Le albe del faro ei tramonti del Mulino a Vento

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Le albe del faro ei tramonti del Mulino a Vento
Viaggi nel gusto · turismo
Salento
Le albe del faro
e i tramonti
del Mulino a Vento
Viaggio in Terra
d’Otranto,
tra baie leggendarie
e campagne assolate,
dove scenari
paesaggistici di rara
bellezza riservano
scoperte
gastronomiche,
artigianali e ricettive
che tributano all’antica
tradizione salentina
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L
a Puglia custodisce il lembo
di terra più orientale d’Italia,
un’estrema falda nel sud-est
della penisola salentina che si raccoglie
attorno a Otranto, la città italiana che
vede per prima sorgere il sole.
Questo ciglio levantino si protende sulla costa in lunghe fasce sabbiose fatte di baie abbracciate da ruvide
di Sabrina Merolla
conduttrice televisiva e scrittrice
[email protected]
scogliere che, imponenti, delimitano
l’affaccio adriatico degli spazi interni.
Il limite terrestre è segnato dal Faro
di Punta Palascìa, uno dei cinque
fari del Mediterraneo tutelati dalla
Commissione Europea. È meta ambita e ricercata da chi vibra della poesia
dell’alba che può essere goduta ai suoi
piedi e che la notte di San Silvestro ri-
chiama una moltitudine di persone in
attesa che sorga il nuovo anno in Italia.
Siamo a Capo d’Otranto che, secondo le convenzioni nautiche, è il punto
di separazione tra il Mare Adriatico e il
Mar Ionio. Da qui si scorge la costa albanese, distante 75 km nel punto più
stretto del canale.
La fascia costiera che conduce a
Leuca, nel finis terrae all’estremo sud,
è un susseguirsi di scenari brulli, a strapiombo sul mare, che fanno di questo
percorso una delle strade panoramiche
più belle d’Italia. Nel suo tratto iniziale, a meno di 8 km da Otranto, si
apre l’incantevole insenatura di Porto
Badisco che la leggenda considera il
mitico approdo di Enea, dopo la fuga
da Troia. Irrinunciabile un tuffo a ogni
fiordo, per poi immergersi nell’assolata campagna dell’entroterra, sempre
poco distante dal mare. Distese di
uliveti e vigneti, puntellati dalla vivida macchia mediterranea, sconfinano
nei cieli bassi e liquidi che ammantano
paesi custodi ancora oggi di tradizioni
secolari e testimonianze della civiltà
contadina del mediterraneo.
A brevissima distanza dalla rada
dell’eroe virgiliano, e ad appena 6 km
da Otranto in direzione interna, incontriamo Uggiano La Chiesa, poco
più di 4.000 abitanti insieme all’attigua frazione di Casamassella, con un
patrimonio di risorse agroalimentari
che lo annoverano nella rete delle città del pane e dell’olio, i due prodotti
simbolo di questa terra. Questo piccolo borgo rurale accoglie i visitatori
nella graziosa piazza centrale, fulcro
della vita del paese, dove sorgono gli
antichi monumenti che ne raccontano
la storia e le tradizioni. Imperdibile il
colpo d’occhio alla facciata della chiesa matrice, patrimonio architettonico
del Settecento, che rappresenta uno
splendido esempio di transizione dal
barocco al neoclassico. L’imponenza
della pietra gialla, il carparo salentino, sembra contagiare tutta la piazza
dove si erge, ancora integra, una torre
di avvistamento, presidio a protezione
di Otranto, quindi “vigilarium” da cui
deriverebbe il nome del paese.
Baciati dal sole, ci inoltriamo nella
campagna. Direzione, località Mulino
a Vento, così chiamata perché, secondo la leggenda, proprio qui un uomo
tentò di usare l’energia del vento per
azionare il frantoio ipogeo (trappitu)
scavato in questo luogo e alleviare le
sue fatiche. La struttura risale al 1688
ed è stata attiva per più di due secoli.
Si scende in una grotta scavata nella
roccia, con diversi ambienti, ognuno
adibito alle varie fasi di lavorazione
delle olive che venivano macinate sotto grandi pietre molari, fatte girare da
un asino. Il frantoio, aperto alle visite,
è stato integralmente ristrutturato dalla famiglia D’Alba che ne ha creato attorno il Mulino a Vento Resort (vedi
box a lato) immerso tra gli ulivi secolari, per favorire il contatto con la
Mulino a Vento Resort
Uggiano La Chiesa (Le)
Nell’estremo lembo orientale
della Puglia, a 6 km da Otranto,
sulla strada che conduce
all’insenatura di Porto Badisco,
leggendario approdo di Enea, si
stende il resort Mulino a Vento.
Immerso tra mangifici ulivi
secolari, prende il nome
dall’antico frantoio ipogeo del
1688, visitabile e completamente
restaurato. Il ristorante, dedito
alla tradizione salentina, utilizza
prodotti e ricette tipici della Terra
d’Otranto, come gli emblematici
“Ciciri e tria”, la versione salentina
della comune “pasta e ceci”.
L’impegno dei padroni casa
Giuseppe e Antonella D’Alba è
teso a valorizzare ogni sapore
contadino e marinaro del
Salento, in una continua
modulazione tra rustico e
rinnovato. Ampi spazi
sconfinanti nel verde e viali fra
muretti a secco, fanno da cornice
alle camere, impreziosite da
verande esterne in cui potersi
godere momenti in piena
serenità. L’alchimia di profumi e
la visione distesa di una natura
incontaminata crea incredibili
sfumature. Lasciarsi inebriare
sarà travolgente appena giunti
nel Salento.
In apertura, l’insenatura di Porto
Badisco, in terra di Otranto. A destra il
Faro di Punta Palascìa a Capo d’Otranto.
Nella pagina accanto, la chiesa Matrice
nella piazza principale di Uggiano la
Chiesa e le scogliere della Baia
dei Turchi a Otranto
Mulino a Vento Resort
Via Porto Badisco
Uggiano La Chiesa (Le)
T. 0836. 812942
www.mulinoavento.it
Italia a Tavola · agosto/settembre 2013
agosto/settembre 2013 · Italia a Tavola
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turismo · Viaggi nel gusto
Viaggi nel gusto · turismo
Sopra, i “Ciciri e Tria” della tradizione gastronomica del Mulino a Vento Resort e l’antico frantoio ipogeo visitabile in azienda.
Sotto, il laboratorio di tessitura della Fondazione Le Costantine a Casamassella (Le) e una collezione di “Uccelli della Pioggia” del
maestro ceramista Agos Branca di Tricase (Le). Nella pagina accanto, la piscina a sfioro del resort nel giardino mediterraneo
rigogliosa natura circostante. Il luogo
è un invito a vivere i colori e i profumi del Salento, dalla prima colazione
ai tramonti a bordo piscina, distesi a
sorseggiare un calice di Malvasìa.
In quest’oasi di serenità, la cucina
è semplice e genuina, fondata sui piatti
tipici locali della tradizione salentina. Il
ristorante utilizza prodotti e ricette che
solo la Terra d’Otranto offre, come gli
emblematici Ciciri e tria, un piatto di
archeologia culinaria. La “tria” è una
sorta di tagliatella fatta con acqua e farina e condita con i “ciciri” (ceci). Gli
scarti di pasta vengono tagliati a pezzi
irregolari e fritti, ottenendo i cosiddetti
“frizzuli” che danno al piatto consistenza croccante, esaltata dall’aroma di cannella e chiodi di garofano.
Il viaggio nel gusto prosegue affondando nelle suggestioni di un tempo
passato. Pochi chilometri, anche in
bici, e siamo nella frazione di Casa-
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Italia a Tavola · agosto/settembre 2013
massella dove una residenza di campagna, annunciata da un folto bosco di
querce e ginestre, ospita la Fondazione
Le Costantine (via Costantine frazione
di Casamassella - Uggiano La Chiesa Tel 0836 812110 www.lecostantine.
eu), votata a elevare in spirito ed economia le donne del paese. La visita a
questa tenuta biodinamica riserva un
laboratorio di tessitrici che, “cantando
e amando”, riprendono con maestria e
dedizione tecniche di tessitura risalenti anche a centinaia di anni fa. Dagli
antichi telai di legno a quattro licci
prendono forma manufatti preziosi,
realizzati con fibre e colori naturali o
con tinture vegetali. Sfilano tappeti,
magnifici arazzi, asciugamani, tovaglie
e sciarpe in cashmere. Ogni prodotto
realizzato dalle donne di Casamassella
è contrassegnato da un’etichetta, a garanzia di eccellenza e autenticità. I colpi del telaio scandiscono trame e orditi
e si confondono con la voce incontaminata della natura circostante.
La scoperta dell’artigianato salentino prosegue verso sud, a Tricase, dove
possiamo concederci una giornata in
bottega dallo scultore ceramista Agos
Branca (via Tempio, 32 - Tricase www.branca.le.it) che, con la sua abilità
manuale, ha reso la ceramica popolare
salentina un tesoriere di ricerca culturale e stilistica. La sua specialità è la
maiolica che forgia gufi e civette e si
esalta nelle forme smaltate dei magnifici “uccelli della pioggia”, oggetti emblema della sua produzione artistica. Se
il coinvolgimento è irrefrenabile, possiamo sederci al tornio e abbandonarci
all’argilla che ruota fra le mani, fino a
dar forma al nostro senso di scoperta,
sotto la guida coinvolgente e spronante del maestro che fornisce materiale e
arnesi. L’alternativa è aggirarsi nel fitto
crogiuolo di oggetti della civiltà con-
tadina locale sublimati a opere d’arte,
e perdersi nella scelta del ricordo da
ostentare a casa.
L’evasione trova sempre spunti
formativi e io assecondo la mia brama
di scoperta sollevando una lucerna in
terracotta. Scopro che si usava per andare a caccia di cozze monicedde, non
quelle marine ma quelle terrestri. Così
i leccesi chiamano le lumachine che
spuntano dal terreno umido, dopo la
pioggia per naufragare in una teglia
condite con olio, cipolla, alloro e un
bicchiere di vino bianco secco.
Il richiamo enoico mi conduce a
Galatina, nel cuore del Salento dove su
un’altura infoltita da un bosco, si staglia la Cantina Santi Dimitri (vedi box
sotto), con una proprietà rurale di 200
ettari, di cui 60 coltivati a vigneto. La
vocazione agricola della famiglia Vallone risale alla fine del Seicento e affiora in un influsso d’avanguardia. Nella
fiera pratica di agricoltura sostenibile
a basso impatto ambientale, questa è
fra le cantine più innovative della Puglia, con una bottaia ipogea che riserva
un’intera parete a vista di “dolomia di
Galatina”, una roccia calcarea da cui
pergola acqua al tatto. Santi Dimitri è il brand dell’omonima azienda
agricola, coniato nel 1996. Deriva da
San Demetrio (o Dimitri) e sta per
“dedicato a Demetra”, dea del grano e
dell’agricoltura, costante nutrice della
gioventù e della terra verde, artefice del
ciclo delle stagioni che accompagnano
il vino a invecchiare.
Il gusto sprofonda nella Gelatina di
Mosto di quel vino Negroamaro che riposa ad affinare nelle botti in rovere di
Slavonia. Tutt’attorno un manto silente di fusti legnosi, forzieri dell’oro rosso del Salento, infuocato da un nuovo
tramonto.
Buon vento. B cod 000000
Azienda agricola Santi Dimitri
Di proprietà della famiglia Vallone sin dalla fine del
XVII secolo, l’Azienda agricola Santi Dimitri - brand
nato nel 1996 - si estende per 200 ettari a sud di Lecce,
nella piana compresa tra Galatina, Nardò e Cutrofiano.
I terreni sabbiosi e argillosi sono prevalentemente
coltivati a vigneti e uliveti. Per interpretarne l’antica
eredità culturale, la cantina è stata disegnata da Luca
Sacchetti, uno dei maggiori architetti italiani, che l’ha
costruita in pietra leccese. La bottaia ipogea riserva
un’intera parete a vista di “dolomia di Galatina”, una
roccia calcarea da cui pergola acqua. Il concetto
aziendale si racchiude nell’assioma di famiglia: “La terra
è una creatura vivente che va nutrita e curata prima di
poter godere dei suoi frutti”. Le più avanzate tecniche
enologiche guidano la lavorazione di antichi cloni di
Negroamaro, Primitivo e Aleatico, salvati dall’estinzione
grazie a un attento programma di selezione clonale.
La supervisione di istituti di ricerca nazionali, fra cui
l’Istituto Sperimentale per la Viticoltura” di Conegliano
Veneto e il Cnr di Perugia, ha consentito all’azienda di
ottimizzare l’utilizzo delle risorse naturali, riducendo
gli sprechi e minimizzando l’impatto ambientale.
Nella produzione vinicola, spicca la qualità del Margìa
(Negroamaro, Cabernet Sauvignon e Merlot) e del
Serra dei Santi, un passito di Aleatico dai gustosi
sentori di cioccolato bianco, chiodi di garofano e frutti
di bosco. Santi Dimitri si è aperta all’accoglienza con
appartamenti vista vigna, nell’incanto del paesaggio
salentino.
Azienda agricola Santi Dimitri
Via Giudano - contrada Santi Dimitri - Galatina (Le)
Tel 0836. 565866
www.santidimitri.it
agosto/settembre 2013 · Italia a Tavola
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