4 - il ponte
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N.4- settembre 2009 IL PONTE - Anno XXXVIII Supplemento al n. 29 del 28 agosto 2009 de “IL NUOVO GIORNALE” Autorizzazione Tribunale di Piacenza con decreto n. 4 del 4 giugno 1948 A Castagnola un segno della nostra presenza 1 Bimestrale d’informazione e attualità Fondato nel 1971: da don Dante Concari Direttore responsabile: don Davide Maloberti Direzione editoriale e redazione don Renzo Corbelletta - don Gino Costantino Paolo Labati e Renato Passerini - coordinatori Collaboratori don Cesare Lugani, don Paolo Camminati, Sabrina Mazzocchi, Loris Caragnano, Ennio Torricella, suor Luisella, Annalisa Cristofoli, Lorenzo Migliorini, Federico Zanelli, Michela Migliorini, Gianmarco Zanelli, Alberto Burgazzi, Michele Malvicini, Michele Anselmi, Chiara Ratti, Elena Fogliazza, Gianmarco Ratti, Gian Carlo Anselmi, Claudia Cigalla, Manuela Gentissi. Per le fotografie: Renato Passerini, Foto Cavanna, Oreste Grana, Foto Gaudenzi. Redazione, amministrazione e pubblicità: Pontedell’Olio - Tel. 0523 875803 Stampa: Grafiche Lama - Piacenza, Strada Dossi di Le Mose 5/7 Tel. 0523 592859 Le collaborazioni sono sempre gradite. Articoli, suggerimenti, notizie, lettere.... possono essere inviate ai recapiti: - fax 0523 871610 - E-mail: [email protected] [email protected] Testi e fotografie non si restituiscono se non dietro espressa richiesta. I nostri bimbi I nonni Jole e Alberto Rossi presentano Anita Camisa. 2 editoriale “ … una carezza del Nazareno”. Con questa immagine, nell’ultimo meeting di Rimini, Enzo Jannacci racconta di sé, del suo cammino interiore, di una fede mai dimenticata né tanto meno rinnegata, ma che ha accompagnato le varie stagioni del suo vivere: dalle corsie di dolore dell’ospedale in cui lavorava all’amore della sua donna, dalla gioia di un figlio ai passi incerti e fragili, spesso ironici e contraddittori della sua carriera di artista. incontrarsi e scontrarsi, un luogo e uno spazio dove sentirsi amati, cercati, da trovare e da ritrovare, dove intimamente percepirsi a casa: questo a mio avviso è il diritto di tutti noi quando ci affacciamo alla vita. Di questo, personalmente, ne sono certo! Sono un po’ meno certo però dei parametri con cui spesso “misuriamo” la canonicità delle nostre famiglie. Non voglio, di conseguenza, in questa mia riflessione addentrarmi nelle ombre che spesso avvolgono le nostre mura domestiche, bensì lasciarmi illuminare dalla luce di chi forse esula da tali canonici parametri e che, paradossalmente, nutre e si nutre invece di quel calore generante che è la “carezza del Nazareno”. La vita dell’uomo nasce e rinasce nel/dal calore di questa carezza ed è, appunto, ad esso e ad essa che, personalmente, mi piacerebbe leggere questo nuovo anno pastorale che si sta aprendo. Sono sempre più convinto, infatti, che non sia la norma e/o la morale a definire il buon esito delle nostre azioni nei confronti dell’altro, ma l’amore, l’incontro autentico e rispettoso con l’individuo chiunque esso sia. E cos’è la carezza se non questo delicato approssimarsi all’altro, il fragile e discreto accorgersi di un volto, il timido protendere verso di esso, l’assenza di pretese se non quella di nutrire l’altro innanzi a me con il calore della mia stessa mano: sfiorarsi e vivere l’incanto del gioco della vita. Quanto amore, quanto rispetto, quanta tenerezza, infatti, non solo abitano accanto a noi, ma contemporaneamente e inaspettatamente con altrettanta delicatezza ci vengono incontro aprendo e alleggerendo le nostre storie. Ogni uomo è una storia sacra e chi ti apre, anche solo per un attimo, il suo cuore scolpisce dentro di te la certezza di un Dio che fa della nostra carne il luogo della sua Rivelazione. Io non sono né padre né madre e la parrocchia non può sostituirsi alla famiglia: la chiesa, infatti, è la chiesa e non è che per attimi e momenti che noi la abitiamo. Così reciprocamente la scuola è la scuola e nel nostro crescere e formarci in essa ci vede, appunto, discenti e non figli! Nessuno, quindi, può sostituirsi alla famiglia, ma come possiamo in certi momenti, proprio in questi luoghi così altri da essa, non riconoscerne alcuni tra i suoi tratti più intimi e veri! La cura, l’attenzione, la responsabilità, la fiducia, la chiarezza, l’amore … qualificano incommensurabilmente spesso le nostre relazioni educative. A volte sono riconosciute, a volte, purtroppo, sono fonte di confusione e di interferenza. Una buona strategia educativa non conduce da nessuna parte se non è supportata da un autentico e quotidiano “esserci” con l’altro, se non è supportata, quindi, da quella paziente e meravigliosa arte che è l’incontro con l’uomo, il gioco della relazione e degli affetti, la compagnia sacra di chi è di fronte a me. Nutrirsi del mistero di chi, vicino o lontano, incontra il nostro cammino, aperti alla fiducia, all’ascolto, all’amore: ecco come risuona dentro di me la “carezza del Nazareno”. Sono anni un po’ caotici i nostri, confusi, incerti, anni i cui confini, paradossalmente, sono sempre meno confini, in cui ci perdiamo, confondiamo, adattiamo, in cui vaghiamo spesso con reminiscenze di mete che poco hanno a che fare con il nostro tempo. Innanzi a tutto questo il mio essere sacerdote/educatore/insegnante non solo non smette mai di interrogarsi e di lasciarsi interrogare, ma mi ha condotto –senza retorica!a riconoscere sempre più fondamentale il ruolo della famiglia all’interno della nostra società. Avere, infatti, dei punti di riferimento, parole da riconoscere e da misconoscere, con cui La “carezza del Nazareno” si svincola dai partitismi, dalle appartenenze, perfino dai differenti “credi” religiosi e va “all’uomo”, chiunque esso sia. Forse è proprio a questa umanità così universale che la “carezza del Nazareno” vuole condurci e forse è la “fratellanza” la figura famigliare con cui il Regno di Dio chiede di mostrarsi al mondo: che la carezza del Nazareno scaldi il nostro corpo, apra il nostro cuore, rinnovi nell’amore il nostro vivere. Don Gino 3 Tour de Vie in Terra Santa: inevitabile Si, il Tour de Vie può essere considerato un pellegrinaggio, perché c’è una meta da raggiungere, c’è un percorso per raggiungerla, c’è un tempo per sostarvi e c’è un ritorno per ripensarci e in tutto questo movimento c’è sempre una grande cura per la dimensione spirituale. Preghiere, silenzi, confronti, celebrazioni, testimonianze, approfondimenti, canti, non sono mai mancati in questi anni. E poi c’è la voglia di conoscere i luoghi che si incontrano, la loro storia, le vicende che li hanno fatti nascere ed evolvere nel tempo. Forse è un’utopia, ma la nostra speranza è quella di consentire ai giovani che partecipano di abitare i luoghi che incontrano e non solo di visitarli. Forse è troppo, ma noi ci proviamo e siamo sicuri che per certi luoghi ci siamo riusciti. Un incontro cordiale con i luoghi, non solo un incontro visivo. E in ultimo, ma non per ultimo, le relazioni. In questi anni, tra le persone che hanno partecipato ai Tour de Vie sono nate conoscenze, amicizie, esperienza, occasioni per altri viaggi, ci sono stati incontri tra persone di parrocchie e valli diverse della nostra diocesi, chi ha partecipato ha avuto l’occasione di sentire che c’è qualcosa di più E pensare che è nato quasi per scherzo, anzi no, per sfida. Questo è quello che ci tramanda la tradizione riguardo al Tour de Vie. Un’estate di dodici anni fa, a Resy (in Val d’Ayas dove c’è la casa dell’AC di Piacenza) un gruppo di giovani e don Mauro Stabellini (allora incaricato diocesano per la Pastorale giovanile e Assistente del Settore Giovani di Azione Cattolica) decisero di fare una proposta un po’ strana, ma per loro affascinante, a tutti i giovani della diocesi: un viaggio al campo di concentramento di Mautahuesen e una sosta di riflessione in Austria, nel paese natio di Franz Jagerstetter, giovane cristiano che a costo della vita rifiutò di essere arruolato nell’esercito tedesco a causa della sua fede. La risposta alla proposta fu enorme. E da lì il Tour de Vie non si è più fermato. E’ mutato, ha raggiunto giovani differenti per età e provenienza, ha avuto alti e bassi, ha suscitato sorprese e ha offerto conferme, ma nonostante tutte le variazioni è sempre stato fedele ad alcuni elementi chiave che consentono a questa esperienza di rimanere interessante. Il Tour innanzitutto si muove nell’orizzonte del pellegrinaggio. Certo, alcuni puristi di questa parola storcono il naso di fronte a questa affermazione e dicono: “no, il pellegrinaggio è un’altra cosa”. Noi siamo convinti che le parole fissano l’intuizione che le ha fatte nascere ma, nel tempo, possono assumere colori e forme diverse, pur rimanendo fedeli a quell’intuizione. Gerusalemme 4 ampio della propria parrocchia o del proprio gruppo di appartenenza. La qualità delle relazioni che si vivono all’interno di un’esperienza del Tour di Vie per noi è fondamentale. Chi organizza queste esperienze (Servizio diocesano per la pastorale giovanile) non è un’agenzia di viaggio, ma un gruppo di persone che credono che un elemento fondamentale della Chiesa sia la qualità delle relazioni umane che in essa si vivono. Ovviamente con tutti i limiti e le fatiche che le relazioni umane portano con sé. Per questi motivi il Tour de Vie non poteva non andare a Gerusalemme. Già Gerusalemme, meta di pellegrinaggio per eccellenza, invito costante alla spiritualità, luogo da abitare, crocevia di culture differenti, spazio di apertura della coscienza, terreno di conflitti apparentemente insanabili, memoria di molto e speranza di tutto, racchiude in se tutti i motivi che caratterizzano la proposta del Tour de Vie. Prima vista su Gerusalemme Sono certo che l’esperienza del Tour de Vie continuerà e sono altrettanto certo che le mete rimarranno affascinanti e interessanti, ma la meta di quest’anno avrà sempre qualcosa in più, forse qualcosa di inspiegabile e di misterioso. Anzi, proprio per questo avrà sempre qualcosa in più. Don Paolo Camminati P.S.: per chi fosse interessato il sito http:// terrasanta.pagiop.net/ riporta il diario del viaggio in Terra Santa e le testimonianze dei giovani che vi hanno partecipato, oltre ad articoli e riflessioni su questo tema. Nazareth, Betlemme, Cana, Banyas, il lago di Tiberiade, Cafarnao, il Tabor, Gerico, Gerusalemme … No, non è stato un viaggio “organizzato” come quel cristianesimo che ti conduce, protegge il tuo cammino e ti segue fino alla morte, quel cristianesimo che non ha gran bisogno di Gesù ma che è una risposta moderata agli integralismi religiosi sempre più presenti nel nostro mondo. Se segui Lui, segui la sua schiena, il suo percorso come un segno di libertà. E la sua libertà è fuori da ogni vincolo religioso che sia cristiano, musulmano, ebraico. Lui ti precede e ti offre fede in quel cammino che è poi anche il tuo viaggio. E’ l’uomo di spalle che offre a tutti una strada e un futuro. E’ il suo camminare il senso più profondo della sua predicazione, l’andare avanti senza preoccuparsi, da un villaggio all’altro, da una sordità alla seguente, perché la preoccupazione non può appartenere a chi offre speranza. “ Cammina. Senza sosta cammina. Va qui e poi là. Trascorre la propria vita su circa sessanta chilometri di lunghezza, trenta di larghezza. E cammina. Senza sosta. 5 Il Santo Sepolcro all’alba Quello che si sa di Lui lo si deve a un libro. Se avessimo un orecchio un po’ più fine, potremmo fare a meno di quel libro e ricevere notizie di Lui ascoltando il canto dei granelli di sabbia sotto i suoi piedi nudi. Nulla si riprende dal suo passaggio e il suo passaggio non conosce fine. Sono dapprima in quattro a scrivere su di lui. Quando scrivono, hanno sessant’anni di ritardo sull’evento del suo passaggio. Noi ne abbiamo molti di più: duemila. Tutto quanto può essere detto su quest’uomo è in ritardo rispetto a lui. Conserva una falcata di vantaggio e la sua parola è come lui, incessantemente in movimento, senza fine nel movimento di dare tutto di se stessa. Duemila anni dopo di lui è come sessanta. E’ appena passato e i giardini di Israele fremono ancora per il suo passaggio, come dopo una bomba, onde infuocate di un soffio. Se ne va a capo scoperto. La morte, il vento, l’ingiuria: tutto riceve in faccia, senza mai rallentare il passo. Si direbbe che ciò che lo tormenta è nulla rispetto a ciò che egli spera. Che la morte è nulla più di un vento di sabbia. Che vivere è come il suo cammino: senza fine”. (C. Bobin) Nazareth, Betlemme, Cana, Banyas, il lago di Tiberiade, Cafarnao, il Tabor, Gerico, Gerusalemme … passando per i volti e le storie dei ragazzi di Padre Ibrahim, per quel muro della paura che gli israeliani chiamano fence “recinto” e che taglia in due quartieri e famiglie, separando i genitori dai figli, le persone dal proprio posto di lavoro, i bambini dalla propria scuola. Un muro, accanto al quale vive e si espande un semplicissimo congegno di dolore e di morte: filo spinato a tracciare sul terreno le linee di una divisione attiva, di una separazione territoriale il più delle volte iniqua e giustificata con il cosiddetto “stato di necessità”. Il filo spinato, invenzione banale che ha segnato in modo decisivo la storia del diciannovesimo secolo e che qualcuno ha definito la “più grande corona di spine” inventata da un uomo tanti secoli dopo quella che aveva oltraggiato Gesù. Muro e filo spinato a separare le coscienze e le anime, lasciando conflitti e dolori difficilmente sanabili. Nazareth, Betlemme, Cana, Banyas, il lago di Tiberiade, Cafarnao, il Tabor, Gerico, passando fra chiese, sinagoghe, moschee, villaggi beduini e posti di blocco. Gerusalemme: musulmani, ebrei, cristiani cattolici latini, di rito bizantino, maroniti, armeni, siriani, caldei, copti, protestanti, greci - ortodossi. Gerusalemme: il caos delle religioni, la sua forza e la sua debolezza. “ Cammina. I quattro che descrivono il suo passaggio sostengono che, morto, si è rialzato dalla morte. E’ questo indubbiamente il punto di rottura: questa storia che ha molti tratti della 6 luce serena d’Oriente, assume qui una dimensione incomparabile. O ci si separa da quest’uomo su questo punto e si fa di lui un sapiente come ce ne sono stati migliaia, pronti magari ad accordargli un titolo di principe. Oppure lo si segue, e si è votati al silenzio, perché tutto ciò che si potrebbe dire è allora inudibile e folle. L’uomo che cammina è quel folle che pensa che si possa assaporare una vita così abbondante da inghiottire perfino la morte. Coloro che ne seguono le orme e credono che si possa restare eternamente vivi nella trasparenza di una parola d’amore, senza mai smarrire il respiro, costoro, nella misura in cui sentono quel che dicono, sono forzatamente considerati matti. Quello che sostengono è inaccettabile. La loro parola è folle e tuttavia cosa valgono altre parole, tutte le altre parole pronunciate nella notte dei secoli? Cos’è parlare? Cos’è amare? Come credere e come non credere? Forse non abbiamo mai avuto altra scelta che tra una parola folle e una parola vana”. (C. Bobin). Viaggio … nel Viaggio. Paola Sopra: Dal giardino degli Ulivi. A fianco: All’ingresso della Grotta della Natività. 7 “ Ci sono luoghi in cui soffia lo Spirito, ma c’è uno Spirito che soffia in tutti i luoghi” (M. Debrel) Lo Spirito soffia nelle pietre, quelle che Tu hai toccato e visto. Una gioia interiore e quasi inspiegabile mi avvolge per essermi bagnata nelle acque del Tuo lago, per aver respirato a pieni polmoni il profumo della Tua terra e per osservato ciò che Tu vedevi. Sulla strada del mercato arabo, ancora deserta ed addormentata, che conduce al Santo Sepolcro, mi immagino le donne con la loro e la nostra preoccupazione troppo umana: Chi rotolerà via il masso dall’ingresso del Sepolcro?. E mi immagino ancora l’ingenuità commovente con cui quel giovane annuncia che Gesù è risorto. Mentre sono in fila per entrare nel Sepolcro, silenziosamente cercando di non disturbare la preghiera del vicino, alcune parole riecheggiano nella mia mente: Ma è vuoto! Parole che diventano pienezza e spirito, nel momento di intimità quando tocco e mi inginocchio davanti alla Tua nuda pietra. Claudia Torrano chiude il mese di maggio Torrano ha festeggiato la chiusura dei mese Mariano unitamente ai ritorno in chiesa della sua Madonnina restaurata. La bella statua lignea della Madonna raffigurante l’Immacolata Concezione, scolpita nel 1750 circa, è opera di Hermansz Geernaert, scultore fiammingo che ha molto lavorato in Piacenza e provincia;ad esempio sono opera sua la statua della Madonna della Neve ed il Crocefisso posto nell’altare della chiesa di Riva. Il restauro è stato possibile grazie all’intervento della Banca di Piacenza ed approvato dalle Belle Arti di Parma, che hanno giudicato la statua particolarmente pregevole perchè è giunta a noi intatta conservando i colori e le fattezze originali. Gli abitanti di Torrano amano la loro Madonnina e ringraziano la cara Clementina che per lunghi anni ha custodito la bella statua con tanta devozione. 8 A Siena il nostro viaggio - vacanze Il racconto di Giorgia e Simone sull’esperienza vissuta nella bella città toscana …È già passato in pratica un mese da quando siamo tornati dal nostro viaggio a Siena… Eppure, riassaggio i momenti…scorrendo le fotografie… e sembra che solo ieri fossimo ancora là, in Piazza del Campo..distesi a guardare le stelle e a ridere in compagnia. E’ stato un viaggio breve, di pochi giorni, ma altrettanto intenso….è stato uno di quei viaggi che mi porterò sempre nel cuore… uno di quelli che ti fanno scoprire il lato bello delle persone, uno di quelli, che al solo ricordo ti fanno spuntare il sorriso sulle labbra perché è stato un viaggio che è andato al di là dalla solita visita turistica della città. Sono sicura che le risate, le battute e i sorrisi di quei giorni non li dimenticherò mai. Mi ha fatto riscoprire la magia dello stare insieme…il divertimento di un viaggio in pulman, di una canzone stonata urlata al cielo lassù….. Mi ha permesso di ritrovare chi forse da troppo tempo mi era distante… e di capire che gli amici… quelli veri…sono quelli che mi hanno accompagnato in questo viaggio… Quelli che è facile perdere di vista, ma che ritrovi sempre… e che basta poco, per sentirli vicini quando è il momento di ridere e scherzare, ma anche di piangere e soffrire… Ecco perché volevo ringraziare tutti quelli che ogni estate vivono con me un esperienza diversa, momenti indimenticabili…che lasciano dentro ricordi indelebili… Giorgia Ballotta ...earth my body... water my blood... .....air my breath... .fire my spirit.. . queste parole sono la mia mappa..la mia guida in un viaggio, perchè raccolgono in poche e semplici righe una filosofia..la mia...tu viaggi per conoscere, ma molte volte non ti rendi conto che prima di voler visitare dei posti lontani, ognuno dovrebbe visitare se stesso..il viaggio a Siena mi ha permesso questo...è stato un modo per riscoprirmi...e quale momento migliore per farlo se non in viaggio? quando ti stacchi da tutto? dalla tua solita vita?...più si cresce e più le persone cambiano...e diventa difficile lasciarsi andare... sentirsi ancora bambini...quando bastava uno sguardo per fare amicizia e non avevamo secondi fini che guidavano le nostre azioni..e tutti eravamo un piccolo mondo che cresceva...e che si rispecchiava negli altri...è bello 9 poter tornare un po’ bambini..e poter ancora rendersi conto che stiamo crescendo,con gli amici, con la famiglia, con la scuola,e riuscire ancora a ridere davanti alle preoccupazioni che ogni giorno si presentano ...il mondo il mio corpo.. ...l’acqua il mio sangue... ...l’aria il mio respiro... ...il fuoco il mio spirito... Simone Provini Vacanza a Gatteo Mare: 22-29 agosto Eccomi qui... di fronte a me vedo dei binari... binari che si intrecciano, si allontanano per poi incontrarsi di nuovo... Allora il mio pensiero va subito alle nostre vite, perchè in questo momento si sono unite per trascorrere un “pezzo” di strada insieme. Nessuno di noi sa come sarà questo viaggio, le aspettative sono tante, diverse, ma nello stesso tempo hanno tutte un unico obiettivo: trascorrere una vacanza indimenticabile. Non mancheranno di certo i pianti, le discussioni, le arrabbiature... ma fanno parte di noi... e vivremo così ogni momento nella sua totalità, ma soprattutto intensamente. Ci sono tante vite che si uniscono e sono sicura che ognuno di noi potrà lasciare qualcosa nel cuore dell’altro dicendo che, anche se per solo una settimana, la sua vita si è intrecciata con quella di persone stupende. Manuela Gazzola 10 Veano sotto le stelle 2009, la piccola e tradizionale Festa di San Lorenzo ha indossato l’abito da sera. Sabato 8 agosto alle ore 18,00 il via con la celebrazione della Santa Messa. Su un tappeto di petali di rose bianche e rosse, la statua del Martire sembrava partecipare soddisfatta, coccolata dalle voci del coro di Riva, bravissimi come sempre. Quest’anno , sul sagrato della chiesa, il solito banco di beneficenza, era una distesa di piante e fiori colorati, offerti dai vivai: Maserati, Scorpo, La Margherita, Ferrari, Punto Verde e Agnese, il tutto arricchito da bellissimi cesti di frutta e salumi offerti dai negozi: Taravella, Burgazzi, Daniela e Michela. Si è proseguito poi con la cena nel suggestivo cortile del Collegio Alberoni, di cui una parte del ricavato verrà utilizzato all’acquisto di una chiesetta prefabbricata da donare al paese di Collebrincioni in Abruzzo distrutta durante il terremoto del 6 aprile. Momento significativo è stato il taglio della mega crostata ( preparata da Non Solo Pasta di Vigolzone ) a mano della Prof.ssa Anna Braghieri, coadiuvata da Loris Caragnano, Mario Chiesa e Alessandro Ghisoni che hanno sottolineato l’importanza di questo evento, sia per la riapertura del Collegio Alberoni dopo la ristrutturazione che l’ha riportato agli antichi splendori, che per il nostro piccolo aiuto all’Abruzzo. La serata è stata allietata dalla musica di Roberto, che ha fatto ballare tutti quanti eed i più coraggiosi si sono cimentati con il karaoke. Alla fine della serata sono stata fermata da una signora che non conoscevo che mi ha detto: “Non è stata la solita festa, bravi, proprio bravi per essere la prima volta”. Un ringraziamento particolare a tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione e riuscita di un “ sogno”, cercare di riportare la Festa di San Lorenzo alle sue origini. Arrivederci (speriamo!!!) al prossimo anno. Maria 11 Il grande ricordo della nostra estate a Castagnola Sentire parlare tante persone in modo così intenso di Casta, è stato questo che mi ha spinto a fare quest’esperienza, l’entusiasmo di chi già ci era passato è davvero straordinario.. C’è solo una parola per descrivere Casta, magica. Ti ritrovi a contatto con persone che conosci da una vita ma che in realtà forse non hai mai capito davvero, forse perché non ti sei mai sforzato di conoscerle in fondo o forse più semplicemente perché ci sono troppi pregiudizi che ti bloccano, ma una volta lì ti rendi conto delle persone che ti vivono accanto, impari a vederle sotto un altro aspetto, ad apprezzare anche i minimi gesti, ogni parola che ti fa sembrare tutto diverso. C’è la fatica di camminare, ci sono le risate, il modo in cui accetti ogni condizione proprio perché ti sembra tutto più superficiale.. Lì ciò che conta è l’essenziale. Ci sono i pomeriggi passati in quel cortile, le partite di pallavolo a cui qualcuno riesce sempre in un modo o nell’altro a sfuggire, ci sono le partite a carte e una guerra di colori a colpi di pennelli e naturalmente innumerevoli canzoni (d’altronde quelle non possono mai mancare!). Ma c’è molto di più, ci sono legami che riesci a ritrovare anche quando ti sembrava impossibile, ci sono persone invece che pensavi di conoscere, ma poi ti accorgi che hanno ancora tanto da regalarti e spetta a te dargliene la possibilità. Ci sono persone sempre disponibili per ogni cosa e anche questo è straordinario. Pensi a quante persone hanno vissuto le tue stesse emozioni davanti a quel fuoco, quanti si sono sentiti come a casa sotto quello stesso cielo, e fa davvero uno strano effetto.. Personalmente di Casta mi rimarrà un magnifico ricordo, mi rimarranno tanti momenti, parole, profumi e s e n s a z i o n i semplicemente indescrivibili che tante persone e luoghi mi hanno saputo regalare. Chiara Anselmi Pubblichiamo nelle pagine seguenti le foto del soggiorno a Castagnola di alcuni nostri giovani. 12 13 14 CG GREST …..20 bambini da 3 a 6 anni di Ponte e Vigolzone sfidano il caldo per una nuova avventura. Ad ottobre 2008 alcuni genitori riunitisi nell’Associazione Comitato Genitori si sono posti tra gli obiettivi quello di organizzare, dall’estate 2009, un centro estivo per la fascia di età 3/6. Dopo la chiusura della materna e quindi dalla seconda settimana di luglio per i bambini di tale età non era infatti presente a Ponte un servizio che coprisse almeno le 3 settimane di luglio in cui le ditte e gli uffici sono ancora tutti aperti e in cui le famiglie si ingegnano, ogni anno, per accudire i propri bambini. Si è costituito un gruppo di lavoro formato dai genitori più interessati al tema. Il gruppo ha raccolto i dati sui principali centri estivi della provincia ( costi, modalità ecc), intervistato la responsabile di un centro estivo, le diverse figure professionali presenti alla scuola dell’infanzia e verificato la normativa di riferimento applicabile ai centri estivi. E’ stato quindi somministrato un questionario a tutte le 140 famiglie i cui bambini frequentano la scuola materna G. Rossi al fine di conoscerne le esigenze specifiche e i costi massimi che sarebbero state in grado di affrontare. Dopo l’analisi dei questionari che segnalavano l’esigenza come particolarmente sentita il gruppo di lavoro è passato alla parte operativa preparando una sorta di capitolato del servizio richiesto al fine di acquisire preventivi da più soggetti per poterne comparare costi e attività proposte. E’ stato quindi più volte incontrato l’Assessore ai servizi sociali Rosella Taschieri e poi il Sindaco di Ponte al fine di verificare la disponibilità dell’Amministrazione al supporto dell’iniziativa. Insieme sono state valutate le offerte presentate da 2 soggetti operanti professionalmente sul territorio. Dopo vari incontri per organizzare il servizio è stata scelta la cooperativa EUREKA, che già segue a Ponte il grest per elementari e medie. Uno degli aspetti più problematici è stato il reperimento dei locali: sia presso la scuola materna che presso la scuola elementare erano, in quel periodo, in programma lavori di manutenzione edilizia e quindi il solo locale disponibile che presentasse i requisiti normativi per ospitare l’iniziativa è stata la scuola media. E’stato adibito a classe il locale mensa che si trova nel retro della scuola e allestito a piccolo dormitorio il locale subito accanto. La Scuola materna ha messo a disposizione i lettini, i tavoli ed alcuni giochi mentre il Comune, proprietario dei locali, ha seguito il trasporto dei materiali e si è occupato anche dei trasferimenti dei bimbi in piscina una volta alla settimana. Durante i primi giorni la collocazione a qualcuno è sembrata poco consona all’iniziativa ma dopo le prime uscite ai giardini, al parco villa Rossi e in piscina le prime rimostranze si sono trasformate in un plauso comune anche grazie alle competenze e alla dolcezza delle 2 insegnanti scelte dall’Eureka: Elena e Silvia. Tutti e 20 i bambini aspettavano l’occasione di incontrarLe ed ogni giorno aumentava l’affiatamento del gruppo che sfidava il caldo torrido svolgendo nuove attività creative i cui esiti venivano orgogliosamente mostrati all’arrivo dei genitori e dei nonni alle 16,00. Le 3 settimane sono davvero volate. Venerdì 31 luglio durante la festa al Parco Villa Rossi si respirava la riuscita dell’iniziativa attraverso la serenità e la partecipazione dei bambini ai canti e balli organizzati dalle insegnanti e anche attraverso i sorrisi dei genitori e dei nonni che hanno trovato in questo nuovo servizio un valido alleato al loro lavoro in questo scorcio di calda Elena Fogliazza estate. 15 L’Unitalsi di Pontedell’Olio a Lourdes Per ben dieci anni ho vissuto di riflesso, tramite i racconti di mia madre, la vita, le esperienze, le gioie, i dolori di quella settimana “speciale “ trascorsa a Lourdes. Devo essere sincera, a volte, mi sembrava un po’ fanatica. Ora, dopo aver toccato con mano, perché anch ‘io quest ‘anno sono stata una sorella d’assistenza, devo dire che tutto è preciso come mi era stato descritto. Al di là della preghiera, che per noi “primine”, con tanta voglia di essere presenti a tutte le celebrazioni, accompagnando i malati a destra e a manca, la vivevamo intensamente solo la notte, quando, finito il turno, ci accostavamo alla grotta ,e lì, in silenzio, potevamo mandare i nostri pensieri e sentimenti a Maria. Mi è rimasto talmente forte il contatto umano con le persone che soffrono, con le sorelle, con tutto il personale che ho avvicinato e con tutto quello che è questo pellegrinaggio, da far nascere in me il forte desiderio di ritornare. M. Carla L’esperienza del mio pellegrinaggio a Lourdes, per la prima volta come volontaria, è stata positiva e negativa. Negativa perché i primi giorni, il rapporto con il malato è stato difficile. Non sapevo come comportarmi, per far sì che egli si sentisse a suo agio con me, persona nuovasconosciuta. Il gruppo Unitalsiano di Ponte, alla stazione di Lourdes, in attesa della partenza per il ritorno a casa. 16 Ma arriva presto il lato positivo : è il malato stesso che ti aiuta a farsi conoscere e ti mostra la persona che stai aiutando, ma non la malattia. Nei giorni del pellegrinaggio ho imparato molto, conoscendo persone che sono fisicamente disabili, ma con una intelligenza ed una capacità di rapportarsi che io non immaginavo certamente. Per me è stato molto importante; ho constatato che cose e situazioni, che comunque davo per scontate, invece per chi ha problemi, è molto più difficile avere una vita normale. A Lourdes c’è un’atmosfera ed un rapporto umano che fuori dal pellegrinaggio, cioè, nella vita di tutti i giorni non esiste: è la relazione con le persone che ci circondano. Quando vai a Lourdes la prima volta, poi non riesci più a stare lontana. L’atmosfera è inspiegabile, ti fa dimenticare tutto e ti porta dentro una serenità indescrivibile. Quando si torna, a mio modesto parere, si è più ricchi dentro; ti rimane qualcosa che non si dimentica mai. Penso che il miracolo vero di Lourdes sia che ti dimostra che esiste un’umanità quasi indescrivibile. Lucia Folignano festeggia il Patrono La cristianità delle nostre genti ha sempre tenuto in considerazione l’influenza protettiva del Santo Patrono della località e continua a farlo anche in questi tempi di laicismo imperante, celebrando la ricorrenza con festeggiamenti familiari e pubblici. Così Folignano lo ha fatto anche quest’anno, il 2 agosto, corrispondente alla prima domenica del mese. Sviluppando i nostri ricordi ci viene spontaneo il confronto di oggi con il passato. La torta che mia nonna preparava per la festa di S.Pietro, sempre celebrata la prima domenica di agosto, era la soffice e buonissima torta paradiso, che chiudeva un ottimo pranzo preparato con cura per l’occasione. I parenti erano invitati e la tavolata era allegra e rumorosa. Si gustavano gli anolini, gli arrosti cotti nel forno a legna e i tortelli dolci fritti alcuni giorni prima. In paese c’era molta animazione, perché nel pomeriggio, dopo i riti religiosi, si svolgevano i giochi popolari: la corsa nei sacchi, l’albero della cuccagna, la corsa con in bocca un cucchiaio su cui spiccava un uovo che non doveva cadere a terra fino al traguardo, il gioco delle pentole di terracotta. La statua di S.Pietro, alta e maestosa, con in mano alcune grandi chiavi, aveva sollecitato una domanda alla mia nonna: “perché le chiavi?” “Sono quelle che aprono le porte del Paradiso” mi aveva risposto, e mi era sembrata un’immagine bellissima. Anche mia mamma aveva continuato la tradizione culinaria della nonna, animando con grandi preparativi la felice tavolata in famiglia. Ora le cose sono cambiate e la sagra del paese viene festeggiata in comunità, con grandi tavolate sul sagrato della chiesa, con la statua del Santo sempre presente come ai tempi della mia fanciullezza, che guarda bonario i convenuti impegnati a consumare l’ottima cena. Le persone che hanno provveduto alla buona riuscita della serata sono le stesse che ogni domenica aiutano i Sacerdoti nella preparazione della S.Messa e dei vari riti religiosi, prima fra tutte la dinamica Maria. E’ stata una serata all’insegna dell’allegria, che ogni anno si rinnova: ottime le varie portate che hanno permesso a tutti di arrivare a mezzanotte senza accorgersi del trascorrere del tempo, avvolti da una leggera brezza che ci ha fatto dimenticare l’afa dei giorni precedenti. Al tavolo dove io ero seduta c’erano le stesse persone dell’anno precedente, come se il tempo si fosse fermato, tutti consapevoli di trascorrere nuovamente una bella serata nello spirito della tradizione. Mancava però una persona che sempre aveva aiutato nei preparativi e che tutti ricordiamo disponibile e competente per l’organizzazione, specialmente per quanto riguarda gli impianti elettrici: Gigi aveva già dimostrato tale abilità nell’allestimento del bellissimo presepio, che a Natale aveva richiamato numerosi visitatori. Visto il successo della serata, mi auguro che anche l’anno prossimo l’appuntamento si rinnovi, sempre sorretti dall’aiuto di S.Pietro. Eleonora Rossi 17 Conosciamo i nostri anziani Vivo al “Balderacchi” come fossi a casa mia Pontolliese “doc”, ingegnere, classe 1924, Francesco Polledri, da alcuni anni ha scelto di trasferire la residenza al “Balderrachi” di Riva, felice di trascorrere le giornate a due passi dai luoghi che lo hanno visto nascere e crescere. Purtroppo, le sue condizioni di salute, in relazione anche di un intervento chirurgico al cuore subito alcuni anni fa, non gli permettono di vivere da solo in tranquillità e per questo, non “ho voluto pesare su nipoti o su altri parenti”. Ci accoglie nella “suo monolocale” al secondo piano della nuova struttura, con gli occhi pieni di lacrime pensando al lontano 1951, quando da giovane geometra, seguendo i consigli e le indicazioni dell’allora parroco don Sidoli, progettò proprio la prima parte di quella struttura che oggi è diventata la sua casa. L’ing. Francesco, a riguardo cita l’ing. Camoni (firmatario del progetto) ed ha parole di viva riconoscenza nei confronti della signora Dina Balderacchi, cittadina altamente benemerita di tutta la Val Nure. Ultimo di sei fratelli e sorelle, Francesco frequenta le scuole elementari a Pontedell’Olio, dove il papà ha gestito per tanti anni un negozio di merceria “sul Borgo”, passando poi a Piacenza alle Medie San Vincenzo e successivamente all’Istituto per geometri “Romagnosi”, conseguendo anche, da privatista, la maturità scientifica. Successivamente conseguì la laurea a Bologna in ingegneria civile. Dopo un periodo di libera professione, l’ing. Francesco intraprese la carriera dell’insegnamento iniziando presso l’Istituto Tecnico agrario statale “G. Raineri” di Piacenza quale titolare della cattedra di Costruzioni Rurali, Topografia e Meccanica Agraria. A lui chiediamo un ricordo di quegli anni. 18 “Ero un insegnante severo? Lascio ai miei ex allievi il giudizio. Le mie scolaresche erano principalmente costituite da figli di agricoltori: giovani cresciuti insiemi ai loro genitori, assai rispettosi e sufficientemente dotati di vocazione per l’agricoltura. Non mi è però mancato, continua l’ingegnere, qualche studente dal profitto piuttosto limitato: si trattava quasi sempre di giovani con problemi personali o familiari. Del lungo periodo trascorso nelle aule scolastiche, continua l’ex insegnante, ricordo un caso che mi ha molto amareggiato. Un giorno interrogai uno studente dal profitto piuttosto scarso. Era un bravo giovane, dall’aspetto quasi sempre triste. Poiché l’interrogazione stava per finire con l’insufficienza, gli ho chiesto: perché non mi studi quelle poche cose che quasi sempre chiedo, cosicché possa darti la sufficienza?” La sua risposta: “Mi hanno messo in questa scuola ma potevano mettermi in qualsiasi altra scuola che per me era lo stesso. Una domenica vado a trovar mio padre, una domenica vado a trovar mia madre”. Quella risposta fu per me, continua Polledri, una mazzata in testa, insegnandomi che nel rapporto con i giovani, prima di giudicare, occorre conoscere, conoscere e riflettere. Mi è sempre piaciuto molto stare in mezzo agli studenti, perchè vivendo in mezzo ai giovani si ha la sensazione di essere sempre giovani. Purtroppo viene anche il momento di cedere il proprio posto al successore, e così è stato anche per mè. Poco amante della vita cittadina, l’ingegnere ha fatto ritorno nella casa paterna dove, per hobby, si divertiva coltivare l’orto e soprattutto la vigna. Francesco Polledri Purtroppo gli acciacchi della vecchiaia, aggravati da “imprevisti cardiaci” e irrimediabili difetti oculistici mi hanno convinto, e volentieri, a trovare ospitalità in questo caro luogo. E così da alcuni anni sono ospite in questo Istituto, assicurando che l’assistenza diurna e notturna non manca. Il personale è cortese con gli ospiti: sia perché in parte possiede una pluriennale esperienza, sia perchè le nuove leve volentieri imparano dalle loro colleghe più anziane. Anche il personale addetto alla cura degli ospiti di questa casa evidenzia una buona preparazione infermieristica. E che dire degli ospiti? Vi giungono dalle località vicine e lontane portandosi appresso le proprie abitudini, talvolta difficilmente modificabili, nonché i propri malanni. Vi sono anziani un po’ di tutte le età: alcuni si stanno avvicinando al secolo, altri lo superano. Vi sono ospiti che potendo, aiutano i loro amici a tavola e nelle azioni quotidiane della giornata evidenziando così il proprio buon cuore. Purtroppo, termina Polledri, a volte arriva anche qualche ospite dal carattere difficile. Pensando però che tutti, come quel giovane studente con problemi che ho incontrato sui banchi di scuola, ognuno di noi può nascondere insoddisfazioni che vengono da lontano: sta a tutti saperci sopportare ed aiutare vicendevolmente. Paolo Labati 19 20 Spazio aperto Pagine di opinioni, proposte e commenti dei lettori e dei redattori Contrappunti Non è un paese per forestieri posso pretendere che l’orizzonte del mondo si esaurisca nei pochi metri del mio campo visivo. Dall’8 agosto, dunque, essere clandestino equivale a commettere un reato, a dispetto del più elementare concetto del diritto penale, secondo il quale è “reato quel comportamento umano (che consiste in azioni od omissioni) che contrasta coi fini dello Stato ed esige come sanzione una pena”. Tutto chiaro quindi: per parlare di commissione di un reato occorre trovarci di fronte ad un “comportamento” non ad una “condizione”: si tratta di un criterio logico e generale, a cui invece deroga la legge 94/ 2009. Per trovare un’altra legge che punisca la condizione in cui si trova una persona e non il suo comportamento, bisogna risalire al 1938, in pieno regime fascista, quando vennero emanate le leggi razziali (chissà se lo sapevano gli onorevoli deputati e senatori che hanno votato la legge 94/2009) che limitavano fortemente la libertà di studiare, di lavorare, di intraprendere, di chi si trovava nella condizione di ebreo. Ma nemmeno le leggi fasciste in difesa della razza arrivavano tuttavia a considerare un reato il fatto di essere “ebreo”, come invece accade a chi è “clandestino” nell’Italia del 2009. Fin qui l’aspetto che potremmo definire politico-giuridico di questa nuova legge. C’è poi un’altra valutazione di carattere etico che dovrebbe interpellare profondamente tutti coloro che cercano di riconoscersi nei principi fondamentali il cristianesimo. L’8 agosto scorso è entrata in vigore la legge che, tra l’altro, introduce nell’ordinamento giuridico del nostro Paese il reato di clandestinità, intendendo per clandestine le persone di nazionalità diversa da quella italiana o di una nazione appartenente all’Unione Europea, non provviste di un documento che legittimi la loro presenza nel territorio italiano. Leggendo la legge e le motivazioni che hanno condotto alla sua approvazione si ricava la sensazione che sia stata data la risposta sbagliata e superficiale ad un problema reale e complesso. Perché è certamente vero che l’Italia non può accogliere tutti e indistintamente coloro che “bussano” alle sue porte (pur senza dimenticare che l’intera storia dell’umanità è caratterizzata da grandi migrazioni di popoli), ma è altrettanto vero che ogni nazione dovrebbe avere il diritto di essere guidata da rappresentanti che cercano di trarre il meglio dall’intelligenza e dalla saggezza della società che li esprime. La strada scelta dal nostro legislatore ricorda invece l’atteggiamento di quei genitori che attribuiscono gli insuccessi scolastici dei propri figli sempre ed unicamente a presunte inadeguatezze – se non malanimo – degli insegnanti. Così l’Italia, anziché interrogarsi seriamente sul fenomeno e dotarsi di strumenti idonei di accoglienza, integrazione e controllo; anziché costruire una rete autentica e efficace di accordi con i partner comunitari e con i paesi da cui provengono e transitano i migranti (non parliamo del patto scellerato con la Libia, che è solo un modo per tenere il problema lontano dai nostri occhi) ha scelto la via facile e semplicistica di considerare la condizione di clandestino un reato. E’ ovvio che la ricerca di soluzioni diverse presupporrebbe volontà politiche, capacità progettuali e sensibilità culturali che non appartengono al dna dell’attuale classe dirigente, ma se io soffro di miopia non Qualche anno fa, quando l’Unione Europea decise di dotarsi di una Costituzione, una parte rilevante dell’opinione pubblica e della classe politica italiana (soprattutto tra le file di quelle stesse forze che hanno voluto ed approvato la legge 94/2009) chiese ripetutamente, seppur vanamente, che nella Costituzione Europea fosse inserito tra i valori fondanti dell’Unione, un richiamo ai principi cristiani. 21 Confesso di aver seguito quel dibattito senza particolare passione, convinto come sono che il cristianesimo vada più testimoniato che dichiarato. Oggi, dopo aver letto la nuova legge che punisce il reato di clandestinità, ho preso il Vangelo secondo Matteo che, al capitolo 25, narra di quando, nel giudizio finale, il “Figlio dell’uomo siederà sul trono della sua gloria e dirà: venite, benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi. Perché io … ero forestiero e mi avete ospitato… Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto forestiero e ti abbiano ospitato ? … Rispondendo, il re dirà loro: in verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose ad uno solo dei miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Possiamo fermarci qui, perché ognuno deve, solo per sé, interpellare la propria coscienza. Concludo, proponendovi un estratto della lettera pastorale della Quaresima, scritta 16 luglio 2009 Isotta Gandi, laureata presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Parma, con la tesi: “Idrochinesiterapia termale nelle patologie della colonna vertebrale”, è ora DOTTORESSA IN SCIENZE DELLE ATTIVITA’ MOTORIE. La famiglia si congratula per l’eccellente risultato. 22 dal vescovo di Chieti, mons. Giuseppe Venturi, sul tema del razzismo e dell’antisemitismo. E’ del 1942, ma mi pare quanto mai attuale anche per gli “italiani brava gente” del 2009. “Tutti siamo fratelli; e quel sacro vincolo, che unisce e cementa gli uomini tutti, non può essere rotto o allentato giammai da niuna diversità di origine, di sangue, di razza, di cultura, di fede, ma solo dalla malizia umana e dall’abbruttimento, a cui l’uomo spesso si abbandona. E come Dio nella distribuzione delle sue grazie non fa distinzione alcuna tra giusto e ingiusto, tra giudeo o greco, tra sapiente e ignorante, ma le versa su tutti, come fa su tutti risplendere il sole, così deve fare anche il cristiano. Oggetto cioè del suo amore devono essere gli uomini tutti, siano amici, siano nemici; del proprio o di diverso sangue; appartenenti alla stessa o ad altra lingua.” gm ratti Ponte in Cammino - ricerca su luoghi, strade e vie di interesse storicoa cura di Giovanni Pilla e Chiara Ratti Via Giovanni Battista Ghizzoni Via Luigi Ghizzoni In questo numero ci occupiamo delle vie intitolate a Luigi Ghizzoni e a Giovanni Battista Ghizzoni. Percorrendo Via Vittorio Veneto la prima via che origina dalla direttrice principale e si immette in via Rocca è dedicata a Giovani Battista Ghizzoni mentre la via intitolata a Luigi Ghizzoni origina anch’essa da Via Vittorio Veneto e, costeggiando la nuova lotizzazione “Le Fornaci”, conduce all’attuale via Fioruzzi. Nel 1968 i fabbricati recentemente costruiti nell’area lottizzata ad est della borgata resero necessaria l’attribuzione della denominazione a ciascuna delle strade in essa previste, il Consiglio Comunale con delibera dell’8/04 dispose quanto riportiamo: « La strada che si diparte dal Corso Vittorio Veneto e si congiunge ad est con la strada recentemente denominata “Martin Luter King” (oggi Via Rocca) della lunghezza di mt. 200 circa viene denominata Giovanni Battista Ghizzoni. Ghizzoni nacque a Ponte dell’Olio l’11.4.1861 e morì il 10.4.1937, nacque da una famiglia dalla quale ereditava lo spirito di amor patrio, la dirittura di carattere e la profondità e la versatilità dell’ingegno. Dotato delle più felici attitudini intellettuali e di particolare inclinazione allo studio delle Leggi si avviava alla carriera della Magistratura dove ben presto emerse per qualità di carattere, per acume giuridico e per dottrina. Raggiunto il grado di Presidente di Tribunale dalla sede di Piacenza passava a quella di Milano esercitando il suo ministero fra l’altissima stima dei suoi collaboratori, il plauso dei rappresentanti del Foro e la più lusinghiera considerazione di tutti coloro per i quali amministrava la giustizia, per il rigoroso senso del dovere che lo guidava, il fine tatto, la grande obiettività, l’innata signorilità del gentil uomo. Promosso Consigliere alla Corte di Cassazione di Palermo, tornava poi a Milano con le funzioni di Presidente di Sezione di Corte di Appello, e quivi dopo 45 anni aveva fine la sua carriera per raggiunti limiti di età.Su quei colli che Egli tanto amava, fra le cure della famiglia da lui cresciuta nei sani principi a cui aveva informata la sua esistena si dedicò all’agricoltra con l’animo di chi vedeva nella terra l’alma parens ed a nessun dei tanti che a lui ricorrevano, negò mai il saggio, sicuro e gratuito consiglio che gli veniva chiesto con larga fiducia da coloro per i quali era “Il Presidente” per antonomasia. In tanta pace, in tanta austerità nei magnifici placidi tramonti della sua terra egli vide venire la fine della sua giornata terrena, che accolse con rassegnazione e con la fiducia che può dare la sicurezza della coscienza. Egli aveva disposto che la sua salma avesse a sostare davanti alla casa paterna per una preghiera, perché in quel momento egli avrebbe riveduto con lo spirito tutti i suoi cari e sarebbero in lui risorti i più lieti ricordi della sua vita. Egli riposa nel cimitero di Ponte dell’Olio donde così diceva gli sembrava ancora avrebbe potuto gioire dello spettacolo di quella terra che gli era stata così cara». Illustre progenitore di Giovanni Battista fu Luigi Ghizzoni, nato in Albarola nel 1751, morì a Piacenza il 2 marzo 1820, medico distintissimo e- secondo lo storico Rossi - «direttore dell’Ospedale Civile di Piacenza,la quale giustamente lo stimava per uno de’ suoi più probi e benemeriti cittadini ed uno de’ suoi più dotti, operosi, sicuri e valenti medici. Gli amici piansero le qualità del candido animo suo e del suo integerrimo cuore. La sua fama si estende oltre la cerchia della sua provincia; col suo testamento lasciò all’ospedale lire 5 mila e lasciò in legato alla pubblica Biblioteca tutti i suoi libri spettanti alla Medicina e alle Scienze a questa ausiliarie, 23 che in totalità ammontavano a circa ottocento cinquanta opere, tra le quali alcune di parecchi volumi; e grata, per tal dono, la Commissione della pubblica Libreria, ordinò si conservasse nella stessa il ritratto di Lui». Il ritratto citato dallo storico è quello che pubblichiamo nella pagina seguente. Luigi e Giovanni Battista Ghizzoni sono però solo due rappresentanti di una famiglia che ha ricoperto una posizione di spicco nella storia del nostro paese, il cognome si trova già nel XVIII secolo, in particolare nell’elenco dei possidenti a Ponte dell’Olio dopo il 1765 si legge di Ghizzoni Giovanni Antonio, proprietario di 7 perticati e più tardi, nel 1798, il Signor Pietro Ghizzoni figura nell’elenco dei residenti con la rispettiva rendita catasatale, di lui si legge inoltre nel dizionario biografico Piacentino: «Ghizzoni comm. Pietro, benemerito e munificentissimo cittadino arricchitosi nel commercio, dotò ospedali e chiese, fondò in perpetuo nel Seminario vescovile di Piacenza trenta posti per altrettanti giovani poveri chierici in aiuto alla benevolenza alberoniana, con atto di donazione del 7 giugno 1835, approvato con decreto sovrano il 14 novembre 1837; in Albarola di Ponte dell’Olio nacque nel 16 maggio 1757 e morì lungamente compianto il 16 gennaio 1838 nella grave età di anni 80 e mesi 8; nel cimitero di Piacenza e precisamente nell’avello della famiglia Ghizzoni leggesi una lunga ma sincera iscrizione funebre in sua lode». Nel 1831 a Ponte erano presenti 4 rivenditori di caffè, acquavite e liquori in borgata, tra questi anche Pietro Ghizzoni nel cui locale “Caffè del Commercio” si poteva anche giocare a carte. Sempre nell’Ottocento visse Giovanni Battista Ghizzoni, il farmacista del paese, in esercizio dall’aprile 1818, che all’età di 45 anni aveva un’entrata di 2.500 lire, il che lo poneva tra le persone più ricche del paese. Rivestì diverse cariche: fu Podestà dal dicembre 1839 fino al 1843, Santese con l’incarico di tesoriere dal 31 marzo 1844 al primo luglio 1847 e nel 1835 fu membro della Commissione Speciale di Sanità e Soccorso del Comune di Ponte dell’Olio nominata a scopo preventivo e di 24 vigilanza dato il diffondersi del colera con risoluzione sovrana del 14 agosto e di cui faceva parte anche Pietro Zurlini, già incontrato nelle precedenti ricerche. Tra i notabili della famiglia occorre citare anche Vincenzo Ghizzoni, il quale, secondo quanto riportato da Stefano Pronti nel volume “Ponte dell’Olio, vicende storiche 1200-1860" era « proprietario di una fabbrica per la trattura della seta, situata a San Bono, di cui troviamo notizie significative nel 1837: la trattura veniva eseguita da 28 operaie (14 forestiere e 14 locali) per 28 caldaie; da una nota di otto anni dopo risulta che i lavoranti impiegati complessivamente nello stabilimento all’epoca erano 56. Un terzo del fabbricato in cui si svolgeva l’attività era detto la “bigatteria vecchia”, erano dotati di graticci per una capienza di 2.500 pesi di gallette; il locale descritto aveva approssimativamente un estensione di 65 metri, un altezza di 10 e una larghezza di 7,5. Nel gennaio 1839 scoppiò un incendio proprio in questo ambiente e la filanda subì danni per lire nuove 10.000; la produzione continuò ugualmente e nel settembre la seta ricavata dall’acquisto di 1.452 pesi di bozzoli equivalse a libbre 3.470, dato che rispecchiava la media produttiva del quarto decennio come evidenzia l’esame delle dichiarazioni annuali di Ghizzoni. Nel libro delle cessazioni di commercio esistente presso l’Archivio Storico Comunale è registrata la dichiarazione di chiusura della trattura effettuata dalla vedova di Ghizzoni nel 1853». San Bono era all’epoca il palazzetto di villeggiatura dei Ghizzoni con annesso oratorio ed era pressochè isolato dal paese e circondato da terreno prativo e coltivo, non a caso a Vincenzo si deve altresì la realizzazione della Via San Bono: secondo la permuta proposta all’amministrazione municipale, effettuata nel 1840, furono chiusi due tratti di strada pubblica che inopportunamente ripartivano la proprietà dell’imprenditore e se ne aprirono altrettanti su fondi di sua appartenenza lungo la direttrice interessata. A Vincenzo Ghizzoni vennero affidate le operazioni di collegamento alla strada governativa per Piacenza dopo la conclusione del ponte sul Nure, quando si rese necessario congiungere il manufatto alla importante via di comunicazione e si pensò di riutilizzare la strada che partendo dalla maestra per Piacenza al Follo di Albarola passava per l’abitato e scendeva al Nure; egli era inoltre titolare della società “Fornace Calce di Valnure di Vincenzo Ghizzoni e soci” che verso il 1890 diede mandato a Emilio Rossi, capomastro, padre di Giovanni Rossi, di costruire a Ponte dell’Olio una fornace per produrre calce viva. Possiamo considerare questa attività come l’embrione della futura Cementirossi poiché Giovanni Rossi ne divenne successivamente unico proprietario. Battesimo di Emma nata il 6 novembre 2008 festeggiata da amici e parenti. 25 26 27 28 29 30 31 32 33 Ricordiamoli Cademartiri Teresa ved. Zazzera n. 25.08.1920 - m.21.06.2009 Nicelli Gianni n.10.04.1949- m.23.06.2009 Bosi Gaetano n.01.06.1910 - m.04.07.2009 Corbellini Giulia ved. Corbellini n. 14.09.1928 - m.06.07.2009 Provini Giovanni n.12.10.1920- m.07.07.2009 Volta Antonio n.15.02.1925 - m.09.07.2009 34 Solari Germana ved. Calza n. 12.06.1930 - m. 30.06.2009 Calandroni Luigii n.28.08.1930 - m.07.07.2009 Zangrandi Rosanna in Ferrari n. 21.07.1951 - m.24.07.2009 Ricordiamoli Manini Domenico n.03.05.1930- m.27.07.2009 Carini Giuseppe (Pino) 01.05.1922 - m. 18.08.2009 Polledri Anna in Recamento n.02.01.1950 - m.31.07.2009 Sartori Alessandro n. 08.01.1942 - m. 19.08.2009 Bertonazzi Giovanni n. 14.06.1950 - m.10.08.2009 Celaschi Jole ved. Gandi n.09.05.1925 - m.16.08.2009 La nonna di Sabrina è tornata alla casa del Padre. A Sabrina un abbraccio dagli amici della redazione di Vigolzone Cordani Margherita ved. Mazzoni n.24.04.1911 - m.27.07.2009 Maschi Francesca ved. Mazzocchi n.30.09.1909 - m.14.08.2009 35 Raduno allievi del 48° Corso Ufficiali di Cavalleria Anche questo anno Villa Chiara a Villò (Piacenza), ha ospita il Raduno degli ex ufficiali del 48° Corso di Cavalleria (1967 Caserta), secondo una consuetudine che ora, al 13° anno, è divenuta tradizione. Tra gli ospiti del conte Camillo Nasalli Rocca, anche Francesco Rolleri, neo primo cittadino di Vigolzone, una rappresentanza guidata da Gaetano Morosoli e da Giacomo Bernardi del locale Gruppo Alpini che nel 2007 si è gemellato con la compagine di ufficiali in occasione del quarantennale del Corso, il presidente provinciale dell’A.N.A, Bruno Plucani. Alcuni ex ufficiali che provengono da lontano sono attesi già domani e prenderanno alloggio in parte nella splendida dimora degli anfitrioni e in parte in alberghi della Val Nure. Il programma del raduno, ormai consolidato, ha previsto una SS. Messa al campo, celebrata da Don Paolo Camminati, parroco di Villò. Nel corso del rito sono stati ricordati il comandante Gen. C.A. Giangiorgio Barbasetti di Prun, gli allievi di cavalleria e gli amici alpini che ci hanno lasciato ma soprattutto tutti coloro che hanno donato la vita per la Patria. A rendere ancor più frizzante la già affettuosa rimpatriata, un aperitivo con Bianchello del Metauro delle cantine Morelli di Fano e tipici salumi della Val Nure, una colazione all’aperto impeccabilmente cucinata e servita all’ombra dei secolari cedri del parco di Villa Chiara dove verranno offerti vini rossi con etichetta Morelli di Fano, La Tosa di Vigolzone, Conte Otto Barattieri di Albarola e bianchi della selezione Bertuzzi di Vi1lò. Al termine un brindisi con la tradizionale carica di cavalleria comandata dal Capitano Marcello Fenili affiancato dal suo trombettiere generale Franco Tolomei. In serata, prima di riprendere la strada del ritorno alle proprie residenze, “il bicchiere della staffa” presso il rifugio alpini di Vigolzone, intendendo con questa espressione nata nell’800, quando i signori che si recavano nelle locande bevevano l’ultimo bicchiere quando già avevano un piede nella staffa, pronti per montare a cavallo, l’ultimo bicchiere prima di congedarsi dagli amici fraternamente rimasti tali. Il rito è stato affrontato di buon grado anche da Francesco Rolleri, neo primo cittadino di Vigolzone nella foto di Oreste Grana con il conte Camillo e alcuni ospiti che brindano all’appuntamento del 2010. 36 Rubrica di cucina a cura di Antonietta Spelta Torta di carote La ricetta di questa torta, l’abbiamo chiesta a Francesca,la nostra pasticcera del caffè della domenica mattina alla Madonna della Neve, dopo averla assaggiata, gustata e trovata veramente squisita. INGREDIENTI: gr.200 carote gr.200 mandorle nr.4 uova gr, 50 burro gr 200 zucchero 1 bicchiere di farina 1 bustina di lievito per dolci ESECUZIONE: Pulite le carote, grattugiatele e mettetele in un colapasta. Tritate le mandorle con la buccia. Separate i tuorli dagli albumi. Montate gli albumi a neve ben soda. Mescolate le mandorle tritate alla farina e al lievito. Imburrate una teglia del diametro di circa 24 – 26 cm . Sbattete bene i tuorli con lo zucchero, incorporate la miscela di mandorle e farina, ( se fosse troppo duro l’impasto, aggiungete un cucchiaio di albume montato), aggiungete poi le carote e da ultimo gli albumi montati a neve. Versate l’impasto nella teglia e cuocete a 180 gradi per circa 45 minuti. Questa torta si serve così o cosparsa di zucchero vanigliato. Grazie Francesca! Faccio questo appello a tutti gli appassionati della rubrica di cucina, mandatemi le vostre ricette più esclusive o dettatemele per telefono, sarà un piacere condividerle con i lettori de “Il Ponte”. Chiamatemi al numero: 338 2909344 37 Vigolzone: Prima Confessione e Prima Comunione Prima Confessione: Burgazzi Sabrina, Ghizzinardi Loris, Agnelli Federica, Ghetti Lorenzo, Albertelli Davide, Soragna Greta, Burgazzi Mauro, Guglielmetti Marco, Puddu Giulia, Tagliaferri Rebecca, Malvicini Andrea, Fracassi Nicola, Busca Maria Cristina, Di Nuccio Clarissa, Costa Matteo, Rossi Matteo, Tosi Alessandro, Gatti Alex, Prati Lorenzo, Frino Simona, Sartori Francesca, Callisardi Nicole, Conca Anna. Prima Comunione: Benzi Stefania, Burgazzi Alessandro, Burgazzi Christian, Burgazzi Michela, Chiarello Alessandro, Chiesa Michael, Cucuzza Simone, Gallinari Nicolò, Ghezzi Greta, Maio Manuel, Massini Jacopo, Padellaro Debora, Rasparini Alessia, Sanguineti Mattia, Soardi Nicola, Donini Emil, Rossi Matteo, Torres Oscar, Pernice Anna Maria. 38 Vigolzone, 2 giugno 2009: hanno ricevuto il Sacramento della Confermazione: Accorsini Marco, Albertelli Mattia, Cravedi Lorenzo, Franchi Laura, Leoni Alessandro, Paraboschi Samuele, Pedroli Mara, Ratti Martina, Trimarchi Sara. Insieme per festeggiare gli anniversari di matrimonio A Vigolzone, lo scorso 21 giugno una quarantina di coppie si è ritrovata in chiesa per ringraziare il signore e rinnovare insieme “la promessa”.La messa è stata concelebrata da don Cesare e Don Gianni Cobianchi che tanti di noi conoscono e ricordano con affetto essendo stato per lunghi anni parroco a Ponte dell’Olio. Al termine, come sempre, un piacevole momento conviviale con la consegna delle pergamene ricordo. 39 Pubblicità Banca di Piacenza 40