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Armida Gandini alla 41 artecontemporanea di Torino
Autore: Sabatino Cersosimo
Vai all'evento: ARMIDA GANDINI - Io dico che ci posso provare
Vai alla sede: 41 artecontemporanea
Gli artisti correlati: Armida Gandini
Io dico che ci posso provare, 2009, stampa lambda su alluminio, 120x90 cm
È fondamentale per un artista portare la vita nelle sue opere. È una specie di atto dovuto: a ben pensare
l’opera è estensione dell’artista e, come tale, essa deve poter “vivere”. La vita non è quasi mai letta come
una linea retta ma piuttosto costellata di sobbalzi, declivi e ostacoli che mettono l’uomo sempre alla
prova, sin dalla nascita.
Armida Gandini (Brescia, 1968) riflette sui dualismi arte-vita, effimero-concreto, mentale-sensoriale.
Nella mostra alla 41 artecontemporanea di Torino, la sua eroina è una bambina che, in uno spazio bianco,
sospeso e asettico, deve confrontarsi con barriere fisicamente presenti ma in verità disegnate dall’artista
(quindi anche illusorie). Succede in un video e succede sulla carta dove –in quest’ultimo caso- alla figura
umana fotografata (riportata con la tecnica del ricalco a trielina) risultano aggiunti, disegnati a grafite,
reticoli, corpi geometrici e bande nere, in un’alternanza di trasparenze e saturazioni.
La situazione viene riproposta anche nell’allestimento della mostra: c’è un muro bianco (un foro sulla sua
superficie premette di guardare oltre) che tuttavia non raggiunge il soffitto; ci sono una scala di metallo,
uno sgabello, una sedia: elementi che si trovavano nelle opere cartacee e nel video, ma che nella galleria
sono monchi, incompleti, parte di un’intenzione suggeritrice più che descrittrice. Chi osserva viene infatti
attratto dal desiderio di scoprire, “completare” le immagini, avvicinandosi e interagendo, sporgendosi e
modificando il punto di vista.
Oltre il muro un altro spazio –al quale si accede non senza dover cercare il passaggio- in cui fotografie
(che appaiono come flashback del video; il video potrebbe essere conseguenza dei disegni) appese alle
pareti completano l’allestimento. Il concetto di ostacolo tutt’altro che insormontabile è sottolineato già a
partire dal titolo della mostra (“Io dico che ci posso provare”) ma, soprattutto, dall’uso dell’acerba
fanciulla, più disposta rispetto all’adulto a fantasticare in un mondo da Alice (non a caso personaggio già
protagonista di un passato lavoro), che nasce quindi spesso dalla propria fantasia, e forse è proprio la
sensazione che colpisce di più davanti a questo grande racconto: è un mondo possibile ma illusorio, come
quello che solo i bambini concepiscono.
Nelle opere di Armida Gandini convivono le espressioni artistiche più classiche insieme a quelle più
recenti, dal disegno alla performance, dalla videoarte all’installazione. Il suo poliedrico registro tecnico
concorre alla costruzione di un mondo ricco di sfaccettature. La sua tecnica è molto raffinata,
caratterizzata da quella stessa cura del metodo e del dettaglio che da sempre sta alla base della bella
realizzazione artistica: la sedimentazione della pittura attraverso le velature e la differenziazione
dell’impasto, l’alternanza dei materiali e il loro dosaggio, sono trasfigurati nelle sue opere stratificando la
grafite sulla carta, accostandola a interventi fotografici o fotocopiati, alternando il video all’allestimento di
spazi multisensoriali a loro volta costituiti da un'attenta messa in scena. E parlando con Armida ci si
accorge che davvero le sue opere sono estensione di se stessa, delicate e trasognate, palinsesti di sottili
fogli emotivi riccamente contrastanti, proprio come nelle fiabe.