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La storia del turismo in Italia: alcune recenti pubblicazioni di Monica Masutti Lo studio della organizzazione e della gestione del tempo libero nelle società contemporanee appare ricco di implicazioni e di stimoli interpretativi, infatti, dallo scorcio conclusivo dell’Ottocento e nel corso del ventesimo secolo, vacanze e sport si sono trasformati: non sono stati più dei fenomeni marginali o complementari, ma parte integrante della vita sociale322. L’avvio della ricerca su queste argomentazioni è stata contrastata e tardiva, ma, andando avanti negli anni, gli studiosi hanno allargato i loro campi del sapere lasciandosi coinvolgere dallo studio della storia sociale e dalle sue implicazioni. Come sottolinea Zefiro Ciufoletti «la conquista del tempo libero, borghese e popolare, segna il passaggio dalla dominazione della sfera del privato, domestico e religioso, al pubblico, spettacolare, visibile, laico. Veicolo di socializzazione e di civilizzazione, il tempo libero è stato conquista sindacale e politica per le masse, ma anche strumento di controllo e di irregimentazione delle stesse».323. L’autore attraverso queste poche righe sottolinea la complessità del fenomeno espressione della libertà della società civile, ma contestualmente oggetto di intervento statale, dei modelli offerti dal settore industriale, del consumo della civiltà di massa e della globalizzazione. Il viaggio, infatti, irrompendo nella vita degli uomini, si ricollega alla politica, all’economia, all’architettura, all’urbanistica, alla gastronomia, al costume e non ultime alla letteratura e alla cinematografia. Verso la metà degli anni Novanta autori nazionali e internazionali iniziano ad aprirsi a questi studi e, con il nuovo millennio, la produzione è diventata molto eterogenea e sempre più intensa. La sua duttilità rende difficile fornire un quadro preciso e completo di tutte le opere fino a oggi pubblicate, ma è interessante comunque ricostruire, attraverso alcune pubblicazioni soprattutto di autori nazionali, alcuni aspetti essenziali di questo ramo di studi. Il turismo, come viene considerato oggi, è un fenomeno moderno che ha avuto una rapida evoluzione. Tra i vari strumenti che la storiografia sul tema ha messo in atto in tempi recenti per studiarne gli impatti economici, ecologici e sociali vi sono anche la letteratura e il cinema, ma, a dire il vero, anche il teatro, come archetipo del testo di finzione, andrebbe analizzato (basterebbe ricordare la trilogia della villeggiatura di Goldoni). Questo in un’Italia che, a sua volta, era meta ideale e obbligatoria della “meglio gioventù” intellettuale europea: dalla francese, alla tedesca e alla britannica. Ma come si arriva da questi viaggi di formazione alla nascita dell’industria turistica? N. Gallerano, Introduzione al convegno; i n Tempo Libero e Società di massa nell’Italia del Novecento, Franco Angeli, Milano, 1995, p.10. 323 Z. Ciufoletti, Tempo libero tra sociabilità e organizzazione del consenso (idee per un bilancio); in cfr. Tempo Libero e Società di massa nell’Italia del Novecento, p. 12. 322 186 In questa ottica si muove, a partire appunto dall’ultimo decennio del secolo scorso, Attilio Brilli. Tra le sue numerose opere storiche, che spaziano in molteplici direzioni sul tema, spicca nel 1995 la pubblicazione di Quando viaggiare era un’arte. Il Romanzo del Grand Tour, un testo nel quale lo studioso ripercorre in chiave artistico-letteraria quelle che sono state tra il XVI e il XIX secolo le esperienze, le sensazioni, i gusti di coloro che decidevano di iniziare il loro viaggio attraverso l’Europa e l’Italia. L’amore della varietà, ossia la curiosità di vedere cose nuove, che è poi la medesima passione o una passione affine, sembra tessuta della struttura stessa di ogni figlio o figlia di Adamo. Di solito ne parliamo come di una frivolezza della natura, ma essa è radicata in noi allo scopo di stimolare la mente verso sempre nuove indagini e conoscenze; senza di essa, temo che la nostra mente finirebbe per sonnecchiare senza mai voltar pagina e noi tutti ci appagheremmo degli oggetti che ci vediamo intorno nella parrocchia o nella regione dove abbiamo emesso il primo vagito. A questo sprone che ci pungola costantemente dobbiamo il desiderio di viaggiare, e tale passione, non più delle altre, non è cattiva in sé – lo è solo se usata in maniera sbagliata e eccessiva. Usata in maniera giusta i vantaggi che ne derivano valgono gli sforzi della ricerca – e il principale di tali vantaggi consiste nell’apprendere le lingue, nel conoscere le leggi e i costumi, gli interessi e le forme di governo delle altre nazioni. Con queste parole Sterne esplica le finalità del Grand Tour e della figura del viaggiatore che tra il XVI e XVIII secolo si identifica soprattutto con i rampolli delle classi aristocratiche e borghesi che si recavano in Europa per arricchire le loro anime e soprattutto per ricevere quel completamento necessario alla loro educazione324. La superiorità italiana rispetto alle altre nazioni europee era innegabile: le bellezze naturali, i tesori dell’arte e le ideali condizioni climatiche sono state le fondamenta per il movimento de’ forestieri, il quale solo in un secondo momento vide stravolgere per ragioni speculative il suo regolare e naturale andamento esasperando le nazioni ad una concorrenza spietata che degenerò nella «caccia al forestiero»325. Questo perché nel corso dei secoli il turismo ha subito una variazione dal suo significato iniziale: nel passato il suo nome voleva indicare un fenomeno naturale di movimento, mentre nell’età moderna il suo rapido acceleramento lo ha identificato con l’industria del forestiero; come afferma E. Chaix: «dans son histoire le tourisme nous offre tout d’abord cette particularité d’être à la fois très ancien et tout moderne, vieux comme l’humanité et creation d’hier»326. La storia del turismo in origine è quella del viaggio; il desiderio di viaggiare, di esplorare, di conoscere il mondo è insito nella natura umana, ma nel corso dei secoli il viaggio ha subito una rapida trasformazione che ha provocato un cambiamento radicale nelle modalità e nella tipologia del viaggiatore che si è andato adeguando all’evoluzione della società. Emblematico è il fatto che 324 325 326 A. Brilli, Quando Viaggiare era un’arte. Il romanzo del Grand Tour, Bologna, Il Mulino, 1995 p. 19. G. Tabacchi, Turismo ed Economia. Aspetti economici del fenomeno turistico, Roma, 1934. E. Chaix, Une industrie nouvelle. Le tourisme in Revue de deux mondes del 1° gennaio 1932 187 l’Italia e la sua Capitale erano dapprima considerate dallo straniero dei luoghi magici che meritavano di essere studiati, ammirati, dipinti o semplicemente visitati con gli scritti di Byron e Chateaubriand che la decantano: Roma bisogna percorrerla al lume della luna: allora uno resuscita i morti, essi balzano fuori dalle loro tombe, e cominciano a dar vita alle rovine, a popolarle: re e imperatori, eroi e sapienti, papi e tribuni, cardinali e baroni del Medioevo. Montiamo su al Palazzo dei Cesari … Ai nostri piedi si estende, immerso nel sortilegio lunare, il Colosseo, simbolo della colossale storia dei Cesari , in cui questa Roma convogliò il sangue di tutto il mondo. [...] Dovunque penetri lo sguardo, dappertutto emergono le macerie della storia, tutto tace come sotto la forza di un incantesimo. E ancora riportando Thomas Gray, l'amore verso l'Italia non si identifica solo con Roma: «Non appena si lasciano i territori di Sua Santità, le cose cominciano a mutare d'aspetto, le piante incolte diventano boschi di olivi e campi ben arati, divisi a tratti da filari d'olmi [...] Le immense e annose ficaie, gli aranci in piena fioritura e, in ogni siepe, il mirto compongono le scene più belle che tu possa immaginare»327. Sempre di Brilli ricordiamo gli itinerari evocativi tracciati nell'Italia centrale e descritti nel Viaggiatore immaginario (1997) e nel Viaggio in Italia. Storia di una grande tradizione culturale, edito nel 2006, dal Mulino. In questo testi va sottolineato come abbiano suscitato un grande interesse sia per gli studiosi del settore, ma anche per coloro che vogliono vivere attraverso le esperienze dei filosofi, dei giovani, dei commercianti, e dei diplomatici dell’epoca, i paesaggi e le curiosità della nostra penisola attraverso gli occhi degli stranieri che visitavano l’Italia alla ricerca di nuove emozioni poiché era considerata il baricentro della cultura. In questo scritto Brilli mette in luce tutti gli aspetti, le motivazioni e le implicazioni di questo fenomeno che ha spinto nel passato i viaggiatori di tutt’Europa a partire alla ricerca del sapere. Il lettore ripercorre il passato, grazie ad una accurata ricostruzione frutto di un’approfondita e matura conoscenza di quelle che sono «secondo il canone chabodiano», le fonti primarie e secondarie: materiali d’archivio, reperti, diari dei viaggiatori, opere bibliografiche, trasmesse al lettore con un linguaggio leggero e coinvolgente che ci mostra il volto di una doppia Italia. Quella più conosciuta e da sempre evocata nelle diverse ricostruzioni storiche e l’altra quella che forse è sfuggita all’epoca anche agli italiani, e frequentata solo dai viaggiatori più appassionati, dai più curiosi alla ricerca di quei luoghi incontaminati che solo l’Italia sapeva offrire. Sempre di Brilli Il viaggio in Oriente (2009), Dove finiscono le mappe (2012). Storie di viaggi e di commerci (2013), e per concludere con Gerusalemme, La Mecca, Roma. Storie di pellegrinaggi e di pellegrini (2014). Da segnalare, sempre lungo questo crinale, il saggio di Renata de Lorenzo, Modelli europei e mondiali per il turismo italiano: la “Rivista di viaggi” della Thomas Cook (1926-1938), il quale 327 Cfr. A. Brilli, Quando Viaggiare era un’arte. Il romanzo del Grand Tour; p.73. 188 mira ad evidenziare, attraverso lo studio di alcune riviste specifiche, i cambiamenti che iniziarono a maturare nella società fascista dove Mussolini, una volta insediatosi alla guida dello Stato italiano, percepisce l’importanza che il turismo ha nella bilancia economica del paese da qui l’esigenza di coniugare il modello privatistico della Thomas Cook, riferito a un’élite aristocratica, con la politica di statalizzazione del settore che il fascismo aveva iniziato a intraprendere per mezzo dell’Enit, un ente parastatale. Negli anni Trenta Mussolini è consapevole che il turismo oltre alle sue importanti motivazioni economiche può essere utilizzato dal Regime per la costruzione della politica del consenso, così, tramite l’ausilio di diverse organizzazioni create appositamente dal suo entourage in questi anni, come l’opera nazionale dopolavoro e l’opera nazionale balilla, collabora promuovendo una serie di iniziative come i treni popolari, le gite domenicali, le colonie marine, i campi dux, organizzando così il tempo libero della fascia bisognosa della popolazione, che il regime controlla e irreggimenta le masse attraverso i fenomeni di socializzazione 328. La contrapposizione tra le diverse classi sociali viene esplicata dalla De Lorenzo già nell’apertura del suo scritto con l’utilizzo della cinematografia, l’autrice descrive la scena di un film di Mario Camerini girato nell’Italia del ’37, “II signor Max” dove un intraprendente Vittorio De Sica nel ruolo di un giornalaio viene scambiato per il conte Max e da qui l’inizio di una doppia vita in un ambiente diverso dal suo che lo attrae. Come afferma l’autrice, nel film si susseguono una serie di problematiche tipiche del dualismo di classe inserite in un contesto che ha come sfondo il viaggio e il loisir considerati appannaggio esclusivo dei ceti nobiliari e borghesi i principali destinatari della Rivista di viaggi della Cook. Altro taglio è quello di Patrizia Battilani la quale, nel 2001, ha pubblicato il volume Vacanze di pochi, vacanze di tutti. L’evoluzione del turismo europeo (Il Mulino), che rappresenta una prima ricostruzione divulgativa delle vicende del settore turistico con un primo approfondimento del contesto economico. Sempre della stessa autrice esce nel 2003 la Storia del turismo, pubblicata da Laterza, la quale suddivide il fenomeno storico del turismo in quattro epoche diverse, mostrando quelle che sono - a suo avviso - le caratteristiche fondamentali di tale argomento: la sua duttilità nell’adattarsi alle esigenze delle diverse epoche, segnate dal Grand tour, dai pellegrinaggi, dai soggiorni balneari e montani, dalle cure termali dalle crociere; il profondo legame che esso ha sempre conservato con i valori etici e culturali della società, dove le valenze morali ed estetiche hanno segnato nel corso del tempo il destino delle diverse forme turistiche, determinando il fascino di certi luoghi o l’ostracismo verso altri ed infine il crescente sviluppo economico del settore dettato dal diffondersi della vacanza nella società di massa329. Inoltre, la Battilani, studiosa di storia economica, sostiene che negli ultimi anni si è andata sviluppando una letteratura di studi turistici in Cfr. R. De Lorenzo, Modelli europei e mondiali per il turismo italiano: la “Rivista di viaggi” della Thomas Cook (1926-1938) in Storia del turismo, Annale 2002, a cura di A. Berrino. Vol. III, Franco Angeli, Milano, 2002, pp. 55-93. 329 P. Battilani, Storia del turismo, Editori Laterza & Figli, Roma-Bari, Prima edizione, 2003. 328 189 chiave storica che ha portato a trascurare l’importanza del ruolo svolto dal turismo nel contesto dell’economia nazionale, per questo ha invitato gli studiosi della materia a fornire dei contributi che hanno permesso la realizzazione dell’ottavo numero della Storia del turismo: le imprese, edito nel 2011. Da questi saggi emerge innanzitutto l’individuazione di una serie di fonti archivistiche finora scarse e frammentarie - di alcune grandi imprese che rappresentano il punto di partenza di u n a business history, che ha come obiettivo la ricostruzione e l’analisi inedita delle imprese turistiche e delle reti da esse create330. Diversamente storici come Berrino331, Pivato332 e Jeraldi333 partendo dal quesito Perché viaggiare?334 si sono proposti nelle loro opere di fornire una lettura in chiave storica del turismo e delle relative implicazioni nella vita sociale ed economica, ove l’Italia si colloca con ritardo rispetto alle altre nazioni europee. Berrino afferma che gli ultimi due secoli, fondamentali per lo sviluppo di questa attività, hanno visto la sua rapida trasformazione: viaggio erudito, viaggio romantico o sensoriale, viaggio curativo, esperienza educativa e civile fino alla sua trasformazione in evasione dalle fatiche quotidiane che vede lo Stato diventare un soggetto attivo. I tre autori sono concordi nell’evidenziare la profonda e rapida metamorfosi che il turismo ha subito nel corso degli ultimi due secoli, ponendo le sue radici già nel secolo dei lumi con il viaggio moderno, quando una piccola élite appartenente all’aristocrazia iniziò a spingersi verso la scoperta dei territori limitrofi per conoscere i paesaggi naturali e le culture dei popoli soprattutto dell’area euromediterranea. Nel Romanticismo la fase cognitiva lasciò il passo a quella sensitiva e la Rivoluzione industriale coinvolse l’Europa e il resto del mondo in quel processo di grandi trasformazioni che videro l’affacciarsi di una nuova classe, la borghesia, che cambiò radicalmente le basi del turismo, trasformandolo da mera attrazione cognitiva in viaggio di diporto, dando il via a quel processo economico ed industriale fondamentale per lo sviluppo dell’Italia e di molti Stati Europei335. Tra le tante forme di viaggio che inizialmente coinvolsero le élite aristocratiche analizzate da questi autori con dovizia di particolari Jeraldi mostra nella sua Storia del viaggio e del turismo in Italia la trasformazione maturata nel XIX secolo tra il «viaggiatore» e il «turista». L’Italia, terra di bellezze naturali, artistiche, archeologiche, culla dell’Impero romano e della Chiesa cattolica, è sempre stata da tempi memorabili una delle mete preferite dei viaggiatori che, in tempi più recenti P. Battilani (a cura di) Storia del turismo: Le Imprese, Franco Angeli, Milano, 2011, p. 9. A. Berrino, Storia del turismo in Italia, Il Mulino, Bologna, 2011. 332 S. Pivato, Il Touring Club Italiano, Il Mulino, Bologna, 2006. 333 A. Jeraldi, Storia del viaggio e del turismo in Italia, Mursia, Milano, 2012. 334 Seneca, Lettere a Lucilio, XVII-XVIII, 104, 13-19, trad. di G. Monti Rizzoli, Milano 1996, p. 881-85, cfr. P. Battilani, Storia del turismo, 2003 pp.13-14. 335 Cfr. A. Berrino, Storia del turismo in Italia. 330 331 190 diventano turisti non più spinti da ragioni esclusivamente economiche, diplomatiche o religiose ma anche da fini personali dettati dall’idea del semplice svago o da soddisfazioni personali336. In questi studi riferiti a un passato lontano gli autori considerati si alternano, si sovrappongono, mostrano al lettore le molteplici sfaccettature di una tematica che offre ampi spazi e profondi confronti tra passato e presente e che ha tanti aspetti che devono essere ancora esplorati dalla storiografia. Per oltre due secoli, dal Seicento all’inizio dell’Ottocento la moda del Grand Tour – sottolinea Pivato nel Touring Club Italiano – contagia soprattutto le classi aristocratiche inglesi. Il viaggio nel belpaese era considerato agli inizi del Seicento una forma educativa di eccellenza per i giovani rampolli della società aristocratica e rappresentava come scrisse Francis Bacon il decalogo del grandturista337. In circa un secolo cambiò il modo di scoprire l’Italia, di viaggiare. Pivato ha evidenziato come, a partire dalla seconda metà del settecento il Grand Tour, subì una serie di metamorfosi coinvolgendo non solo i viaggiatori provenienti dalle élite di tutta Europa, ma anche dall’America del nord che ampliarono i loro itinerari oltre Roma, spingendosi verso i nuovi siti archeologici di Ercolano e Pompei. Goethe con i suoi scritti letterari coinvolse i viaggiatori verso la Sicilia e le zone del Mediterraneo alla scoperta della cultura classica. L’evoluzione continuò e alla fine dell’Ottocento il «villeggiante» italiano andava sostituendo il borghese e l’aristocratico della Mitteleuropa, innescando quel rapido processo di trasformazione nazionalpopolare del tempo libero che fu alla base della società di massa, che dalla seconda metà del Novecento non «fu solo musica e abbronzatura, ma divenne un rito collettivo che definiva gli usi e i costumi degli italiani»338. Berrino, Pivato, Jeraldi e Battilani, pur seguendo un personale schema di ricerca, convergono nell’affrontare i cambiamenti apportati dal processo di modernizzazione, che, nella prima metà dell’Ottocento con la fine dell’era del grandturismo, hanno coinvolto il mondo dei trasporti ferroviari e marittimi e l’editoria con il fiorire delle prime guide turistiche. Tutti gli autori riferiscono come il viaggiatore non fosse più in cerca di un’esplorazione dettata esclusivamente da ideali economici e culturali; il turista moderno voleva l’evasione, era alla ricerca del piacere. In questa fase il nobile italiano diversamente dal resto dell’Europa non era ancora molto attivo, il viaggio in Italia rimaneva quello legato soprattutto al fenomeno dell’emigrazione interna ed esterna. Nel 1894, con la nascita del Touring Club, iniziò ad intravedersi il cambiamento come specifica Pivato: «il modo di viaggiare e di guardare all’Italia, diviene, una sorta di allenamento pratico agli Cfr. A. Jeraldi, Storia del viaggio del turismo in Italia, p. 9. Cfr. S. Pivato Il Touring Club Italiano p. 11-12. 338 Ibid. 336 337 191 ideali della patria e della nazione, il turismo, lungi dal configurarsi come pura e semplice pratica del tempo libero, diviene una forma di pedagogia diretta a formare gli italiani»339. Il Touring in poco tempo divenne un’associazione che promosse al suo interno ciclismo, automobilismo, industrialismo e turismo, diventando il sinonimo del modernismo che fu alla base del nuovo secolo. Luigi Bertarelli, tra i fondatori di questa associazione, intuì che alle soglie del Novecento bisognava smuovere il carattere elitario dello stato liberale per iniziare a gettare le basi di una identità civile collettiva di massa; fu un processo che partì da lontano e che desiderava coinvolgere una nazione che contava una grandissima maggioranza di analfabeti e dove si doveva operare un miglioramento e un riscatto sociale. «La bicicletta è il simbolo del Touring delle origini, viene considerata un mezzo necessario […] tendente a diminuire la distanza sociale che divide le classi meno abbienti da quelle più ricche»340. Inoltre Annunziata Berrino sottolinea che fin dal suo apparire «è il simbolo della libertà individuale e della civiltà del progresso. […] Il nuovo mezzo apre nuove frontiere emotive e la necessità di condividerne le modulazioni spinge i primi cicloturisti a incontrarsi e ad associarsi per mettere in comune esperienze e passione»341. Aggiunge sempre Berrino: Il turismo si espande va oltre la città si muove su un campo diverso grazie alle bellezze paesaggistiche, alla grande attrattiva culturale alimentata dalla letteratura, il mare inizia ad essere inserito in un’ottica ludica, la vita da spiaggia diventa più disinibita e il rapporto con le onde più libero. Gli antichi stabilimenti balneari sede di cure termali vengono riorganizzati ospitando una clientela che esprime il senso della vigoria, della salute, del divertimento e dello sport 342. Il Touring pubblicizzava la varietà di climi marini che offrivano quei benefici adatti ad ogni tipo di cura medica. Gli stabilimenti balneari vennero costruiti su una parte di territorio al di fuori delle solite attrattive turistiche ed il villino sul mare rappresentò ben presto l’ambizione del momento segnando un passaggio importante nella storia del turismo italiano. Alla fine dell’Ottocento l’Italia aveva una politica turistica ancora molto arretrata e la classe politica aveva poca attenzione verso questo fenomeno per diverse motivazioni tra le quali i costi delle guerre risorgimentali e la scarsa domanda interna, indirizzata per lo più verso servizi poco costosi che richiedevano un modello di consumo scarsamente strutturato e una geografia turistica della nazione ancora molto limitata. Ibid p. 32. Ibid p. 40. 341 Cfr. A. Berrino, Storia del turismo in Italia, p. 159. 342 Ibid p. 172. 339 340 192 Solo Mussolini, come ha puntualizzato De Grazia nel suo volume Consenso e cultura di massa nell’Italia fascista, nel processo di consolidamento del suo potere comprese l’importanza dell’organizzazione del tempo libero e in questa ottica iniziò ad attivarsi fondando una serie di enti fra i quali l’Opera Nazionale del Dopolavoro creata nel 1925. Nel descrivere questa organizzazione l’autrice metteva in evidenza l’influenza dell’OND «nei diversi settori industriale, rurale e terziario e come l’organizzazione fosse utilizzata dal regime per creare sostenitori fidati, smussare la resistenza operaia e appagare le esigenze di consumo vanificate dalla sua politica statale»343. L’opera della De Grazia merita di essere ricordata in questo contesto, perché illustra il percorso adottato dal fascismo nel tentativo di formare una cultura del consenso in Italia tra i due conflitti mondiali e come i dirigenti fascisti fossero stimolati a fronteggiare l’insufficienza della forza come loro principale mezzo di governo; i metodi che escogitarono per tradurre una politica di persuasione in una pratica culturale del tutto nuova; le deformazioni istituzionali ed ideologiche che derivarono dal loro intervento sistematico e dittatoriale nello sviluppo della cultura di massa in Italia344. A distanza di circa trent’anni dalla sua pubblicazione questo scritto rimane un punto di riferimento utile nell’analisi del rapporto tra il pensiero di Mussolini e l’utilizzo del tempo libero. Gli studi su questo argomento sono proseguiti e altri autori hanno cercato di ricostruire alcuni aspetti del rapporto tra turismo, fascismo e tempo libero. Fra i tanti indirizzi organizzativi perseguiti dall’OND la De Grazia illustrava come l’OND avesse ritagliato una parte delle sue energie organizzative e i suoi espedienti ideologici a sostegno di quelle tradizioni popolari che stavano scomparendo con il diffondersi dell’alfabetismo, dell’urbanizzazione delle migliorate comunicazioni […]. Il termine cultura popolare adottato negli anni Venti dai programmatori dell’OND per designare soprattutto svaghi culturali moderni, finì per essere identificato almeno fino al 1936 con le tradizioni popolari: genuine sopravvivenze culturali della comunità preindustriale, usanze scomparse da tempo e dissepolte da diligenti etnografi fascisti, o le molte feste pseudo popolari la cui coreografia era predisposta dalla stessa OND345. Cavazza in studi più recenti, continuando su questa tematica ha rilevato come nell’ideologia fascista vi fosse la volontà di arrivare al popolo utilizzando qualsiasi “stratagemma”. In Piccole Patrie. Feste popolari tra regione e nazione durante il fascismo afferma come sia il folklore che il turismo fossero utilizzati dal dopolavoro in una prospettiva educativa e conoscitiva oltre che economica. Riferendosi al folklore l’autore rappresentava come il fascismo attraverso una riscoperta delle tradizioni di cui le feste popolari e le sagre paesane erano la manifestazione (sfilata di barche 343 V. De Grazia, Consenso e cultura di massa nell’Italia fascista. Editori Laterza, Roma-Bari, 1981. Ibid p. 5. 345 Ibid p. 234. 344 193 lungo il Tevere, la Befana fascista, la festa de Noantri, la sagra dell’uva, della castagna ecc. ) portasse avanti un programma di «sostegno del proprio dominio»346. Per quel che attiene al turismo Cavazza, si è intrattenuto molto sommariamente su quegli aspetti che lo legano al folklore, che al di là dell’aspetto economico sono collegati ai modelli di consumo e agli stili di vita di un sistema sociale. Nel 1927, in seguito alla diminuzione del movimento dei forestieri sul territorio, si andò incrementando un turismo interno iniziato con il coinvolgimento dei ceti medi e piccolo borghesi spinti dal bisogno di evasione e di vacanza. Successivamente l’intervento dello Stato fascista, con la creazione dei treni popolari e il dopolavoro, coinvolse in questo tipo di iniziative anche gli strati sociali più bassi della popolazione, con l’obiettivo di far conoscere non solo le bellezze naturali dell’Italia ma anche i grandi complessi industriali e le opere pubbliche del regime347. In riferimento ai treni popolari Vené scriveva che nel 1932, qualcosa accadde che avvicinò gli italiani […] dalle stazioni di Torino e Milano (un po’ meno da Roma) cominciarono a partire i treni popolari. Convogli speciali, di sola terza classe, con lo sconto del 70 per cento sulle normali tariffe. Partivano la domenica e ritornavano lo stesso giorno […] non erano ammessi privilegi né distinzioni: accettare l’orario e l’itinerario o starsene a casa. […] L’era di Mussolini ha abbattuto tutte le barriere che precludevano agli occhi e al cuore la conoscenza dell’Italia agli Italiani […] La signora, la signorina, il giovanotto che desiderano approfittare di questo comodissimo mezzo per conoscere le città predilette, quando abbiano deciso di partecipare a un viaggio popolare debbono considerarsi “uno della folla”, e perciò ogni idea di grado e di condizione sociale si metterà da parte. […] Aboliti i convenzionalismi e le differenze di classe, resta il piacere di affiatarsi in una comune gaiezza 348. Aggiungeva sempre Vené: «Una gita organizzata dal dopolavoro costava poco […] non aveva bisogno di giustificazioni di sorta: qualsiasi fosse l’itinerario, il responsabile riusciva sempre a presentarla come utile a irrobustire il fisico e a corroborare lo spirito»349. Nei suoi studi successivi Cavazza affermava che il fine di queste manifestazioni era «accrescere l’amore del proprio Paese, inquadrando l’orgoglio delle piccole patrie nella grande patria fascista»350. Di più recente pubblicazione e con finalità diverse sono le memorie di Agosteo, che ha operato all’interno della pubblica amministrazione negli anni del difficile passaggio dall’Italia fascista a quella Repubblicana (1940-1980). In Una vita nel turismo. Ricordi di un funzionario ministeriale, il suo intento è di fornire un contributo utile per gettare le basi per la realizzazione di una storia del turismo considerata un simbolo del processo di modernizzazione della società italiana e S. Cavazza, Piccole Patrie. Feste popolari tra regione e nazione durante il fascismo. Il Mulino, Bologna, 2003 p. 7. Ibid p. 172. 348 G.Vené, Mille lire al mese. Vita quotidiana della famiglia nell’Italia fascista; Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1988, pp. 241-243. 349 Ibid p. 224. 350 Cfr. S. Cavazza, Piccole Patrie, p. 99. 346 347 194 caratterizzata da un diverso ruolo delle istituzioni in epoca fascista con l’espansione dei compiti del ministero della cultura popolare, a seguire nell’Italia repubblicana con l’istituzione del ministero del Turismo e dello spettacolo che fornì gli strumenti necessari per creare quelle strutture ricettive fondamentali per lo sviluppo di un settore molto arretrato rispetto al resto dell’Europa351. Dopo aver ricordato la sua partecipazione nel ‘39 al concorso pubblico per quindici posti presso la segreteria del ministero della Cultura popolare, e la sua successiva presa di servizio, Agosteo si intrattiene sull’attività della Direzione generale del turismo, rilevando come il rapporto tra fascismo e turismo abbia sempre mostrato aspetti contraddittori: Il turismo è movimento, scambio di esperienze, contatto tra i popoli - scrive - il fascismo era nazionalismo spesso esagerato, intransigenza dottrinale, autarchia anche intellettuale. Come tutti i regimi autoritari il fascismo diffidava dei contatti internazionali sebbene negli anni trenta fossero pochi gli italiani economicamente in grado di recarsi all’estero per diporto, temeva l’influenza dei Paesi confinanti. […] Per quanto riguardava il turismo in entrata vi era un aspetto che il fascismo combatteva radicalmente e cioè quell’immagine stereotipata e oleografica che gli italiani si portavano appresso di “mandolinisti” e macaronari”, e che era stata costruita sui racconti dei ricchi turisti inglesi, francesi e tedeschi. […] Vi era tuttavia l’altra faccia della medaglia: l’Italia aveva ben poche risorse economiche. […] La crisi economica del dopoguerra e la grande depressione del 1929 consigliarono il governo fascista a procedere nella politica di sviluppo del turismo, che, in fondo, a fronte degli inconvenienti sopra ricordati, presentava un’opportunità che, se bene sfruttata, poteva risolversi in una positiva ricaduta di immagine. Rappresentava cioè l’occasione perchè gli stranieri constatassero direttamente l’ordine e la disciplina che il fascismo aveva riportato nel paese, le grandi opere pubbliche compiute, il consenso del popolo italiano alla politica del regime. I turisti stranieri dovevano essere i migliori propagandisti dell’opera svolta dal fascismo. […] All’interno del Paese la diffusione della pratica turistica, sino ad allora sconosciuta agli italiani, fu incoraggiata attraverso forme collettive: i treni popolari, le gite aziendali, le adunate nazionali promosse dalle organizzazioni del PNF. La realizzazione di manifestazioni di massa nel campo turistico fu affidata all’Opera nazionale balilla per il turismo giovanile, come i campeggi Dux […] e all’opera nazionale dopolavoro per l’impiego del tempo libero dei lavoratori 352. I risultati di questi cambiamenti di impostazione statale portarono al trasferimento della direzione politica e amministrativa del turismo dal ministero dell’Industria al Ministero della Cultura Popolare, quando il Commissariato per il turismo creato nel 1931 venne nel 1934 riorganizzato nella Direzione generale del nuovo ministero. In riferimento all’attività turistica, il governo non trascurò dal punto di vista legislativo nessun aspetto. Il Commissariato per il turismo era sotto le dipendenze del capo del governo e al centro della politica turistica del regime e intorno a lui gravitava una fitta rete di istituzioni pubbliche che svolgevano funzioni diverse. 351 352 A. Agosteo, Una vita nel turismo. Ricordi di un funzionario ministeriale. A cura di A. Berrino, Edizioni Libreria Dante & Decartes, Napoli, 2001. Ibid pp. 56-60. 195 Oltre al Ministero della Cultura Popolare al cui interno vi era la Direzione generale del turismo, operavano in questo campo numerosi altri enti: ENIT, ENITEA, EPT, aziende autonome di cura, soggiorno e turismo, coadiuvate nelle maggiori località di valore turistico da istituzioni come il Club alpino italiano, l’Automobil club, la Lega navale, l’Aero club italiano ognuno specifico di un determinato settore353. Dopo una breve narrazione sull’entrata in guerra dell’Italia, il suo addio al ministero per il richiamo alle armi e la descrizione dello stato d’animo italiano, Agosteo fornisce elementi anche sul dopoguerra, ricordando Guido Carli, un giovanissimo funzionario della Banca d’Italia che fece parte nel ’47 della delegazione italiana presieduta da De Gasperi che si recò in America per quantificare gli aiuti economici americani destinati all’Italia. Gli esperti americani pensavano che i fondi richiesti dal governo italiano sarebbero confluiti nella rinascita e nel potenziamento del turismo ritenuto, una tradizionale risorsa economica italiana; al contrario i tecnici volevano utilizzare gli aiuti economici per la ricostruzione del settore industriale. Ai velati consigli americani corrisposero una serie di iniziative prese dalle categorie produttive sulle possibilità di sviluppo presentate dall’industria turistica per richiamare l’attenzione della classe politica. Nel maggio del 1947 si svolse il 1° congresso Nazionale del Turismo, organizzato dalla camera di commercio di Genova, che terminò con una mozione considerata il manifesto del turismo italiano354. La serietà delle motivazioni espresse dal congresso di Genova, unite con gli aiuti americani, convinsero il governo ad adottare una serie di misure per favorire la rinascita del turismo nazionale. Con decreto del Capo provvisorio dello Stato, il 12 settembre 1947 fu istituito per la seconda volta il Commissariato per il turismo, con compiti analoghi a quello creato nel 1931. Il nuovo Commissariato doveva proporre una serie di provvedimenti per il rilancio dell’attività turistica italiana in un periodo di emergenza di tutti gli stati europei. Gli studiosi hanno continuato per molto tempo a mostrare lo stesso disinteresse della classe politica e solo negli ultimi quindici anni hanno percepito come il tema del tempo libero, con tutte le sue implicazioni, meriti di essere approfondito poiché rappresenta uno degli aspetti complessi della società moderna. Dalle diverse letture affrontate in questo contesto, si evince lo straordinario fermento delle ricerche che spaziano in direzioni diverse, grazie all’allargamento della base documentaria e all’uso di numerose fonti (letterarie, cinematografiche, iconografiche) che hanno permesso la ricostruzione di quelle pratiche di viaggio nell’Europa degli ultimi due secoli e che meriterebbero ulteriori approfondimenti. 353 354 Ibid pp. 64-65. Cfr. A. Agosteo, Una vita nel turismo, pp. 84-85. 196