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n.121 / 15
2 NOVEMBRE 2015
Sei mesi
senza Auditel
Nelle scorse settimane è esploso uno scandalo
legato all’Auditel: per un errore di Nielsen,
sono state rese pubbliche le identità di 4000
famiglie sulle 5500 che compongono il panel,
che dovrebbe essere segretissimo. Auditel
ha deciso di sospendere la pubblicazione dei
rilevamenti (che comunque sono andati avanti)
per due settimane. Da qualche giorno i dati sono
tornati pubblici (anche quelli del periodo “off”)
e abbiamo capito che senza Auditel non si può
stare; ma anche che con questa Auditel non si
può più stare. Insomma, le rilevazioni servono,
ma probabilmente non fatte e non usate così.
5500 famiglie sono davvero un campione
sufficientemente rappresentativo di milioni
di spettatori? Anche ammesso che si tratti
di famiglie scelte in maniera equilibrata per
rappresentare bene la composizione della
società italiana (non basta pescarle a caso),
la percentuale di errore che è ragionevole
attendersi è enorme. Malgrado ciò si continuano
a dare gli ascolti in termini percentuali fino al
secondo decimale. Peggio ancora: si proiettano
queste percentuali sull’intera popolazione
arrivando a dire che quella tal trasmissione è
stata vista da “due milioni e 740mila spettatori”:
numeri precisi su stime che non possono esserlo.
Ora Auditel, riconoscendo indirettamente che
i 5500 monitorati non bastano, ha annunciato
che entro la prossima primavera il campione
verrà “ripulito” della porzione inquinata e verrà
rimpolpato fino a triplicare: 15000 famiglie è
meglio di 5000, ma senza evidenze statistiche
di confronto (che Auditel non svela) è comunque
impossibile conoscere i margini di confidenza
del dato. Poco male – si potrebbe pensare:
non è che servano dati assolutamente precisi,
servono ordini di grandezza. Vero, se non fosse
che questi dati, decimali compresi, nell’ansia di
performance immediate che permea il mercato
dei media attuale, determinano se un programma
inizialmente progettato per “n” puntate possa
essere interrotto dopo un paio. I dati Auditel,
se diventano l’unico criterio che guida le
produzioni, sono solo un incentivo a rifare le
cose che funzionano subito e ad uccidere quelle
che contengono elementi di forte novità e che
potrebbero invece scrivere la TV del futuro.
E poi, siamo così sicuri che la quantità di
spettatori rappresenti correttamente la qualità
dei programmi? Soprattutto, siamo così sicuri
che la “gente” scelga bene? A leggere gli
ascolti pare che la maggioranza delle persone
evidentemente venga catturata da programmi
di qualità deteriore; anzi, spesso lo sa, ma non
riesce a resistere. Così una nazione con delle
debolezze culturali finisce per crogiolarsi nei suoi
stessi limiti, enfatizzandoli nella creazione di TV
spazzatura. La TV che ha insegnato agli italiani a
leggere e scrivere sembra lontana di secoli.
La morale? Difficile farla per noi che non siamo
tecnici pubblicitari. Ma la senzazione è che
questa Auditel sia usata da funzionari TV, autori
e investitori pubblicitari per limitare le proprie
responsabilità: basta scegliere secondo gli indici
di ascolto e nessuno potrà mai contestare la
decisione. Sarebbe bello – anche se si tratta di un
desiderio “ingenuo” – che le rilevazioni Auditel
venissero davvero sospese per un periodo di sei
mese, per esempio fino alla messa a punto del
nuovo panel, giusto per vedere l’effetto che fa.
Giusto per vedere emergere decisori coraggiosi
e visionari sia tra chi decide i palinsesti TV che tra
chi vi investe pubblicitariamente. Tornando così a
giudicare la TV guardandola e non leggendo un
tabulato alle 10 del giorno dopo.
Gianfranco GIARDINA
MAGAZINE
L’Unione Europea
approva la fine
del roaming 02
LG: la pioggia
di OLED diventa
“invasione” 09
Qumi Q6, il proiettore
wireless che sta nel
palmo di una mano 10
Netflix, Sky Online e Premium
in mobilità senza spendere troppo
Milioni di italiani passano ore sui mezzi pubblici ma
i piani dati della maggior parte degli operatori non
soddisfano le esigenze di chi è sempre in movimento
05
Anteprima HTC One A9
L’anti iPhone è servito
One A9 punta su design ed esperienza
d’uso: tra i suoi punti di forza la
fotocamera e la scocca in metallo
11
IN PROVA IN QUESTO NUMERO
27
Amazon Fire: a soli 59 euro
questo tablet è un affare
Amazon riesce a fare un “miracolo”
con un prodotto valido a un prezzo
eccezionale. È perfetto per i bambini
24
30
Sony Bravia X90C Moto X Style
TV LCD ultra-sottile mostra i muscoli
36
B&W P5 wireless
Qualità senza fili
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2 NOVEMBRE 2015
MAGAZINE
MERCATO Sono state approvate anche misure per la neutralità di rete, ma con molte ambiguità
L’Unione Europea approva la fine del roaming
In riunione plenaria, il Parlamento Europeo ha approvato il pacchetto Telecom Single Market
di Paolo CENTOFANTI
I
l Parlamento Europeo ha votato,
durante la riunione plenaria, il celeberrimo pacchetto Telecom Single
Market che, spolpato di gran parte
delle sue parti durante l’iter legislativo, introduce la fine del roaming sulle
tariffe telefoniche sul territorio dell’Unione Europea e nuovi principi sulla
cosiddetta neutralità di rete. Il testo è
il frutto di un lungo lavoro di compromesso tra la posizione del Parlamento
Europeo, che aveva votato in prima lettura nel 2014 per una netta posizione
sulla neutralità e per una celere e completa abolizione del roaming, e quella
del Consiglio Europeo, che invece ha
portato sul tavolo posizioni molto più
concilianti con le richieste delle lobby
delle telco. Ma andiamo con ordine.
Sul fronte roaming le notizie per i consumatori sono comunque buone. Dal 30
aprile 2016 scatterà un nuovo taglio alle
tariffe, che vedrà il traffico dati in roaming costare un massimo di 5 centesimi
al MB, mentre le chiamate vocali avranno un tetto di 5 cent al minuto e gli SMS
di 2 centesimi a messaggio. Queste
nuove tariffe ci accompagneranno fino
al 15 giugno 2017, data dalla quale scatterà l’abolizione totale del roaming, per
cui quando si viaggerà negli altri paesi
dell’Unione Europea varranno i piani
nazionali, comprese le soglie di traffico
previste dalla propria tariffa. Come più
volte anticipato ci sarà una clausola di
“fair use”, volta a impedire che vengano utilizzate in modo permanente nel
proprio paese di residenza SIM attivate all’estero. Altra buona notizia prevista dalle nuove norme è un vincolo di
trasparenza per gli Internet Service
Provider sulle velocità di trasmissione
effettive offerte dai propri servizi, con
rimborso per l’utente o annullamento
del contratto nel caso queste non siano
poi garantite nella pratica. Più delicato il
discorso sulla neutralità di rete, a partire dal fatto che tale termine non viene
mai citato esplicitamente nel testo votato dal Parlamento. L’assemblea non
ha, infatti, approvato gli emendamenti
che erano stati presentati proprio allo
scopo di eliminare diverse ambiguità
e contraddizioni contenute nel testo
della riforma. In più punti, infatti, compaiono delle espressioni e definizioni
che lasciano la porta aperta a possibili
scappatoie che di fatto minano il concetto stessa di neutralità. Come il caso
dei servizi specializzati non chiaramente definiti e per i quali vale una sorta
di lasciapassare alla prioritarizzazione
di traffico. C’è il problema del traffico
criptato (come quello delle VPN), che
secondo questa legge rimane in una
sorta di area grigia che potrebbe rendere lecito il suo rallentamento rispetto
ad altre categorie meglio identificabili
in ottica di Quality of Service. Ma soprattutto c’è un articolo particolarmente ambiguo riguardo la prevenzione
della “imminente” congestione del
traffico, che lascia spazio per interpretazioni che demoliscono l’intero
principio di neutralità. Pur stabilendo
il principio di un Internet “aperto, privo
di discriminazioni e senza corsie preferenziali”, molto rimane alla fine aperto
a diverse interpretazioni, compito che
spetterà ai regolatori del BEREC (Body
of European Regulators for Electronic
Communications) e delle authority nazionali. Come hanno sottolineato molti
osservatori, in pratica il Parlamento ha
scelto di non scegliere.
MERCATO Per il Garante questa modalità di pagamento porterà benefici nella lotta all’evasione
Via libera dell’Antitrust al canone Rai in bolletta
Approvata la proposta ma il costo dell’energia e quello dell’abbonamento vanno separati
di Emanuele VILLA
rriva il via libera dell’Antritrust all’inserimento del Canone Rai nella
bolletta elettrica. Secondo il Garante, inserire questa nuova modalità di
pagamento nella legge di Stabilità porterà reali benefici nella lotta all’evasione e anche all’ammontare del canone
stesso. L’Authority pone comunque una
condizione per la legittimità dell’operazione, ovvero che si mantengano sepa-

A
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rati il costo della fornitura dell’energia
elettrica da quello dell’abbonamento
radiotelevisivo. Il parere dell’Antitrust è
stato dunque inviato ai Presidenti di Camera e Senato, oltre che al ministro dello Sviluppo Economico e al Presidente
del Consiglio dei Ministri.
Il comunicato dell’Antitrust auspica
anche che - a tutela della trasparenza
- vengano fornite “adeguate garanzie
informative in favore degli utenti finali”,
per non compromettere “la possibilità
di comprendere chiaramente qual è il
prezzo pagato per i servizi di fornitura
elettrica”. Inoltre, al fine di assicurare
una concorrenza effettiva in tema di
raccolta pubblicitaria, l’authority auspica che si ottenga una “separazione tra
attività di servizio pubblico e attività
commerciali della Rai attraverso forme
di separazione più incisive di quella
contabile”.
Dyson accusa
Bosch di barare
sui test
Secondo Dyson
due aspirapolvere
del gruppo BSH
dichiarano un’efficienza
energetica eccezionale
ma che è tale solo
in fase di test
di Emanuele VILLA
Dyson ha avviato un procedimento
legale contro Bosch che ricorda lo
scandalo delle emissioni Volkswagen. Secondo l’azienda inglese il
gruppo BSH avrebbe proposto dei
modelli di aspirapolvere (Siemens
Q8.0 e Bosch GL80/In’Genius ProPerform) che, nonostante abbiano
ottenuto l’eccezionale livello di efficienza energetica AAAA, sarebbero in grado di mantenere le promesse solo in fase di test ma non
nell’uso di tutti i giorni. L’azienda inglese sostiene che i 750W pubblicizzati da BSH si mantengano tali
solo in laboratorio, ma in condizioni
di utilizzo standard l’elettronica di
controllo aumenterebbe la potenza fino a 1600W, il che porterebbe
il livello di efficienza molto più in
basso, fino a un E o F. A livello procedurale, Dyson ha citato Bosch in
Olanda e Francia e Siemens in Belgio. Il caso si preannuncia molto
complesso: pare che il principale
problema sia la procedura di test
fissata dall’Unione Europea sugli
aspirapolvere, secondo cui il test
va effettuato con l’aspirapolvere
vuoto. Questo però non corrisponde alle condizioni reali di utilizzo,
poiché la presenza di polvere e
detriti nel sacco impone un incremento di potenza per ottenere la
medesima efficacia aspirante. Detto così, il “bug” parrebbe più che
altro normativo e questo giustifica
la presa di posizione di Bosch, che
si dichiara incredula dell’accaduto,
rigetta tutte le accuse e sostiene
che tutti i dispositivi Bosch e Siemens sono misurati nel rispetto
dei regolamenti europei. Sempre
secondo l’azienda, le performance dei propri apparecchi nell’uso
domestico sono in linea con quelle
dei laboratori e ogni ipotesi contraria è fuorviante.
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2 NOVEMBRE 2015
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MERCATO Una decisione che è una mannaia sulle intenzioni di digitalizzare il nostro Paese
L’Italia dimezza la spesa per la tecnologia
L’art. 29 della legge di Stabilità introduce tagli del 50% per la spesa informatica della PA
di Roberto PEZZALI
n taglio del 50% alla spesa informatica della pubblica amministrazione, la stessa Pubblica
Amministrazione che il Ministro Madia
ha più volte affermato di voler digitalizzare, traghettando la lenta burocrazia
nel futuro di Internet e del cloud. Eppure, leggendo l’articolo 29 della legge di
Stabilità arrivata al Senato con i suoi 51
articoli, sembra che l’Italia voglia tornare indietro nel tempo.
Al punto 3 dell’articolo 29 si legge infatti che: “La procedura di cui ai commi 1 e 2 ha un obiettivo di risparmio di
spesa annuale, a decorrere dall’anno
2016, del 50 percento alla spesa annuale complessiva relativa al triennio
2013-2015 nel settore informatico”. La
pubblica amministrazione, in poche
parole, dovrà tagliare le spese per l’approvvigionamento di beni e servizi in
materia informatica della metà, un taglio enorme che ha già sollevato diverse polemiche. Elio Catania, presidente
di Confindustria Digitale, esprime tutto
lo sconcerto, al limite dell’incredulità,
per questa norma inserita nell’articolo 29: “Non sembra possa essere lo
stesso Governo che nei mesi scorsi ha
promosso il piano Crescita Digitale e
la Strategia per la Banda Ultralarga e
ora ordina alle Pa di tagliare del 50%
la spesa in tecnologie informatiche”.
“È una visione incomprensibile quella
che sta dietro a questa norma - continua Catania - primo perché è in
contrasto con le politiche di crescita
e sviluppo dell’occupazione, di cui
il digitale è il motore principale, e in
aperta contraddizione con gli impegni sull’innovazione sin qui presi dal
Governo. Secondo perché tagliare la
spesa nelle nuove tecnologie significa
tagliare proprio lo strumento principale per operare una spending review
strutturale e mettere in efficienza la
Pa, con tutti i benefici di cui proprio in
queste ore si sta parlando, come per la
trasparenza e il contrasto all’evasione
fiscale. Ricordando, infine, che siamo
agli ultimi posti in Ue per spesa pubblica in informatica, non posso che augurarmi che si sia trattato di una svista di
percorso destinata a non lasciare traccia nella Legge di Stabilità che verrà
licenziata dal Parlamento”.
Si tratta di un errore? È stato aggiunto

U
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Fastweb
inaugura
l’era dell’IPv6
in Italia
Fastweb annuncia
il passaggio a IPv6
per le nuove linee
in 14 città italiane, per
poi estenderlo via via
in tutta Italia. È il primo
grande Internet Service
Provider italiano a farlo
di Paolo CENTOFANTI
uno zero di troppo? Abbiamo cercato
di raggiungere il portavoce del Ministro Marianna Madia per ottenere qualche chiarimento, ma al momento non
abbiamo ricevuto risposta. Una cosa
va detta: la spending review non è
sempre un male, e ci sarebbe da aprire
un’enorme parentesi sulle spese “informatiche” della pubblica amministrazione; sicuramente si può digitalizzare
l’Italia spendendo meno, ma spendendo meglio.
MERCATO Dopo anni di litigi, dispetti e sentenze di tribunali
Mediaset e Google fanno pace
Spiragli per lavorare insieme
M
di Roberto PEZZALI
ediaset e Google seppelliscono l’ascia di guerra. L’azienda di Cologno
Monzese ha infatti comunicato di aver raggiunto un accordo congiunto che
darà vita a nuove collaborazioni future.
“Google/YouTube e il Gruppo Mediaset hanno concluso oggi un significativo accordo di collaborazione. L’intesa apre nuove prospettive nei rapporti tra i due
player e pone contemporaneamente fine a quasi otto anni di contenziosi.”
Mediaset aveva fatto causa a YouTube per oltre 65.000 video finiti sul network di
proprietà di Google, video che secondo Mediaset erano finiti online per una scarsa
vigilanza da parte del colosso del web, che ha respinto in questi anni ogni accusa.
Dopo tanti dispetti, dichiarazioni di fuoco e tribunali, arriva ora la pace con possibilità anche di lavorare insieme a un sistema per la tutela del copyright online:
“L’accordo mira allo sviluppo della presenza digitale dei contenuti Mediaset attraverso una partnership con YouTube e con Google Play - prosegue il comunicato - Si avvia inoltre una strategia congiunta per la protezione dei contenuti in
ordine alla massima tutela
del copyright dell’editore. Google/YouTube e il
Gruppo Mediaset si danno
reciprocamente atto dello
spirito positivo con cui si è
giunti a una collaborazione
proficua e soddisfacente
per il futuro delle due società.”
Fastweb è il primo grande internet service provider italiano
a fornire la connettività IPv6 ai
suoi utenti. Già da qualche giorno, chi attiva una nuova linea
nelle città di Ancona, Bari, Bergamo, Brescia, Busto Arsizio,
Legnano, Livorno, Monza, Padova, Pescara, Pisa, Reggio Emilia,
Varese e Verona, sarà connesso
a Internet con un indirizzo IPv6,
una funzionalità che sarà estesa via via anche in tutte le altre
città dove è presente Fastweb.
Con il passaggio a IPv6, grazie
alla codifica a 128 bit, il numero degli indirizzi disponibili è
talmente elevato che qualsiasi
dispositivo potrà avere il suo
indirizzo IP univoco pubblico.
Con lo spazio di indirizzamento
in IPv4 ufficialmente esaurito,
quello del supporto a IPv6 è un
aspetto che a breve tutti i maggiori provider si troveranno costretti ad affrontare.
Fastweb precisa che tutti gli
utenti riceveranno anche un
indirizzo in IPv4, probabilmente non di tipo pubblico, come
storicamente ha sempre fatto
Fastweb sulle linee consumer.
Tutti i moderni sistemi operativi desktop e mobile supportano ormai da diverso tempo il
“nuovo” standard IP e nell’ultimo paio d’anni anche sui modem/router di fascia consumer
ha cominciato a diffondersi la
predisposizione per IPv6, per
cui ormai manca davvero solo il
supporto degli operatori di rete
per lasciarsi alle spalle i vecchi
indirizzi a 32 bit.
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2 NOVEMBRE 2015
MAGAZINE
MERCATO Per risollevare un po’ la situazione si punta decisamente sui nuovi Surface e i Lumia
Microsoft: bene il cloud, soffre l’hardware
Pubblicato il bilancio trimestrale che presenta luci (profitti netti +2%) e ombre (ricavi in calo)
Vanno bene i servizi cloud, Office 365, la parte gaming e Bing. Soffrono Lumia e Surface
P
di Emanuele VILLA
untuale come sempre, Microsoft
ha pubblicato il suo bilancio trimestrale del Q1/2016. Il primo dato di
spicco è una riduzione generale dei ricavi che passano dai 23,2 mld USD agli
attuali 20,4, con una riduzione superiore
al 10%. Ciò nonostante, il profitto d’esercizio è calato solo dell’1% e il profitto netto è salito del 2% portandosi a 4,6 mld
contro i 4,5 dello scorso anno. Numeri
a parte, le tendenze sono abbastanza
chiare: Surface (e in generale l’hardware) è in calo, e forse questo è il dato più
significativo, mentre i servizi cloud continuano nell’ascesa (+8%). Nonostante il
bilancio si riferisca a un periodo in cui
Surface Pro 3 era sul mercato da circa 1 anno, è comunque significativo il
passaggio dai 908 milioni dello scorso
anno agli attuali 672 mln. Vedremo nei
MERCATO
Western Digital
compra SanDisk

Western Digital ha annunciato la
finalizzazione di un accordo per
l’acquisizione di SanDisk. L’operazione, che dovrà essere approvata
dall’assemblea degli azionisti di SanDisk, verrà completata entro il terzo
trimestre del 2016 e valuta il valore
del produttore di memorie 19 miliardi
di dollari. Western Digital è uno dei
maggiori produttori di hard disk e,
più recentemente, dischi allo stato
solido, mentre SanDisk è specializzata nei chip di memoria, soluzioni
che entreranno così a far parte della
nuova realtà. “L’azienda che nasce
da questa combinazione sarà in una
posizione ideale per sfruttare le opportunità di crescita create dai rapidi
cambiamenti dell’industria dello storage” ha dichiarato il CEO di Western
Digital, Steve Milligan. L’acquisizione
non avrà effetti sulla joint venture tra
SanDisk e Toshiba nella produzione
di chip di memoria NAND e 3D NAND,
si legge nel comunicato rilasciato
da Western Digital. Steve Milligan
rimarrà CEO della nuova Western
Digital; Sanjay Mehrotra, presidente
e co-fondatore di SanDisk, entrerà a
far parte del consiglio di amministrazione di Western Digital.
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prossimi mesi cosa Pro 4 e - soprattutto
- Surface Book riusciranno a generare
per l’azienda. E anche cosa riusciranno
a fare i nuovi Lumia, visto che anche
sotto questo profilo va segnalata una
forte contrazione rispetto al Q1/2015.
Calo delle performance anche in ambito
Windows OEM e Xbox hardware, nonostante l’intera divisione gaming mostri
un buon +6%. I dati positivi provengono
da altre voci: per esempio Bing con un
+29% grazie al passaggio a Windows 10,
Office 365 con un eccellente +70% dovuto alla diffusione su dispositivi mobile
e anche - in modo più marginale - allo
stesso Windows 10. Al momento, la suite di produttività di casa Microsoft può
vantare 18,2 milioni di abbonati.
Sony acquista
la divisione
imaging
di Toshiba
Fonti attendibili di Reuters.com hanno
fatto sapere che sarebbe in dirittura
d’arrivo l’accordo tra Sony e Toshiba
per l’acquisizione del ramo d’azienda
relativo ai sensori per fotocamere. Per
una cifra di 20 miliardi di yen, circa
165 milioni di dollari, Toshiba venderebbe tutto il pacchetto comprensivo
degli stabilimenti giapponesi di Oita,
lasciando Sony a regnare nel mercato
dell’imaging. Completata l’acquisizione di Toshiba, la supremazia Sony nei
confronti di OmniVision, Samsung e altri competitor sarebbe cosa certa. Dal
punto di vista di Toshiba questo taglio
fa parte del piano di ristrutturazione in
tutti i suoi settori come promesso dal
CEO Masashi Muromachi. Si attende
comunque una conferma ufficiale
dalle due aziende che per ora si sono
rifiutate di commentare.
MERCATO La crescita del mercato cinese resta l’elemento determinante per il successo di Apple
Trimestre stellare per Apple. La Cina domina il mercato
Apple ha pubblicato risultati finanziari solidi e superiori rispetto alle previsioni degli analisti
N
di Emanuele VILLA
onostante la volatilità del titolo
in borsa, Apple ha pubblicato
una trimestrale Q4/15 decisamente solida in tutti i comparti e che
- in larga parte - è andata oltre le previsioni degli analisti. Parliamo di un
fatturato di 51,5 mld USD e di un utile
operativo di 11,1 mld, con un tasso di
crescita di alto profilo se si considerano i - rispettivamente - 42,1 mld e 8,5
mld dello stesso trimestre dello scorso
anno. Dati che, come anticipato, non
solo rappresentano un passo avanti
importanti rispetto allo scorso anno
(+22% ricavi e +31% profitti) ma superano anche le previsioni degli analisti,
la cui indicazione era di 51,12 mld a livello di ricavi. Le vendite di iPhone 6S
stanno decollando ma è chiaro che i
risultati di questo trimestre dipendono
in modo marginale dall’ultima generazione di smartphone e molto di più
dalle precedenti, che hanno venduto
48 milioni di pezzi e stanno andando
benissimo soprattutto in Cina. Questo
mercato sta regalando grandi soddisfazioni ad Apple con tassi di crescita
anche del 100%; per dare l’idea, questo trimestre la crescita del mercato cinese è stata di dieci volte superiore a
quella americana e cinque volte quella
del resto dell’Asia.
Decisamente In salita il mercato dei
Mac con 5,71 milioni di pezzi venduti,
mentre si deve registrare l’ormai clas-
sico declino degli iPad, che ormai cedono il 20% anno su anno.
Vedremo, sotto questo profilo, quanto
potrà influire il lancio del nuovo modello Pro con display più ampio (12,9
pollici con una risoluzione pari a 5.6
milioni di pixel), il cui target diverso da
quello dei modelli “normali” potrebbe
incrementare il fatturato del comparto
tablet.
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2 NOVEMBRE 2015
MAGAZINE
MERCATO Solo H3G propone due tariffe convenienti per consentire ai pendolari di godere decentemente dei servizi di streaming
Netflix, Sky Online e Premium Play in mobilità
Come vederli senza dover spendere una fortuna
I piani dati messi a disposizione dalla maggior parte degli operatori non soddisfa le esigenze di chi è sempre in movimento
L’
di Roberto PEZZALI

arrivo di Netflix in Italia ha completato finalmente il panorama nostrano dei servizi di streaming:
Netflix si integra alla perfezione con Premium
Play e Sky Online per garantire un’offerta completa di
film, serie TV ed eventi. Siamo di fronte a tre prodotti
differenti, sia per target che per contenuti, ma al giorno d’oggi la ricchezza del catalogo non è tutto. Ogni
giorno milioni di italiani passano ore e ore sui mezzi
pubblici, metropolitane e treni, per andare al lavoro,
tornano a casa stanchi la sera e non hanno sempre
tempo per mettersi davanti alla televisione per poter
seguire una serie TV o vedere un film. Negli ultimi
giorni abbiamo avuto modo di scambiare qualche opinione su Netflix e sugli altri servizi di streaming con
persone che non erano assolutamente a conoscenza
del servizio, e in tutti i casi il problema è sempre lo
stesso: “Ma quando riusciamo a guardarlo? Si può vedere mentre sono in treno?”.
La fruizione di questi servizi in mobilità è un problema
che Premium (e Infinity, che usa la stessa piattaforma) ha risolto brillantemente fornendo la funzionalità
“Download & Play”, ovvero il download offline dei contenuti per poterli vedere comodamente e senza connettività. Una soluzione senza dubbio comoda, che
richiede comunque spazio sul dispositivo e un minimo
di organizzazione: si sceglie il film o la serie TV, si imposta il download sotto rete Wi-Fi (a casa o in ufficio)
e si guardano i contenuti senza bruciare i preziosi GB
del piano dati. Sky Online e Netflix, invece, non permettono questa opzione e richiedono il consumo dei
GB: abbiamo provato a guardare un episodio di una
serie TV su Sky Online e Netflix, circa 45 / 50 minuti,
e il consumo di dati si aggira intorno ai 450/500 MB
torna al sommario
variabili ovviamente a seconda della qualità (che Sky
permette di regolare manualmente). Si capisce subito
che questi servizi non si sposano con le offerte degli
operatori italiani: la media dei contratti, infatti, offre
2 GB di dati al mese, e se consideriamo che un pendolare può guardare, nel viaggio di andata e ritorno
casa / lavoro, un film interno o due episodi di una serie
TV, servirebbero 1 GB al giorno solo per lo streaming
video. T-Mobile, in America, sta per fare il grande passo: Netflix, Hulu e altri servizi di streaming selezionati
non consumeranno i dati del piano e potranno essere
fruiti senza limiti dagli abbonati. E in Italia? Abbiamo
guardato i piani dei vari operatori per capire quali
possono essere le uniche tariffe convenienti per il popolo dei pendolari che vuole fruire, senza una spesa
eccessiva, dei servizi di streaming video da un tablet
con connessione 3G o LTE. TIM non ha assolutamente nulla di appetibile: Internet XL, infatti, offre solo
10 GB in 4G a 30 euro, prezzo alto e pochi dati per
l’utilizzo che serve a noi. Stessa cosa per Vodafone:
impensabile spendere 30 euro al mese per 20 GB,
che basterebbero per circa 15/20 giorni di visione.
Neppure Wind ha offerte convenienti da questo punto
di vista: 12 GB sono il taglio più grande e già sono cari,
19 euro. La “salvezza” del pendolare in questo caso è
H3G, l’unico operatore che di fianco alle tariffe a GB
offre due strane e apparentemente “storiche” tariffe a
tempo: Web 60 offre 60 ore di Internet a 9 euro, Super
Web.100 addirittura 100 ore di Internet al mese per 15
euro. Purtroppo Tre ci ha informato che la Web 60 sta
per essere pensionata, resterà solo la 100 ore (ma per
quanto?), non è molto economica ma per un tablet è
perfetta: tre ore al giorno per contenuti in streaming,
con l’accortezza di mettere in modalità aereo quando
non si utilizza la connessione, che viene scalata “a secondi”. La tariffa è indicata come 3G, ma l’opzione LTE
dovrebbe essere gratuita su tutta la rete. L’operatore
consiglia come soluzione per chi ha bisogno di fare
traffico la Web Night & Day, 30 GB al mese (ma 1 GB
al giorno) e navigazione gratuita flat dalla mezzanotte
alle 8 del mattino: 30 GB potrebbero anche bastare,
ma un solo gigabyte al giorno non offre molta serenità, perché basta un film un po’ lungo o una partita per
sforare di quel poco che basta per andare extrasoglia.
L’augurio, ovviamente, è che gli operatori italiani possano adeguarsi anche a questa esigenza: quasi tutti
vantano promozioni e partnership con Sky, Netflix e
Mediaset, ma quando c’è da “sganciare” qualche decina di gigabyte per poter fruire dei servizi anche in
mobilità hanno tutti il braccino corto.
NESSUN CONFRONTO È POSSIBILE
NERO PERFETTO,
COLORI PERFETTI
LG lancia la nuova tecnologia OLED superando ogni limite qualitativo.
OLED TV è l’unico tv in cui i pixel hanno la capacità di illuminarsi e spegnersi uno ad uno
regalandoti il contrasto infinito e colori veri come in natura ,
per immagini che non temono nessun confronto.
www.lg.com/it
n.121 / 15
2 NOVEMBRE 2015
MAGAZINE
ENTERTAINMENT L’app di Netflix è stata distribuita ed è disponibile su diverse piattaforme
Netflix in Italia: ecco che cosa puoi vedere
Netflix apre in Italia. Alla conferenza stampa dello scorso 22 ottobre alcune anticipazioni
di Roberto PEZZALI
N
etflix arriva finalmente in Italia,
dopo anni di attesa. Il servizio (clicca qui per un articolo di approfondimento) è attivo dalla mezzanotte
del 22 ottobre ed è possibile provare il
servizio usufruendo del mese di prova
gratuito. La curiosità era tutta per il catalogo, svelato proprio la notte del lancio
e decisamente vasto, più di un migliaio
di titoli. Tra questi segnaliamo Narcos,
Marcopolo, Sense8 e Daredevil, alcune
delle più famose serie originali Netflix,
ma si trovano anche alcune sorprese
come Orange is The New Black. Questa
serie era il fiore all’occhiello dell’offerta
Mediaset Infinity: Netflix si è ricomprata i
diritti dalla stessa Mediaset e ora la propone nel suo pacchetto. Tra le altre serie
da segnalare Unbreakable Kimmy Schmidt e Grace and Frankie. Il primo titolo
da vedere assolutamente, anche in 4K,
è però il primo film originale di Netflix,
Beasts of No Nation: un capolavoro con
Idris Elba diretto da Cary Fukunaga che
lancia il nuovo corso del colosso dello
È il primo “canale”
realizzato sulla base
della nuova piattaforma
on demand GazzaPlay
sviluppato da
La Gazzetta dello Sport
Nuovi canali verticali
arriveranno nel 2016
streaming, oltre alle serie anche investimenti su capolavori cinematografici. Su
Netflix troviamo anche altre serie americane: c’è Battlestar Galactica, intero,
ma ci sono anche Suits, Penny Dreadful, Pretty Little Liars, Orphan Black,
Sherlock e Peaky Blinders. Interessanti
anche i film del catalogo, dove troviamo
ad esempio gli Star Trek, la Trilogia di
Ritorno al Futuro, Trasformers e Mission
Impossible. Netflix ha inserito anche alcuni titoli italiani, tra cui Generazione
1000 euro, Reality e Amiche da Morire.
Un pensiero anche ai bambini: troviamo
alcuni titoli “Lego”, Winx Club e How To
Train Your Dragon. Il catalogo ovviamente guadagnerà automaticamente tutti i
nuovi film e serie TV che Netflix proporrà
nei prossimi mesi: il 20 novembre arri-
verà Marvel - Jessica Jones, e a questo
seguiranno anche alcuni film in esclusiva
come Crouching Tiger Hidden Dragon
- The Green Legend, Jadotville e War
Machine di Brad Pitt. Il primo dei quattro
film di Adam Sandler prodotti in esclusiva per Netflix, The Ridiculous 6, sarà
lanciato invece l’11 dicembre.
Netflix ha già distribuito la sua applicazione nelle scorse settimane, raggiungendo un enorme numero di dispositivi:
ci sono lettori Blu-ray (LG, Sony, Panasonic, Samsung e Toshiba), console (Xbox
360 e One, PS3 e PS4, Wii U), TV (LG,
Panasonic, Philips, Samsung, Sony, Toshiba) e ovviamente PC, smartphone,
tablet e device per lo streaming come
Chromecast, Apple TV e Android TV set
top box.
ENTERTAINMENT Servizio di streaming pirata che le major e Netflix combattono da tempo
Popcorn Time perde pezzi: siamo all’inizio della fine?
Il fork più famoso, Popcorntime.io, ha chiuso i battenti e molti sviluppatori se ne sono andati
di Roberto PEZZALI
L

a vita di Popcorn Time, il servizio
pirata di streaming basato su torrent, è appesa ad un filo. Il fork più
popolare di Popcorn Time, che ricordiamo essere un progetto open source, ha
infatti chiuso: Popcorntime.io non è più
raggiungibile e il dominio non può essere trasferito perché lo sviluppatore che
lo aveva registrato ha abbandonato il
progetto. Wally, che era anche uno dei
responsabili di questo fork, il più noto, ha
infatti cancellato ogni log dai server, ha
eliminato il codice sorgente e ha spento
fisicamente le macchine che non sono
torna al sommario
A novembre
su GazzaPlay
PlayYamato
Il Netflix italiano
degli anime
più in grado di fornire il servizio
illegale. Insieme a lui, sotto la
minaccia sempre più tangibile di
cause legali e rimborsi milionari agli aventi diritto, se ne sono
andati anche altri sviluppatori
che avevano portato avanti insieme a Wally l’intero progetto dopo che il team originale
l’aveva abbandonato. A questo
si aggiunge anche il down di YTS, motore di ricerca torrent che era alla base
dell’intero sistema di Popcorn Time: da
qualche giorno non è più raggiungibile.
Un duro colpo per un servizio che ovviamente non poteva avere vita lunga, anzi,
è stato vivo fin troppo: alcuni fork sono
ancora online e il codice sorgente dell’intera applicazione è tuttora disponibile
su Github, ma senza sviluppatori e senza
i siti che forniscono contenuti sarà dura
andare avanti.
di Paolo CENTOFANTI
Cosa hanno in comune La Gazzetta dello Sport e gli anime
giapponesi? Apparentemente
nulla, ma in realtà sarà proprio
dedicato all’animazione giapponese il primo “canale” di GazzaPlay, la nuova piattaforma di
video on demand realizzata da
La Gazzetta, che prevede l’apertura di diversi canali tematici in
streaming dedicati “alle passioni
prevalentemente maschili” o, più
banalmente, agli interessi del target di riferimento della Gazzetta.
Si parte con gli anime grazie a
una partnership con Yamato Video, storico distributore di titoli
giapponesi in Italia, con un servizio che si chiama PlayYamato
(www.playyamato.com) che al
lancio offrirà più di mille episodi
di serie storiche.
Il servizio prevederà un abbonamento da 6,99 euro al mese per
l’accesso illimitato in streaming
al catalogo, via web e app per
Smart TV e dispositivi Android
e iOS. Sarà disponibile anche il
noleggio del singolo contenuto
per 0,99 euro, l’opzione HD a
seconda della banda a disposizione e la riproduzione offline.
Prima della fine dell’anno, su
GazzaPlay arriverà anche un
canale dedicato all’alpinismo, e
altri ancora saranno attivati nel
corso del 2016.
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2 NOVEMBRE 2015
MAGAZINE
ENTERTAINMENT Si avvicina il lancio dell’offerta Premium su satellite, con un nuovo decoder
Premium, la Champions su satellite a gennaio
Mediaset potrebbe sfruttare una enorme opportunità: portare subito Premium su TivùSat
di Roberto PEZZALI
M

ediaset sbarca su satellite a
gennaio con la sua offerta Premium: questa la notizia circolata
sul web, ma non è certo uno scoop,
Mediaset stessa da tempo, fin dal lancio
della nuova Premium, ha annunciato
l’intenzione di ampliare la sua offerta aggiungendo anche la piattaforma satellitare ad un pacchetto che già include una
offerta DVB-T e una offerta streaming,
con Premium Online.
Molti vedono questa scelta di Mediaset
come un ultimo tentativo per salvare
una offerta, quella di Premium, che fatica a raggiungere i target che a Cologno
Monzese si aspettavano, tuttavia non si
capisce come possa una scelta che porta ulteriori costi aumentare un numero di
abbonati. Il problema di Mediaset non è
il digitale terrestre, ma semplicemente
un pacchetto Champions League che,
pur essendo pregiato, ha un costo troppo alto per quello che attualmente offre,
due sole squadre italiane in gara con tifoserie che non vedono di buon occhio
una pay TV guidata dalla famiglia Berlusconi, proprietaria anche del Milan.
La scelta di Mediaset di sbarcare su satellite è una scelta globale, non legata
al solo “Premium”: Mediaset vuole diventare una media company e se vuole
ampliare i suoi canali portando anche
alta definizione il satellite è una scelta
obbligata, dato che sul digitale terrestre
per aggiungere qualcosa bisogna anche
togliere qualcosa. Mediaset però sul
satellite già c’è: è su TivùSat con i suoi
canali gratuiti, e non si capisce a questo
punto per quale motivo Mediaset non
voglia sfruttare TivùSat anche per Pre-
torna al sommario
La TV fa più male
della carne
Secondo una ricerca
del National Cancer
Institute, la visione
di TV per più di 3 ore
al giorno aumenta
il rischio di mortalità
e la possibilità
di contrarre
8 tipi di malattie
di Roberto PEZZALI
mium. TivùSat ha 2.5 milioni di decoder
già presenti nelle case italiane, e in molti
casi siamo di fronte a situazioni dove la
ricezione del digitale terrestre, per motivi geografici, non è possibile: perché
non fare una offerta dedicata a questi
2.5 milioni di utenti TivùSat per recuperare 100.000 nuovi abbonati? I decoder
Tivù Sat hanno due slot per le card, sono
già compatibili con la codifica Nagra e
tramite Tivu On sarebbe possibile supportare anche le applicazioni OTT come
Premium Play e Infinity.
Salvo ripensamenti dell’ultima ora, sembra invece che Mediaset voglia lanciare
una nuova piattaforma basata su HEVC,
con due decoder cross platform prodotti da Samsung capaci di ricevere sia il
digitale terrestre sia il satellite. Secondo le ultime notizie non si tratterebbe
di decoder come il MySky HD, quindi
con hard disk integrato, ma di evoluti
decoder con funzionalità di streaming
incapaci però di registrare e di tenere
in pancia contenuti. Mediaset in ogni
caso non può sganciarsi dal digitale
Due slot per le card e tuner digitale
terrestre: questo decoder sarebbe già
pronto per Premium
terrestre: se per la Champions League
ha i diritti di trasmissione su tutte e tre
le piattaforme, per la Serie A i diritti
satellitari sono di Sky, pertanto il campionato italiano non potrà passare dal
nuovo decoder. Nulla vieterebbe però
di utilizzare lo streaming per colmare
il buco, cosa che sta già facendo con
Premium Online. remium potrebbe lanciare un’offerta su satellite sfruttando
una piattaforma di cui è partner, TivùSat, cercando così nuovi clienti da una
platea che conta già un gran numero di
utenti: perché aspettare gennaio e iniziare da zero? Una risposta ce l’ha data
Marco Rosini, Direttore Commerciale di
Mediaset Premium: il target di TivùSat
è per l’80% free to air ed è quindi un
pubblico poco propenso ad abbonarsi.
L’offerta che Mediaset sta pensando per
la “nuova Premium” è tutta HD con wifi
per Play o Premium OnLine, una cosa
che al momento, secondo Rosini, con
i decoder Tivù Sat non è possibile per
la bassa penetrazione dell’HD e per
l’impossibilità di personalizzare l’esperienza utente con un efficiente motore
di raccomandazione. “Con i nostri amici
di TivùSat faremo qualche cosa sicuramente” - ci conferma il Direttore Commerciale di Premium: magari non arriverà tutto, ma gli utenti Tivù Sat possono
ben sperare.
Guardare la televisione per oltre 3 ore al giorno aumenta il
rischio di morte per ben 8 tipi di
malattie diverse. Secondo uno
studio pubblicato sul numero di
dicembre dell’autorevole rivista
scientifica “American Journal of
Preventive Medicine” l’eccessiva
visione di TV non solo aumenta
la probabilità di contrarre tumori o malattie cardiovascolari,
ma aumenta anche il rischio di
contrarre diabete, polmonite,
morbo di Parkinson e malattie
del fegato. Come può la TV far
male? Lo studio si inserisce in un
ambito più grande, quello delle connessioni tra sedentarietà
e salute: l’80% degli americani
guarda oltre 3.5 ore di televisione al giorno e sembra che questo
comportamento possa attivare
alcuni meccanismi biologici che
aumentano i rischi per la salute.
I risultati dello studio, che presto
verranno resi disponibili per la
consultazione, evidenziano come
i rischi di morte per malattia siano
più alti del 15% per chi guarda 3.5
ore di TV al giorno rispetto a chi
la guarda meno di un’ora, e chi
addirittura siede per 7/8 ore sul
divano alza la percentuale ad un
pericolosissimo 47%. Secondo i
ricercatori sono proprio le 3.5 ore
la soglia di pericolosità: passare
tanto tempo davanti alla TV nella
maggior parte dei casi comporta
anche l’assunzione di cibo, di alcolici oppure il fumo. Dallo studio
emerge anche che una corsetta
o un po’ di palestra non sono un
rimedio: gli effetti di una visione
prolungata di TV riguardano anche coloro che fanno attività fisica, anche se ovviamente l’impatto è decisamente minore.
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2 NOVEMBRE 2015
MAGAZINE
TV E VIDEO LG ha svelato i risultati di vendita delle prime settimane della “campagna” OLED
LG: la pioggia di OLED diventa “invasione”
A novembre arriverà anche il 65” piatto 4K, per il 55” piatto bisognerà attendere un pò...
L’
di Roberto PEZZALI
OLED piace all’Italia, e si vende anche bene: l’operazione
“Pioggia di OLED” annunciata all’IFA si è trasformata nelle ultime settimane in una vera “invasione”: ancora non ci
sono i TV piatti tanto attesi, ma i modelli
curvi Full HD e 4K che LG ha distribuito
nei punti vendita hanno riscosso un successo enorme. Paolo Sandri, Consumer
Electronics HE Director di LG Italia, ha
voluto raccontare le ultime settimane di
mercato TV italiano, sottolineando come
l’OLED nelle ultime settimane sia riuscita a conquistare la fascia “premium” del
mercato rivitalizzando anche un segmento, quello dei TV di fascia alta, che
nell’ultimo periodo soffriva parecchio.
“Oggi c’è una sola azienda che sta realmente innovando il comparto TV, ed è
LG. Grazie ai TV OLED abbiamo rivoluzionato il mercato e rafforzato il nostro
posizionamento nella fascia high-end,
permettendo al segmento dei TV di
prezzo superiore ai 1.750€ di raggiungere gli 11 punti di quota in poche settimane. L’OLED è stato in grado, e lo sarà
sempre di più, di rivitalizzare il mercato
a valore – aumentandone la domanda
– e di portare linfa all’intero comparto”
– ha dichiarato Sandri - “Il nostro prossimo obiettivo è rendere l’OLED un sogno
alla portata di tutti e con questi nuovi
modelli abbiamo tutte le carte in regola per poterci riuscire”. LG nelle ultime 4
settimane, grazie al modello “900” lanciato in promozione solo con Unieuro, ha
guadagnato rapidamente posizioni nel
segmento sopra i 1750 euro sorpassando Samsung. Nella fascia sopra i 55” il
TV OLED nelle ultime quattro settimane
è il prodotto più venduto a valore. Sandri illustra gli obiettivi italiani: per il 2015
6 volte le vendite del 2014 (circa 1000
pezzi), per il 2016 si punta a 15000 OLED
venduti. Durante la conferenza è stato
anche mostrato un confronto diretto tra
l’OLED LG e i suoi principali competitor:
Sony e Samsung. Come sempre accade, però, i TV sono stati mostrati con la
calibrazione di fabbrica, out of the box,
elemento questo che rende davvero
difficile dare un giudizio, considerando
i gusti orientali nel proporre colori accesi e immagini dinamiche. Per quanto
riguarda i nuovi arrivi, nelle prossime
settimane sarà disponibilie nei negozi
il TV OLED 65” piatto, con un listino di
5999 euro. Per la versione da 55” c’è da
aspettare un po’: LG sta facendo di tutto
per riuscire a portarli nei negozi entro
Natale, ma a quanto pare la produzione
non riesce a reggere la domanda europea e mondiale.
Apple TV è arrivata, prezzo a partire da 179 euro
Supporta le app di terze parti ed è dotata di un nuovo telecomando touch con giroscopio
S

ull’Apple Store è finalmente disponibile la nuova versione di
Apple TV. Con l’arrivo sul sito di
Apple vengono finalmente confermati i
prezzi italiani che, come consuetudine
ormai, sono un filo più alti del rispettivo
in dollari. Il nuovo modello parte infatti
da 179 euro per la versione da 32 GB,
contro i 149 dollari degli Stati Uniti (cifra che ricordiamo però non include
l’equivalente della nostra IVA). il modello con memoria storage da 64 GB
ha invece un costo di 229 euro. Rispetto alla precedente versione, il nuovo
modello monta lo stesso processore
A8 dell’iPhone 6 e utilizza la nuova
piattaforma tvOS, che introduce, ol-
torna al sommario
Samsung traccia nuove
strade e crea il primo
ibrido tablet-TV
Si chiama Galaxy View
ha uno schermo con
le dimensioni di un TV
da cucina e c’è anche
il supporto integrato
di Roberto PEZZALI
TV E VIDEO Sull’Apple Store si può acquistare la nuova Apple TV, due le versioni: 32 GB e 64 GB
di Paolo CENTOFANTI
Galaxy View
Il TV 18” che
si crede un tablet
tre a una interfaccia
completamente rinnovata, l’App Store
per l’installazione di
applicazioni di terze
parti, tra cui videogiochi, motivo per il quale la memoria interna
comincia a diventare
importante. Anche la
nostra versione sarà
dotata del nuovo telecomando Siri Remote, anche se per
l’Italia sparisce il riferimento all’assistente vocale di Apple, visto che al
lancio questa funzionalità non sarà attiva nella nostra lingua. L’hardware del
telecomando sarà però il medesimo,
quindi con accelerometro, giroscopio e
superficie touch, il che lo rende anche
un efficace controller per i videogiochi
che ne sfrutteranno le caratteristiche
(alla Wii per intenderci). Apple TV è
disponibile sul sito Apple con disponibilità immediata e consegna (gratuita)
in 3 - 5 giorni.
L’abbiamo visto all’IFA e ora
Samsung lo presenta al mondo
in attesa di un giudizio, preferibilmente positivo. Galaxy View,
questo il nome del nuovo smart
TV-tablet della major coreana
che vorrebbe ripetere il successo ottenuto con la creazione dei
phablet: esso, infatti, monta un
enorme display Full HD da 18” ed
ospita nella scocca un piedistallo
con maniglia da trasporto. Non
che ce lo si voglia portare in treno o in autobus, ma per la visione
in più stanze può essere utile, in
virtù di un ingombro e di un peso
che non passano inosservati. Sotto lo schermo da 18”, Galaxy View
ospita un processore octa-core
da 1,6 GHz con 2GB di RAM utili
a supportare il lavoro delle tante
app di servizi video caricate nella
home: per ora ovviamente si parla di canali americani dei grandi
network e delle reti via cavo, ma
c’è spazio anche per le app scaricate da Play Store. Non è però
al momento prevista una personalizzazione del mosaico iniziale, su
cui Samsung si riserva il diritto di
intervenire con aggiornamenti software futuri. Prezzo e disponibilità
nel mondo arriveranno a breve,
giusto il tempo di capire se Galaxy
View ha una sua ragion d’essere
sul piano della cucina o sul comodino della camera da letto.
n.121 / 15
2 NOVEMBRE 2015
MAGAZINE
TV E VIDEO Vivitek ha presentato il microproiettore LED Qumi Q6: è uno dei più piccoli realizzati e anche uno dei più versatili
Qumi Q6, il proiettore Wi-Fi che sta nel palmo di una mano
È dotato di connettività wireless, offre mirroring split screen e lettore multimediale integrato. In vendita a 649 euro
L
di Paolo CENTOFANTI
nella memoria interna del proiettore e può essere
installata semplicemente collegando il proiettore via
USB al computer. Il collegamento alla rete creata dal
videoproiettore è molto semplice, grazie alla visualizzazione di una schermata con i dati della rete WiFi, ma anche un QR Code per il collegamento rapido
tramite l’app EzCast.
Sempre per utilizzo business, Vivitek ha realizzato
anche un astuccio con chiavette USB con il software
precariato da distribuire ai partecipanti di una riunione, per permettere una rapida connessione al
proiettore.
Le sorgenti possono essere collegate non solo in
Wi-Fi, ma anche tramite le due porte HDMI 1.4, di
cui una compatibile MHL, e via USB in modalità
video per i PC non dotati di uscita HDMI. Il Qumi
Q6 è in grado inoltre di separare l’audio digitale
dall’ingresso video e renderlo disponibile in analogico dall’uscita mini-jack stereo per collegare dei
diffusori esterni. Se proprio serve c’è comunque anche un piccolo altoparlante integrato da 2 Watt. Il
La matrice DMD da 0,45” è un piccolo capolavoro
di miniaturizzazione
Il battery pack opzionale da 18000 mAh, consente
di utilizzare proiettore per circa un’ora e mezza

a gamma di videoproiettori ultra compatti Qumi
di Vivitek si amplia con un nuovo modello, il
Qumi Q6, che è anche uno dei più interessanti
prodotti fino ad ora. Si tratta infatti non solo di uno
dei più piccoli della gamma Qumi, ma anche uno dei
più versatili, grazie ad alcune funzioni rese possibili
dalla connettività wireless integrata. Il Qumi Q6, con
i suoi 165 x102.4 x 34 mm di dimensione, è di pochi millimetri più grande del già piccolissimo Q5, e
pesa qualche grammo in più, ma nonostante questo
la luminosità massima passa da 500 ANSI lumen a
800, che grazie alla lampada a LED valgono in realtà di più rispetto a una lampada tradizionale di pari
flusso. Il proiettore è sempre basato su tecnologia
DLP, con chip DMD da 0,45 pollici con risoluzione
di 1280x800 pixel (ottenuta tramite shif ottico dei
pixel), e permette di illuminare schermi fino a una
diagonale di 90 pollici tra 1 e 3 metri di distanza.
La vera peculiarità è però costituita dalla connettività Wi-Fi integrata, con supporto per la condivisione
dello schermo da smartphone iOS e Android, rispettivamente via AirPlay (seppure “ufficiosamente” per
questione di licenze) che Miracast. Il proiettore può
lavorare in due modalità, come access point, quindi
condividendo la connessione a Internet con il dispositivo collegato in wireless, oppure in normale
Wi-Fi Direct. La prima modalità lo rende particolarmente comodo quando il proiettore viene utilizzato
ad esempio per tenere presentazioni in riunioni, per
mantenere il proprio dispositivo connesso a Internet. Oltre alla normale condivisione dello schermo
però, il Qumi Q6 supporta anche una modalità split
screen che consente di collegare simultaneamente
e senza fili fino a quattro dispositivi contemporaneamente, per visualizzare quattro presentazioni o
qualsiasi altro tipo di contenuto.
Tutto quello che occorre è l’applicazione EzCast
Pro, che va installata sul proprio dispositivo mobile. Nel caso dei PC, l’app apposita è memorizzata
torna al sommario
videoproiettore integra una memoria da 2,5 GB per
riprodurre direttamente svariati formati video con
il lettore multimediale di sistema. Naturalmente è
possibile riprodurre contenuti anche da chiavette o
dischi USB esterni.
Novità anche per il battery pack opzionale, che
consente di utilizzare il piccolo videoproiettore per
circa un’ora e mezza, con la massima potenza della
lampada LED. Si tratta di una batteria con capacità
di 18000 mAh, con selezione automatica della tensione di ricarica, che può essere utilizzata non solo
per alimentare il proiettore, ma anche per ricaricare
smartphone, tablet o persino il laptop.
Durante la presentazione abbiamo avuto modo di
vedere il piccolo Qumi Q6 in azione, tra l’altro su
uno schermo più grande dei 90 pollici di dimensione massima dichiarati, e ci ha sorpreso per la luminosità e la brillantezza dei colori. Vivitek dichiara un
contrasto nativo di 30.000:1, valore che non sappiamo quanto sia realistico, ma di certo il Qumi Q6
vanta un rapporto di contrasto che ci è parso rispettabilissimo, soprattutto considerando le ridottissime
dimensioni di questa macchina. Il Vivitek Qumi Q6 è
disponibile ad un prezzo di 649 euro nei colori nero,
bianco, arancione, rosso, blu chiaro, oro e grigio.
n.121 / 15
2 NOVEMBRE 2015
MAGAZINE
MOBILE La famiglia HTC One si allarga con un nuovo protagonista; fotocamera e scocca in metallo sono i suoi punti di forza
HTC One A9, l’anti iPhone che assomiglia all’iPhone
HTC A9 crea un nuovo segmento “premium” che punta su design e esperienza senza badare troppo alla scheda tecnica
di Roberto PEZZALI
arrivo di HTC One A9 non è una sorpresa per
nessuno: da mesi sul web circolano fotografie
che mostrano uno smartphone che per molti è
un clone dell’iPhone, ma che per HTC rappresenta lo
smartphone che dovrà combattere proprio il predominio dell’iPhone sul mercato. Se HTC One M9 è potenza pura, idea rinforzata da una scheda tecnica che
parla da sola, One A9 è un prodotto diverso, pensato
proprio per chi si disinteressa di memoria o processore e desidera un telefono che fa belle foto, con una
batteria che dura tanto e soprattutto bello da vedere.
Siamo stati all’anteprima del nuovo One A9 e abbiamo potuto toccare da vicino il primo esemplare della
nuova famiglia A, un prodotto che sulla carta può sembrare un classico da fascia media, ma che tra le mani
dà effettivamente la sensazione di essere un vero top
di gamma. HTC va giù duro con il prezzo: 599 euro in
Europa, 629 euro probabilmente in Italia per un prodotto che non è per tutti. HTC A9 è uno smartphone
Android da 5” che fa del design il suo punto di forza:
la scocca in alluminio è disponibile in quattro diverse
finiture che si ispirano a metalli presenti in natura e
il risultato, grazie anche a una finitura “spazzolata”, è
decisamente piacevole. La somiglianza con l’iPhone
effettivamente c’è, ma dentro l’A9 si possono leggere
anche tanti tratti del design che ha distinto le ultime
generazioni di telefoni HTC. L’obiettivo dell’azienda, e
lo abbiamo già detto, non è far breccia nei cuori degli
appassionati di tecnologia che senza tanta memoria,
mucchi di pixel e processori con tanti core guardano
agli smartphone con diffidenza, ma puntare tutto su
chi non sa neppure a cosa serva 1 GB di RAM e un
processore con quattro core. Ecco perché il display
è un AMOLED Full HD, il processore uno Snapdragon
617 con modem LTE e a bordo troviamo solo 2 GB di
RAM e 16 GB di storage (espandibili tramite SD): HTC
ha preferito spingere su materiali, user experience,
audio e fotocamera. Provando per qualche ora l’HTC
One A9 tre cose ci hanno colpito: la qualità e la luminosità dello schermo, la velocità impressionante del
sensore per le impronte digitali frontale e il feeling,
con un bilanciamento perfetto tra peso (143 grammi)
e dimensioni. Per quanto riguarda l’audio, HTC ha utilizzato un DAC da 24 bit 192 kHz con processamento
Dolby e certificazione Hi-res Audio: HTC ci assicura

L’
torna al sommario
che l’esperienza di ascolto è unica, e sarà una delle
prime cose che proveremo quando arriverà in redazione lo smartphone. Altra cosa che non siamo riusciti
a provare ma che dovrebbe essere un altro dei punti
di forza dell’A9 è l’esperienza fotografica: la camera
Ultrapixel F2 è stata inserita sul frontale, dove pixel
più grandi aiutano in situazioni di bassa luminosità,
mentre sul retro HTC ha usato un nuovo modulo da
13 Megapixel stabilizzato ottico. L’azienda ha anche
modificato il software della fotocamera: lo scatto in
RAW già c’era, ma ora è possibile sviluppare i RAW
direttamente dallo smartphone. Al momento questa
opzione è abbastanza povera: manca la possibilità di
variare i parametri e viene usata una curva standard.
One A9 ha ovviamente a bordo Android, ma HTC ha
pensato di lanciarlo già con Android 6.0 Marshmallow
arricchito con la sua interfaccia HTC Sense, che va a
correggere alcune scelte fatte da Google per il suo sistema in versione stock.
Una scelta vincente, anche perché le
prestazioni per quel poco che abbiamo
potuto provare sono eccellenti. La presenza di soli 16 GB di spazio e lo slot
di espansione SD sono perfetti per chi
vuole espandere veramente la memoria interna: solo Android 6.0 riesce a
farlo gestendo un unico spazio e non
due spazi separati. Android 6 dispone
poi di Doze per il risparmio energetico e ha anche una serie di API native
per il fingerprint, elementi che rendono
l’autenticazione sull’A9 immediata non
appena si appoggia il pollice. Un bel
telefono senza dubbio, con un prezzo
importante che non deve però bloccare
il consumatore: è vero che 2 GB di RAM
e uno Snapdragon 600 non sono elementi da top di
gamma, ma basta toccarlo e giocarci un po’ per rendersi conto che forse non sono quelli i parametri di
acquisto da considerare.
n.121 / 15
2 NOVEMBRE 2015
MAGAZINE
MOBILE Quella di EXPO è stata la trasmissione test su più ampia scala effettuata fino ad ora
TIM ed Ericsson mettono LTE Broadcasting alla prova
La tecnologia di trasmissione LTE Broadcasting è stata testata con il concerto di Max Gazzé
L
di Paolo CENTOFANTI
a tecnologia LTE Broadcasting ha
fatto il suo debutto a EXPO 2015,
con quella che è stata forse la trasmissione test su più ampia scala effettuata in Italia fino ad oggi. Il 19 ottobre,
in occasione di un concerto live di Max
Gazzé all’interno dell’esposizione universale, TIM ed Ericsson, in partnership
con Samsung, hanno infatti trasmesso
l’esibizione in LTE Broadcasting su tutta
l’area del sito di EXPO 2015, 1.1 milioni
di metri quadri. Come ha sottolineato
durante la presentazione della sperimentazione Guido Arnone, Direttore
Technologies & Digital Innovation di
EXPO 2015, con il suo picco di 272.000
visitatori in un’unica giornata, la manifestazione è a un passo ad entrare nella
top ten delle città più popolose d’Italia.
Stando ai dati rilasciati da Andrea Costa, responsabile Progetto Expo 2015 di
Telecom Italia, nei primi 5 mesi della manifestazione sono stati scambiati 10 TB
di dati su rete mobile dal sito dell’esposizione, oltre il 70% su LTE. Ed è proprio
in situazioni come queste che l’LTE
Broadcasting ha la sua principale destinazione d’uso. Per chi non ne ha ancora mai sentito parlare, si tratta di una
particolare funzionalità prevista dallo
standard LTE, che consente di riservare
parte della banda della rete mobile per
trasmettere uno stesso flusso dati a un
numero illimitato di utenti. Normalmente, se diverse migliaia di terminali cercassero di accedere simultaneamente
a uno stesso contenuto, porterebbero
velocemente alla congestione totale
della rete, visto che ciascuno di essi
aprirebbe una sessione indipendente
di download; con LTE Broadcasting si
evita tutto ciò trasmettendo il contenuto su un solo “canale” accessibile a

Andrea Costa, responsabile Progetto
Expo 2015 di Telecom Italia, alla presentazione della sperimentazione.
torna al sommario
Samsung
brucia le tappe
Galaxy S7 arriva
il 15 gennaio?
Inizia il valzer
dei rumor sul prossimo
top di gamma di casa
Samsung, il Galaxy S7
Voci insistenti lo danno
in presentazione
già a gennaio (ma non
al CES), anticipando
di un mese la tabella
di marcia classica
tutti, in modo non diverso rispetto a una
normale trasmissione TV o radio, solo
che in questo caso viene impiegata appunto la tecnologia LTE. Il risparmio di
banda, potenzialmente, è notevole. Nel
caso della sperimentazione effettuata
ad Expo, TIM ha “sottratto” alla rete che
copre la manifestazione, la banda necessaria per trasmettere tre flussi video
da 3 Mbit/s ciascuno in broadcasting. La
trasmissione è stata effettuata utilizzando le normali frequenze commerciali,
anche se per l’evento è stata utilizzata
una rete non accessibile dal pubblico.
Tramite un’app realizzata appositamente per la serata, installata su dei Samsung Galaxy Note 4, gli utenti potevano
seguire il concerto dal vivo sullo smartphone da qualunque punto di EXPO
2015, oppure passare in tempo reale
a uno degli altri due contenuti video
trasmessi simultaneamente. Insieme ai
video venivano trasmessi anche ulteriori contenuti, come schede di approfondimento e i tweet relativi all’evento,
tutti accessibili sempre all’interno della
stessa app. Per il terminale dell’utente,
anche se non si tratta di un servizio on
demand, è come accedere a un normale video in streaming, per cui si tratta di
una sessione dati a tutti gli effetti, sia
in termini di traffico “consumato”, che
di impatto sulla batteria. Nel caso della
visualizzazione dei tre contenuti disponibili si ha poi la decodifica simultanea
dei video, per cui il carico non è indifferente. Nell’ora di concerto, il dispositivo a nostra disposizione ha visto un
consumo di circa il 30% dell’autonomia
della batteria, mantenendolo attivo per
tutta la durata. La tecnologia funziona
bene e gli scenari di utilizzo non mancano. Nel caso di un concerto live, può
essere interessante per trasmettere il
feed della regia video per gli spettatori
molto lontani dal palco, oppure ancora
per la messa in onda di backstage e informazioni. Ma si pensi ad applicazioni
quali comunicazioni di emergenza da
parte delle autorità, contenuti informativi presso fiere e manifestazioni, trasmissione di replay e approfondimenti
durante eventi sportivi e così via. La
tecnologia è sicuramente ormai matura,
anche perché, come ci ha confermato
Aurelio Severino di Ericsson, si tratta
principalmente di un aggiornamento
solo software di alcuni nodi della rete,
mentre secondo Qualcomm, dal 2016
anche gli smartphone sotto i 100 euro
saranno in grado di supportare questa
modalità. Resta da capire quale sarà il
modello commerciale che gli operatori
sceglieranno per lanciare questo tipo di
servizi, l’elemento che più di ogni altro
potrebbe influenzare il successo di questa tecnologia.
video
lab
Evento EXPO 2015
Demo LTE Broadcasting TIM e Ericsson
di Massimiliano ZOCCHI
Nonostante Samsung non abbia ottenuto il successo sperato
con Galaxy S6, l’attenzione è già
focalizzata al successore, che
come da tradizione dovrebbe
chiamarsi S7 e avere una variante a schermo curvo S7 Edge. Voci
di corridoio insistenti danno già
per gennaio la presentazione
di S7, con vendite a partire da
febbraio. Questo romperebbe i
classici schemi a cui Samsung ci
ha abituato ultimamente, con gli
annunci di nuovi modelli sul palco del Mobile World Congress a
febbraio, e vendite a marzo. Ma
attenzione: non si tratterebbe di
una presentazione in grande stile
al CES di Las Vegas bensì di un
evento dedicato (come da tradizione) nella settimana successiva,
presumibilmente il 15 di gennaio.
Oltre alla data presunta di lancio
non si sa molto sul telefono in
sé, a parte le voci dai soliti ben
informati secondo cui il nuovo
top di gamma avrà una componentistica leggermente diversa in
base alla regione. Il processore,
secondo queste indiscrezioni,
potrebbe essere uno Snapdragon 820 nella versione americana e cinese, un Samsung Exynos
8990 per la versione europea e
asiatica, mentre per l’india sempre un Exynos ma nella versione
7422. Si tratta ovviamente di voci
da prendere con le pinze fino a
conferme ufficiali. Sembra invece
quasi certo che anche Samsung
salirà sul carro del Force Touch e
della USB type C.
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2 NOVEMBRE 2015
MAGAZINE
MOBILE Samsung SDI ha inventato una batteria che potrebbe rivoluzionare l’elettronica portatile
Samsung Stripe, la batteria diventa flessibile
È sottile come un braccialetto e può essere arrotolata anche 50.000 volte senza danneggiarsi
di Roberto PEZZALI
e batterie sono ormai parte integrante dei dispositivi di tutti i giorni,
ma l’attuale forma delle celle al litio
ha condizionato in questi anni coloro
che hanno dovuto disegnare i prodotti,
costretti a trovare il modo, non sempre
semplice, di far convivere batterie cilindriche o rettangolari con dispositivi che
devono diventare sempre più sottili e
compatti. Samsung ha una soluzione:
Stripe, un nuovo tipo di batteria al litio che il colosso coreano ha presentato in anteprima a InterBattery 2015,
una fiera che si tiene a Seoul. Non è
difficile capire, guardando la foto, che
Samsung ha realizzato un piccolo miracolo, creando celle flessibili facili da
inserire in una collana, in un bracciale
o nella cover di un tablet con uno spessore di soli 0.3 mm, praticamente una
carta di credito. La batteria non solo è
L
MOBILE
OnePlus X è
un eXperiment

OnePlus torna a far parlare di sé
con qualcosa di “sperimentale” che
la startup cinese di Carl Pei vuole presentare per capire se si può aprire un
nuovo orizzonte di profitti: si chiama
OnePlus X (dove la X sta proprio
per “eXperiment”) ed è un nuovo
terminale con prestazioni ben sopra
la media di uno smartphone Android
ma con materiali e finiture da primo
della classe. Scocca in ceramica e
vetro posteriore fuse in una linea
di design che flirta con iPhone 5,
ma sotto il display da 5” c’è di più.
Partiamo dallo Snapdragon 801
supportato 3 GB di RAM alloggiata
sotto lo schermo da 5” AMOLED Full
HD. I 16 GB di storage sono affiancati
a uno slot microSD che potrà gestire
fino a 128 GB, ideale per ospitare
foto e video creati con le fotocamere
fronte/retro da 13 e 8 Megapixel. A
livello software, OnePlus giura fedeltà a OxygenOS, una versione rivista
e ripulita di Android 5.1.1. Il prezzo si
aggira attorno ai 250 dollari. Con la
solita market-strategy a inviti, stavolta per 10.000 pezzi: la “guerra”
per averne uno può essere lunga, ma
l’attesa per vederselo recapitare a
casa non sarà da meno.
torna al sommario
Moto X Force
nemmeno
con un martello
rompi lo schermo
Motorola annuncia
il nuovo Moto X Force
Il particolare schermo
ShatterShield è il primo
schermo infrangibile
mai utilizzato
su uno smartphone
sottile, ma ha anche un’ottima densità
di carica e resiste molto bene alle sollecitazioni. Per dimostrarlo Samsung
ha creato “Band”, un cinturino per
smartwatch che è in grado di aumentare l’autonomia di un orologio del 50%
grazie proprio alle batterie flessibili
inserite all’interno. Siamo davanti a un
prototipo, ma Band può essere piegato
50.000 volte senza intaccare la qualità
delle celle e alterare la capacità di queste ultime di immagazzinare energia:
chi sta cercando il modo di assicurare
a uno smartwatch almeno tre giorni di
autonomia può trovare in Samsung un
prezioso alleato.
MOBILE È apparsa la pagina sullo store online americano
Blackberry Priv con schermo curvo
Arriva il 16 novembre e costa caro
B
di Massimiliano ZOCCHI
lackberry Priv ormai è una certezza, e se siete tra i fan del brand canadese e
non vedete l’ora di testare il primo BB basato su Android non dovrete attendere ancora molto. Sullo store online Blackberry americano è apparsa, e poi
prontamente rimossa, la pagina dedicata a Priv, con tanto di caratteristiche tecniche
definitive e prezzo di lancio. Per portarsi a casa il primo Blackberry con schermo curvo
ci vorranno 750 dollari. Tramite questo spot involontario sono state confermate anche
le specifiche tecniche che erano già circolate, oltre a qualche novità interessante.
Confermato il processore Snapdragon 808, i 3 GB di RAM e le fotocamere da 18 e 2
Megapixel. Trova conferma anche la dimensione del display da 5.4” con risoluzione di
2560 x 1440 pixel e 540 DPI di densità. La batteria da 3.410 mAh, secondo la scheda
pubblicata, potrà offrire fino a 22 ore di utilizzo. Nessuna novità per quanto riguarda la
distribuzione nel nostro paese, mentre nel nord America i pre-ordini sono già partiti.
di Roberto PEZZALI
Secondo una ricerca ogni due
secondi lo schermo di uno smartphone nel mondo si rompe. La
notizia ancora peggiore è che un
utente su cinque utilizza un telefono con il display con crepe o
rotture rinunciando alla riparazione. C’è chi risolve la cosa con una
garanzia e c’è chi invece promette
la massima resistenza possibile:
Moto X Force è il primo smartphone al mondo con display infrangibile, grazie a una nuova tecnologia di protezione denominata
ShatterShield. Il display del Moto
X Force è un composito di cinque
diversi strati elastici in grado di assorbire ogni tipo di shock, anche
quelli più duri: non è un vetro antiproiettile, ma la struttura è simile e
il grado di resistenza paragonabile. Solitamente gli smartphone corazzati barattano prestazioni con
robustezza, Moto X Force, invece,
è un top di gamma a tutti gli effetti
e lo si capisce subito dal display
da 5.4” QuadHD Amoled. Il processore è il Qualcomm Snapdragon 810, assistito da 3 GB di RAM
e da 32 GB o 64 GB di memoria,
mentre le fotocamere sono da 21
MP posteriore e da 5 MP frontale.
L’azienda ha curato in modo particolare anche l’autonomia: 3.760
mAh, con ricarica fast charge che
assicura 13 ore di batteria in soli
15 minuti di carica. L’azienda non
ha rilasciato ulteriori dettagli, ma
ipotizziamo che Moto X Force, la
versione internazionale del Droid
Turbo 2 presentato in America
due giorni fa, possa arrivare entro
la fine dell’anno anche in Italia. I
prezzi non sono noti, ma in Inghilterra costerà 499 sterline, quindi
ipotizziamo circa 699/729 euro.
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2 NOVEMBRE 2015
MAGAZINE
PC Yoga Home 900 è l’evoluzione di quanto Lenovo aveva già mostrato negli anni scorsi
Lenovo scommette ancora sul tablet gigante
Presentato un PC All-in-One Windows 10 che diventa un tablet da 27” con interfaccia dedicata
L
di Massimiliano ZOCCHI
enovo presenta Yoga Home 900,
un PC All-in-One ultrapiatto che
all’occorrenza può diventare un tablet da 27”. L’azienda leader mondiale
nella vendita di PC aveva già esplorato
una soluzione simile anni fa con IdeaCentre Horizon. L’attenzione mediatica
era velocemente sfumata, ma ora Lenovo ci riprova e per prezzi a partire da
1.549 dollari prova di nuovo ad offrire
un’alternativa al tradizionale concetto di PC all-in-one. Yoga Home 900 in
realtà è diverso dal suo antenato. La
sua prima vocazione è essere un PC
desktop grazie allo stand posteriore,
senza rinunce sul fronte hardware. Può
essere configurato con processore Intel
Core i7, RAM fino a 8 GB e scheda grafica NVIDIA GeForce 940A. Lo storage
Questo mese
Microsoft rilascerà
Windows 10 Fall Update
Il primo aggiornamento
maggiore
del sistema operativo
In arrivo raffinamenti
grafici e l’integrazione
nativa di Skype
di Paolo CENTOFANTI
arriva fino a 1 TB SSD, e non mancano
tutte le connessioni del caso, incluse
3 porte USB 3.0.Sfruttando lo schermo
Full HD da 27” touch screen, quando
abbassato in posizione sdraiata Yoga
Home 900 attiva l’interfaccia Lenovo
Aura, già sperimentata con IdeaCentre,
che presenta una selezione di foto, gaming e app educative. Secondo Lenovo
nell’Aura App Store ci sono oltre 500
app dedicate. Sotto questa maschera si
nasconde un normale Windows 10, che
in modalità desktop offre le funzioni di
un normale PC.Nel caso fosse necessario Yoga Home 900 è anche portatile (si fa per dire...), grazie alla batteria
integrata che assicura fino a 3 ore di
funzionamento, magari sfruttandolo per
videochiamate con la webcam 1080p e
doppio microfono. Al momento Lenovo
non ha ancora ufficializzato la disponibilità nel vecchio continente.
PC Microsoft allarga la famiglia di notebook Surface Book con una nuova configurazione
Surface Book con GPU NVIDIA diventa abbordabile
Con lo stesso storage del modello base, 128 di disco SSD, si può avere una GPU NVIDIA
di Massimiliano ZOCCHI
S

urface Book sta facendo molto parlare di sé ed è considerato da molti
come il notebook definitivo. Nella
versione più economica, quella da 1.499
dollari, il prodotto offrirà CPU Intel Core
i5, 8 GB di RAM e 128 di storage SSD.
torna al sommario
A novembre
il primo grande
aggiornamento
di Windows 10
Microsoft si appresta
però ad offrire un’ulteriore configurazione
con qualche muscolo
in più per 1.699 dollari.
Anziché optare per la
versione con SSD più
capiente, 256 GB, gli
acquirenti
potranno
decidere di mantenere
lo stesso storage del
modello base, ma avere in cambio un
GPU NVIDIA anziché accontentarsi della
scheda grafica on board. Il prezzo è lo
stesso, è come se Microsoft offrisse nella fascia media la scelta di avere un SSD
più grande oppure una GPU più potente.
Non è ancora chiaro d quale GPU si tratti, anche se voci di corridoio danno come
possibile una GeForce 940M o equivalente. Lo store ufficiale italiano ancora
non riporta disponibilità o prezzi per il
nostro mercato, vi terremo aggiornati.
Microsoft ha precisato sin da
subito che a partire da Windows
10, il suo sistema operativo diventerà più come un servizio in
continuo aggiornamento. Fedele a questa linea, arriverà a
novembre il primo update di un
certo peso per il nuovo sistema, denominato semplicemente Windows 10 Fall Update o
aggiornamento d’autunno. Con
questo update Microsoft apporterà alcuni ritocchi che erano già
stati programmati per la release
iniziale, tra cui un raffinamento
dei menù contestuali (tasto destro del mouse per intenderci),
ma darà anche una colonna in
più al menù start per offrire più
spazio per le icone live, i colori
per le barre delle applicazioni
desktop e soprattutto le chiamate Skype saranno integrate nativamente nel sistema operativo,
mentre Cortana potrà interagire
con gli imminenti dispostivi Windows 10 Mobile. A quanto pare
salterà invece l’aggiornamento
per il browser Edge, che avrebbe dovuto introdurre il supporto per estensioni di terze parti;
questo sarà rilasciato più avanti
nel 2016. L’aggiornamento verrà
distribuito come al solito tramite
Windows Update.
n.121 / 15
2 NOVEMBRE 2015
MAGAZINE
GAMING La notizia è stata annunciata da David Cage sul palco della Games Week di Parigi
DETROIT è la nuova esclusiva PlayStation 4
Torna l’androide Kara, che aveva incantato in una demo tecnica per PS3 nel lontano 2012
Questa volta con un videogioco che sarà prodotto in esclusiva per la console di Sony
R
di Paolo CENTOFANTI
icordate Kara? Nel 2012, Quantic
Dream, lo studio che ha prodotto
titoli come Heavy Rain e Beyond:
Two Souls, aveva presentato una demo
tecnica del proprio motore grafico basato su motion capture per PlayStation 3,
che aveva impressionato non solo per
la sua qualità grafica, ma soprattutto per
l’intensa prova di “recitazione”. All’epoca David Cage aveva affermato che si
trattava esclusivamente di un prototipo
non legato ad alcun gioco in produzione, per cui è è stata grande la sorpresa,
durante la conferenza stampa di Sony
tenuta qualche giorno fa all’edizione parigina della Games Week, quando David
Cage è salito sul palco per presentare
DETROIT: Become Human. Protagonista
del nuovo videogioco, che sarà un’esclusiva PlayStation come gli altri titoli dello
studio, è sempre Kara, l’androide che
Playstation 4
a 350 euro
anche in Italia
Sony taglia il prezzo della PS4 in
Europa dopo i tagli fatti in Giappone
e in Usa: non potendo contare su
forti esclusive per il periodo natalizio
l’azienda ha deciso di ricorrere all’arma migliore, abbassare il prezzo
della console rendendola ancora più
appetibile.

La versione da 500 GB costerà
349,99 euro in tutta Europa, Italia
inclusa, un prezzo decisamente
appetibile anche perché ci troviamo
di fronte a quella che per il gaming
puro è la miglior console next gen
sul mercato. Sony risponde così al
lancio di Halo 5 e di Rise of the Tomb
Raider, le due esclusive Microsoft
che dovranno rilanciare l’Xbox nel
periodo natalizio.
torna al sommario
nella premessa originale diventava senziente durante la sua fabbricazione. Risparmiata dall’operatore che l’aveva etichettata come anomalia, il trailer mostra
Kara aggirarsi per Detroit, in un mondo in
cui gli androidi possono essere acquistati nei negozi per i più disparati usi. Clicca
qui per il video.
Kara è diversa e da quello che si può
capire dal trailer si spaccia per essere
umano. La ricerca della propria umanità, evocata sin dal titolo, sarà il tema
centrale di questo nuovo titolo, di cui
in realtà non si sa ancora molto, anche
se è lecito aspettarsi un gameplay simile a quello dei due precedenti lavori
di Quantic Dream. Il video è stato catturato da un rendering in tempo reale
su PS4 e dovrebbe dare un’idea delle
potenzialità del nuovo motore grafico.
Quando potremo giocare a DETROIT?
Per il momento, è un mistero.
Qui il video del prototipo originale di
Kara per PS3.
GAMING La app è gratuita, non arriverà prima di marzo 2016
Miitomo, la prima app Nintendo
Per chattare con lo smartphone
di Paolo CENTOFANTI
l primo software Nintendo per smartphone non è il vero e proprio videogioco
che molti aspettavano: essenzialmente è una nuova versione di Tomodachi Life
per 3DS, l’app che permette di chattare tramite i Mii.
Dopo che Nintendo aveva finalmente annunciato che avrebbe cominciato a sviluppare giochi anche per smartphone e tablet di terze parti, c’era molta attesa per
quello che sarebbe stato il primo videogioco ad arrivare. Ora Nintendo ha finalmente annunciato il primo titolo, ma chi già pregustava di giocare a Mario Bros o
Zelda sul proprio smartphone, probabilmente rimarrà deluso. La prima app Nintendo sarà infatti Miitomo, che altro non è che una reincarnazione di Tomodachi
Life per 3DS. Si tratta essenzialmente di un’app di comunicazione che permette di
interagire online con gli amici per interposta “persona” utilizzando i propri avatar
Mii all’interno di ambienti virtuali. Miitomo sarà gratuita ma prevederà degli addon a pagamento, per una maggiore personalizzazione dei propri Mii, che avranno
la particolarità di essere in
grado di comunicare online
con gli altri avatar anche
quando non siamo attivamente online. L’app Miitomo
non arriverà comunque prima del marzo 2016, per cui
si sa mai che prima di allora
arrivi l’annuncio di qualche
titolo più succoso.
I
VIDEO CREATIVO
Riprese da
film con lo
smartphone
InVisage è una azienda che da cinque
anni sta lavorando a un sensore a
suo dire rivoluzionario: promette una
gamma dinamica elevatissima e la
totale assenza di rolling shutter. Il
sensore InVisage è costruito come i
normali CMOS usati in smartphone
e fotocamere, ma al posto del silicio
utilizza come strato fotosensibile un
componente che l’azienda definisce
QuantumFilm, un materiale che
secondo InVisage reagisce alla luce
in modo più simile alla pellicola che
a un circuito elettrico. Il rivestimento
QuantumFilm rende il CMOS talmente
veloce da leggere all’istante l’immagine senza dover ricorrere alla lettura
area per area, caratteristica questa
che permette di eliminare il fastidioso
rolling shutter. Per dimostrare la
bontà del suo sensore InVisage ha
registrato un piccolo film utilizzando
un prototipo, scene volutamente
scelte per mostrare l’elevata gamma
dinamica e l’assenza di rolling shutter
in condizioni non semplici, luce solare
molto intensa e soprattutto scene
veloci. Un video interessante, con una
resa che a tratti ricorda molto una
ripresa cinematografica.
MAGAZINE
Estratto dal quotidiano online
www.DDAY.it
Registrazione Tribunale di Milano
n. 416 del 28 settembre 2009
direttore responsabile
Gianfranco Giardina
editing
Claudio Stellari, Maria Chiara Candiago,
Alessandra Lojacono, Simona Zucca
Editore
Scripta Manent Servizi Editoriali srl
via Gallarate, 76 - 20151 Milano
P.I. 11967100154
Per informazioni
[email protected]
Per la pubblicità
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n.121 / 15
2 NOVEMBRE 2015
MAGAZINE
FOTOGRAFIA Il prezzo di 6900 euro è sulla stessa fascia delle ammiraglie di Canon e Nikon
Leica SL vuole mandare in pensione le reflex
Frutto della collaborazione con Panasonic, SL Typ 601 è la nuova mirrorless full frame Leica
L’azienda tedesca prende esplicitamente di mira i professionisti che ancora usano una reflex
di Paolo CENTOFANTI
L
eica ha tolto i veli al suo nuovo sistema a ottiche intercambiabili, Leica SL,
costruito intorno alla nuova omonima
fotocamera mirrorless full frame Leica SL
Typ 601, realizzata in collaborazione con
Panasonic. Si tratta di un sistema che,
come promuove Leica, punta a conquistare il fotografo professionista, e in particolare chi ancora utilizza una reflex full
frame, con una macchina più compatta
ma di qualità elevata. La Leica SL monta
un sensore CMOS full frame formato 35
mm da 24 MP (6000x4000 pixel), senza
filtro passa basso per immagini più nitide
e con un range di sensibilità ISO da 50 a
50.000. Due i punti su cui spinge Leica.
L’autofocus a 49 punti, che secondo Leica non è solo uno dei sistemi a contrasto
più veloci sul mercato ma sarebbe anche
“più veloce di qualsiasi reflex”. L’autofocus della nuova ottica zoom VARIO-ELMARIT-SL 90 - 280mm f/2.8 - 4 sarebbe
in grado di coprire l’intera escursione da
fuoco all’infinito a distanza minima in 110
ms, il che renderebbe il sistema competitivo anche nella fotografia sportiva. L’altro
GADGET
Drone GoPro
nel 2016
Le prime
immagini

GoPro inizia a stuzzicare la fantasia
dei fan con le prime immagini e il
primo mini-filmato realizzato con il
nuovo drone a marchio proprietario
della casa americana che vedrà la
luce nel 2016. La concorrenza di
Parrot prima e DJI poi sarà agguerrita, ma a giudicare dal video GoPro
non sembra intenzionata a cedere
facilmente la corona. Per il momento
non si sa nulla di più, né sull’estetica
né sulle caratteristiche tecniche, ma a
giudicare da questo primo first look,
ci sarà da divertirsi.
torna al sommario
Con BluLocks
nessuno
ti ruberà la bici
Con BluLocks è molto
difficile che ti rubino
la bicicletta. Il sistema
antifurto integrato si
avvale della classica
catena, blocca i pedali
e impedisce al ladro di
fuggire con la refurtiva
di Emanuele VILLA
elemento che va a toccare le abitudini
dell’utilizzatore tipo di una macchina
reflex è il mirino e la risposta di Leica si
chiama EyeRes, un mirino elettronico da
4,4 MP e 0,66 pollici, con lag “sotto la
soglia di percezione”, campo di visione
di 36° e fattore di ingrandimento 0,80x.
Leica non dice quale sia la tecnologia utilizzata, ma di sicuro è il più definito sulla
piazza.
Ci sono poi il design eslcusivo Leica, con
il corpo macchina ricavato da un singolo
blocco di alluminio, impermeabilizzazione
e resistenza a sporco e polvere, proces-
sore con 2 GB di memoria buffer e scatto
raffica fino a 11 foto al secondo, registrazione video 4K con curva “flat” V-Log,
uscita video 4:2:2 a 10 bit su HDMI, RAW
a 14 bit e la compatibilità, tramite adattatori, con tutta la gamma di ottiche Leica
M, S, R. Insieme alla mirrorless, Leica ha
annunciato i primi tre obiettivi del nuovo
sistema. Oltre al 90-280 mm disponibile
a metà del prossimo anno, ci sono il Vario-Elmarit-SL 24-90mm f/2.8 - 4 ASPH e,
con disponibilità a fine 2016, il SummiluxSL 1:1,4/50mm ASPH. Il prezzo è di 6900
euro per il corpo macchina.
FOTOGRAFIA Arriva in Italia il servizio cloud foto di Amazon
Amazon Prime Foto, spazio illimitato
L’
di Paolo CENTOFANTI
abbonamento di Prime di Amazon in Italia si arricchisce di un nuovo elemento: Prime Foto. A un anno di distanza dal lancio in altri Paesi, tutti gli abbonati
Prime di Amazon avranno a disposizione uno spazio di archiviazione illimitato
su Cloud Drive per quanto riguarda le proprie fotografie. Basta installare l’apposita
app per smartphone, tablet e PC, per sincronizzare la propria libreria di fotografie con
Cloud Drive e quindi tutti i propri dispositivi. Amazon non ha rilasciato dettagli tecnici
precisi, ma quello che importa è che non ci sono trucchi: il servizio è davvero illimitato
e permette di salvare anche immagini in formato RAW e senza alcuna ri-compressione. L’unico limite è che il player integrato non supporta la riproduzione per la maggior
parte di questo tipo di file, visto che nativamente supporta solo JPEG e TIFF, ma ai
fini del backup puro e semplice è importante sapere che è possibile salvare qualsiasi
tipo di fotografia. Si tratta di un servizio chiaramente molto utile e che
rende ancora più appetibile l’abbonamento a Prime. Lo spazio storage
di Cloud Drive per i file di altro tipo
rimane gratuito solo fino a 5 GB,
con un costo a partire da 8 euro all’anno per 20 GB, fino ad arrivare ai
400 euro all’anno per 1 TB.
Sono diversi i progetti pensati per
integrare nella bici un sistema
antifurto più o meno evoluto, ma
questo di BluLocks ci sembra davvero particolare. La catena c’è e
resta il principale sistema di sicurezza, è esterna come quelle tradizionali ma ha una differenza non
trascurabile che riguarda il lucchetto: mentre di solito prendiamo la catena, la facciamo passare
all’interno della struttura della bici
e poi la assicuriamo col lucchetto,
qui bisogna semplicemente stringerla al palo, poichè la bici ha un
suo lucchetto (con tanto di chiave) all’interno della struttura della
bici. Il video è eloquente. Il bello
è che se la catena viene tagliata
il ladro non può comunque usare
la bicicletta perchè i pedali sono
bloccati. Questo non esclude che
la bici possa essere rubata, portata in luogo sicuro e smontata per
bypassare il meccanismo interno
di blocco ma tutto diventa più difficile e laborioso, oltre al fatto che
una bici bloccata e trasportata via
“di peso” dà sicuramente nell’occhio (specie se il sistema prende
piede). Al momento BluLocks è un
progetto di IndieGogo che punta
a raggiungere i 20.000 dollari: siamo a quota 7.700 USD con altri 16
giorni disponibili. Il prezzo attuale
per chi contribuisce alla campagna è di 399 dollari.
P5 Wireless.
Abbiamo eliminato
il cavo ma il suono
è rimasto lo stesso.
P5 Bluethooth, musica in mobilità
senza compromessi con 17 ore di
autonomia e ricarica veloce per
performance allo stato dell'arte. La
solita qualità e cura nei materiali di
Bowers & Wilkins adesso senza fili
grazie alla nuova P5 S2 Bluetooth.
www.audiogamma.it
n.121 / 15
2 NOVEMBRE 2015
MAGAZINE
GADGET Tutti e tre i modelli di orologi saranno disponibili in Italia entro la fine dell’anno
Garmin Forerunner ancora più completi
Tre nuovi modelli di orologi GPS per i corridori, con display migliorati e nuove funzionalità
di Paolo CENTOFANTI
armin amplia la sua gamma di
orologi per il fitness con tre nuovi
modelli dedicati ai corridori, Forerunner 230, Forerunner 235 e Forerunner 630. Dotati di display a colori e
di GPS, si differenziano nelle funzionalità. I Forerunner 230 e 235 sono simili,
impermeabili fino a 5 atmosfere, ma il
modello superiore integra anche il cardiofrequenzimetro con lettura sul polso,
mentre il modello base utilizza la classica
fascia toracica, in dotazione. In entrambi
i casi, i dati del cardiofrequenzimetro, oltre a indicare le zone cardiache durante
l’attività fisica, vengono utilizzati anche
per stimare l’ossigenazione massima del
sangue e in base a questo prevedere il
tempo probabile della propria corsa. Lo
schermo è da 1,23”, il 44% più grande rispetto ai modelli precedenti, ed entrambi gli orologi svolgono anche la funzione
di tracker di movimento e conta calorie
durante la giornata. Con la piattaforma
Connect IQ è possibile scaricare app,
widget e quadranti. I prezzi italiani non
sono ancora disponibili, ma per gli Stati
G
GADGET
Il Thermos
ti dice
quando bere

Thermos ha presentato una
nuova bottiglia definita Connected
Hydration Bottle, dotata di un
tappo intelligente Smart Lid e di una
cannuccia con termometro. Dotata di
Bluetooth, è in grado di connettersi
a un iPhone con iOS 7 o superiore e
tramite l’app dedicata monitorare il
consumo d’acqua quotidiano, dirvi
quando avete bevuto l’ultima volta,
quanto e la temperatura dell’acqua.
Così se ci dimenticassimo di bere,
può avvisarci tramite una notifica.
L’app può suggerire traguardi
giornalieri di idratazione e grazie alla
collaborazione con
FitBit può lavorare
con i noti activity
tracker ed essere
più precisa in caso di
attività fisica. Sarà disponibile (per gli Stati
Uniti) da novembre a
59.99 dollari.
torna al sommario
Uniti si parla di 300 dollari per il Forerunner 230 con fascia cardio e 330 dollari
per il Forerunner 235.
Il Forerunner 630 non ha il cardiofrequenzimetro con lettura sul polso, ma
offre funzioni di tracking della corsa più
avanzate e lo schermo diventa touch. Il
nuovo orologio permette di misurare oltre al ritmo e tracciato GPS della propria
corsa, anche il bilanciamento del tempo
di contatto con il suolo, la lunghezza del
passo e il rapporto tra oscillazione verticale e ampiezza della falcata. A ciò si ag-
giungono il test per la misurazione della
propria soglia anaerobica e il calcolo di
uno stress score basato sul battito cardiaco per prevedere i momenti migliori
per effettuare un allenamento pesante. Il
Forerunner 630 ha display touch a colori
da 1,23’’, impermeabilizzazione fino a 5
atmosfere, piattaforma Connect IQ e fino
a 16 ore di autonomia durante gli allenamenti. In questo caso, si parla di 450
dollari per il bundle con la fascia cardio,
mentre da solo l’orologio avrà un costo
di 400 dollari.
Nel 2016 le
Nike di Ritorno
al Futuro
Nike ha annunciato la realizzazione
del primo paio di sneakers auto-allaccianti ispirate a quelle indossate da
Marty McFly in Ritorno al Futuro. La
stessa azienda aveva già creato qualcosa di simile nel 2011 (The Mag), ma
solo la forma era la stessa del film,
mancava del tutto un meccanismo
di allaccio automatico. Le “Back to
the Future Shoes” saranno prodotte
nel 2016 a un prezzo per il momento
non precisato; l’esemplare realizzato
ora, stracolmo di led e capace di
adattarsi automaticamente al piede
di chi lo indossa, è stato consegnato a
Michael J Fox e sarà venduto all’asta
per finanziare la sua fondazione per
la ricerca sul Parkinson.
GADGET Il risultato della nuova funzione sono riprese video molto fluide e professionali
Il drone Parrot Bebop ora ha il pilota automatico
L’utente può programmare un itinerario di volo e Bebop lo seguirà automaticamente
di Massimiliano ZOCCHI
È
disponibile tramite l’applicazione
di controllo droni Parrot FreeFlight
3 il nuovo acquisto in-app per la
funzione di volo autonomo con itinerario programmato per Parrot Bebop. Per
9,99 euro (che dovrebbero diventare
19,99 al termine del periodo promozionale) è possibile acquistare l’estensione
Flight Plan, o Piano di Volo nell’App Store italiano.
Questa attesa feature consente al pilota di Bebop di programmare in anticipo
un itinerario di volo visualizzando su
smartphone o tablet l’area circostante
e scegliendo le diverse tappe e spostamenti; oltre a ciò, è facoltà dell’utente
selezionare riprese, scatti e inquadrature in modo da ottenere riprese di livello
professionale con la fluidità tipica del
volo autonomo.
Durante il volo i parametri possono essere controllati e modificati al volo, ed è
possibile anche bypassare la programmazione per intervenire in caso di emergenza. Le rotte programmate possono
essere salvate così da poter ripetere
lo stesso percorso più volte per avere
riprese simili tra loro e scegliere la migliore in fase di montaggio.
Flight Plan permette di regolare direzione, altitudine e velocità tra ogni singolo
punto deciso nell’itinerario, usando il
GPS e il GLONASS per tracciare la posizione del drone Bebop con una precisione di +/- 1,8 metri. Se la nuova aggiunta fa per voi approfittatene subito,
il prezzo promozionale durerà solo una
settimana.
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2 NOVEMBRE 2015
MAGAZINE
SMARTHOME Il termostato smart Netatmo ha ora quattro nuove interessanti funzionalità
Il termostato Netatmo è più “risparmioso”
Arrivano compatibilità con IFTTT e il sistema di Auto Care che rileva i guasti della caldaia
Online si può accedere a un calcolatore del risparmio e ricevere rapporti personalizzati
S
di Emanuele VILLA
ta per arrivare l’inverno e si torna a
parlare di riscaldamento, e in particolare della versione “2.0” che
prevede l’uso di un termostato smart.
Tra questi, la versione di Netatmo è senza dubbio uno dei più quotati per stile,
semplicità di utilizzo e dotazione di funzionalità. Quest’anno, l’azienda annuncia 4 novità relative al suo termostato
tutte rivolte al massimo risparmio sulla
bolletta: un nuovo calcolatore del risparmio energetico online, il nuovo rapporto
per il risparmio energetico, la compatibilità dell’apparecchio con IFTTT e la
nuova funzione Auto-Care.
Le prime due non sono funzioni del termostato ma danno l’idea di quanto è
possibile risparmiare affidandosi a un
sistema di gestione smart: nella fattispecie, il primo è accessibile direttamente
dal sito Netatmo e consente di stimare
il risparmio in euro rispetto alla bolletta
Il colosso dei processori
al lavoro per mettere
un “dragone” nella
nuova generazione
di videocamere smart
Meno operazioni
sul cloud e più reattività
nell’elaborazione
dei contenuti
dello scorso anno, mentre il secondo è
un rapporto personalizzato che viene
inviato mensilmente agli utenti Netatmo
e permette loro di ottimizzare l’uso del
riscaldamento. Per quanto concerne,
invece, le nuove funzionalità dell’apparecchio, la compatibilità con IFTTT
(If This Than That) permette agli utenti
di connettere il termostato ad altri apparecchi e applicazioni, impostando
regole del tutto personalizzate; e tutto
questo mentre la funzione Auto Care
permette al termostato di prevenire
problemi di funzionamento della caldaia
rilevando i guasti e informare gli utenti
immediatamente.
SMARTHOME Da noi l’atteso robot per le pulizie Dyson dovrebbe arrivare il prossimo anno
Disponibile in Giappone il robot Dyson per le pulizie
Il prezzo come ci si attendeva è decisamente elevato: si parla di 1200€ al cambio attuale
l
di Emanuele VILLA

robot per le pulizie domestiche di
casa Dyson, il 360 Eye, è stato salutato come una delle novità più interessanti dell’IFA. Ma attenzione, non
di quella del 2015 ma dell’anno precedente, dopo di che se ne sono perse
le tracce. Molto strano, perchè dopo 16
anni di ricerca e sviluppo si supponeva
che il prodotto fosse pronto per entrare nelle case delle persone. Ma evidentemente c’era bisogno di qualche
rifinitura, in particolare sull’autonomia
e sulla riduzione del rumore durante
l’esercizio: per tutto il 2015 non si è più
parlato del robot aspirapolvere hi-tech
con videocamera a 360° montata sulla scocca superiore che per 30 volte
al secondo aggiorna l’immagine per
creare una mappa fedele e precisa dell’ambiente circostante.
Pare che sul ritardo abbia anche influito un’esigenza specifica del mercato
giapponese: in questi mesi gli ingegneri
Dyson hanno dovuto insegnare al robot
torna al sommario
Snapdragon nelle
videocamere
di sorveglianza
Qualcomm
ci prova
un modo per gestire il Genkan senza
cadere, ovvero quell’ingresso - tipicamente rialzato - di molte case giapponesi usato principalmente per togliersi
le scarpe appena entrati in casa. Problemi risolti, tanto che Dyson 360 Eye
è ora finalmente in vendita nello store
Dyson di Omotesando (Tokyo) a partire
da venerdì, per poi diffondersi in tutto
lo Stato dalla settimana successiva. Dy-
son ha inoltre comunicato il proprio interesse nell’estendere 360 Eye al resto
del mondo (senza specificare i Paesi,
al momento), ma per questo dovremo
aspettare il 2016. Confermato il prezzo elevato, che si giustifica sulla base
della tecnologia integrata: al cambio
siamo sui 1.200 euro, ma attendiamo
indicazioni più precise da Dyson. Qualche mese e ne sapremo di più.
di Michele LEPORi
Qualcomm vuole entrare nel
mondo delle videocamere di
sorveglianza smart, equipaggiando la prossima generazione con qualcosa di nuovo:
un processore Snapdragon. l
punto di partenza del progetto
Qualcomm è molto semplice:
le videocamere si limitano a riprendere un filmato che viene
caricato su un server cloud a
disposizione dell’utente ma il
caricamento dipende dalla rete
domestica e spesso si può incappare in lag o errori. Un processore Snapdragon (secondo i
rumor, il 618) potrebbe prendere in carico la gestione dei dati,
analizzando, comprimendo ed
inviando all’utente le informazioni, riducendo drasticamente
i tempi del cloud. Il nuovo processore, inoltre, potrebbe facilitare opzioni di riconoscimento
facciale, eliminazione di filmati
inutili ed una serie di altre operazioni oggi solo in parte attuabili o addirittura impossibili. Da
ultimo, Snapdragon fa rima con
LTE, un’opzione che oggi equipaggia solo la piccola Nubo di
Panasonic ma che in futuro potrebbe diventare uno standard
per videocamere di sorveglianza. Manca ancora un’ipotesi di
disponibilità sul mercato, ma
alla luce di un progetto che parte da quanto fatto da Qualcomm
nel mondo mobile, il processo
di adattamento per videocamere potrebbe essere abbastanza
veloce.
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2 NOVEMBRE 2015
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AUTOMOTIVE La tecnologia di guida semi automatica Tesla Autopilot arriva nel nostro Paese
Il pilota automatico Tesla arriverà in Italia
Annunciata anche la versione 1.01 del software, che introduce diversi miglioramenti di guida
di Roberto PEZZALI
om’è noto, i fortuntati possessori
(americani) di una Tesla Model S
possono godere della tecnologia
di guida semi-autonoma di cui si parla da
mesi ma che è disponibile da un paio di
settimane. Come promesso, l’aggiornamento 7.0 del software di bordo - quello che contiene la funzionalità Autopilot
- è ora disponibile nel resto del mondo,
Italia inclusa. L’ha annunciato Elon Musk
via Twitter, sottolineando che solo il
Giappone è ancora in attesa di un ok
definitivo da parte delle autorità.
Autopilot non è solo software, ma c’è
bisogno di un kit optionale - che costa circa 3.000 euro - e che consta di
radar, telecamere e più di 10 sensori a
ultrasuoni che permettono alla macchina di percepire l’ambiente circostante
e seguirlo in modo autonomo, eventualmente effettuando anche cambi di
corsia previa segnalazione dell’utente
C
mediante uso delle frecce. Tutto ciò
non esenta il conducente dalla propria
responsabilità: Elon Musk ha sottolineato più e più volte che il guidatore
deve tenere le mani sul volante (il sistema di bordo avvisa il conducente più
volte a tal fine) e non distrarsi neppure
per un istante; nella visione dell’azienda, l’Autopilot è un ausilio alla guida e
non un sistema di guida autonoma in
tutto e per tutto. Quest’ultimo sarà il risultato finale di un iter di cui l’Autopilot
odierno è solo il primo tassello. Oltre
all’estensione italiana dell’Autopilot,
Musk ha annunciato anche il lancio di
una versione 1.01 dello stesso con alcuni miglioramenti: migliore gestione della velocità in curva, funzioni di learning
più evolute e gestione più accurata
delle strade in cattive condizioni.
AUTOMOTIVE Hudway ha proposto il suo progetto di head-up display adatto a tutte le auto
Hudway Glass, il display economico sul parabrezza
Solo 49 euro per sfruttare lo smartphone con funzione di navigatore e controllo della velocità
di Roberto FAGGIANO
l display sul parabrezza delle automobili, meglio noto come HUD o head up
display, è stato sinora un oggetto per
pochi montato solo su vetture di alto livello e prezzo. Ora la startup californiana Hudway ne propone una versione
molto semplice e dal costo accessibile,
si chiama Hudway Glass e non dovrebbe costare più di 50 dollari. Il progetto
è stato presentato su Kickstarter e ha
rapidamente raggiunto l’obbiettivo e
superato ad oggi i 300.000 dollari di
raccolta fondi. Hudway Glass è in pratica un supporto per smartphone da
piazzare sul cruscotto tramite diversi
sostegni, in modo da adattarsi a ogni
curvatura o angolazione.
Dal supporto si apre un piccolo schermo trasparente sul quale vengono
riflesse le immagini del display del telefono, creando quindi le immagini e le
informazioni sulla navigazione stradale.
In questo modo le indicazioni appaiono
proprio di fronte al guidatore che non si
distrae dalla guida. Hudway Glass non

I
torna al sommario
richiede connessioni elettriche di alimentazione e nemmeno collegamenti
Bluetooth, lasciando libera la connessione verso eventuali sistemi vivavoce
già presenti sulla vettura. Per funzionare correttamente Hudway Glass
richiede l’utilizzo di apposite applicazioni che ribaltano la visualizzazione
sullo schermo per consentire la giusta
riflessione. Con questo scopo Hudway
ha già relaizzato l’applicazione di navigazione Hudway - GPS Navigation
e Speedometer per il controllo della
velocità e dei relativi limiti. Il supporto
ha una superficie utile di 15 x 11 cm e
si adatta quindi a tutti gli smartphone,
per il fissaggio e gli adattatori vengono
usati speciali adesivi 3M facilmente rimovibili senza arrecare danni alla plancia; la stabilità del telefono è sempre
assicurata da questi particolari adesivi,
testati addirittura durante una gara di
rally, dato che uno dei fondatori della
startup è anche pilota.
L’auto del futuro
ha l’airbag
esterno
Al Tokyo Motor Show
in mostra Flesby
Un prototipo di veicolo
super-sicuro e molto
compatto, che per primo
integra un sistema
di airbag esterno
di Andrea ZUFFI
Al Tokyo Motor Show 2015,
Toyoda Gosei, azienda giapponese attiva nel campo della sicurezza automobilistica e nota per
l’illuminazione a LED, mostrerà
la propria visione di autovettura
così come la potremmo trovare
in circolazione entro il 2030.
Mentre molti produttori sono assorbiti dallo sviluppo e dai test
dei modelli a guida autonoma,
Toyoda Gosei svela il concept
di Flesby, un piccolo veicolo dall’innovativo sistema di sicurezza
che, in caso di collisione, prevede l’apertura di un sistema di
airbag esterni in grado di avvolgere la carrozzeria per preservare l’integrità del mezzo e l’incolumità degli occupanti. Flesby
integrerà inoltre varie soluzioni
di sicurezza e comfort come il
Signal Cockpit Link che utilizza
i LED per ricreare internamente
al veicolo il panorama esterno in
modo realistico. Nelle intenzioni
dei progettisti, questa ambientazione futuristica dell’abitacolo,
sincronizzata con la climatizzazione e l’impianto audio, contribuirà a mettere il guidatore a
proprio agio. L’azienda giapponese, al momento partecipata da
Toyota, si affaccia al Motor Show
con l’ambizione di stimolare l’interesse di altri produttori; obiettivo sono le partnership in vista
del quinquennio 2020-2025,
quando per Google e altri big
dell’automotive saranno maturi
i tempi per la commercializzazione dell’atteso veicolo a guida
autonoma. I visitatori potranno
conoscere da vicino il simulatore
di collisione che Toyoda Gosei
ha creato per sensibilizzare gli
utenti circa le conseguenze degli impatti in caso di incidente.
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2 NOVEMBRE 2015
MAGAZINE
AUTOMOTIVE Nissan mostra a Tokyo un prototipo che è un vero concentrato di tecnologia
IDS Concept è l’auto a guida autonoma Nissan
IDS Concept “impara” lo stile di guida del suo conducente e lo imita in modalità automatica
di Emanuele VILLA
empo di Tokyo Motor Show e di
proposte hi-tech nel mercato automotive. La tendenza resta quella
consolidata, ovvero quella della guida
autonoma, un progetto avviato da quasi
tutti i grandi nomi che dovremmo vedere in azione intorno al 2020. Davvero
“spaziale” (sotto ogni punto di vista) il
progetto di Nissan, che l’azienda chiama IDS Concept e che riassume anni di
studio in materia di guida autonoma; ricordiamo infatti che la stessa Nissan ha
promesso l’autonomous drive technology su diversi suoi modelli entro il 2020
e ha colto l’occasione del Tokyo Motor
Show per ribadire di essere in tabella
di marcia. IDS Concept sembra uscita
da un film di fantascienza sia a livello
di design, sia come dotazione tecnologica. Rigorosamente elettrica, l’auto
del futuro Nissan non è semplicemente
dotata di sensori, telecamere ovunque
e un software gestionale ultra-sofisticato, ma è in grado di adattare l’abitacolo a seconda del tipo di guida. Nissan
spiega infatti che, una volta attivata la
T
modalità completamente manuale, il volante lascia spazio a un grande display,
gli elementi interni dell’abitacolo si riposizionano per favorire lo spazio interno
e il diagolo tra i passeggeri.
Nonostante sia possibile l’intervento di
correzione manuale, Nissan suppone
che un modello del genere (o un altro
con la stessa tecnologia) possa entrare
in produzione solo quando la tecnologia
di guida autonoma sarà sicura al 100% e
permetterà all’utente di distrarsi senza
rischi. Il video mostra chiaramente quan-
ta tecnologia è stata prevista dal produttore per la sua prima driverless car.
Altra cosa molto particolare è il fatto che
il software si adatta allo stile di guida del
conducente, imparandolo poco alla volta durante le sessioni di guida manuale.
Nissan ha infatti dichiarato che - anche
quando il conducente attiva la guida
autonoma - la macchina ha il compito di
proseguire il viaggio col medesimo stile
di guida senza che i passeggeri percepiscano la differenza con la modalità
tradizionale.
AUTOMOTIVE Al Tokyo Motor Show Yamaha mostra nuove tecnologie per la sicurezza in moto
Yamaha mostra Motobot, il pilota robot a 200 km/h
Il robot si ispira a Valentino Rossi, ma per Yamaha non si tratta solo di un esercizio di stile
di Emanuele VILLA
ì, quello che state vedendo nella
foto qui a fianco è vero. C’è un robot fatto di bulloni e alluminio alla
guida di questa Yamaha (ha anche un
casco in testa, se è per questo), e la sua
promessa è di essere il Valentino Rossi
del prossimo futuro. Quella che sembrerebbe una follia è in realtà una delle attrazioni più interessanti del Tokyo Motor
Show, la dimostrazione di quanto la tecnologia sia in grado di “invadere” non
solo i motori a quattro ruote con guida
autonoma, assistita e quant’altro, ma
anche il mondo delle due ruote. Intanto gustatevi il video per capire di cosa
stiamo parlando. Il fatto che si tratti di
uno show in piena regola è ovvio: dai
supporti laterali ideati per non perdere
l’equilibrio al cambio marcia, tutto sembra provenire da un film di fantascienza.
Il video è dedicato a Valentino Rossi,
icona del team Yamaha e ispirazione di

S
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Motobot: non per
niente lo scopo del
robot pilota è quello di imparare lo
stile e di avvicinarsi
alle performance
del campione italiano. Pur con tutta
l’umiltà del mondo:
“I am improving
my skills everyday,
but I’m not sure if I
can even beat the
five-year-old you. - Miglioro ogni giorno,
ma forse non ti avrei battuto neppure
quando avevi 5 anni” dice Motobot,
che però recupera un pizzico d’orgoglio
quando afferma di essere stato creato
“per sorpassarti”. Esercizio di stile? Non
solo: pur in una modalità molto teatrale,
Yamaha ammette che uno degli scopi
di Motobot è migliorare le tecnologie di
sicurezza che verranno impiegate nei
veicoli futuri. Una moto sportiva a guida
autonoma non avrebbe un gran mercato perché chi ce l’ha la vuole guidare,
ma se Yamaha riuscisse a realizzare
una moto talmente evoluta da viaggiare
a più di 200 km/h da sola e in sicurezza
(scopo di Motobit, peraltro), potrebbe
senza dubbio integrare diverse tecnologie nei propri modelli commerciali,
con un vantaggio per tutti.
Sky non cambia
idea: la rimonta
di Rossi in chiaro
in diretta
su Cielo
L’ultima gara
della MotoGP
sarà visibile in chiaro
in diretta su Cielo
su digitale terrestre
e in streaming
Sky regala
agli italiani quella
che si preannuncia
come una gara epica
di Roberto PEZZALI
Sky ha una fortuna sfacciata: il
campionato di MotoGP si deciderà sul filo del rasoio nel weekend
del 6-7-8 novembre a Valencia, in
Spagna. Nello scorso weekend
lo scontro tra Rossi e Marquez
ha trasformato gli italiani in un
popolo di motociclisti esperti di
traettorie e regolamenti, e per
l’epilogo della stagione molti di
questi staranno incollati alla TV
a fare il tifo per il Dottore anche
se quest’anno, causa esclusiva
Sky, non sono riusciti a seguire tutte le gare in diretta. Sky
in ogni caso non torna sui suoi
passi e conferma il piano editoriale già annunciato (il contratto
con la Dorna dovrebbe prevedere 8 gare in chiaro): l’ultima gara
di Valencia sarà trasmessa in diretta e in chiaro anche su Cielo
TV, sia sul digitale terrestre sia in
streaming. Niente differita quindi
ma contemporanea per tutti: gli
abbonati avranno come unico
vantaggio la visione in HD, sicuramente migliore ma non certo
più adrenalinica.
L’appuntamento per Valencia è
sul canale 26 del digitale terrestre: vinca il migliore.
Serie S78 / Ultra HD
50” / 58”
Immergetevi
in una nuova
esperienza !
Avvicinatevi al vostro grande schermo UHD e tuffatevi in un’immagine di una ricchezza incredibile di dettagli. Un’immagine che non è mai stata cosi profonda grazie alla precisione dei contorni, anche nei dettagli
più lontani. Un’immagine che non è mai stata cosi realistica grazie alla nitidezza dei colori. Ammirate la
perfetta fluidita del movimento, resa possibile dalla tecnologia Clear Motion Index 800 Hz.
ww.tcl.eu/it
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2 NOVEMBRE 2015
MAGAZINE
TEST Il Sony Bravia X90C è TV Ultra HD compatibile con i futuri contenuti HDR, è basato sulla nuova piattaforma Android TV
Sony Bravia X90C: in prova l’LCD super sottile
Sfoggia un design davvero unico e incredibilmente affascinante: ma come si vede? Leggete la nostra prova e lo scoprirete
L
di Paolo CENTOFANTI
a serie di TV Bravia X90C fu il piatto forte delle
novità che Sony presentò al CES 2015. Il motivo
è presto detto: con uno spessore di meno di 5
mm nella parte più sottile, è uno dei TV LCD più sottili
mai realizzati. Un piccolo - si fa per dire, considerato
la stazza di questi schermi - miracolo di ingegnerizzazione per una tecnologia come l’LCD che necessariamente è composta da pannello e retroilluminazione;
la curiosità su quale possano essere i risultati della
tecnologia LED edge spinta così al limite è grandissima. Ma oltre al design, la serie X90C propone anche molte delle caratteristiche al top dei TV Sony di
quest’anno: supporto per i contenuti HDR, processore
4K X1, pannello 4K Triluminos, Android TV, decoder
HEVC per le future trasmissioni Ultra HD. Insomma, un
prodotto che non passa certamente inosservato.
video
lab
Più sottile di così non si può
Visto frontalmente il nuovo X90C non sembra apportare molti elementi di novità rispetto ai canoni estetici
già introdotti lo scorso anno sulla gamma Bravia. In
realtà già da quando si apre l’imballo si rimane impressionati da quanto è sottile questo TV. Sony ha
concentrato tutta l’elettronica nella parte basse del
televisore e in qualche modo ridotto al minimo la retroilluminazione del pannello LCD, con il risultato che
per buona parte lo spessore del TV è di circa 5 mm.
Il TV è talmente sottile che non è difficile a prima vista pensare di trovarsi di fronte a uno schermo OLED,
l’unica tecnologia che fino ad oggi ci aveva proposto
un televisore così sottile, e in realtà si ha quasi paura
di romperlo durante l’installazione. Anche la cornice
è ridotta al minimo, pochi millimetri di bordo intorno
al pannello, che a TV spento non si notano neppure,
visto che tutto il frontale è rivestito da una unica lastra
di vetro che rende il televisore molto elegante.
Con queste caratteristiche, non c’è molto spazio per
dettagli estetici ulteriori. La staffa è costituita dalla
coppia di piedini in metallo che avevamo già visto sui
modelli dello scorso anno. Sotto il logo Sony ritorna
invece la barretta trasparente e illuminata da un piacevole LED azzurro, un dettaglio esteso praticamente
sulla sua intera gamma Bravia. Un design essenziale dunque in tutto e per tutto, ma sempre piacevole.
Sony KD-65X9005C
DESIGN INCREDIBILE, MA TROPPI COMPROMESSI SULLA QUALITÀ
3.499,00 €
Se Sony ci teneva tanto a fare un TV così sottile poteva seguire la strada di Panasonic scegliendo la tecnologia OLED. Certo il prezzo di
listino sarebbe stato molto diverso, ma la qualità non ne avrebbe risentito. L’X90C è soprattutto un esercizio di stile, perché la tecnologia
di retroilluminazione LED edge spinta così al limite ha comportato qualche compromesso di troppo sul versante del rapporto di contrasto e
dell’uniformità delle immagini, tanto che ci porta a preferire di gran lunga la serie X85C, che costa nettamente di meno e nonostante ciò si
vede pure meglio. Anche perché a livello di funzionalità i due TV sono praticamente identici e davvero non riusciamo a trovare un motivo per
scegliere l’X90C, se non per poter dire di avere in casa il TV LCD più sottile che c’è. Per puristi del design.
7.6
Qualità
7
Longevità
8
Design
9
Design incredibilmente piatto
COSA CI PIACE Android TV ha molto potenziale
Il 4K X-Reality Pro funziona bene
La parte più spessa del televisore misura 3,9 cm, ma
l’installazione a parete rimane la soluzione ideale per
questo modello. Nonostante i vincoli legati al design
ultrasottile, il TV Sony offre una completa dotazione
di ingressi: 4 HDMI, tre porte USB, video component,
video composito, presa SCART, porta di rete LAN,
uscita audio digitale ottica, cuffie e slot per modu-
Semplicità
8
D-Factor
8
Prezzo
7
Nero e uniformità insoddisfacenti
COSA NON CI PIACE Lentezza cambio canale
Gestione canali TV macchinosa
li Common Interface. Il TV è dotato di doppio tuner
DVB-T2 e DVB-S2 ed è dotato di decoder HEVC (ma
la compatibilità con le trasmissioni TV è stata aggiunta a partire dall’aggiornamento firmware rilasciato a
inizio ottobre). Il TV integra il modulo wireless per la
connessione alle reti Wi-Fi (fino a 802.11ac), ma supporta anche il Bluetooth 4.1 per gli accessori compatibili. Il TV è poi 3D, ma gli occhiali attivi non sono forniti
in dotazione.
C’è sempre Android TV
Anche la serie X90C a livello software è basata sulla
piattaforma Android TV, come la maggior parte dei TV
di quest’anno di Sony. Da questo punto di vista vale
tutto quanto avevamo visto sull’X85C provato qualche mese fa, dato che i due TV sono praticamente
identici (qui il video dell’interfaccia utente). Rispetto
al nostro test di allora, sono usciti comunque diversi

segue a pagina 25 
torna al sommario
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2 NOVEMBRE 2015
MAGAZINE
TEST
TV Sony Bravia X90C
segue Da pagina 24 
aggiornamenti e in particolare quello che ha re-introdotto il browser Internet Opera. Ricordiamo infatti che
per scelta, Android TV arriva privo delle classiche app
di Google che troviamo invece su smartphone e tablet, fatta eccezione per il Play Store e le applicazioni
per i contenuti audio/video, quindi di base non c’è un
browser di sistema. Anche con questo TV troviamo
in dotazione il telecomando One Flick, dotato di un
touch pad che agevola l’utilizzo dell’interfaccia, anche
se comunque non sostituisce completamente quello
tradizionale. Il telecomando è dotato di NFC che con
gli smartphone Sony consente di inviare semplicemente contenuti multimediali in riproduzione sul TV.
Meno preciso del Bravia X85C
Il TV Sony è dotato di due profili, Cinema Pro e
Cinema Casa, dedicati a una calibrazione più accurata dell’immagine. Per le nostre prove abbiamo scelto
Cinema Pro e, come nostra abitudine, abbiamo come
prima cosa misurato la calibrazione del TV con le impostazioni di default. Queste non sono molto precise,
sia per quanto riguarda il bilanciamento del bianco
che la colorimetria. Di default la luminosità della retroilluminazione è piuttosto alta e abbiamo misurato
fino a 370 cd/mq sul bianco al 100%, ma può essere
aumentata ulteriormente. A causa della particolarità
del pannello e del suo LED Edge “al limite”, tutta questa luce crea qualche problema a livello di rapporto di
contrasto che di fatto è piuttosto basso quando misurato su una scacchiera, intorno ai 900:1.
Come consuetudine Sony, troviamo dei controlli molto
precisi per quanto riguarda il bilanciamento del bianco, e praticamente nessuna possibilità di intervento
invece per la regolazione dei colori primari e complementari. Anche dopo la taratura del punto di bianco
sulla scala di grigi, che come vediamo è possibile
portare estremamente vicina al riferimento senza particolari difficoltà, la colorimetria generale del TV non è
precisissima, soprattutto perché i colori a saturazioni
intermedie continuano a rimanere un po’ scarichi.
Fortunatamente si riesce a ovviare a ciò agendo sul
controllo generale della saturazione. Portando il para-
metro dai 50 di default a 55, siamo riusciti a ottenere
un buon compromesso e un valore medio di errore
ragionevolmente basso. Rimaniamo comunque molto lontani quanto avevamo già visto sull’X85C che
aveva provato qualche mese fa e che risultava essere
molto più preciso da questo punto di vista.
Sony parla di TV Triluminos soprattutto per quanto
riguarda la “tecnologia di mappatura del colore di
precisione” del processore X1 4K, ma di fatto si tratta
di un display con wide gamut. Andando a misurare
come si comporta il TV in termini di copertura dello
spazio colore DCI-P3, possiamo apprezzare una buona estensione oltre i confini del classico BT.709 dell’alta definizione, ma il TV non riesce ancora ad arrivare a coprire completamente lo spazio colore allargato:
gli manca giusto ancora un po’ di “spinta” sul verde.
La nostra calibrazione è stata effettuata come al solito per una visione in sala oscurata con luminosità
massima abbassata sotto le 150 cd/mq, condizione in
cui il rapporto di contrasto scende leggermente sotto
i 900:1 misurati precedentemente, ma con un netto
miglioramento del livello del nero e dell’uniformità in
generale dello schermo. Il TV è compatibile con video
HDR, ma al momento, in assenza di contenuti appositi, non abbiamo potuto provare questa ebrezza.
L’abito non fa il monaco
Se non fosse stato per un provvidenziale aggiornamento software che Sony ha rilasciato giusto mentre
stavamo ultimando la nostra prova, questa recensione sarebbe stata molto diversa, specie per quanto
riguarda l’esperienza d’uso. Fortunatamente tutto, sul
versante software almeno, si è sistemato e se ci legge
chi è già in possesso di un X90C lo invitiamo senza
indugi a procedere con il (lungo) aggiornamento, che
risolve molti problemi di lentezza dell’interfaccia Android TV e aggiunge il supporto per i canali satellitari
in Ultra HD codificati in HEVC.
Realizzare un TV LCD da 65 pollici spesso appena
4,9 mm non è comunque un’impresa facile dal punto di vista ingegneristico, per cui tanto di cappello ai
progettisti giapponesi per il risultato ottenuto. Però i
televisori servono soprattutto per riprodurre immagini
e qui arrivano alcune note dolenti. Nonostante il design può quasi far passare il nuovo Sony per un OLED
tanto è sottile, pur di un LCD si tratta, e questo significa che in qualche modo il pannello va retroilluminato.
Ma riempire uno schermo da ben 65 pollici con una
striscia di LED presumibilmente solo sul bordo inferiore non è cosa da poco, e già quando Sony presentò
l’X90C al CES 2015 ci interrogammo come avrebbe
potuto risolvere questo problema. La risposta è che
non c’è alcuna ricetta segreta e il TV non è né più né
meno che un LED Edge senza particolari trucchi per
controllare contrasto e uniformità. Il TV può giocare
solo su una sorta di “global dimming” per modulare la
retroilluminazione, ma purtroppo ciò non è sufficiensegue a pagina 26 
Sopra le misure con le impostazioni Cinema Pro, sotto i grafici dopo la nostra calibrazione

Spazio colore DCI-P3 del TV Sony X90C
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2 NOVEMBRE 2015
MAGAZINE
APP WORLD Il servizio VOD di Rakuten lancia in Francia anche un’offerta in abbonamento
Wuaki.tv guarda allo streaming in abbonamento
Dopo la Francia è possibile l’espansione dello stesso modello anche nel resto d’Europa
di Paolo CENTOFANTI
C
onosciamo Wuaki.tv come servizio di video in demand per
il noleggio e l’acquisto di film
in streaming, ma nel prossimo futuro l’azienda, che fa capo al gruppo
Rakuten, potrebbe introdurre anche
in Italia una formula in abbonamento.
Wuaki.tv ha infatti annunciato un servizio in abbonamento “alla Netflix” in
Francia, grazie a un accordo con Gulli,
TV francese specializzata in programmi
per ragazzi, che offre l’accesso a centinaia di titoli in streaming.
“Siamo fiduciosi che questo tipo di
partnership sia un modello di successo
che può essere facilmente replicato in
altri paesi europei con altri distribuitori”, ha annunciato il CEO e fondatore
del servizio spagnolo, Jacinto Roca, lasciando intendere che potrebbero essere selezionati specifici partner in altri
paesi per analoghe offerte “verticali”.
Wuaki.tv aveva lanciato un’offerta ad
abbonamento anche in Spagna, dove il
servizio è particolarmente forte e offre
un ampio catalogo, e nel Regno Unito,
anche se in quest’ultimo caso lo scorso
anno aveva poi deciso di abbandonare
questo tipo di formula. Non resta che
aspettare per vedere, ma le intenzioni
sembrano comunque buone.
ENTERTAINMENT
Beasts
of No Nation
film più visto
su Netflix
Ted Sarandos, head of content
acquisition di Netflix ha un nuovo
corso in mente ed è quello delle
produzioni cinematografiche, oltre
che quelle per il piccolo schermo.
Il risultato di quello che potrebbe
essere la nuova gallina dalle uova
d’oro di Netflix è Beasts of No Nation,
film di Fukunaga che ad oggi è il film
più visto in assoluto sulla piattaforma
regina dello streaming. La release in
streaming è andata a braccetto con
una release nelle sale cinematografiche americane, dove però ha dovuto
scontrarsi con la ferma opposizione
di AMC Cineams, Carmike Cinemas,
Cinemark e Regal Entertainment, che
hanno dato l’OK alla trasmissione in
sole 19 sale: un “film già visto”, visto
che la release di Crouching Tiger,
Hidden Dragon II: the green legend
su Netflix e nelle sale IMAX ha avuto
lo stesso calvario arrivando al posticipo nel 2016. Netflix però non ci sta,
ed ha già annunciato una seconda
ondata di sale.
TEST
TV Sony Bravia X90C
segue Da pagina 25 

te. Diciamolo subito: il Sony X90C non ha un buon
rapporto di contrasto. Anzi, nelle scene più scure il
contrasto è davvero mediocre e ci riporta indietro ai
tempi dei primi modelli LED Edge. La retroilluminazione varia dinamicamente in funzione della luminosità
media dell’immagine e funziona più o meno così: se
la scena è completamente scura la retroilluminazione
si abbassa e il livello del nero scende corrispondentemente, se però c’è anche un solo elemento luminoso
(una luce, una scritta o un logo bianco, ecc.), tutto il
pannello si illumina, il nero diventa grigio e il contrasto
precipita sotto i livelli di guardia. La nostra impressione è che poi appena c’è qualcosa di molto luminoso
sullo schermo, la luce diffonde comunque un po’ su
tutto il pannello, come una patina, sempre a discapito
del contrasto percepito, anche quando non si parla di
scene particolarmente scure. Se state guardando un
film in 2,35:1, ad esempio, anche nelle scene luminose
vedrete le bande nere come sbiadite.
Peccato, perché per il resto il TV Sony è comunque
dotato di una resa cromatica molto buona, almeno
nelle scene più luminose, mentre l’algoritmo di upscaling 4K X-Reality PRO è lo stesso che abbiamo già
apprezzato su altri TV Sony di quest’anno e del 2014,
torna al sommario
capace di aggiungere qualcosa
anche ai contenuti 4K. La visione dei canali sperimentali Ultra
HD regala immagini contraddistinte da un elevatissimo livello
di dettaglio e notevole profondità, che con un migliore rapporto di contrasto avrebbero
potuto rasentare la perfezione.
Nonostante con i test pattern
appositi la risoluzione in movimento non si attesta mai oltre
le 600 linee TV, in realtà poi alla
prova pratica la definizione non
mostra mai cali e anzi dobbiamo
dire che i contenuti 4K ci sono
sembrati più incisivi del solito
su questo TV, forse proprio per
merito del video processing
operato dal TV. Il sistema Motion Flow non ci è parso particolarmente incisivo sul livello di
dettaglio in quasi tutte le impostazioni, tranne quella
indicata come “nitido”. La modalità personalizzabile
poi non sembra avere alcun effetto qualunque combinazione dei due parametri si scelga. Nonostante
l’aggiornamento di cui abbiamo già parlato abbia poi
migliorato sensibilmente la velocità dell’interfaccia a
schermo permane una decisa lentezza nel cambio canale durante la visione sia da digitale terrestre che via
satellite, con punte anche di 4 secondi per passare
da un programma all’altro. Un po’ troppo, soprattutto
considerando che la gestione delle liste canali sui TV
Sony di quest’anno non è delle più intuitive.
n.121 / 15
2 NOVEMBRE 2015
MAGAZINE
TEST Il Fire costa solo 59 euro: un vero miracolo, anche se ovviamente bisogna mettere in conto qualche piccola rinuncia
Amazon Fire vale il doppio di quello che costa
Non ha schermo Full HD ma è veloce e offre una lunga autonomia. È il tablet perfetto per i bambini e per il casual gaming
di Roberto PEZZALI
mazon ci ha abituato nel corso a ottimi prodotti
venduti ad un prezzo super attraente, ma quest’anno si è davvero superata: meno di 60 euro
per un tablet da 7” (si compra qui) è un prezzo che
neppure il più economico produttore cinese riesce a
eguagliare se vuole tenere un piccolo margine, cosa
che probabilmente Amazon non ha fatto.
Inoltre, è bene ricordarlo, c’è una promozione 6 x 5:
chi compra 5 tablet ne ha uno in omaggio. L’azienda
americana guidata da Jeff Bezos continua a considerare i tablet Fire e gli ebook reader Kindle un sacrificio
necessario per spingere un numero sempre maggiore di persone ad acquistare contenuti digitali originali
e, dove disponibile, a sottoscrivere il servizio Prime
con accesso anche allo streaming di Prime Video (che
in Italia non c’è). il nuovo Fire da 60 euro non è un
iPad e nemmeno un Galaxy Tab, ma Amazon sta sicuramente vendendo un tablet che vale molto di più di
quello che costa. Come per gli altri tablet Fire anche
il nuovo modello, l’unico che non si fregia del suffisso
HD, è una porta sui negozi che Amazon ha disseminato online, una cosa di cui l’utente deve comunque
tenere conto: levare le pubblicità dalla lockscreen,
ad esempio, costa 15 euro, segno che nel mondo
di Amazon ogni cosa è un prodotto da vendere. La
pubblicità non è comunque invadente: meglio tenersi
i 15 euro in tasca, si può sempre levare in un secondo
momento se proprio dà fastidio.
A
Semplice e sobrio, ma ben pensato
Un prezzo così basso comporta, per forza di cose,
l’accettamento di qualche compromesso sotto il profilo della costruzione. Non ci stupisce che lo chassis
da 7” sia totalmente privo di ogni orpello, un guscio di
plastica sul retro sigillato dal vetro frontale che protegge il pannello. La plastica non è un policarbonato
antigraffio e non ha particolari finiture: dopo qualche
giorno nella borsa ha già qualche segno d’usura e
qualche graffio, facilmente evitabile con la custodia
che Amazon vende a 25 euro. Lo stesso vetro frontale non è Gorilla e non è neppure rinforzato, ma
Due giorni nella borsa insieme ad altre cose: la
plastica è robusta ma si graffia
video
lab
Amazon Fire
59,00 €
UN TABLET DA BATTAGLIA PERFETTO PER BAMBINI
Amazon Fire non è un tablet per tutti: chi ha già avuto un tablet deve rivolgersi a modelli di fascia più elevata per trovare qualcosa di
soddisfacente sotto gli aspetti audio e video. Il Fire da 60 euro, però, è un prodotto eccezionale per molti aspetti e il prezzo è solo uno di
questi. E’ veloce, ha una batteria che dura tanto e un software con un parental control sicuro e ben funzionante, ciò consente di lascarlo in
mano ad un bambino senza preoccupazioni; inoltre, è un tablet da battaglia da portare sul treno o in metropolitana con la memoria microSD
piena di contenuti. Chi ha un Kindle troverà interessante l’idea di spendere 60 euro per leggere meglio (e a colori) i fumetti, anche chi gioca a
casual game come Candy Crush o Angry Birds troverà con il Fire pane per i suoi denti. Lo store applicazioni di Amazon non è ricco come quello
per iOS e Android, ma offre comunque un buon numero di app e giochi, volendo (ma Amazon non può dirlo) smanettando un po’ si riescono ad
installare le Google Apps e il Play Store, ma non tutte le app funzionano e l’operazione è pericolosa, quindi sconsigliabile.
8.0
Qualità
8
Longevità
7
Design
6
Prezzo incredibilmente basso
COSA CI PIACE Buone prestazioni, autonomia elevata
Possibilità di espandere la memoria
poco importa: se cade e si rompe il vetro costa meno
comprare un Fire nuovo. Questo non vuol dire che il
Fire sia delicato, anzi: nel suo essere un po’ grezzo
sembra davvero robusto, graffi a parte, e può essere
messo nelle mani di un bambino senza troppe preoccupazioni. I comandi per l’accensione e il volume,
così come la porta USB e il jack audio, sono tutti nella
zona superiore, e sul lato resta solo lo slot microSD:
un lusso che Amazon concede per aumentare la memoria del tablet, espandendo gli 8 GB di base (solo 5
sono a disposizione degli utenti). Sembra una banalità, ma siamo di fronte a un tablet pensato per fruire
di contenuti e avere una memoria per caricare film è
un bel vantaggio, soprattutto se si pensa di comprare
questo tablet come “intrattenimento” per i più piccoli.
Amazon ha inserito nel suo FireOS un ottimo Parental
Control, altro elemento che rende questo Fire un prodotto perfetto per i più piccoli. Segnaliamo che nella
custodia ci sono anche il cavo USB e un caricatore
Amazon fast da 1 Ampere di ottima qualità.
Semplicità
7
D-Factor
8
Prezzo
10
COSA NON CI PIACE Schermo non HD
È legato all’ecosistema Amazon
Niente HD, ed è forse l’unico difetto
Il nuovo Amazon Fire è l’unico prodotto della gamma
che non si fregia del suffisso HD: lo schermo infatti ha
una risoluzione di 1024 x 600 pixel, che spalmati su
7” fanno 171 ppi. Siamo di fronte ad uno schermo che
predilige comunque la qualità alla risoluzione, un IPS
dotato di un buon angolo di visione e di una buona
luminosità di picco. L’assenza dell’HD si nota, ma in
questo caso, se mettiamo tutti i fattori sulla bilancia, la
scelta di Amazon non è così assurda come si potrebbe pensare. Ci sono persone che usano ancora con
soddisfazione un iPad 2, e sull’iPad i pixel si vedono di
più che sul Fire. Inoltre una risoluzione contenuta aiuta
a mantenere prestazioni e consumi dignitosi, elementi
questi che un pubblico non troppo “tech” apprezza sicuramente di più. Pochi si accorgono che lo schermo
non è il massimo della risoluzione, soprattutto se il Fire
è il primo tablet, ma molti si accorgerebbero di una bat-

segue a pagina 28 
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n.121 / 15
2 NOVEMBRE 2015
MAGAZINE
MOBILE Secondo indiscrezioni, Google starebbe pensando di unire Chrome OS e Android
Google vuole unire Chrome OS e Android
Entrambi resteranno “vivi”come nome: Android per mobile e TV, Chrome OS per i portatili
di Roberto PEZZALI
hrome OS e Android si uniranno.
O forse no. Google ha smentito infatti una indiscrezione del
The Wall Street Journal secondo cui
l’azienda starebbe pensando di unificare per i 2017 i due sistemi operativi, inglobando di fatto Chrome OS all’interno
di Android: “Chrome OS non morirà”, ha
riportato ieri un portavoce, ma qualche
C
dubbio resta.Google probabilmente ha
intenzione di mantenere vivo il nome
di Chrome OS come declinazione del
sistema operativo per desktop e notebook (i Chromebook), ma dal punto di
vista del codice e delle funzionalità ci
sarà probabilmente una vera rivoluzione. Chrome OS era nato per essere una
piattaforma leggera cloud based, ma
con il passare del tempo e l’aumento
della potenza dei processori si può tranquillamente pensare ad una versione di
Chrome OS potenziata e più veloce, capace di far girare non solo web app e
piccole applicazioni snelle ma anche applicativi più impegnativi come ad esempio la versione per Android di Office
e applicativi di movie e video editing.
Google ha quindi intenzione di proporre
un unico prodotto dal punto di vista del
codice, con un solo “store” che cambia
nome e app disponibili a seconda delle
sue declinazioni: la prima “demo” del
nuovo sistema operativo sarà probabilmente mostrata al Google I/O del prossimo anno, con un rilascio atteso per il
2017. Una mossa intelligente da parte
di Google, con una sola codebase e un
solo prodotto da mantenere: il Google
Play Store con le sue app potrebbe
dare una enorme spinta a ChromeOS,
sistema operativo che ad oggi è riuscito
a imporsi, grazie anche ai Chromebook
con un prezzo super abbordabile, quasi
esclusivamente nel settore della formazione scolastica.
MOBILE
Google Play
ora si paga
con il dito
Una delle novità di Android 6.0 Marshmallow è il supporto per i sensori
di impronte digitali. Ora, con la nuova
app del Google Play Store, è possibile
utilizzare le impronte digitali anche
per autorizzare il pagamento delle
applicazioni. Per sfruttare questa funzionalità occorre uno smartphone con
lettore di impronte e l’ultima versione
di Android, che al momento non è disponibile ancora su dispositivi di terze
parti. Il primo smartphone diverso
dai Nexus a ricevere l’aggiornamento
ad Android 6.0 dovrebbe essere l’LG
G4, che però non è dotato di sensore
per le impronte digitali. E così i primi
a poter sfruttare questa funzione
saranno soprattutto i possessori dei
nuovi Nexus 5X e 6P.
TEST
Amazon Fire
segue Da pagina 27 

teria che dura pochissimo e di un’interfaccia scattosa
e lenta. Il Fire non soffre di questi problemi: la batteria
dura circa 8 ore con un uso moderato e l’interfaccia è
sufficientemente fluida nonostante il processore quadcore Mediatek con 1 GB di RAM sia un prodotto di
fascia media. Fire sfoggia buone prestazioni in termini
di qualità di visione: contrasto non eccellente ma angolo di visione ottimale, discreta resa cromatica e - come
abbiamo detto - buona visibilità in esterno; se vogliamo
essere puntigliosi possiamo aggiungere che il rivestimento è molto sensibile a impronte e ditate e il filtro
frontale riflette parecchio. Tra le altre aggiunte solo la
presenza del Wi-fi N è degna di nota, perché nonostante la singola antenna e qualche secondo di attesa
per agganciare la rete riceve comunque bene: le due
fotocamere, frontale VGA e posteriore da 2 megapixel,
offrono una resa mediocre e lo speaker audio, un altoparlante mono inserito sul retro, ha un buon volume ma
la resa è un po’ chiusa e gracchiante.
torna al sommario
FireOS Bellini
Il mondo Amazon
in salsa Android
Nel mondo Amazon l’hardware passa in secondo piano, portando davanti a tutto
l’esperienza d’uso. Amazon
da tempo ha scelto di utilizzare una versione personalizzata di Android per i suoi
dispositivi, e sul nuovo Fire
debutta FireOS 5.0 Bellini,
basato proprio su Android
5.0 Lollipop. La strategia di Amazon è chiara: proporre i suoi servizi come alternativa a quelli di Google,
ovviamente assenti: sulla prima schermata fanno
bella mostra l’app del negozio Amazon, l’App-Shop
per le applicazioni, Musica, Libri, Giochi e Offerte,
altre app con una componente legata all’acquisto di
contenuti oltre che alla fruizione di quello che si è già
acquistato o di quello che è stato caricato sul cloud di
Amazon. Chi acquista il Fire non è obbligato ad usarlo
con contenuti pagati e comprati
su Amazon, questo dev’essere
chiaro, ma il colosso americano
ovviamente cerca di facilitare gli
acquisti dei suoi contenuti e dei
suoi prodotti. L’App-Shop è interessante: offre molte applicazioni
gratuite, buona parte delle quali
di ottima qualità e con un buon
assortimento di giochi e libri
per i più piccoli. Bellini è forse
la versione di FireOS che più si
avvicina all’esperienza Android,
almeno nella sezione notifiche,
homescreen e multitasking. Questo rende la navigazione più facile e intuitiva, anche se al posto delle
“home” di Android sono state inserite una serie di
schede dedicate proprio ai contenuti e divise per categorie. L’interfaccia è ben fatta, veloce e decisamente rapida, e se a caricare i giochi e le app il tablet pare
leggermente lento, una volta caricata l’app è fluida e
reattiva. Anche in ambito gaming le performance 3D
non sono affatto male, merito di uno schermo che non
richiede troppa potenza di calcolo. Bellini ha poi una
cosa che altri sistemi non hanno: un Parental Control
effficiente e ben funzionante, tanto che dello stesso
tablet in USA viene venduta una versione con custodia rigida dedicata ai bambini: con il Parental Control
attivato è impossibile effettuare acquisti, navigare in
internet e accedere a camera, social network e rete
senza il permesso. In ambito FireOS dobbiamo rilevare solo una stranezza: i pixel dello schermo non sono
quadrati quindi in modalità landscape l’interfaccia appare leggermente schiacciata e in modalità portait un
po’ “stirata”, con i cerchi che vengono leggermente
ovalizzati. La cosa non è visibile sulle schermate che
sono da 1024 x 600, ma osservando lo schermo sì.
presenta
Il grande appuntamento
itinerante di aggiornamento
e networking destinato agli
installatori, operatori, ai
tecnici e agli addetti vendite
del settore TV consumer
Terza tappa:
19 novembre 2015 -
Lucca
Se sei un operatore e vuoi
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con il patrocinio di
n.121 / 15
2 NOVEMBRE 2015
MAGAZINE
TEST Motorola porta in Italia il phablet con display QHD e fotocamera “top”, che se la dovrà vedere con una concorrenza agguerrita
Moto X Style: abbiamo provato il phablet smart
Moto X Style è completo nelle specifiche e funzionale; basterà per ritagliarsi spazio nell’affollato panorama Android?
di Vittorio Romano BARASSI
n segmento di mercato tanto particolare come
quello dei phablet senza pennino, Motorola prova
a far vedere di cosa è capace lanciando in Italia il
Moto X Style, ennesima versione del suo smartphone
top di gamma che ricorda molto da vicino le fattezze
della precedente generazione e non si discosta molto
nel design dal Nexus 6 di Google realizzato dalla stessa Motorola. L’intento dell’azienda americana - da inizio
2014 nelle mani di Lenovo - è proporre un dispositivo
capace di battagliare ad armi pari con smartphone dai
5,5 pollici in su e per farlo ha deciso di offrire un pacchetto completo nelle caratteristiche tecniche ma, allo
stesso tempo, essenziale e abbastanza smart da rappresentare una valida alternativa per tutti coloro che
sono alla ricerca di un device longevo e affidabile.
U
Poco “style” e tanta sostanza
Partiamo subito col confermare le sensazioni avute al
momento della presentazione: Moto X Style è pensato
principalmente per il mercato statunitense e il fatto che
in Italia non vi sia la possibilità di personalizzare esteticamente il device con Moto Maker ne è la chiara testimonianza (niente pelle o bambù). Da noi è possibile solo
scegliere tra le varianti da 32 e 64 GB di memoria interna e il dispositivo sarà venduto unicamente con la cover
posteriore - non rimovibile - in silicone (con lamelle che
tagliano la superficie in diagonale), elemento tutt’altro
che premium ma con indubbie qualità se si considera il
grip offerto e la resistenza generale. Moto X Style non
scivola, la curvatura posteriore aiuta non poco a rendere
gradevole la presa e allo stesso tempo non pregiudica più di tanto la stabilità del prodotto, che si può tranquillamente usare
- per esempio pere
scrivere un messaggio - anche se
appoggiato su un
piano. Moto X Style
ha dimensioni importanti: 153,9x76,2
millimetri con uno
spessore che va
da 6,1 millimetri nel
punto più sottile a
ben 11.06 millimetri
in quello più spesso. Anche il peso
non è certamente contenuto: 179
grammi non sono
pochi ma sono ben
distribuiti e si fanno
sentire meno rispetto, volendo citare
un concorrente diretto, ai 175 grammi
di OnePlus 2 che
video
lab
Motorola Moto X Style
549,00 €
CONCRETO E CON UNA FOTOCAMERA ECCEZIONALE.
PECCATO NON COSTI COME IN USA
Moto X Style è un grande smartphone (phablet) che ha indubbie qualità e che, a conti fatti, non ha veri e propri punti deboli. Non sarà
bellissimo esteticamente (anche a causa dell’impossibilità di sfruttare il Moto Maker presente oltreoceano) ma le caratteristiche tecniche sono
di alto livello e fanno sì che il dispositivo sguazzi alla grande nel burrascoso mare dei top di gamma Android. Il display QHD ha indubbie qualità
e la fotocamera è poi un piccolo gioiello, caratteristiche che spingono Motorola a battagliare spalla a spalla anche con blasonati smartphone
asiatici. Le implementazioni smart di Motorola chiudono il cerchio e consegnano all’utente un pacchetto completo ed equilibrato come pochi.
A decretare il successo di questo dispositivo sarà dunque il prezzo: se costasse come negli USA (399 dollari per la versione di ingresso da 16
GB) sarebbe un “must” ma qui in Europa è stato fissato un prezzo di listino di 549 euro (per la variante d’ingresso da noi ha però 32 GB). Se
paragonato ai prezzi di cartellino dei diretti concorrenti è comunque un affare, ma molti sono sul mercato già da diverso tempo e lo street
price è sceso di conseguenza. A Natale, con due mesi sulle spalle, potrebbe essere protagonista.
8.5
Qualità
9
Longevità
9
Design
6
Semplicità
8
D-Factor
8
Prezzo
9
- Design piuttosto anonimo
- Prestazioni da vero top di gamma
COSA CI PIACE - Fotocamera eccezionale
COSA NON CI PIACE - Batteria sottodimensionata
(ma c’è il Turbo Charging)
- Display QHD eccellente
- Video 1080p solo a 30fps
abbiamo provato recentemente. Il corpo è metallico
e presenta buone finiture ma manca quella sensazione
premium che altri dispositivi della categoria riescono a
offrire; il design è piacevole ma piuttosto anonimo, davvero un peccato considerando tutte le qualità di questo Motorola. Nella porzione superiore del dispositivo
è stato ricavato uno slot (dall’aspetto piuttosto “cheap”)
per l’inserimento congiunto di nano SIM e microSD fino
a 128 GB e al cui fianco, in posizione centrale, trova
spazio il jack audio da 3,5 mm; la sezione inferiore presenta esclusivamente l’ingresso micro USB e, a fronte di
una porzione sinistra sgombra da pulsanti, sulla destra
troviamo dall’alto in basso il pulsante di accensione/
sblocco del device (con finitura zigrinata, forse un po’
troppo “traballante”) e il bilanciere del volume (liscio,
ma più solido). Il posizionamento dei pulsanti potrebbe
risultare scomodo per chi proviene da un dispositivo
con configurazione invertita, ma dopo un giorno ci si fa
l’abitudine. Moto X Style è certificato IP52: non è fatto
per essere immerso nell’acqua ma grazie alla tecnologia nano-coating può resistere a schizzi, alla pioggia e
anche alla caduta di un bicchiere pieno d’acqua pro-
prio sul device. La confezione di vendita ha dimensioni
generose ma è ben realizzata e completa offrendo in
dotazione, oltre a smartphone e caricatore (con cavo,
purtroppo, incorporato), un paio di cuffie di media qualità, un bumper in plastica piuttosto rigida, una graffetta
per aprire lo slot dedicato alle schede e un manuale di
istruzioni.
Il display LCD vuole sembrare un OLED
Promosso a pieni voti
Il frontale di Moto X Style è dominato da un display da
5,7 pollici di diagonale ben più grande del precedente
5,2 pollici presente sul Moto X di seconda generazione.
Motorola ha anche deciso di abbandonare la tecnologia
AMOLED per passare ad un pannello LCD IPS e di spingere la risoluzione da Full HD a QHD (2560x1440 pixel),
che su questa diagonale porta ad ottenere un valore di
densità dei pixel di circa 520ppi. I numeri ci sono tutti
e le qualità del display sono subito evidenti poiché, sin
dalla prima accensione, non si fa fatica a notare l’ottima luminosità e il buon contrasto offerti dal pannello.

segue a pagina 31 
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n.121 / 15
2 NOVEMBRE 2015
TEST
Smartphone Motorola Moto X Style
segue Da pagina 30 
Il display offre colori sempre brillanti ed è possibile selezionare due profili di calibrazione: uno Normale con
tonalità molto naturali e uno Vivace che offre colori più
accesi e saturi, arrivando a ottenere risultati che, pur con
i limiti della tecnologia (il nero non è così profondo, mentre il bianco è molto intenso), si avvicinano abbastanza a
quelli degli AMOLED in circolazione. La risoluzione QHD
è apprezzabile per la diagonale in questione: i pixel non
si vedono ed è sempre possibile leggere abbastanza
agevolmente anche le scritte più piccole. Molto buoni gli
angoli di visione, tipici di un IPS. Il sensore di luminosità
compie davvero bene - oltre che velocemente - il suo
lavoro e garantisce la massima leggibilità del display
anche sotto la forte luce del sole. A proteggere lo schermo c’è un Corning Gorilla Glass 3 che vi permetterà di
dormire sonni tranquilli e terrà al riparo Moto X Style dai
graffi. Simmetricamente, sopra e sotto il display, vi sono
due speaker capaci di produrre un suono stereo per
audio, video e app/giochi; spicca poi il flash LED frontale, non proprio bellissimo, al fianco della fotocamera
secondaria posta in alto a destra.
Hardware bilanciato
per prestazioni solidissime
Sotto il vestito Moto X Style offre un pacchetto di
componenti che garantisce il giusto compromesso tra
performance e affidabilità. Motorola ha deciso di installare a bordo del suo device top di gamma il noto SoC
Snapdragon 808 (MSM8992) di Qualcomm con CPU
exa-core (di cui due Cortex-A57 a 1,8 GHz e quattro Cortex-A53 a 1,44 GHz) e sistema grafico affidato ad una
GPU Adreno 418. Sono 3 i GB di memoria RAM a disposizione dell’utente, valore ormai quasi obbligato per un
flagship Android degno di questo nome.
Sul campo Moto X Style non ha difficoltà a destreggiar-
1
MAGAZINE
si in tutte le operazioni che è chiamato a svolgere; la
velocità nell’apertura delle applicazioni e il passaggio
tra una e l’altra è sempre notevole mentre sono praticamente assenti lag o rallentamenti di vario genere, con
la sola eccezione di un piccolo ritardo - per giunta occasionale - cui si può incappare andando ad effettuare
lo sblocco del device dopo diverse ore di stand-by. A
parte questo piccolo dettaglio che non pregiudica affatto il valore del dispositivo, Moto X Style permette di
fare tutto senza preoccupazioni e alla massima velocità.
Nonostante l’impegnativo display QHD si può giocare a
titoli 3D di ultima generazione ad un framerate elevato
e si possono guardare filmati (anche in 4K) col software
di sistema, il tutto senza che il dispositivo si surriscaldi in
maniera fastidiosa, fattore quest’ultimo che forse ha giocato un ruolo fondamentale nella scelta fatta da Motorola nel preferire Snapdragon 808 a scapito del più potente Snapdragon 810. La solidità di prestazioni di Moto
X Style viene confermata anche nell’esecuzione dei più
famosi benchmark di sistema AnTuTu e Geekbench, applicazioni che il device affronta senza alcun problema e
dalle quali riesce a spuntare buonissimi punteggi.
Android stock
con il tocco “smart” di Motorola
Con Android 6.0 Marshmallow ormai realtà e già programmato per sbarcare nel più breve tempo possibile
anche su questo dispositivo, Motorola va sul sicuro installando a bordo di Moto X Style Android 5.1.1 Lollipop,
versione del sistema operativo del robottino verde ormai solida e più che perfetta per il device in questione.
Il software è praticamente in veste stock con solo l’app
drawer (che mette in evidenza le app più utilizzate) e la
gestione dei widget che riprendono qualche dettaglio
della nuova versione 6.0; la scelta di Motorola di non
personalizzare la UI la giudichiamo molto azzeccata
poiché, a conti fatti e come i puristi Android ripetono da
ormai diverso tempo, non ce n’è più bisogno.
Motorola ha però deciso di intervenire in maniera im-
2
portante sulla parte “smart” del sistema donando a
Moto X Style quel qualcosa in più di cui un dispositivo
appartenente a questo segmento di mercato ha bisogno per emergere. Google Now non è abbastanza per
competere con l’offerta della concorrenza ed ecco che
Motorola ha scelto di donare al device in questione il
pacchetto Moto, il quale comprende le funzionalità Assist, Actions, Voice e Display.
La modalità Assist permette al dispositivo di riconoscere determinati luoghi (per farlo con precisione serve il
GPS) o situazioni in modo tale da adattarsi di conseguenza senza bisogno di intervenire direttamente sullo
smartphone. Si possono impostare, per esempio, una
casa e un ambiente di lavoro, con Moto X Style “addestrato” a disattivare la suoneria quando si è impegnati
in ufficio e a riattivarla non appena si sta per tornare a
casa. Stessa cosa per quanto riguarda gli eventi: se il
dispositivo “sa” - perché glielo abbiamo detto - che un
determinato giorno a una certa ora vi sarà una riunione importante, esso si comporterà come gli abbiamo
comandato di comportarsi. Nel corso del nostro test la
funzionalità Assist si è dimostrata molto più utile di quello che può sembrare: presente inoltre una modalità che
aiuta a non distrarsi mentre si è alla guida e la classica
“non disturbare” notturna. Moto Actions fa sì che il phablet reagisca ad un determinato stimolo con un’azione
ben precisa. Se si esegue un doppio colpo di martello
si attiva la torcia, se si ruota per due volte il polso parte
la fotocamera mentre se si solleva e si avvicina Moto
X Style all’orecchio si avvia Moto Voice, nient’altro che
l’assistente vocale scelto da Motorola per accompagnare l’utente nell’esperienza d’uso dello smartphone. Voice è affidabile, veloce e preciso: non ha la “profondità”
di alcuni più blasonati concorrenti ma i comandi impartiti vengono recepiti correttamente ed eseguiti. Basta
dire “Ok Moto X” e l’assistente si attiverà in previsione
del successivo comando; le possibilità sono molte e il
segue a pagina 32 
3
Facendo uno swipe da sinistra a destra si accede
alle impostazioni; effettuando l’operazione in
senso opposto si va alla galleria.

1 - La “suite” Moto è alla base delle caratteristiche smart di Moto X Style. 2 - L’assistente Moto Voice
non sarà Siri, ma recepisce perfettamente i comandi. 3 - Attivare il display semplicemente avvicinandosi
al device non ha prezzo.
torna al sommario
Ecco il “mirino” per la messa a fuoco e per la
gestione dell’esposizione.
n.121 / 15
2 NOVEMBRE 2015
MAGAZINE
TEST
Smartphone Motorola Moto X Style
segue Da pagina 31 
sistema ci ha soddisfatto. Grazie poi ai diversi sensori
di prossimità installati nella porzione anteriore di Moto
X Style c’è la possibilità di attivare il display al solo
passaggio della mano al di sopra del pannello; questa
interessante caratteristica di fatto giustifica la mancanza di un LED di notifica e anche quella di un sistema
di doppio tap per l’accensione del display. Quando si
vuole vedere se vi è qualche notifica basta passare la
mano su Moto X Style oppure si può inclinare il dispositivo in una qualunque direzione, segno che il sistema
funziona anche sfruttando gli accelerometri a bordo. Ci
pensa poi un’altra peculiarità di Moto Display a capire
quando effettivamente si sta guardando il device, intervenendo sul tempo di attivazione del display in modo
tale che questo non vada a spegnersi quando l’utente
sta leggendo qualcosa.
Le foto sono uno spettacolo
Ben fatto Motorola!
In un dispositivo così equilibrato nelle caratteristiche
c’è però un elemento che spicca: parliamo della fotocamera principale, vero e proprio plus di Moto X Style,
elemento che può davvero influire in maniera importante sulla scelta del potenziale acquirente. Motorola
ha scelto un modulo realizzato da Sony con sensore
BSI (retroilluminato) da 1/2.4 pollici e 21 megapixel
(dimensione pixel di circa 1,1 μm), dotato di obiettivo
con apertura massima pari a f/2.0 e focale fissa grandangolare da 27mm. La scelta si è rivelata azzeccata
perché Moto X Style è uno degli smartphone/phablet
attualmente in circolazione ad offrire la migliore qualità
in ambito fotografico, con prestazioni che - risultati alla
mano - lo avvicinano in maniera decisa ai vari Samsung
Galaxy S6, LG G4 e iPhone 6S. Inutile girarci troppo intorno: le foto scattate da Moto X Style sono, in relazione alla categoria (parliamo pur sempre di un telefono),
eccellenti e possono tranquillamente invogliare l’utente a mettere nel cassetto la fotocamera dedicata. In
condizioni ottimali il livello di dettaglio è elevatissimo,
le immagini non sono per niente impastate e il rumore è davvero minimo. L’esposizione generale è molto
soddisfacente e, in condizioni più difficili (come scatti in
controluce), è rilevabile esclusivamente una certa tendenza alla sottoesposizione delle scene, peraltro mai
compromettente il risultato finale. Buonissimo dunque
il bilanciamento del bianco e ottima è la riproduzione
dei colori, che appaiono sempre del tutto naturali una
volta riprodotti su un monitor calibrato. L’assenza di
una stabilizzazione ottica, sinceramente, non si è mai
fatta sentire più di tanto, segno che il sistema digitale
funziona bene; l’autofocus è fulmineo e preciso, e va in
crisi solo raramente e quando si è costretti ad usare il
doppio flash LED. Le foto ottenute sono tutte piuttosto
“pesanti”: in media si va tra i 5 e i 6 MB. Il software
fotocamera di Motorola è studiato in modo tale da catturare le immagini al tap su una qualsiasi porzione dello
schermo; questo potrà piacere o meno agli utenti ma
l’assenza di un tasto di scatto dedicato (sia fisico che a
schermo) garantisce la massima velocità nel catturare i
momenti. Per scattare una foto al volo si fa davvero in
fretta: doppia rotazione del polso per attivare la fotocamera (grazie a Moto Actions) e tap su schermo. Fatto.
E per ottenere più foto basta tenere il dito appoggiato sul display. Ovviamente in queste condizioni non è
possibile ottenere un controllo manuale della messa a
fuoco, caratteristica comunque attivabile tra le - poche
- opzioni offerte dal software: selezionando questa
possibilità apparirà un mirino nella posizione centrale
del display che l’utente potrà trascinare nel punto in
cui si vuol mettere a fuoco. Lo scatto avviene sempre
con un tap in qualunque altra porzione dello schermo.
Per quanto riguarda i video, vista la bontà delle foto, ci
saremmo forse aspettati di più; di giorno i video sono
di qualità più che sufficiente mentre la sera o in condizioni di non perfetta illuminazione la qualità scende
un po’. L’autofocus ha una certa tendenza al “nervosismo” mentre la stabilizzazione non è sempre ottimale.
Si tratta comunque di difetti piuttosto comuni a tutti gli

I NOSTRI SCATTI DI PROVA clicca le immagini per l’ingrandimento
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smartphone. Segnaliamo una curiosità: nonostante sul
sito ufficiale Motorola indichi che a 1080p (risoluzione
di default) i video siano registrati con un framerate di
60 fotogrammi al secondo, i nostri video sono stati tutti
salvati a 30fps, la stessa dei filmati in 4K. Difficile che
un modulo di questo genere, capace del 4K e di slowmotion a 720/120p, abbia problemi con i 60fps in Full
HD mentre è molto più probabile che vi sia qualche
problemino a livello software: non escludiamo dunque
un fix nelle prossime settimane. Perfettamente nella
media il modulo da 5 megapixel frontale, che sfrutta
un flash LED frontale che aiuta non poco nell’ottenere
selfie ben dettagliati. Da segnalare l’interessante possibilità di chiedere a Moto Voice “fammi un selfie”: in
pochi attimi il device attiverà la fotocamera frontale e
farà partire un countdown di 3 secondi che si concluderà con l’autoscatto desiderato. I maniaci dei selfie
finiranno per amare questa funzionalità.
Batteria senza infamia e senza lode
Ma c’è il Turbo Charging
Parlando di autonomia, si può affermare che Moto X
Style non darà mai grossi problemi all’utente, in primis
per la capacità della batteria - non rimovibile - che è di
3.000 mAh (non tantissimi considerando le dimensioni del dispositivo) e in secondo luogo per la capacità
di quest’ultima di supportare la ricarica veloce; grazie
al Turbo Charging, infatti, è possibile ottenere 10 ore
di autonomia aggiuntiva con soli 15 minuti di carica.
Questo è quello che afferma Motorola, anche se dubitiamo che il 34% di batteria ottenibile in un quarto
d’ora, nell’uso reale quotidiano, possa garantire tanta
autonomia. Ma una cosa è certa: anche con un utilizzo
abbastanza intenso Moto X Style arriverà quasi a termine della classica giornata lavorativa, a patto di non
esagerare troppo con i giochi 3D nei momenti di svago. Sotto il profilo della connettività il dispositivo non
manca di nulla: c’è il Wi-Fi 802.11 a/b/g/n/ac dual band,
il Bluetooth 4.1 LE con tanto di NFC e c’è pure il GPS.
Buona la ricezione del segnale telefonico e ottima la
qualità delle chiamate, grazie anche al sistema di riduzione dei rumori ambientali coadiuvato da tre microfoni
adibiti al riconoscimento delle fonti di disturbo. Giusto
è spendere, infine, qualche parola sui già citati speaker
frontali, i quali offrono una qualità stereo pressoché
unica in campo smartphone/phablet; non saranno bellissimi da vedere ma, viste le dimensioni, fanno davvero un ottimo lavoro.
n.121 / 15
2 NOVEMBRE 2015
MAGAZINE
TEST Per cercare di differenziarsi dalla massa e aggiudicarsi una fetta di mercato, Alcatel propone un prodotto originale
Alcatel OneTouch Go Play, lo smartphone resistente
Un terminale di fascia media, dal look accattivante, che promette di resistere a condizioni difficili. Ce la farà davvero?
di Massimiliano ZOCCHI
ontinua senza sosta la tabella di marcia di Alcatel
che prova con ogni nuovo prodotto a proporre
qualcosa di originale, che possa risaltare nella
massa e aggiudicarsi una fetta di mercato. OneTouch
Go Play, visto in anteprima a IFA 2015 e pronto per il
mercato italiano, segue proprio questa strada, con un
prezzo appetibile (199 euro), saldamente all’interno
della fascia media. Si parte bene dalla confezione,
solida e con spazi interni ben definiti, dove possiamo
trovare il classico caricatore micro USB, degli auricolari
in-ear di media fattura con cavo flat e dotati anche di
gommino intercambiabile del tipo con protuberanza,
per mantenerli più saldi durante l’uso sportivo. Chiude
la clip metallica necessaria per l’estrazione dell’alloggiamento SIM e Micro SD. Al primo sguardo e al primo
tocco appare subito evidente che ci troviamo di fronte
a un device diverso dal solito. Il bordo e il retro sono
interamente ricoperti da un materiale gommato, che è
anche zigrinato sulla scocca posteriore (non rimovibile), e che agevola notevolmente l’impugnatura anche
con una mano sola, nonostante il display da 5”. Il design è molto lineare, la fotocamera posteriore e il flash
LED sono posizionati al centro appena sopra il logo
Go, e più in basso troviamo l’altoparlante mono. Alcatel
ha puntato a un target giovanile che non ama passare
inosservato accoppiando il nero frontale a colori dai
toni accesi, rosso nel nostro caso. Colore accentuato
ancor di più dalla mancanza apparente di fori o prese
su tutto il bordo.
C
Resiste a tutto e la batteria è ottima
Il bordo colorato non ha interruzioni poiché ogni possibile apertura è sigillata da uno sportellino, in particolare la presa micro USB, gli slot per le schede e anche
la presa auricolare sul lato superiore. Questo perché
Go Play ha la certificazione IP67 ed è quindi resistente a immersioni in acqua dolce fino a un metro e mezzo di profondità per 30 minuti. Ma non solo, non teme
nemmeno la polvere e le cadute accidentali. Non è
frequente trovare un terminale con queste protezioni
in fascia medio-bassa. Come se non bastasse anche
l’autonomia è più che discreta grazie alla batteria da
2.500 mAh. Alcatel ha più volte sottolineato questo
video
Alcatel OneTouch Go Play
PER CHI CERCA UN PRODOTTO ROBUSTO AL GIUSTO PREZZO
lab
199,00 €
Data la sua fascia di mercato e il prezzo competitivo, OneTouch Go Play non vuole essere un riferimento a livello tecnico, ma la scelta di puntare sui materiali e sulla resistenza ci è parsa vincente. Sono pochi i device che hanno un aspetto così sportivo e giovane e che al tempo stesso
sono davvero adatti a chi maltratta un po’ lo smartphone trattandolo in maniera sbadata. Il look è ciò che lo differenzia dalla massa, mentre
l’hardware - sia pur di fascia “entry” - è più che sufficiente per l’uso di tutti i giorni ma di sicuro non è dedicato ai power user. Se cercate
qualcosa con un design diverso dal solito e che non vi molli mai, ma senza spendere cifre elevate, potete tenerlo in considerazione.
7.7
Qualità
7
Longevità
9
Buona autonomia
COSA CI PIACE Resistente a tutto
Sistema quasi stock,
leggero e fluido
Design
7
Semplicità
8
COSA NON CI PIACE
fattore, e effettivamente abbiamo potuto verificare
che con un uso non intenso si possono raggiungere
i due giorni di utilizzo per singola carica. Ma anche
se siete power user non sarete quasi mai costretti a
ricariche di emergenza durante la giornata. L’autonomia è favorita anche dalla scelta dei componenti
per raggiungere un buon compromesso tra prezzo
e prestazioni. Il display in particolare non sconfina in
inutili invasioni di pixel, e si ferma a un ragionevole
(per la fascia di mercato) 1.280 x 720 pixel. Lo stile
pulito lo ritroviamo anche nel frontale, con solo un
piccolo anello visibile durante lo stand by, dove poi
troveremo il tasto home, e un piccolo LED di notifica
in alto a sinistra.
Equilibrato e col self broadcast
OneTouch Go Play è animato da Android Lollipop, più
precisamente dalla versione 5.0.2 in una veste non
molto lontana da quella stock. Grazie anche a questo
il processore Snapdragon 410 (quad core da 1.2 GHz)
non fatica mai, tranne per qualche microscatto che
abbiamo potuto notare in situazioni con molto carico,
come pagine web pesanti o multitasking abbastanza
affollato; del resto la RAM è pur sempre un solo GB.
Ci sono due personalizzazioni che Alcatel ha voluto
inserire nel sistema operativo. La prima è la già vista
OneTouch Stream (foto a destra), ovvero un aggregatore di news e altre informazioni accessibile con
D-Factor
8
Prezzo
8
Fotocamera migliorabile
Poca memoria
Qualche incertezza
sotto sforzo
uno slide a sinistra
dalla home. Offre
uno sguardo rapido
al meteo, con previsioni e località, le
ultime notizie, oltre a
una serie di app e di
sfondi consigliati. C’è
anche la possibilità
di inserire l’agenda,
così da avere una vista rapida sui propri
impegni. La seconda,
decisamente più interessante, è un’applicazione chiamata
ViewMe. Quando attivata questa app registra tutto quello che
accade sul display, con la possibilità di posizionare
un piccolo cerchio in qualsiasi punto dello schermo,
che contiene la nostra faccia ripresa dalla fotocamera
frontale. In pratica una manna dal cielo per chi crea
guide o tutorial, permettendo in un colpo solo di mostrare cosa fare, e spiegarlo contemporaneamente,
dato che registra anche la nostra voce.

segue a pagina 35 
torna al sommario
n.121 / 15
2 NOVEMBRE 2015
MAGAZINE
MOBILE Il lancio di Honor 5X per il momento non prevede l’Italia. È disponibile in due versioni, rispettivamente da 2 e 3 GB
Honor 5X è ufficiale: fascia media e look di pregio
Il nuovo device Honor ha caratteristiche di pregio: corpo metallico, lettore biometrico di impronte digitali e display Full HD
di Massimiliano ZOCCHI
I
l lancio di Honor 5X era atteso da
un po’ e finalmente il nuovo device
Huawei (che controlla appunto il
brand Honor) è arrivato, anche se non
ancora per l’Europa. Honor ha, infatti, deciso di iniziare
con la Cina per poi
aprire ad altri mercati. Honor 5X è
disponibile in due
versioni, il corrispondente di circa
142 euro per il modello con 2 GB di
RAM, oppure 199
euro per 3 GB di
RAM. Prezzo mol-
to interessante soprattutto se si considera che 5X ha diverse caratteristiche
superiori al terminale tipico di fascia
media. La scocca è in metallo, sia sui
bordi che sul retro, in colore silver oppure gold e con una cura nei dettagli
da top di gamma. Troviamo anche un
sensore di impronte digitali, che diversamente dal solito è posto sul retro e
in grado di sbloccare il device in soli
0.4 secondi. Le fotocamere sono delle
dignitosissime 13 Megapixel posteriore e 5 Megapixel frontale. Il display
è generoso, da 5.5” ma con risoluzione 1080p, mentre il processore è
uno Snapdragon 616 octa core, di cui
quattro a 1.7 GHz e i restanti a 1.2 GHz,
il tutto supportato da una GPU Adreno 405. Anche lo storage va un poco
oltre la fascia media proponendo 16
GB sempre espandibile con micro SD,
mentre la RAM come detto può essere
da 2 o 3 GB. La batteria da 3.000 mAh
può essere ricaricata fino al 50% in
30 minuti grazie alla tecnologia Quick
Charge. Honor 5X è un telefono dual
SIM, entrambe con connettività LTE e
stand by simultaneo. Il cuore di tutto
come sempre è Android, qui nella versione Lollipop 5.1. Vi aggiorneremo
appena Huawei distribuirà il nuovo 5X
anche in Italia.
TEST
Smartphone Alcatel OneTouch Go Play
segue Da pagina 34 
Foto nella media, ma buona definizione
La ricerca dell’equilibrio prosegue anche nel comparto fotografico. La fotocamera posteriore è da 8 Megapixel con singolo flash LED, mentre quella frontale ha
un buon 5 Megapixel. L’applicazione fotografica offre
i controlli standard, con la possibilità di lasciar fare
tutto in automatico al sistema, oppure di intervenire
manualmente sui vari parametri. Possiamo regolare
gli ISO fino a 2.400, oltre alla velocità dell’otturatore e
il bilanciamento del bianco. Oltre alla modalità di scatto normale è possibile scegliere anche il modo HDR,
Panorama, Time-lapse e scanner di codici a barre. Nel
caso di autoscatti tutte queste scelte si disattivano
automaticamente lasciando solo l’opzione “Bellezza
del viso”. Salvo poche eccezioni è difficile trovare
fotocamere di alta qualità in prodotti di fascia medio
bassa, ma tutto sommato i risultati sono discreti in
proporzione al tipo di prodotto e quando la luminosità
è sufficiente non faticherà a restituire immagini nitide
con un buon dettaglio. Al buio, invece, abbiamo i classici problemi delle fotocamere medie, forse anche per
colpa del software non particolarmente ottimizzato.
Per quanto riguarda i video c’è la possibilità di scegliere se registrare a 720p o 1080p, anche se i cambi
di inquadratura più rapidi mettono un po’ in difficoltà
la messa a fuoco automatica.
Ma resiste a tutto? L’abbiamo immerso

Partiamo da considerazioni sull’uso tipico del telefono. Come detto, questo offre quasi sempre una buona
fluidità, buona ricezione e un audio di media qualità.
Gli auricolari in dotazione tradiscono un po’ la fattura
economica, ma sono comunque comodi, e chi li userà
per andare a correre sarà sicuramente contento dei
gommini supplementari in dotazione.
Come in altri terminali la memoria interna di soli 8 GB
è un handicap, anche se un prodotto di questa fascia
non è certo dedicato a un uso intenso, ma più casual,
con le app essenziali per la quotidianità. Il fattore resistenza è un plus notevole.
Non ci siamo azzardati a testare la certificazione
shock proof, anche se involontariamente ha fatto
torna al sommario
una piccola caduta senza conseguenze. Per quanto
riguarda la resistenza all’acqua, invece, abbiamo voluto provare: non saranno state le profondità di una
piscina ma un semplice recipiente con pochi cm d’acqua, ma “buttandoci” dentro Go Play, il telefono ne è
uscito perfettamente indenne. Dopo una rapida asciugatura abbiamo anche controllato i vari sportellini e
non abbiamo trovato residui di infiltrazioni, segno che
le guarnizioni hanno una buona tenuta.
n.121 / 15
2 NOVEMBRE 2015
MAGAZINE
TEST Abbiamo provato il modello della cuffia senza fili B&W e siamo rimasti soddisfatti nonostante il prezzo un po’ elevato
B&W P5 Wireless, cuffia Bluetooth che non delude
La lotta ai cavi attorcigliati della cuffia è vinta con il Bluetooth e B&W scende in campo con un modello con alte prestazioni
di Roberto FAGGIANO
l mercato delle cuffie Bluetooth fa grandi numeri
in ogni fascia di prezzo e nemmeno il più famoso
marchio britannico Bowers & Wilkins poteva tralasciare questo segmento. Ecco quindi la P5 Wireless
(399 euro), che è del tutto identica alla versione 2 del
modello P5 ma si collega senza fili tramite Bluetooth
con aptX e AAC alla sorgente. La finitura al momento
è solo quella nera del modello in prova. Nella gamma di cuffie del marchio britannico la P5 Wireless si
colloca proprio al vertice, accanto alla P7, quindi chi
sceglie questo modello vuole proprio il collegamento senza fili e non cerca il top di gamma qualitativo.
Il potenziale utente più probabile di questa cuffia è
l’appassionato che desidera un ascolto di alto livello,
ma libero dai vincoli dei cavi, tra le pareti domestiche
o durante lunghi viaggi. Meno probabile l’utilizzo in
mobilità nei tragitti casa-lavoro, perché l’isolamento
dai rumori esterni non è molto elevato ma nulla vieta
di usare la P5 anche in quei momenti.
I
Controlli senza gadget
I tasti funzionali della P5 Wireless sono tutti concentrati sul padiglione destro, non ci sono soluzioni particolarmente tecnologiche come tasti a sfioramento o
cose del genere ma semplicemente due tasti per regolare il volume e cambiare traccia, più uno centrale
che serve per accendere la cuffia o abbinare lo smartphone in Bluetooth. Accanto al tasto ci sono le spie

colorate che segnalano l’accensione, l’abbinamento
Bluetooth o l’eventuale esaurimento della batteria.
La finitura è di alto livello come si conviene a un oggetto di questo prezzo, con abbondanza di metallo
e pelle ma senza concessioni all’eccesso, lasciando
ad altri marchi il compito di farsi notare tra la folla.
Caratteristico il cuscinetto completo in pelle traforato
al centro, usato al posto del classico tipo a contorno delle altre cuffie; è anche rimovibile per una facile sostituzione o per inserire il cavo di collegamento
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video
Bowers & Wilkins P5 WIRELESS
UNA CUFFIA ECCELLENTE, MA IL VERO NEMICO È IN CASA
399,00 € b
la
Dopo aver effettuato il test e ascoltato le cuffie per giorni, possiamo affermare che la P5 Wireless è caldamente consigliata a chi necessita di
un modello senza fili e pretende una qualità d’ascolto di alto profilo. In più, la connettività wireless assicura quella comodità che di sicuro non
guasta e il design moderno e raffinato resta un indiscutibile punto di forza. Peccato solo per il prezzo molto elevato che la pone in difficoltà
verso alcuni concorrenti altrettanto famosi che propongono soluzioni analoghe. Ma rimanendo in casa B&W non si può dimenticare che il top
di gamma P7, con filo, costa la stessa cifra e può offrire prestazioni ancora migliori.
8.4
Qualità
9
Longevità
9
Prestazioni sonore
COSA CI PIACE Finitura molto accurata
Comoda da indossare
Design
9
Semplicità
8
COSA NON CI PIACE
in caso di batteria esaurita. Articolazioni
e archetto appaiono indistruttibili e resistenti, ma siamo sicuri che i proprietari di
una P5 la tratteranno con la massima cura
e delicatezza. La P5 è molto comoda da
indossare e la mancanza del filo compensa il lieve incremento di peso, siamo a 213
grammi, dovuto alla batteria e al sistema di
collegamento Bluetooth. In dotazione alla
cuffia troviamo un cavo di segnale per un
utilizzo classico, il cavetto di ricarica USB
per la batteria e una borsa trapuntata per
il trasporto. Dal punto di vista tecnico ritroviamo gli stessi trasduttori da 40 mm delle
P5 con cavo, l’autonomia della batteria è
dichiarata fino a 17 ore e la relativa carica può essere visualizzata direttamente
sul display dei dispositivi Apple collegati,
altrimenti c’è una spia rossa che avvisa quando è il
momento della ricarica.
Le orecchie approvano
qualità oltre le previsioni
Al momento dell’ascolto era difficile prevedere prestazioni scadenti, ma la nuova cuffia B&W è andata
anche oltre ciò che ci aspettavamo. Per il test abbiamo utilizzato brani di iTunes caricati sun un iPod e lo
streaming da Spotify.
D-Factor
8
Prezzo
7
Prezzo molto elevato
Il limite tecnico
della trasmissione
Bluetooth sembra
subito
superato
perché all’ascolto
non è facile trovare difetti apparenti,
tutto sembra suonare al meglio, probabilmente merito
del circuito DSP integrato nel ricevitore. La musica scorre
fluida e piacevole,
uniforme lungo tutte le frequenze e in
grado di adattarsi
facilmente ai diversi contenuti musicali. Sui bassi non c’è
nessuna enfasi ma la resa è dinamica e coinvolgente,
pur non scendendo troppo verso il basso; le voci rispettano la qualità della registrazione e non notiamo
eccessi di spigolosità, la fatica d’ascolto è lontanissima. Sugli acuti prevale una naturale e piacevole tridimensionalità, minata solo dai brani più compressi,
ma è davvero difficile non farsi coinvolgere più dalla
musica che dall’ascolto fine a se stesso.