddo rende impossibile il lavoro nei cantieri. In maggiormente toccate dall'emigrazione sviluppano una entrambi i casi si tratta di un’emigrazione esclusivamente 14 L’origine del movimento (1815-1914) maschile, contrariamente agli operai della seta della provin- dovevano, per esempio, percorrere il colle del Sempione a cia di Torino, dove la manodopera femminile è dominante. 2000 metri di altitudine. Coloro che volevano andare verso Ma tutti perseguono lo stesso obiettivo: mettere il denaro la Savoia o la regione lionese passavano, invece, per il colle da parte, spesso somme modeste, e riportarlo in patria per di Valdobbia, a 2480 metri, che permetteva loro di raggiun- permettere alla famiglia di rimborsare un debito, comprare gere la Valle d'Aosta. Dovevano in seguito affrontare il colle un appezzamento di terra o qualche capo di bestiame. del Piccolo San Bernardo a 2188 metri per poi raggiungere la valle della Tarentaise. Oltrepassare queste montagne, in All'inizio del XIX secolo il viaggio è effettuato essenzial- un'epoca in cui le strade di montagna erano simili a delle mente a piedi, qualche volta utilizzando le rare diligenze che mulattiere, costituiva un vero pericolo, soprattutto per percorrono alcune parti del tragitto. Le tappe sono lunghe quelli che sceglievano di partire alla fine dell'autunno o all'i- ed estenuanti poiché bisogna perdere meno tempo possibile nizio della primavera. La neve in questo periodo ricopriva seguendo dei sentieri impervi che qualche volta raggiun- ancora le montagne, e le valanghe o la minima variazione gono i 2000-2500 metri di altitudine. I piemontesi delle valli delle condizioni atmosferiche potevano rivelarsi tragiche settentrionali che cercavano di raggiungere la Svizzera per chi si avventurava a simili altitudini. La diligenza, un mezzo di trasporto spesso inaccessibile ai migranti italiani del XIX secolo. Qui, una di quelle che svolgevano la tratta tra Lione e Torino. 15 L’origine del movimento (1815-1914) La traversata della Valle d'Aosta, 1850 ca. Il colle del Piccolo San Bernardo, 1850 ca. Nel corso di questo viaggio, alcuni migranti andavano La ferrovia si rivela una vera e propria rivoluzione che ha modi- regolarmente incontro ad una fine prematura e, le regioni ficato profondamente l'emigrazione italiana e che ha permesso erano attraversate da leggende che narravano dei morti in una maggiore mobilità degli individui, favorendo, in veri e pro- montagna e degli spiriti che accompagnavano i viaggiatori pri esodi rurali, la trasformazione delle migrazioni stagionali. durante la pericolosa traversata. Qualcuno allora comincia ad interessarsi al rischio che Il Rifugio Sottile in cima al colle di Valdobbio (2.480 m di altitudine). comportano questi viaggi della speranza. E così nel 1823, viene costruito un rifugio per i migranti in cima al Passo di Valdobbia, una montagna che domina la Valsesia e che all'epoca è un passaggio utilizzato da un numero sempre crescente di migranti italiani. Il promotore di questo progetto, Nicolao Sottile, è un abate della Valsesia i cui genitori erano originari del comune di Rossa. Ma lui è nato a Lione, nella parrocchia di Ainay, dove suo padre, Carlo, era impiegato come mastro-scultore del gesso, cosa che non sorprende vista l’importanza degli artigiani della Valsesia a Lione. Le condizioni di viaggio cominciano a migliorare solo verso la fine del XIX secolo. A partire da metà Ottocento alcuni tratti possono essere realizzati in treno, e gli scavi di tunnel ferroviari permettono, a partire dal 1870, di evitare scalate estremamente pericolose (vedi pag.17). Come il tunnel del Moncenisio, che collega Modane a Bardonecchia, inaugurato nel 1871 dopo una quindicina d’anni di lavori. Molto prima il tunnel del Sempione, che sarà aperto alla circolazione ferroviaria soltanto nel 1906. 16