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n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 Sei mesi senza Auditel Nelle scorse settimane è esploso uno scandalo legato all’Auditel: per un errore di Nielsen, sono state rese pubbliche le identità di 4000 famiglie sulle 5500 che compongono il panel, che dovrebbe essere segretissimo. Auditel ha deciso di sospendere la pubblicazione dei rilevamenti (che comunque sono andati avanti) per due settimane. Da qualche giorno i dati sono tornati pubblici (anche quelli del periodo “off”) e abbiamo capito che senza Auditel non si può stare; ma anche che con questa Auditel non si può più stare. Insomma, le rilevazioni servono, ma probabilmente non fatte e non usate così. 5500 famiglie sono davvero un campione sufficientemente rappresentativo di milioni di spettatori? Anche ammesso che si tratti di famiglie scelte in maniera equilibrata per rappresentare bene la composizione della società italiana (non basta pescarle a caso), la percentuale di errore che è ragionevole attendersi è enorme. Malgrado ciò si continuano a dare gli ascolti in termini percentuali fino al secondo decimale. Peggio ancora: si proiettano queste percentuali sull’intera popolazione arrivando a dire che quella tal trasmissione è stata vista da “due milioni e 740mila spettatori”: numeri precisi su stime che non possono esserlo. Ora Auditel, riconoscendo indirettamente che i 5500 monitorati non bastano, ha annunciato che entro la prossima primavera il campione verrà “ripulito” della porzione inquinata e verrà rimpolpato fino a triplicare: 15000 famiglie è meglio di 5000, ma senza evidenze statistiche di confronto (che Auditel non svela) è comunque impossibile conoscere i margini di confidenza del dato. Poco male – si potrebbe pensare: non è che servano dati assolutamente precisi, servono ordini di grandezza. Vero, se non fosse che questi dati, decimali compresi, nell’ansia di performance immediate che permea il mercato dei media attuale, determinano se un programma inizialmente progettato per “n” puntate possa essere interrotto dopo un paio. I dati Auditel, se diventano l’unico criterio che guida le produzioni, sono solo un incentivo a rifare le cose che funzionano subito e ad uccidere quelle che contengono elementi di forte novità e che potrebbero invece scrivere la TV del futuro. E poi, siamo così sicuri che la quantità di spettatori rappresenti correttamente la qualità dei programmi? Soprattutto, siamo così sicuri che la “gente” scelga bene? A leggere gli ascolti pare che la maggioranza delle persone evidentemente venga catturata da programmi di qualità deteriore; anzi, spesso lo sa, ma non riesce a resistere. Così una nazione con delle debolezze culturali finisce per crogiolarsi nei suoi stessi limiti, enfatizzandoli nella creazione di TV spazzatura. La TV che ha insegnato agli italiani a leggere e scrivere sembra lontana di secoli. La morale? Difficile farla per noi che non siamo tecnici pubblicitari. Ma la senzazione è che questa Auditel sia usata da funzionari TV, autori e investitori pubblicitari per limitare le proprie responsabilità: basta scegliere secondo gli indici di ascolto e nessuno potrà mai contestare la decisione. Sarebbe bello – anche se si tratta di un desiderio “ingenuo” – che le rilevazioni Auditel venissero davvero sospese per un periodo di sei mese, per esempio fino alla messa a punto del nuovo panel, giusto per vedere l’effetto che fa. Giusto per vedere emergere decisori coraggiosi e visionari sia tra chi decide i palinsesti TV che tra chi vi investe pubblicitariamente. Tornando così a giudicare la TV guardandola e non leggendo un tabulato alle 10 del giorno dopo. Gianfranco GIARDINA MAGAZINE L’Unione Europea approva la fine del roaming 02 LG: la pioggia di OLED diventa “invasione” 09 Qumi Q6, il proiettore wireless che sta nel palmo di una mano 10 Netflix, Sky Online e Premium in mobilità senza spendere troppo Milioni di italiani passano ore sui mezzi pubblici ma i piani dati della maggior parte degli operatori non soddisfano le esigenze di chi è sempre in movimento 05 Anteprima HTC One A9 L’anti iPhone è servito One A9 punta su design ed esperienza d’uso: tra i suoi punti di forza la fotocamera e la scocca in metallo 11 IN PROVA IN QUESTO NUMERO 27 Amazon Fire: a soli 59 euro questo tablet è un affare Amazon riesce a fare un “miracolo” con un prodotto valido a un prezzo eccezionale. È perfetto per i bambini 24 30 Sony Bravia X90C Moto X Style TV LCD ultra-sottile mostra i muscoli 36 B&W P5 wireless Qualità senza fili n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE MERCATO Sono state approvate anche misure per la neutralità di rete, ma con molte ambiguità L’Unione Europea approva la fine del roaming In riunione plenaria, il Parlamento Europeo ha approvato il pacchetto Telecom Single Market di Paolo CENTOFANTI I l Parlamento Europeo ha votato, durante la riunione plenaria, il celeberrimo pacchetto Telecom Single Market che, spolpato di gran parte delle sue parti durante l’iter legislativo, introduce la fine del roaming sulle tariffe telefoniche sul territorio dell’Unione Europea e nuovi principi sulla cosiddetta neutralità di rete. Il testo è il frutto di un lungo lavoro di compromesso tra la posizione del Parlamento Europeo, che aveva votato in prima lettura nel 2014 per una netta posizione sulla neutralità e per una celere e completa abolizione del roaming, e quella del Consiglio Europeo, che invece ha portato sul tavolo posizioni molto più concilianti con le richieste delle lobby delle telco. Ma andiamo con ordine. Sul fronte roaming le notizie per i consumatori sono comunque buone. Dal 30 aprile 2016 scatterà un nuovo taglio alle tariffe, che vedrà il traffico dati in roaming costare un massimo di 5 centesimi al MB, mentre le chiamate vocali avranno un tetto di 5 cent al minuto e gli SMS di 2 centesimi a messaggio. Queste nuove tariffe ci accompagneranno fino al 15 giugno 2017, data dalla quale scatterà l’abolizione totale del roaming, per cui quando si viaggerà negli altri paesi dell’Unione Europea varranno i piani nazionali, comprese le soglie di traffico previste dalla propria tariffa. Come più volte anticipato ci sarà una clausola di “fair use”, volta a impedire che vengano utilizzate in modo permanente nel proprio paese di residenza SIM attivate all’estero. Altra buona notizia prevista dalle nuove norme è un vincolo di trasparenza per gli Internet Service Provider sulle velocità di trasmissione effettive offerte dai propri servizi, con rimborso per l’utente o annullamento del contratto nel caso queste non siano poi garantite nella pratica. Più delicato il discorso sulla neutralità di rete, a partire dal fatto che tale termine non viene mai citato esplicitamente nel testo votato dal Parlamento. L’assemblea non ha, infatti, approvato gli emendamenti che erano stati presentati proprio allo scopo di eliminare diverse ambiguità e contraddizioni contenute nel testo della riforma. In più punti, infatti, compaiono delle espressioni e definizioni che lasciano la porta aperta a possibili scappatoie che di fatto minano il concetto stessa di neutralità. Come il caso dei servizi specializzati non chiaramente definiti e per i quali vale una sorta di lasciapassare alla prioritarizzazione di traffico. C’è il problema del traffico criptato (come quello delle VPN), che secondo questa legge rimane in una sorta di area grigia che potrebbe rendere lecito il suo rallentamento rispetto ad altre categorie meglio identificabili in ottica di Quality of Service. Ma soprattutto c’è un articolo particolarmente ambiguo riguardo la prevenzione della “imminente” congestione del traffico, che lascia spazio per interpretazioni che demoliscono l’intero principio di neutralità. Pur stabilendo il principio di un Internet “aperto, privo di discriminazioni e senza corsie preferenziali”, molto rimane alla fine aperto a diverse interpretazioni, compito che spetterà ai regolatori del BEREC (Body of European Regulators for Electronic Communications) e delle authority nazionali. Come hanno sottolineato molti osservatori, in pratica il Parlamento ha scelto di non scegliere. MERCATO Per il Garante questa modalità di pagamento porterà benefici nella lotta all’evasione Via libera dell’Antitrust al canone Rai in bolletta Approvata la proposta ma il costo dell’energia e quello dell’abbonamento vanno separati di Emanuele VILLA rriva il via libera dell’Antritrust all’inserimento del Canone Rai nella bolletta elettrica. Secondo il Garante, inserire questa nuova modalità di pagamento nella legge di Stabilità porterà reali benefici nella lotta all’evasione e anche all’ammontare del canone stesso. L’Authority pone comunque una condizione per la legittimità dell’operazione, ovvero che si mantengano sepa- A torna al sommario rati il costo della fornitura dell’energia elettrica da quello dell’abbonamento radiotelevisivo. Il parere dell’Antitrust è stato dunque inviato ai Presidenti di Camera e Senato, oltre che al ministro dello Sviluppo Economico e al Presidente del Consiglio dei Ministri. Il comunicato dell’Antitrust auspica anche che - a tutela della trasparenza - vengano fornite “adeguate garanzie informative in favore degli utenti finali”, per non compromettere “la possibilità di comprendere chiaramente qual è il prezzo pagato per i servizi di fornitura elettrica”. Inoltre, al fine di assicurare una concorrenza effettiva in tema di raccolta pubblicitaria, l’authority auspica che si ottenga una “separazione tra attività di servizio pubblico e attività commerciali della Rai attraverso forme di separazione più incisive di quella contabile”. Dyson accusa Bosch di barare sui test Secondo Dyson due aspirapolvere del gruppo BSH dichiarano un’efficienza energetica eccezionale ma che è tale solo in fase di test di Emanuele VILLA Dyson ha avviato un procedimento legale contro Bosch che ricorda lo scandalo delle emissioni Volkswagen. Secondo l’azienda inglese il gruppo BSH avrebbe proposto dei modelli di aspirapolvere (Siemens Q8.0 e Bosch GL80/In’Genius ProPerform) che, nonostante abbiano ottenuto l’eccezionale livello di efficienza energetica AAAA, sarebbero in grado di mantenere le promesse solo in fase di test ma non nell’uso di tutti i giorni. L’azienda inglese sostiene che i 750W pubblicizzati da BSH si mantengano tali solo in laboratorio, ma in condizioni di utilizzo standard l’elettronica di controllo aumenterebbe la potenza fino a 1600W, il che porterebbe il livello di efficienza molto più in basso, fino a un E o F. A livello procedurale, Dyson ha citato Bosch in Olanda e Francia e Siemens in Belgio. Il caso si preannuncia molto complesso: pare che il principale problema sia la procedura di test fissata dall’Unione Europea sugli aspirapolvere, secondo cui il test va effettuato con l’aspirapolvere vuoto. Questo però non corrisponde alle condizioni reali di utilizzo, poiché la presenza di polvere e detriti nel sacco impone un incremento di potenza per ottenere la medesima efficacia aspirante. Detto così, il “bug” parrebbe più che altro normativo e questo giustifica la presa di posizione di Bosch, che si dichiara incredula dell’accaduto, rigetta tutte le accuse e sostiene che tutti i dispositivi Bosch e Siemens sono misurati nel rispetto dei regolamenti europei. Sempre secondo l’azienda, le performance dei propri apparecchi nell’uso domestico sono in linea con quelle dei laboratori e ogni ipotesi contraria è fuorviante. n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE MERCATO Una decisione che è una mannaia sulle intenzioni di digitalizzare il nostro Paese L’Italia dimezza la spesa per la tecnologia L’art. 29 della legge di Stabilità introduce tagli del 50% per la spesa informatica della PA di Roberto PEZZALI n taglio del 50% alla spesa informatica della pubblica amministrazione, la stessa Pubblica Amministrazione che il Ministro Madia ha più volte affermato di voler digitalizzare, traghettando la lenta burocrazia nel futuro di Internet e del cloud. Eppure, leggendo l’articolo 29 della legge di Stabilità arrivata al Senato con i suoi 51 articoli, sembra che l’Italia voglia tornare indietro nel tempo. Al punto 3 dell’articolo 29 si legge infatti che: “La procedura di cui ai commi 1 e 2 ha un obiettivo di risparmio di spesa annuale, a decorrere dall’anno 2016, del 50 percento alla spesa annuale complessiva relativa al triennio 2013-2015 nel settore informatico”. La pubblica amministrazione, in poche parole, dovrà tagliare le spese per l’approvvigionamento di beni e servizi in materia informatica della metà, un taglio enorme che ha già sollevato diverse polemiche. Elio Catania, presidente di Confindustria Digitale, esprime tutto lo sconcerto, al limite dell’incredulità, per questa norma inserita nell’articolo 29: “Non sembra possa essere lo stesso Governo che nei mesi scorsi ha promosso il piano Crescita Digitale e la Strategia per la Banda Ultralarga e ora ordina alle Pa di tagliare del 50% la spesa in tecnologie informatiche”. “È una visione incomprensibile quella che sta dietro a questa norma - continua Catania - primo perché è in contrasto con le politiche di crescita e sviluppo dell’occupazione, di cui il digitale è il motore principale, e in aperta contraddizione con gli impegni sull’innovazione sin qui presi dal Governo. Secondo perché tagliare la spesa nelle nuove tecnologie significa tagliare proprio lo strumento principale per operare una spending review strutturale e mettere in efficienza la Pa, con tutti i benefici di cui proprio in queste ore si sta parlando, come per la trasparenza e il contrasto all’evasione fiscale. Ricordando, infine, che siamo agli ultimi posti in Ue per spesa pubblica in informatica, non posso che augurarmi che si sia trattato di una svista di percorso destinata a non lasciare traccia nella Legge di Stabilità che verrà licenziata dal Parlamento”. Si tratta di un errore? È stato aggiunto U torna al sommario Fastweb inaugura l’era dell’IPv6 in Italia Fastweb annuncia il passaggio a IPv6 per le nuove linee in 14 città italiane, per poi estenderlo via via in tutta Italia. È il primo grande Internet Service Provider italiano a farlo di Paolo CENTOFANTI uno zero di troppo? Abbiamo cercato di raggiungere il portavoce del Ministro Marianna Madia per ottenere qualche chiarimento, ma al momento non abbiamo ricevuto risposta. Una cosa va detta: la spending review non è sempre un male, e ci sarebbe da aprire un’enorme parentesi sulle spese “informatiche” della pubblica amministrazione; sicuramente si può digitalizzare l’Italia spendendo meno, ma spendendo meglio. MERCATO Dopo anni di litigi, dispetti e sentenze di tribunali Mediaset e Google fanno pace Spiragli per lavorare insieme M di Roberto PEZZALI ediaset e Google seppelliscono l’ascia di guerra. L’azienda di Cologno Monzese ha infatti comunicato di aver raggiunto un accordo congiunto che darà vita a nuove collaborazioni future. “Google/YouTube e il Gruppo Mediaset hanno concluso oggi un significativo accordo di collaborazione. L’intesa apre nuove prospettive nei rapporti tra i due player e pone contemporaneamente fine a quasi otto anni di contenziosi.” Mediaset aveva fatto causa a YouTube per oltre 65.000 video finiti sul network di proprietà di Google, video che secondo Mediaset erano finiti online per una scarsa vigilanza da parte del colosso del web, che ha respinto in questi anni ogni accusa. Dopo tanti dispetti, dichiarazioni di fuoco e tribunali, arriva ora la pace con possibilità anche di lavorare insieme a un sistema per la tutela del copyright online: “L’accordo mira allo sviluppo della presenza digitale dei contenuti Mediaset attraverso una partnership con YouTube e con Google Play - prosegue il comunicato - Si avvia inoltre una strategia congiunta per la protezione dei contenuti in ordine alla massima tutela del copyright dell’editore. Google/YouTube e il Gruppo Mediaset si danno reciprocamente atto dello spirito positivo con cui si è giunti a una collaborazione proficua e soddisfacente per il futuro delle due società.” Fastweb è il primo grande internet service provider italiano a fornire la connettività IPv6 ai suoi utenti. Già da qualche giorno, chi attiva una nuova linea nelle città di Ancona, Bari, Bergamo, Brescia, Busto Arsizio, Legnano, Livorno, Monza, Padova, Pescara, Pisa, Reggio Emilia, Varese e Verona, sarà connesso a Internet con un indirizzo IPv6, una funzionalità che sarà estesa via via anche in tutte le altre città dove è presente Fastweb. Con il passaggio a IPv6, grazie alla codifica a 128 bit, il numero degli indirizzi disponibili è talmente elevato che qualsiasi dispositivo potrà avere il suo indirizzo IP univoco pubblico. Con lo spazio di indirizzamento in IPv4 ufficialmente esaurito, quello del supporto a IPv6 è un aspetto che a breve tutti i maggiori provider si troveranno costretti ad affrontare. Fastweb precisa che tutti gli utenti riceveranno anche un indirizzo in IPv4, probabilmente non di tipo pubblico, come storicamente ha sempre fatto Fastweb sulle linee consumer. Tutti i moderni sistemi operativi desktop e mobile supportano ormai da diverso tempo il “nuovo” standard IP e nell’ultimo paio d’anni anche sui modem/router di fascia consumer ha cominciato a diffondersi la predisposizione per IPv6, per cui ormai manca davvero solo il supporto degli operatori di rete per lasciarsi alle spalle i vecchi indirizzi a 32 bit. n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE MERCATO Per risollevare un po’ la situazione si punta decisamente sui nuovi Surface e i Lumia Microsoft: bene il cloud, soffre l’hardware Pubblicato il bilancio trimestrale che presenta luci (profitti netti +2%) e ombre (ricavi in calo) Vanno bene i servizi cloud, Office 365, la parte gaming e Bing. Soffrono Lumia e Surface P di Emanuele VILLA untuale come sempre, Microsoft ha pubblicato il suo bilancio trimestrale del Q1/2016. Il primo dato di spicco è una riduzione generale dei ricavi che passano dai 23,2 mld USD agli attuali 20,4, con una riduzione superiore al 10%. Ciò nonostante, il profitto d’esercizio è calato solo dell’1% e il profitto netto è salito del 2% portandosi a 4,6 mld contro i 4,5 dello scorso anno. Numeri a parte, le tendenze sono abbastanza chiare: Surface (e in generale l’hardware) è in calo, e forse questo è il dato più significativo, mentre i servizi cloud continuano nell’ascesa (+8%). Nonostante il bilancio si riferisca a un periodo in cui Surface Pro 3 era sul mercato da circa 1 anno, è comunque significativo il passaggio dai 908 milioni dello scorso anno agli attuali 672 mln. Vedremo nei MERCATO Western Digital compra SanDisk Western Digital ha annunciato la finalizzazione di un accordo per l’acquisizione di SanDisk. L’operazione, che dovrà essere approvata dall’assemblea degli azionisti di SanDisk, verrà completata entro il terzo trimestre del 2016 e valuta il valore del produttore di memorie 19 miliardi di dollari. Western Digital è uno dei maggiori produttori di hard disk e, più recentemente, dischi allo stato solido, mentre SanDisk è specializzata nei chip di memoria, soluzioni che entreranno così a far parte della nuova realtà. “L’azienda che nasce da questa combinazione sarà in una posizione ideale per sfruttare le opportunità di crescita create dai rapidi cambiamenti dell’industria dello storage” ha dichiarato il CEO di Western Digital, Steve Milligan. L’acquisizione non avrà effetti sulla joint venture tra SanDisk e Toshiba nella produzione di chip di memoria NAND e 3D NAND, si legge nel comunicato rilasciato da Western Digital. Steve Milligan rimarrà CEO della nuova Western Digital; Sanjay Mehrotra, presidente e co-fondatore di SanDisk, entrerà a far parte del consiglio di amministrazione di Western Digital. torna al sommario prossimi mesi cosa Pro 4 e - soprattutto - Surface Book riusciranno a generare per l’azienda. E anche cosa riusciranno a fare i nuovi Lumia, visto che anche sotto questo profilo va segnalata una forte contrazione rispetto al Q1/2015. Calo delle performance anche in ambito Windows OEM e Xbox hardware, nonostante l’intera divisione gaming mostri un buon +6%. I dati positivi provengono da altre voci: per esempio Bing con un +29% grazie al passaggio a Windows 10, Office 365 con un eccellente +70% dovuto alla diffusione su dispositivi mobile e anche - in modo più marginale - allo stesso Windows 10. Al momento, la suite di produttività di casa Microsoft può vantare 18,2 milioni di abbonati. Sony acquista la divisione imaging di Toshiba Fonti attendibili di Reuters.com hanno fatto sapere che sarebbe in dirittura d’arrivo l’accordo tra Sony e Toshiba per l’acquisizione del ramo d’azienda relativo ai sensori per fotocamere. Per una cifra di 20 miliardi di yen, circa 165 milioni di dollari, Toshiba venderebbe tutto il pacchetto comprensivo degli stabilimenti giapponesi di Oita, lasciando Sony a regnare nel mercato dell’imaging. Completata l’acquisizione di Toshiba, la supremazia Sony nei confronti di OmniVision, Samsung e altri competitor sarebbe cosa certa. Dal punto di vista di Toshiba questo taglio fa parte del piano di ristrutturazione in tutti i suoi settori come promesso dal CEO Masashi Muromachi. Si attende comunque una conferma ufficiale dalle due aziende che per ora si sono rifiutate di commentare. MERCATO La crescita del mercato cinese resta l’elemento determinante per il successo di Apple Trimestre stellare per Apple. La Cina domina il mercato Apple ha pubblicato risultati finanziari solidi e superiori rispetto alle previsioni degli analisti N di Emanuele VILLA onostante la volatilità del titolo in borsa, Apple ha pubblicato una trimestrale Q4/15 decisamente solida in tutti i comparti e che - in larga parte - è andata oltre le previsioni degli analisti. Parliamo di un fatturato di 51,5 mld USD e di un utile operativo di 11,1 mld, con un tasso di crescita di alto profilo se si considerano i - rispettivamente - 42,1 mld e 8,5 mld dello stesso trimestre dello scorso anno. Dati che, come anticipato, non solo rappresentano un passo avanti importanti rispetto allo scorso anno (+22% ricavi e +31% profitti) ma superano anche le previsioni degli analisti, la cui indicazione era di 51,12 mld a livello di ricavi. Le vendite di iPhone 6S stanno decollando ma è chiaro che i risultati di questo trimestre dipendono in modo marginale dall’ultima generazione di smartphone e molto di più dalle precedenti, che hanno venduto 48 milioni di pezzi e stanno andando benissimo soprattutto in Cina. Questo mercato sta regalando grandi soddisfazioni ad Apple con tassi di crescita anche del 100%; per dare l’idea, questo trimestre la crescita del mercato cinese è stata di dieci volte superiore a quella americana e cinque volte quella del resto dell’Asia. Decisamente In salita il mercato dei Mac con 5,71 milioni di pezzi venduti, mentre si deve registrare l’ormai clas- sico declino degli iPad, che ormai cedono il 20% anno su anno. Vedremo, sotto questo profilo, quanto potrà influire il lancio del nuovo modello Pro con display più ampio (12,9 pollici con una risoluzione pari a 5.6 milioni di pixel), il cui target diverso da quello dei modelli “normali” potrebbe incrementare il fatturato del comparto tablet. n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE MERCATO Solo H3G propone due tariffe convenienti per consentire ai pendolari di godere decentemente dei servizi di streaming Netflix, Sky Online e Premium Play in mobilità Come vederli senza dover spendere una fortuna I piani dati messi a disposizione dalla maggior parte degli operatori non soddisfa le esigenze di chi è sempre in movimento L’ di Roberto PEZZALI arrivo di Netflix in Italia ha completato finalmente il panorama nostrano dei servizi di streaming: Netflix si integra alla perfezione con Premium Play e Sky Online per garantire un’offerta completa di film, serie TV ed eventi. Siamo di fronte a tre prodotti differenti, sia per target che per contenuti, ma al giorno d’oggi la ricchezza del catalogo non è tutto. Ogni giorno milioni di italiani passano ore e ore sui mezzi pubblici, metropolitane e treni, per andare al lavoro, tornano a casa stanchi la sera e non hanno sempre tempo per mettersi davanti alla televisione per poter seguire una serie TV o vedere un film. Negli ultimi giorni abbiamo avuto modo di scambiare qualche opinione su Netflix e sugli altri servizi di streaming con persone che non erano assolutamente a conoscenza del servizio, e in tutti i casi il problema è sempre lo stesso: “Ma quando riusciamo a guardarlo? Si può vedere mentre sono in treno?”. La fruizione di questi servizi in mobilità è un problema che Premium (e Infinity, che usa la stessa piattaforma) ha risolto brillantemente fornendo la funzionalità “Download & Play”, ovvero il download offline dei contenuti per poterli vedere comodamente e senza connettività. Una soluzione senza dubbio comoda, che richiede comunque spazio sul dispositivo e un minimo di organizzazione: si sceglie il film o la serie TV, si imposta il download sotto rete Wi-Fi (a casa o in ufficio) e si guardano i contenuti senza bruciare i preziosi GB del piano dati. Sky Online e Netflix, invece, non permettono questa opzione e richiedono il consumo dei GB: abbiamo provato a guardare un episodio di una serie TV su Sky Online e Netflix, circa 45 / 50 minuti, e il consumo di dati si aggira intorno ai 450/500 MB torna al sommario variabili ovviamente a seconda della qualità (che Sky permette di regolare manualmente). Si capisce subito che questi servizi non si sposano con le offerte degli operatori italiani: la media dei contratti, infatti, offre 2 GB di dati al mese, e se consideriamo che un pendolare può guardare, nel viaggio di andata e ritorno casa / lavoro, un film interno o due episodi di una serie TV, servirebbero 1 GB al giorno solo per lo streaming video. T-Mobile, in America, sta per fare il grande passo: Netflix, Hulu e altri servizi di streaming selezionati non consumeranno i dati del piano e potranno essere fruiti senza limiti dagli abbonati. E in Italia? Abbiamo guardato i piani dei vari operatori per capire quali possono essere le uniche tariffe convenienti per il popolo dei pendolari che vuole fruire, senza una spesa eccessiva, dei servizi di streaming video da un tablet con connessione 3G o LTE. TIM non ha assolutamente nulla di appetibile: Internet XL, infatti, offre solo 10 GB in 4G a 30 euro, prezzo alto e pochi dati per l’utilizzo che serve a noi. Stessa cosa per Vodafone: impensabile spendere 30 euro al mese per 20 GB, che basterebbero per circa 15/20 giorni di visione. Neppure Wind ha offerte convenienti da questo punto di vista: 12 GB sono il taglio più grande e già sono cari, 19 euro. La “salvezza” del pendolare in questo caso è H3G, l’unico operatore che di fianco alle tariffe a GB offre due strane e apparentemente “storiche” tariffe a tempo: Web 60 offre 60 ore di Internet a 9 euro, Super Web.100 addirittura 100 ore di Internet al mese per 15 euro. Purtroppo Tre ci ha informato che la Web 60 sta per essere pensionata, resterà solo la 100 ore (ma per quanto?), non è molto economica ma per un tablet è perfetta: tre ore al giorno per contenuti in streaming, con l’accortezza di mettere in modalità aereo quando non si utilizza la connessione, che viene scalata “a secondi”. La tariffa è indicata come 3G, ma l’opzione LTE dovrebbe essere gratuita su tutta la rete. L’operatore consiglia come soluzione per chi ha bisogno di fare traffico la Web Night & Day, 30 GB al mese (ma 1 GB al giorno) e navigazione gratuita flat dalla mezzanotte alle 8 del mattino: 30 GB potrebbero anche bastare, ma un solo gigabyte al giorno non offre molta serenità, perché basta un film un po’ lungo o una partita per sforare di quel poco che basta per andare extrasoglia. L’augurio, ovviamente, è che gli operatori italiani possano adeguarsi anche a questa esigenza: quasi tutti vantano promozioni e partnership con Sky, Netflix e Mediaset, ma quando c’è da “sganciare” qualche decina di gigabyte per poter fruire dei servizi anche in mobilità hanno tutti il braccino corto. NESSUN CONFRONTO È POSSIBILE NERO PERFETTO, COLORI PERFETTI LG lancia la nuova tecnologia OLED superando ogni limite qualitativo. OLED TV è l’unico tv in cui i pixel hanno la capacità di illuminarsi e spegnersi uno ad uno regalandoti il contrasto infinito e colori veri come in natura , per immagini che non temono nessun confronto. www.lg.com/it n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE ENTERTAINMENT L’app di Netflix è stata distribuita ed è disponibile su diverse piattaforme Netflix in Italia: ecco che cosa puoi vedere Netflix apre in Italia. Alla conferenza stampa dello scorso 22 ottobre alcune anticipazioni di Roberto PEZZALI N etflix arriva finalmente in Italia, dopo anni di attesa. Il servizio (clicca qui per un articolo di approfondimento) è attivo dalla mezzanotte del 22 ottobre ed è possibile provare il servizio usufruendo del mese di prova gratuito. La curiosità era tutta per il catalogo, svelato proprio la notte del lancio e decisamente vasto, più di un migliaio di titoli. Tra questi segnaliamo Narcos, Marcopolo, Sense8 e Daredevil, alcune delle più famose serie originali Netflix, ma si trovano anche alcune sorprese come Orange is The New Black. Questa serie era il fiore all’occhiello dell’offerta Mediaset Infinity: Netflix si è ricomprata i diritti dalla stessa Mediaset e ora la propone nel suo pacchetto. Tra le altre serie da segnalare Unbreakable Kimmy Schmidt e Grace and Frankie. Il primo titolo da vedere assolutamente, anche in 4K, è però il primo film originale di Netflix, Beasts of No Nation: un capolavoro con Idris Elba diretto da Cary Fukunaga che lancia il nuovo corso del colosso dello È il primo “canale” realizzato sulla base della nuova piattaforma on demand GazzaPlay sviluppato da La Gazzetta dello Sport Nuovi canali verticali arriveranno nel 2016 streaming, oltre alle serie anche investimenti su capolavori cinematografici. Su Netflix troviamo anche altre serie americane: c’è Battlestar Galactica, intero, ma ci sono anche Suits, Penny Dreadful, Pretty Little Liars, Orphan Black, Sherlock e Peaky Blinders. Interessanti anche i film del catalogo, dove troviamo ad esempio gli Star Trek, la Trilogia di Ritorno al Futuro, Trasformers e Mission Impossible. Netflix ha inserito anche alcuni titoli italiani, tra cui Generazione 1000 euro, Reality e Amiche da Morire. Un pensiero anche ai bambini: troviamo alcuni titoli “Lego”, Winx Club e How To Train Your Dragon. Il catalogo ovviamente guadagnerà automaticamente tutti i nuovi film e serie TV che Netflix proporrà nei prossimi mesi: il 20 novembre arri- verà Marvel - Jessica Jones, e a questo seguiranno anche alcuni film in esclusiva come Crouching Tiger Hidden Dragon - The Green Legend, Jadotville e War Machine di Brad Pitt. Il primo dei quattro film di Adam Sandler prodotti in esclusiva per Netflix, The Ridiculous 6, sarà lanciato invece l’11 dicembre. Netflix ha già distribuito la sua applicazione nelle scorse settimane, raggiungendo un enorme numero di dispositivi: ci sono lettori Blu-ray (LG, Sony, Panasonic, Samsung e Toshiba), console (Xbox 360 e One, PS3 e PS4, Wii U), TV (LG, Panasonic, Philips, Samsung, Sony, Toshiba) e ovviamente PC, smartphone, tablet e device per lo streaming come Chromecast, Apple TV e Android TV set top box. ENTERTAINMENT Servizio di streaming pirata che le major e Netflix combattono da tempo Popcorn Time perde pezzi: siamo all’inizio della fine? Il fork più famoso, Popcorntime.io, ha chiuso i battenti e molti sviluppatori se ne sono andati di Roberto PEZZALI L a vita di Popcorn Time, il servizio pirata di streaming basato su torrent, è appesa ad un filo. Il fork più popolare di Popcorn Time, che ricordiamo essere un progetto open source, ha infatti chiuso: Popcorntime.io non è più raggiungibile e il dominio non può essere trasferito perché lo sviluppatore che lo aveva registrato ha abbandonato il progetto. Wally, che era anche uno dei responsabili di questo fork, il più noto, ha infatti cancellato ogni log dai server, ha eliminato il codice sorgente e ha spento fisicamente le macchine che non sono torna al sommario A novembre su GazzaPlay PlayYamato Il Netflix italiano degli anime più in grado di fornire il servizio illegale. Insieme a lui, sotto la minaccia sempre più tangibile di cause legali e rimborsi milionari agli aventi diritto, se ne sono andati anche altri sviluppatori che avevano portato avanti insieme a Wally l’intero progetto dopo che il team originale l’aveva abbandonato. A questo si aggiunge anche il down di YTS, motore di ricerca torrent che era alla base dell’intero sistema di Popcorn Time: da qualche giorno non è più raggiungibile. Un duro colpo per un servizio che ovviamente non poteva avere vita lunga, anzi, è stato vivo fin troppo: alcuni fork sono ancora online e il codice sorgente dell’intera applicazione è tuttora disponibile su Github, ma senza sviluppatori e senza i siti che forniscono contenuti sarà dura andare avanti. di Paolo CENTOFANTI Cosa hanno in comune La Gazzetta dello Sport e gli anime giapponesi? Apparentemente nulla, ma in realtà sarà proprio dedicato all’animazione giapponese il primo “canale” di GazzaPlay, la nuova piattaforma di video on demand realizzata da La Gazzetta, che prevede l’apertura di diversi canali tematici in streaming dedicati “alle passioni prevalentemente maschili” o, più banalmente, agli interessi del target di riferimento della Gazzetta. Si parte con gli anime grazie a una partnership con Yamato Video, storico distributore di titoli giapponesi in Italia, con un servizio che si chiama PlayYamato (www.playyamato.com) che al lancio offrirà più di mille episodi di serie storiche. Il servizio prevederà un abbonamento da 6,99 euro al mese per l’accesso illimitato in streaming al catalogo, via web e app per Smart TV e dispositivi Android e iOS. Sarà disponibile anche il noleggio del singolo contenuto per 0,99 euro, l’opzione HD a seconda della banda a disposizione e la riproduzione offline. Prima della fine dell’anno, su GazzaPlay arriverà anche un canale dedicato all’alpinismo, e altri ancora saranno attivati nel corso del 2016. n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE ENTERTAINMENT Si avvicina il lancio dell’offerta Premium su satellite, con un nuovo decoder Premium, la Champions su satellite a gennaio Mediaset potrebbe sfruttare una enorme opportunità: portare subito Premium su TivùSat di Roberto PEZZALI M ediaset sbarca su satellite a gennaio con la sua offerta Premium: questa la notizia circolata sul web, ma non è certo uno scoop, Mediaset stessa da tempo, fin dal lancio della nuova Premium, ha annunciato l’intenzione di ampliare la sua offerta aggiungendo anche la piattaforma satellitare ad un pacchetto che già include una offerta DVB-T e una offerta streaming, con Premium Online. Molti vedono questa scelta di Mediaset come un ultimo tentativo per salvare una offerta, quella di Premium, che fatica a raggiungere i target che a Cologno Monzese si aspettavano, tuttavia non si capisce come possa una scelta che porta ulteriori costi aumentare un numero di abbonati. Il problema di Mediaset non è il digitale terrestre, ma semplicemente un pacchetto Champions League che, pur essendo pregiato, ha un costo troppo alto per quello che attualmente offre, due sole squadre italiane in gara con tifoserie che non vedono di buon occhio una pay TV guidata dalla famiglia Berlusconi, proprietaria anche del Milan. La scelta di Mediaset di sbarcare su satellite è una scelta globale, non legata al solo “Premium”: Mediaset vuole diventare una media company e se vuole ampliare i suoi canali portando anche alta definizione il satellite è una scelta obbligata, dato che sul digitale terrestre per aggiungere qualcosa bisogna anche togliere qualcosa. Mediaset però sul satellite già c’è: è su TivùSat con i suoi canali gratuiti, e non si capisce a questo punto per quale motivo Mediaset non voglia sfruttare TivùSat anche per Pre- torna al sommario La TV fa più male della carne Secondo una ricerca del National Cancer Institute, la visione di TV per più di 3 ore al giorno aumenta il rischio di mortalità e la possibilità di contrarre 8 tipi di malattie di Roberto PEZZALI mium. TivùSat ha 2.5 milioni di decoder già presenti nelle case italiane, e in molti casi siamo di fronte a situazioni dove la ricezione del digitale terrestre, per motivi geografici, non è possibile: perché non fare una offerta dedicata a questi 2.5 milioni di utenti TivùSat per recuperare 100.000 nuovi abbonati? I decoder Tivù Sat hanno due slot per le card, sono già compatibili con la codifica Nagra e tramite Tivu On sarebbe possibile supportare anche le applicazioni OTT come Premium Play e Infinity. Salvo ripensamenti dell’ultima ora, sembra invece che Mediaset voglia lanciare una nuova piattaforma basata su HEVC, con due decoder cross platform prodotti da Samsung capaci di ricevere sia il digitale terrestre sia il satellite. Secondo le ultime notizie non si tratterebbe di decoder come il MySky HD, quindi con hard disk integrato, ma di evoluti decoder con funzionalità di streaming incapaci però di registrare e di tenere in pancia contenuti. Mediaset in ogni caso non può sganciarsi dal digitale Due slot per le card e tuner digitale terrestre: questo decoder sarebbe già pronto per Premium terrestre: se per la Champions League ha i diritti di trasmissione su tutte e tre le piattaforme, per la Serie A i diritti satellitari sono di Sky, pertanto il campionato italiano non potrà passare dal nuovo decoder. Nulla vieterebbe però di utilizzare lo streaming per colmare il buco, cosa che sta già facendo con Premium Online. remium potrebbe lanciare un’offerta su satellite sfruttando una piattaforma di cui è partner, TivùSat, cercando così nuovi clienti da una platea che conta già un gran numero di utenti: perché aspettare gennaio e iniziare da zero? Una risposta ce l’ha data Marco Rosini, Direttore Commerciale di Mediaset Premium: il target di TivùSat è per l’80% free to air ed è quindi un pubblico poco propenso ad abbonarsi. L’offerta che Mediaset sta pensando per la “nuova Premium” è tutta HD con wifi per Play o Premium OnLine, una cosa che al momento, secondo Rosini, con i decoder Tivù Sat non è possibile per la bassa penetrazione dell’HD e per l’impossibilità di personalizzare l’esperienza utente con un efficiente motore di raccomandazione. “Con i nostri amici di TivùSat faremo qualche cosa sicuramente” - ci conferma il Direttore Commerciale di Premium: magari non arriverà tutto, ma gli utenti Tivù Sat possono ben sperare. Guardare la televisione per oltre 3 ore al giorno aumenta il rischio di morte per ben 8 tipi di malattie diverse. Secondo uno studio pubblicato sul numero di dicembre dell’autorevole rivista scientifica “American Journal of Preventive Medicine” l’eccessiva visione di TV non solo aumenta la probabilità di contrarre tumori o malattie cardiovascolari, ma aumenta anche il rischio di contrarre diabete, polmonite, morbo di Parkinson e malattie del fegato. Come può la TV far male? Lo studio si inserisce in un ambito più grande, quello delle connessioni tra sedentarietà e salute: l’80% degli americani guarda oltre 3.5 ore di televisione al giorno e sembra che questo comportamento possa attivare alcuni meccanismi biologici che aumentano i rischi per la salute. I risultati dello studio, che presto verranno resi disponibili per la consultazione, evidenziano come i rischi di morte per malattia siano più alti del 15% per chi guarda 3.5 ore di TV al giorno rispetto a chi la guarda meno di un’ora, e chi addirittura siede per 7/8 ore sul divano alza la percentuale ad un pericolosissimo 47%. Secondo i ricercatori sono proprio le 3.5 ore la soglia di pericolosità: passare tanto tempo davanti alla TV nella maggior parte dei casi comporta anche l’assunzione di cibo, di alcolici oppure il fumo. Dallo studio emerge anche che una corsetta o un po’ di palestra non sono un rimedio: gli effetti di una visione prolungata di TV riguardano anche coloro che fanno attività fisica, anche se ovviamente l’impatto è decisamente minore. n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE TV E VIDEO LG ha svelato i risultati di vendita delle prime settimane della “campagna” OLED LG: la pioggia di OLED diventa “invasione” A novembre arriverà anche il 65” piatto 4K, per il 55” piatto bisognerà attendere un pò... L’ di Roberto PEZZALI OLED piace all’Italia, e si vende anche bene: l’operazione “Pioggia di OLED” annunciata all’IFA si è trasformata nelle ultime settimane in una vera “invasione”: ancora non ci sono i TV piatti tanto attesi, ma i modelli curvi Full HD e 4K che LG ha distribuito nei punti vendita hanno riscosso un successo enorme. Paolo Sandri, Consumer Electronics HE Director di LG Italia, ha voluto raccontare le ultime settimane di mercato TV italiano, sottolineando come l’OLED nelle ultime settimane sia riuscita a conquistare la fascia “premium” del mercato rivitalizzando anche un segmento, quello dei TV di fascia alta, che nell’ultimo periodo soffriva parecchio. “Oggi c’è una sola azienda che sta realmente innovando il comparto TV, ed è LG. Grazie ai TV OLED abbiamo rivoluzionato il mercato e rafforzato il nostro posizionamento nella fascia high-end, permettendo al segmento dei TV di prezzo superiore ai 1.750€ di raggiungere gli 11 punti di quota in poche settimane. L’OLED è stato in grado, e lo sarà sempre di più, di rivitalizzare il mercato a valore – aumentandone la domanda – e di portare linfa all’intero comparto” – ha dichiarato Sandri - “Il nostro prossimo obiettivo è rendere l’OLED un sogno alla portata di tutti e con questi nuovi modelli abbiamo tutte le carte in regola per poterci riuscire”. LG nelle ultime 4 settimane, grazie al modello “900” lanciato in promozione solo con Unieuro, ha guadagnato rapidamente posizioni nel segmento sopra i 1750 euro sorpassando Samsung. Nella fascia sopra i 55” il TV OLED nelle ultime quattro settimane è il prodotto più venduto a valore. Sandri illustra gli obiettivi italiani: per il 2015 6 volte le vendite del 2014 (circa 1000 pezzi), per il 2016 si punta a 15000 OLED venduti. Durante la conferenza è stato anche mostrato un confronto diretto tra l’OLED LG e i suoi principali competitor: Sony e Samsung. Come sempre accade, però, i TV sono stati mostrati con la calibrazione di fabbrica, out of the box, elemento questo che rende davvero difficile dare un giudizio, considerando i gusti orientali nel proporre colori accesi e immagini dinamiche. Per quanto riguarda i nuovi arrivi, nelle prossime settimane sarà disponibilie nei negozi il TV OLED 65” piatto, con un listino di 5999 euro. Per la versione da 55” c’è da aspettare un po’: LG sta facendo di tutto per riuscire a portarli nei negozi entro Natale, ma a quanto pare la produzione non riesce a reggere la domanda europea e mondiale. Apple TV è arrivata, prezzo a partire da 179 euro Supporta le app di terze parti ed è dotata di un nuovo telecomando touch con giroscopio S ull’Apple Store è finalmente disponibile la nuova versione di Apple TV. Con l’arrivo sul sito di Apple vengono finalmente confermati i prezzi italiani che, come consuetudine ormai, sono un filo più alti del rispettivo in dollari. Il nuovo modello parte infatti da 179 euro per la versione da 32 GB, contro i 149 dollari degli Stati Uniti (cifra che ricordiamo però non include l’equivalente della nostra IVA). il modello con memoria storage da 64 GB ha invece un costo di 229 euro. Rispetto alla precedente versione, il nuovo modello monta lo stesso processore A8 dell’iPhone 6 e utilizza la nuova piattaforma tvOS, che introduce, ol- torna al sommario Samsung traccia nuove strade e crea il primo ibrido tablet-TV Si chiama Galaxy View ha uno schermo con le dimensioni di un TV da cucina e c’è anche il supporto integrato di Roberto PEZZALI TV E VIDEO Sull’Apple Store si può acquistare la nuova Apple TV, due le versioni: 32 GB e 64 GB di Paolo CENTOFANTI Galaxy View Il TV 18” che si crede un tablet tre a una interfaccia completamente rinnovata, l’App Store per l’installazione di applicazioni di terze parti, tra cui videogiochi, motivo per il quale la memoria interna comincia a diventare importante. Anche la nostra versione sarà dotata del nuovo telecomando Siri Remote, anche se per l’Italia sparisce il riferimento all’assistente vocale di Apple, visto che al lancio questa funzionalità non sarà attiva nella nostra lingua. L’hardware del telecomando sarà però il medesimo, quindi con accelerometro, giroscopio e superficie touch, il che lo rende anche un efficace controller per i videogiochi che ne sfrutteranno le caratteristiche (alla Wii per intenderci). Apple TV è disponibile sul sito Apple con disponibilità immediata e consegna (gratuita) in 3 - 5 giorni. L’abbiamo visto all’IFA e ora Samsung lo presenta al mondo in attesa di un giudizio, preferibilmente positivo. Galaxy View, questo il nome del nuovo smart TV-tablet della major coreana che vorrebbe ripetere il successo ottenuto con la creazione dei phablet: esso, infatti, monta un enorme display Full HD da 18” ed ospita nella scocca un piedistallo con maniglia da trasporto. Non che ce lo si voglia portare in treno o in autobus, ma per la visione in più stanze può essere utile, in virtù di un ingombro e di un peso che non passano inosservati. Sotto lo schermo da 18”, Galaxy View ospita un processore octa-core da 1,6 GHz con 2GB di RAM utili a supportare il lavoro delle tante app di servizi video caricate nella home: per ora ovviamente si parla di canali americani dei grandi network e delle reti via cavo, ma c’è spazio anche per le app scaricate da Play Store. Non è però al momento prevista una personalizzazione del mosaico iniziale, su cui Samsung si riserva il diritto di intervenire con aggiornamenti software futuri. Prezzo e disponibilità nel mondo arriveranno a breve, giusto il tempo di capire se Galaxy View ha una sua ragion d’essere sul piano della cucina o sul comodino della camera da letto. n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE TV E VIDEO Vivitek ha presentato il microproiettore LED Qumi Q6: è uno dei più piccoli realizzati e anche uno dei più versatili Qumi Q6, il proiettore Wi-Fi che sta nel palmo di una mano È dotato di connettività wireless, offre mirroring split screen e lettore multimediale integrato. In vendita a 649 euro L di Paolo CENTOFANTI nella memoria interna del proiettore e può essere installata semplicemente collegando il proiettore via USB al computer. Il collegamento alla rete creata dal videoproiettore è molto semplice, grazie alla visualizzazione di una schermata con i dati della rete WiFi, ma anche un QR Code per il collegamento rapido tramite l’app EzCast. Sempre per utilizzo business, Vivitek ha realizzato anche un astuccio con chiavette USB con il software precariato da distribuire ai partecipanti di una riunione, per permettere una rapida connessione al proiettore. Le sorgenti possono essere collegate non solo in Wi-Fi, ma anche tramite le due porte HDMI 1.4, di cui una compatibile MHL, e via USB in modalità video per i PC non dotati di uscita HDMI. Il Qumi Q6 è in grado inoltre di separare l’audio digitale dall’ingresso video e renderlo disponibile in analogico dall’uscita mini-jack stereo per collegare dei diffusori esterni. Se proprio serve c’è comunque anche un piccolo altoparlante integrato da 2 Watt. Il La matrice DMD da 0,45” è un piccolo capolavoro di miniaturizzazione Il battery pack opzionale da 18000 mAh, consente di utilizzare proiettore per circa un’ora e mezza a gamma di videoproiettori ultra compatti Qumi di Vivitek si amplia con un nuovo modello, il Qumi Q6, che è anche uno dei più interessanti prodotti fino ad ora. Si tratta infatti non solo di uno dei più piccoli della gamma Qumi, ma anche uno dei più versatili, grazie ad alcune funzioni rese possibili dalla connettività wireless integrata. Il Qumi Q6, con i suoi 165 x102.4 x 34 mm di dimensione, è di pochi millimetri più grande del già piccolissimo Q5, e pesa qualche grammo in più, ma nonostante questo la luminosità massima passa da 500 ANSI lumen a 800, che grazie alla lampada a LED valgono in realtà di più rispetto a una lampada tradizionale di pari flusso. Il proiettore è sempre basato su tecnologia DLP, con chip DMD da 0,45 pollici con risoluzione di 1280x800 pixel (ottenuta tramite shif ottico dei pixel), e permette di illuminare schermi fino a una diagonale di 90 pollici tra 1 e 3 metri di distanza. La vera peculiarità è però costituita dalla connettività Wi-Fi integrata, con supporto per la condivisione dello schermo da smartphone iOS e Android, rispettivamente via AirPlay (seppure “ufficiosamente” per questione di licenze) che Miracast. Il proiettore può lavorare in due modalità, come access point, quindi condividendo la connessione a Internet con il dispositivo collegato in wireless, oppure in normale Wi-Fi Direct. La prima modalità lo rende particolarmente comodo quando il proiettore viene utilizzato ad esempio per tenere presentazioni in riunioni, per mantenere il proprio dispositivo connesso a Internet. Oltre alla normale condivisione dello schermo però, il Qumi Q6 supporta anche una modalità split screen che consente di collegare simultaneamente e senza fili fino a quattro dispositivi contemporaneamente, per visualizzare quattro presentazioni o qualsiasi altro tipo di contenuto. Tutto quello che occorre è l’applicazione EzCast Pro, che va installata sul proprio dispositivo mobile. Nel caso dei PC, l’app apposita è memorizzata torna al sommario videoproiettore integra una memoria da 2,5 GB per riprodurre direttamente svariati formati video con il lettore multimediale di sistema. Naturalmente è possibile riprodurre contenuti anche da chiavette o dischi USB esterni. Novità anche per il battery pack opzionale, che consente di utilizzare il piccolo videoproiettore per circa un’ora e mezza, con la massima potenza della lampada LED. Si tratta di una batteria con capacità di 18000 mAh, con selezione automatica della tensione di ricarica, che può essere utilizzata non solo per alimentare il proiettore, ma anche per ricaricare smartphone, tablet o persino il laptop. Durante la presentazione abbiamo avuto modo di vedere il piccolo Qumi Q6 in azione, tra l’altro su uno schermo più grande dei 90 pollici di dimensione massima dichiarati, e ci ha sorpreso per la luminosità e la brillantezza dei colori. Vivitek dichiara un contrasto nativo di 30.000:1, valore che non sappiamo quanto sia realistico, ma di certo il Qumi Q6 vanta un rapporto di contrasto che ci è parso rispettabilissimo, soprattutto considerando le ridottissime dimensioni di questa macchina. Il Vivitek Qumi Q6 è disponibile ad un prezzo di 649 euro nei colori nero, bianco, arancione, rosso, blu chiaro, oro e grigio. n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE MOBILE La famiglia HTC One si allarga con un nuovo protagonista; fotocamera e scocca in metallo sono i suoi punti di forza HTC One A9, l’anti iPhone che assomiglia all’iPhone HTC A9 crea un nuovo segmento “premium” che punta su design e esperienza senza badare troppo alla scheda tecnica di Roberto PEZZALI arrivo di HTC One A9 non è una sorpresa per nessuno: da mesi sul web circolano fotografie che mostrano uno smartphone che per molti è un clone dell’iPhone, ma che per HTC rappresenta lo smartphone che dovrà combattere proprio il predominio dell’iPhone sul mercato. Se HTC One M9 è potenza pura, idea rinforzata da una scheda tecnica che parla da sola, One A9 è un prodotto diverso, pensato proprio per chi si disinteressa di memoria o processore e desidera un telefono che fa belle foto, con una batteria che dura tanto e soprattutto bello da vedere. Siamo stati all’anteprima del nuovo One A9 e abbiamo potuto toccare da vicino il primo esemplare della nuova famiglia A, un prodotto che sulla carta può sembrare un classico da fascia media, ma che tra le mani dà effettivamente la sensazione di essere un vero top di gamma. HTC va giù duro con il prezzo: 599 euro in Europa, 629 euro probabilmente in Italia per un prodotto che non è per tutti. HTC A9 è uno smartphone Android da 5” che fa del design il suo punto di forza: la scocca in alluminio è disponibile in quattro diverse finiture che si ispirano a metalli presenti in natura e il risultato, grazie anche a una finitura “spazzolata”, è decisamente piacevole. La somiglianza con l’iPhone effettivamente c’è, ma dentro l’A9 si possono leggere anche tanti tratti del design che ha distinto le ultime generazioni di telefoni HTC. L’obiettivo dell’azienda, e lo abbiamo già detto, non è far breccia nei cuori degli appassionati di tecnologia che senza tanta memoria, mucchi di pixel e processori con tanti core guardano agli smartphone con diffidenza, ma puntare tutto su chi non sa neppure a cosa serva 1 GB di RAM e un processore con quattro core. Ecco perché il display è un AMOLED Full HD, il processore uno Snapdragon 617 con modem LTE e a bordo troviamo solo 2 GB di RAM e 16 GB di storage (espandibili tramite SD): HTC ha preferito spingere su materiali, user experience, audio e fotocamera. Provando per qualche ora l’HTC One A9 tre cose ci hanno colpito: la qualità e la luminosità dello schermo, la velocità impressionante del sensore per le impronte digitali frontale e il feeling, con un bilanciamento perfetto tra peso (143 grammi) e dimensioni. Per quanto riguarda l’audio, HTC ha utilizzato un DAC da 24 bit 192 kHz con processamento Dolby e certificazione Hi-res Audio: HTC ci assicura L’ torna al sommario che l’esperienza di ascolto è unica, e sarà una delle prime cose che proveremo quando arriverà in redazione lo smartphone. Altra cosa che non siamo riusciti a provare ma che dovrebbe essere un altro dei punti di forza dell’A9 è l’esperienza fotografica: la camera Ultrapixel F2 è stata inserita sul frontale, dove pixel più grandi aiutano in situazioni di bassa luminosità, mentre sul retro HTC ha usato un nuovo modulo da 13 Megapixel stabilizzato ottico. L’azienda ha anche modificato il software della fotocamera: lo scatto in RAW già c’era, ma ora è possibile sviluppare i RAW direttamente dallo smartphone. Al momento questa opzione è abbastanza povera: manca la possibilità di variare i parametri e viene usata una curva standard. One A9 ha ovviamente a bordo Android, ma HTC ha pensato di lanciarlo già con Android 6.0 Marshmallow arricchito con la sua interfaccia HTC Sense, che va a correggere alcune scelte fatte da Google per il suo sistema in versione stock. Una scelta vincente, anche perché le prestazioni per quel poco che abbiamo potuto provare sono eccellenti. La presenza di soli 16 GB di spazio e lo slot di espansione SD sono perfetti per chi vuole espandere veramente la memoria interna: solo Android 6.0 riesce a farlo gestendo un unico spazio e non due spazi separati. Android 6 dispone poi di Doze per il risparmio energetico e ha anche una serie di API native per il fingerprint, elementi che rendono l’autenticazione sull’A9 immediata non appena si appoggia il pollice. Un bel telefono senza dubbio, con un prezzo importante che non deve però bloccare il consumatore: è vero che 2 GB di RAM e uno Snapdragon 600 non sono elementi da top di gamma, ma basta toccarlo e giocarci un po’ per rendersi conto che forse non sono quelli i parametri di acquisto da considerare. n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE MOBILE Quella di EXPO è stata la trasmissione test su più ampia scala effettuata fino ad ora TIM ed Ericsson mettono LTE Broadcasting alla prova La tecnologia di trasmissione LTE Broadcasting è stata testata con il concerto di Max Gazzé L di Paolo CENTOFANTI a tecnologia LTE Broadcasting ha fatto il suo debutto a EXPO 2015, con quella che è stata forse la trasmissione test su più ampia scala effettuata in Italia fino ad oggi. Il 19 ottobre, in occasione di un concerto live di Max Gazzé all’interno dell’esposizione universale, TIM ed Ericsson, in partnership con Samsung, hanno infatti trasmesso l’esibizione in LTE Broadcasting su tutta l’area del sito di EXPO 2015, 1.1 milioni di metri quadri. Come ha sottolineato durante la presentazione della sperimentazione Guido Arnone, Direttore Technologies & Digital Innovation di EXPO 2015, con il suo picco di 272.000 visitatori in un’unica giornata, la manifestazione è a un passo ad entrare nella top ten delle città più popolose d’Italia. Stando ai dati rilasciati da Andrea Costa, responsabile Progetto Expo 2015 di Telecom Italia, nei primi 5 mesi della manifestazione sono stati scambiati 10 TB di dati su rete mobile dal sito dell’esposizione, oltre il 70% su LTE. Ed è proprio in situazioni come queste che l’LTE Broadcasting ha la sua principale destinazione d’uso. Per chi non ne ha ancora mai sentito parlare, si tratta di una particolare funzionalità prevista dallo standard LTE, che consente di riservare parte della banda della rete mobile per trasmettere uno stesso flusso dati a un numero illimitato di utenti. Normalmente, se diverse migliaia di terminali cercassero di accedere simultaneamente a uno stesso contenuto, porterebbero velocemente alla congestione totale della rete, visto che ciascuno di essi aprirebbe una sessione indipendente di download; con LTE Broadcasting si evita tutto ciò trasmettendo il contenuto su un solo “canale” accessibile a Andrea Costa, responsabile Progetto Expo 2015 di Telecom Italia, alla presentazione della sperimentazione. torna al sommario Samsung brucia le tappe Galaxy S7 arriva il 15 gennaio? Inizia il valzer dei rumor sul prossimo top di gamma di casa Samsung, il Galaxy S7 Voci insistenti lo danno in presentazione già a gennaio (ma non al CES), anticipando di un mese la tabella di marcia classica tutti, in modo non diverso rispetto a una normale trasmissione TV o radio, solo che in questo caso viene impiegata appunto la tecnologia LTE. Il risparmio di banda, potenzialmente, è notevole. Nel caso della sperimentazione effettuata ad Expo, TIM ha “sottratto” alla rete che copre la manifestazione, la banda necessaria per trasmettere tre flussi video da 3 Mbit/s ciascuno in broadcasting. La trasmissione è stata effettuata utilizzando le normali frequenze commerciali, anche se per l’evento è stata utilizzata una rete non accessibile dal pubblico. Tramite un’app realizzata appositamente per la serata, installata su dei Samsung Galaxy Note 4, gli utenti potevano seguire il concerto dal vivo sullo smartphone da qualunque punto di EXPO 2015, oppure passare in tempo reale a uno degli altri due contenuti video trasmessi simultaneamente. Insieme ai video venivano trasmessi anche ulteriori contenuti, come schede di approfondimento e i tweet relativi all’evento, tutti accessibili sempre all’interno della stessa app. Per il terminale dell’utente, anche se non si tratta di un servizio on demand, è come accedere a un normale video in streaming, per cui si tratta di una sessione dati a tutti gli effetti, sia in termini di traffico “consumato”, che di impatto sulla batteria. Nel caso della visualizzazione dei tre contenuti disponibili si ha poi la decodifica simultanea dei video, per cui il carico non è indifferente. Nell’ora di concerto, il dispositivo a nostra disposizione ha visto un consumo di circa il 30% dell’autonomia della batteria, mantenendolo attivo per tutta la durata. La tecnologia funziona bene e gli scenari di utilizzo non mancano. Nel caso di un concerto live, può essere interessante per trasmettere il feed della regia video per gli spettatori molto lontani dal palco, oppure ancora per la messa in onda di backstage e informazioni. Ma si pensi ad applicazioni quali comunicazioni di emergenza da parte delle autorità, contenuti informativi presso fiere e manifestazioni, trasmissione di replay e approfondimenti durante eventi sportivi e così via. La tecnologia è sicuramente ormai matura, anche perché, come ci ha confermato Aurelio Severino di Ericsson, si tratta principalmente di un aggiornamento solo software di alcuni nodi della rete, mentre secondo Qualcomm, dal 2016 anche gli smartphone sotto i 100 euro saranno in grado di supportare questa modalità. Resta da capire quale sarà il modello commerciale che gli operatori sceglieranno per lanciare questo tipo di servizi, l’elemento che più di ogni altro potrebbe influenzare il successo di questa tecnologia. video lab Evento EXPO 2015 Demo LTE Broadcasting TIM e Ericsson di Massimiliano ZOCCHI Nonostante Samsung non abbia ottenuto il successo sperato con Galaxy S6, l’attenzione è già focalizzata al successore, che come da tradizione dovrebbe chiamarsi S7 e avere una variante a schermo curvo S7 Edge. Voci di corridoio insistenti danno già per gennaio la presentazione di S7, con vendite a partire da febbraio. Questo romperebbe i classici schemi a cui Samsung ci ha abituato ultimamente, con gli annunci di nuovi modelli sul palco del Mobile World Congress a febbraio, e vendite a marzo. Ma attenzione: non si tratterebbe di una presentazione in grande stile al CES di Las Vegas bensì di un evento dedicato (come da tradizione) nella settimana successiva, presumibilmente il 15 di gennaio. Oltre alla data presunta di lancio non si sa molto sul telefono in sé, a parte le voci dai soliti ben informati secondo cui il nuovo top di gamma avrà una componentistica leggermente diversa in base alla regione. Il processore, secondo queste indiscrezioni, potrebbe essere uno Snapdragon 820 nella versione americana e cinese, un Samsung Exynos 8990 per la versione europea e asiatica, mentre per l’india sempre un Exynos ma nella versione 7422. Si tratta ovviamente di voci da prendere con le pinze fino a conferme ufficiali. Sembra invece quasi certo che anche Samsung salirà sul carro del Force Touch e della USB type C. n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE MOBILE Samsung SDI ha inventato una batteria che potrebbe rivoluzionare l’elettronica portatile Samsung Stripe, la batteria diventa flessibile È sottile come un braccialetto e può essere arrotolata anche 50.000 volte senza danneggiarsi di Roberto PEZZALI e batterie sono ormai parte integrante dei dispositivi di tutti i giorni, ma l’attuale forma delle celle al litio ha condizionato in questi anni coloro che hanno dovuto disegnare i prodotti, costretti a trovare il modo, non sempre semplice, di far convivere batterie cilindriche o rettangolari con dispositivi che devono diventare sempre più sottili e compatti. Samsung ha una soluzione: Stripe, un nuovo tipo di batteria al litio che il colosso coreano ha presentato in anteprima a InterBattery 2015, una fiera che si tiene a Seoul. Non è difficile capire, guardando la foto, che Samsung ha realizzato un piccolo miracolo, creando celle flessibili facili da inserire in una collana, in un bracciale o nella cover di un tablet con uno spessore di soli 0.3 mm, praticamente una carta di credito. La batteria non solo è L MOBILE OnePlus X è un eXperiment OnePlus torna a far parlare di sé con qualcosa di “sperimentale” che la startup cinese di Carl Pei vuole presentare per capire se si può aprire un nuovo orizzonte di profitti: si chiama OnePlus X (dove la X sta proprio per “eXperiment”) ed è un nuovo terminale con prestazioni ben sopra la media di uno smartphone Android ma con materiali e finiture da primo della classe. Scocca in ceramica e vetro posteriore fuse in una linea di design che flirta con iPhone 5, ma sotto il display da 5” c’è di più. Partiamo dallo Snapdragon 801 supportato 3 GB di RAM alloggiata sotto lo schermo da 5” AMOLED Full HD. I 16 GB di storage sono affiancati a uno slot microSD che potrà gestire fino a 128 GB, ideale per ospitare foto e video creati con le fotocamere fronte/retro da 13 e 8 Megapixel. A livello software, OnePlus giura fedeltà a OxygenOS, una versione rivista e ripulita di Android 5.1.1. Il prezzo si aggira attorno ai 250 dollari. Con la solita market-strategy a inviti, stavolta per 10.000 pezzi: la “guerra” per averne uno può essere lunga, ma l’attesa per vederselo recapitare a casa non sarà da meno. torna al sommario Moto X Force nemmeno con un martello rompi lo schermo Motorola annuncia il nuovo Moto X Force Il particolare schermo ShatterShield è il primo schermo infrangibile mai utilizzato su uno smartphone sottile, ma ha anche un’ottima densità di carica e resiste molto bene alle sollecitazioni. Per dimostrarlo Samsung ha creato “Band”, un cinturino per smartwatch che è in grado di aumentare l’autonomia di un orologio del 50% grazie proprio alle batterie flessibili inserite all’interno. Siamo davanti a un prototipo, ma Band può essere piegato 50.000 volte senza intaccare la qualità delle celle e alterare la capacità di queste ultime di immagazzinare energia: chi sta cercando il modo di assicurare a uno smartwatch almeno tre giorni di autonomia può trovare in Samsung un prezioso alleato. MOBILE È apparsa la pagina sullo store online americano Blackberry Priv con schermo curvo Arriva il 16 novembre e costa caro B di Massimiliano ZOCCHI lackberry Priv ormai è una certezza, e se siete tra i fan del brand canadese e non vedete l’ora di testare il primo BB basato su Android non dovrete attendere ancora molto. Sullo store online Blackberry americano è apparsa, e poi prontamente rimossa, la pagina dedicata a Priv, con tanto di caratteristiche tecniche definitive e prezzo di lancio. Per portarsi a casa il primo Blackberry con schermo curvo ci vorranno 750 dollari. Tramite questo spot involontario sono state confermate anche le specifiche tecniche che erano già circolate, oltre a qualche novità interessante. Confermato il processore Snapdragon 808, i 3 GB di RAM e le fotocamere da 18 e 2 Megapixel. Trova conferma anche la dimensione del display da 5.4” con risoluzione di 2560 x 1440 pixel e 540 DPI di densità. La batteria da 3.410 mAh, secondo la scheda pubblicata, potrà offrire fino a 22 ore di utilizzo. Nessuna novità per quanto riguarda la distribuzione nel nostro paese, mentre nel nord America i pre-ordini sono già partiti. di Roberto PEZZALI Secondo una ricerca ogni due secondi lo schermo di uno smartphone nel mondo si rompe. La notizia ancora peggiore è che un utente su cinque utilizza un telefono con il display con crepe o rotture rinunciando alla riparazione. C’è chi risolve la cosa con una garanzia e c’è chi invece promette la massima resistenza possibile: Moto X Force è il primo smartphone al mondo con display infrangibile, grazie a una nuova tecnologia di protezione denominata ShatterShield. Il display del Moto X Force è un composito di cinque diversi strati elastici in grado di assorbire ogni tipo di shock, anche quelli più duri: non è un vetro antiproiettile, ma la struttura è simile e il grado di resistenza paragonabile. Solitamente gli smartphone corazzati barattano prestazioni con robustezza, Moto X Force, invece, è un top di gamma a tutti gli effetti e lo si capisce subito dal display da 5.4” QuadHD Amoled. Il processore è il Qualcomm Snapdragon 810, assistito da 3 GB di RAM e da 32 GB o 64 GB di memoria, mentre le fotocamere sono da 21 MP posteriore e da 5 MP frontale. L’azienda ha curato in modo particolare anche l’autonomia: 3.760 mAh, con ricarica fast charge che assicura 13 ore di batteria in soli 15 minuti di carica. L’azienda non ha rilasciato ulteriori dettagli, ma ipotizziamo che Moto X Force, la versione internazionale del Droid Turbo 2 presentato in America due giorni fa, possa arrivare entro la fine dell’anno anche in Italia. I prezzi non sono noti, ma in Inghilterra costerà 499 sterline, quindi ipotizziamo circa 699/729 euro. n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE PC Yoga Home 900 è l’evoluzione di quanto Lenovo aveva già mostrato negli anni scorsi Lenovo scommette ancora sul tablet gigante Presentato un PC All-in-One Windows 10 che diventa un tablet da 27” con interfaccia dedicata L di Massimiliano ZOCCHI enovo presenta Yoga Home 900, un PC All-in-One ultrapiatto che all’occorrenza può diventare un tablet da 27”. L’azienda leader mondiale nella vendita di PC aveva già esplorato una soluzione simile anni fa con IdeaCentre Horizon. L’attenzione mediatica era velocemente sfumata, ma ora Lenovo ci riprova e per prezzi a partire da 1.549 dollari prova di nuovo ad offrire un’alternativa al tradizionale concetto di PC all-in-one. Yoga Home 900 in realtà è diverso dal suo antenato. La sua prima vocazione è essere un PC desktop grazie allo stand posteriore, senza rinunce sul fronte hardware. Può essere configurato con processore Intel Core i7, RAM fino a 8 GB e scheda grafica NVIDIA GeForce 940A. Lo storage Questo mese Microsoft rilascerà Windows 10 Fall Update Il primo aggiornamento maggiore del sistema operativo In arrivo raffinamenti grafici e l’integrazione nativa di Skype di Paolo CENTOFANTI arriva fino a 1 TB SSD, e non mancano tutte le connessioni del caso, incluse 3 porte USB 3.0.Sfruttando lo schermo Full HD da 27” touch screen, quando abbassato in posizione sdraiata Yoga Home 900 attiva l’interfaccia Lenovo Aura, già sperimentata con IdeaCentre, che presenta una selezione di foto, gaming e app educative. Secondo Lenovo nell’Aura App Store ci sono oltre 500 app dedicate. Sotto questa maschera si nasconde un normale Windows 10, che in modalità desktop offre le funzioni di un normale PC.Nel caso fosse necessario Yoga Home 900 è anche portatile (si fa per dire...), grazie alla batteria integrata che assicura fino a 3 ore di funzionamento, magari sfruttandolo per videochiamate con la webcam 1080p e doppio microfono. Al momento Lenovo non ha ancora ufficializzato la disponibilità nel vecchio continente. PC Microsoft allarga la famiglia di notebook Surface Book con una nuova configurazione Surface Book con GPU NVIDIA diventa abbordabile Con lo stesso storage del modello base, 128 di disco SSD, si può avere una GPU NVIDIA di Massimiliano ZOCCHI S urface Book sta facendo molto parlare di sé ed è considerato da molti come il notebook definitivo. Nella versione più economica, quella da 1.499 dollari, il prodotto offrirà CPU Intel Core i5, 8 GB di RAM e 128 di storage SSD. torna al sommario A novembre il primo grande aggiornamento di Windows 10 Microsoft si appresta però ad offrire un’ulteriore configurazione con qualche muscolo in più per 1.699 dollari. Anziché optare per la versione con SSD più capiente, 256 GB, gli acquirenti potranno decidere di mantenere lo stesso storage del modello base, ma avere in cambio un GPU NVIDIA anziché accontentarsi della scheda grafica on board. Il prezzo è lo stesso, è come se Microsoft offrisse nella fascia media la scelta di avere un SSD più grande oppure una GPU più potente. Non è ancora chiaro d quale GPU si tratti, anche se voci di corridoio danno come possibile una GeForce 940M o equivalente. Lo store ufficiale italiano ancora non riporta disponibilità o prezzi per il nostro mercato, vi terremo aggiornati. Microsoft ha precisato sin da subito che a partire da Windows 10, il suo sistema operativo diventerà più come un servizio in continuo aggiornamento. Fedele a questa linea, arriverà a novembre il primo update di un certo peso per il nuovo sistema, denominato semplicemente Windows 10 Fall Update o aggiornamento d’autunno. Con questo update Microsoft apporterà alcuni ritocchi che erano già stati programmati per la release iniziale, tra cui un raffinamento dei menù contestuali (tasto destro del mouse per intenderci), ma darà anche una colonna in più al menù start per offrire più spazio per le icone live, i colori per le barre delle applicazioni desktop e soprattutto le chiamate Skype saranno integrate nativamente nel sistema operativo, mentre Cortana potrà interagire con gli imminenti dispostivi Windows 10 Mobile. A quanto pare salterà invece l’aggiornamento per il browser Edge, che avrebbe dovuto introdurre il supporto per estensioni di terze parti; questo sarà rilasciato più avanti nel 2016. L’aggiornamento verrà distribuito come al solito tramite Windows Update. n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE GAMING La notizia è stata annunciata da David Cage sul palco della Games Week di Parigi DETROIT è la nuova esclusiva PlayStation 4 Torna l’androide Kara, che aveva incantato in una demo tecnica per PS3 nel lontano 2012 Questa volta con un videogioco che sarà prodotto in esclusiva per la console di Sony R di Paolo CENTOFANTI icordate Kara? Nel 2012, Quantic Dream, lo studio che ha prodotto titoli come Heavy Rain e Beyond: Two Souls, aveva presentato una demo tecnica del proprio motore grafico basato su motion capture per PlayStation 3, che aveva impressionato non solo per la sua qualità grafica, ma soprattutto per l’intensa prova di “recitazione”. All’epoca David Cage aveva affermato che si trattava esclusivamente di un prototipo non legato ad alcun gioco in produzione, per cui è è stata grande la sorpresa, durante la conferenza stampa di Sony tenuta qualche giorno fa all’edizione parigina della Games Week, quando David Cage è salito sul palco per presentare DETROIT: Become Human. Protagonista del nuovo videogioco, che sarà un’esclusiva PlayStation come gli altri titoli dello studio, è sempre Kara, l’androide che Playstation 4 a 350 euro anche in Italia Sony taglia il prezzo della PS4 in Europa dopo i tagli fatti in Giappone e in Usa: non potendo contare su forti esclusive per il periodo natalizio l’azienda ha deciso di ricorrere all’arma migliore, abbassare il prezzo della console rendendola ancora più appetibile. La versione da 500 GB costerà 349,99 euro in tutta Europa, Italia inclusa, un prezzo decisamente appetibile anche perché ci troviamo di fronte a quella che per il gaming puro è la miglior console next gen sul mercato. Sony risponde così al lancio di Halo 5 e di Rise of the Tomb Raider, le due esclusive Microsoft che dovranno rilanciare l’Xbox nel periodo natalizio. torna al sommario nella premessa originale diventava senziente durante la sua fabbricazione. Risparmiata dall’operatore che l’aveva etichettata come anomalia, il trailer mostra Kara aggirarsi per Detroit, in un mondo in cui gli androidi possono essere acquistati nei negozi per i più disparati usi. Clicca qui per il video. Kara è diversa e da quello che si può capire dal trailer si spaccia per essere umano. La ricerca della propria umanità, evocata sin dal titolo, sarà il tema centrale di questo nuovo titolo, di cui in realtà non si sa ancora molto, anche se è lecito aspettarsi un gameplay simile a quello dei due precedenti lavori di Quantic Dream. Il video è stato catturato da un rendering in tempo reale su PS4 e dovrebbe dare un’idea delle potenzialità del nuovo motore grafico. Quando potremo giocare a DETROIT? Per il momento, è un mistero. Qui il video del prototipo originale di Kara per PS3. GAMING La app è gratuita, non arriverà prima di marzo 2016 Miitomo, la prima app Nintendo Per chattare con lo smartphone di Paolo CENTOFANTI l primo software Nintendo per smartphone non è il vero e proprio videogioco che molti aspettavano: essenzialmente è una nuova versione di Tomodachi Life per 3DS, l’app che permette di chattare tramite i Mii. Dopo che Nintendo aveva finalmente annunciato che avrebbe cominciato a sviluppare giochi anche per smartphone e tablet di terze parti, c’era molta attesa per quello che sarebbe stato il primo videogioco ad arrivare. Ora Nintendo ha finalmente annunciato il primo titolo, ma chi già pregustava di giocare a Mario Bros o Zelda sul proprio smartphone, probabilmente rimarrà deluso. La prima app Nintendo sarà infatti Miitomo, che altro non è che una reincarnazione di Tomodachi Life per 3DS. Si tratta essenzialmente di un’app di comunicazione che permette di interagire online con gli amici per interposta “persona” utilizzando i propri avatar Mii all’interno di ambienti virtuali. Miitomo sarà gratuita ma prevederà degli addon a pagamento, per una maggiore personalizzazione dei propri Mii, che avranno la particolarità di essere in grado di comunicare online con gli altri avatar anche quando non siamo attivamente online. L’app Miitomo non arriverà comunque prima del marzo 2016, per cui si sa mai che prima di allora arrivi l’annuncio di qualche titolo più succoso. I VIDEO CREATIVO Riprese da film con lo smartphone InVisage è una azienda che da cinque anni sta lavorando a un sensore a suo dire rivoluzionario: promette una gamma dinamica elevatissima e la totale assenza di rolling shutter. Il sensore InVisage è costruito come i normali CMOS usati in smartphone e fotocamere, ma al posto del silicio utilizza come strato fotosensibile un componente che l’azienda definisce QuantumFilm, un materiale che secondo InVisage reagisce alla luce in modo più simile alla pellicola che a un circuito elettrico. Il rivestimento QuantumFilm rende il CMOS talmente veloce da leggere all’istante l’immagine senza dover ricorrere alla lettura area per area, caratteristica questa che permette di eliminare il fastidioso rolling shutter. Per dimostrare la bontà del suo sensore InVisage ha registrato un piccolo film utilizzando un prototipo, scene volutamente scelte per mostrare l’elevata gamma dinamica e l’assenza di rolling shutter in condizioni non semplici, luce solare molto intensa e soprattutto scene veloci. Un video interessante, con una resa che a tratti ricorda molto una ripresa cinematografica. MAGAZINE Estratto dal quotidiano online www.DDAY.it Registrazione Tribunale di Milano n. 416 del 28 settembre 2009 direttore responsabile Gianfranco Giardina editing Claudio Stellari, Maria Chiara Candiago, Alessandra Lojacono, Simona Zucca Editore Scripta Manent Servizi Editoriali srl via Gallarate, 76 - 20151 Milano P.I. 11967100154 Per informazioni [email protected] Per la pubblicità [email protected] n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE FOTOGRAFIA Il prezzo di 6900 euro è sulla stessa fascia delle ammiraglie di Canon e Nikon Leica SL vuole mandare in pensione le reflex Frutto della collaborazione con Panasonic, SL Typ 601 è la nuova mirrorless full frame Leica L’azienda tedesca prende esplicitamente di mira i professionisti che ancora usano una reflex di Paolo CENTOFANTI L eica ha tolto i veli al suo nuovo sistema a ottiche intercambiabili, Leica SL, costruito intorno alla nuova omonima fotocamera mirrorless full frame Leica SL Typ 601, realizzata in collaborazione con Panasonic. Si tratta di un sistema che, come promuove Leica, punta a conquistare il fotografo professionista, e in particolare chi ancora utilizza una reflex full frame, con una macchina più compatta ma di qualità elevata. La Leica SL monta un sensore CMOS full frame formato 35 mm da 24 MP (6000x4000 pixel), senza filtro passa basso per immagini più nitide e con un range di sensibilità ISO da 50 a 50.000. Due i punti su cui spinge Leica. L’autofocus a 49 punti, che secondo Leica non è solo uno dei sistemi a contrasto più veloci sul mercato ma sarebbe anche “più veloce di qualsiasi reflex”. L’autofocus della nuova ottica zoom VARIO-ELMARIT-SL 90 - 280mm f/2.8 - 4 sarebbe in grado di coprire l’intera escursione da fuoco all’infinito a distanza minima in 110 ms, il che renderebbe il sistema competitivo anche nella fotografia sportiva. L’altro GADGET Drone GoPro nel 2016 Le prime immagini GoPro inizia a stuzzicare la fantasia dei fan con le prime immagini e il primo mini-filmato realizzato con il nuovo drone a marchio proprietario della casa americana che vedrà la luce nel 2016. La concorrenza di Parrot prima e DJI poi sarà agguerrita, ma a giudicare dal video GoPro non sembra intenzionata a cedere facilmente la corona. Per il momento non si sa nulla di più, né sull’estetica né sulle caratteristiche tecniche, ma a giudicare da questo primo first look, ci sarà da divertirsi. torna al sommario Con BluLocks nessuno ti ruberà la bici Con BluLocks è molto difficile che ti rubino la bicicletta. Il sistema antifurto integrato si avvale della classica catena, blocca i pedali e impedisce al ladro di fuggire con la refurtiva di Emanuele VILLA elemento che va a toccare le abitudini dell’utilizzatore tipo di una macchina reflex è il mirino e la risposta di Leica si chiama EyeRes, un mirino elettronico da 4,4 MP e 0,66 pollici, con lag “sotto la soglia di percezione”, campo di visione di 36° e fattore di ingrandimento 0,80x. Leica non dice quale sia la tecnologia utilizzata, ma di sicuro è il più definito sulla piazza. Ci sono poi il design eslcusivo Leica, con il corpo macchina ricavato da un singolo blocco di alluminio, impermeabilizzazione e resistenza a sporco e polvere, proces- sore con 2 GB di memoria buffer e scatto raffica fino a 11 foto al secondo, registrazione video 4K con curva “flat” V-Log, uscita video 4:2:2 a 10 bit su HDMI, RAW a 14 bit e la compatibilità, tramite adattatori, con tutta la gamma di ottiche Leica M, S, R. Insieme alla mirrorless, Leica ha annunciato i primi tre obiettivi del nuovo sistema. Oltre al 90-280 mm disponibile a metà del prossimo anno, ci sono il Vario-Elmarit-SL 24-90mm f/2.8 - 4 ASPH e, con disponibilità a fine 2016, il SummiluxSL 1:1,4/50mm ASPH. Il prezzo è di 6900 euro per il corpo macchina. FOTOGRAFIA Arriva in Italia il servizio cloud foto di Amazon Amazon Prime Foto, spazio illimitato L’ di Paolo CENTOFANTI abbonamento di Prime di Amazon in Italia si arricchisce di un nuovo elemento: Prime Foto. A un anno di distanza dal lancio in altri Paesi, tutti gli abbonati Prime di Amazon avranno a disposizione uno spazio di archiviazione illimitato su Cloud Drive per quanto riguarda le proprie fotografie. Basta installare l’apposita app per smartphone, tablet e PC, per sincronizzare la propria libreria di fotografie con Cloud Drive e quindi tutti i propri dispositivi. Amazon non ha rilasciato dettagli tecnici precisi, ma quello che importa è che non ci sono trucchi: il servizio è davvero illimitato e permette di salvare anche immagini in formato RAW e senza alcuna ri-compressione. L’unico limite è che il player integrato non supporta la riproduzione per la maggior parte di questo tipo di file, visto che nativamente supporta solo JPEG e TIFF, ma ai fini del backup puro e semplice è importante sapere che è possibile salvare qualsiasi tipo di fotografia. Si tratta di un servizio chiaramente molto utile e che rende ancora più appetibile l’abbonamento a Prime. Lo spazio storage di Cloud Drive per i file di altro tipo rimane gratuito solo fino a 5 GB, con un costo a partire da 8 euro all’anno per 20 GB, fino ad arrivare ai 400 euro all’anno per 1 TB. Sono diversi i progetti pensati per integrare nella bici un sistema antifurto più o meno evoluto, ma questo di BluLocks ci sembra davvero particolare. La catena c’è e resta il principale sistema di sicurezza, è esterna come quelle tradizionali ma ha una differenza non trascurabile che riguarda il lucchetto: mentre di solito prendiamo la catena, la facciamo passare all’interno della struttura della bici e poi la assicuriamo col lucchetto, qui bisogna semplicemente stringerla al palo, poichè la bici ha un suo lucchetto (con tanto di chiave) all’interno della struttura della bici. Il video è eloquente. Il bello è che se la catena viene tagliata il ladro non può comunque usare la bicicletta perchè i pedali sono bloccati. Questo non esclude che la bici possa essere rubata, portata in luogo sicuro e smontata per bypassare il meccanismo interno di blocco ma tutto diventa più difficile e laborioso, oltre al fatto che una bici bloccata e trasportata via “di peso” dà sicuramente nell’occhio (specie se il sistema prende piede). Al momento BluLocks è un progetto di IndieGogo che punta a raggiungere i 20.000 dollari: siamo a quota 7.700 USD con altri 16 giorni disponibili. Il prezzo attuale per chi contribuisce alla campagna è di 399 dollari. P5 Wireless. Abbiamo eliminato il cavo ma il suono è rimasto lo stesso. P5 Bluethooth, musica in mobilità senza compromessi con 17 ore di autonomia e ricarica veloce per performance allo stato dell'arte. La solita qualità e cura nei materiali di Bowers & Wilkins adesso senza fili grazie alla nuova P5 S2 Bluetooth. www.audiogamma.it n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE GADGET Tutti e tre i modelli di orologi saranno disponibili in Italia entro la fine dell’anno Garmin Forerunner ancora più completi Tre nuovi modelli di orologi GPS per i corridori, con display migliorati e nuove funzionalità di Paolo CENTOFANTI armin amplia la sua gamma di orologi per il fitness con tre nuovi modelli dedicati ai corridori, Forerunner 230, Forerunner 235 e Forerunner 630. Dotati di display a colori e di GPS, si differenziano nelle funzionalità. I Forerunner 230 e 235 sono simili, impermeabili fino a 5 atmosfere, ma il modello superiore integra anche il cardiofrequenzimetro con lettura sul polso, mentre il modello base utilizza la classica fascia toracica, in dotazione. In entrambi i casi, i dati del cardiofrequenzimetro, oltre a indicare le zone cardiache durante l’attività fisica, vengono utilizzati anche per stimare l’ossigenazione massima del sangue e in base a questo prevedere il tempo probabile della propria corsa. Lo schermo è da 1,23”, il 44% più grande rispetto ai modelli precedenti, ed entrambi gli orologi svolgono anche la funzione di tracker di movimento e conta calorie durante la giornata. Con la piattaforma Connect IQ è possibile scaricare app, widget e quadranti. I prezzi italiani non sono ancora disponibili, ma per gli Stati G GADGET Il Thermos ti dice quando bere Thermos ha presentato una nuova bottiglia definita Connected Hydration Bottle, dotata di un tappo intelligente Smart Lid e di una cannuccia con termometro. Dotata di Bluetooth, è in grado di connettersi a un iPhone con iOS 7 o superiore e tramite l’app dedicata monitorare il consumo d’acqua quotidiano, dirvi quando avete bevuto l’ultima volta, quanto e la temperatura dell’acqua. Così se ci dimenticassimo di bere, può avvisarci tramite una notifica. L’app può suggerire traguardi giornalieri di idratazione e grazie alla collaborazione con FitBit può lavorare con i noti activity tracker ed essere più precisa in caso di attività fisica. Sarà disponibile (per gli Stati Uniti) da novembre a 59.99 dollari. torna al sommario Uniti si parla di 300 dollari per il Forerunner 230 con fascia cardio e 330 dollari per il Forerunner 235. Il Forerunner 630 non ha il cardiofrequenzimetro con lettura sul polso, ma offre funzioni di tracking della corsa più avanzate e lo schermo diventa touch. Il nuovo orologio permette di misurare oltre al ritmo e tracciato GPS della propria corsa, anche il bilanciamento del tempo di contatto con il suolo, la lunghezza del passo e il rapporto tra oscillazione verticale e ampiezza della falcata. A ciò si ag- giungono il test per la misurazione della propria soglia anaerobica e il calcolo di uno stress score basato sul battito cardiaco per prevedere i momenti migliori per effettuare un allenamento pesante. Il Forerunner 630 ha display touch a colori da 1,23’’, impermeabilizzazione fino a 5 atmosfere, piattaforma Connect IQ e fino a 16 ore di autonomia durante gli allenamenti. In questo caso, si parla di 450 dollari per il bundle con la fascia cardio, mentre da solo l’orologio avrà un costo di 400 dollari. Nel 2016 le Nike di Ritorno al Futuro Nike ha annunciato la realizzazione del primo paio di sneakers auto-allaccianti ispirate a quelle indossate da Marty McFly in Ritorno al Futuro. La stessa azienda aveva già creato qualcosa di simile nel 2011 (The Mag), ma solo la forma era la stessa del film, mancava del tutto un meccanismo di allaccio automatico. Le “Back to the Future Shoes” saranno prodotte nel 2016 a un prezzo per il momento non precisato; l’esemplare realizzato ora, stracolmo di led e capace di adattarsi automaticamente al piede di chi lo indossa, è stato consegnato a Michael J Fox e sarà venduto all’asta per finanziare la sua fondazione per la ricerca sul Parkinson. GADGET Il risultato della nuova funzione sono riprese video molto fluide e professionali Il drone Parrot Bebop ora ha il pilota automatico L’utente può programmare un itinerario di volo e Bebop lo seguirà automaticamente di Massimiliano ZOCCHI È disponibile tramite l’applicazione di controllo droni Parrot FreeFlight 3 il nuovo acquisto in-app per la funzione di volo autonomo con itinerario programmato per Parrot Bebop. Per 9,99 euro (che dovrebbero diventare 19,99 al termine del periodo promozionale) è possibile acquistare l’estensione Flight Plan, o Piano di Volo nell’App Store italiano. Questa attesa feature consente al pilota di Bebop di programmare in anticipo un itinerario di volo visualizzando su smartphone o tablet l’area circostante e scegliendo le diverse tappe e spostamenti; oltre a ciò, è facoltà dell’utente selezionare riprese, scatti e inquadrature in modo da ottenere riprese di livello professionale con la fluidità tipica del volo autonomo. Durante il volo i parametri possono essere controllati e modificati al volo, ed è possibile anche bypassare la programmazione per intervenire in caso di emergenza. Le rotte programmate possono essere salvate così da poter ripetere lo stesso percorso più volte per avere riprese simili tra loro e scegliere la migliore in fase di montaggio. Flight Plan permette di regolare direzione, altitudine e velocità tra ogni singolo punto deciso nell’itinerario, usando il GPS e il GLONASS per tracciare la posizione del drone Bebop con una precisione di +/- 1,8 metri. Se la nuova aggiunta fa per voi approfittatene subito, il prezzo promozionale durerà solo una settimana. n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE SMARTHOME Il termostato smart Netatmo ha ora quattro nuove interessanti funzionalità Il termostato Netatmo è più “risparmioso” Arrivano compatibilità con IFTTT e il sistema di Auto Care che rileva i guasti della caldaia Online si può accedere a un calcolatore del risparmio e ricevere rapporti personalizzati S di Emanuele VILLA ta per arrivare l’inverno e si torna a parlare di riscaldamento, e in particolare della versione “2.0” che prevede l’uso di un termostato smart. Tra questi, la versione di Netatmo è senza dubbio uno dei più quotati per stile, semplicità di utilizzo e dotazione di funzionalità. Quest’anno, l’azienda annuncia 4 novità relative al suo termostato tutte rivolte al massimo risparmio sulla bolletta: un nuovo calcolatore del risparmio energetico online, il nuovo rapporto per il risparmio energetico, la compatibilità dell’apparecchio con IFTTT e la nuova funzione Auto-Care. Le prime due non sono funzioni del termostato ma danno l’idea di quanto è possibile risparmiare affidandosi a un sistema di gestione smart: nella fattispecie, il primo è accessibile direttamente dal sito Netatmo e consente di stimare il risparmio in euro rispetto alla bolletta Il colosso dei processori al lavoro per mettere un “dragone” nella nuova generazione di videocamere smart Meno operazioni sul cloud e più reattività nell’elaborazione dei contenuti dello scorso anno, mentre il secondo è un rapporto personalizzato che viene inviato mensilmente agli utenti Netatmo e permette loro di ottimizzare l’uso del riscaldamento. Per quanto concerne, invece, le nuove funzionalità dell’apparecchio, la compatibilità con IFTTT (If This Than That) permette agli utenti di connettere il termostato ad altri apparecchi e applicazioni, impostando regole del tutto personalizzate; e tutto questo mentre la funzione Auto Care permette al termostato di prevenire problemi di funzionamento della caldaia rilevando i guasti e informare gli utenti immediatamente. SMARTHOME Da noi l’atteso robot per le pulizie Dyson dovrebbe arrivare il prossimo anno Disponibile in Giappone il robot Dyson per le pulizie Il prezzo come ci si attendeva è decisamente elevato: si parla di 1200€ al cambio attuale l di Emanuele VILLA robot per le pulizie domestiche di casa Dyson, il 360 Eye, è stato salutato come una delle novità più interessanti dell’IFA. Ma attenzione, non di quella del 2015 ma dell’anno precedente, dopo di che se ne sono perse le tracce. Molto strano, perchè dopo 16 anni di ricerca e sviluppo si supponeva che il prodotto fosse pronto per entrare nelle case delle persone. Ma evidentemente c’era bisogno di qualche rifinitura, in particolare sull’autonomia e sulla riduzione del rumore durante l’esercizio: per tutto il 2015 non si è più parlato del robot aspirapolvere hi-tech con videocamera a 360° montata sulla scocca superiore che per 30 volte al secondo aggiorna l’immagine per creare una mappa fedele e precisa dell’ambiente circostante. Pare che sul ritardo abbia anche influito un’esigenza specifica del mercato giapponese: in questi mesi gli ingegneri Dyson hanno dovuto insegnare al robot torna al sommario Snapdragon nelle videocamere di sorveglianza Qualcomm ci prova un modo per gestire il Genkan senza cadere, ovvero quell’ingresso - tipicamente rialzato - di molte case giapponesi usato principalmente per togliersi le scarpe appena entrati in casa. Problemi risolti, tanto che Dyson 360 Eye è ora finalmente in vendita nello store Dyson di Omotesando (Tokyo) a partire da venerdì, per poi diffondersi in tutto lo Stato dalla settimana successiva. Dy- son ha inoltre comunicato il proprio interesse nell’estendere 360 Eye al resto del mondo (senza specificare i Paesi, al momento), ma per questo dovremo aspettare il 2016. Confermato il prezzo elevato, che si giustifica sulla base della tecnologia integrata: al cambio siamo sui 1.200 euro, ma attendiamo indicazioni più precise da Dyson. Qualche mese e ne sapremo di più. di Michele LEPORi Qualcomm vuole entrare nel mondo delle videocamere di sorveglianza smart, equipaggiando la prossima generazione con qualcosa di nuovo: un processore Snapdragon. l punto di partenza del progetto Qualcomm è molto semplice: le videocamere si limitano a riprendere un filmato che viene caricato su un server cloud a disposizione dell’utente ma il caricamento dipende dalla rete domestica e spesso si può incappare in lag o errori. Un processore Snapdragon (secondo i rumor, il 618) potrebbe prendere in carico la gestione dei dati, analizzando, comprimendo ed inviando all’utente le informazioni, riducendo drasticamente i tempi del cloud. Il nuovo processore, inoltre, potrebbe facilitare opzioni di riconoscimento facciale, eliminazione di filmati inutili ed una serie di altre operazioni oggi solo in parte attuabili o addirittura impossibili. Da ultimo, Snapdragon fa rima con LTE, un’opzione che oggi equipaggia solo la piccola Nubo di Panasonic ma che in futuro potrebbe diventare uno standard per videocamere di sorveglianza. Manca ancora un’ipotesi di disponibilità sul mercato, ma alla luce di un progetto che parte da quanto fatto da Qualcomm nel mondo mobile, il processo di adattamento per videocamere potrebbe essere abbastanza veloce. n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE AUTOMOTIVE La tecnologia di guida semi automatica Tesla Autopilot arriva nel nostro Paese Il pilota automatico Tesla arriverà in Italia Annunciata anche la versione 1.01 del software, che introduce diversi miglioramenti di guida di Roberto PEZZALI om’è noto, i fortuntati possessori (americani) di una Tesla Model S possono godere della tecnologia di guida semi-autonoma di cui si parla da mesi ma che è disponibile da un paio di settimane. Come promesso, l’aggiornamento 7.0 del software di bordo - quello che contiene la funzionalità Autopilot - è ora disponibile nel resto del mondo, Italia inclusa. L’ha annunciato Elon Musk via Twitter, sottolineando che solo il Giappone è ancora in attesa di un ok definitivo da parte delle autorità. Autopilot non è solo software, ma c’è bisogno di un kit optionale - che costa circa 3.000 euro - e che consta di radar, telecamere e più di 10 sensori a ultrasuoni che permettono alla macchina di percepire l’ambiente circostante e seguirlo in modo autonomo, eventualmente effettuando anche cambi di corsia previa segnalazione dell’utente C mediante uso delle frecce. Tutto ciò non esenta il conducente dalla propria responsabilità: Elon Musk ha sottolineato più e più volte che il guidatore deve tenere le mani sul volante (il sistema di bordo avvisa il conducente più volte a tal fine) e non distrarsi neppure per un istante; nella visione dell’azienda, l’Autopilot è un ausilio alla guida e non un sistema di guida autonoma in tutto e per tutto. Quest’ultimo sarà il risultato finale di un iter di cui l’Autopilot odierno è solo il primo tassello. Oltre all’estensione italiana dell’Autopilot, Musk ha annunciato anche il lancio di una versione 1.01 dello stesso con alcuni miglioramenti: migliore gestione della velocità in curva, funzioni di learning più evolute e gestione più accurata delle strade in cattive condizioni. AUTOMOTIVE Hudway ha proposto il suo progetto di head-up display adatto a tutte le auto Hudway Glass, il display economico sul parabrezza Solo 49 euro per sfruttare lo smartphone con funzione di navigatore e controllo della velocità di Roberto FAGGIANO l display sul parabrezza delle automobili, meglio noto come HUD o head up display, è stato sinora un oggetto per pochi montato solo su vetture di alto livello e prezzo. Ora la startup californiana Hudway ne propone una versione molto semplice e dal costo accessibile, si chiama Hudway Glass e non dovrebbe costare più di 50 dollari. Il progetto è stato presentato su Kickstarter e ha rapidamente raggiunto l’obbiettivo e superato ad oggi i 300.000 dollari di raccolta fondi. Hudway Glass è in pratica un supporto per smartphone da piazzare sul cruscotto tramite diversi sostegni, in modo da adattarsi a ogni curvatura o angolazione. Dal supporto si apre un piccolo schermo trasparente sul quale vengono riflesse le immagini del display del telefono, creando quindi le immagini e le informazioni sulla navigazione stradale. In questo modo le indicazioni appaiono proprio di fronte al guidatore che non si distrae dalla guida. Hudway Glass non I torna al sommario richiede connessioni elettriche di alimentazione e nemmeno collegamenti Bluetooth, lasciando libera la connessione verso eventuali sistemi vivavoce già presenti sulla vettura. Per funzionare correttamente Hudway Glass richiede l’utilizzo di apposite applicazioni che ribaltano la visualizzazione sullo schermo per consentire la giusta riflessione. Con questo scopo Hudway ha già relaizzato l’applicazione di navigazione Hudway - GPS Navigation e Speedometer per il controllo della velocità e dei relativi limiti. Il supporto ha una superficie utile di 15 x 11 cm e si adatta quindi a tutti gli smartphone, per il fissaggio e gli adattatori vengono usati speciali adesivi 3M facilmente rimovibili senza arrecare danni alla plancia; la stabilità del telefono è sempre assicurata da questi particolari adesivi, testati addirittura durante una gara di rally, dato che uno dei fondatori della startup è anche pilota. L’auto del futuro ha l’airbag esterno Al Tokyo Motor Show in mostra Flesby Un prototipo di veicolo super-sicuro e molto compatto, che per primo integra un sistema di airbag esterno di Andrea ZUFFI Al Tokyo Motor Show 2015, Toyoda Gosei, azienda giapponese attiva nel campo della sicurezza automobilistica e nota per l’illuminazione a LED, mostrerà la propria visione di autovettura così come la potremmo trovare in circolazione entro il 2030. Mentre molti produttori sono assorbiti dallo sviluppo e dai test dei modelli a guida autonoma, Toyoda Gosei svela il concept di Flesby, un piccolo veicolo dall’innovativo sistema di sicurezza che, in caso di collisione, prevede l’apertura di un sistema di airbag esterni in grado di avvolgere la carrozzeria per preservare l’integrità del mezzo e l’incolumità degli occupanti. Flesby integrerà inoltre varie soluzioni di sicurezza e comfort come il Signal Cockpit Link che utilizza i LED per ricreare internamente al veicolo il panorama esterno in modo realistico. Nelle intenzioni dei progettisti, questa ambientazione futuristica dell’abitacolo, sincronizzata con la climatizzazione e l’impianto audio, contribuirà a mettere il guidatore a proprio agio. L’azienda giapponese, al momento partecipata da Toyota, si affaccia al Motor Show con l’ambizione di stimolare l’interesse di altri produttori; obiettivo sono le partnership in vista del quinquennio 2020-2025, quando per Google e altri big dell’automotive saranno maturi i tempi per la commercializzazione dell’atteso veicolo a guida autonoma. I visitatori potranno conoscere da vicino il simulatore di collisione che Toyoda Gosei ha creato per sensibilizzare gli utenti circa le conseguenze degli impatti in caso di incidente. n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE AUTOMOTIVE Nissan mostra a Tokyo un prototipo che è un vero concentrato di tecnologia IDS Concept è l’auto a guida autonoma Nissan IDS Concept “impara” lo stile di guida del suo conducente e lo imita in modalità automatica di Emanuele VILLA empo di Tokyo Motor Show e di proposte hi-tech nel mercato automotive. La tendenza resta quella consolidata, ovvero quella della guida autonoma, un progetto avviato da quasi tutti i grandi nomi che dovremmo vedere in azione intorno al 2020. Davvero “spaziale” (sotto ogni punto di vista) il progetto di Nissan, che l’azienda chiama IDS Concept e che riassume anni di studio in materia di guida autonoma; ricordiamo infatti che la stessa Nissan ha promesso l’autonomous drive technology su diversi suoi modelli entro il 2020 e ha colto l’occasione del Tokyo Motor Show per ribadire di essere in tabella di marcia. IDS Concept sembra uscita da un film di fantascienza sia a livello di design, sia come dotazione tecnologica. Rigorosamente elettrica, l’auto del futuro Nissan non è semplicemente dotata di sensori, telecamere ovunque e un software gestionale ultra-sofisticato, ma è in grado di adattare l’abitacolo a seconda del tipo di guida. Nissan spiega infatti che, una volta attivata la T modalità completamente manuale, il volante lascia spazio a un grande display, gli elementi interni dell’abitacolo si riposizionano per favorire lo spazio interno e il diagolo tra i passeggeri. Nonostante sia possibile l’intervento di correzione manuale, Nissan suppone che un modello del genere (o un altro con la stessa tecnologia) possa entrare in produzione solo quando la tecnologia di guida autonoma sarà sicura al 100% e permetterà all’utente di distrarsi senza rischi. Il video mostra chiaramente quan- ta tecnologia è stata prevista dal produttore per la sua prima driverless car. Altra cosa molto particolare è il fatto che il software si adatta allo stile di guida del conducente, imparandolo poco alla volta durante le sessioni di guida manuale. Nissan ha infatti dichiarato che - anche quando il conducente attiva la guida autonoma - la macchina ha il compito di proseguire il viaggio col medesimo stile di guida senza che i passeggeri percepiscano la differenza con la modalità tradizionale. AUTOMOTIVE Al Tokyo Motor Show Yamaha mostra nuove tecnologie per la sicurezza in moto Yamaha mostra Motobot, il pilota robot a 200 km/h Il robot si ispira a Valentino Rossi, ma per Yamaha non si tratta solo di un esercizio di stile di Emanuele VILLA ì, quello che state vedendo nella foto qui a fianco è vero. C’è un robot fatto di bulloni e alluminio alla guida di questa Yamaha (ha anche un casco in testa, se è per questo), e la sua promessa è di essere il Valentino Rossi del prossimo futuro. Quella che sembrerebbe una follia è in realtà una delle attrazioni più interessanti del Tokyo Motor Show, la dimostrazione di quanto la tecnologia sia in grado di “invadere” non solo i motori a quattro ruote con guida autonoma, assistita e quant’altro, ma anche il mondo delle due ruote. Intanto gustatevi il video per capire di cosa stiamo parlando. Il fatto che si tratti di uno show in piena regola è ovvio: dai supporti laterali ideati per non perdere l’equilibrio al cambio marcia, tutto sembra provenire da un film di fantascienza. Il video è dedicato a Valentino Rossi, icona del team Yamaha e ispirazione di S torna al sommario Motobot: non per niente lo scopo del robot pilota è quello di imparare lo stile e di avvicinarsi alle performance del campione italiano. Pur con tutta l’umiltà del mondo: “I am improving my skills everyday, but I’m not sure if I can even beat the five-year-old you. - Miglioro ogni giorno, ma forse non ti avrei battuto neppure quando avevi 5 anni” dice Motobot, che però recupera un pizzico d’orgoglio quando afferma di essere stato creato “per sorpassarti”. Esercizio di stile? Non solo: pur in una modalità molto teatrale, Yamaha ammette che uno degli scopi di Motobot è migliorare le tecnologie di sicurezza che verranno impiegate nei veicoli futuri. Una moto sportiva a guida autonoma non avrebbe un gran mercato perché chi ce l’ha la vuole guidare, ma se Yamaha riuscisse a realizzare una moto talmente evoluta da viaggiare a più di 200 km/h da sola e in sicurezza (scopo di Motobit, peraltro), potrebbe senza dubbio integrare diverse tecnologie nei propri modelli commerciali, con un vantaggio per tutti. Sky non cambia idea: la rimonta di Rossi in chiaro in diretta su Cielo L’ultima gara della MotoGP sarà visibile in chiaro in diretta su Cielo su digitale terrestre e in streaming Sky regala agli italiani quella che si preannuncia come una gara epica di Roberto PEZZALI Sky ha una fortuna sfacciata: il campionato di MotoGP si deciderà sul filo del rasoio nel weekend del 6-7-8 novembre a Valencia, in Spagna. Nello scorso weekend lo scontro tra Rossi e Marquez ha trasformato gli italiani in un popolo di motociclisti esperti di traettorie e regolamenti, e per l’epilogo della stagione molti di questi staranno incollati alla TV a fare il tifo per il Dottore anche se quest’anno, causa esclusiva Sky, non sono riusciti a seguire tutte le gare in diretta. Sky in ogni caso non torna sui suoi passi e conferma il piano editoriale già annunciato (il contratto con la Dorna dovrebbe prevedere 8 gare in chiaro): l’ultima gara di Valencia sarà trasmessa in diretta e in chiaro anche su Cielo TV, sia sul digitale terrestre sia in streaming. Niente differita quindi ma contemporanea per tutti: gli abbonati avranno come unico vantaggio la visione in HD, sicuramente migliore ma non certo più adrenalinica. L’appuntamento per Valencia è sul canale 26 del digitale terrestre: vinca il migliore. Serie S78 / Ultra HD 50” / 58” Immergetevi in una nuova esperienza ! Avvicinatevi al vostro grande schermo UHD e tuffatevi in un’immagine di una ricchezza incredibile di dettagli. Un’immagine che non è mai stata cosi profonda grazie alla precisione dei contorni, anche nei dettagli più lontani. Un’immagine che non è mai stata cosi realistica grazie alla nitidezza dei colori. Ammirate la perfetta fluidita del movimento, resa possibile dalla tecnologia Clear Motion Index 800 Hz. ww.tcl.eu/it n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE TEST Il Sony Bravia X90C è TV Ultra HD compatibile con i futuri contenuti HDR, è basato sulla nuova piattaforma Android TV Sony Bravia X90C: in prova l’LCD super sottile Sfoggia un design davvero unico e incredibilmente affascinante: ma come si vede? Leggete la nostra prova e lo scoprirete L di Paolo CENTOFANTI a serie di TV Bravia X90C fu il piatto forte delle novità che Sony presentò al CES 2015. Il motivo è presto detto: con uno spessore di meno di 5 mm nella parte più sottile, è uno dei TV LCD più sottili mai realizzati. Un piccolo - si fa per dire, considerato la stazza di questi schermi - miracolo di ingegnerizzazione per una tecnologia come l’LCD che necessariamente è composta da pannello e retroilluminazione; la curiosità su quale possano essere i risultati della tecnologia LED edge spinta così al limite è grandissima. Ma oltre al design, la serie X90C propone anche molte delle caratteristiche al top dei TV Sony di quest’anno: supporto per i contenuti HDR, processore 4K X1, pannello 4K Triluminos, Android TV, decoder HEVC per le future trasmissioni Ultra HD. Insomma, un prodotto che non passa certamente inosservato. video lab Più sottile di così non si può Visto frontalmente il nuovo X90C non sembra apportare molti elementi di novità rispetto ai canoni estetici già introdotti lo scorso anno sulla gamma Bravia. In realtà già da quando si apre l’imballo si rimane impressionati da quanto è sottile questo TV. Sony ha concentrato tutta l’elettronica nella parte basse del televisore e in qualche modo ridotto al minimo la retroilluminazione del pannello LCD, con il risultato che per buona parte lo spessore del TV è di circa 5 mm. Il TV è talmente sottile che non è difficile a prima vista pensare di trovarsi di fronte a uno schermo OLED, l’unica tecnologia che fino ad oggi ci aveva proposto un televisore così sottile, e in realtà si ha quasi paura di romperlo durante l’installazione. Anche la cornice è ridotta al minimo, pochi millimetri di bordo intorno al pannello, che a TV spento non si notano neppure, visto che tutto il frontale è rivestito da una unica lastra di vetro che rende il televisore molto elegante. Con queste caratteristiche, non c’è molto spazio per dettagli estetici ulteriori. La staffa è costituita dalla coppia di piedini in metallo che avevamo già visto sui modelli dello scorso anno. Sotto il logo Sony ritorna invece la barretta trasparente e illuminata da un piacevole LED azzurro, un dettaglio esteso praticamente sulla sua intera gamma Bravia. Un design essenziale dunque in tutto e per tutto, ma sempre piacevole. Sony KD-65X9005C DESIGN INCREDIBILE, MA TROPPI COMPROMESSI SULLA QUALITÀ 3.499,00 € Se Sony ci teneva tanto a fare un TV così sottile poteva seguire la strada di Panasonic scegliendo la tecnologia OLED. Certo il prezzo di listino sarebbe stato molto diverso, ma la qualità non ne avrebbe risentito. L’X90C è soprattutto un esercizio di stile, perché la tecnologia di retroilluminazione LED edge spinta così al limite ha comportato qualche compromesso di troppo sul versante del rapporto di contrasto e dell’uniformità delle immagini, tanto che ci porta a preferire di gran lunga la serie X85C, che costa nettamente di meno e nonostante ciò si vede pure meglio. Anche perché a livello di funzionalità i due TV sono praticamente identici e davvero non riusciamo a trovare un motivo per scegliere l’X90C, se non per poter dire di avere in casa il TV LCD più sottile che c’è. Per puristi del design. 7.6 Qualità 7 Longevità 8 Design 9 Design incredibilmente piatto COSA CI PIACE Android TV ha molto potenziale Il 4K X-Reality Pro funziona bene La parte più spessa del televisore misura 3,9 cm, ma l’installazione a parete rimane la soluzione ideale per questo modello. Nonostante i vincoli legati al design ultrasottile, il TV Sony offre una completa dotazione di ingressi: 4 HDMI, tre porte USB, video component, video composito, presa SCART, porta di rete LAN, uscita audio digitale ottica, cuffie e slot per modu- Semplicità 8 D-Factor 8 Prezzo 7 Nero e uniformità insoddisfacenti COSA NON CI PIACE Lentezza cambio canale Gestione canali TV macchinosa li Common Interface. Il TV è dotato di doppio tuner DVB-T2 e DVB-S2 ed è dotato di decoder HEVC (ma la compatibilità con le trasmissioni TV è stata aggiunta a partire dall’aggiornamento firmware rilasciato a inizio ottobre). Il TV integra il modulo wireless per la connessione alle reti Wi-Fi (fino a 802.11ac), ma supporta anche il Bluetooth 4.1 per gli accessori compatibili. Il TV è poi 3D, ma gli occhiali attivi non sono forniti in dotazione. C’è sempre Android TV Anche la serie X90C a livello software è basata sulla piattaforma Android TV, come la maggior parte dei TV di quest’anno di Sony. Da questo punto di vista vale tutto quanto avevamo visto sull’X85C provato qualche mese fa, dato che i due TV sono praticamente identici (qui il video dell’interfaccia utente). Rispetto al nostro test di allora, sono usciti comunque diversi segue a pagina 25 torna al sommario n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE TEST TV Sony Bravia X90C segue Da pagina 24 aggiornamenti e in particolare quello che ha re-introdotto il browser Internet Opera. Ricordiamo infatti che per scelta, Android TV arriva privo delle classiche app di Google che troviamo invece su smartphone e tablet, fatta eccezione per il Play Store e le applicazioni per i contenuti audio/video, quindi di base non c’è un browser di sistema. Anche con questo TV troviamo in dotazione il telecomando One Flick, dotato di un touch pad che agevola l’utilizzo dell’interfaccia, anche se comunque non sostituisce completamente quello tradizionale. Il telecomando è dotato di NFC che con gli smartphone Sony consente di inviare semplicemente contenuti multimediali in riproduzione sul TV. Meno preciso del Bravia X85C Il TV Sony è dotato di due profili, Cinema Pro e Cinema Casa, dedicati a una calibrazione più accurata dell’immagine. Per le nostre prove abbiamo scelto Cinema Pro e, come nostra abitudine, abbiamo come prima cosa misurato la calibrazione del TV con le impostazioni di default. Queste non sono molto precise, sia per quanto riguarda il bilanciamento del bianco che la colorimetria. Di default la luminosità della retroilluminazione è piuttosto alta e abbiamo misurato fino a 370 cd/mq sul bianco al 100%, ma può essere aumentata ulteriormente. A causa della particolarità del pannello e del suo LED Edge “al limite”, tutta questa luce crea qualche problema a livello di rapporto di contrasto che di fatto è piuttosto basso quando misurato su una scacchiera, intorno ai 900:1. Come consuetudine Sony, troviamo dei controlli molto precisi per quanto riguarda il bilanciamento del bianco, e praticamente nessuna possibilità di intervento invece per la regolazione dei colori primari e complementari. Anche dopo la taratura del punto di bianco sulla scala di grigi, che come vediamo è possibile portare estremamente vicina al riferimento senza particolari difficoltà, la colorimetria generale del TV non è precisissima, soprattutto perché i colori a saturazioni intermedie continuano a rimanere un po’ scarichi. Fortunatamente si riesce a ovviare a ciò agendo sul controllo generale della saturazione. Portando il para- metro dai 50 di default a 55, siamo riusciti a ottenere un buon compromesso e un valore medio di errore ragionevolmente basso. Rimaniamo comunque molto lontani quanto avevamo già visto sull’X85C che aveva provato qualche mese fa e che risultava essere molto più preciso da questo punto di vista. Sony parla di TV Triluminos soprattutto per quanto riguarda la “tecnologia di mappatura del colore di precisione” del processore X1 4K, ma di fatto si tratta di un display con wide gamut. Andando a misurare come si comporta il TV in termini di copertura dello spazio colore DCI-P3, possiamo apprezzare una buona estensione oltre i confini del classico BT.709 dell’alta definizione, ma il TV non riesce ancora ad arrivare a coprire completamente lo spazio colore allargato: gli manca giusto ancora un po’ di “spinta” sul verde. La nostra calibrazione è stata effettuata come al solito per una visione in sala oscurata con luminosità massima abbassata sotto le 150 cd/mq, condizione in cui il rapporto di contrasto scende leggermente sotto i 900:1 misurati precedentemente, ma con un netto miglioramento del livello del nero e dell’uniformità in generale dello schermo. Il TV è compatibile con video HDR, ma al momento, in assenza di contenuti appositi, non abbiamo potuto provare questa ebrezza. L’abito non fa il monaco Se non fosse stato per un provvidenziale aggiornamento software che Sony ha rilasciato giusto mentre stavamo ultimando la nostra prova, questa recensione sarebbe stata molto diversa, specie per quanto riguarda l’esperienza d’uso. Fortunatamente tutto, sul versante software almeno, si è sistemato e se ci legge chi è già in possesso di un X90C lo invitiamo senza indugi a procedere con il (lungo) aggiornamento, che risolve molti problemi di lentezza dell’interfaccia Android TV e aggiunge il supporto per i canali satellitari in Ultra HD codificati in HEVC. Realizzare un TV LCD da 65 pollici spesso appena 4,9 mm non è comunque un’impresa facile dal punto di vista ingegneristico, per cui tanto di cappello ai progettisti giapponesi per il risultato ottenuto. Però i televisori servono soprattutto per riprodurre immagini e qui arrivano alcune note dolenti. Nonostante il design può quasi far passare il nuovo Sony per un OLED tanto è sottile, pur di un LCD si tratta, e questo significa che in qualche modo il pannello va retroilluminato. Ma riempire uno schermo da ben 65 pollici con una striscia di LED presumibilmente solo sul bordo inferiore non è cosa da poco, e già quando Sony presentò l’X90C al CES 2015 ci interrogammo come avrebbe potuto risolvere questo problema. La risposta è che non c’è alcuna ricetta segreta e il TV non è né più né meno che un LED Edge senza particolari trucchi per controllare contrasto e uniformità. Il TV può giocare solo su una sorta di “global dimming” per modulare la retroilluminazione, ma purtroppo ciò non è sufficiensegue a pagina 26 Sopra le misure con le impostazioni Cinema Pro, sotto i grafici dopo la nostra calibrazione Spazio colore DCI-P3 del TV Sony X90C torna al sommario n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE APP WORLD Il servizio VOD di Rakuten lancia in Francia anche un’offerta in abbonamento Wuaki.tv guarda allo streaming in abbonamento Dopo la Francia è possibile l’espansione dello stesso modello anche nel resto d’Europa di Paolo CENTOFANTI C onosciamo Wuaki.tv come servizio di video in demand per il noleggio e l’acquisto di film in streaming, ma nel prossimo futuro l’azienda, che fa capo al gruppo Rakuten, potrebbe introdurre anche in Italia una formula in abbonamento. Wuaki.tv ha infatti annunciato un servizio in abbonamento “alla Netflix” in Francia, grazie a un accordo con Gulli, TV francese specializzata in programmi per ragazzi, che offre l’accesso a centinaia di titoli in streaming. “Siamo fiduciosi che questo tipo di partnership sia un modello di successo che può essere facilmente replicato in altri paesi europei con altri distribuitori”, ha annunciato il CEO e fondatore del servizio spagnolo, Jacinto Roca, lasciando intendere che potrebbero essere selezionati specifici partner in altri paesi per analoghe offerte “verticali”. Wuaki.tv aveva lanciato un’offerta ad abbonamento anche in Spagna, dove il servizio è particolarmente forte e offre un ampio catalogo, e nel Regno Unito, anche se in quest’ultimo caso lo scorso anno aveva poi deciso di abbandonare questo tipo di formula. Non resta che aspettare per vedere, ma le intenzioni sembrano comunque buone. ENTERTAINMENT Beasts of No Nation film più visto su Netflix Ted Sarandos, head of content acquisition di Netflix ha un nuovo corso in mente ed è quello delle produzioni cinematografiche, oltre che quelle per il piccolo schermo. Il risultato di quello che potrebbe essere la nuova gallina dalle uova d’oro di Netflix è Beasts of No Nation, film di Fukunaga che ad oggi è il film più visto in assoluto sulla piattaforma regina dello streaming. La release in streaming è andata a braccetto con una release nelle sale cinematografiche americane, dove però ha dovuto scontrarsi con la ferma opposizione di AMC Cineams, Carmike Cinemas, Cinemark e Regal Entertainment, che hanno dato l’OK alla trasmissione in sole 19 sale: un “film già visto”, visto che la release di Crouching Tiger, Hidden Dragon II: the green legend su Netflix e nelle sale IMAX ha avuto lo stesso calvario arrivando al posticipo nel 2016. Netflix però non ci sta, ed ha già annunciato una seconda ondata di sale. TEST TV Sony Bravia X90C segue Da pagina 25 te. Diciamolo subito: il Sony X90C non ha un buon rapporto di contrasto. Anzi, nelle scene più scure il contrasto è davvero mediocre e ci riporta indietro ai tempi dei primi modelli LED Edge. La retroilluminazione varia dinamicamente in funzione della luminosità media dell’immagine e funziona più o meno così: se la scena è completamente scura la retroilluminazione si abbassa e il livello del nero scende corrispondentemente, se però c’è anche un solo elemento luminoso (una luce, una scritta o un logo bianco, ecc.), tutto il pannello si illumina, il nero diventa grigio e il contrasto precipita sotto i livelli di guardia. La nostra impressione è che poi appena c’è qualcosa di molto luminoso sullo schermo, la luce diffonde comunque un po’ su tutto il pannello, come una patina, sempre a discapito del contrasto percepito, anche quando non si parla di scene particolarmente scure. Se state guardando un film in 2,35:1, ad esempio, anche nelle scene luminose vedrete le bande nere come sbiadite. Peccato, perché per il resto il TV Sony è comunque dotato di una resa cromatica molto buona, almeno nelle scene più luminose, mentre l’algoritmo di upscaling 4K X-Reality PRO è lo stesso che abbiamo già apprezzato su altri TV Sony di quest’anno e del 2014, torna al sommario capace di aggiungere qualcosa anche ai contenuti 4K. La visione dei canali sperimentali Ultra HD regala immagini contraddistinte da un elevatissimo livello di dettaglio e notevole profondità, che con un migliore rapporto di contrasto avrebbero potuto rasentare la perfezione. Nonostante con i test pattern appositi la risoluzione in movimento non si attesta mai oltre le 600 linee TV, in realtà poi alla prova pratica la definizione non mostra mai cali e anzi dobbiamo dire che i contenuti 4K ci sono sembrati più incisivi del solito su questo TV, forse proprio per merito del video processing operato dal TV. Il sistema Motion Flow non ci è parso particolarmente incisivo sul livello di dettaglio in quasi tutte le impostazioni, tranne quella indicata come “nitido”. La modalità personalizzabile poi non sembra avere alcun effetto qualunque combinazione dei due parametri si scelga. Nonostante l’aggiornamento di cui abbiamo già parlato abbia poi migliorato sensibilmente la velocità dell’interfaccia a schermo permane una decisa lentezza nel cambio canale durante la visione sia da digitale terrestre che via satellite, con punte anche di 4 secondi per passare da un programma all’altro. Un po’ troppo, soprattutto considerando che la gestione delle liste canali sui TV Sony di quest’anno non è delle più intuitive. n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE TEST Il Fire costa solo 59 euro: un vero miracolo, anche se ovviamente bisogna mettere in conto qualche piccola rinuncia Amazon Fire vale il doppio di quello che costa Non ha schermo Full HD ma è veloce e offre una lunga autonomia. È il tablet perfetto per i bambini e per il casual gaming di Roberto PEZZALI mazon ci ha abituato nel corso a ottimi prodotti venduti ad un prezzo super attraente, ma quest’anno si è davvero superata: meno di 60 euro per un tablet da 7” (si compra qui) è un prezzo che neppure il più economico produttore cinese riesce a eguagliare se vuole tenere un piccolo margine, cosa che probabilmente Amazon non ha fatto. Inoltre, è bene ricordarlo, c’è una promozione 6 x 5: chi compra 5 tablet ne ha uno in omaggio. L’azienda americana guidata da Jeff Bezos continua a considerare i tablet Fire e gli ebook reader Kindle un sacrificio necessario per spingere un numero sempre maggiore di persone ad acquistare contenuti digitali originali e, dove disponibile, a sottoscrivere il servizio Prime con accesso anche allo streaming di Prime Video (che in Italia non c’è). il nuovo Fire da 60 euro non è un iPad e nemmeno un Galaxy Tab, ma Amazon sta sicuramente vendendo un tablet che vale molto di più di quello che costa. Come per gli altri tablet Fire anche il nuovo modello, l’unico che non si fregia del suffisso HD, è una porta sui negozi che Amazon ha disseminato online, una cosa di cui l’utente deve comunque tenere conto: levare le pubblicità dalla lockscreen, ad esempio, costa 15 euro, segno che nel mondo di Amazon ogni cosa è un prodotto da vendere. La pubblicità non è comunque invadente: meglio tenersi i 15 euro in tasca, si può sempre levare in un secondo momento se proprio dà fastidio. A Semplice e sobrio, ma ben pensato Un prezzo così basso comporta, per forza di cose, l’accettamento di qualche compromesso sotto il profilo della costruzione. Non ci stupisce che lo chassis da 7” sia totalmente privo di ogni orpello, un guscio di plastica sul retro sigillato dal vetro frontale che protegge il pannello. La plastica non è un policarbonato antigraffio e non ha particolari finiture: dopo qualche giorno nella borsa ha già qualche segno d’usura e qualche graffio, facilmente evitabile con la custodia che Amazon vende a 25 euro. Lo stesso vetro frontale non è Gorilla e non è neppure rinforzato, ma Due giorni nella borsa insieme ad altre cose: la plastica è robusta ma si graffia video lab Amazon Fire 59,00 € UN TABLET DA BATTAGLIA PERFETTO PER BAMBINI Amazon Fire non è un tablet per tutti: chi ha già avuto un tablet deve rivolgersi a modelli di fascia più elevata per trovare qualcosa di soddisfacente sotto gli aspetti audio e video. Il Fire da 60 euro, però, è un prodotto eccezionale per molti aspetti e il prezzo è solo uno di questi. E’ veloce, ha una batteria che dura tanto e un software con un parental control sicuro e ben funzionante, ciò consente di lascarlo in mano ad un bambino senza preoccupazioni; inoltre, è un tablet da battaglia da portare sul treno o in metropolitana con la memoria microSD piena di contenuti. Chi ha un Kindle troverà interessante l’idea di spendere 60 euro per leggere meglio (e a colori) i fumetti, anche chi gioca a casual game come Candy Crush o Angry Birds troverà con il Fire pane per i suoi denti. Lo store applicazioni di Amazon non è ricco come quello per iOS e Android, ma offre comunque un buon numero di app e giochi, volendo (ma Amazon non può dirlo) smanettando un po’ si riescono ad installare le Google Apps e il Play Store, ma non tutte le app funzionano e l’operazione è pericolosa, quindi sconsigliabile. 8.0 Qualità 8 Longevità 7 Design 6 Prezzo incredibilmente basso COSA CI PIACE Buone prestazioni, autonomia elevata Possibilità di espandere la memoria poco importa: se cade e si rompe il vetro costa meno comprare un Fire nuovo. Questo non vuol dire che il Fire sia delicato, anzi: nel suo essere un po’ grezzo sembra davvero robusto, graffi a parte, e può essere messo nelle mani di un bambino senza troppe preoccupazioni. I comandi per l’accensione e il volume, così come la porta USB e il jack audio, sono tutti nella zona superiore, e sul lato resta solo lo slot microSD: un lusso che Amazon concede per aumentare la memoria del tablet, espandendo gli 8 GB di base (solo 5 sono a disposizione degli utenti). Sembra una banalità, ma siamo di fronte a un tablet pensato per fruire di contenuti e avere una memoria per caricare film è un bel vantaggio, soprattutto se si pensa di comprare questo tablet come “intrattenimento” per i più piccoli. Amazon ha inserito nel suo FireOS un ottimo Parental Control, altro elemento che rende questo Fire un prodotto perfetto per i più piccoli. Segnaliamo che nella custodia ci sono anche il cavo USB e un caricatore Amazon fast da 1 Ampere di ottima qualità. Semplicità 7 D-Factor 8 Prezzo 10 COSA NON CI PIACE Schermo non HD È legato all’ecosistema Amazon Niente HD, ed è forse l’unico difetto Il nuovo Amazon Fire è l’unico prodotto della gamma che non si fregia del suffisso HD: lo schermo infatti ha una risoluzione di 1024 x 600 pixel, che spalmati su 7” fanno 171 ppi. Siamo di fronte ad uno schermo che predilige comunque la qualità alla risoluzione, un IPS dotato di un buon angolo di visione e di una buona luminosità di picco. L’assenza dell’HD si nota, ma in questo caso, se mettiamo tutti i fattori sulla bilancia, la scelta di Amazon non è così assurda come si potrebbe pensare. Ci sono persone che usano ancora con soddisfazione un iPad 2, e sull’iPad i pixel si vedono di più che sul Fire. Inoltre una risoluzione contenuta aiuta a mantenere prestazioni e consumi dignitosi, elementi questi che un pubblico non troppo “tech” apprezza sicuramente di più. Pochi si accorgono che lo schermo non è il massimo della risoluzione, soprattutto se il Fire è il primo tablet, ma molti si accorgerebbero di una bat- segue a pagina 28 torna al sommario n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE MOBILE Secondo indiscrezioni, Google starebbe pensando di unire Chrome OS e Android Google vuole unire Chrome OS e Android Entrambi resteranno “vivi”come nome: Android per mobile e TV, Chrome OS per i portatili di Roberto PEZZALI hrome OS e Android si uniranno. O forse no. Google ha smentito infatti una indiscrezione del The Wall Street Journal secondo cui l’azienda starebbe pensando di unificare per i 2017 i due sistemi operativi, inglobando di fatto Chrome OS all’interno di Android: “Chrome OS non morirà”, ha riportato ieri un portavoce, ma qualche C dubbio resta.Google probabilmente ha intenzione di mantenere vivo il nome di Chrome OS come declinazione del sistema operativo per desktop e notebook (i Chromebook), ma dal punto di vista del codice e delle funzionalità ci sarà probabilmente una vera rivoluzione. Chrome OS era nato per essere una piattaforma leggera cloud based, ma con il passare del tempo e l’aumento della potenza dei processori si può tranquillamente pensare ad una versione di Chrome OS potenziata e più veloce, capace di far girare non solo web app e piccole applicazioni snelle ma anche applicativi più impegnativi come ad esempio la versione per Android di Office e applicativi di movie e video editing. Google ha quindi intenzione di proporre un unico prodotto dal punto di vista del codice, con un solo “store” che cambia nome e app disponibili a seconda delle sue declinazioni: la prima “demo” del nuovo sistema operativo sarà probabilmente mostrata al Google I/O del prossimo anno, con un rilascio atteso per il 2017. Una mossa intelligente da parte di Google, con una sola codebase e un solo prodotto da mantenere: il Google Play Store con le sue app potrebbe dare una enorme spinta a ChromeOS, sistema operativo che ad oggi è riuscito a imporsi, grazie anche ai Chromebook con un prezzo super abbordabile, quasi esclusivamente nel settore della formazione scolastica. MOBILE Google Play ora si paga con il dito Una delle novità di Android 6.0 Marshmallow è il supporto per i sensori di impronte digitali. Ora, con la nuova app del Google Play Store, è possibile utilizzare le impronte digitali anche per autorizzare il pagamento delle applicazioni. Per sfruttare questa funzionalità occorre uno smartphone con lettore di impronte e l’ultima versione di Android, che al momento non è disponibile ancora su dispositivi di terze parti. Il primo smartphone diverso dai Nexus a ricevere l’aggiornamento ad Android 6.0 dovrebbe essere l’LG G4, che però non è dotato di sensore per le impronte digitali. E così i primi a poter sfruttare questa funzione saranno soprattutto i possessori dei nuovi Nexus 5X e 6P. TEST Amazon Fire segue Da pagina 27 teria che dura pochissimo e di un’interfaccia scattosa e lenta. Il Fire non soffre di questi problemi: la batteria dura circa 8 ore con un uso moderato e l’interfaccia è sufficientemente fluida nonostante il processore quadcore Mediatek con 1 GB di RAM sia un prodotto di fascia media. Fire sfoggia buone prestazioni in termini di qualità di visione: contrasto non eccellente ma angolo di visione ottimale, discreta resa cromatica e - come abbiamo detto - buona visibilità in esterno; se vogliamo essere puntigliosi possiamo aggiungere che il rivestimento è molto sensibile a impronte e ditate e il filtro frontale riflette parecchio. Tra le altre aggiunte solo la presenza del Wi-fi N è degna di nota, perché nonostante la singola antenna e qualche secondo di attesa per agganciare la rete riceve comunque bene: le due fotocamere, frontale VGA e posteriore da 2 megapixel, offrono una resa mediocre e lo speaker audio, un altoparlante mono inserito sul retro, ha un buon volume ma la resa è un po’ chiusa e gracchiante. torna al sommario FireOS Bellini Il mondo Amazon in salsa Android Nel mondo Amazon l’hardware passa in secondo piano, portando davanti a tutto l’esperienza d’uso. Amazon da tempo ha scelto di utilizzare una versione personalizzata di Android per i suoi dispositivi, e sul nuovo Fire debutta FireOS 5.0 Bellini, basato proprio su Android 5.0 Lollipop. La strategia di Amazon è chiara: proporre i suoi servizi come alternativa a quelli di Google, ovviamente assenti: sulla prima schermata fanno bella mostra l’app del negozio Amazon, l’App-Shop per le applicazioni, Musica, Libri, Giochi e Offerte, altre app con una componente legata all’acquisto di contenuti oltre che alla fruizione di quello che si è già acquistato o di quello che è stato caricato sul cloud di Amazon. Chi acquista il Fire non è obbligato ad usarlo con contenuti pagati e comprati su Amazon, questo dev’essere chiaro, ma il colosso americano ovviamente cerca di facilitare gli acquisti dei suoi contenuti e dei suoi prodotti. L’App-Shop è interessante: offre molte applicazioni gratuite, buona parte delle quali di ottima qualità e con un buon assortimento di giochi e libri per i più piccoli. Bellini è forse la versione di FireOS che più si avvicina all’esperienza Android, almeno nella sezione notifiche, homescreen e multitasking. Questo rende la navigazione più facile e intuitiva, anche se al posto delle “home” di Android sono state inserite una serie di schede dedicate proprio ai contenuti e divise per categorie. L’interfaccia è ben fatta, veloce e decisamente rapida, e se a caricare i giochi e le app il tablet pare leggermente lento, una volta caricata l’app è fluida e reattiva. Anche in ambito gaming le performance 3D non sono affatto male, merito di uno schermo che non richiede troppa potenza di calcolo. Bellini ha poi una cosa che altri sistemi non hanno: un Parental Control effficiente e ben funzionante, tanto che dello stesso tablet in USA viene venduta una versione con custodia rigida dedicata ai bambini: con il Parental Control attivato è impossibile effettuare acquisti, navigare in internet e accedere a camera, social network e rete senza il permesso. In ambito FireOS dobbiamo rilevare solo una stranezza: i pixel dello schermo non sono quadrati quindi in modalità landscape l’interfaccia appare leggermente schiacciata e in modalità portait un po’ “stirata”, con i cerchi che vengono leggermente ovalizzati. La cosa non è visibile sulle schermate che sono da 1024 x 600, ma osservando lo schermo sì. presenta Il grande appuntamento itinerante di aggiornamento e networking destinato agli installatori, operatori, ai tecnici e agli addetti vendite del settore TV consumer Terza tappa: 19 novembre 2015 - Lucca Se sei un operatore e vuoi partecipare, iscriviti su www.hhmi.pvagency.it con il patrocinio di n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE TEST Motorola porta in Italia il phablet con display QHD e fotocamera “top”, che se la dovrà vedere con una concorrenza agguerrita Moto X Style: abbiamo provato il phablet smart Moto X Style è completo nelle specifiche e funzionale; basterà per ritagliarsi spazio nell’affollato panorama Android? di Vittorio Romano BARASSI n segmento di mercato tanto particolare come quello dei phablet senza pennino, Motorola prova a far vedere di cosa è capace lanciando in Italia il Moto X Style, ennesima versione del suo smartphone top di gamma che ricorda molto da vicino le fattezze della precedente generazione e non si discosta molto nel design dal Nexus 6 di Google realizzato dalla stessa Motorola. L’intento dell’azienda americana - da inizio 2014 nelle mani di Lenovo - è proporre un dispositivo capace di battagliare ad armi pari con smartphone dai 5,5 pollici in su e per farlo ha deciso di offrire un pacchetto completo nelle caratteristiche tecniche ma, allo stesso tempo, essenziale e abbastanza smart da rappresentare una valida alternativa per tutti coloro che sono alla ricerca di un device longevo e affidabile. U Poco “style” e tanta sostanza Partiamo subito col confermare le sensazioni avute al momento della presentazione: Moto X Style è pensato principalmente per il mercato statunitense e il fatto che in Italia non vi sia la possibilità di personalizzare esteticamente il device con Moto Maker ne è la chiara testimonianza (niente pelle o bambù). Da noi è possibile solo scegliere tra le varianti da 32 e 64 GB di memoria interna e il dispositivo sarà venduto unicamente con la cover posteriore - non rimovibile - in silicone (con lamelle che tagliano la superficie in diagonale), elemento tutt’altro che premium ma con indubbie qualità se si considera il grip offerto e la resistenza generale. Moto X Style non scivola, la curvatura posteriore aiuta non poco a rendere gradevole la presa e allo stesso tempo non pregiudica più di tanto la stabilità del prodotto, che si può tranquillamente usare - per esempio pere scrivere un messaggio - anche se appoggiato su un piano. Moto X Style ha dimensioni importanti: 153,9x76,2 millimetri con uno spessore che va da 6,1 millimetri nel punto più sottile a ben 11.06 millimetri in quello più spesso. Anche il peso non è certamente contenuto: 179 grammi non sono pochi ma sono ben distribuiti e si fanno sentire meno rispetto, volendo citare un concorrente diretto, ai 175 grammi di OnePlus 2 che video lab Motorola Moto X Style 549,00 € CONCRETO E CON UNA FOTOCAMERA ECCEZIONALE. PECCATO NON COSTI COME IN USA Moto X Style è un grande smartphone (phablet) che ha indubbie qualità e che, a conti fatti, non ha veri e propri punti deboli. Non sarà bellissimo esteticamente (anche a causa dell’impossibilità di sfruttare il Moto Maker presente oltreoceano) ma le caratteristiche tecniche sono di alto livello e fanno sì che il dispositivo sguazzi alla grande nel burrascoso mare dei top di gamma Android. Il display QHD ha indubbie qualità e la fotocamera è poi un piccolo gioiello, caratteristiche che spingono Motorola a battagliare spalla a spalla anche con blasonati smartphone asiatici. Le implementazioni smart di Motorola chiudono il cerchio e consegnano all’utente un pacchetto completo ed equilibrato come pochi. A decretare il successo di questo dispositivo sarà dunque il prezzo: se costasse come negli USA (399 dollari per la versione di ingresso da 16 GB) sarebbe un “must” ma qui in Europa è stato fissato un prezzo di listino di 549 euro (per la variante d’ingresso da noi ha però 32 GB). Se paragonato ai prezzi di cartellino dei diretti concorrenti è comunque un affare, ma molti sono sul mercato già da diverso tempo e lo street price è sceso di conseguenza. A Natale, con due mesi sulle spalle, potrebbe essere protagonista. 8.5 Qualità 9 Longevità 9 Design 6 Semplicità 8 D-Factor 8 Prezzo 9 - Design piuttosto anonimo - Prestazioni da vero top di gamma COSA CI PIACE - Fotocamera eccezionale COSA NON CI PIACE - Batteria sottodimensionata (ma c’è il Turbo Charging) - Display QHD eccellente - Video 1080p solo a 30fps abbiamo provato recentemente. Il corpo è metallico e presenta buone finiture ma manca quella sensazione premium che altri dispositivi della categoria riescono a offrire; il design è piacevole ma piuttosto anonimo, davvero un peccato considerando tutte le qualità di questo Motorola. Nella porzione superiore del dispositivo è stato ricavato uno slot (dall’aspetto piuttosto “cheap”) per l’inserimento congiunto di nano SIM e microSD fino a 128 GB e al cui fianco, in posizione centrale, trova spazio il jack audio da 3,5 mm; la sezione inferiore presenta esclusivamente l’ingresso micro USB e, a fronte di una porzione sinistra sgombra da pulsanti, sulla destra troviamo dall’alto in basso il pulsante di accensione/ sblocco del device (con finitura zigrinata, forse un po’ troppo “traballante”) e il bilanciere del volume (liscio, ma più solido). Il posizionamento dei pulsanti potrebbe risultare scomodo per chi proviene da un dispositivo con configurazione invertita, ma dopo un giorno ci si fa l’abitudine. Moto X Style è certificato IP52: non è fatto per essere immerso nell’acqua ma grazie alla tecnologia nano-coating può resistere a schizzi, alla pioggia e anche alla caduta di un bicchiere pieno d’acqua pro- prio sul device. La confezione di vendita ha dimensioni generose ma è ben realizzata e completa offrendo in dotazione, oltre a smartphone e caricatore (con cavo, purtroppo, incorporato), un paio di cuffie di media qualità, un bumper in plastica piuttosto rigida, una graffetta per aprire lo slot dedicato alle schede e un manuale di istruzioni. Il display LCD vuole sembrare un OLED Promosso a pieni voti Il frontale di Moto X Style è dominato da un display da 5,7 pollici di diagonale ben più grande del precedente 5,2 pollici presente sul Moto X di seconda generazione. Motorola ha anche deciso di abbandonare la tecnologia AMOLED per passare ad un pannello LCD IPS e di spingere la risoluzione da Full HD a QHD (2560x1440 pixel), che su questa diagonale porta ad ottenere un valore di densità dei pixel di circa 520ppi. I numeri ci sono tutti e le qualità del display sono subito evidenti poiché, sin dalla prima accensione, non si fa fatica a notare l’ottima luminosità e il buon contrasto offerti dal pannello. segue a pagina 31 torna al sommario n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 TEST Smartphone Motorola Moto X Style segue Da pagina 30 Il display offre colori sempre brillanti ed è possibile selezionare due profili di calibrazione: uno Normale con tonalità molto naturali e uno Vivace che offre colori più accesi e saturi, arrivando a ottenere risultati che, pur con i limiti della tecnologia (il nero non è così profondo, mentre il bianco è molto intenso), si avvicinano abbastanza a quelli degli AMOLED in circolazione. La risoluzione QHD è apprezzabile per la diagonale in questione: i pixel non si vedono ed è sempre possibile leggere abbastanza agevolmente anche le scritte più piccole. Molto buoni gli angoli di visione, tipici di un IPS. Il sensore di luminosità compie davvero bene - oltre che velocemente - il suo lavoro e garantisce la massima leggibilità del display anche sotto la forte luce del sole. A proteggere lo schermo c’è un Corning Gorilla Glass 3 che vi permetterà di dormire sonni tranquilli e terrà al riparo Moto X Style dai graffi. Simmetricamente, sopra e sotto il display, vi sono due speaker capaci di produrre un suono stereo per audio, video e app/giochi; spicca poi il flash LED frontale, non proprio bellissimo, al fianco della fotocamera secondaria posta in alto a destra. Hardware bilanciato per prestazioni solidissime Sotto il vestito Moto X Style offre un pacchetto di componenti che garantisce il giusto compromesso tra performance e affidabilità. Motorola ha deciso di installare a bordo del suo device top di gamma il noto SoC Snapdragon 808 (MSM8992) di Qualcomm con CPU exa-core (di cui due Cortex-A57 a 1,8 GHz e quattro Cortex-A53 a 1,44 GHz) e sistema grafico affidato ad una GPU Adreno 418. Sono 3 i GB di memoria RAM a disposizione dell’utente, valore ormai quasi obbligato per un flagship Android degno di questo nome. Sul campo Moto X Style non ha difficoltà a destreggiar- 1 MAGAZINE si in tutte le operazioni che è chiamato a svolgere; la velocità nell’apertura delle applicazioni e il passaggio tra una e l’altra è sempre notevole mentre sono praticamente assenti lag o rallentamenti di vario genere, con la sola eccezione di un piccolo ritardo - per giunta occasionale - cui si può incappare andando ad effettuare lo sblocco del device dopo diverse ore di stand-by. A parte questo piccolo dettaglio che non pregiudica affatto il valore del dispositivo, Moto X Style permette di fare tutto senza preoccupazioni e alla massima velocità. Nonostante l’impegnativo display QHD si può giocare a titoli 3D di ultima generazione ad un framerate elevato e si possono guardare filmati (anche in 4K) col software di sistema, il tutto senza che il dispositivo si surriscaldi in maniera fastidiosa, fattore quest’ultimo che forse ha giocato un ruolo fondamentale nella scelta fatta da Motorola nel preferire Snapdragon 808 a scapito del più potente Snapdragon 810. La solidità di prestazioni di Moto X Style viene confermata anche nell’esecuzione dei più famosi benchmark di sistema AnTuTu e Geekbench, applicazioni che il device affronta senza alcun problema e dalle quali riesce a spuntare buonissimi punteggi. Android stock con il tocco “smart” di Motorola Con Android 6.0 Marshmallow ormai realtà e già programmato per sbarcare nel più breve tempo possibile anche su questo dispositivo, Motorola va sul sicuro installando a bordo di Moto X Style Android 5.1.1 Lollipop, versione del sistema operativo del robottino verde ormai solida e più che perfetta per il device in questione. Il software è praticamente in veste stock con solo l’app drawer (che mette in evidenza le app più utilizzate) e la gestione dei widget che riprendono qualche dettaglio della nuova versione 6.0; la scelta di Motorola di non personalizzare la UI la giudichiamo molto azzeccata poiché, a conti fatti e come i puristi Android ripetono da ormai diverso tempo, non ce n’è più bisogno. Motorola ha però deciso di intervenire in maniera im- 2 portante sulla parte “smart” del sistema donando a Moto X Style quel qualcosa in più di cui un dispositivo appartenente a questo segmento di mercato ha bisogno per emergere. Google Now non è abbastanza per competere con l’offerta della concorrenza ed ecco che Motorola ha scelto di donare al device in questione il pacchetto Moto, il quale comprende le funzionalità Assist, Actions, Voice e Display. La modalità Assist permette al dispositivo di riconoscere determinati luoghi (per farlo con precisione serve il GPS) o situazioni in modo tale da adattarsi di conseguenza senza bisogno di intervenire direttamente sullo smartphone. Si possono impostare, per esempio, una casa e un ambiente di lavoro, con Moto X Style “addestrato” a disattivare la suoneria quando si è impegnati in ufficio e a riattivarla non appena si sta per tornare a casa. Stessa cosa per quanto riguarda gli eventi: se il dispositivo “sa” - perché glielo abbiamo detto - che un determinato giorno a una certa ora vi sarà una riunione importante, esso si comporterà come gli abbiamo comandato di comportarsi. Nel corso del nostro test la funzionalità Assist si è dimostrata molto più utile di quello che può sembrare: presente inoltre una modalità che aiuta a non distrarsi mentre si è alla guida e la classica “non disturbare” notturna. Moto Actions fa sì che il phablet reagisca ad un determinato stimolo con un’azione ben precisa. Se si esegue un doppio colpo di martello si attiva la torcia, se si ruota per due volte il polso parte la fotocamera mentre se si solleva e si avvicina Moto X Style all’orecchio si avvia Moto Voice, nient’altro che l’assistente vocale scelto da Motorola per accompagnare l’utente nell’esperienza d’uso dello smartphone. Voice è affidabile, veloce e preciso: non ha la “profondità” di alcuni più blasonati concorrenti ma i comandi impartiti vengono recepiti correttamente ed eseguiti. Basta dire “Ok Moto X” e l’assistente si attiverà in previsione del successivo comando; le possibilità sono molte e il segue a pagina 32 3 Facendo uno swipe da sinistra a destra si accede alle impostazioni; effettuando l’operazione in senso opposto si va alla galleria. 1 - La “suite” Moto è alla base delle caratteristiche smart di Moto X Style. 2 - L’assistente Moto Voice non sarà Siri, ma recepisce perfettamente i comandi. 3 - Attivare il display semplicemente avvicinandosi al device non ha prezzo. torna al sommario Ecco il “mirino” per la messa a fuoco e per la gestione dell’esposizione. n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE TEST Smartphone Motorola Moto X Style segue Da pagina 31 sistema ci ha soddisfatto. Grazie poi ai diversi sensori di prossimità installati nella porzione anteriore di Moto X Style c’è la possibilità di attivare il display al solo passaggio della mano al di sopra del pannello; questa interessante caratteristica di fatto giustifica la mancanza di un LED di notifica e anche quella di un sistema di doppio tap per l’accensione del display. Quando si vuole vedere se vi è qualche notifica basta passare la mano su Moto X Style oppure si può inclinare il dispositivo in una qualunque direzione, segno che il sistema funziona anche sfruttando gli accelerometri a bordo. Ci pensa poi un’altra peculiarità di Moto Display a capire quando effettivamente si sta guardando il device, intervenendo sul tempo di attivazione del display in modo tale che questo non vada a spegnersi quando l’utente sta leggendo qualcosa. Le foto sono uno spettacolo Ben fatto Motorola! In un dispositivo così equilibrato nelle caratteristiche c’è però un elemento che spicca: parliamo della fotocamera principale, vero e proprio plus di Moto X Style, elemento che può davvero influire in maniera importante sulla scelta del potenziale acquirente. Motorola ha scelto un modulo realizzato da Sony con sensore BSI (retroilluminato) da 1/2.4 pollici e 21 megapixel (dimensione pixel di circa 1,1 μm), dotato di obiettivo con apertura massima pari a f/2.0 e focale fissa grandangolare da 27mm. La scelta si è rivelata azzeccata perché Moto X Style è uno degli smartphone/phablet attualmente in circolazione ad offrire la migliore qualità in ambito fotografico, con prestazioni che - risultati alla mano - lo avvicinano in maniera decisa ai vari Samsung Galaxy S6, LG G4 e iPhone 6S. Inutile girarci troppo intorno: le foto scattate da Moto X Style sono, in relazione alla categoria (parliamo pur sempre di un telefono), eccellenti e possono tranquillamente invogliare l’utente a mettere nel cassetto la fotocamera dedicata. In condizioni ottimali il livello di dettaglio è elevatissimo, le immagini non sono per niente impastate e il rumore è davvero minimo. L’esposizione generale è molto soddisfacente e, in condizioni più difficili (come scatti in controluce), è rilevabile esclusivamente una certa tendenza alla sottoesposizione delle scene, peraltro mai compromettente il risultato finale. Buonissimo dunque il bilanciamento del bianco e ottima è la riproduzione dei colori, che appaiono sempre del tutto naturali una volta riprodotti su un monitor calibrato. L’assenza di una stabilizzazione ottica, sinceramente, non si è mai fatta sentire più di tanto, segno che il sistema digitale funziona bene; l’autofocus è fulmineo e preciso, e va in crisi solo raramente e quando si è costretti ad usare il doppio flash LED. Le foto ottenute sono tutte piuttosto “pesanti”: in media si va tra i 5 e i 6 MB. Il software fotocamera di Motorola è studiato in modo tale da catturare le immagini al tap su una qualsiasi porzione dello schermo; questo potrà piacere o meno agli utenti ma l’assenza di un tasto di scatto dedicato (sia fisico che a schermo) garantisce la massima velocità nel catturare i momenti. Per scattare una foto al volo si fa davvero in fretta: doppia rotazione del polso per attivare la fotocamera (grazie a Moto Actions) e tap su schermo. Fatto. E per ottenere più foto basta tenere il dito appoggiato sul display. Ovviamente in queste condizioni non è possibile ottenere un controllo manuale della messa a fuoco, caratteristica comunque attivabile tra le - poche - opzioni offerte dal software: selezionando questa possibilità apparirà un mirino nella posizione centrale del display che l’utente potrà trascinare nel punto in cui si vuol mettere a fuoco. Lo scatto avviene sempre con un tap in qualunque altra porzione dello schermo. Per quanto riguarda i video, vista la bontà delle foto, ci saremmo forse aspettati di più; di giorno i video sono di qualità più che sufficiente mentre la sera o in condizioni di non perfetta illuminazione la qualità scende un po’. L’autofocus ha una certa tendenza al “nervosismo” mentre la stabilizzazione non è sempre ottimale. Si tratta comunque di difetti piuttosto comuni a tutti gli I NOSTRI SCATTI DI PROVA clicca le immagini per l’ingrandimento torna al sommario smartphone. Segnaliamo una curiosità: nonostante sul sito ufficiale Motorola indichi che a 1080p (risoluzione di default) i video siano registrati con un framerate di 60 fotogrammi al secondo, i nostri video sono stati tutti salvati a 30fps, la stessa dei filmati in 4K. Difficile che un modulo di questo genere, capace del 4K e di slowmotion a 720/120p, abbia problemi con i 60fps in Full HD mentre è molto più probabile che vi sia qualche problemino a livello software: non escludiamo dunque un fix nelle prossime settimane. Perfettamente nella media il modulo da 5 megapixel frontale, che sfrutta un flash LED frontale che aiuta non poco nell’ottenere selfie ben dettagliati. Da segnalare l’interessante possibilità di chiedere a Moto Voice “fammi un selfie”: in pochi attimi il device attiverà la fotocamera frontale e farà partire un countdown di 3 secondi che si concluderà con l’autoscatto desiderato. I maniaci dei selfie finiranno per amare questa funzionalità. Batteria senza infamia e senza lode Ma c’è il Turbo Charging Parlando di autonomia, si può affermare che Moto X Style non darà mai grossi problemi all’utente, in primis per la capacità della batteria - non rimovibile - che è di 3.000 mAh (non tantissimi considerando le dimensioni del dispositivo) e in secondo luogo per la capacità di quest’ultima di supportare la ricarica veloce; grazie al Turbo Charging, infatti, è possibile ottenere 10 ore di autonomia aggiuntiva con soli 15 minuti di carica. Questo è quello che afferma Motorola, anche se dubitiamo che il 34% di batteria ottenibile in un quarto d’ora, nell’uso reale quotidiano, possa garantire tanta autonomia. Ma una cosa è certa: anche con un utilizzo abbastanza intenso Moto X Style arriverà quasi a termine della classica giornata lavorativa, a patto di non esagerare troppo con i giochi 3D nei momenti di svago. Sotto il profilo della connettività il dispositivo non manca di nulla: c’è il Wi-Fi 802.11 a/b/g/n/ac dual band, il Bluetooth 4.1 LE con tanto di NFC e c’è pure il GPS. Buona la ricezione del segnale telefonico e ottima la qualità delle chiamate, grazie anche al sistema di riduzione dei rumori ambientali coadiuvato da tre microfoni adibiti al riconoscimento delle fonti di disturbo. Giusto è spendere, infine, qualche parola sui già citati speaker frontali, i quali offrono una qualità stereo pressoché unica in campo smartphone/phablet; non saranno bellissimi da vedere ma, viste le dimensioni, fanno davvero un ottimo lavoro. n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE TEST Per cercare di differenziarsi dalla massa e aggiudicarsi una fetta di mercato, Alcatel propone un prodotto originale Alcatel OneTouch Go Play, lo smartphone resistente Un terminale di fascia media, dal look accattivante, che promette di resistere a condizioni difficili. Ce la farà davvero? di Massimiliano ZOCCHI ontinua senza sosta la tabella di marcia di Alcatel che prova con ogni nuovo prodotto a proporre qualcosa di originale, che possa risaltare nella massa e aggiudicarsi una fetta di mercato. OneTouch Go Play, visto in anteprima a IFA 2015 e pronto per il mercato italiano, segue proprio questa strada, con un prezzo appetibile (199 euro), saldamente all’interno della fascia media. Si parte bene dalla confezione, solida e con spazi interni ben definiti, dove possiamo trovare il classico caricatore micro USB, degli auricolari in-ear di media fattura con cavo flat e dotati anche di gommino intercambiabile del tipo con protuberanza, per mantenerli più saldi durante l’uso sportivo. Chiude la clip metallica necessaria per l’estrazione dell’alloggiamento SIM e Micro SD. Al primo sguardo e al primo tocco appare subito evidente che ci troviamo di fronte a un device diverso dal solito. Il bordo e il retro sono interamente ricoperti da un materiale gommato, che è anche zigrinato sulla scocca posteriore (non rimovibile), e che agevola notevolmente l’impugnatura anche con una mano sola, nonostante il display da 5”. Il design è molto lineare, la fotocamera posteriore e il flash LED sono posizionati al centro appena sopra il logo Go, e più in basso troviamo l’altoparlante mono. Alcatel ha puntato a un target giovanile che non ama passare inosservato accoppiando il nero frontale a colori dai toni accesi, rosso nel nostro caso. Colore accentuato ancor di più dalla mancanza apparente di fori o prese su tutto il bordo. C Resiste a tutto e la batteria è ottima Il bordo colorato non ha interruzioni poiché ogni possibile apertura è sigillata da uno sportellino, in particolare la presa micro USB, gli slot per le schede e anche la presa auricolare sul lato superiore. Questo perché Go Play ha la certificazione IP67 ed è quindi resistente a immersioni in acqua dolce fino a un metro e mezzo di profondità per 30 minuti. Ma non solo, non teme nemmeno la polvere e le cadute accidentali. Non è frequente trovare un terminale con queste protezioni in fascia medio-bassa. Come se non bastasse anche l’autonomia è più che discreta grazie alla batteria da 2.500 mAh. Alcatel ha più volte sottolineato questo video Alcatel OneTouch Go Play PER CHI CERCA UN PRODOTTO ROBUSTO AL GIUSTO PREZZO lab 199,00 € Data la sua fascia di mercato e il prezzo competitivo, OneTouch Go Play non vuole essere un riferimento a livello tecnico, ma la scelta di puntare sui materiali e sulla resistenza ci è parsa vincente. Sono pochi i device che hanno un aspetto così sportivo e giovane e che al tempo stesso sono davvero adatti a chi maltratta un po’ lo smartphone trattandolo in maniera sbadata. Il look è ciò che lo differenzia dalla massa, mentre l’hardware - sia pur di fascia “entry” - è più che sufficiente per l’uso di tutti i giorni ma di sicuro non è dedicato ai power user. Se cercate qualcosa con un design diverso dal solito e che non vi molli mai, ma senza spendere cifre elevate, potete tenerlo in considerazione. 7.7 Qualità 7 Longevità 9 Buona autonomia COSA CI PIACE Resistente a tutto Sistema quasi stock, leggero e fluido Design 7 Semplicità 8 COSA NON CI PIACE fattore, e effettivamente abbiamo potuto verificare che con un uso non intenso si possono raggiungere i due giorni di utilizzo per singola carica. Ma anche se siete power user non sarete quasi mai costretti a ricariche di emergenza durante la giornata. L’autonomia è favorita anche dalla scelta dei componenti per raggiungere un buon compromesso tra prezzo e prestazioni. Il display in particolare non sconfina in inutili invasioni di pixel, e si ferma a un ragionevole (per la fascia di mercato) 1.280 x 720 pixel. Lo stile pulito lo ritroviamo anche nel frontale, con solo un piccolo anello visibile durante lo stand by, dove poi troveremo il tasto home, e un piccolo LED di notifica in alto a sinistra. Equilibrato e col self broadcast OneTouch Go Play è animato da Android Lollipop, più precisamente dalla versione 5.0.2 in una veste non molto lontana da quella stock. Grazie anche a questo il processore Snapdragon 410 (quad core da 1.2 GHz) non fatica mai, tranne per qualche microscatto che abbiamo potuto notare in situazioni con molto carico, come pagine web pesanti o multitasking abbastanza affollato; del resto la RAM è pur sempre un solo GB. Ci sono due personalizzazioni che Alcatel ha voluto inserire nel sistema operativo. La prima è la già vista OneTouch Stream (foto a destra), ovvero un aggregatore di news e altre informazioni accessibile con D-Factor 8 Prezzo 8 Fotocamera migliorabile Poca memoria Qualche incertezza sotto sforzo uno slide a sinistra dalla home. Offre uno sguardo rapido al meteo, con previsioni e località, le ultime notizie, oltre a una serie di app e di sfondi consigliati. C’è anche la possibilità di inserire l’agenda, così da avere una vista rapida sui propri impegni. La seconda, decisamente più interessante, è un’applicazione chiamata ViewMe. Quando attivata questa app registra tutto quello che accade sul display, con la possibilità di posizionare un piccolo cerchio in qualsiasi punto dello schermo, che contiene la nostra faccia ripresa dalla fotocamera frontale. In pratica una manna dal cielo per chi crea guide o tutorial, permettendo in un colpo solo di mostrare cosa fare, e spiegarlo contemporaneamente, dato che registra anche la nostra voce. segue a pagina 35 torna al sommario n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE MOBILE Il lancio di Honor 5X per il momento non prevede l’Italia. È disponibile in due versioni, rispettivamente da 2 e 3 GB Honor 5X è ufficiale: fascia media e look di pregio Il nuovo device Honor ha caratteristiche di pregio: corpo metallico, lettore biometrico di impronte digitali e display Full HD di Massimiliano ZOCCHI I l lancio di Honor 5X era atteso da un po’ e finalmente il nuovo device Huawei (che controlla appunto il brand Honor) è arrivato, anche se non ancora per l’Europa. Honor ha, infatti, deciso di iniziare con la Cina per poi aprire ad altri mercati. Honor 5X è disponibile in due versioni, il corrispondente di circa 142 euro per il modello con 2 GB di RAM, oppure 199 euro per 3 GB di RAM. Prezzo mol- to interessante soprattutto se si considera che 5X ha diverse caratteristiche superiori al terminale tipico di fascia media. La scocca è in metallo, sia sui bordi che sul retro, in colore silver oppure gold e con una cura nei dettagli da top di gamma. Troviamo anche un sensore di impronte digitali, che diversamente dal solito è posto sul retro e in grado di sbloccare il device in soli 0.4 secondi. Le fotocamere sono delle dignitosissime 13 Megapixel posteriore e 5 Megapixel frontale. Il display è generoso, da 5.5” ma con risoluzione 1080p, mentre il processore è uno Snapdragon 616 octa core, di cui quattro a 1.7 GHz e i restanti a 1.2 GHz, il tutto supportato da una GPU Adreno 405. Anche lo storage va un poco oltre la fascia media proponendo 16 GB sempre espandibile con micro SD, mentre la RAM come detto può essere da 2 o 3 GB. La batteria da 3.000 mAh può essere ricaricata fino al 50% in 30 minuti grazie alla tecnologia Quick Charge. Honor 5X è un telefono dual SIM, entrambe con connettività LTE e stand by simultaneo. Il cuore di tutto come sempre è Android, qui nella versione Lollipop 5.1. Vi aggiorneremo appena Huawei distribuirà il nuovo 5X anche in Italia. TEST Smartphone Alcatel OneTouch Go Play segue Da pagina 34 Foto nella media, ma buona definizione La ricerca dell’equilibrio prosegue anche nel comparto fotografico. La fotocamera posteriore è da 8 Megapixel con singolo flash LED, mentre quella frontale ha un buon 5 Megapixel. L’applicazione fotografica offre i controlli standard, con la possibilità di lasciar fare tutto in automatico al sistema, oppure di intervenire manualmente sui vari parametri. Possiamo regolare gli ISO fino a 2.400, oltre alla velocità dell’otturatore e il bilanciamento del bianco. Oltre alla modalità di scatto normale è possibile scegliere anche il modo HDR, Panorama, Time-lapse e scanner di codici a barre. Nel caso di autoscatti tutte queste scelte si disattivano automaticamente lasciando solo l’opzione “Bellezza del viso”. Salvo poche eccezioni è difficile trovare fotocamere di alta qualità in prodotti di fascia medio bassa, ma tutto sommato i risultati sono discreti in proporzione al tipo di prodotto e quando la luminosità è sufficiente non faticherà a restituire immagini nitide con un buon dettaglio. Al buio, invece, abbiamo i classici problemi delle fotocamere medie, forse anche per colpa del software non particolarmente ottimizzato. Per quanto riguarda i video c’è la possibilità di scegliere se registrare a 720p o 1080p, anche se i cambi di inquadratura più rapidi mettono un po’ in difficoltà la messa a fuoco automatica. Ma resiste a tutto? L’abbiamo immerso Partiamo da considerazioni sull’uso tipico del telefono. Come detto, questo offre quasi sempre una buona fluidità, buona ricezione e un audio di media qualità. Gli auricolari in dotazione tradiscono un po’ la fattura economica, ma sono comunque comodi, e chi li userà per andare a correre sarà sicuramente contento dei gommini supplementari in dotazione. Come in altri terminali la memoria interna di soli 8 GB è un handicap, anche se un prodotto di questa fascia non è certo dedicato a un uso intenso, ma più casual, con le app essenziali per la quotidianità. Il fattore resistenza è un plus notevole. Non ci siamo azzardati a testare la certificazione shock proof, anche se involontariamente ha fatto torna al sommario una piccola caduta senza conseguenze. Per quanto riguarda la resistenza all’acqua, invece, abbiamo voluto provare: non saranno state le profondità di una piscina ma un semplice recipiente con pochi cm d’acqua, ma “buttandoci” dentro Go Play, il telefono ne è uscito perfettamente indenne. Dopo una rapida asciugatura abbiamo anche controllato i vari sportellini e non abbiamo trovato residui di infiltrazioni, segno che le guarnizioni hanno una buona tenuta. n.121 / 15 2 NOVEMBRE 2015 MAGAZINE TEST Abbiamo provato il modello della cuffia senza fili B&W e siamo rimasti soddisfatti nonostante il prezzo un po’ elevato B&W P5 Wireless, cuffia Bluetooth che non delude La lotta ai cavi attorcigliati della cuffia è vinta con il Bluetooth e B&W scende in campo con un modello con alte prestazioni di Roberto FAGGIANO l mercato delle cuffie Bluetooth fa grandi numeri in ogni fascia di prezzo e nemmeno il più famoso marchio britannico Bowers & Wilkins poteva tralasciare questo segmento. Ecco quindi la P5 Wireless (399 euro), che è del tutto identica alla versione 2 del modello P5 ma si collega senza fili tramite Bluetooth con aptX e AAC alla sorgente. La finitura al momento è solo quella nera del modello in prova. Nella gamma di cuffie del marchio britannico la P5 Wireless si colloca proprio al vertice, accanto alla P7, quindi chi sceglie questo modello vuole proprio il collegamento senza fili e non cerca il top di gamma qualitativo. Il potenziale utente più probabile di questa cuffia è l’appassionato che desidera un ascolto di alto livello, ma libero dai vincoli dei cavi, tra le pareti domestiche o durante lunghi viaggi. Meno probabile l’utilizzo in mobilità nei tragitti casa-lavoro, perché l’isolamento dai rumori esterni non è molto elevato ma nulla vieta di usare la P5 anche in quei momenti. I Controlli senza gadget I tasti funzionali della P5 Wireless sono tutti concentrati sul padiglione destro, non ci sono soluzioni particolarmente tecnologiche come tasti a sfioramento o cose del genere ma semplicemente due tasti per regolare il volume e cambiare traccia, più uno centrale che serve per accendere la cuffia o abbinare lo smartphone in Bluetooth. Accanto al tasto ci sono le spie colorate che segnalano l’accensione, l’abbinamento Bluetooth o l’eventuale esaurimento della batteria. La finitura è di alto livello come si conviene a un oggetto di questo prezzo, con abbondanza di metallo e pelle ma senza concessioni all’eccesso, lasciando ad altri marchi il compito di farsi notare tra la folla. Caratteristico il cuscinetto completo in pelle traforato al centro, usato al posto del classico tipo a contorno delle altre cuffie; è anche rimovibile per una facile sostituzione o per inserire il cavo di collegamento torna al sommario video Bowers & Wilkins P5 WIRELESS UNA CUFFIA ECCELLENTE, MA IL VERO NEMICO È IN CASA 399,00 € b la Dopo aver effettuato il test e ascoltato le cuffie per giorni, possiamo affermare che la P5 Wireless è caldamente consigliata a chi necessita di un modello senza fili e pretende una qualità d’ascolto di alto profilo. In più, la connettività wireless assicura quella comodità che di sicuro non guasta e il design moderno e raffinato resta un indiscutibile punto di forza. Peccato solo per il prezzo molto elevato che la pone in difficoltà verso alcuni concorrenti altrettanto famosi che propongono soluzioni analoghe. Ma rimanendo in casa B&W non si può dimenticare che il top di gamma P7, con filo, costa la stessa cifra e può offrire prestazioni ancora migliori. 8.4 Qualità 9 Longevità 9 Prestazioni sonore COSA CI PIACE Finitura molto accurata Comoda da indossare Design 9 Semplicità 8 COSA NON CI PIACE in caso di batteria esaurita. Articolazioni e archetto appaiono indistruttibili e resistenti, ma siamo sicuri che i proprietari di una P5 la tratteranno con la massima cura e delicatezza. La P5 è molto comoda da indossare e la mancanza del filo compensa il lieve incremento di peso, siamo a 213 grammi, dovuto alla batteria e al sistema di collegamento Bluetooth. In dotazione alla cuffia troviamo un cavo di segnale per un utilizzo classico, il cavetto di ricarica USB per la batteria e una borsa trapuntata per il trasporto. Dal punto di vista tecnico ritroviamo gli stessi trasduttori da 40 mm delle P5 con cavo, l’autonomia della batteria è dichiarata fino a 17 ore e la relativa carica può essere visualizzata direttamente sul display dei dispositivi Apple collegati, altrimenti c’è una spia rossa che avvisa quando è il momento della ricarica. Le orecchie approvano qualità oltre le previsioni Al momento dell’ascolto era difficile prevedere prestazioni scadenti, ma la nuova cuffia B&W è andata anche oltre ciò che ci aspettavamo. Per il test abbiamo utilizzato brani di iTunes caricati sun un iPod e lo streaming da Spotify. D-Factor 8 Prezzo 7 Prezzo molto elevato Il limite tecnico della trasmissione Bluetooth sembra subito superato perché all’ascolto non è facile trovare difetti apparenti, tutto sembra suonare al meglio, probabilmente merito del circuito DSP integrato nel ricevitore. La musica scorre fluida e piacevole, uniforme lungo tutte le frequenze e in grado di adattarsi facilmente ai diversi contenuti musicali. Sui bassi non c’è nessuna enfasi ma la resa è dinamica e coinvolgente, pur non scendendo troppo verso il basso; le voci rispettano la qualità della registrazione e non notiamo eccessi di spigolosità, la fatica d’ascolto è lontanissima. Sugli acuti prevale una naturale e piacevole tridimensionalità, minata solo dai brani più compressi, ma è davvero difficile non farsi coinvolgere più dalla musica che dall’ascolto fine a se stesso.