Milano - Ordine dei Giornalisti Lombardia
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Milano - Ordine dei Giornalisti Lombardia
Tabloid Anno XXXVII N.3w Maggio-Giugno 2008 Direzione e redazione Via A. da Recanate 1 20124 Milano tel. 026771371 fax 0266716194 http:/www.odg.mi.it e-mail: [email protected] Poste Italiane Spa Sped. abb. post. DIn: 353/2003 (conv.in L27/2/2004 n.46) art.1 (comma 2). Filiale di Milano New Ordine dei Giornalisti della Lombardia A sso c i a zi one “Walter Tobagi”- I stit u t o pe r la f orm a z ion e a l G ior n a lis m o “ Ca rlo D e M ar t i n o ” Milano i giornali di quartiere Inchiesta le notizie sotto casa Zona per zona Province tra guardie e ladri troppi cronisti imbavagliati Il Consiglio amelia beltramini entra al posto di franco abruzzo Ordine e Ifg nuovo vertice alla scuola di giornalismo Sommario New Tabloid n. 3 maggio-giugno 2008 28 LA VOCE DELLE province La Provincia di Como cambia abito di Paola Manzoni 30 Cronache di periferia, corsa a ostacoli di Elena Rembado 32 Tra guardie e ladri, giornalisti imbavagliati di Angelo Baiguini La privacy non limita i giornalisti ma serve un protocollo c on il Garante di Caterina Malavenda 4 editoriale Cronisti in trincea di Letizia Gonzales 6 inchiesta Milano e i giornali di quartiere di Piero Pantucci 14 scuola di giornalismo Nominato il nuovo vertice 15 Le linee guida dell’Ifg di Enrico Regazzoni 16 Così impariamo il mestiere 18 Posto fisso o freelance? 19 Il Festival di Perugia a cura degli allievi Ifg 34 la posta dei lettori Rai dei fannulloni? No, federalista 36 LA VOCE DELLE REDAZIONI Giornalisti infografici a prova di contratto di Massimiliano Aliberti 23 la voce dei pubblicisti La giungla del tariffario di Stefano Gallizzi 38 Osservatorio sull’estero Stampa Usa, calo pilotato a cura di Pino Rea 24 PRIMO PIANO Il riconteggio delle schede: Abruzzo esce dal Consiglio entra Amelia Beltramini 40 La giornata della memoria Il monito dei nostri eroi e di chi non tace di Guido Columba 6 Gli enti della categoria 2 Inpgi: un avanzo di 110 milioni di euro di Andrea Camporese 27 Casagit: contributi al palo di Andrea Leone New Tabloid - Periodico ufficiale del Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia Poste Italiane Spa. Sped. Abb. Post. Dl n. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1 (comma 2). Filiale di Milano - Anno XXXVII N. 3/ maggio-giungo 2008 Direttore responsabile: Letizia Gonzales Redazione: Paolo Pozzi (coordinamento) Antonio Andreini Progetto grafico e realizzazione: Maria Luisa Celotti Studio Grafica & Immagine Crediti fotografici: Photos, NewPress Foto di copertina: E. Dellaqueva Tabloid 3 / 2008 4 colleghi in libreria 4 Dai quotidiani a Internet, informazioni migliori? di Antonio Andreini 46 I NUMERI Direzione, redazione e amministrazione: Via Antonio da Recanate 1 20124 Milano Tel: 02/67.71.371 - Fax 02/66.71.61.94 Registrazione n. 213 del 26-05-1970 presso il Tribunale di Milano. Testata iscritta al n. 6197 del Registro degli Operatori di Comunicazione (ROC) Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia: Letizia Gonzales: presidente Stefano Gallizzi: vicepresidente Mario Molinari: consigliere segretario Alberto Comuzzi: consigliere tesoriere La tiratura di questo numero è di 27.000 copie Chiuso in redazione il 6 giugno 2008 Stampa: Seregni Grafiche Via Puecher 1 Paderno Dugnano (Mi) Consiglieri: Amelia Beltramini, Mario Consani, Laura Hoesch, Laura Mulassano, Paolo Pirovano Collegio dei revisori dei conti: Ezio Chiodini (presidente) Marco Ventimiglia, Angela Battaglia Direttore OgL: Elisabetta Graziani Concessionaria di pubblicità: IMAGINA di Gabriella Cantù Corso di Porta Romana 128 20122 Milano E.mail: [email protected] Tel: 02/58320509 - Fax: 02/58319824 3 Editoriale Cronisti in trincea Appassionati, critici, sufficientemente infuriati: così mi hanno accolto qualche giorno fa un gruppo di colleghi cronisti che lavorano nei giornali locali, di una società editrice di Merate che pubblica una trentina di settimanali disseminati sul territorio della Lombardia. Al malessere del cronista, di chi fa giornalismo sul campo e si scontra tutti i giorni con la diffidenza delle istituzioni (carabinieri, vigili urbani, ospedali, scuole) che vorrebbero orientare l’informazione (stabilendo cosa è bene pubblicare oppure no) e rendono complicata la verifica delle notizie, sono dedicate diverse pagine di questo numero. Il cronista, cinghia di trasmissione sensibile fra il cittadino, la comunità e l’informazione è costretto molto spesso a confezionare articoli con notizie che altri hanno deciso di diffondere scarne, a scapito della qualità e della completezza. L’accesso alle fonti è sempre più difficile, ci spiega un collega di Pavia, ed il cronista è spesso vissuto come un “nemico” che si intromette nel privato della gente o negli atti di un’istituzione per dare notizie solo scandalistiche. Recentemente un collega del Giorno che raccoglieva informazioni su un tragico incidente dove ha perso la vita una bambina di due anni è finito in ospedale a seguito delle botte ricevute da un gruppo di scalmanati che non volevano la testimonianza di un cronista. “In passato - spiega Angelo Baiguini, direttore di alcuni periodici locali, consigliere nazionale dell’Ordine e promotore dell’incontro di Merate - il giornalista veniva messo al corrente dei fatti e decideva quali erano le notizie che potevano interessare il suo lettore. Oggi è invece costretto alle scarse informazioni dei comunicati delle fonti ufficiali e privato molto spesso della possibilità di indagare per completare il racconto di un fatto avvenuto”. Ho preso atto del malumore e delle difficoltà di un settore molto importante della nostra categoria e con tutto il Consiglio regionale dell’Ordine avvieremo una riflessione per creare un osservatorio permanente su questi temi e un gruppo di lavoro per individuare, in collaborazione con l’Unione Cronisti e l’Ordine nazionale, iniziative a sostegno dei colleghi. Ma non sono solo ombre, per i giornali di provincia. Anche nuovi progetti, modernità e ottimismo per far fronte alle esigenze del lettore informatico, che si appassiona alla vita della sua città e 4 Tabloid 3 / 2008 Editoriale vuole sapere in tempo reale tutto ciò che accade nel territorio a lui ben noto. Anche se lavora altrove. E’ il caso de La Provincia di Como, che da pochi mesi esce con una veste tutta nuova, formato tabloid, full color e prevede, con l’avvio del portale, quattro edizioni on line . Dei cronisti coraggiosi, di quelli che sapevano troppo, testimoni di verità scomode, “esempi da trasmettere alle giovani generazioni”, come ha sottolineato recentemente il Presidente della Repubblica, perché rischiano o hanno perso la vita, parla WGuido Columba, Presidente dell’unione nazionale cronisti, che descrive la Giornata dedicata alla libertà dell’informazione, il 3 maggio a Roma. Sul tema dei colleghi che subiscono minacce, intimidazioni, danneggiamenti e sono costretti a vivere sotto scorta perché la loro attività disturba la criminalità organizzata si sono espressi di recente i giornalisti presenti ad un convengo a Ragusa sulle “zone grigie” promosso dai Giovani Industriali locali. “Sul piano etico i giornalisti hanno fatto di più di altre categorie per definire codici in varie materie” ha dichiarato Nino Amadore del Sole 24Ore. “Ma il problema di tutelare la categoria esiste” ha sottolineato Franco Nicastro Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Sicilia. “Ed è compito dei nostri organismi dotarsi di strumenti di monitoraggio per seguire i giornalisti minacciati. Occorre parlare di più di queste cose. Fare sapere a tutti che nelle terre di mafia – e non solo lì - vige questa enorme, inammissibile limitazione della libertà di informazione. Dovremmo imparare a pensare ai nostri cronisti di mafia come ai cronisti di guerra che mandiamo in Iraq, in Afghanistan, in altre zone di conflitti, come hanno proposto recentemente i dirigenti di International Freedom and Security e del Comitato internazionale per la protezione dei giornalisti di New York. Dobbiamo superare quel luogo comune in base al quale pensiamo che certe brutte cose accadano sempre e soltanto altrove” ha aggiunto Alberto Spampinato, consigliere nazionale della Fnsi. Energia e grande vitalità, in controtendenza rispetto al mercato, dimostrano i giornali di quartiere ai quali dedichiamo ampio spazio in apertura di questo numero. Succede a Milano, dove vengono distribuite 337.000 copie gratuite ogni mese in tutte le zone della città. Ottima palestra per i giovani che vogliono accedere alla professione, queste pubblicazioni vivono del contributo volontaristico di aspiranti giornalisti che imparano il mestiere grazie alla passione di professionisti che si dedicano “full time” alla realizzazione dei giornali. Veri e propri tutor che insegnano sul campo. Tuttavia la gratuità del lavoro non consente di diventare pubblicisti e tanto meno praticanti per potersi iscrivere al nostro ordine professionale. Bisognerebbe “premiare l’esperienza”, come fanno alcuni corsi universitari che riconoscono dei crediti a chi ha fatto pratica. Ma occorre al tempo stesso una profonda riforma dell’Ordine, che prenda atto nelle sue regole, delle grandi trasformazioni del fare informazione, prima di essere travolti e spazzati via dall’onda crescente di un referendum che vorrebbero in molti per abrogare questa istituzione. Per primo Beppe Grillo. Il presidente Letizia Gonzales Tabloid 3 / 2008 5 L’inchiesta viaggio nel mondo di un’editoria molto locale che vale mezzo milione di euro l’anno Milano e i giornali ...di quartiere 18 mensili e 4 settimanali diffondono, a Milano, 337mila copie. Un fenomeno nato alla fine degli anni Settanta, con i Consigli di Zona e ora diffuso su tutta la città metropolitana, tranne in centro. Pochi giornalisti e tanto volontariato, ma ci sono notizie a ogni angolo di strada di Piero Pantucci 6 Tabloid 3 / 2008 L’inchiesta Fenomeno non esclusivamente milanese, ma particolarmente radicato nel nostro territorio, svolge una funzione che nessuna delle pur massicce incursioni della free press a diffusione metropolitana ha sostanzialmente intaccato. Megafono dei quartieri, bollettino dell’associazionismo di base, cassa di risonanza, camera di compensazione delle frustrazioni degli inascoltati, sfogatoio degli esclusi, sentinella territoriale dell’ambiente, strumento di informazione capillare, testimone e custode di storia e tradizione, sinapsi (come il bell’inserto di Milano19 suggerisce) del sistema nervoso e del tessuto sociale periferico: il giornale di zona è tutto questo e altro ancora. Iniziative come la Consulta delle periferie hanno ulteriormente evidenziato ruolo e responsabilità di questi organi di informazione. “E non chiamateli giornalini” ha perentoriamente ammonito l’ultimo numero di Quattro. Concordo. Diciotto mensili Quattro settimanali Attualmente a Milano vengono diffusi 22 periodici territoriali: diciotto con frequenza mensile e quattro (quelli del gruppo La Piazza) con frequenza settimanale. Terremo in parte conto, in questi ragionamenti, delle quattro edizioni zonali de La Piazza, ma segnalo da subito che l’assimilazione di questo giornale al resto della stampa zonale comporta qualche difficoltà di lettura complessiva dei dati e, almeno in qualche caso, mi è sembrato opportuno prescinderne o formulare riepiloghi diversificati. Le copie diffuse a Milano? Come il Corriere della Sera La loro collocazione sul territorio si riferisce convenzionalmente alla suddivisioni per circoscrizioni amministrative, le nove zone. Ma aree diffusionali e dimensioni zonali non sempre si identificano. Molti giornali preesistono all’attuale azzonamento, tantè che alcuni (ad esempio Il diciotto, Milano 19) mantengono una testata e un logo che si riferiscono alla precedente suddivisione di Milano in 20 zone. L’area di distribuzione non necessariamente dunque coincide con i confini zonali: per difetto o per eccesso. Alcuni presidiano solo una parte del territorio zonale (specie se questo è vasto e densamente popolato), altri ne varcano i confini. Dati alla mano, il panorama della stampa di quartiere a Milano si è irrobustito negli ultimi anni. Non tanto come numero di testate quanto per la complessiva tiratura, ovvero il numero di copie che mensilmente raggiungono il lettorato milanese. La tiratura complessiva dei mensili zonali (escludendo i quattro settimanali del gruppo La Piazza) è di 337.000 copie. Una cifra ragguardevole, superiore di almeno centomila copie a quella stimata (o dichiarata) grosso modo un decennio fa. zone e foliazione giornali di zona tirature Tiratura Zona Testata Foliazione 18.000 Zona 2 Martesana 2 8 pagine La Zona Milano 3 24.000 Zona 3 La Voce Zona 3 8 pagine La Voce Zona 3 10.000 La Zona Milano 3 8 pagine Quattro 16.000 Zona 4 La Zona Milano 4 8 pagine La Zona Milano 4 25.000 La svolta umanista 3.000 Quattro 10.000 Zona 5 La Conca Milanosud 16.000 Milanosud La Zona Milano 6 25.000 Zona 6 La Zona Milano 6 Il diciotto 9.000 Zona 7 Il diciotto 24 pagine Il Rile 3.000 Il Rile 16 pagine La Zona Milano 7 25.000 La Zona Milano 7 La Zona Milano 8 24.000 Zona 8 Il Mirino 50.000 La Zona Milano 8 5.000 Milano 19 16 pagine ABC 24 pagine Testata Martesana 2 La svolta umanista La Conca Il Mirino Milano 19 ABC 24.000 Zona 9 Zona 9 25.000 Milanosette 25.000 Zonanove Milanosette Totale Fonte: giornali di zona Tabloid 3 / 2008 8 pagine 12/16 pagine 8/12 pagine 20 pagine 8 pagine 8 pagine 24 pagine 8 pagine 8 pagine 24/28 pagine 337.000 Fonte: giornali di zona 7 L’inchiesta Soggetti multipli Parlavo di soggetti “multipli”, espressione forse singolare, forse un po’ arbitraria, con la quale voglio segnalare, accanto ai mensili, di vecchia o giovane data, che hanno una specifica ed esclusiva identità zonale, le pubblicazioni che nascono da logiche di gruppo o sinergiche. Due sono le realtà di questo tipo: La Piazza e i mensili della EDB, il gruppo di Enzo de Bernardis. La Piazza è una pubblicazione apparsa sulla scena milanese sul finire del 2007. Opera di un editore padovano (che ha già realizzato analoghe esperienze in altre grandi città italiane), si è inizialmente proposta come mensile presente in quasi tutte le zone, come già dalla testata (La Piazza di Milano Zona 1, etc.) si percepiva, e successivamente, per progressivi aggiustamenti, si è configurato come settimanale distribuito in quattro macroaree (nord, sud, est, ovest), ciascuno in circa 20.000 esemplari e ciascuno afferente a due Zone. In un impianto standard di 32 pagine, solo 7-8 sono mediamente dedicate alla vita di zona: due di queste (comu- POPOLAZIONE ZONA PER ZONA 200.000 170,387 176,366 180.000 149,621 137,559 137,285 160.000 140.000 119,953 120.000 100.000 95,923 80.000 60.000 40.000 20.000 - Zona 1 Zona 2 Zona 3 Zona 4 Zona 5 Zona 6 Zona 7 Zona 8 Zona 9 ni a tutte e quattro le edizioni) sono relative alla Zona 1. Conseguentemente solo 2-3 pagine sono specificamente destinate a una singola zona. Tutto ciò rende questo prodotto non dico meno interessante, ma certamente non facilmente raccordabile ai mensili di zona. Il Gruppo De Bernardis risponde a una logica diversa. Edita complessivamente sei mensili: La Zona Mi- Milnosud Pluralismo e buoni Consigli Milanosud è stato fondato nel novembre del 1997 dall’Associazione socioculturale Milanosud. Mensile a vocazione pluralista, aperto a tutte le voci della Zona 5 (allora Zona 15) in cui veniva e viene diffuso, pur manifestando un chiaro orientamento laico, democratico e antifascista. Il suo sviluppo lungo il decennio di vita è stato lineare e in costante crescita. Dalle iniziali 8 pagine in bianco e nero, si è via via passati alle 12, poi alle 16 pagine, fino alle 20 attuali: una foliazione che non di rado sale a 24, pubblicità permettendo. Nel contempo sono state introdotte pagine a colori, in media un terzo del totale. Milanosud si occupa anche delle zone immediatamente limitrofe (la 4 e la 6) e ha una particolare attenzione per Rozzano, cui dedica da anni una o due pagine al mese. Sensibile soprattutto ai problemi di quartiere, ai temi della scuola, della viabilità e dell’abitazione, dà voce a comitati e associazioni di base e segue con interesse le vicende del Consiglio di Zona, anche se l’esperienza del decentramento è sostanzialmente fallita. Dopo i primi sei numeri, diretti da Paola Baiocchi, dal maggio 1998 Milanosud è diretto da Piero Pantucci, giornalista professionista (in foto e autore di questa inchiesta): ha lavorato a La Notte, Amica, Alto Adige, Max, Fit For Fun, Dove fino a diventare direttore di YourSelf. 8 168,313 148,856 lano 3, La Zona Milano 4, La Zona Milano 6, La Zona Milano 7, la Zona Milano 8 e Milanosette (quest’ultimo distribuito nella Zona 9). Sono mensili (di cui viene dichiarata una tiratura media di 24-25.000 copie), la cui foliazione negli ultimi tempi si è ridotta a una media di 8 pagine, quattro interamente destinate alla zona di diffusione e quattro (l’inserto Vivere Milano) al Comune e alla parte generale cittadina. Anche qui è presente quel meccanismo di sinergia editoriale che già segnalavo per La Piazza. Il centro sguarnito Una prima osservazione obbligata: la completa assenza di giornali nella Zona 1, il centro di Milano. Esistevano, sino a pochi anni fa, Il Centro di Milano e Il quartiere Garibaldi. Sono scomparsi, per la mancanza di sufficiente domanda di informazione locale, soddisfatta probabilmente dalla free press, che dedica al centro del territorio metropolitano particolare attenzione. I giornali di Zona sono nati, come i Consigli di Zona (alla fine degli anni Sessanta), per avvicinare il centro alle periferie. In questo senso la Zona 1 non ha bisogno di nessun avvicinamento. E un giornale locale in Zona 1 o si segnala per un particolare profilo culturale-storico-narrativo-ambientale o, come giornale di servizio, non ha ragione di essere. Tabloid 3 / 2008 L’inchiesta ABC COPERTURA DISTRIBUTIVA 50,0% 44,8% 44,0% 45,0% 40,0% 35,0% 29,4% 30,0% 24,8% 25,0% 21,7% 20,0% 21,7% 16,8% 13,1% 15,0% 10,0% 5,0% 0,0% 0,0% Zona 1 Zona 2 Zona 3 Zona 4 Zona 5 Zona 6 Zona 7 Zona 8 Zona 9 Zone “deboli” Una seconda osservazione è relativa alla “debolezza” della Zona 2 e della Zona 6, le zone che, nella ideale bussola territoriale rappresentano il nordest e il sudovest della città. In ciascuna di queste due zone è presente un solo giornale: la Martesana due nella Zona 2 e La Zona Milano 6 nella Zona 6, ove, in un tempo non remotissimo, venivano diffusi Città Quartiere e Orizzonte diciassette. Da notare altresì che l’unico periodico presente in Zona 6 è del gruppo De Bernardis, sicuramente attento alle problematiche territoriali, ma la cui ridotta foliazione non consente approfondimenti, inchieste, ampie analisi di territorio, dibattiti, informazione settoriale, che sono molto presenti nella maggior parte dei mensili e che ne costituiscono certamente una delle principali ragioni di essere. Perché in alcune zone ci sia se non abbondanza, almeno un’ampia copertura di lettura e in altre (abbiamo citato la 2 e la 6) questo non avvenga non è fenomeno facile da spiegare. Segnalo appena, e non ci ritorno più, che anche la stampa zonale a volte non si sottrae al vezzo (molto diffuso nella stampa nazionale, specie fra i rotocalchi) di denunciare tirature un po’ “gonfiate” rispetto al reale. Ma questo non ci esime dall’obbligo di recepire e computare, ai fini della statistica, i dati ufficiali. Natura editoriale Tornando al quesito sulla debolezza registrata in alcune aree, non disponendo di risposte certe, posso solo osservare che la maggior parte di questi giornali non risponde a logiche imprenditoriali o a quelle dell’industria editoriale. Nascono perlopiù da associazioni territoriali, cooperative, gruppi di volontariato che cercano di colmare il vuoto informativo che i grandi media non possono colmare; che cercano di avvicinare le periferie al centro; che cercano di costruire o restituire una identità dispersa o disperdibile; che cercano di consolidare una rete di rapporti e di solidarietà sempre più spesso labile. Queste iniziative sono promosse da impegno sociale e spirito di servizio, come la gratuità delle prestazioni effettuate testimonia. Rapporto giornali-popolazione Parlavo del rapporto fra tiratura complessiva dei giornali di una zona e la relativa popolazione. Le tabelle indicano una ampia copertura nelle Il Centro di Milano e Il quartiere Garibaldi sono scamparsi, sostituiti dalla free press Tabloid 3 / 2008 Affori periferia? No, una città civile ABC nasce nel 1995 per iniziativa di privati cittadini che vogliono dotare i quartieri di Affori, Bruzzano, Comasina e Bovisasca (60.000 abitanti) di un organo d’informazione che si occupi di politica, cultura, attività sociali e sport. Viene costituita l’Editrice Associazione Amici di ABC, da due anni onlus, che si dota di un Consiglio direttivo e di una Redazione per l’uscita del giornale periodico ABC. Al servizio di una zona che ormai non è neppure più periferia. All’inizio ABC esce ogni 2/3 mesi in formato A3, di 8/12 pagine, ma già l’anno successivo assume le dimensioni tabloid con uscite mensili (10 numeri anno) con una foliazione sempre crescente, sino alle odierne 24 pagine, con una tiratura di 24.000 copie. Unica fonte finanziaria è la pubblicità, soprattutto locale, vi lavorano una segretaria di redazione e una contabile partime, più un’assunzione a progetto per raccolta pubblicitaria; fatturano un fiscalista, l’impaginatore e la tipografia. La distribuzione (4 addetti con ritenuta d’acconto) è capillare e a domicilio. La Redazione, in forma volontaristica, conta 8 persone e un fotografo e segue puntualmente i lavori del Consiglio di Zona 9 e gran parte degli avvenimenti sociali, culturali, politici e sportivi della Zona; è punto di riferimento e interlocutore per tantissimi cittadini e soggetti sociali. Gianni Russo (direttore editoriale di ABC) 9 L’inchiesta Il diciotto “Milanin Milanon” stampe da primato Il mensile Il diciotto lo pubblichiamo da ventinove anni. Ci autofinanziamo con abbonamenti e pubblicità. Siamo attenti alla verifica delle notizie e alla composizione grafica che valorizza gli inserzionisti. Raccontiamo dei problemi e della positività dei cittadini della zona ovest della città. I gruppi di volontariato, le scuole, le associazioni ricevono un continuo supporto. Ogni rilevante problema è riproposto sino alla risoluzione: l’interesse per il progetto “Parco delle Cave” (123 ettari) è costante dal 1980, e continua ad essere motivo di grande attenzione. Produciamo 9.000 copie mensili che si esauriscono mediamente in una settimana. Ai nostri abbonati, offriamo gratuitamente particolari Quaderni, Libri e mensilmente anche vecchie cartoline. Esaurita la collana di 120 antiche immagini della zona, è in corso una nuova serie denominata “Milanin Milanon”. Siamo una redazione che determina progetti per la riqualificazione della zona. Due esempi concreti: inizieranno a breve i lavori per restaurare il campanile romanico della chiesa di San Apollinare. Il merito è del Sindaco, nostra è l’insistenza nel ricercare una risoluzione. Undici ceramiche parietali sono visibili in via Sgambati e in via Ceriani; sono l’inizio di un nostro programma per raccontare la storia del borgo di Baggio ed in particolare del periodo in cui i contadini divennero operai e di un paese trasformato in periferia. Roberto Rognoni (direttore de Il diciotto) 10 Zone 8 e 9 (fra le più densamente popolate). Ma con un distinguo. La Zona 8 deve questa percentuale in buona parte all’ultimo arrivato, il Mirino, in distribuzione da gennaio e che già dichiara 50.000 copie. In Zona 9 sono presenti due delle testate più diffuse e solide in assoluto: ABC e Zona nove. Qualche altro dato statistico, relativo alle fasce di età (Milano invecchia, come tutto il resto d’Italia) e al rapporto uomini-donne. Sono dati, soprattutto il primo, che costituiscono indubbiamente un punto di riferimento nella fase di progettazione e di realizzazione di un giornale. Gli argomentii Qualche riflessione è doveroso farla sugli elementi costitutivi di questi giornali. E qui una attenta analisi ci porta ad alcune quantificazioni complessive che vi sottoponiamo. Abbiamo suddiviso gli spazi giornalisti in sei grandi aree. Zona - tutta l’attività della zona, in termini di cronaca, di annunci, di manifestazioni, di problemi abitativi, di inchieste, di urbanistica, di viabilità e traffico, di vita associativa, di servizi sociali, assistenza e anziani, centri di aggregazione. Cdz - unicamente problemi interni al consiglio di zona, polemiche, scon- tro politico, comunicazioni ufficiali, dibattito su costi e ruolo Istituzioni territoriali - attività delle amministrazioni comunale, provinciale e regionale, le relative legislazioni, i problemi di grande territorio Società - tutti i temi di carattere sociale e di costume e anche di politica, trattati in termini generali e non limitatamente a ciò che suggerisce la propria zona (famiglia, economia, scienza, alimentazione, religione, tecnologia, salute...) Cultura - letteratura e poesia (meglio se in dialetto), storia, profili storici, interviste o medaglioni di personaggi della cultura e dell’arte, rubriche libri e arte, rievocazioni Servizi - è l’area più variegata e composita in cui convenzionalmente facciamo confluire il tempo libero (giochi, rubriche di alleggerimento, viaggi, concerti, ricette, animali), i servizi propriamente detti (indirizzi e orari di farmacie, car sharing, uffici pubblici, assistenza medico-sanitaria, mercati, forze dell’ordine, persino l’orario delle messe nelle varie chiese nel Mirino, etc), gli appuntamenti (annunci di eventi in zona, di carattere culturale, ludico, sportivo, didattico, corsi, etc), le lettere al giornale. Il mix dipende dalle diverse sensibilità. Una curiosità: dicono che l’oroscopo sia una delle letture preferite dagli La distribuzione Meno edicola, più bar e abbonamenti Il discorso sulle tirature convoglia di necessità quello sui criteri di distribuzione. L’analisi che abbiamo compiuto non ci porta per la verità a nessun risultato standard. Mi spiego meglio: restano veicoli principali della distribuzione le edicole e l’incasellamento, veicoli ai quali è difficile sfuggire. Ma per alcuni (vedi ABC o il Mirino) il ruolo delle edicole è scarso o quasi inesistente. Strumenti alternativi sono o la spedizione in abbonamento postale o altri tipici luoghi di transito della popolazione (panetterie, bar, farmacie) o in generale gli esercizi commerciali e i supermercati; e ancora: centri sportivi, associazioni, centri anziani e sedi istituzionali. Tentare una media è pressoché impossibile. In questo panorama rappresenta una eccezione Milano 19, una delle testate più antiche (seconda solo a Milanosette), l’unica a non essere distribuita gratuitamente, ma spedita in abbonamento pagato o venduta in edicola (1 euro e 20). Tabloid 3 / 2008 L’inchiesta Zona nove AREE TEMATICHE Servizi 8,0% Cultura 9,0% Pagine pubblicità 26,0% Società 9,0% Istituz. Territorio 14,0% Consiglio Zona 4,0% italiani. Se questo è vero, la maggior parte dei mensili di zona non soggiace a questa regola: solo due (ABC e Zona nove) pubblicano l’oroscopo. Le notizie: quasi metà dal quartiere Si tratta di una suddivisione non semplice, per aree tematiche o oggetti di interesse giornalistico continuativo. Non sempre il confine fra un tema sociale di carattere generale e la sua inerenza alla vita di zona è netto. La vita di zona ha poi modalità di rappresentazione molto diverse. In alcuni prevale l’attenzione ai grandi temi di carattere urbanistico e residenziale (ad esempio Il Rile); in altri ci sono ampi spazi dedicati ai temi delle strutture scolastiche (ad esempio Zona 9); in altri ancora la molteplicità degli eventi (manifestazioni, incontri, dibattiti, feste, attività sportiva, premiazioni...) è proposta in lunga e dettagliata elencazione; in altri infine (è il caso dei mensili del gruppo di De Bernardis) è massiccia la presenza di cronaca nera: una lunga sequenza di furti, scippi, delitti, sgomberi, stupri, incidenti stradali..., trattati con lo stile secco del quotidiano. Se posso muovere una critica a molti giornali di Zona (a cominciare dal mio, tanto per non chiamarmi fuori) è l’assenza di uno spazio fisso e ampio riservato alla scuola e ai suoi problemi. Non che i temi non vengano trattati, ma questo avviene in modo non continuativo, non pianificato, più sulla Tabloid 3 / 2008 Avvenimenti di zona 30,0% base di stimoli esterni occasionali che di una attenzione sistematica, di una ricerca giornalistica. Complessivamente l’interesse diretto per la zona (compreso il CdZ e i servizi) si traduce nel 42 % dello spazio totale. Qualcuno potrebbe pensare che, data la natura localistica di queste pubblicazioni, questo spazio dovrebbe essere se non esclusivo almeno ampiamente maggioritario. Io credo invece che il non chiudersi rigidamente entro i confini geografici, ma aprirsi anche alla realtà cittadina e ai grandi temi sociali e civili che interessano tutta la società sia positivo, anche in considerazione del fatto che per una parte non trascurabile del nostro lettorato i giornali di zona sono uno dei pochi strumenti di lettura realmente fruiti. Meno Consiglio, più Zona Lo scarso interesse verso l’attività istituzionale dei Consigli di Zona è un atteggiamento abbastanza generalizzato nei giornali territoriali, con la parziale eccezione dei mensili della Zona 5 (La Conca e Mlanosud) e soprattutto del Mirino, il quale all’attività del CdZ presta molta attenzione, riservando anche uno spazio fisso al presidente circoscrizionale. Questo scarso interesse è la più eloquente testimonianza del modesto peso politico e del decrescente significato operativo di questa istituzione decentrata. Ormai da anni la caduta di un ruolo apprezzabile e il progressivo Non solo denunce anche proposte Nato quindici anni fa, Zona nove è un giornale rigorosamente locale, in larga misura costituito da informazioni sulla nostra zona di diffusione (Niguarda, Ca’ Granda e Bicocca) e si regge sul puro volontariato. Siamo al servizio delle istituzioni, al servizio dei cittadini. Editore del giornale è l’Associazione Amici Zona Nove. Stampiamo generalmente 24/28 pagine di cui otto a colori e diffondiamo 25mila copie. Abbiamo moltissime lettere, ne arrivano almeno trenta al mese e fatichiamo a pubblicarle tutte. Insomma sono i lettori che ricevono e producono continuamente il giornale. Controlliamo attentamente tutte le notizie e il controllo viene anche dagli stessi lettori. Abbiamo l’ospedale più grosso (Niguarda), il parco più grande (Parco Nord) e una grande università (la Bicocca) e aggiungeteci pure quel grosso problema che è la Gronda Nord. Ci sono poi le iniziative di cui siamo promotori, le feste, i premi. Non ci limitiamo a fare denunce, facciamo proposte. Cito solo tre casi tipici in cui la Zona nove, col supporto dei cittadini e di tecnici, ha elaborato e presentato al Comune tre circostanziate proposte alternative ai progetti annunciati: la piscina Scarioni, la Gronda Nord e l’Arcimboldi. Le proposte alternative poi non sono state accolte, ma questo ha fatto ugualmente di Zona nove un interlocutore autorevole e credibile. Luigi Allori (direttore Zona nove) 11 L’inchiesta La Zona Milano Una bella palestra per i giornalisti Negli anni ’70 si sviluppò un’estesa e attiva partecipazione grazie al movimento del ’68 e a decentramento. Sono nati così i giornali di quartiere, alcuni legati ai partiti, altri alle parrocchie e qualcuno staccato da vincoli di partito. Di quei giornali, fra i quali “Il dialogo”, sono rimasti solo due periodici: il nostro “Milanosette”, che quest’anno a settembre compie 34 anni, e “Il 19” di poco più giovane. Gli altri hanno chiuso. Da circa un decennio sono nati altri giornali di zona. Quando agli inizi degli anni ’90 andai in pensione non abbandonai la professione. Mi dedicai alla creazione dapprima di altri cinque periodici zonali, con la testata “La zona Milano”, per le circoscrizioni 3, 4, 6, 7 e 8, e infine, 2 anni fa, il periodico “Vivere Milano”, con argomenti su varie zone. All’attività giornalistica s’è aggiunta la sezione libri, che ha già al suo attivo una trentina di volumi. Ho fatto il praticante in quotidiani nazionali e ricoperto mansioni in settimanali e mensili sino alla carica di direttore, una formazione che mi ha permesso di insegnare a molti giovani le basi del “mestiere”, tanto che qualcuno è arrivato a svolgere questa professione presso il “Corriere della sera”, “Sorrisi e canzoni”, “Tuttosport”, chi a dirigere riviste di informatica. Un orgoglio che non guasta . Enzo Bernardis (direttore de La Zona Milano) 12 esproprio di poteri e di prerogative da parte dell’amministrazione centrale, rende scarsamente appetibile e ancor più scarsamente raccontabile l’attività dei Consigli di Zona. Più che un organismo in grado di fornire risposte immediate e concrete alle periferie, più che una modalità per il Comune per avvicinarsi ai cittadini e interloquire direttamente con loro, il CdZ costituisce una casella postale, un inerte ricevitore di informazioni, anche importanti, pertinenti le realtà zonali, di provenienza centrale e in transito per le circoscrizioni unicamente per raccattare formali vidimazioni e ubbidienti ratifiche: solo come terminali di informazioni, dunque, possono suscitare l’interesse giornalistico. Comune, Regione e Provincia, nel loro assieme, sembrano offrire temi di più rilevante interesse rispetto alle stesse circoscrizioni territoriali. Il che si spiega se non altro per lo squilibrio di poteri fra centro e periferia, a vantaggio ovviamente del primo. Ma va sottolineato che la percentuale indicata (15 %) è considerevolmente alterata dai mensili del gruppo De Bernardis, che dedicano al Comune quasi metà giornale, con l’inserto di quattro pagine “Vivere Milano”. Storia e tradizione Il capitolo cultura meriterebbe un particolare approfondimento, perché l’interesse che diverse testate mostrano verso capitoli di storia cittadina o locale e verso le tradizioni è notevole e seriamente speso. Abbiamo letto rievocazioni niente affatto banali delle Cinque giornate (di cui ricorreva nei giorni scorsi il 160° anniversario) su più di un mensile. Belle sono le storie industriali pubblicate da Quattro. E, senza voler fare un torto agli altri, la storia dell’evoluzione urbanistica e sociale di Milano (Milanin Milanon) pubblicata dal Diciotto è una preziosa e appassionata riscoperta di una realtà, di cui si rischia di perdere la memoria. Elogio del pluralismo I giornali di zona hanno un orientamento politico? Premesso che nessun giornale nasce orfano politicamente, si può però apprezzare il taglio pluralistico di quasi tutte le testate. Anche quelle in cui, se non altro per la personalità di chi le dirige, traspaiono opzioni di carattere politico o ideale. E’ il caso de La svolta, bollettino umanista Sud di Milano oppure de Il Mirino, ultimo nato e legato alla Lega Nord. La pubblicità Tremila euro, in media, a numero Oltre il 90 % della pubblicità sui giornali di zona è locale (tranne le immobiliari o l’edilizia residenziale che hanno interessi oltre le zone), con un alto grado di fidelizzazione: 40-45.000 euro al mese, quindi circa mezzo milione all’anno: questa è la stima del fatturato pubblicitario dei giornali di Zona a Milano. A determinare questi importi concorrono, in modo diversissimo, le diciotto testate milanesi che quindi incassano, in media, circa 2.500 euro a numero (ma è la classica media di Trilussa). Vediamo le tariffe. Gli scarti sono considerevoli e sono giustificati da tiratura, diffusione, qualità di stampa (gli inserzionisti, specie quelli piccoli, sono molto esigenti), oltre che da autorevolezza e radicamento sul territorio. Il costo medio di una pagina piena, a colori, è di circa 600 euro. Ma ci sono giornali che scendono spesso al di sotto di questa cifra, con politiche di sconti per agevolare l’acquisizione o il mantenimento di un cliente o in relazione alla collocazione (l’ultima pagina ha ovviamente un costo superiore). Su un tipo di pubblicità c’è il massimo di flessibilità: quella elettorale. In questo ambito, da parte di tutti i giornali, l’agevolazione parte da sconti del 25% fino addirittura al dimezzamento della tariffa. Tabloid 3 / 2008 L’inchiesta Quattro Così raccontiamo la nostra storia Stile sobrio e stile gridato Considerazioni sull’impostazione grafica e sull’immagine esulano da questa analisi. Del resto, formato, uso del colore e della fotografia e della scansione per temi e argomenti renderebbero pressoché impossibile un ragionamento di sintesi o una indicazione di tendenza. Si può solo osservare in generale la prevalenza di un linguaggio contenuto e di titolazioni sobrie. Pochi giornali, per soffermarci rapidamente sulla prima pagina, adottano la formula monotematica e il titolo “gridato” (uno di questi è Milanosud). In genere si preferisce una prima pagina pluritematica, in cui il frazionamento degli argomenti proposti suggeriscee non impone al lettore gerarchie di importanza. Alcuni, come Il diciotto, bandiscono addirittura completamente articoli o scritti dalla prima pagina, che si presenta come una sorta di copertina da rotocalco. Pubblicità: il 26% del giornale La pubblicità costituisce il principale se non l’esclusivo cespite dei giornali di zona. Per calcolare l’incidenza della pubblicità sull’intero corpo del giornale, si è assunta la foliazione media di ciascuna pubblicazione, perché alcune di loro variano spesso il numero di pagine proprio in ragione dell’affollamento pubblicitario. Va tenuto presente che nessuno di questi mensili esce dodici numeri all’anno. La maggior parte pubblica undici numeri, alcuni dieci. Tabloid 3 / 2008 Naturalmente - tariffe e politica degli sconti a parte - la media del 26 % va letta come la famosa statistica del pollo. Si va da affollamenti del 10 % (della Voce) al 40 % de La Piazza. Escludendo quest’ultima testata che, come si è visto, costituisce un prodotto decisamente atipico (sia perché ha cadenza settimanale sia perché è più facile veicolare contratti pubblicitari nelle pagine zonali quando siano all’interno di un impianto che riguarda l’intera città), si segnalano per consistenza di gettito pubblicitario (al 30 % o oltre) i giornali della zona nordoccidentale, ABC, Zona 9, Il diciotto. Evidentemente la regola del nord opulento e del sud povero vale anche per la stampa zonale. Dobbiamo risolvere anche nel nostro ambito la questione meridionale. La pubblicità prevalentemente è di piccole e medie dimensioni, e riguarda attività commerciali, studi professionali, ristorazione, assistenza tecnica, artigianato locale, librerie. Da notare una certa fedeltà di molti inserzionisti rispetto a presenze saltuarie o limitate a pochi numeri. Segno di un rapporto consolidato col tessuto commerciale della zona, attraverso contratti di durata prolungata e riconoscimento dell’efficacia dei giornali zonali come veicolo di comunicazione pubblicitaria. In sostanza, per quanto riguarda la tipologia dell’utenza pubblicitaria non si registrano scostamenti significativi tra giornale e giornale. Quattro, giornale di informazione e cultura della Zona 4, nasce, quasi per caso, all’inizio del 1997 per iniziativa di alcuni amici che operavano in diversi settori della vita zonale (scuole, Consiglio di zona, realtà associative). Scopo: raccontare la zona, fare informazione e cultura; infatti alla pubblicazione del giornale si affiancheranno per tutti questi anni anche attività culturali direttamente prodotte. Nel corso degli 11 anni ormai trascorsi Quattro aumenta il numero di pagine (ora siamo a 16), la tiratura (ora di 16.000 copie), l’area di diffusione (la nuova zona 4 ha quasi 160.000 residenti) e la qualità del prodotto (full color, collaboratori di buona professionalità). Continuiamo a “raccontare” la nostra zona: il suo passato con articoli sulla storia di luoghi e persone-, il suo presente - con articoli e servizi sulle realtà associative culturali, sportive, di volontariato e le loro attività, su personaggi significativi che risiedono in zona, sulle trasformazioni urbane -, il suo futuro – con approfondimenti in particolare sui progetti urbanistici che interesseranno la nostra zona e la trasformeranno. Un giornale dunque molto radicato nel territorio che vuole anche essere espressione del nostro impegno civico e del nostro –perché no- affetto nei confronti della zona in cui viviamo e operiamo. Stefania Aleni (direttore di Quattro) 13 Scuola piano diPrimo giornalismo le nuove nomine DELL’ASSOCIAZIONE PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO Un vertice d’esperienza per rilanciare l’Ifg Dal 16 maggio, l’Istituto Carlo De Martino ha un nuovo assetto operativo che vede Carlo Maria Lomartire alla presidenza, Pietro Scardillo alla tesoreria, Mario Molinari alla segreteria: giornalisti e professionisti con un curriculum di tutto rispetto per continuare la tradizione di scuola d’eccellenza nella preparazione alla nostra professione Il Consiglio di Presidenza dell’Associazione per la formazione al giornalismo “Walter Tobagi” il 16 maggio 2008 ha eletto le nuove cariche al vertice della Scuola di giornalismo, Ifg “Carlo De Martino”. Presidente è Carlo Maria Lomartire (13 voti a favore, 3 astenuti), tesoriere Pietro Scardillo, segretario Mario Molinari. Lomartire, Scardillo e Molinari subentrano a Maurizio Carta, Dario Bolis e Mario Bardi rispettivamente presidente, tesoriere e segretario che si sono dimessi. Carlo Maria Lomartire è giornalista professionista dal 1978. Ha lavorato a Il Giorno fino al 1986 e a Italia Oggi (sotto la direzione di Marco Borsa) fino al 1989; poi, per quasi tre anni, ha fatto parte della Rai di Milano e dal 1991 di Mediaset, dove è stato capo redattore al Tg5 e vice direttore di Studio Aperto. Ora è vice direttore di Videonews. Lomartire ha scritto anche alcuni libri tra cui Mattei, biografia di Enrico Mattei, Insurrezione, cronaca dei giorni dell’attentato a Palmiro Togliatti, e Il bandito Giuliano, mentre è appena uscito in questi giorni Il Qualunquista su Guglielmo Giannini, tutti editi da Mondadori. Pietro Scardillo, pubblicista dal 1993, laureato in Economia e Commercio ed ex manager nel settore delle risorse umane, ha collaborato al mensile Espansione e al quotidia- 14 •Il presidente dell’Ifg, Carlo M. Lomatire (sopra), il tesoriere Pietro Scardillo e il segretario Mario Molinari (a destra) no Italia Oggi. È stato direttore generale dell’Accademia di formazione Teatro alla Scala e precedentemente direttore del personale. Mario Molinari, giornalista pubblicista dal 1997, è autore di numerose inchieste e programmi TV; per 12 anni ha lavorato a Striscia la Notizia (dal 1993 al 2005), poi a Matrix con Enrico Mentana e a Le Iene. Autore di Nebbia italiana, monologo teatrale sul tragico incidente di Linate, e di Notte d’altrove per Torino Film Festival, Molinari è segretario dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia. «Con queste nomine», spiega Letizia Gonzales, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, «si stabilizza l’assetto operativo di Ifg, che conta anche sul nuovo direttore, Enrico Regazzoni, per continuare la tradizione, ormai consolidata da molti anni, di scuola di eccellenza nella preparazione alla nostra professione, in sintonia con il mercato del lavoro e con un mestiere che richiede grande duttilità, competenze e preparazione approfondita nei diversi settori dell’informazione». Tabloid 3 6 / 2008 2007 Scuola di giornalismo le linee guida del direttore per il xvi biennio Multimedialità e nuova etica Codici, tecnologie e laboratori al passo con i cambiamenti della nostra professione. Ma è urgente recuperare anche una buona dose di autonomia economica, per riconsegnare ai nostri allievi una bandiera d’eccellenza di Enrico Regazzoni direttore Ifg Il giornale sta per chiudere, lo spazio è ridotto. Mi chiedono un intervento sulla Scuola di Giornalismo. Non posso che ricorrere a parole chiave, e tra le tante ne scelgo due che sento più urgenti delle altre: nuova multimedialità e nuova etica della professione. Multimedialità, di questi tempi, è un termine che echeggia costantemente nelle redazioni dei quotidiani. Indica innanzitutto l’inadeguatezza della carta stampata, in un futuro che ormai è già presente, a far fronte alla velocità delle notizie e dunque a una loro diffusione che sia in linea con i mutati stili di vita. Ma vuol dire anche salute economica di qualunque azienda impegnata nell’informazione, che non può più ragionevolmente stare su un mercato dove il costo della carta va raggiungendo livelli impensabili, o meglio pensabili solo in un’ottica di sfruttamento sconsiderato delle risorse del pianeta. Così si tengono corsi di aggiornamento, nelle redazioni, proprio come vent’anni fa ci insegnarono a sostituire con il pc la nostra macchina per scrivere. È una strada essenziale, che insegna al giornalista a riportare (reporter) al giornale un materiale informativo comunicabile su più supporti: visivo, audio e di scrittura. Come dire, web. E non sono, ovviamente, solo corsi di un apprendimento tecnologico. Si tratta, ben più radicalmente, di apprendere nuovi linguaggi, un tessuto di grammatiche e stili capace di accogliere professionalità e personalità dei nuovi Tabloid 3 / 2008 giornalisti. L’Ifg deve mettersi al passo. Ma proprio da questo consumo diffuso della notizia, dall’atomizzazione dei fatti che sembra appiattire ogni parola in un indistinto rumore di fondo, nasce a mio avviso la domanda di una nuova etica della professione. Una profonda domanda di senso che deve trovare risposta anche nella ricerca didattica dell’Ifg, per dotare i futuri giornalisti di nuovi codici della notizia e definire daccapo quelle gerarchie di importanza e quella legittimità di intervento che l’odierno villaggio globale si avvia semplicemente ad azzerare. Anche di questa nuova etica (anzi, soprattutto di essa) la nostra professione ha urgente bisogno per continuare a essere tale. Infine, nelle due righe che restano, un accenno all’autonomia economica che la Scuola deve recuperare: con la sponsorizzazione istituzionale dei prodotti dei suoi laboratori (agenzie, mensile, giornale radio, giornale tv, giornale on line); con l’utilizzo delle sue strutture (fuori dall’orario delle lezioni e nei mesi estivi) in corsi di aggiornamento per giornalisti professionisti; con una modificazione dello statuto che la trasformi in Fondazione. È un’impresa importante, non impossibile. Già nel giro di un anno, la nuova salute economica della Scuola potrebbe consentire di eliminare la retta studentesca recentemente introdotta. E dunque di riconsegnare appieno la bandiera dell’eccellenza dell’Ifg a quella seria meritocrazia che negli anni l’ha fatta grande. CHI È Trent’anni di mestiere Giornalista professionista dal 1979, Enrico Regazzoni scrive sulle pagine culturali del quotidiano La Repubblica. Ex inviato dell’Europeo, ha insegnato letteratura moderna e contemporanea all’Università di Padova e allo Iulm, è stato redattore dei tascabili alla Feltrinelli Editore, ha collaborato con Panorama e, nell’ufficio studi e marketing di Repubblica, ha partecipato all’ideazione (con Marco Barina), al lancio e alla gestione dei prodotti di Edizioni La Repubblica (linea educational, film, disco del mese, novità della classica e i nuovi allegati del quotidiano). Ha poi lavorato all’ufficio studi del Gruppo l’Espresso partecipando alla progettazione (con Daniela Hamaui) di D la Repubblica delle Donne, di cui ha poi assunto la direzione del controllo editoriale, fino al dicembre 2005. Come caporedattore ha curato i progetti multimediali nel Gruppo Telecom Italia Media. 15 Scuola Primo piano di giornalismo XVI BIENNIO DELL’ISTITUTO CARLO DE MARTINO Così impariamo il mestiere Lezioni teoriche e laboratori di pratica: per avviare nuovi giovani alla professione, la ricetta dell’Ifg è ormai super collaudata. Ma segue passo passo le evoluzioni dei media di Fabio Pisanu e Camilla Tagliabue* Sono 40 gli allievi del XVI biennio dell’istituto “Carlo De Martino”, inaugurato ufficialmente il 5 novembre 2007 al Circolo della Stampa. Diciassette donne e 23 uomini che provengono da 13 Regioni italiane e hanno curricula e profili professionali vari. Ben 18 i laureati in Scienze della comunicazione, ma sono presenti anche laureati in Lettere, Giurisprudenza, Filosofia, Economia, Mediazione linguistica, Relazioni pubbliche e Scienze politiche. Le due prove di esame (scritto e orale), che hanno coinvolto più di 300 aspiranti giornalisti, si sono svolte tra settembre e ottobre e la selezione è avvenuta con grande rigore e serietà. Buona parte degli allievi ha già svolto attività giornalistica collaborando con testate locali e nazionali, ma non manca chi si affaccia alla professione per la prima volta. Esperienza e voglia di fare si sono rivelate particolarmente preziose quando, da gennaio 2008, alle lezioni teoriche si sono affiancati i laboratori di pratica. Tre le testate: milano Ore 13, free press del primo pomeriggio, la radio on line Speciale FM e www.ifgonline.it, il portale web della scuola. Il quotidiano cartaceo dà spazio alle notizie di cronaca cittadina, con una finestra sulla cultura, l’approfondimento e gli appuntamenti del capoluogo. Viene distribuito alle 13 in via Filzi 17, davanti alla sede dell’istituto. Il notiziario radiofonico, invece, ha respiro nazionale e internazio- 16 nale: propone, ogni giorno all’ora di pranzo, tutti gli aggiornamenti sulle news della mattinata. Si può ascoltare all’indirizzo Internet www. ifgonline.it. Più particolare il taglio scelto per la homepage del sito: solo notizie inedite, pensate per spingere il lettore a curiosare oltre al menu tradizionale cucinato dai media nazionali. Otto sezioni (interni, esteri, economia, salute, cultura, spettacoli, scienze&tecnologia e sport), le fonti vanno dai portali istituzionali alla stampa estera, dalle agenzie internazionali ai siti specializzati. Le tre testate sono quindi, complementari. Per dar vita ai laboratori, che si tengono ogni mattina dal lunedì al venerdì, gli allievi sono stati divisi in tre gruppi, che ogni 5/6 settimane ruotano, dando la possibilità a tutti di confrontarsi con i diversi media. I pomeriggi sono, invece, dedicati alle lezioni teoriche. Oltre agli insegnamenti di interesse giornalistico (linguistica, analisi comparata della stampa, fotogiornalismo, fotoediting, grafica, storia del giornalismo, teorie della comunicazione, nuovi media e media europei), gli allievi seguono corsi di lingue (inglese e spagnolo), diritto (costituzionale, penale e procedura penale), economia e geopolitica. Il ricco corpo docente vanta personalità di spicco del mondo accademico e dei media: Gianmarco Gaspari, Silvano Petrosino, Luca Viola, Angelo Ciancarella, Robertino Chi sono i 40 studenti Da tutta Italia per realizzare un sogno Chiara Andreola, 23 anni, di Treviso; Gennaro Barbieri, 24 anni, di Roma; Riccardo Bianchi, 23 anni, di Firenze; Alberto Bolis, 26 anni, di Lodi; Giulia Bonezzi, 30 anni, di Reggio Emilia; Lorenzo Bordoni, 27 anni, di Rimini; Valentina Buzzi, 25 anni, di Milano; Valentina Caiazzo, 25 anni, di Savona; Ferdinando Cotugno, 26 anni, di Napoli; Benedetta Dalla Rovere, 26 anni, di Bologna; Alessandra D’Angiò, 23 anni, di Como; Massimiliano Del Barba, 29 anni, di Brescia; Mattia Ferraresi, 24 anni, di Modena; Maria Gallelli, 31 anni, di Catanzaro; Natascia Gargano, 25 anni, di Aviano; Andrea Gianni, 24 anni, di Saronno; Luciana Grosso, 28 anni, di Lodi; Lara Gusatto, 26 anni, di Treviso; Marco Lignana, 25 anni, di Genova; Dario Mazzocchi, 24 anni, di Lodi; Fabrizio Monari, 26 anni, di Modena; Mauro Munafò, 22 anni, di Messina; Mariaveronica Orrigoni, 25 anni, di Varese; Mario Pagliara, 27 anni, di Salerno; Zelia Pastore, 24 anni, di Milano; Maudie Piccinno, 30 anni, di Biella; Fabio Pisanu, 29 anni, di Nuoro; Irene Privitera, 26 anni, di Catania; Antonio Prudenzano, 23 anni, di Taranto; Chiara Rancati, 26 anni, di Como; Antonio Sanfrancesco, 24 anni, di Lecce; Paolo Scandale, 27 anni, di Parma; Gianluca Schinaia, 28 anni, di Roma; Federico Simonelli, 27 anni, di La Spezia; Camilla Tagliabue, 26 anni, di Como; Antonio Vanuzzo, 25 anni, di Udine; Giovanni Vegezzi, 25 anni, di Milano; Stefano Vergine, 26 anni, di Saronno; Ilaria Verunelli, 26 anni, di Viareggio; Piero Vitiello, 26 anni, di Napoli. Nella foto gli studenti e, sulla destra, il direttore Enrico Regazzoni Tabloid 3 6 / 2008 2007 Scuola di giornalismo Ghiringhelli, Maria Grazia Cavenaghi-Smith, Laura Tettamanzi, Mario Bardi, Giangaspare Basile, Aldo Pavan, Piero Raffaelli, Laura Marras, Francesco Guidara, David Messina e lo storico inviato del Corriere della Sera Antonio Ferrari. È soprattutto grazie a loro che gli allievi hanno già potuto incontrare “maestri” del giornalismo come Ettore Mo, Gianluigi Colin, Luciano Fontana, Luciano Di Pietro, Franco Tettamanti, Giovanni Antonini, Giovanni Porzio. In aggiunta al lavoro ordinario, i giovani hanno realizzato in questi cinque mesi diverse edizioni speciali. I praticanti del laboratorio on line hanno scritto due inchieste su temi di grande attualità e complessità, come il trentennale della legge Basaglia e la presenza militare statunitense nel nostro Paese: “La pazzia diffusa” e “Basi americane in Italia” sono tuttora disponibili nella sezione Speciali di www.ifgonline.it. Il dibattito sulla legge 180 del 1978 è stato anche portato in pubblico a marzo al Circolo della Stampa, in un incon- Tabloid 3 / 2008 tro che ha visto la partecipazione di ospiti del calibro di Dario Fo, Umberto Galimberti e Arcadio Erlicher. I momenti di confronto con il pubblico (per i quali gli allievi curano anche la parte di ufficio stampa) dovrebbero diventare, nelle intenzioni dei giovani e del direttore Enrico Regazzoni, un appuntamento fisso a cadenza mensile. Dopo le serate sul mestiere dell’inviato di guerra e sulla Basaglia, il 20 maggio a Palazzo Reale è stata la volta del forum “La radio che verrà”. Tra le esperienze affrontate non sui banchi, a febbraio, in occasione della Bit, gli studenti hanno collaborato con il Comune di Milano per la gestione degli stand di ufficio stampa nel polo fieristico di Rho. A dicembre 2007, inoltre, l’intera classe ha partecipato ad alcuni seminari presso il Parlamento Europeo di Strasburgo, incontrando diversi eurodeputati italiani. Un’esperienza forte dal punto di vista sia didattico sia umano: ha contribuito non poco a cementare il gruppo dei 40. *allievi del XVI biennio di IFG L’Ifg dal 1977 a oggi Un vivaio di professionisti • L’Istituto per la formazione al giornalismo di Milano (Ifg) “Carlo De Martino” è stata la prima, e a lungo l’unica, scuola di giornalismo in Italia: il primo biennio fu attivato nel 1977. • In trent’anni, la scuola dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia ha portato a termine 15 corsi biennali per giornalisti e due corsi biennali per giornalisti grafici (1990-1992 e 1992-1994). • L’Ifg ha formato 675 giornalisti professionisti (dati aggiornati al XV biennio 2005-2007 compreso): 353 uomini e 322 donne. Tra loro molte firme e volti noti del giornalismo, come Aldo Cazzullo, Daniela Hamaui, Peter Gomez, Curzio Maltese, Antonello Piroso. • Secondo una ricerca del 2006, in corso d’aggiornamento, tra gli allora 604* ex studenti dell’Ifg che esercitavano la professione: 37 direttori di testata, condirettori e direttori editoriali; 7 vicedirettori; 86 capiredattori centrali, capiredattori e vicecapiredattori; 43 inviati e corrispondenti; 85 capiservizio e vicecapiservizio; 205 redattori ordinari; 23 uffici stampa, rapporti stampa e comunicazione e immagine; 34 contratti di collaborazione e co.co.co; 34 collaboratori freelance; 13 attivi in altre professioni (in gran parte nell’editoria); 36 autori di libri. * Sono esclusi 32 ex allievi che per vari motivi avevano abbandonato la professione giornalistica. Per altri 37 (compresi nei 604) non era stato possibile reperire notizie aggiornate. 17 Scuola Primo piano di giornalismo i pro e i contro DI UNA SCELTA professionale spesso obbligata Meglio il posto fisso o la vita del freelance? Abbiamo girato questa insidiosa domanda a due allievi del XVI biennio dell’Istituto Carlo De Martino. Due giovani che si affacciano, carichi di entusiasmo e di aspettative, alla professione e si trovano a fare i conti con una realtà non proprio generosa. Tra il desiderio di mettere radici e la voglia di avventura, ecco che cosa ci hanno risposto VOGLIO CRESCERE IN REDAZIONE VOGLIO SENTIRMI sempre LIBERO Quando, nel film “Prima Pagina” di Billy Wilder, Walter Fare il freelance è un modo di vivere intensamente la Matthau scopre che il miglior cronista della sua redazioprofessione giornalistica, una strategia per sfuggire alla ne sta per convolare a nozze, impazzisce. Corre dalla paura del desk e per mettersi alla prova. fortunata, Susan Sarandon, e la implora: «Signorina, mi Spesso, certo, è anche una scelta obbligata. L’attuale ascolti, sposi un becchino, sposi un contrabbandiere, situazione in cui versa il mondo dell’informazione e la sposi chiunque, ma non sposi un reporter!». Il punto è difficoltà di ottenere un contratto a tempo indeterminato che i giornalisti non si possono sposare perché sono portano molti giovani a iniziare proprio così. Ma questo già dati in matrimonio al loro giornale. non deve essere un ostacolo insuperabile, può anche Un mestiere così imprevedibile sarebbe difficile da soprappresentare e diventare un’opportunità. I cambiamenti portare senza quelle famiglie, pur riluttanti e conflittuali, nel mondo del lavoro costringono le redazioni a snellirsi che sono le redazioni. I veri freelance, non quindi i precari e ad affidarsi ad una rete sempre più ricca di collabocostretti a rincorrere ogni collaborazione per mettere ratori. Queste trasformazioni rispondono alle esigenze insieme uno stipendio, sono, ormai e sempre più, rari di ridurre i costi, pur mantenendo velocità, precisione e personaggi esotici. Hanno lo scopo di attirare le giovani completezza dell’informazione. Ecco perché dobbiamo menti verso la professione, con la prospettiva di una vita pensare al freelance come a una persona che è disposta picaresca, trascorsa collezionando manufatti di arte afria viaggiare e a studiare per essere capace di vendecana e fumando tabacco pregiato in re un’informazione con alto valore pipe intarsiate in oro con le scene aggiunto. salienti della battaglia di Trafalgar. Durante l’incontro “Nuove strade Poi, parafrasando Winston Churper l’accesso alla professione giorchill, chi a vent’anni non vuole fare il nalistica” al Festival internazionale freelance è senza cuore, chi lo vuole del Giornalismo di Perugia, i colleancora fare a quarant’anni è senza ghi freelance che sono intervenuti cervello. Il posto fisso significa non hanno definito come indispensabili solo avere garanzie economiche e la voglia e il coraggio di partire, di tutela politica, ma anche avere il studiare all’estero, ma soprattutto sostegno umano nello svolgere un la disponibilità ad affrontare sacrifici lavoro che non ha mai un giorno pur di continuare a fare questo lavouguale all’altro, con la pressione ro. Chiunque abbia sognato fin da sempre alta e la possibilità di inpiccolo di fare il giornalista ha sicucappare nell’errore dietro l’angolo. ramente associato questo mestiere Da soli, editori di se stessi, è durisall’idea un po’ romantica di viaggiare sima. Infine, per un giovane, vivere e vivere in maniera avventurosa, indentro una redazione vuol dire non seguendo le notizie. Allora, se non si smettere mai di avere occasione di può più fare gli inviati si può sempre guardare, scrutare e studiare i col- •Indro Montanelli, mito per tanti allievi fare il freelance: basta non chiamarla leghi, e di imparare da loro. precarietà, ma avventura. della scuola. Di lui si è parlato anche al Ferdinando Cotugno Festival del giornalismo di Perugia. Giovanni Vegezzi 18 Tabloid 3 6 / 2008 2007 L’Ifg al Festival di Perugia incontri, dibattiti, proiezioni e molto altro L’informazione si mette a nudo Dal 9 al 13 aprile, nella città umbra, insieme ai grandi nomi del giornalismo internazionale c’erano anche gli allievi della Scuola di Milano. Ecco i racconti dei nostri inviati speciali di Mauro Munafò e Paolo Scandale* Una professione fatta di domande che si interroga su se stessa. Che cosa è rimasto da dire sul giornalismo? Multimedialità, accesso al lavoro, rapporti tra media e potere, ritratti d’autore. Tutto questo è stato il Festival internazionale del giornalismo che si è tenuto a Perugia dal 9 al 13 aprile. Un lungo editoriale declinato in incontri, dibattiti, proiezioni e interviste per capire dove è arrivata, ma soprattutto dove sta andando l’informazione. La verità. È stato questo il filo conduttore del festival. La Lectio magistralis di apertura tenuta da Eugenio Scalfari ha parlato di un mestiere spietato, ispirato da quella curiosità che spinge ad andare oltre la superficie delle cose e che deve tendere alla verità giornalistica. Nessun pregiudizio, ma oggettività nel dichiarare il proprio punto di vista offrendo al lettore la chiave per decifrare ciò che legge: «Chi opera sulla base di una verità assoluta, che sia religiosa, ideologica o peggio ancora di partito, fa di solito cattivo giornalismo». La verità, nella migliore versione ottenibile, deve essere l’obiettivo primario per Carl Bernstein. L’autore dell’inchiesta sul caso Watergate, interrogato sulle lacune della stampa allo scoppio del conflitto iracheno, ha denunciato la difficile situazione del- la professione, dividendo equamente le colpe tra la pigrizia dei colleghi e l’omertà delle autorità. Le critiche hanno lasciato tuttavia spazio ad un possibile riscatto: «All’inizio della guerra i media sono stati lenti, ma in seguito è stato grazie al lavoro di ottimi reporter che abbiamo appreso delle torture e della pessima gestione del conflitto». La verità come celebrazione dell’integrità è, invece, il punto cardine del ricordo regalato a Indro Montanelli a cui sono stati dedicati un incontro ed una mostra che ne hanno ripercorso la lunga carriera. Le verità nascoste sono state quelle delle nuove armi che insanguinano la striscia di Gaza, raccontate in un’inchiesta di RaiNews24, o l’ecatombe silenziosa che si consuma nelle fabbriche italiane portata sullo schermo oltre 200 giornalisti accreditati da tutto il mondo 50 eventi divisi tra tavole rotonde, presentazioni di libri, proiezione di documentari e interviste. 40.000 presenze tra partecipanti agli eventi e visitatori delle mostre. dal cortometraggio “Col ferro e col fuoco, cosa è morto con i ragazzi della Thyssen”. La verità degli altri. Ovvero l’umiltà di accettare un punto di vista diverso, lasciando la parola agli inviati stranieri che lavorano nel nostro Paese, per scoprire come anche l’Italia possa essere estero. La verità sui problemi della professione, infine. Tra ben note incognite sul futuro della stampa e soluzioni troppo spesso nebulose. Perché cercare davvero le risposte significherebbe per tutti i giornalisti mettere in discussione l’unicità e la presunta diversità del loro mestiere. Gli insegnamenti dei grandi maestri possono indicare la strada, purché la loro lunga e ingombrante ombra non serva a nascondere le difficoltà del percorso. *Allievi del XVI biennio Ifg •Tra il pubblico che ha seguito il Festival del giornalismo di Perugia c’erano anche allievi dell’Ifg di Milano. Tabloid 3 / 2008 19 L’Ifg al Festival Primo piano di Perugia QUANDO LA CRONACA si fa DAL FRONTE: una sfida dura ma stimolante Raccontare le guerre non è un gioco da ragazzi Vivere quotidianamente con il terrore e con il dolore, assistere alle tragedie umane e poi descriverle, con imparzialità, al grande pubblico: il compito di un inviato di guerra è tutt’altro che facile. Perché si scontra con la madre di tutte le paure: quella per la morte di Mariaveronica Orrigoni e Zelia Pastore* Parlare di un conflitto non è mai semplice: descrivere la sofferenza umana, raccontare a chi neanche si immagina cosa significhi una guerra, che cosa vuol dire vivere quotidianamente con la paura e il dolore è forse una delle sfide più dure e stimolanti che la professione del giornalista comporta. Farlo dal Medio Oriente, una delle zone più calde del pianeta con un conflitto che dura da decenni e di cui non si vede la fine, lo è ancora di più. Lo sanno bene due maestri in questo campo, Robert Fisk del quotidiano inglese The Independent e Christopher Dickey, corrispondente dell’americano Newsweek, presenti a Perugia per l’incontro Cronache dal Medio Oriente al quale è intervenuta anche Francesca Paci, inviata de La Stampa a Gerusalemme da pochi mesi. Si può raccontare una realtà così complicata rimanendo distaccati, riportare fedelmente i fatti, senza dimenticare però che il giornalista è prima di tutto un essere umano? È quanto inevitabilmente ti chiedi osservando Fisk e Dickey che parlano sul palco, due uomini di mezza età che spiegano a una folla di giovani quanto sia difficile fare il giornalista investigativo, in una realtà in cui le persone e i gesti quotidiani sono tutti legati da un unico filo conduttore: il dolore. E le parole di Robert Fisk chiariscono perfettamente il concetto: «Il Medio Oriente è una tragedia umana piena di sangue. Ovviamente noi giornalisti abbiamo delle emozioni, ed è il nostro compito, oltre che raccontare i fatti, riuscire a farle capire, a trasmetterle ai nostri lettori, senza però parteggiare per nessuna delle due parti». •Robert Fisk del quotidiano inglese The Independent e Christopher Dickey, corrispondente dell’americano Newsweek, con Francesca Paci, inviata della Stampa. 20 Assistendo al dibattito aumenta la convinzione che fare l’inviato di guerra non sia solamente cercare lo scoop ad ogni costo, inseguire la notizia tra un bombardamento e l’altro. L’obiettivo, difficile quanto prioritario, è raccontare ciò che si vede e ciò che si vive. E per chi lavora in Paesi delicati come, per l’appunto, il Medio Oriente non è sempre facile. Decidere che cosa scrivere, come farlo, ma soprattutto cercare di riportare fedelmente quello che succede, senza mai parteggiare per nessuno: è questo il grande problema. «L’autocensura», commenta Francesca Paci, «può essere per un giornalista assai più forte della censura». Una cosa pare comunque indiscutibile: il fascino dell’inviato di guerra è davvero intramontabile. Anzi, molte volte la spinta che porta i giovani a tentare la professione è proprio la voglia di visitare e di raccontare il mondo, cercando di emulare i grandi del passato e del presente che da sempre attraversano il globo per essere ogni volta in prima linea. Ma spesso questa stessa voglia si scontra con l’assurdità di molte realtà. E chi si imbatte in queste assurdità deve comunque sforzarsi di essere obbiettivo, imparziale. Perchè la sottile linea di confine tra un grande inviato e un semplice scrivano è l’imparzialità, che deve sempre contraddistinguere ogni suo pezzo. *Allieve del XVI biennio Ifg Tabloid 3 6 / 2008 2007 L’Ifg al Festival di Perugia da grossisti a dettaglianti dell’informazione Notizie veloci e su misura Nell’era di Internet per chi lavora nelle storiche agenzie di stampa e nei più recenti canali all news la sfida raddoppia. Oltre al tempo, bisogna vincere l’omologazione di Giulia Bonezzi e Antonio Vanuzzo* Raccontare i fatti senza soluzione di continuità. Passare da grossisti dell’informazione a dettaglianti in competizione con un pubblico che entra nel gioco grazie a tecnologie a basso costo. La velocità nel dare le notizie è imperativo ancor più pressante, e il rischio è l’omologazione: vale per il più antico dei media moderni, e per il più nuovo nato prima di Internet. Agenzie e canali all news, ciascuno a suo modo, vanno a cercare la propria audience, che nel web diventa allo stesso tempo target e partner. QUI ALL NEWS - Dare il proprio punto di vista sul mondo, trasmettendo un flusso di notizie in costante aggiornamento: velocità e diretta sono le due caratteristiche principali delle emittenti all news. Per gli editori, questo significa costi elevati e ritorno a lungo termine sugli investimenti. Nell’era del web del pubblico attivo, quali sono le prospettive future? Secondo Corradino Mineo, direttore di Rai News 24, nata nel 1999, «la sfida oggi è riuscire a umanizzare le notizie, cambiando la grammatica della diretta come cifra stilistica delle all news». Perché le immagini arrivano quasi sempre dalle agenzie video internazionali come Aptn e Reuters, che garantiscono la qualità, ma omologano il prodotto: «Ai giornalisti noi chiediamo il colore, per questo abbiamo uno spazio di approfondimento a cadenza regolare nell’arco delle 24 ore», afferma Juan Cristabal Vidal Doce, di Canal 24 Horas. Per Nicola Tabloid 3 / 2008 Lombardo, caporedattore di Sky Tg 24, in Italia dal 2003, «il vantaggio delle all news è fornire allo spettatore tutto ciò che sappiamo in quel momento, con il massimo approfondimento e flessibilità possibili, senza le scansioni temporali prefissate dei tg generalisti». QUI AGENZIE- Perso il monopolio del grado zero della notizia, oggi le agenzie pensano ad allargare il proprio pubblico, valorizzando ciò che può renderle competitive: risorse, attendibilità, capacità di costruire un servizio mirato. La trasformazione della più antica agenzia d’Italia inizia da Internet: «Ansa.it è il terzo sito d’informazione più visitato dopo quelli di Corriere e Repubblica», dice il nuovo direttore Giampiero Gramaglia. Parole d’ordine: linguaggio ben comprensibile e soluzioni interattive. Anche il direttore di Reuters Italia, Tiziana Barghini, mette l’accento su «servizio in 19 lingue e sperimentazione di blog tenuti da giornalisti». Puntando su un valore aggiunto delle agenzie finanziarie: la possibilità di dar voce ai propri analisti. Per AP Dow Jones è già una realtà e si chiama “The Skeptic”. Lo spiega Luca Di Leo, direttore per l’Italia. E avanza un’idea rivoluzionaria: «Negli Stati Uniti metà dello scambio di azioni avviene col computer. Ora si può pensare a un’informazione talmente lineare da poter essere processata dalle macchine». *Allievi del XVI biennio Ifg La testimonianza Un’italiana per Al Jazeera «Avere il centro logistico in un’area non occidentale ci aiuta ad essere sul fatto anche quando accade in luoghi lontani dai riflettori. Se succede qualcosa a Roma, tutte le reti sono subito lì con le troupe al completo e le attrezzature satellitari, ma se l’azione si sposta, per esempio, in Somalia, il nostro vantaggio diventa oggettivo». Barbara Serra (nella foto) è la prima giornalista italiana della redazione di Al Jazeera International, versione in lingua inglese del noto canale satellitare all news con base nel Qatar. «Più che islamica – precisa – la nostra è una rete televisiva araba. I due termini non vanno confusi, sarebbe come dire che la Rai è un’emittente cattolica. Il mondo arabo è ovviamente influenzato dall’Islam e dai suoi precetti, ma al suo interno esistono realtà molto diverse tra loro. Alcuni Paesi sono più chiusi e tradizionali, per esempio l’Arabia Saudita, altri invece, come il Dubai, mostrano maggiore apertura verso l’Occidente». La realtà è più complessa di quella che ci mostrano i mezzi d’informazione italiani ed europei: «Non è che i problemi non esistano, l’errore è parlare come se non ci fosse nient’altro. L’obiettivo di Al Jazeera, invece, è valorizzare quelle realtà intermedie che è molto facile non vedere. E questo non solo nel raccontare il mondo arabo all’Occidente, ma anche nel processo contrario. Perché anche gli arabi finiscono per pensare, per esempio, che il mondo occidentale sia come nei film di Hollywood». Chiara Rancati (allieva del XVI biennio di IFG) 21 L’Ifg al Festival Primo piano di Perugia informazione e politica: le regole antiraggiro Lavorare nelle stanze del potere Saper ascoltare tutte le fonti senza pregiudizi, spin doctors inclusi: questo è uno dei segreti per arrivare alla “miglior versione possibile della verità”. Parola di Carl Bernstein di Chiara Andreola, Valentina Caiazzo e Marco Lignana* Se il giornalista racconta la verità, il comunicatore politico la distorce a proprio vantaggio. Sono questi, nell’immaginario comune, i ruolichiave di due figure comunicative della società odierna, due facce in fondo appartenenti alla stessa medaglia. Ma è davvero così? Non proprio. Parola di Carl Bernstein, premio Pulitzer per l’inchiesta sullo scandalo Watergate. Se i pr politici raccontano fandonie, sostiene, è perché sono i politici che essi rappresentano a farlo. Quello che alla fine arriva al pubblico è frutto del lavoro di giornalista. Il reporter agisce come un filtro. E quando la notizia arriva al di là della barricata in maniera distorta la colpa è di chi l’ha filtrata male. In tal senso la pigrizia è un fattore chiave e può avere conseguenze non trascurabili. L’indolenza, infatti, fa sì che il reporter non riesca ad estrapolare dalla grezza roccia la pietra preziosa, a distinguere ciò che veramente è importante e interessante da ciò che è pura propaganda. Il padre del giornalismo investigativo non condanna il ruolo degli spin doctors (letteralmente spin doctor sta per dottore del raggiro, manipolatore delle opinioni, ndr), ideatori delle campagne politiche. Questi sono anzi per Bernstein «una delle fonti giornalistiche più ricche, anche se non si può semplicemente credere alla loro parola». Tutto dipende da come il reporter, ovvero colui che manipola la materia grezza dell’evento, setaccia le infor- 22 mazioni e ne utilizza le parti esatte per «decidere qual è la notizia». Secondo Bernstein, il giornalista deve essere un attento ascoltatore. Per un giovane che si incammina su questa strada, far proprio questo consiglio può scardinare le (poche) prassi consolidate: stare sulla notizia, cercare qualcosa da scrivere o da dire a tutti i costi “perché bisogna pur chiudere”, sembrerebbe in contrasto con la concezione del giornalista come colui che “dà” informazioni. Si corre così il rischio di dimenticare che, per trasmettere qualcosa, bisogna prima di tutto averlo ricevuto. Ripensare il proprio ruolo di ascoltatori implica rivedere di conseguenza l’approccio con chi fornisce le informazioni, che non è più soltanto fonte ma anche interlocutore. In questo senso si pone l’invito sia di Bernstein sia di Alastair Campbell – ex spin doctor di Tony Blair - a liberarsi dai pregiudizi sulle fonti istituzionali. Il «voler credere che la maggior parte dei politici è lì per il bene comune e non per mentire», come sostiene Campbell, diventa dunque non ingenuità o eccessivo ottimismo, ma parte dello sforzo per ottenere «la miglior versione possibile della verità»: parola di Bernstein. È difficile, infatti, mettersi in ascolto di qualcuno se si parte dal presupposto che questa persona sta cercando di ingannarci, impedendoci anche di ricevere ciò che invece è attendibile. *Allievi del XVI biennio Ifg La testimonianza I miei anni con Tony Blair C’è qualcuno che gode di peggior fama dei giornalisti. Sono i professionisti degli uffici per la comunicazione dei politici. Tanto che l’espressione spin doctor è ormai condivisa. L’idea che un leader debba circondarsi di tecnici obbligati a manipolare e mentire all’opinione pubblica è ormai radicata. Nei miei sette anni a Downing Street al servizio di Tony Blair posso assicurare che il primo ministro non ha mai mentito, né ai britannici né al Parlamento. Molti giornalisti vedono malafede dietro ogni dichiarazione di un governante, come se il politico volesse sempre e comunque perseguire interessi oscuri e privati. Ma ogni leader sa benissimo che ingannare i mass media significa tradire la fiducia dei cittadini. E non sarebbe soltanto immorale ed illegale, ma anche controproducente presentarsi alle elezioni con gli scheletri nell’armadio. Ciò premesso, è assolutamente necessario che i politici abbiano a disposizione professionisti della comunicazione. Un leader deve rendere conto delle proprie azioni a milioni di individui. Deve far capire perché ha deciso di adottare certe politiche, spesso impopolari. Il suo compito principale è agire, ma al giorno d’oggi trasmettere il messaggio in modo convincente è decisivo. I media, oggi, sono disposti persino a dire il falso pur di sedurre lettori o telespettatori. Per questo è fondamentale avere a disposizione un ufficio di comunicazione onesto ed efficiente, non uno staff di manipolatori. Alastair Campbell (ex spin doctor di Tony Blair) Tabloid 3 / 2008 La voce Primo piano dei pubblicisti almeno 40 articoli per avere l’iscrizione all’albo Ma il tariffario è una giungla IlIl pagamento non dovrebbe essere inferiore al 25% del tariffario dell’Ordine nazionale per le prestazioni autonome dei giornalisti. Non è valido un unico pagamento del biennio di Stefano Gallizzi Quanto deve essere il compenso percepito dall’aspirante pubblicista? Questa è una domanda ricorrente alla quale non si può dare una risposta netta e definitiva. In passato il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti ha fissato i parametri retributivi dell’aspirante pubblicista e il numeri (non inferiore a 40) degli articoli/ servizi nel biennio. In particolare il Comitato esecutivo ha deciso nel 1995 che sia giusto valutare la domanda tenendo conto della misura del compenso che deve essere concreto e non simbolico. Così sostenendo l’Ordine Nazionale dei Giornalisti ha reputato sia indispensabile giudicare adeguata una retribuzione che almeno non sia inferiore al 25% della somma prevista dal Tariffario stabilito ogni anno per le prestazioni professionali autonome dei giornalisti, lasciando però autonomia agli Ordini regionali nel valutare le situazioni. Infatti queste cifra spesso risultano una vera e proprio chimera per molti colleghi che si accingono a presentare la documentazione. La realtà infatti delle retribuzioni è davvero esigua a fronte di un numero di articoli impressionate.Non è compito dell’Ordine entrare in materia contrattuali o sindacali, ma l’Ordine da parte sua può mostrare massima disponibilità verso Quotidiani e periodici nazionali (tiratura oltre 250.000 copie) notizia e 33,00 articolo e 171,00 servizio e 342,00 Tabloid 3 / 2008 tutti coloro che lavorano sottopagati. E per fare questo il consiglio regionale valuta caso per caso le domanda, cercando comunque sempre di rispettare il lavoro di tutti coloro che per anni hanno scritto articoli per varie testate e non venendo poi pagati in maniera congruo per lo sforzo prodotto. In chiusura bisogna ricordare che il pagamento unico biennale non ha validità, ma chi presenta la domanda deve avere almeno due certificazioni per il periodo di collaborazione (una per ogni anno in pratica), e queste certifazioni devono essere dimostrate fiscalmente (tracciabilità bancaria). Quotidiani regionali o locali (tiratura fino a 40.000 copie) notizia e 28,00 articolo e 93,00 servizio e 122,00 Ideneità professionale E ora si fa l’esame con il computer Il Consiglio dei Ministri ha preso atto, su proposta del Ministro della Giustizia Angelino Alfano, del regolamento che disciplina l’introduzione dell’uso del pc nello svolgimento della prova scritta dell’esame di idoneità professionale per l’accesso alla professione di giornalista. “Viene regolamentata così – ha precisato il Ministero in una nota – una procedura individuata dal Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti che consente, tramite un particolare software, di utilizzare il computer (in luogo delle obsolete macchine per scrivere) quale semplice strumento di scrittura e senza accesso alla memoria permanente, garantendo sicurezza ed anonimato”. Al termine della prova, quindi, l’elaborato sarà stampato e messo in busta chiusa così da non essere in alcun modo riconoscibile prima della correzione. Il regolamento previsto dalla legge n. 16 del 16 gennaio 2008, che ha modificato l’art. 32 della legge 3 febbraio 1963, n. 69, era stato precedentemente varato dal Consiglio di Stato, dopo l’approvazione da parte di Camera e Senato. Ora è necessario un Decreto del Presidente della Repubblica che dovrà essere registrato dalla Corte dei Conti e trasmesso alla Gazzetta Ufficiale per la pubblicazione. Trascorsi 15 giorni il provvedimento sarà operativo. L’uso del computer, quindi, sarà verosimilmente possibile in occasione della sessione autunnale. 23 Primo piano Il risultato del riconteggio delle schede Esce Abruzzo entra Beltramini Risolto il contenzioso sull’interpretazione del Regolamento esecutivo della legge ordinistica n. 69 del 1963: nulle le schede che presentavano più di 6 preferenze per la Lombardia e più di 15 per il nazionale. A Milano guadagna un seggio “Senza Bavaglio”. Invariata la squadra dei consiglieri lombardi a Roma Il 23 maggio al Circolo della Stampa si sono svolte le operazioni di riconteggio delle schede del ballottaggio relativo alle votazioni del 27 e 28 maggio 2007 per l’elezione dei professionisti nel Consiglio regionale dell’Ordine dei giornalisti e dei professionisti lombardi nel Consiglio nazionale. Il risultato del nuovo scrutinio delle schede relative al Consiglio regionale dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia è riportato nella pagine a fianco. Un’unica variazione: esce dal Consiglio Franco Abruzzo ed entra Amelia Beltramini (vedi scheda nella pagina a fianco). Franco Abruzzo, docente all’Università Bicocca e allo Iulm di Milano, è stato per sette volte presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, dal 1989 al giugno 2007, ex cronista giudiziario a Il Girno (dal 1964 al 1983) poi caporedattore centrale de Il Sole 24 Ore (dal 1983 al 2001) Il nuovo Consiglio dell’Ordiine della Lombardia risulta, quindi, così composto: Letizia Gonzales, Paolo Pirovano, Alberto Comuzzi, Laura Mulassano, Mario Consani e Amelia Beltramini . Le schede bianche sono state 25, le schede nulle 34 (di cui 28 quelle che risultavano con le preferenze oltre le 6 consentite). Il totale delle schede scrutinate è stato 1.475. 24 La Commissione nazionale in via da Recanate La mattina del 22, alle ore 8,30, la Commissione del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti incaricata del riconteggio delle schede elettorali (presieduta dal segretario Enzo Iacopino e composta dai consiglieri Cosimo Bruno, Beppe Errani e Franco Po) ha provveduto a prendere in consegna i plichi sigillati nella sede dell’Ordine regionale della Lombardia in via A. da Recanate 1 a Milano, sotto la supervisione del notaio Guido Roveda. Le operazioni di scrutinio si sono svolte al Circolo della Stampa (Palazzo Serbelloni, corso Venezia 16). La nuova mappa Il Consiglio regionale è composto da 9 consiglieri (6 professionisti e 3 pubblicisti), il Collegio revisore dei conti da 2 prof. e 1 pubbl. Sostengono Letizia Gonzales 4 formazioni (Nuova Informazione, Movimento Liberi Giornalisti, Impegno sindacale e Senza Bavaglio) con 9 consiglieri su 9. Esce dal Consiglio regionale Franco Abruzzo (ex presidente dell’Ordine della Lombardia dal 1998 al 2007) del “Movimento Giornalisti per la Costituzione” che era sostenuto da tre formazioni (Stampa democratica, Quarto Potere e Tribuna Stampa). Il Tribunale ha rigettato i ricorsi di Abruzzo e Volpati Come si ricorderà le operazioni di riconteggio delle schede si sono rese necessarie dopo la sentenza n. 5152 del 18 aprile 2008 con la quale la V sezione del Tribunale civile di Milano (presidente Gabriella Migliaccio) aveva rigettato il ricorso di Franco Abruzzo relativo al consiglio regionale e dopo che un’altra sentenza, la n. 5225 del 21 aprile 2008 (stessa sezione, la V del Tribunale civile di Milano, presidente Gabriella Migliaccio) aveva rigettato anche il ricorso di Marco Volpati relativo al Consiglio nazionale. Le leggi, i regolamenti e le preferenze di troppo La vicenda era nata il 4 ottobre 2007 quando il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti aveva accolto (77 voti a favore, 4 contro e 4 schede bianche) i ricorsi di Msssimo Alberizzi , Maria Amelia Beltramini e Maria Elisa Verti (comma 3 dell’art. 13 del Dpr 115/1965, il Regolamento esecutivo della legge sull’Ordine n. 69 del 3 febbraio 1963) i quali chiedevano che fossero considerate nulle le schede che segnalavano più di 6 preferenze per il Consiglio regionale (o più di 15 nel caso del Consiglio nazionale). L’ex presidente dell’Ordine della Lombardia, Franco Abruzzo, aveva opposto ricorso in Tribunale ritenendo invece validi i risultati delle votazioni . Tabloid 3 / 2008 Primo piano Consiglio Regionale Professionisti nuovo conteggio 1. Letizia Gonzales 2. Paolo Pirovano 3. Alberto Comuzzi 4. Laura Mulassano 5. Mario Consani 6. Amelia Beltramini Non eletti Franco Abruzzo Andrea Montanari Sebastiano Grasso Sergio d’Asnasch Enrico Fedocci Lucia Bellaspiga iL nuovo consigliere Amelia Beltramini Laurea in lingue e letterature straniere, pubblicista dal 1982 e professionista dal 1999. Allieva in giornalismo ed etica di Gianpiero Borella responsabile della sezione scienze di Panorama, per la quale ha lavorato circa 15 anni come freelance con contratto; nel 1998 è diventata responsabile delle pagine scientifiche de Il Mondo e dal luglio 1999 è a Focus, dove ora è caporedattore e si occupa di medicina, psicologia, etica, neuroscienze e cura le inchieste. Autrice del libro La salute, un concetto molto individuale (2005). •Franco Abruzzo esce dal Consiglio dopo essere stato per sette volte presidente dell’Ordine lombardo. Tabloid 3 / 2008 vecchio conteggio voti 735 713 669 653 644 627 764 742 695 675 673 634 voti 623 514 510 481 483 476 636 513 513 479 477 472 Consiglio Nazionale Professionisti 1. Bruno Ambrosi voti 2. Stefano Jesurun 3. Michele Urbano 4. Piergiorgio Acquaviva 5. Sergio Borsi 6. Fabio Benati 7. M.T. Gegia Celotti 8. Marzio Quaglino 9. Giuseppe M. Di Gregorio 10. Pierpaolo Bollani 11. Stefano Natoli 12. Saverio Paffumi 13. Filippo Poletti 14. Laura Incardona 15. Marco Volpati 707 681 645 643 636 626 621 618 612 599 594 587 587 558 557 731 710 670 675 665 655 652 650 641 626 623 618 621 589 573 Non eletti Marilisa Verti Elena Golino Paolo Chiarelli David Messina Daniela Stigliano Ruben Razzante Giuseppe Baiocchi Anna Del Freo Gianni de Felice Andrea Morigi Stefano Camozzini Gerry Romano Giuseppe Ciulla Giuseppe Altamore Fabrizio Cassinelli 541 497 495 472 459 455 450 443 440 432 427 412 411 406 397 543 500 497 475 460 454 452 445 439 435 429 414 413 405 398 voti 25 Gli enti della categoria il 2007 chiude con un avanzo di 110 milioni di euro Inpgi solido conti in salute I contratti a termine sono cresciuti del 112% a fronte del 25% di quelli a tempo indeterminato. Torna al 90,3% l’incidenza della spesa rispetto alle entrate di Andrea Camporese* E’ un Istituto solido, autorevole, con un grande patrimonio di professionalità, quello che ricevo dalle gestioni precedenti a guida Gabriele Cescutti. Inizia all’insegna della condivisione e della grande compattezza della categoria un quadriennio delicato che sono convinto sapremo affrontare proprio a partire da un’eredità assolutamente positiva. L’assetto degli organi statutari è stato completato con la nomina delle commissioni consultive e dei fiduciari regionali, il consenso molto ampio ottenuto dalla mia candidatura non può che essere letto sotto il segno dell’unità dei giornalisti italiani raccolti in difesa dei diritti e delle autonomie conquistati, mai concessi, in decenni di trattative. Credo in una stagione di grande apertura al confronto tra colleghi, di collaborazione stretta con gli altri organismi di categoria, Fnsi in testa, di comprensione profonda della trasversalità dei temi che attraversano il nostro presente. I conti sono migliorati, l’avanzo di quasi 110 milioni di euro derivante dal bilancio consuntivo 2007 approvato dal Cda e dal Consiglio Generale, soddisfa largamente i requisiti posti dalla legge sulla privatizzazione. Nel panorama di riferimento non mancano tuttavia alcuni fattori di criticità su cui riflettere. La spesa pensionisti- •Il nuovo presidente dell’Inpgi, Andrea Camporese, che raccoglie l’eredità di Gabriele Cescutti. 26 ca è, infatti, aumentata del 6,01%, a fronte di una crescita dei contributi IVS correnti pari al 4,39%. Contemporaneamente, il mancato rinnovo del Contratto collettivo ha pesato sui risultati economici: ogni anno, infatti, l’Istituto perde mediamente, ipotizzando un rinnovo nella media dei precedenti, intorno ai 18 milioni di euro. L’incremento dell’incidenza della spesa pensionistica rispetto alle entrate ha comportato un restringimento della “forbice” nel rapporto tra entrate e uscite, portandolo ad una percentuale pari al 90,3% rispetto all’88,9% del 2006 e all’87,1% del 2005. Tuttavia, nonostante questo rapporto, la riserva dell’ente ammonta a 1.485,738 milioni di euro. Una cifra in realtà molto più alta se consideriamo la rilevante crescita del valore del nostro patrimonio immobiliare registrata negli ultimi anni. La crescita rilevante dei contratti a termine (+112% negli ultimi 6 anni contro una crescita dei contratti a tempo indeterminato che si ferma al 24%), il positivo aumento della vita media dei giornalisti italiani, saranno alcuni dei parametri fondamentali del nuovo bilancio tecnico attuariale che ci permetterà, se necessario, di valutare le misure più opportune che i Ministeri vigilanti non mancheranno di sollecitare. Resta aperta e prioritaria la problematica connessa all’onere derivante dalla legge 416/81. Il Cda della gestione uscente ha acquisito un autorevole parere del professor Antonio Baldassarre, presidente emerito della Corte Costituzionale, dal quale si evince in modo inequivocabile la palese discriminazione nei confronti dell’Inpgi rispetto all’Inps laddove si vede costretto a sostenere una spesa impropria di oltre 9 milioni di euro annui per far fronte agli stati di crisi delle aziende editoriali. Non è in discussione il diritto dei giornalisti e delle aziende realmente in difficoltà a trovare un paracadute sociale che li tuteli analogamente alle altre categorie produttive. Il problema si colloca nell’ambito della legittimità costituzionale di una norma che viola sia il principio di uguaglianza che quello della ragionevolezza, nella parte in cui pone a carico dell’Inpgi e non dello Stato gli oneri riguardanti i prepensionamenti. Il nuovo Cda ha dato mandato agli uffici di presentare un ricorso al Tar ponendo la questione di legittimità in relazione all’articolo 3 della Costituzione. E’ auspicabile una soluzione legislativa della controversia e l’Istituto non mancherà di porre con convinzione la problematica al nuovo Governo, in stretto rapporto con la Fieg e la Fnsi che hanno già manifestato il loro consenso. In assenza di una positiva soluzione, la tutela del patrimonio dell’Inpgi imporrà di procedere senza indugio sulla strada del ricorso, come evidenziato nella Relazione Programmatica approvata all’unanimità dal Consiglio Generale nella sua seduta di insediamento. *Presidente Inpgi Tabloid 3 / 2008 Gli enti della categoria CASAGIT: DISAVANZO DI 3,8 MILIONI DI EURO Iwl bilancio Cresce la spesa contributi al palo Contrattualizzati al rallentatore Sono aumentati del 7% i costi sanitari, ma sono cresciuti solo del 2,5% i versamenti alla Cassa. Pesa il mancato rinnovo del contratto collettivo di lavoro giornalistico di Andrea Leone* Spesa sanitaria in aumento del 7%. Contributi che crescono solo del 2,5%. E ancora, per il terzo anno di fila, la mancanza del contratto. Una serie di avvenimenti che quest’anno fanno sentire tutto il loro peso sul bilancio della Casagit. Nessun allarme rosso, perché la riserva accumulata negli anni consente di affrontare il divario tra le spese e gli introiti senza angoscia, ma certamente una situazione che va presa di petto. Per questo sin dall’inizio dell’anno, data in cui abbiamo avuto cognizione dell’entità del divario tra entrate e uscite (tre milioni e 800 mila euro su un totale amministrato di poco meno di 80 milioni) il Cda si è dedicato alla ricerca di misure che, pur non togliendo nulla di essenziale, potessero contribuire a riportare i conti in pareggio. Due i fronti su cui possiamo agire: le entrate e le uscite. Dal punto di vista delle entrate, abbiamo rilanciato la Casagit 2, la linea di assistenza a costo ridotto e inoltre abbiamo aperto la possibilità di iscrizione alla Casagit come soci anche ai figli dei giornalisti non più a carico dei genitori. Con queste misure speriamo di allargare sensibilmente la base contributiva. Sul fronte delle prestazioni, abbiamo deciso di intervenire su tutti i fronti di spesa ma in modo estremamente contenuto. Innanzi tutto verranno migliorati i controlli per evitare abusi o rimborsi indebiti, che pure ci sono. Tabloid 3 / 2008 Ma veniamo alle misure che interessano i soci. Quattro i principali gruppi di prestazioni richieste dai soci: odontoiatria, farmaci, ricoveri e specialistica. Sull’odontoiatria, siamo convinti che il problema principale siano i controlli, e quindi i tipi di convenzione stilati con i medici. Già dal secondo semestre del 2007 abbiamo inserito nuove regole, che hanno dato i loro frutti. Infatti la spesa odontoiatrica è rimasta costante rispetto allo scorso anno, e arriveranno altri benefici economici. Per quanto riguarda i medicinali, torneremo a rimborsare quelli di fascia “C” e gli omeopatici all’80%, come si faceva qualche anno fa. Le visite specialistiche saranno rimborsabili solo se richieste dal medico di base, con eccezione di quelle ginecologiche, pediatriche, cardiologiche e oncologiche. Negli ambulatori convenzionati in forma diretta si avrà diritto a un massimo di 10 visite l’anno. Sul fronte dei ricoveri, verranno razionalizzate le convenzioni, che dovranno essere riportate alle tariffe Casagit, e se alcune cliniche non vorranno contenere i loro margini, rinunceranno all’accordo. I soci potranno ovviamente recarvisi, ma sapendo che otterranno come rimborso solo quanto previsto dalle tariffe della Cassa. Probabilmente dovremo rinunciare a un po’ di caviale, ma non chiederemo a nessuno di fare a meno di tutto quello, qualità compresa, cui sono abituati ed hanno diritto. * Presidente Casagit La popolazione assistita dalla Casagit, alla data del 31 dicembre 2007, era di 52.820 assistiti, di cui 26.615 soci soci e 26.205 familiari. In un anno il numero dei soci titolari è aumentato di 690 unità, mentre complessivamente il numero degli associati è aumentato di 1.354. Sono questi i numeri contenuti nella relazione di bilancio del presidente della Casagit, Andrea Leone (in foto). I soci contrattualizzati sono passati da 16.103 a 16.560, con un incremento di sole 457 unità. I soci professionisti in attività di servizio sono passati dal 14.488 a 14.758 mentre i pubblicisti a tempo pieno sono passati da 864 a 928 e i praticanti da 751 a 874. I soci in stato di disoccupazione e in cassa integrazione, sempre al 31 dicembre 2007, risultavano 1.000. I pensionati a carico dell’Inpgi con trattamento non ridotto e quelle ad essi assimilati, sono passati dal 5.960 a 6.612. I soci assimilati ai pensionati Inpgi sono 381. O professionisti (compreso i praticanti) e i pubblicisti tenuti al versamento diretto del contributo sono passati rispettivamente da 972 a 981 e da 2.198 a 2.237. I soci iscritti alla Casagit 2 sono 134 e i soci aggregati sono 541. Il trend di crescita dei contributi associativi ha subito un ulteriore rallentamento nel corso del 2007 rispetto agli esercizi precedenti, passando da un incremento pari a +5,2 nel 2004 a un incremento pari a + 3,5% nel 2006 e a uno di + 2,6% nel 2007. 27 La voce delle province Primo piano FERMENTI E SUCCESSI DELLA STAMPA LOCALE: LA PROVINCIA DI COMO Abbiamo cambiato abito ma l’anima è la stessa Il quotidiano formato tabloid e full color. Il magazine fresco di stampa. Il portale di terza generazione. La Provincia di Como si rinnova, ma giura fedeltà eterna alla sua terra di Paola Manzoni In pochi mesi la vita di una testata locale ultracentenaria ha subito una svolta che non è eccessivo definire epocale. «Siamo arrivati a uno snodo importantissimo», conferma Giorgio Gandola, artefice della rivoluzione in corso a La Provincia di Como, di cui è direttore dal maggio 2006. I cambiamenti dello storico quotidiano locale, che quest’anno compie 116 anni e conta 68 giornalisti, sono sotto gli occhi di tutti. Soprattutto, sono sotto gli occhi dei circa 45 mila lettori delle sue quattro edizioni (oltre a Como, la ventennale edizione di Lecco, quella decennale di Sondrio e, infine, quella di Varese, la più giovane, ma con tanto di doppio dorso). Dallo scorso 11 maggio, infatti, La Provincia esce con una veste tutta nuova: formato tabloid (versione compact, come Libero e La Gazzetta dello Sport) e full color. Il restyling è stato affidato allo studio Alberto Valeri, lo stesso che ha firmato il progetto grafico di Libero e de Il Giornale, nonché quello in corso d’opera del Giornale di Brescia, mentre per la stampa è stata acquistata dalla Sesaab (editrice anche de L’Eco di Bergamo) una rotativa del costo di 30 milioni di euro, nome in codice Wifag 373/6 Evolution. «Ormai anche i giornali di provincia devono stare al 28 •Giorgio Gandola, dal maggio 2006 direttore de La Provincia di Como, fotografato davanti alla moderna rotativa dalla quale esce, dallo scorso 11 maggio, il nuovo quotidiano versione tabloid full color. Nell’altra pagina, il giornale cartaceo e, sotto, una pagina del nuovo portale. passo con i tempi ed essere in linea con i cambiamenti dell’edicola. Ma abbiamo fatto di tutto perché l’attraversamento del fiume fosse senza danni», spiega Gandola, attentissimo a non sconvolgere i suoi lettori e a non snaturare l’anima di un giornale che, peraltro, gode di ottima salute. Così, tra mille cambiamenti grafici, la testata è rimasta rigorosamente quella originale e per i contenuti Gandola parla di “un cambiamento nel segno della tradizione”. A fronte di un linguaggio inevitabilmente più sintetico, per dare notizie e approfonidmenti in meno spazio, non cambia però per nulla la sostanza: occuparsi dei problemi concreti, raccontare storie e personaggi locali, dimostrare attenzione e affetto verso il territorio è la missione della Provincia. Una missione a cui ha dato un prezioso contributo Alessandro Sallusti, che diresse il quotidiano nel 1997 per due anni, portando le notizie locali in prima pagina e promuovendo inchieste e dibattiti sui grandi temi del terriotrio. D’altra parte è proprio questa la chiave del successo delle testate di provincia. Che per contrastare i costi sempre più elevati della carta e la concorrenza sfrenata della free press si rifanno il look, ma rimanendo fedeli a se stessi, Quattro edizioni on line La rivoluzione de La Provincia, comunque, ha visto la luce già il 18 marzo scorso, con l’avvio del por- Tabloid 3 6 / 2008 2007 La voce delle province L’editoriale Chi sta fermo, rischia di arretrare tale. Per mettere a punto le quattro edizioni on line (i siti di Como, Sondrio e Lecco rifatti, quello di Varese neo-nato) ci si è ispirati ai siti di terza generazione dei giornali della grande provincia americana, ma senza mai perdere di vista le realtà locali alle quali fanno riferimento. Del progetto e dell’attuale realizzazione, che vede la collaborazione dell’intera redazione, si è occupato e si occupa un pull composto da Francesco Angelini e Mario Schiani, rispettivamente caporedattore e vice caporedattore centrali del cartaceo, e dai due vice caporedattori attualità Umberto Monti e Simone Casiraghi. «I siti vengono aggiornati almeno tre volte al giorno», racconta Schiani, «e abbiamo notato che gran parte dei contatti avvengono per area territoriale più che per argomento». Come succede per il cartaceo, l’attenzione al territorio, qui raccontato attraverso fotoservizi, sondaggi, blog, video, photogallery, è la vera carta vincente de La Provincia. Tabloid 0 / 2007 È bello guardare, appese al muro, certe immortali foto in bianco e nero… Ma il mondo è a colori… E allora benvenuti dentro la nuova Provincia tutta a colori. Più pratica, più maneggevole, più leggibile, con più peso per il maggior numero di pagine, di notizie, di opinioni. In definitiva più completa. Un giornale cambia e migliora quando sta bene di salute. E noi non ci siamo mai sentiti così bene. Un giornale non è soltanto testimone del presente, non è soltanto custode del passato. Ma deve essere soprattutto punto di riferimento per il futuro di un territorio. Stimolo a guardare avanti, a interpretare meglio i segnali che arrivano dalla modernità... Siamo allineati, ed anzi per alcuni aspetti all’avanguardia, anche rispetto a molti quotidianoni nazionali nati con il doppiopetto incorporato e la verità in tasca. Per noi è una stagione di innovazioni cominciata con il varo, in marzo, del sito web di terza generazione. Uno sbarco sulla rete di cui siamo orgogliosi, con un giornale on-line in grado di offrire notizie, fotoservizi, sondaggi, blog e soprattutto video. Ieri il sito, oggi il full color. E non è finita: a giugno La Provincia, per la prima volta nella sua storia, realizzerà un mensile. Il magazine dei comaschi. In questi anni abbiamo assistito a numerosi convegni in cui si teorizzava: «Questa città è ferma». Ebbene, il giornale si muove. Il giornale che più ama questa terra prende la rincorsa, guarda avanti con serenità e fiducia. Oggi chi sta fermo rischia implacabilmente di arretrare. Nel giorno della nuova Provincia ricordiamo la battuta di Gianni Agnelli quando gli dissero che La Stampa - dopo un secolo - stava preparando una rivoluzione grafica. «Metteremo la minigonna a una anziana signora», scherzò, paventando l’unico rischio. Non è accaduto a loro, non accadrà a noi. Perché sappiamo da dove veniamo e abbiamo radici così profonde da non temere la brezza delle mode. Sulla mia scrivania, accanto a computer, ho un cimelio che ogni mattina mi ricorda chi siamo. È un blocco di piombo che ha 116 anni, è la prima testata di questo giornale. Abbiamo cambiato il vestito. Ma non cambieremo mai l’anima. Giorgio Gandola (direttore de La Provincia di Como) Un mensile per tutti Mancano, poi, solo pochi giorni all’ultima (per ora) sfida de La Provincia, terza tessera di un puzzle nel segno del rinnovamento. Con il magazine, atteso per metà giugno, infatti, Gandola punta a inaugurare un appuntamento mensile con i lettori. Nato per diversificare il prodotto puntando su un marchio forte (La Provincia, appunto), il magazine diventerà lo spazio ideale per raccontare quelle storie e quei personaggi locali che sul quotidiano non trovano sufficiente spazio. Con una foliazione di 128 pagine a colori e il coordinamento di Vera Fisogni, già responsabile delle pagine della cultura del quotidiano, il magazine sarà, almeno per i primi mesi, abbina- to gratuitamente al quotidiano. L’intento del direttore Gandola è (anche) quello di intercettare una pubblicità di alta gamma, sfruttando le potenzialità vecchie e nuove di Como e provincia: dal ricco mercato della moda, puntando sulla prestigiosa tradizione di città della seta, all’altrettanto vivace settore turistico, per il quale grazie all’effetto Clooney Como è ormai una sorta di “Hollywood sul Lario”. Infine, una curiosità: scavando negli archivi de La Provincia, Gandola ha scoperto che nel 1907 esisteva già un periodico: La Provincia Illustrata. «E noi che pensavamo di avere inventato il magazine! Invece c’era già, si trattava solo di farlo rivivere», confessa con ironia il direttore. 29 La voce delle province Primo piano rispetto della privacy e diritto di cronaca non sono incompatibili Cronache di periferia una corsa a ostacoli Il caso, fra i tanti, dell’Asl di Pavia che ha negato di visionare una delibera a un redattore del bisettimanale L’Informatore di Vigevano. La difficile vita del cronista in provincia, alle prese con la scarsa attitudine alla trasparenza da parte delle Pubbliche amministrazioni di Elena Rembado Il diritto d’accesso agli atti del giornalista e il diritto del medico al segreto professionale. Problema quotidiano per tanti cronisti. L’azienda sanitaria, si sa, può trattenere un atto per 30 giorni. Ma se l’Asl rifiuta di fornire una delibera già approvata e in pubblicazione all’albo pretorio, il giornalista può fare una richiesta scritta di accesso immediato agli atti (la mera visione è gratuita). In caso di diniego può pretendere una risposta scritta e impugnare il reato d’abuso dinanzi al Tar. Un caso analogo è capitato a Claudio Bressani, redattore del bisettimanale di Vigevano L’Informatore, che si è visto opporre un divieto alla visione di una delibera assunta dal dg dell’Asl di Pavia (pubblicata all’albo) relativa all’assegnazione di contributi pubblici a case di riposo ritenute virtuose. Più precisamente è stato secretato l’allegato con l’elenco delle beneficiarie e gli importi a ciascuna attribuiti, sostenendo che si tratterebbe di dati riservati. “Si continua a fare confusione tra l’accesso ai documenti amministrativi disciplinato dalla legge 241/1990 e il principio di pubblicità mediante affissione all’albo di tutte le decisioni degli enti pubblici, compresi i relativi allegati, così come sancito dalla legge •La privacy dei pazienti non può diventare un pretesto per la mancanza di trasparenza da parte delle amministrazioni ospedaliere. 142/1990 e poi dal Testo Unico degli enti locali - sottolinea Bressani. - Si applica la normativa sbagliata, ovvero la legge 241 anche alle delibere soggette a pubblicazione e all’esercizio del diritto di cronaca. Secondo l’Asl, in caso di richiesta di accesso ad atti che riguardino soggetti controinteressati, è fatto obbligo per la P.A. di avvertirli affinché possano esercitare i loro diritti attraverso una motivata opposizione all’accesso stesso”. Partendo dal caso dell’Informatore di Troppo spesso, negli uffici di P.A., la legge sulla privacy viene citata a sproposito 30 Vigevano abbiamo raccolto un po’ di pareri nelle redazioni di cronaca delle province lombarde. “Ormai si arriva all’assurdo che non si può parlare con un primario senza che sia autorizzato da un direttore generale, che è un politico - segnala Carlo Gariboldi, capocronista de La Provincia Pavese. - La Pubblica Amministrazione tende a creare un filtro fittissimo, attraverso addetti stampa che danno risposte in tempi del tutto inadeguati per un quotidiano, trovando tutti i cavilli per ritardare il passaggio di informazioni”. Caso eclatante quello del Policlinico San Matteo di Pavia. “Da quando la struttura è diventata Fondazione”, prosegue Gariboldi, “non fa cono- Tabloid 3 6 / 2008 2007 La voce delle province scere le delibere, con la motivazione che non sarebbero più pubbliche. Un istituzione che gestisce servizi pubblici dovrebbe invece pubblicare su internet le delibere”. In diversi articoli sull’inefficienza dell’organizzazione del tribunale, La Provincia Pavese ha, tra l’altro, denunciato come le pratiche siano di fatto accessibili a tutti, poiché conservate in armadi aperti, in corridoi privi di sorveglianza. “Abbiamo documentato come si possa entrare, cercare il fascicolo e sottrarlo prosegue Gariboldi. - Il risultato è che c’è stata una richiesta di rinvio a giudizio, per furto di atti, a carico della collega che ha seguito il caso”. Un altro caso emblematico arriva da Massimo Lanzini, caposervizio della cronaca cittadina de Il Giornale di Brescia: “In occasione di una recente campagna elettorale in un comune della nostra provincia, uno dei candidati si è rifiutato di dare al giornale la sua foto appellandosi alla privacy. Altri casi riguardano, invece, situazioni più drammatiche che non ci permettono di sorridere, ma sono comunque frutto di esagerazioni o fraintendimenti. Quando capitano incidenti mortali, contattiamo la famiglia per avere maggiori informazioni e Cosa dice la legge Il giornalista può accedere agli atti La normativa madre è l’art. 21 della Costituzione sulla libera espressione di pensiero, senza censure né autorizzazioni preventive, unito però a un altro diritto costituzionale alla dignità e alla riservatezza delle persone (art. 2). Testo-chiave nella disciplina dell’accesso agli atti della P.A. è poi la legge 241 del 1990, che stabilisce che ha diritto all’accesso chiunque abbia un interesse giuridicamente rilevante, ricorda Ilaria Bonuccelli, vicepresidente dell’Unione nazionale cronisti italiani. Ed è giurisprudenza ormai consolidata, a partire da una sentenza del 1996 del Consiglio di Stato, riconoscere al giornalista il diritto ad accedere agli atti di aziende e fondazioni pubbliche, partecipate o municipalizzate, e perfino di soggetti di diritto privato che gestiscano servizi di interesse pubblico. C’è poi la legge sulla privacy (la n. 675/1996, poi modificata con un decreto legislativo nel 1998 proprio a tutela del diritto/dovere di cronaca). Per garantire ai giornalisti di poter svolgere il proprio lavoro, gli artt. 136-139 affermano che non si applicano alla professione giornalistica i limiti imposti dalla normativa sulla privacy agli artt. 23 e 26. Ovvero non è necessaria l’autorizzazione preventiva del Garante al trattamento di dati personali. E soprattutto non si applicano i limiti imposti dalla normativa sulla privacy per il trattamento dei dati sensibili (salute e sesso). Con un unico limite, fondamentale, che è quello dell’essenzialità e dell’interesse pubblico della notizia. Ultimo riferimento normativo è il codice deontologico (legge n. 179/1998), che all’art. 10 recita che il giornalista, nel riferire dello stato di salute di una persona, identificata o identificabile, deve rispettarne la dignità e il decoro personale, specie nei casi di malattie gravi o terminali, e deve astenersi dal pubblicare dati analitici di interesse strettamente clinico, indugiando su particolari non essenziali ai fini della notizia. Ci sono poi eccezioni alla norma, stabilite dal Garante della privacy: la diagnosi di Aids (per cui bisogna tutelare anche chi, vicino al malato, potrebbe avere nocumento dalla divulgazione della notizia) e i minori, la cui dignità è tutelata dalla Carta di Treviso ed è sempre prevalente rispetto agli altri diritti. E.B. Tabloid 3 / 2008 reperire la foto della vittima. E spesso riceviamo dei dinieghi. In tali circostanze, avendo a che fare col dolore delle persone, scegliamo di rispettare le sensibilità individuali”. C’è, poi, un altro fenomeno sul quale varrebbe la pena riflettere. “Capita di frequente che una forza di polizia sia disposta a fornire le generalità di una persona accusata di un reato lieve (per esempio, la detenzione di una piccola quantità di droga), mentre, in caso di reati di evasione fiscale, falsa fatturazione o bancarotta fraudolenta, tenda a dare solo le iniziali, tutelando l’identificabilità della persona sotto inchiesta. Credo comunque che il codice sulla privacy sia una buona norma - continua Lanzini. - L’unica forza che un giornalista può avere nei confronti delle proprie fonti di informazione istituzionali è la conoscenza reciproca. Solo in un contesto di reciproca stima e fiducia ci si può permettere, quando l’amministrazione è restia a fornire delle informazioni, di far valere il proprio ruolo, che alla fine è di interesse pubblico. Ma è un traguardo che si conquista col tempo”. Pavia, Brescia, Bergamo pari sono. Almeno per le comuni difficoltà nel fare cronaca. “Il rapporto con la polizia locale è sempre sul filo del rasoio - fa notare Fabio Conti, cronista di nera a L’Eco di Bergamo. - A Bergamo, tutte le mattine, si tiene un incontro tra i rappresentanti dei carabinieri e della polizia e la stampa. Da qui si parte. Tuttavia, le conferenze delle forze dell’ordine tendono a dare priorità alla notizia in sé piuttosto che alle persone coinvolte, indicate come x, y o con le sole iniziali. Dicono che le generalità non hanno rilevanza per la cronaca. Ma, non sapendo chi è coinvolto, non si può raccogliere un suo commento diretto. Per questo il cronista, a partire dalla notizia “istituzionale”, deve andare sempre a verificare sul posto e interpellare i protagonisti. Le forze dell’ordine diramano il verbale, ma tralasciano sempre dettagli importanti ai fini giornalistici. In generale, più il fatto è grave, maggiore è la loro reticenza e così la verità sfuma”. 31 La voce delle province la denuncia di un gruppo di colleghi dei settimanali locali della brianza Tra guardie e ladri giornalisti imbavagliati Le forze dell’Ordine parlano con i comunicati stampa e decidono quali notizie sono da divulgare e quali no. Truffatori e rapinatori “protetti” dalle sigle. E fioccano le querele. di Angelo Baiguini Perché è diventato cosi difficile, per non dire impossibile, fare il nostro mestiere? Come direttore di alcuni settimanali locali, in Brianza, posso testimoniare quanto sta succedendo al nostro mestiere in questi ultimi anni. Abbiamo assistito, in silenzio, all’approvazione di leggi e disposizioni che di fatto ci hanno posto ai margini della società e messo nelle condizioni di non poter più svolgere la nostra professione. Iniziamo con la famigerata legge sulla Privacy. Attualmente chi fa il cronista locale è sottoposto a continue ritorsioni e minacce, grazie a un’interpretazione del tutto personale della legge. Ognuno ne fa l’uso e l’abuso che meglio crede, o forse è meglio dire che più gli conviene. Iniziamo dalle fonti ufficiali. Carabinieri e Polizia negano l’accesso ai giornalisti presso i propri comandi. Il più delle volte è il tal Capitano o il tal ispettore che affida le uniche informazioni ufficiali a scarni comunicati stampa, senza alcun riferimento ai dati anagrafici delle persone, siano queste decedute a seguito di un infortunio o un incidente stradale oppure arrestate per spaccio di droga o violenza carnale o vittime di furti o rapine. Il giornalista, nella maggior parte dei casi deve limitarsi ad aggiungere un po’ di “colore” ad un misero comunicato, trasformandolo in un articolo, il più delle volte impreciso e superficiale. Di fatto una favoletta, che quasi nessuno leggerà, mancando precisi riferimenti alle persone coinvolte. In passato il giornalista veniva messo al corrente dai fatti, quindi era lui a decidere, in base alla sua professionalità, quali erano le notizie che interessavano i lettori e quali informazioni privilegiare rispetto ad altre, ma soprattutto quali dati potevano essere pubblicati e quali no. Oggi il cronista è invece costretto a confezionare articoli con notizie che altri hanno scelto di dare, utilizzando le sole informazioni e i particolari che gli stessi hanno deciso di diffondere. E’ ancora giornalismo, questo? Sarà per questo che sempre meno cittadini leggono i quotidiani? Spesso non vengono forniti i dati addirittura delle persone decedute, sempre per una questione di privacy. Ovviamente, anche se ovvio non è, non vengono diffuse notizie relative a furti e rapine per non compromettere l’immagine delle Forze dell’ordine. Il risultato è che quando viene arrestato un truffatore che ha derubato una vecchina, sul giornale finiscono i dati della vittima (in quanto il cronista Fonti negate e nomi di fantasia. Così un giornale locale perde identità e funzione 32 locale risale da solo alla sua identità) e nella migliore delle ipotesi le iniziali, G.P. o F.R. del truffatore. Il lettore cosa può pensare? Che il giornale protegge i delinquenti? Proprio nei giorni scorsi un Comando provinciale dei carabinieri ha diffuso un comunicato relativo all’arresto in flagranza di un rapinatore. Di quest’ultimo sono state fornite le sole iniziali, mentre del cassiere della banca era indicato nome e cognome, data e CHI è Angelo Baiguini, 49 anni, pubblicista, consigliere nazionale dell’Ordine dei giornalisti, ha iniziato a lavorare nel settimanale “Giornale di Merate”, divenendone direttore nel 1992. Ha fondato diversi settimanali, tra cui il “Giornale di Monza”, il “Giornale di Treviglio” e il “Giornale di Vimercate” Tabloid 3 / 2008 La voce delle province luogo di nascita e attuale residenza. Di tutto questo abbiamo discusso in un incontro tra i giornalisti della Brianza e la Presidente dell’Ordine della Lombardia, Letizia Gonzales. Per giornali che vivono di cronaca locale, che raccontano di incidenti, rapine, furti e truffe è veramente diventato difficile lavorare. Da una parte ci viene chiesta puntualità e precisione, dall’altra ci vengono negate le fonti. Solo i politici continuano a concedersi… Salvo poi minacciare richieste di danni milionarie al primo articolo non in linea. Carabinieri, polizia e vigili urbani si sottraggono e fanno tutto il possibile per evitare che i giornalisti possano fare il loro mestiere. Costretti ad elemosinare i dati attraverso fonti confidenziali e non attraverso le fonti ufficiali. Ma un conto è lavorare con informazioni precise e ufficiali e un altro è scrivere un articolo grazie alle confidenze dell’amico di turno. In caso di contestazione ovviamente non possiamo rivelare la fonte, così la responsabilità di eventuali errori ricade solo su di noi. La domanda di fondo è: chi decide quando un fatto è una notizia? Oggi sono le forze dell’ordine che stabiliscono quali notizie devono essere divulgate e quali no. Ma carabinieri, polizia e vigili urbani sono giornalisti? Credo che ognuno dovrebbe tornare a fare il proprio mestiere: loro a rincorrere i ladri e non a rincorrere le notizie. Dovremmo essere degli osservatori privilegiati di quando succede, invece oggi tutti cercano di nasconderci fatti. O meglio, ci informano solo di quello che interessa a loro… Privacy, quando sento questa parola mi si accappona la pelle. Tutti, politici, forze dell’ordine e quindi i privati cittadini abusano di questa legge, il più delle volte senza conoscerne i contenuti. Il risultato è che i protagonisti dei fatti e quindi delle notizie non hanno più un nome e un cognome. Leggendo i giornali si ha l’impressione di leggere delle favolette. Il risultato è noto a tutti, i lettori comperano sempre meno i giornali. Noi facciamo dei settimanali locali che Tabloid 3 / 2008 fondano la loro forza sul fatto che la gente si conosce e si riconosce sui giornali. Grazie all’uso strumentale di questa benedetta legge nessuno riconosce nessuno… Il fatto avvenuto in Sardegna di un anziano sorpreso a rubare al supermercato e una volta scoperto, perdonato in quanto era un pensionato che non riusciva a tirare avanti, era stata una notizia ripresa da tutti i maggiori media nazionali… Salvo poi rivelarsi un’invenzione del cronista. Del resto l’alibi del nome e cognome consente di scrivere tutto. Anche notizie inventate di sana pianta. Ma questo non è un bene, anzi. C’è poi il problema degli avvocati che hanno trovato nei giornalisti una miniera d’oro. Non passa giorno senza che riceviamo richieste di risarcimento anche per le cose più assurde. L’unica cosa certa è che l’avvocato di turno alla fine non rinuncia alla sua parcella. Forse sarebbe necessaria un’intesa tra i due Ordini per evitare lettere “temerarie” che hanno come unico obiettivo quello di giustificare la parcella. Io credo che sia necessario un Ordine che mi giudichi quando sbaglio ma mi difenda quando faccio il mio dovere. Il parere dell’avvocato La privacy non limita i giornalisti ma serve un protocollo con il Garante A cronisti sempre meno motivati, perennemente alla ricerca, sempre più difficile, delle informazioni necessarie per raccontare al meglio un fatto ci cronaca, potrà sembrare inutile il richiamo a principi generali e condivisi. E tuttavia non è un caso che la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e la Convenzione per la salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali richiamino, fra i presupposti della libertà di espressione, proprio la ricezione e la diffusione di informazioni “senza che vi possa essere interferenza di pubbliche autorità”, pur nel rispetto della legislazione interna. Il Codice in materia di protezione dei dati personali, meglio conosciuto come “legge sulla privacy”, stabilisce, a tal proposito, dei limiti non alla ricezione, ma al trattamento di tali dati, pur tutelando la professione giornalistica. Chi la svolge può, in particolare, diffondere qualunque informazione su un soggetto, senza doverne chiedere il consenso, ma rispettando il codice deontologico. Il dato deve essere, però, acquisito presso chi lo detiene: questi, se lo diffonde, comunicandolo alla stampa, lo tratta e deve, a sua volta, rispettare la legge. Si crea, così, un circuito perverso in cui il giornalista può ricevere e diffondere dati che devono essergli, però, forniti da chi, sovente e non senza qualche ragione, si rifiuta di farlo, trincerandosi dietro norme non sempre applicabili. I dati non sensibili, riguardanti personaggi noti o fatti verificatisi in pubblico o comunque che interessano l’opinione pubblica, possono essere diffusi da soggetti che rivestono un ruolo pubblico, come, ad esempio, le forze dell’ordine, purchè si convenga sul fatto che tale attività rientra nella funzione istituzionale ed è, perciò, lecita e corretta, ai sensi degli artt.11, 18 e 19 della “legge sulla privacy”. Nell’incertezza che regna sovrana, per ovviare a rifiuti spesso immotivati ed evitare che l’informazione finisca per dipendere da rapporti personali o da decisioni unilaterali, potrebbe essere utile, per fugare ogni dubbio residuo, la sottoscrizione di un protocollo d’intesa, asseverato dal Garante, che stabilisca la legittimità e gli eventuali limiti alla libera circolazione delle informazioni. Caterina Malavenda 33 La posta dei lettori Rai dei fannulloni? No, federalista Il nuovo sottosegretario alle Comunicazioni del governo Berlusconi ha illustrato, in un’intervista a Klaus Davi, il suo modello di Tv pubblica. Che fa discutere Klauscondicio e televisione le condizioni di Paolo Romani Paolo Romani, sottosegretario alle Comunicazioni, in un’intervista web a Klaus Davi ha illustrato il suo modello di Tv pubblica. I giornali di quel giorno riportano estratti di “Klauscondicio” (rubrica che Davi “pubblica” periodicamente su YouTube). La visione integrale dell’intervista riserva però altri spunti sfuggiti ai più, che meritano di essere riportati e riguardano i giornalisti della Rai. Klaus Davi: “Le sedi locali della Rai, tipo Firenze e Torino, non fanno un cavolo, con la rete federalista torneranno protagoniste?” Paolo Romani: “Si’, ci sono molti giornalisti nella Tgr, tantissimi, mi pare che siano mille e passa (689!, ndr), devono ritrovare un pochino la voglia di fare il loro mestiere”. Davi: “Quindi piu’ ruolo alle sedi regionali...” Romani: “Più tg, più informazione, approfondimenti, L’esempio che facevo prima (la rete federalista, ndr.) è sintomatico del tipo di lavoro che possono fare”. Che dire? Non conta che Paolo Romani sia un profondo conoscitore di televisioni, fondatore con Marco Taradash, a meta’ degli anni ’70 di una delle prime tv private italiane (con passaggi poi a Videolina, ReteA, Telelombardia), non importa che abbia contribuito ad evolvere il gusto degli italiani producendo con Italia7 programmi indimenticabili come “Colpo grosso” (con Umberto Smaila) e “Vizi privati” (con Maurizia Paradiso). Quello che conta è che Paolo Romani ora è e parla da sottosegretario alle Comunicazioni, è stato prima presidente della Commissione Comunicazioni, poi membro della Vigilanza Rai (nel 2003 si oppose alla nomina di Paolo Mieli alla Presidenza Rai). Quindi dovrebbe, se non conoscere l’organico della Tgr almeno sapere che le 23 sedi regionali della Rai producono 3 telegiornali e 2 radiogiornali quotidiani e, annualmente (dati di bilancio 2006), oltre 6.500 ore di informazione televisiva regionale (di cui 550 dedicate alle minoranze linguistiche), oltre 200 ore di rubriche a diffusione nazionale, 5.900 ore di informazione radiofonica regionale di cui ben 2.000 dedicate alle minoranze linguistiche, oltre 30.000 contributi, tra servizi e collegamenti, alle testate delle reti nazionali. E, con una media di 30 redattori per sede, garantiscono una copertura 365 giorni 34 l’anno dalle 5.30 alle 24.00. Davi: “Fannulloni in Rai: ci sono. Che farete?” Romani: “Ci sono. Più che fannulloni ci sono molte persone che, assunte negli anni precedenti, oggi non fanno più nulla perchè il cambiamento della maggioranza nel frattempo li ha messi in disparte Ce ne sono parecchi e prendono anche molti soldi”. Davi: “Quote rosa: pochi direttori donna”. Romani:”Quando le donne diventeranno più brave non avremo bisogno delle quote rosa”. Davi: “Un po’ maschilista ‘sta frase, le femministe si incazzano. Quindi quando diventeranno più competitive e più brave…” Romani:”C’è purtroppo una tradizione antica italiana, che le donne italiane lavorano meno, e lavorando meno hanno meno possibilità di entrare nel campo della comunicazione e della politica”. Forse è inutile ricordare che in Belgio, Francia e Grecia le quote rosa sono state istituite per legge. Che in Austria, Danimarca, Finlandia, Germania, Portogallo, Regno Unito, Spagna e Svezia, in assenza di una disciplina legislativa, sono stati i partiti politici ad assicurare un accesso paritario alle cariche elettive. In conclusione vi basti sapere che il celebratissimo “Klauscondicio” è stato visto (dati di lunedì 26 maggio) per il frammento sulla Tgr da ben 74 utenti (anzi 70, perche’ io per trascriverlo l’ho visionato diverse volte), per quello sui “fannulloni” da 88. Bravura del Klaus imprenditore. D’altronde lo si deve comprendere. La sua Klaus Davi & Co. Srl, celebrata agenzia di relazioni pubbliche che vanta tra i suoi clienti Confindustria Giovani Imprenditori e Paola Ferrari Conduttrice e Giornalista, Consorzio Prosciutto San Daniele e Rai Radiotelevisione Italiana, Wonderbra e Tg3 (Corporate Image), per il 2005 ha denunciato perdite per 101.041 euro, un imponibile di 11.185 euro e ha pagato un’imposta netta di 3.691 euro. Spero per lui che le cose gli siano andate meglio negli anni successivi. In ogni caso, se ancora Davi non risultasse tra i 43.000 collaboratori della Rai (nonostante la sua rubrica domenicale sulla stampa estera nel Tg3 della notte), non è escluso che presto qualcuno lo proponga per una prima utilizzazione nel servizio pubblico. Maxia Zandonai (giornalista Rai) Tabloid 3 / 2008 La posta dei lettori News locali e web salveranno i giornali Gentilissima Presidente, le faccio i complimenti per il giornale New Tabloid completamente rinnovato nella grafica, ricco di notizie e inchieste. E’ un giornale che si fa leggere volentieri, dalla prima pagina all’ultima. Soprattutto è utile trovare dati di raffronto fra il nostro mercato editoriale e quello estero. Ho trovato particolarmente interessante, infatti, il servizio sulle tendenze dell’editoria oltreoceano e oltremanica dal titolo “Giornali Usa: i big perdono i locali vanno benissimo”, dal quale risulta che “i primi 20 quotidiani degli States hanno perso complessivamente 1,4 milioni di copie di diffusione giornaliera fra il 2003 e il 2007” mentre, al contrario, crescono i locali soprattutto nella versione online. Ecco il punto. Noi stiamo vivendo la stessa crisi, anche i più importanti quotidiani italiani perdono copie e il mestiere del giornalista, mai come ora, è a un bivio. Ma io sono convinta che il giornalismo non sia “finito”, “morto”, come si sente dire sempre più spesso nelle redazioni, in particolare dai colleghi più anziani, ma semplicemente sta cambiando e nel futuro bisognerà cambiare il modo di farlo. Dovremo cercare di capire in che direzione andare e come realizzare un giornale il più possibile vicino agli interessi, ai problemi della comunità dei lettori. L’attuale modello, così sembra, non funziona più. Si avverte un distacco crescente fra i cronisti, terminali nervosi del giornale, e i cittadini che hanno ormai più facile accesso alle informazioni globali ma che forse gradirebbero sapere qualcosa in più della propria città e del quartiere in cui vivono. Sono convinta dell’utilità e della “forza” delle notizie locali. Tenendo conto anche che, oggi, anche in Italia come in America, la gente usa sempre di più Internet per avere informazioni. Sono sempre più convinta che la sinergia tra informazioni locali e web possono davvero salvare i quotidiani. E dirò di più: forse, bisognerebbe trattare la stessa Milano, ad esempio, come una piazza glo-local e trasferire le cronache locali sull’online, potenziando fortemente le redazioni decentrate. Forse. Da qui la richiesta, rivolta a Lei come presidente dell’Ordine Giornalisti di Milano, di organizzare e aprire un dibattito (con convegni ed autorevoli ospiti) sul futuro della professione giornalistica. Nella speranza di illuminare non solo i giornalisti ma anche gli editori e uscire, insieme, dalle secche della crisi. Cordialità Stefania Consenti Tabloid 3 / 2008 Settimanali cattolici il disagio delle redazioni Caro Presidente, abbiamo provato un forte disagio leggendo l’articolo sulla comunicazione della Diocesi di Milano pubblicato sull’ultimo “Tabloid”. Lo sconcerto nasce certamente dalla condizione personale, nostra e di una decina di altri colleghi, oggi in cassa integrazione dopo che la Curia di Milano ha preso la decisione, nello scorso ottobre, di chiudere i settimanali “Luce” di Varese e dell’Altomilanese e “Il Resegone” di Lecco (oltre ai “controllati” “Piazza” di Erba e “Città Nostra” di Sesto San Giovanni), due periodici che, a differenza di altri chiusi e citati nell’articolo, vivevano grazie al lavoro di giornalisti professionisti assunti. Una scelta drastica che ha portato una ventina di persone (compresi i non-giornalisti), alcune con situazioni familiari molto difficili alle spalle, a fare i conti con quella precarietà e quella incertezza spesso deprecate dalla Curia, quando hanno riguardato altre aziende. Come certamente non ignora l’autore dell’articolo, Saverio Clementi, direttore per anni di uno dei due settimanali “liquidati” (“Luce” di Varese, nello specifico), la scelta della chiusura è stata dettata, secondo la Curia, da ragioni economiche (un perdurante bilancio in rosso) che non permettevano la sopravvivenza delle due storiche testate (una presente da 96 anni e l’altra da 126), ma tale chiusura non è stata accompagnata da alcuna proposta lavorativa alternativa: di fronte alle conseguenze umane e familiari di quella che l’articolo definisce una “dolorosa chiusura” il Cardinale, generosamente ha promesso il suo personale interessamento, ma fino ad oggi dagli uffici da lui incaricati di seguire la vicenda, non sono arrivate svolte positive. Non solo: nell’articolo si apprende di futuri piani di comunicazione della Curia milanese, si fa cenno a un “progetto regionale”, si parla del rilancio di “Milano sette”, dorso collegato all’Avvenire domenicale. Ma come? Si chiudono due giornali per ragioni economiche e poi si investono risorse su altri progetti, senza coinvolgere minimamente i lavoratori lasciati a casa? Crediamo, anche alla luce di questi sviluppi, che su “Luce” e “Il Resegone”, importanti realtà cattoliche legate al territorio, sia stata scritta una pagina nera, che dovrebbe sollecitare una seria riflessione sull’importanza da dare alla comunicazione diocesana e ai suoi operatori. Andrea Giacometti, fiduciario “Luce” Marcello Villani, fiduciario “Il Resegone” 35 La voce delle redazioni Primo piano quando immagini, simboli e testi combinati diventano notizie Giornalisti infografici a prova di contratto Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito la natura giornalistica a chi dà un apporto creativo alla sistemazione grafica di immagini e parole. Il caso di un gruppo di colleghi di Rcs che hanno avuto il riconoscimento dovuto e l’iscrizione all’Albo di Massimiliano Aliberti Potrebbe essere in dirittura d’arrivo una vertenza che si trascina da tempo tra Rcs e un gruppo di infografici. Giornalisti a tutti gli effetti, secondo l’Ordine, ma non ancora dall’azienda. L’infografia è un tipo di giornalismo che permette di comunicare notizie attraverso la combinazione di immagini (disegni, foto, etc.), simboli (ideogrammi, loghi) e testi. Poco si adatta ai commenti e si concentra più proficuamente sul dato e sulla notizia “pura”. In breve, l’infografia è usata in modo vantaggioso quando: • illustra come, dove, quando e perché un fatto è avvenuto; • crea una sintesi significativa ed immediata attraverso un’immagine, una serie di dati chiave e la quantità minima possibile di testo; • analizza uno o più dati, li mette in relazione e li confronta; • racconta un evento nel tempo e/o nello spazio; • spiega il funzionamento di meccanismi. Immediatezza, velocità e brevità sono i pregi che consentono all’infografia di rendere la notizia fruibile all’istante. Nel lettore il ragionamento cede il passo all’intuizione, il pensiero si fa automatico: quattro orologi sono una sequenza temporale, una freccia il movimento, il tricolore l’Italia. Una notizia mostrata e non più detta. E’ in questo modo che si dà apporto creativo a disegni, foto, ideogrammi e altro ancora. E’ così che i disegni si animano e diventano un vero e proprio articolo. E’ così che la grafica diventa informazione. Lo ha riconosciuto anche una recente sentenza della Corte di Cassazione (vedi box nella pagina a fianco) che sancisce, in alcuni casi, la natura giornalistica dei grafici. Un nuovo tipo di giornalismo L’interesse per il dato e il confronto numerico ha favorito la nascita e lo sviluppo dell’infografia negli Stati Uniti: elenchi, cartine e schemi sono più chiari e permettono una consultazione più rapida rispetto ad un articolo in prosa che contenga le stesse informazioni. Così «Usa Today», nei primi anni ‘90, fu il primo quotidiano ad utilizzare la tecnica infografica con il preciso intento di alleggerire il «lavoro» del lettore ormai abituato ai ritmi dei nuovi mezzi di comunicazione (tv e internet). In Italia l’infografia mosse i primi passi nei tardi anni ’90 al “Corriere della Sera”: le cartine meteorologiche ne costituirono il banco di prova. Il primo ufficio infografico vero e proprio nacque nel maggior quotidiano italiano solo nel 1997. Ma l’anomalia italiana fu quella di importare un nuovo tipo •Alcuni lavori dell’ufficio infografico Rcs hanno ricevuto riconoscimenti internazionali. Qui a fianco “Il nuovo occhio e i confini”, Bronzo al Premio Malofiej di infografica del 1999. Al Malofiej del 2002 il “palmares” fu di due argenti, e 2 bronzi. A destra una delle infografiche premiate: “Linate 9 ottobre 2001”. 36 Tabloid 3 6 / 2008 2007 La voce delle redazioni •Gli infografici Rcs riconosciuti dall’Ordine dei giornalisti. Da sinistra: Pierluigi Serena, Sabina Castagnaviz, Marcello Valoncini, Andrea Venier, Franco Sturini, Gian Franco Giudici, Massimiliano Aliberti . A sostegno loro e di altri infografici si pronunciano numerose sentenze della Corte di Cassazione. di giornalismo senza però riconoscere la qualifica di giornalista a chi svolgeva questo lavoro. Il riconoscimento dell’Ordine Già nel maggio 2002 sulle pagine di “Tabloid” (n. 5) l’Ordine della Lombardia spiegò “Perché gli infografici si possono definire giornalisti” e perché la figura dell’infografico “può considerarsi, a tutti gli effetti, giornalistica, con conseguente applicabilità del contratto nazionale di lavoro giornalistico”. Coerentemente l’Ordine dei giornalisti appoggiò la richiesta di alcuni infografici del “Corriere” di diventare giornalisti. Così, dopo aver superato gli esami ed essere stati iscritti all’Albo, iniziarono una vertenza legale con l’editore. Le resistenze dell’editore Rcs decise di opporsi al riconoscimento degli infografici che ne avevano fatto richiesta. Dopo che si è aperta la causa, la società ha selezionato un responsabile grafico (giornalista) per fare da filtro con le redazioni col fine di sminuire il lavoro dell’ufficio infografico. Un «libro di stile» è stato approntato per cercare di rendere più “tipografico” il lavoro, ma per realizzare il «book» si sono dovuti avvalere della pro- fessionalità di alcuni infografici. In realtà ogni infografico ha un proprio «stile» nell’elaborare la notizia: come posiziona la cartina, come sottolinea un nome, come specifica un numero o lo colora, come dispone una foto, un disegno, un marchio o un piccolo testo. Come nasce un’infografica In RCS gli infografici essenzialmente si relazionano con i giornalisti di “Corriere della Sera” e “La Gazzetta dello Sport” che trasmettono l’input della redazione, eventualmente fornendo i testi. L’infografico disegna cartine, cerca luoghi, dati, immagini e quanto può essere utile alla realizzazione del pezzo. Le fotografie hanno spesso un ruolo centrale; è compito dell’infografico cercarne di adatte, elaborarle e metterle in relazione con i dati. Come per ogni altro giornalista è fondamentale l’uso della rete. Sul web l’infografico trova informazioni ed immagini che possono servire a spiegare ed illustrare la notizia. Tutto questo si svolge con l’autonomia e la professionalità di un qualsiasi altro giornalista. La tecnologia informatica avvicina sempre più figure professionali un tempo distanti e ne crea di nuove. Negli altri Paesi si è badato meno alle qualifiche e più alla sostanza e l’editoria ha saputo dare il giusto valore professionale alla figura dell’infografico. Non così in Italia. Ora è il caso di dire che Cassazione docet. Usa Today il primo quotidiano a utilizzare tecnologia infografica nei primi anni 90 Tabloid 3 / 2008 Cosa dice la legge Non solo forma ma creatività L’ultima sentenza a favore del riconoscimento del lavoro giornalistico da parte degli infografici è datata, in ordine cronologico, 5 marzo 2008, è protocollata con il n. 5926 e ha l’imprimatur della Corte di Cassazione. Che ha ribaltato un giudizio precedente del giudice di merito che aveva negato il diritto al riconoscimento delle mansioni giornalistiche a un lavoratore che svolgeva le mansioni di grafico. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione e ha ribatito il carattere giornalistico all’attività creativa del grafico. La comunicazione - spiega l’avv. Nino Raffone, del Foro di Torino-, può assumere diversi aspetti, tra questi la sistemazione logica e grafica di parole, scritti o immagini. L’attività del grafico può esaurirsi nel semplice conferimento della forma, senza alcun apporto creativo, e in questo caso non c’è riconoscimento giornalistico oppure può, invece, estendersi alla sistemazione ritenuta più opportuna di parole o immagini, la modifica di linee o colori e così via in modo da determinare una scelta creativa che ha natura giornalistica. Altri precedenti sono riscontrabili, oltre che da sentenze di Tribunali, soprattutto da altre sentenze di Cassazione quali la n. 7007 del 23 novembre 1983, n. 4547 del 19 maggio 1990, la n. 889 L’autore del 1 febbraio e la n. dal 5370 Beppe Lopez,1996 giornalista del 1 giugno 1998. Insomma 1963, ha scritto inchieste, note giurisprudenza materia è elaservizi per le piùinimportanti voluminosa. Ce n’è quanto testate e partecipato alla basta per affermare cheRepubblica”. là dove c’è fondazione di “la apporto creativo da saggi parte del Ha dedicato diversi al grafico sia il concetto mercato deiapplicabile giornali e alle di attivitàeditoriali, giornalistica e quindi tecniche pubblicando, applicabile il contratto fra l’altro, “Ilanche giornale che non collettivo di lavoro giornalistico. c’è” e “Il quotidiano totale”. 37 L’osservatorio sull’estero in forte crescita i lettori online americani Stampa Usa e calo “pilotato” I tagli diffusionali dei quotidiani oltroceano sono decisi dal management per risparmiare i costi di distribuzione in aree esterne ai mercati che contano. In Uk, invece, il Manchester Evening News punta tutto su una strategia free and pay di Pino Rea per Lsdi* Ormai è cowsa nota, ma è ancora forte lo shock per le notizie sulle dimensioni dell’ulteriore calo della diffusione dei maggiori quotidiani Usa. Dai dati sull’industria dei giornali, in ogni caso, qualcuno coglie degli aspetti positivi. A fronte dell’annuncio di Nielsen Online che l’audience dei lettori dei giornali in rete è fortemente cresciuta, in America, passando dai 38.97 milioni del dicembre 2004 ai 63.05 milioni del dicembre 2007, un articolo di MediaLifeMagazine sottolinea che in gran parte dei casi i tagli nella diffusione sarebbero pilotati dal management per risparmiare la distribuzione in aree esterne ai mercati e alle comunità di riferimento. L’incremento dei lettori online, secondo il MegaPanelData della Nielsen è stato di più del 60% in tre anni, mentre il numero totale delle pagine web viste è pressoché raddoppiato, passando dagli 1,4 ai 2,9 miliardi di pagine. 42 minuti al giorno sul web Il numero di pagine visitate per ogni persona-utente è aumentato dalle 36,3 alle 45,8, sempre secondo Nielsen Online. E in media, gli utenti web americani si soffermano sui giornali online 42 minuti al giorno, contro i 34,5 minuti registrato tre anni prima, nel dicembre 2004. Annualmente la diffusione totale dei 57 giornali che hanno più di 200mila copie è calata del 3,4%, ma questa percentuale è determinata in gran parte da alcune testate che perdono molto di più di altre, come ad esempio l’Orange County Register o il Miami Herald, che arrivano a perdere fino al 12%. Fra i 95 giornali medi, con diffusione fra 75.000 e 200.000 copie (perdita complessiva del 3,6%), rileva Snedeker, una dozzina di essi hanno ancora dei numeri positivi, come Las Vegas Review-Journal, Baton Rouge Advocate e Lincoln (Neb.) Journal Star, tutti in aumento di circa l’1%. Mentre fra i 403 quotidiani con una diffusione inferiore alle 75.000 copie, circa 50 sono in crescita. Ma forse la cosa più positiva da segnalare – aggiunge Snedeker – è che gran parte di questo calo di diffusione è stato pilotato dal management, che ha tagliato quella che gli editori chiamano diffusione-spazzatura, come le copie distribuite fuori dei mercati di riferimento o diffuse gratuitamente. Lo fanno anche per risparmiare soldi, naturalmente, oltre che per concentrare l’impegno nelle aree di radicamento. Per esempio l’Atlanta Journal-Constitution ha annunciato che taglierà la sua diffusione giornaliera del 2,2%, riducendo la propria distribuzione da 74 a 39 contee. Quanto pesa questa riduzione controllata rispetto al calo totale? Forse conta per il 50%, per cui il declino reale nell’ anno marzo 2007-marzo2008 sarebbe in realtà dell’1,8%, del tutto in linea con quelli degli ultimi anni. utenti dei quotidiani americani online anno Utenti unici %ricerca diretta 2004 39.969.158 26,04 1.414.249.638 Pagine viste Pag. visitate* 36,29 2005 52.406.635 34,44 2.352.773.119 2006 56.013.742 34,56 2.688.692.759 2007 63.052.143 38,2 2.868.760.593 Tempo di permanenza* Visite* 0:34:23 6,91 44,89 0:40:39 7,75 46 0:42:55 7,8 45,82 0:41:57 7,83 *per ogni persona-utente Fonte: World Association of Newpapers - Nielsen Netonline 38 Tabloid 3 6 / 2008 2007 L’osservatorio sull’estero Internet e free press stanno cambiando le strategie di marketing della carta stampata per recuperare la diffusione E in Inghilterra si tenta la diffusione mista Differente la strategia di alcuni giornali inglesi per contrastare la crisi. E’ quanto risulta da un’analisi di Followthmedia che durante gli ultimi due anni ha osservato molto da vicino due giornali locali inglesi che hanno assunto due diversi approcci per contrastare la drastica diminuzione delle vendite – The Manchester Evening News, che si è lanciato in una nuova strategia di marketing distribuendo gratuitamente 50 mila copie nel centro della città, mentre ha mantenuto le vendite in periferia, e il Birmingham Mail che è passato attraverso un rilancio completo concentrando la propria attenzione sulle notizie locali: ora è passato un tempo sufficiente per vedere cosa ha funzionato e cosa no. Il Manchester può affermare di aver aumentato la distribuzione del 34 per cento circa, raggiungendo il suo scopo iniziale di una tiratura totale di 180 mila copie, ma per arrivare a questo il giornale ha distribuito gratuitamente molte più copie di quante ne abbia vendute. Si pensava che avrebbe venduto circa due terzi del totale, e distribuito gratuitamente il terzo restante. Il Birmingham ha invece mantenuto il calo nella tiratura e ora sta riponendo la maggior parte delle sue aspettative in un sito Internet lanciato recentemente. I giornali locali inglesi soffro- Tabloid 3 / 2008 no dello stesso problema dei giornali metropolitani Usa: calo di vendite e pubblicità. Se c’è un motivo comune nei risultati che hanno ottenuto il Manchester e il Birmingham contro questi mali sembra essere che il modello dei giornali a pagamento non può essere ancora praticabile per i giornali non-nazionali, e deve essere sostituito forse da una combinazione di free press e copie a pagamento, più il sito Internet gratuito. A Manchester, gli ultimi dati sulla tiratura dell’Evening News mostrano una diffusione totale di 180.900 copie, delle quali 98.455 gratuite e 82.455 a pagamento. C’è uno scarto, rispetto alle 200 mila copie totali che i dirigenti dicevano che avrebbero voluto ottenere per la fine del 2007 ma il management sarà ugualmente soddisfatto per avere ottenuto la tiratura più alta tra tutti i giornali locali inglesi. Ma le cose non sono andate esattamente come i manager avevano sperato. L’idea originale, realizzata nel maggio 2006, era di distribuire in centro –dove il giornale vendeva solo 7 mila copie - 50 mila copie, e di continuare a vendere invece in periferia, dove la tiratura era intorno a 127 mila. L’idea era di conservare intatte le vendite in periferia, mentre la tiratura totale sarebbe balzata intorno alle 180 mila copie. In calo il venduto aumenta il gratuito I lettori di Manchester però la vedevano diversamente. Perché pagare per qualcosa che si può avere gratuitamente? Pian piano il giornale ha dovuto iniziare a distribuire gratuitamente sempre più copie – prima 60 mila, poi il numero ha raggiunto 92 mila fino a toccare ora le 100 mila. Ma in periferia quelle 127 mila copie che venivano vendute sono bruscamente crollate a 81 mila – un calo del 36 per cento – per cui l’obiettivo finale è stato raggiunto, ma non con i guadagni delle vendite che il giornale aveva auspicato. Solo nell’ultimo anno, le vendite sono calate del 13,5% e negli ultimi sei mesi del 6,4%, la peggiore performance tra tutti i giornali locali inglesi. Ma la cosa fondamentale, secondo il giornale, è che può ancora contare su quelle 180 mila copie per gli inserzionisti, e questo era lo scopo. Secondo Mark Rix, direttore di MEN Media, nel primo anno con l’abbinamento versione gratuita-a pagamento la pubblicità è cresciuta dell’8 per cento. Altri giornali come il Liverpool Post stanno adattando lo stesso modello, e stanno scoprendo che significa più giornali gratuiti di quanti ne avessero pianificato, ma questo sembra essere un trend per migliorare gli introiti pubblicitari, basato in parte sul fatto che le copie gratuite sono solitamente destinate ad un pubblico giovane, più desiderato dai pubblicitari. A Birmingham la situazione al Birmingham Mail non è migliorata nonostante lo sforzo enorme di focalizzare sulle notizie locali. Il giornale sapeva che avrebbe dovuto fare qualcosa di drastico quando fra il 2004 e il 2005 è stato colpito da un calo del 10 per cento e la tiratura è scesa sotto la soglia psicologica delle 100 mila copie. La risposta è stata un investimento di 1 milione di sterline e, per convincere i lettori che si trattava di un progetto diverso, la testata è tornata al nome originario del 1967, The Birmingham Mail. Le notizie locali che di solito venivano pubblicate nelle pagine interne sono passate in prima pagina. Le redazioni locali che erano state chiuse per mancanza di fondi sono state riaperte. *Libertà di stampa diritto all’informazione 39 La giornata Primo piano della memoria 3 maggio 2008: la categoria unita a difesa della libertà di stampa Il monito dei nostri eroi e di chi non vuole tacere I giornalisti hanno pagato un prezzo elevato nella lotta a terrorismo rosso e nero, a mafia e camorra. A chi vuole informare liberamente e rischia la vita, l’Unci ha dedicato un giorno commemorativo. Per ricordare le vittime del passato e sostenere i cronisti d’oggi di Guido Columba* Mafia, camorra, terrorismo rosso e nero, in Italia. Eserciti in lotta, guerriglieri, banditi, all’estero. Persone, luoghi, motivi diversi. Accomunati da un solo nemico: nel loro mirino ci sono i cronisti. Perché hanno il compito di raccontare alla gente quello che accade. La realtà vera, non quella di comodo che questo o quel potente o prepotente di turno vorrebbe accreditare come tale. E per essere fedeli al loro compito i giornalisti pagano un prezzo altissimo. Fino ad essere uccisi e feriti gravemente. Avviene da sempre e ovunque: ad Arlington, in Virginia, c’è un muro di vetro alto 7 metri al Journalists Memorial, sul quale sono incisi i nomi di oltre 1.800 giornalisti uccisi. Ogni anno l’elenco delle vittime si allunga. In Italia dal dopoguerra ad oggi troppo lunga è la lista dei giornalisti colpiti. A loro l’Unci (Unione nazionale cronisti italiani) ha dedicato la Giornata del 3 maggio 2008 in concomitanza con quella internazionale che l’Onu intitola alla libertà di informazione. Una Giornata per ricordare, ma anche per impegnarsi affinché ciò che è stato non sia più e i cronisti possano informare liberamente e senza correre il rischio di perdere la vita. Diceva il collega Tiziano Terzani che “la storia esiste solo se qualcuno la racconta”, ma la storia è la cronaca vista a distanza di tempo. Senza cronaca, dunque, non c’è storia, e senza storia non c’è coscienza del progredire della civiltà né delle battute di arresto o, a volte, dei ritorni indietro. E perché la cronaca sia veritiera occorre che i cronisti abbiano la possibilità e la capacità di raccontarla. Non è certo un caso che, ricevendo i vincitori del Premio Cronista 2002- Piero Passetti al Quirinale, l’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi abbia pronunciato per la prima volta la frase divenuta poi il leit motiv del suo rapporto con la stampa: “Il cronista è il Dna del giornalismo, tenete dritta la spina dorsale”. Né che il suo predecessore, Oscar Luigi Scalfaro, tutte le volte che incontrava i cronisti ripetesse “il fatto è il fatto e non lo può cambiare neanche DomineDio”. L’attuale Presidente, Giorgio Napolitano, in occasione del recente Congresso della Fnsi, ha richiamato “l’insostituibile funzione civile di una informazione libera e pluralistica e il suo ruolo essenziale nella crescita di una società democratica”. La Giornata, organizzata d’intesa con Federazione della Stampa e Ordine dei Giornalisti e che ha l’Alto Patronato del Presidente Napolitano e i patrocini del Presidente del Consiglio e dell’Unesco Italia, da un lato è il naturale proseguimento dell’attenzione dell’Unci a questo tema – già evidente con il Giardino della Memoria di Palermo, nel quale cronisti e magistrati piantano alberi in memoria di magistrati, giornalisti e uomini delle forze dell’ordine uccisi dalla mafia –, dall’altro realizza la celebrazione unitaria e contemporanea del ricordo di colleghi a ciascuno dei •L’indicazione per il “Giardino della memoria”, voluto da Comune, Unione cronisti e Associazione magistrati a Palermo. 40 Tabloid 3 6 / 2008 2007 La giornata della memoria Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: «L’esempio di tanti giornalisti deve essere memoria condivisa da trasmettere alle giovani generazioni». quali sono dedicate particolari commemorazioni, manifestazioni, Premi, Fondazioni, Associazioni impegnate in attività sociali e benefiche. È, naturalmente, anche una Giornata di impegno e mobilitazione: il doveroso omaggio ai colleghi che alla libertà dell’informazione hanno sacrificato la vita, o sono stati gravemente feriti, si deve coniugare con il sostegno ai molti, troppi, giornalisti che nella loro attività quotidiana subiscono minacce, intimidazioni, violenze e con la rivendicazione del pieno e libero esercizio della professione. Dalla Giornata saranno rafforzati gli interventi dell’Unci a difesa della libertà di informazione nei confronti di tutti coloro - criminali, magistrati, forze dell’ordine, politici, amministratori, potenti di ogni genere - che ostacolano l’informazione cercando d’impedirla, negando le notizie o arrivando anche a distorcerle ai loro fini, come si gioveranno anche le azioni per impedire che leggi, norme e circolari mettano ulteriori ostacoli al diritto-dovere di cronaca già così difficile da realizzare. Per sostenere la Giornata abbiamo anche chiesto un impegno al mondo politico, sempre prodigo di sperticati elogi per la funzione democratica fondamentale del giornalismo. Abbiamo sottoposto l’iniziativa al Presidente della Commissione antimafia Francesco Forgione, al Presidente della Commissione affari costituzionali della Camera Luciano Violante, al deputato Marco Boato. Il risultato è stata la proposta di legge n. 2735 per l’istituzione della “Giornata nazionale della memoria dei giornalisti uccisi dalla criminalità mafiosa e dal terrorismo” presentata il 5 giugno 2007 dall’onorevole Boato alla Camera. Tabloid 3 / 2008 La manifestazione in Campidoglio ha preceduto di pochi giorni la data del 9 maggio, anniversario dell’uccisione, nel 1978, dell’onorevole Aldo Moro, che una legge del 2007 ha stabilito sia il “Giorno della memoria”, al fine di ricordare tutte le vittime del terrorismo, interno ed internazionale, e delle stragi di tale matrice. L’impegno personale. Nessuno ha avuto la vocazione dell’eroe, ma tutti, indistintamente, non si sono mai accontentati della versione ufficiale o di comodo degli avvenimenti. Hanno fatto del giornalismo d’inchiesta, sono andati a vedere di persona, hanno raccontato cose che gli altri non vedevano o non volevano vedere, hanno collegato fatti, nomi, vicende scollegate tra loro per risalire alla verità. Sono stati animati da carica ideale ed etica e da passione civile e sociale. Diversi sono stati spinti anche da passione politica: in prevalenza di sinistra, anche accentuata, ma anche di destra. Cesarini, Colorni, Malatesta e Merli sono stati uccisi da fascisti e tedeschi. Il rapporto con la professione. Alfano, Impastato e Rostagno non erano iscritti all’Ordine dei giornalisti, lo sono stati d’ufficio dopo la morte. Russo non ha mai voluto farlo. Cutuli è stata promossa inviata speciale e Siani assunto a morte avvenuta. Le definizioni. Per il loro impegno nel descrivere la vera natura del terrorismo gli assassini hanno chiamato le loro vittime in vario modo. Tobagi: terrorista di Stato. Casalegno: servo dello Stato. Montanelli: schiavo delle multinazionali. Rossi: velinato del Ministero dell’Interno e piazza del Gesù. Ferrero: servo del Pci. Passalacqua: giornalista riformista. Bruno: pennivendolo di Stato. • Guido Columba, Lorenzo Del Boca, Franco Siddi e Romano Bartoloni alla commemorazione del 3 maggio. I misteri sulla morte. Pochi dei delitti commessi contro i giornalisti sono stati risolti. Nella maggior parte dei casi rimane inappagata la richiesta di giustizia e la constatazione che si sarebbe dovuto e potuto fare molto di più per individuare mandanti, esecutori, complici. Mancano, inoltre, quattro corpi: quelli di Baldoni, De Mauro, De Palo, Toni. La Giornata che celebriamo costituisce un dovere e un impegno. Il dovere di ricordare i colleghi che hanno pagato con la vita o con gravi sofferenze la loro determinazione a raccontare la verità. Cosa che abbiamo fatto anche assegnando il Premio Cronista alla memoria nel 1993 ad Alfano, nel 1994 a Luchetta, nel 1995 a Palmisano. L’impegno a difendere il diritto-dovere di cronaca e la libertà di stampa contro chi vorrebbe far tacere i giornalisti. È un impegno che l’Unci si è assunto e che intende mantenere con grande determinazione. E che da questa Giornata è uscito rafforzato. * Presidente Unione Nazionale Cronisti Italiani 41 La giornata della memoria un libro realizzato dall’unci per non dimenticare Loro sapevano troppo Ecco chi erano e, soprattutto, perché non sono più gli 11 cronisti uccisi in Italia, dagli anni Sessanta a oggi, per mano della mafia, della camorra o del terrorismo di Paola Manzoni 1 Non è solo la loro tragica, e spesso misteriosa fine ad accomunare gli 11 cronisti italiani protagonisti di queste pagine, messi a tacere da mafia, camorra e terrorismo. Il loro impegno sociale e il loro desiderio di denunciare (a rischio, appunto, della vita stessa) le distorsioni di un Paese in mano, a seconda dei casi e dei periodi, a mafiosi piuttosto che a terroristi li rendono simili al di là di ogni apparenza: professionisti seri e scrupolosi dell’informazione. A loro, e a tutti gli altri giornalisti uccisi-feriti-gambizzati in circostanze diverse dal dopoguerra a oggi all’estero o nel nostro Paese (da Ilaria Alpi ad Antonio Russo, da Maria Grazia Cutuli a Giuliana Sgrena) è dedicato il libro Giornata della memoria dei giornalisti uccisi da mafie e terrorismo realizzato dall’Unci e presentato lo scorso 3 maggio a Roma. Ecco qui di seguito chi erano e perché non sono più gli 11 giornalisti (con o senza tesserino in tasca) caduti in Italia dal 1960 al 1993. Mauro De Mauro (foto 1) Cronista di punta del quotidiano L’Ora di Palermo, sparisce nel nulla, a 49 anni, la sera del 16 settembre 1970, vittima di una “lupara bianca” in piena regola. Ai tempi della scomparsa, De Mauro lavorava al “caso Mattei”, ma per un decennio aveva seguito per L’Ora le principali inchieste sulla mafia e i più importanti casi di cronaca, diventando una vera spina nel fianco dei mafiosi. Sulla sua sparizione, sono state molteplici le ipotesi circa moventi e mandanti. Carlo Casalegno (foto 2) Vicedirettore de La Stampa, il 16 novem- 42 bre 1977 riceve quattro proiettili alla testa da parte delle Br, che lo avevano individuato come obiettivo in quanto “servo dello Stato”. Dopo due settimane di coma, Casalegno muore il 29 novembre a 61 anni. A La Stampa Casalegno lavora per 30 anni, ricoprendo il ruolo di vice direttore dal 1968, con Alberto Ronchey prima e Arrigo Levi dopo. “Terrorismo e chiusura dei covi” è il titolo del suo articolo pubblicato sul quotidiano torinese una settimana prima dell’attentato. Beppe Alfano (foto 3) Collaboratore del quotidiano La Sicilia, viene assassinato la sera dell’8 gennaio 1993 a Barcellona, trentesima vittima della mafia in un anno nel paese siciliano. Giornalista (ma iscritto all’Ordine d’ufficio solo dopo la sua morte) scomodo, impiccione, amico dei magistrati, si occupava (troppo) di appalti pubblici, traffici di armi e di droga. L’esecutore dell’omicidio è stato individuato in Antonio Merlino, condannato a 21 anni e mezzo di reclusione, ma tanti sono ancora i quesiti aperti. Mario Francese (foto 4) Con il suo assassinio, il 29 gennaio 1979 a 54 anni, per i magistrati si apre “la stagione dei delitti eccellenti”. Protagonista per il Giornale di Sicilia della cronaca giudiziaria e del giornalismo d’inchiesta siciliano, Francese rappresenta un pericolo per la mafia corleonese emergente. Viene eliminato per mano di Leoluca Bagarella e su ordine di Totò Riina, Raffaele Ganci, Francesco Madonna, Michele Greco. Porta la firma di Francese l’unica intervista a Ninetta 2 3 4 5 6 Tabloid 6 / 2007 La giornata della memoria •In queste foto, gli 11 cronisti italiani vittime di mafia, camorra o terrorismo negli anni dal dopoguerra a oggi. Uccisi, da Milano a Trapani, per le loro inchieste e le loro indagini che spesso portavano a parlare di collusioni tra mafia e politica, di traffici d’armi e tentativi di golpe. Eliminati per non farli più parlare. 7 8 9 10 11 Bagarella, moglie di Totò Riina. Giuseppe Fava (foto 5) Cinque colpi calibro 7.65 alla nuca lo freddano la sera del 5 gennaio 1984, poco dopo aver abbandonato la redazione del mensile I Siciliani, da lui fondato nel 1982, dopo una lunga esperienza a Espresso Sera e alla direzione del Giornale del Sud. Collusioni tra mafia, politica e imprenditoria sono di frequente tema delle inchieste che commissiona e pubblica in qualità di direttore del suo mensile. Nel 2003 la Cassazione condanna all’ergastolo il boss Nitto Santapaola, riconosciuto quale mandante del delitto. Mauro Rostagno (foto 6) Il 26 settembre 1988, a 46 anni, viene assassinato in contrada Lenzi (Trapani), poco distante dalla comunità Saman per il recupero dei tossicodipendenti da lui fondata, dopo anni movimentati vissuti in giro per l’Europa prima e in Italia poi, come animatore del Movimento Studentesco e come uno dei fondatori di Lotta Continua. Dopo la parentesi indiana e durante la vita di Saman, Rostagno lavora anche per RadioTeleCine, denunciando le collusioni tra mafia e politica locale. Una morte, la sua, rimasta impunita. Giuseppe Impastato (foto 7) Una carica di tritolo messa sotto il suo corpo adagiato sui binari della ferrovia: così muore a 30 anni, nella notte dell’8 maggio 1978, Giuseppe detto Peppino. Nato da una famiglia mafiosa, si distingue fin da giovane per la sua attività politico-culturale antimafiosa, fondando il giornalino L’Idea Socialista prima e Radio Aut poi, dalle cui frequenze sbeffeggia politici e mafiosi. Per il suo omicidio, Gaetano Badalamenti riceve un ergastolo e Vito Palazzolo 30 anni di reclusione. Giovanni Spampinato (foto 8, con i genitori) Mentre segue per il quotidiano L’Ora di Palermo, di cui è corrispondente da Ragusa, l’omicidio di Angelo Tumino, viene ucciso a revolverate dal collezionista d’armi Roberto Campria, sospettato proprio da Spampinato di essere coinvolto nel delitto Tumino. È il 27 ottobre 1972 e Giovanni, già autore di inchieste su sospette attività di neofascisti locali, ha 26 anni. Campria si costituisce e viene condannato a 14 anni, di cui ne sconta solo 8 in un manicomio giudiziario. Walter Tobagi (foto 9, al centro) 28 maggio 1980, ore 11: Marco Barbone e Mario Marano, della Brigata 28 Marzo, mettono fine a Milano alla vita del trentatreenne giornalista del Corriere della Sera, nonché presidente dell’Associazione lombarda dei giornalisti. Scrittore e docente universitario, Tobagi ha una passione per i temi sociali, dell’informazione, della politica, del movimento sindacale. Ma, soprattutto, si dedica con passione alle vicende del terrorismo, seguendo passo passo, per il quotidiano di via Solferino, gli “anni di piombo”. Cosimo Cristina (foto 10) Il suo cadavere viene rinvenuto, sui binari della ferrovia, il 5 maggio 1960, dopo due giorni di ricerche. Si parla, con poca convinzione e nessuna prova, di suicidio. Cosimo ai tempi ha 24 anni ed è corrispondente del quotidiano L’Ora di Palermo da Termini Imprese. Gli intrecci tra mafia e politica nella zona delle Madonie sono al centro dei suoi articoli e delle sue inchieste, ma ciò non basta per dare una risposta certa alla sua morte. Giancarlo Siani (foto 11) Le sue inchieste sui boss della camorra napoletana animano le pagine de Il Mattino, sotto la direzione di Pasquale Nonno. Ed è un suo articolo sull’arresto del boss Valentino Gionta e su una presunta soffiata del clan Nuvoletta a firmare la sua fine: Giancarlo Siani viene assassinato a 26 anni all’uscita della redazione centrale del quotidiano partenopeo, dal quale era in attesa di essere assunto. È la sera del 23 settembre 1985. Alla sua morte, Siani verrà assunto. 43 Colleghi in libreria Dai quotidiani a internet, passando per la televisione Un’informazione migliore con i nuovi media? La crisi della stampa, il consolidamento della tv, l’esplosione delle notizie online analizzati da due studiosi di storia del giornalismo e da autorevoli esperti. Un viaggio dagli anni Settanta a oggi, per capire a che punto siamo e dove stiamo andando a cura di Antonio Andreini I profondi rivolgimenti avvenuti nel campo dell’informazione con la diffusione di Internet ci pongono di fronte a un cruciale problema: Internet si trasformerà in fattore di democratizzazione, contribuendo a far circolare idee e progetti, oppure indurrà quanti se ne servono a recepire acriticamente quanto scorre sulle barre di navigazione? Da profondi conoscitori di storia della stampa italiana, Valerio Castronovo e Nicola Tranfaglia si pongono questo fondamentale quesito nella riedizione del volume a più voci La stampa italiana nell’età della TV- Dagli anni Settanta ad oggi. I due autorevoli studiosi, così come tutti gli altri autori, hanno aggiornato e ampliato le loro analisi sulle vicende e sugli aspetti più significativi dello sviluppo dei mezzi di comunicazione in Italia nell’ultimo quarto di secolo. Grande attenzione viene dedicata all’influenza della televisione sulla stampa e sul mercato pubblicitario GLI AUTORI Valerio Castronovo (già ordinario di Storia contemporanea) e Nicola Tranfaglia (già professore di Storia d’Europa e di Storia del giornalismo), sono validi divulgatori e hanno pubblicato in coppia opere fondamentali, come La stampa italiana del neocapitalismo (1976) e Storia della stampa italiana (6 volumi 1976-80), tutte con Laterza. 44 e gli aggiornamenti prendono in esame, in particolare, i problemi portati dalla diffusione di Internet e delle notizie on-line. Oggi, in realtà, non è più possibile tenere separati i discorsi che riguardano i diversi media e, come sottolineano gli stessi autori nella premessa a questa seconda edizione: «si sono moltiplicati gli interrogativi sul mondo dell’informazione, sulle sue funzioni e sui suoi standard qualitativi, sulle sue prospettive e sulla sua stessa sorte. … Si pone oggi con forza particolare il problema della salvaguardia della libertà di espressione e di pensiero attraverso i mezzi di comunicazione di massa, dai giornali alla radio, alla televisione». Per fare il punto su tutto quanto è avvenuto da noi e sulle prospettive future, Castronovo e Tranfaglia hanno raccolto i contributi di una ventina di specialisti, a ciascuno dei quali è stato richiesto l’approfondimento di un tema che li vede particolarmente competenti. La complessità dei vari capitoli e i nomi stessi dei loro autori rendono bene l’idea della completezza di questo voluminoso saggio -conta oltre 700 pagine-, strumento indispensabile di conoscenza dell’intricato binomio stampa-televisione. Mentre Tranfaglia e Paolo Murialdi affrontano il tema basilare “Crisi, sviluppo e concentrazione dei principali quotidiani negli ultimi 25 anni”, Castronovo traccia il profilo del “Sistema editoria e l’industria dell’informazione”. Marco Gambero e Franco Monteleone trattano poi di radio e televisione, mentre superspecialisti come Mario Isnenghi, Ugo Volli, Giampaolo Ormezzano, Laura Lilli e Gerolamo Fiori si addentrano, rispettivamente, nelle realtà della stampa quotidiana locale, dei settimanali, della stampa sportiva, femminile ed economica. Su temi di carattere più generale si impegnano altre firme autorevoli: da Furio Colombo (“Come si fa informazione”) a Marino Livolsi (“Profilo dei lettori della stampa quotidiana e periodica”), a Giovanni Becchelloni (“La difficile identità dei giornalisti”) a, ultimo ma decisamente stuzzicante, Mario Grandinetti, che compila un’essenziale cronistoria di quotidiani e televisioni con particolare riferimento alle loro proprietà. V. Castronovo e N. Tranfaglia: La stampa italiana nell’età della TV, Laterza, Bari, 2008, pagg. 745, € 24 Tabloid 3 / 2008 Colleghi in libreria Fancesco Siliato: Televisione digitale, Maggioli Editore, Sant’Arcangelo di Romagna (RN), 2007, pagg. 214, € 16 Stop al duopolio Rai-Mediaset L’informazione non solo radiotelevisiva, ma anche cartacea, soffre di una condizione limitativa determinata dal perdurare del duopolio RAI-Mediaset, che si appropriano di circa il 90% di tutti i proventi pubblicitari tv. Per sbloccare questa strozzatura sarebbe necessaria una riforma in senso “liberatorio” del sistema radiotelevisivo, resa possibile dalle nuove tecnologie di trasmissione, in particolare quella digitale. Proprio a questa innovativa tecnologia, che permetterebbe un sensibile ampliamento dei canali e quindi una pluralità di voci, dedica un esauriente e chiarificatore saggio Francesco Siliato, giornalista, titolare della rubrica Zapping sul Sole 24Ore e docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi a Milano. Autore di numerosi saggi sul sistema della comunicazione e sui meccanismi dei media, Siliato con Televisione digitale-Dalle origini al ddl Gentiloni: un progetto liberale per uscire dall’oligopolio fa il punto sullo stato dell’arte del passaggio al digitale, ne illustra le istanze sociali ed economiche e ne analizza la normativa che lo frena e quella che lo potrebbe facilitare. La TV digitale è attesa proprio come un momento di “liberalizzazione” della trasmissione di programmi radiotelevisivi: il passaggio al digitale dovrebbe comportare, infatti, nuovi e più svariati fornitori di contenuti e offerte, quindi rinnovata modalità di consumo d’informazione e intrattenimento. Tabloid 3 / 2008 Nell’ottobre 2006, l’allora ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni ha presentato alla Camera il disegno di legge AC 1825, secondo il quale la televisione digitale è destinata a diventare il modo elettivo di trasmettere i programmi. Ma, tra le molte inadempienze del governo Prodi c’è anche quella della mancata riforma del sistema radiotelevisivo secondo il disegno Gentiloni. Tocca ora al nuovo governo non “dimenticarsi” di una riforma fondamentale per il pluralismo dell’informazione, a tutto vantaggio di una democrazia compiuta, reale. A caccia di... vecchi colpevoli In Italia, di molti, troppi delitti non si riesce a trovare i colpevoli. E, nonostante il clamore mediatico del momento, di tutto e di tutti l’opinione pubblica presto si scorda. Così non fanno i buoni cronisti, che spesso tolgono dall’oblìo vecchi delitti impuniti e li ripresentano più “vivi”che mai. Come ha fatto Gabriele Moroni, inviato speciale de Il Giorno e già segretario dell’0rdine dei giornalisti lombardo, con l’avvincente Per denaro e per amore, pubblicato da Mursia nella collana “Gialli italiani irrisolti”. Qui si ricostruiscono sessant’anni di delitti lombardi privi di soluzione: da quello di Gina Ruberti, sfortunata nuora del Duce, a quello di Simonetta Ferrero, assassinata alla Cattolica, dalla strage agreste di Montù Beccaria all’omicidio del professor Klinger, noto endocrinologo milanese. Gabriele Moroni: Per denaro e per amore-Misteri lombardi: omicidi senza colpevoli, Mursia Editore, Milano, pagg. 187, € 14 Arrivati in redazione Claudio Magris: La storia non è finita, Garzanti Editore, Milano, 2008, pagg. 239, € 9,50. Una raccolta “impolitica” di articoli apparsi sul Corriere della Sera a partire dal 1998. Viviano Domenici: Alla ricerca di sette meraviglie, Ponte alle Grazie, Milano, 2008, pagg. 182, € 12. Alla scoperta di sette “nuove” meraviglie del mondo, guidati dalla curiosità del giornalista e dalla competenza dell’esperto. Mario Pancera: Le donne di Marx, Rubbettino, Soveria M. (CZ), 2007, pagg. 108, € 10. Un ricordo toccante dell’esistenza difficile delle sei donne di casa Marx: virtù e difetti della madre, della moglie, delle tre figlie e della governante. Milena Gabanelli: Cara politica, Bur-Rai Trade, Milano, 2007, €19,50. Un DVD di 180 minuti con quattro inchieste realizzate da “Report” e un libro di 124 pagine che ripercorre come sono state condotte, davanti e dietro le videocamere. Agostino Picicco: Roghi accesi dal maestro, Ed. Insieme, Terlizzi (BA), 2007, pagg. 121, € 7,50. La vita, l’operato, gli scritti e il compito magistrale di don Tonino Bello. E gli aspetti culturali del suo impegno pastorale. I 45 I numeri in quest’ultima pagina la nostra realtà “fotografata” in cifre 173 professionisti 386 praticanti pubblicisti 108 elenco speciale 2 miliardi 241 mila 097 euro Sono gli investimenti pubblicitari netti nel periodo gennaio-marzo 2008 suddivisi tra: televisione 1,2 miliardi (+1,8%), omogeneo dell’anno precedente); stampa 698 milioni (-1,2%), di cui 425 milioni (-4,4%) sui quotidiani (senza free/ pay press) e 273 milioni (+4,1%) sui periodici; radio 115 milioni (+9%); Internet 74 milioni (+30,7%); affissioni 55,5 milioni (+16,4%); cinema 13,4 milioni (-4,7%); card 1,3 milioni (+97,7%). 100 Sono le nuove iscrizioni all’Ordine dei giornalisti della Lombardia dal 1/1/2008 al 31/5/2008. 8 miliardi 783 mila 486 euro È il totale degli investimenti pubblicitari netti nel periodo gennaio-dicembre 2007 suddivisi tra: televisione 4,6 miliardi (+1,2%), omogeneo dell’anno precedente); stampa 3,1 miliardi (+3%) di cui 1,7 miliardi (+3,3%) sui quotidiani (senza free/pay press) e 1,3 miliardi (+2,5%) sui periodici; radio 476 milioni (+8%); Internet 281,9 milioni (+42,7%); affissioni 200,6 milioni (+1,9%); cinema 69,7 milioni (-8,4%). quotidiani di provincia della lombardia Testate Tirature medie 2006 %06/05 2005 %05/04 BresciaOggi 16.570 1,19 16.375 1,64 Gazzetta di Mantova 40.536 -2,03 41.374 Giornale di Brescia 61.105 -2,45 62.637 Nuovo Giornale di Bergamo 4.008 -29,27 Diffusioni medie 2006 %06/05 2005 %05/04 9.736 0,46 9.690 1,14 -1,4 34.389 -2,36 35.221 -0,14 -2,75 47.141 -2,06 48.132 -3 5.667 39,48 L’Eco di Bergamo 65.259 -1,2 66.930 -0,93 1.923 -36,88 2.999 55,95 55.337 -0,31 La Prealpina di Varese 28.364 -7,9 30.765 0,92 La Provincia di Cremona 28.048 -1,15 28.375 1,5 21.872 -11 24.575 -1,42 22.112 -0,75 22.279 -0,13 La Provincia di Como 55.978 6,22 52.702 2,6 42.208 La Provincia Pavese 27.785 -0,63 27.962 -2,19 21.809 3,32 40.863 -2,16 22.119 -2,2 54.618 -1,3 -1,4 Fonte: Fieg 46 Tabloid 3 / 2008