Numero Unico - Settembre lendinarese 2015

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Numero Unico - Settembre lendinarese 2015
Fiera di Lendinara
Presentazione
T
anti importanti anniversari attraversano il
Numero Unico 2015, alcuni
legati alle due guerre mondiali, altri all'associazionismo
locale, altri ancora a storiche
realtà produttive e alla scena
musicale lendinarese. Le ricorrenze di spicco iniziano dalla 350esima edizione della fiera di settembre, e per celebrare i tre secoli e
mezzo di vita della kermesse nata per omaggiare la
Madonna del Pilastrello abbiamo voluto riportare
l'articolo pubblicato nel Numero Unico del 1984 e
firmato da Angelo Raimondi, storico corrispondente del Gazzettino. Non abbiamo voluto far mancare
un richiamo ai due grandi conflitti che hanno solcato il mondo nel ventesimo secolo. In occasione
del centenario dall'ingresso dell'Italia nella Prima
Guerra mondiale ricordiamo con un articolo di Bepi
Bonafin la medaglia d’argento al valor militare Barnaba Tosetto, a quel tempo un decano dei ‘munari
dell’Adese’. A settant'anni dalla fine della Seconda
Guerra, invece, un racconto “bipartisan” ricorda la
morte dei fratelli Marchiori su due fronti avversi; il
ricordo è opera del fratello minore Enrico, che, sia
pure con una comprensibile riluttanza, ha accettato
il nostro invito.
Cinquant'anni fa sono avvenuti molti fatti importanti per la comunità lendinarese: nel 1965 sono state fondate la sezione lendinarese dell’Avis ad opera
di Gino Favaro e la Polisportiva Città di Lendinara, l'industria alimentare Salca chiuse i battenti e si
Pro Loco
di Lendinara
Città
di Lendinara
costituì il primo complesso musicale lendinarese in
senso moderno, I Fantasmi, che ebbero vita breve
ma aprirono la strada ad altre band che si sarebbero
formate successivamente. A proposito della chiusura
di industrie, sono passati 40 anni esatti dalla chiusura dello jutificio nel 1975, e anche di questo e della
crisi del tessile che interessò Lendinara negli anni
'70 si fa cenno nell'articolo di Giovanni Vigna dedicato al padre Biagio Vigna e al suo impegno amministrativo. Sulla scia della storia de I Fantasmi raccontiamo anche la vicenda dei The Mister Sound,
gruppo nato subito dopo e attivo fin quasi ai giorni
nostri, con l'intenzione di ricordare in futuro i tanti
altri gruppi che hanno costellato il panorama musicale lendinarese.
Anche quest'anno abbiamo voluto dare risalto ad
alcuni lendinaresi che hanno fatto carriera in diversi
campi e ai neolaureati, valorizzando i talenti locali e
gli obiettivi raggiunti da tanti giovani, e riportiamo
inoltre alcuni fatti di cronaca, piccole curiosità storiche, documenti e tradizioni nostrane che si spera
risultino interessanti.
Rivolgiamo un sentito ringraziamento agli sponsor
che, malgrado le difficoltà del momento, continuano a sostenere questa pubblicazione, non solo in vista di un ritorno pubblicitario. Un ringraziamento
va anche ai collaboratori e autori degli articoli e ad
Alvise Bassi, sempre pronto a mettere a disposizione
il suo ricco archivio fotografico.
Ennio Bellucco
Regione
del Veneto
350ª Fiera di Lendinara
4 - 13 settembre 2015
350ª
In copertina “Alba di Lendinara” di Giulia Marabese
1
350ª
Fiera di Lendinara
Il saluto del Sindaco
C
ari Cittadini,
cortesi Ospiti,
è già passato un anno da quando, Sindaco neo eletto della
Città di Lendinara, avevo il
privilegio di introdurre alla lettura del Numero Unico redatto per la 349ª edizione
della Fiera di Lendinara, augurando a tutti un futuro
sereno, proficuo e solidale. Ora, in occasione della presentazione della 350ª edizione del Settembre
Lendinarese, a nome mio e dell’Amministrazione
Comunale che presiedo, desidero rinnovare questo
auspicio, sottolineando con orgoglio che si tratta di
un appuntamento che assume una rilevanza provinciale, in virtù del ricco programma e della notevole
partecipazione di pubblico.
Quest’anno la manifestazione, seppure nel rispetto della tradizione popolare e religiosa della nostra
comunità, si caratterizza per rientrare a pieno titolo
nell’ambito del progetto di “Lendinara Città Ospitale”, che mira a proporre una Città accogliente e
vivibile, che valorizza le proprie ricchezze e peculiarità, promuovendo e tutelando il patrimonio storico,
artistico ed architettonico del territorio ed incentivando le attività che contribuiscono alla sviluppo
socio-economico della nostra realtà.
Progetto che in questi ultimi mesi si è concretizzato
in importanti iniziative, quali, ad esempio, l’approvazione dell’Accordo di Partenariato per il Distretto
urbano del commercio, l’avvio del Tavolo per la conciliazione dei tempi ed orari delle famiglie e la sottoscrizione del Protocollo d’intesa per la valorizzazione
del tessuto culturale e religioso della comunità.
E ciò privilegiando gli interventi capaci di generare ricadute positive in un contesto territoriale
più ampio di “Area Vasta” con i comuni limitrofi e secondo uno spirito costruttivo che unisce le
potenzialità, le idee e le energie di tutti i soggetti
coinvolti, siano essi pubblici o privati, associazioni
o singoli cittadini.
Simbolo di questa importante iniziativa è il logo
denominato “Lendinara Città Ospitale – la cultura dei
luoghi tra Adige e Adigetto”, che identificherà ed accompagnerà anche i diversi eventi della manifestazione fieristica 2015.
Nel ringraziare indistintamente tutti coloro che
hanno collaborato per la realizzazione di questa 350ª
edizione della Fiera della Città di Lendinara, rinnovo a partecipanti e visitatori l’augurio di un Buon
Settembre Lendinarese.
Luigi Viaro
Il saluto del Presidente della Pro Loco
È
altamente gratificante
essere a guida di una Pro
Loco così attiva come quella
di Lendinara. Pochi sono stati i
weekend liberi da iniziative organizzate da noi direttamente o nelle quali siamo stati
importante supporto ad altre associazioni.
L’idea è quella di promuovere Lendinara Città Ospitale che diventa un marchio registrato e con il quale
si fa riferimento ad un paniere che raccoglie simbolicamente le bellezze artistiche e culturali di Lendinara oltre alle tipicità alimentari. È in questo contesto
che assumono particolare significato iniziative come
quella della presentazione del biscotto di Lendinara,
di uno spettacolo teatrale di danza e maschere per
festeggiare i 40 anni di Carnevale, di uno spettacolo
di beneficenza a favore delle malattie rare infantili
al Teatro Ballarin con tutti i cori della nostra città,
di mercatini particolarmente colorati e pittoreschi
2
come quello dei fiori o della zucca, di una festa della birra realizzata in centro storico che ha avuto un
successo travolgente, di uno spettacolo di danza e
recitazione realizzato all’arco del Castel Trivellin,
cornice particolarmente suggestiva e romantica.Tutte attività, insieme a molte altre come la riapertura
della Biblioteca Gaetano Baccari, le bande a Villa Marchiori, la stagione teatrale e cinematografica
estiva nel giardino interno di Palazzo Pretorio o la
Fiera di aprile lungo Riviera Mazzini o altre di carattere sportivo, volte ad evidenziare le potenzialità di
Lendinara su più fronti e a rivalutare angoli affascinanti, ma un po’ dimenticati negli ultimi tempi.
Ci vogliono perseveranza e dedizione da parte nostra per concretizzare l’idea di Lendinara Citta’ Ospitale, ma anche amore, rispetto e partecipazione da
parte di tutti i cittadini.
Alda Marchetto
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di Zorzetto Michela
Al salone Dirce
La bellezza ha diverse forme, colori, intensità.
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Dedicato ai giovani, crediamo nei giovani.
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Lavoro uguale a dignità e gioia
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Fiera di Lendinara
La Fiera della Madonna compie 350 anni
Ricordiamo i 350 anni della fiera riportando un articolo
di Angelo Raimondi, storico giornalista del Gazzettino,
pubblicato nel Numero Unico del 1984.
Fiera di Lendinara 1890 circa (Archivio Marchiori)
E la Serenissima decretò: “Sia Fiera!”
Angelo Raimondi
C
orreva l’anno 1665 quando il Senato della
Serenissima fu chiamato ad esprimere il suo
parere su una richiesta che i lendinaresi avevano
fatto approdare nientemeno che al Doge. Volevano,
questi abitanti di una città lambita dall’Adige e con
i resti di un castello che testimoniavano la presenza
dei “fieri nemici” estensi, che fosse riconosciuta
la possibilità di organizzare un periodo di fiera per
“sfruttare”, anche in termini economici, quel grande
flusso di gente che ormai da diversi decenni arrivava
in città ogni anno l’8 settembre, ricorrenza liturgica
della Natività della Madonna: pellegrini salmodianti
preci ed orazioni durante le lunghe camminate
(estenuanti in quanto potevano durare diversi
giorni, notti naturalmente all’addiaccio, fame saziata
con misere cose conservate nelle bisacce) chiamati
dal richiamo di “eventi prodigiosi”, attribuiti ad
una modestissima immagine in legno d’ulivo che
un certo Giovanni Borezzo, falegname di poche
pretese, era riuscito ad intagliare e sistemare sopra
l’ingresso della sua casa sulla quale voleva che la
Vergine del Cielo rivolgesse “i suoi occhi benigni”
per assicurarne protezione e aiuto materno. Una
statuetta che fu però “da bufera divelta dalla sua
nicchia in facciata della casa dei Borezzo” e finita,
sotto l’incalzare delle folate di un vento impetuoso
“al di sopra di una siepe, ritta, immota ed elevata,
quasi fosse sostenuta da mano di angeli”. Evento
350ª
strepitoso, spiegabile soltanto con la volontà della
Madonna di avere, proprio in quel luogo, un tempio
a lei dedicato. E questo desiderio celeste alimentò un
grande fervore di iniziative: prima venne realizzato,
per volere di Lorenzo Malmignati, un capitello con
altare dove la statuetta venne custodita per 70 anni,
poi – correva l’anno 1577 – l’inizio dei lavori di un
“sontuoso tempio”, consacrato nel 1584, quindi
quattrocento anni fa proprio in questi giorni. Poi la
cerimonia di incoronazione, cantata nell’omonimo
poemetto da Giovanni Battista Conti, uno dei
grandi personaggi del passato che contribuirono a
far sì che a Lendinara fosse affibbiato il titolo di
“Atene del Polesine”. Una incoronazione, come
dice Bruno Rigobello, (grande conoscitore del
passato lendinarese) che portò “tutta Lendinara a
fervere di slancio per adornare la chiesa, le strade
e per la costruzione sulla piazza di un anfiteatro in
legno pieno di sculture” e che la terzina del verso
contiano così descrive:
“L’un l’altro esorta, ed ogni indugio è tolto
il povero travaglia, il ricco dona
Ciascuno a prova alla grand’opera è volto”
Un lungo elenco di avvenimenti che portarono
ad alimentare ed infervorare una devozione ed un
culto tra le grandi masse dei credenti e consigliare
– come si diceva all’inizio – ai maggiorenti di allora
di rivolgere la petizione al grande “conduttore” della
repubblica veneziana, il doge, al quale però correva
l’obbligo di sentire, prima di decidere, il senato. E
fu un parere che batté all’unisono con i desideri
dei lendinaresi e così, dal 1666, nei giorni 8, 9 e 10
settembre, è sempre stata “Fiera della Madonna”.
Fiera di Lendinara 1890 circa - (Archivio Marchiori)
5
350ª
Fiera di Lendinara
8 settembre 1943-1945: due Italie e due fratelli
I
n occasione del 70° anniversario della fine della seconda guerra mondiale, abbiamo chiesto a Enrico Marchiori di raccontare gli avvenimenti che interessarono la
sua famiglia in quegli anni, dall’armistizio dell’8 settembre ‘43 alla fine del conflitto, con particolare riferimento
ai suoi due fratelli Gino e Rodolfo che, su campi avversi,
andarono incontro alla morte. Pur riluttante per la delicatezza della vicenda che ha toccato così duramente la
sua famiglia, Marchiori ha gentilmente accolto la nostra
richiesta e ci ha raccontato quanto segue.
1 - Da sx: Gino, Enrico, Rodolfo e il papà Giacomo Marchiori
E
ro rientrato a casa la sera del 7 settembre dal
Cadore con mia sorella Irma; non posso dimenticare l’annuncio alla radio che era stato firmato
l’armistizio e le diverse reazioni dei presenti. Questo ricordo mi si è impresso nella memoria accanto a
quello della dichiarazione di guerra fatta da Mussolini e anch’essa da me ascoltata all’età di cinque anni
alla radio il 10 giugno 1940.
Di cosa volesse dire guerra l’avevo capito quando,
a pochi giorni dall’inizio, un certo Rondanin, un
giovane che lavorava nel magazzino delle uova e mi
faceva spesso giocare, cadde falciato da una mitragliatrice nemica.
Quanto è successo in seguito, in particolare la morte di due miei fratelli combattendo ciascuno per una
Patria Italia contrapposta all’altra, è stato determinante per come avrei poi voluto impostare il mio
rapporto con gli altri.
Gino
Mio fratello Gino aveva da poco conseguita la maturità scientifica al liceo Paleocapa di Rovigo quando ha partecipato alla Marcia della Giovinezza alla
quale aderirono 25.000 giovani, dopo un periodo di
addestramento, divisi in 24 battaglioni. La marcia
terminò a Padova il 10 ottobre 1940 e i battaglioni vennero sciolti. Circa 1.500 giovani decisero di
continuare e con questi Gino, che fu poi a Formia
e quindi a Napoli col maggiore Balisti. Il 18 aprile
1941 il Ministero della guerra dispose la costituzione del “Gruppo Battaglioni Giovani Fascisti” come
unità del Regio Esercito. Il 19 aprile i volontari prestarono giuramento.
Il 21 luglio 1941 il 1° e il 2° battaglione sbarcarono a Tripoli; Gino apparteneva al 1°, comandato dal
maggiore Balisti, prima come Caporale Maggiore,
poi come Sergente.(1)
Gino partecipò alla battaglia di Bir el Gobi dal 3
al 7 dicembre, nella quale il maggiore Balisti venne
gravemente ferito. In questa battaglia c’era anche
Gino Pavan, altro lendinarese amico d’infanzia di
Gino e del quale mantiene il nome il fratello minore
nato nel 1945, morto poi in Tunisia.
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6
Fiera di Lendinara
Nella primavera del 1942, avendo compiuto
vent’anni (era nato il 12 febbraio del ’22), Gino,
con altri 40 studenti universitari, venne richiamato
in Italia per seguire il corso allievi ufficiali (rientrò
in Italia l’8 luglio).
Ebbe così occasione di incontrare a Roma nostra
sorella Irma con il nonno Gino e la zia Giuseppina
Rosmini (vedi foto n.3)
Prima di Natale uscì dal corso col grado di sottotenente.
A seguito di una grave polmonite (a quei tempi
non vi erano ancora gli antibiotici per curarla) nella
primavera del ’43 ebbe una lunga licenza che trascorse con me a Pieve di Cadore.
Nell’estate del ’43 era a Mestre e così vi furono occasioni di incontro a Venezia con nostro padre Giacomo, col fratello Rodolfo e con me (vedi foto 1 al
Lido).
L’8 settembre era a Firenze per seguire dei corsi e si
trovò automaticamente nell’esercito della Repubblica di Salò.
Nei primi mesi del ’44 (probabilmente in gennaio) nostro fratello maggiore Dante, che era in vari
nascondigli a Roma come tenente dei Granatieri
di Sardegna e quindi come partigiano braccato da
tedeschi e repubblichini, riuscì tramite il cugino
Tullo Marchiori a incontrare Gino a Firenze. Cercò
invano di convincerlo a staccarsi dalla Repubblica
di Salò, ma Gino volle restare fedele al giuramento
fatto nel ’41 a Mussolini e non al Re.
Avendo compreso che l’addestramento a Firenze
mirava a preparare alla lotta contro i partigiani, cioè
contro italiani (a Firenze nacque infatti la famigerata Decima Mas con a capo Valerio Borghese), Gino
entrò nel Battaglione Volontari Bersaglieri(2) e chiese di andare come volontario al fronte jugoslavo e,
in una località dell’Emilia Romagna che non ricordo, partecipò attivamente all’istruzione di un gruppo
di soldati. Con alcuni di questi (il suo attendente si
chiamava Michele) si fermò alcuni giorni a casa a
Lendinara tra fine maggio e giugno ’44 per raggiungere poi il fronte jugoslavo nella zona di Tolmino.
Nel periodo fino a marzo ’45 venne a casa per due o
tre brevi licenze.
Nel Battaglione Volontari Bersaglieri Gino era l’ufficiale responsabile della difesa del casello ferroviario
101 nei pressi di Tolmino (ora in territorio Sloveno)
da possibili attentati da parte dei partigiani jugoslavi
con a capo Tito. Al casello 101 aveva preso il posto
di un certo “Empolo” che ancora nel 1988 lo ricor-
350ª
dava con grande simpatia.
Mi risulta che rifiutava categoricamente di partecipare a rastrellamenti di partigiani in quanto quei
territori erano allora italiani.
Quanto alla sua “fede fascista” mi raccontavano
che da bambino faceva preoccupare i genitori cantando “Bandiera rossa” e fino alla fine aveva rifiutato
di prendere la tessera del Partito.
Alla fine di aprile gli Alleati avanzavano nel Veneto mentre le truppe di Tito stavano occupando la
valle dell’Isonzo. Tra i bersaglieri vi fu una assemblea
con votazione per decidere se arrendersi alle truppe
di Tito o raggiungere combattendo gli Alleati. Gino
si era schierato per la seconda alternativa, ma vinse
la prima(3). Nonostante le promesse fatte prima dagli
2 - Gino (il primo a sx) entra a Tolmino con gli altri prigionieri
emissari dell’esercito di Tito, i comandanti costrinsero alcuni soldati a dire i nomi di quelli che avevano votato contro la resa. Gli ufficiali che erano stati
contrari alla resa vennero portati via a marce forzate.
Per molti anni si ebbero solo notizie incerte; solo
nel 1960 venne dichiarata la “morte presunta” di
Gino.
Negli anni più recenti sono state raccolte testimonianze, anche da parte Slovena, e si è accertato che
il 5 maggio ’45 Gino, insieme ad altri 78 tra ufficiali
e soldati, venne rinchiuso in una grotta nei pressi
di Tolmino e l’ingresso fatto crollare con delle mine
facendoli morire tutti di fame. Altri vennero fucilati
o uccisi in altri modi. C’è una foto dei prigionieri italiani in cammino verso Tolmino nella quale si vede
anche Gino. Da anni sono in corso trattative con
lo Stato Sloveno per ricuperare le salme. Mi hanno
7
350ª
Fiera di Lendinara
detto che il nome di Gino e degli altri è già scritto
nell’Ossario di Gorizia ma non mi risulta nessuna comunicazione ufficiale di “caduto”.
Per legge i soldati della RSI morti nella guerra contro le truppe jugoslave di Tito sono chiamati “infoibati” anche se in realtà molti non sono stati gettati
nelle foibe.
Una sentenza del tribunale militare di Padova relativa al condono di crimini contro l’umanità e tra
questi l’infoibamento, elenca più di 500 uccisi tra i
quali un gruppo di bersaglieri nei quali è citato anche Gino.
Rodolfo
Conseguita la maturità scientifica era entrato come
allievo ufficiale all’Accademia Navale di Livorno;
terminato il primo anno, nell’estate del ’43 con la
nave scuola Amerigo Vespucci era in crociera a Venezia, ove lo incontrai con Gino e con nostro padre.
Il comandante della nave venne avvertito tempestivamente di quanto stava avvenendo e quindi
la nave era già al largo l’otto settembre e raggiunse
Brindisi che era in mano agli Alleati e dopo pochi
giorni divenne sede del governo Badoglio del regno
italiano del sud.
In seguito a Rodolfo, quale allievo ufficiale di
Artiglieria Alpina nel ricostituito esercito del Regno, fu offerto
di prepararsi per
missioni speciali;
seguì corsi di paracadutismo, di
trasmissioni radio
e di lingua inglese. Dopo la liberazione di Roma
(5 giugno ’44) fu
trasferito a Roma
proseguendo l’addestramento.
Qui era in con3 - estate '42 - a Roma: Irma in uniforme tatto con Dante,
della Croce Rossa, Gino al rientro dalla il nostro fratello
Libia
maggiore, che ricevette la sua ultima lettera nella quale gli diceva
che stava partendo per una missione segreta in Sardegna. La lettera era volutamente postdatata al 13
settembre quando avrebbe dovuto essere già con i
partigiani in Val d’Ossola; in effetti dopo la guerra il
latore della lettera disse di averla avuta in consegna
8
il l’8 settembre.
Con il suo
collega Guido
Alessandro Voglino di Milano
aveva l’incarico
di tenere i contatti tra i partigiani della Val
D’Ossola, che
in quei giorni
avevano
proclamato la “Repubblica della
Val
d’Ossola”
indipendente
dall’occupazione nazifascista,
4 - 4 giugno '44: Dante sta per partecipare
e dovevano veall’avanzata degli Alleati verso il Nord
nire paracadutati là. Con loro dovevano essere paracadutati anche
due cecoslovacchi con il compito di convincere a
disertare i connazionali che erano stati arruolati
nell’esercito tedesco (“missione Silica 2” ). Uno dei
due, Rudolf Hruber, era stato uno degli ideatori del
riuscito attentato a Praga nel ’42 al generale SS e
Polizia R. Heydrich.
La missione era segreta e ovviamente si muovevano
con falsi nomi; nel maggio 1944 il Comando militare di Napoli aveva dato a Rodolfo un lasciapassare
col nome di “sergente Pasquale”.
La sera dell’otto settembre Rodolfo e Voglino si imbarcarono su un aereo partito dall’aeroporto di Brindisi e arrivarono in Sardegna; da qui, credo il giorno
10, fecero un primo tentativo ma l’aereo dovette rientrare in Sardegna.
Il giorno 11, tra le 22 e le 23 (vi sono testimonianze leggermente discordanti sull’ora esatta) l’aereo si
schiantò contro il monte Cavallaria, secondo alcuni
a causa della nebbia, secondo altri colpito dalla contraerea tedesca. Morirono tutti e sono sepolti assieme
nel cimitero militare inglese a Trenno, un sobborgo
di Milano. Rodolfo avrebbe compiuto vent’anni il
30 ottobre.
Fiera di Lendinara
350ª
Gli altri membri della famiglia in guerra
1 – Papà Giacomo aveva combattuto tutta la guerra ’15- ’18 prima sul Carso e poi, dopo la ritirata di
Caporetto, sull’Adamello. All’inizio della guerra ’40 – ’45 viene richiamato e incaricato della “censura”,
prima a Sacile e poi in Sicilia, e infine nel 1943 a Milano. Dopo il 25 luglio 1943 (caduta del fascismo)
raggiunge Lendinara e riesce ad evitare l’arruolamento nell’esercito della Repubblica Sociale restando a
casa fino al termine della guerra.
2 – Dante appena terminata la scuola ufficiali di Modena, allo scoppio della guerra è schierato sul fronte
francese, poi combatte in Jugoslavia (Slovenia e poi Croazia), quindi, alla fine del ’42 viene chiamato
con i granatieri di Sardegna a Roma per difendere il re in preparazione della destituzione di Mussolini
che avverrà il 15 luglio; nei giorni successivi all’otto settembre partecipa alla difesa di Roma (battaglia
di Porta San Paolo) e quindi, continuamente braccato come partigiano e con il compito di tenere i collegamenti tra gli ufficiali dei granatieri, arriva alla liberazione di Roma; in seguito entra come ufficiale
degli alpini nel ricostituito esercito del Regno d’Italia del Sud e combatte con le forze alleate risalendo
fino alla presa di Bologna e poi in Lombardia. Sarà congedato solo alla fine del ’45.
3 – Irma fino al giugno 1943 fu infermiera della Croce Rossa a Roma, dove anche frequentava Scienze
Naturali all’università La Sapienza. Stava preparando la tesi di laurea con un allevamento di rane in una
fontana dell’università: la fontana venne distrutta nel bombardamento del 19 luglio 1943 da parte di
circa 600 bombardieri americani. Si laureò dopo la guerra con una tesi diversa.
Dopo l’otto settembre non tornò a Roma ma operò come infermiera volontaria nell’ospedale di Lendinara, specie soccorrendo i feriti.
1 – In Libia era inviato come ufficiale addetto alla sussistenza anche il cugino e critico d’arte Giuseppe Marchiori.
2– Il Battaglione Volontari Bersaglieri B. Mussolini (B. sta per Bruno, il figlio, non Benito) era il primo battaglione del
reggimento bersaglieri “L. Manara” ed era stato costituito il 9 settembre 1943 come primo fra tutti i reparti che stavano
costituendo l’esercito della Repubblica Sociale; comandato dal capitano Ezio Mognaschi, viene decorato con la medaglia
di bronzo al valor militare, consegnata il 15 dicembre 1944.
Il giornale “Bersagliere M”, voce del Battaglione Volontari Bersaglieri pubblica sul numero 13 del dicembre 1944 una foto
di Gino con uniforme dell’esercito in una località a 40 km da Gorizia (ritengo a Tolmino) in occasione della visita effettuata il 18 dicembre 1944 dal generale Giovanni Esposito, comandante regionale della Venezia Giulia ai bersaglieri che
erano là da 15 mesi.
3 – La ricongiunzione con le forse alleate riuscì invece agli alpini che erano nell’alta valle dell’Isonzo, tra i quali come
ufficiale, c’era anche il cugino Giancarlo Venturi.
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9
350ª
Fiera di Lendinara
Barnaba Tosetto, munaro d’Adese
Medaglia d’argento al valor militare
N
onostante l’età avanzata e la mutilazione che
ha riportato nella prima guerra mondiale, nella quale ha combattuto con grado di sergente nella
156ª compagnia mitragliatrice Fiat, guadagnandosi
una medaglia d’argento al valore militare sul campo di battaglia con “annessovi soprassoldo di lire
duecentocinquanta”, il decano dei munari d’Adese,
ci viene incontro con passo ancora garibaldino e
deciso. Ecco la motivazione della concessione della
medaglia d’argento al valore militare che custodisce
gelosamente con tutti gli altri ricordi della grande
guerra: Comandante di sezione mitragliatrici, concorreva con efficacia a ributtare un contrattacco
nemico in forze, facendo, con avvedutezza e coraggio, razionare l’uso del fuoco. Il giorno successivo,
sotto intenso bombardamento,
infondeva, col suo contegno, calma nei suoi dipendenti, finché
rimaneva ferito da scheggia di
granata. Piave, 27 ottobre 1918”.
L’atto di riconoscimento dei suoi
meriti fu sanzionato da S.M. il re
d’Italia, Vittorio Emanuele III,
con suo decreto in data 27 maggio 1920. Cavaliere di Vittorio
Veneto, Barnaba Tosetto accetta
ben volentieri di conversare con
noi di argomenti piacevolissimi
di cui egli è uno dei personaggi
chiave ancora in vita. “Una volta
- dice il vecchio Tosetto - l’Adige
era una selva di mulini: si pensi che solamente nel
tratto Volta Androna-Barbuglio-Ca’ Morosini se ne
contavano più di 50, senza annoverare quegli allineati, in ugual misura, sulla riva opposta del fiume, in
territorio padovano”.
All’analisi dei fatti, il munaro acquarolo conduceva una esistenza intessuta di sacrificio, di rinunce,
di tribolazioni, di assilli, di stenti, come nessun altro
lavoratore. Per lui tutti i giorni e le notti trascorrevano uguali. Il suo ritrovo fugace era l’osteria dirimpettaia, ai piedi dell’argine del fiume. Il suo abbigliamento era sempre lo stesso: vestito niveo, viso e
capelli incipriati di farina bianca, calzature slacciate
o senza stringhe. “Il povero mugnaio d’Adige - sottolinea Barnaba Tosetto - se voleva sopravvivere al
suo destino, non poteva rinunciare alla lotta continua contro quattro suoi nemici capitali: il tempo, il
fisco, il magistrato delle acque e le insidie funeste del
fiume”. Ogni mulino era dotato di due macine: una
10
libera riduzione da “Munari d'Adese” di Bepi Bonafin
per la bianca (frumento), l’altra per la gialla (granoturco). Le mole, una fissa e l’altra mobile, erano
montate su un albero verticale. Sulle facce a contatto i palmenti (mole) portavano delle scanalature, che
servivano a spostare il grano servito dalla tramoggia
centrale verso la periferia, via via che lo si macinava.
A intervalli d’otto giorni bisognava “battere la mola”,
aguzzare la macina di pietra dura. L’operazione richiedeva quattro ore di snervante picchiettio con
l’apposito martello, durante le quali non si produceva, con grave perdita di tempo e di guadagno. A
macinare un sacco di cereale, del peso di 70 kg, ci si
impiegava da un’ora a una giornata, a seconda del
volume delle acque del fiume. Quando l’Adige era in
terza guardia, i mulini restavano, ovviamente, inattivi. In tempo di piena del fiume
si richiedevano vigilanza e avvedutezza a sventarne le insidie tremende, a impedire catastrofiche
conseguenze. Le piene dell’Adige avvengono in primavera e
in autunno. “Al sopraggiungere
della piena, commenta il nostro
interlocutore, bisognava rinforzare gli ormeggi con cavi e catene più resistenti assicurati a ogni
sorta di validi sostegni conficcati
in qualunque settore del cuore
dell’arginature: era la volta buona che ti piombavano alle spalle
quelli del Magistrato delle acque,
i quali ti ripagavano degli affanni con una contravvenzione salata per inosservanza della disposizione
di legge che tutela il rispetto e la conservazione delle
opere idrauliche, in modo particolare nei casi d’emergenza”. Un mulino, strappato dall’ancoramento
dall’onda impetuosa e lasciato in balia dei vortici
nella serpentina del letto fluviale, avrebbe provocato
tra i confratelli inoperosi a riva l’effetto del tiro d’infilata di una palla di biliardo in uno schieramento
ordinato di birilli, con quali disastrose conseguenze
lasciamo immaginare al lettore. Durante le piene del
fiume non c’era tempo per riposare: bisognava stare
continuamente in vedetta, osservare con attenzione
tutto e tutti, frugare nell’oscurità con l’occhio cisposo della vecchia lanterna ciondolante sulla superficie
del canale, ispezionare in ogni angolo il manufatto,
controllare lo svolgersi delle situazioni nello stato
d’allarme lungo tutto il percorso del fiume in pianura,
da Verona al mare. Anche le beazze (ghiaccio natan-
Fiera di Lendinara
te), rendevano la vita dura ai munari
d’Adese. Le temute conseguenze del
disgelo, favorito dall’avvicinarsi della primavera, facevano tremare tutti.
Trasportati dalla corrente del fiume, i
grossi blocchi di ghiaccio, alcuni dei
quali dello spessore di circa mezzo metro, scendevano, incontrollati, a valle.
Spentonandosi (urtandosi) a vicenda,
come chi è in vena di fare le bizze,
alcuni banchi, staccatisi a monte del
corso d’acqua pensile, prendevano il
largo in una danza esotica, altri incornavano la riva, facendo strage, con la
lama affilatissima dei lembi, degli stropari messi a dimora lungo la sponda interna del fiume
per aumentare, con le loro radici, la consistenza del
terreno degli argini. Guai se uno di questi blocchi di
ghiaccio fosse andato a schiantarsi contro uno dei
mulini ancorati alla riva dell’Adige! Avrebbe causato un disastro irreparabile, con conseguenza catastrofiche anche per i manufatti disposti in fila sulla
stessa linea di direzione. L’impalcatura del mulino era
sostenuta dai sandoni, tre per la precisione: il sandon
da tera, perché guardava l’argine del fiume; il sandon
de mezo, quello centrale; l’antan, quello esterno. Vecchi di secoli, i sandoni, fatti di castagno e di rovere,
erano opera d’arte d’antichi calafati e maestri d’ascia. Il casotto di legno con il tetto di canela (canna
palustre), oppure di paglia, ultimamente di zinco,
oltre ai palmenti che dovevano essere accuratamente bilanciati per evitare usura di macinazione fra di
loro durante il moto, dava ricovero al mugnaio. Era
la sua casa, la sua abituale residenza. Vi trascorreva il giorno e la notte, sempre pronto a intervenire,
a qualunque ora, a liberare la grande ruota, con le
pale ricoperte da una verde patina di muschio, che
metteva in azione le macine, da impedimenti, incagli, intoppi naturali, o da cause dovute a rivalità tra
parenti vicini, a gelosie di mestiere, che ne avessero
arrestato il moto. “Le spese per mantenere in efficienza l’impianto, sospira il vecchio Tosetto, erano
tante e i guadagni pochi, specialmente in tempi di
magra del fiume. Solo per appoggiare la peagna mobile all’argine si pagava allora una tassa annua di lire
4,05 all’Ufficio del Registro di Lendinara. Dei clienti
alcuni, i poveri, pagavano in natura: cinque Kg di farina per ogni macinata di cereale del peso di 70 chili;
altri, i più abbienti, in denaro. Il servizio veniva fatto
a domicilio. Il giro degli affari si svolgeva su un’area
350ª
che comprendeva i comuni di Lendinara, Castelguglielmo, San Bellino, Fratta Polesine. Era regolato
da un calendario inappuntabile. Si partiva carichi, e
si ritornava stracarichi di biade, al posto delle farine
depositate presso i destinatari. “Mantenere un uomo
fuori di casa tutto il giorno, dall’alba al tramonto, a
notte inoltrata, più di qualche volta, con cavallo e
carretto, il nostro unico mezzo di trasporto - commenta con amarezza Barnaba - costava non poco”.
La spesa quotidiana incideva sensibilmente sul
guadagno. “Fortunatamente - rimarca Tosetto con
un sospiro di sollievo - il bilancio familiare veniva
rinsanguato con il ricavato dal trasporto della ghiaia
scaricata dai barconi nelle piarde di Barbuglio e Ca’
Morosini, quando le circostanze lo permettevano. Si
lavorava molto, si sgobbava tutto l’anno, si conduceva una vita di sacrifici, di rinunce, di tribolazioni,
di gravi e continui disagi, per vivere stentatamente”.
11
350ª
Fiera di Lendinara
La
Carlo Tintore
L
’otto marzo 1965 poco più di cinquant’anni fa,
chiuse ufficialmente i battenti la Salca, importante industria agroalimentare lendinarese.
L’azienda era nata 1941 come Società Anonima (ora
sarebbe Società per Azioni); il nome era l’acronimo
di Società Anonima Lendinarese Conserve e Affini,
e poiché un suo anagramma è ‘scala’, questo oggetto
era stato
inserito
nel logo.
Considerato il
momento
tragico,
quello dei
cinque
soci fondatori, tra
cui mio
padre, fu certamente un atto di grande coraggio.
La Salca è stata una realtà che ha rappresentato per
la nostra città una solida opportunità per decine di
maestranze, per la maggior parte femminile, che vi
avevano trovato lavoro, in un periodo particolarmente difficile. Ma non solo, una industria di trasformazione di prodotti agricoli era l'ideale per una zona
come la nostra votata all'agricoltura e all'orticoltura
in particolare.
Negli ultimi anni di attività dello stabilimento erano occupate, fra operai fissi e stagionali, oltre duecento unità, cui erano da aggiungere una quindicina
di impiegati.
All’inizio la produzione riguardava solamente marmellate e frutta e verdura essiccate.
Terminato il conflitto, nel 1946 furono
cambiati i metodi di
lavorazione e si iniziò
ad ampliare la produzione, cominciando
dalle paste alimentari, per passare progressivamente dapprima
alle conserve di pomodoro, ai pomidoro
pelati, e poi ancora
ai sughi pronti e agli
estratti per brodo. Da
ultimo furono inserite nella lavorazione la frutta candita e le mostarde di vario tipo, che la Salca ha sempre preparato mirando ad un altro livello qualitativo.
Commercialmente in quegli anni il portafoglio
clienti crebbe in modo consistente e la clientela della
Salca era distribuita in quasi tutto il territorio nazionale.
All’inizio degli anni sessanta la proprietà fu integralmente ceduta ad una società statunitense, la Dole
Corporation. L’acquirente aveva predisposto un piano di riconversione che prevedeva un notevole ampliamento dello stabilimento lendinarese. Purtroppo
questo non si verificò e la proprietà americana abbandonò i vari progetti e diede il via alla chiusura
totale della fabbrica. Certamente la chiusura della
Salca ha rappresentato per la città di Lendinara e per
le zone limitrofe una grossa perdita, sia dal punto di
vista agricolo che industriale con gravi conseguenze
sull’occupazione e sull’economia del territorio.
l’edicola
di Francesco Strano
di Erio Magon
Via della Pace, 10/3
45026 LENDINARA (RO)
Tel. 348 3666666
Lendinara - Piazza Risorgimento
12
Fiera di Lendinara
Albo comunale dei neolaureati
I
l Forum Giovanile Comunale – organismo di rappresentanza dei giovani tra i 15 e i 30 anni - nell’ambito delle proprie attività si è impegnato nella costituzione e promozione dell’Albo Comunale dei
Neolaureati della nostra città.
Con questa iniziativa, l’organismo vuole creare una
vetrina pubblica e sempre accessibile sul web in cui
dare il giusto risalto ai giovani lendinaresi che hanno concluso con successo un percorso di studio universitario. In questo modo verrà a crearsi una risorsa
utile per comprendere le competenze presenti nel
nostro territorio e le figure professionali pronte ad
entrare nel mondo del lavoro, informazioni utili sia
per le aziende private che per gli enti pubblici locali
che intendano
sviluppare nuovi progetti o dotarsi di dipendenti qualificati
per sviluppare
il proprio business.
L’Albo intende quindi offrire
una panoramica
dei profili accademico-professionali dei giovani neolaureati e divenire mezzo per
la condivisione di informazioni, senza però volersi
sostituire a strumenti già ben consolidati e votati
esclusivamente alla ricerca di proposte di lavoro. Il
database, che il Forum intende costruire, potrà essere di grande utilità per una pluralità di scopi che
vanno dal riconoscimento del merito ai neolaureati che hanno saputo portare a termine un percorso
di studi superiore, alla facilitazione nel processo di
ricerca delle risorse umane per aziende ed enti pubblici, fino alla conduzione di ricerche statistiche
nell’ambito locale.
Il nuovo strumento, così come approvato all’unanimità dal Consiglio Comunale in data 31 marzo
2015, che ha voluto dare un riconoscimento ufficiale a questa proposta avanzata dal Forum, conterrà
al proprio interno una varietà di informazioni che
hanno lo scopo di fornire un profilo base del neolaureato in termini di anagrafica e percorso di studi
affrontato, per metterne in evidenza le competenze
e le potenzialità. Per ogni iscritto, inoltre, saranno
presenti i contatti mail o telefonici per poter appro-
350ª
Simone Targa - Presidente del Forum Giovani
fondire personalmente i dettagli nel caso di particolare interesse.
Nello specifico, accanto ai principali dati anagrafici, saranno presentati i dettagli relativi al titolo di
studio come la denominazione del corso di laurea, il
titolo della tesi, il curriculum studiorum, l’Ateneo
frequentato e altre eventuali note specificate dal richiedente. I dati rimarranno visibili nella versione
online dell’Albo, inserita nel sito internet istituzionale del Forum, per cinque anni a partire dall’ultimo
titolo accademico conseguito, invitando pertanto gli
iscritti ad aggiornare i propri dati in seguito all’ottenimento di una laurea di secondo livello, di un master o di un dottorato di ricerca.
Sarà cura del
Forum gestire
e
aggiornare
le informazioni pubblicate
nell’Albo, che
a tal fine chiede
la collaborazione di tutti i giovani residenti
nel Comune per
poter
fornire
uno strumento utile e dinamico alla cittadinanza, con informazioni corrette, complete e sempre aggiornate. A tal
riguardo, un ringraziamento particolare deve essere
indirizzato al nostro webmaster, Nicolò Canal, che
ha seguito la progettazione informatica dei contenuti multimediali e che si occuperà, per questo primo
periodo, della gestione della banca dati.
Infine, un grande ringraziamento per la collaborazione ed il sostegno ricevuto va ad Ennio Bellucco, che per primo ha iniziato ad occuparsi di questa
iniziativa all’interno del Numero Unico, fornendo
solide basi su cui innestare uno strumento formale
ed istituzionale come il nuovo Albo Comunale dei
Neolaureati.
Per ogni ulteriore informazione, e per consultare il regolamento completo dell’Albo Comunale dei Neolaureati, si prega di visitare il sito internet istituzionale del
Forum Giovanile Comunale di Lendinara all’indirizzo:
forumgiovanilelendinara.com
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350ª
Fiera di Lendinara
Lendinara domani ….i nuovi laureati lendinaresi
Pubblichiamo i volti dei neolaureati e i loro auspici per il futuro
Laurea Triennale
Chiara Balbo
Laurea triennale presso la facoltà DAMS - Discipline delle Arti della Musica
e dello Spettacolo di Bologna.
“Faccio sempre ciò che non so fare, per imparare come va fatto” diceva Vincent
Van Gogh, il mio percorso di studi infatti non si conclude qui e per poter raggiungere il mio sogno (in quanto tale non posso svelarlo) il biennio magistrale mi aspetta,
di sicuro sempre in ambito artistico.
Benedetta Ballarin
Laurea triennale in Storia dell’Arte presso il DAMS di Bologna
I miei progetti futuri sono quelli di diventare insegnante o lavorare in un museo,
stare comunque a contatto con le persone e come frase che meglio rappresenta il
mio percorso ho scelto “Fa della tua passione un lavoro”
Alessandra Bertelli
Laurea in Economia e Gestione delle Imprese e degli Intermediari finanziari
Università di Ferrara
Giulia Ciclamini
Laurea triennale in Scienze Psicologiche della Personalità e delle
Relazioni Interpersonali. Università degli Studi di Padova
Voto: 103/110. La bellezza è in ognuno di noi. La psicologia per me è uno
strumento per aiutare le persone a scoprire ciò che di bello hanno
dentro di sè e nella propria vita.
Giulia Chinaglia
Laurea triennale in Economia aziendale Scuola di economia,
management statistica Alma Mater Università di Bologna
Lorenzo Ferlin
Laurea triennale in Economia presso l’Università di Ferrara.
14
Fiera di Lendinara
Francesco Girotto
350ª
Laurea Triennale in Economia & Management, Università degli Studi di
Padova.
È una grande soddisfazione aver raggiunto il primo traguardo, che vivo però come
nuovo punto di partenza per la Laurea Magistrale in Business Administration che
conseguirò sempre a Padova. Il mio motto? “Homo Faber fortunae suae.”
Guaratto Riccardo
Laurea triennale in Scienze Motorie all’Università Padova.
Per il futuro spero di poter trovare lavoro nell'ambito della
rieducazione funzionale altrimenti mi piacerebbe molto lavorare
nelle scuole o comunque a contatto con i bambini e i giovani.
Chiara Incao
Laurea triennale di I livello in violino al Conservatorio di Alta Formazione Artistica e Musicale “A. Buzzolla” di Adria.
Felice del traguardo raggiunto ed onorata di essere la prima del
Buzzolla, proseguirò gli studi per conseguire il II livello.
Il mio sogno? Insegnare la musica ai bambini.
Marco Lucchiari
Laurea triennale in Scienze dell’Architettura presso l’Università IUAV
di Venezia, con votazione di 110 su 110 e lode.
Bertelli Assicurazioni
s.a.s.
di Bertelli Giuseppe & C.
Agenzia Plurimandataria di Assicurazioni
Assicurazioni
RATEIZZAZIONI POLIZZE - PRESTITI PERSONALI
Via C. Battisti, 16 - 45026 LENDINARA (RO) - Tel. 0425.641384-641910 - Fax 0425.1880222
E-mail: [email protected]
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350ª
Fiera di Lendinara
Valentina Montin
Laurea triennale in Economia
presso l’Università degli studi di Ferrara.
Spero di poter arricchire il mio bagaglio culturale sulla base di tutte le esperienze che la vita mi riserverà. In ogni caso ora continuo gli studi sempre in
ambito economico.
Giovanni Marigliano
Laurea triennale in Scienze Biologiche, Università di Ferrara.
Sulle aspettative di vita sinceramente ho le idee un po' confuse.
Giada Munari
Laurea Triennale in Scienze Economiche, Università degli Studi di
Padova.
Voglio ringraziare la mia famiglia per avermi dato la possibilità di
arrivare con grande soddisfazione a questo traguardo. Mi auguro che il
mondo del lavoro riservi altrettante soddisfazioni come quelle ricevute durante il mio percorso di studi.
Michela Pretto
Laurea triennale in Ingegneria Civile e Ambientale
all'Università degli Studi di Ferrara.
Riccardo Sprocati
Laurea triennale in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio
Università di Padova, voto 110.
Un importante obiettivo ma non certo un traguardo finale. Si
continua con la Laurea Magistrale perché l'istruzione oltre ad essere
una grande passione è come si suol dire, simile ad una montagna: tanto
più alta l'ascesa, tanto più vasto ed affascinante il panorama.
Simone Targa
Laurea triennale in Economia e Management all’Università degli Studi
di Padova, con votazione di 110 e lode.
Ora inizierà una nuova esperienza che spero possa arricchirmi ulteriormente
sia dal punto di vista accademico che da quello umano, preparandomi al me-
glio per le sfide lavorative dei prossimi anni.
16
Fiera di Lendinara
350ª
Chiara Toso
Diploma di primo livello in Arti Visive - Grafica d’Arte, equivalente ad
una Laurea Triennale, all’Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano. Ora
mi oriento verso la regia e spero veramente di poter dire qualcosa attraverso questo mezzo.
Francesco Veronese
Laurea triennale in Scienze della Comunicazione
Università degli Studi di Verona.
Andrea Zuolo
Laurea triennale in Ingegneria Meccanica
conseguita presso l’Università di Padova
NOTIZIE IN BREVE
Vincita al lotto
Un industriale di Lendinara, trovandosi il 23 del mese scorso a
Fratta Polesine, ricavava da una
fattura i numeri 11, 74, 12 e 24
che giocava per la ruota di Ve-
nezia. I quattro numeri uscivano, ma il giocatore non può ora
riscuotere le sessantamila lire
che avrebbe vinto perché non
essendo pervenute in tempo uti-
le all’Intendenza di Finanza di
Venezia le matrici dei bollettari,
tutte le giocate del banco lotto di
Fratta Polesine sono state dichiarate nulle.
(Stampa sera del 6/7/38)
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17
350ª
Fiera di Lendinara
Laurea Specialistica
Alice Bellini
Laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Ferrara
con votazione 110/110 e lode.
Ambizione, passione e sacrificio: gli ingredienti essenziali per realizzare un sogno. Primo step Laurea in Medicina raggiunto, ora un nuovo obiettivo si delinea: devo e voglio diventare un chirurgo, possibilmente toracico.
Ilaria Bertelli
Laurea Magistrale in Giurisprudenza
Università degli Studi di Ferrara.
Francesca Borgna
Laurea Magistrale in Farmacia presso l’Università degli Studi
di Padova. Voto 110/110 con lode.
Nicolò Canal
Laurea Magistrale in Architettura presso lo
IUAV di Venezia
Alberto Celin
Laurea Magistrale in Ingegneria Elettronica
delle Telecomunicazioni, Università di Ferrara
Francesco Dallagà
Laurea Magistrale a ciclo unico in Ingegneria Edile - Architettura
Voto 110/110
Università degli Studi di Padova
Anna Fasiol
Laurea Magistrale in Ingegneria Civile Trasporti presso
l’Università degli Studi di Padova
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Fiera di Lendinara
350ª
Margherita Fasiol
Laurea Magistrale in Ingegneria Civile
Università degli Studi di Padova
Elisa Fracassetti
Laurea Magistrale in Psicologia Sociale, del Lavoro e della Comunicazione presso Università degli Studi di Padova con votazione 110/110.
Nicola Orlando
Laurea Magistrale in Ingegneria Civile Università di Ferrara
Votazione: 110/110 e lode
Diana Sacchetto
Laurea magistrale in Farmacia,
Universitá degli Studi di Ferrara.
Valentina Tolio
Laurea in Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Ferrara
È l'interesse nei confronti della mente umana e dei suoi misteri,
è il desiderio di scavare nella poesia dell'anima umana che mi spingono
ogni giorno ad amare la psichiatria!
Valentina Tralli
Laurea specialistica in Medicina
Università di Ferrara
Cassandra Venturini
Laurea Magistrale in Storia delle arti e conservazione dei beni artistici
presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, con votazione 110/110 e lode.
Specializzazione in Storia dell’Arte Moderna (1400-1820), con particolare
riguardo per l’arte veneziana del Settecento.
19
350ª
Fiera di Lendinara
Carlo Tenan, una bacchetta magica
Ennio Bellucco
C
arlo Tenan è una figura notevole di artista di
talento nel campo della musica classica che ha
avuto la capacità di distinguersi in Italia e all’estero
nella sua attività. Nato e cresciuto a Lendinara, la
sua particolare sensibilità musicale si è manifestata
fin dall'infanzia nell'ambiente familiare. Ha lasciato
Lendinara all'età di 20 anni per trasferirsi a Bologna
dopo aver vinto il posto stabile di primo oboe dell'orchestra presso il Teatro Comunale di quella città.
Questa prima esperienza a Bologna
è stata il
trampolino
di lancio di
una carriera che lo ha
portato a ricoprire il posto di primo
oboe anche
presso l'orchestra del
Teatro alla
Scala di Milano e presso
l'orchestra di
Santa Cecilia
di Roma, sotto la direzione dei più famosi interpreti
come Riccardo Muti, Lorin Maazel, Geoges Prêtre e
altri. Ma il suo obiettivo principale era sempre stato
quello di diventare direttore d'orchestra. Ha continuato quindi a studiare e dopo il diploma in oboe
ha conseguito anche quelli in pianoforte, in composizione, in direzione d'orchestra e musica elettronica, ed è riuscito ad arrivare al ruolo da lui preferito,
quello di direttore d'orchestra, appunto, nel quale si
è consacrato a pieno titolo artista di successo. Per
lui parla un curriculum pieno zeppo di incarichi e
successi prestigiosi dove ha avuto modo di mostrare
tutta la sua preparazione e il suo impegno nell'attività musicale a livello nazionale e internazionale. Carlo Tenan ha infatti diretto alcune tra le più
prestigiose orchestre internazionali, tra cui l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, la
Tokyo Philarmonic Orchestra, l'orchestra del Konzerthaus di Berlino, l'Orchestra Sinfonica del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, l'Orchestra del
Teatro Comunale di Bologna, l'Orchestra del Teatro
La Fenice di Venezia, l'Orchestra Bruckner di Linz,
l'Orchestra Regionale di Toscana, l'Orchestra del
Teatro Massimo di Palermo, e l'Orchestra del Teatro
di Innsbruck. I programmi eseguiti sono sempre stati
apprezzati per la personale interpretazione stilistica
maturata nel tempo, grazie all'attività di assistente e
di preparatore nelle produzioni sinfoniche e liriche
dirette da Mstislav Rostropovich, Georges Prêtre e
Rafael Frühbeck de Burgos. Tenan è attivo anche
in veste di compositore, sue partiture sono state segnalate e premiate in diversi concorsi internazionali. Nel 2008 è stato chiamato a insegnare direzione
d’orchestra al Conservatorio Santa Cecilia, nel 2009
ha ricoperto il ruolo di docente di tecnica direttoriale e concertazione presso la Scuola dell’Opera Italiana del teatro comunale di Bologna e di docente
di lettura partitura presso il conservatorio G.Verdi
di Milano; ha diretto il Requiem di Verdi a Montevideo con l’orchestra e il coro di stato dell’Uruguay;
nel giugno 2013 ha diretto una sua composizione per
orchestra al Konzerthaus di Berlino e nel luglio 2014
è stato il direttore d’orchestra del Petruzzelli in una
importante tournée con Uri Caine e Paolo Fresu, infine ha diretto in Giappone, presso il Kyoto Opera
Festival, l’opera Madama Butterfly con l’orchestra
Filarmonica di Bologna e nel febbraio di quest’anno
ha diretto con successo la stessa opera con l’orchestra del Teatro Comunale di Bologna.
Filiale di Lendinara
20
Fiera di Lendinara
350ª
Lendinaresi eccellenti
Giovanni Prearo
Consegue il diploma di scuola media superiore al Liceo Linguistico Angelo Custode
di Rovigo nel 1994. Da sempre appassionato di sport, in particolare di judo, nuoto,
atletica leggera, rugby e sci, tutti praticati a livello agonistico, decide di iscriversi
all’ISEF e consegue il diploma di Laurea presso l'università di Bologna, in Verona, nel
2000.
Già nel 1999 inizia la sua attività lavorativa come Professore di Chinesiologia presso
il centro Kinesis di Legnago (VR), affiliato con l’Università di Verona. L’interesse
crescente rispetto alla Spina Dorsale fa si che nel 2005 consegua la Laurea in Chiropratica presso il Welsh Institute of Chiropractic, University of Glamorgan, Galles. Nel 2005 ha un’esperienza come Radiologo con il Dr Harding presso l’ospedale di St. Woolos a Newport in Galles.
Dal 2006 al 2008 è il Chiropratico della Federazione Italiana Sport Invernali per la Coppa del Mondo di sci
alpino e nel 2007 partecipa ai Campionati Mondiali di sci in Svezia.
Fra il 2010 e il 2012 lavora con la Beng Rovigo Volley per il campionato di serie B2, con la società sportiva
Rugby Rovigo per il campionato italiano di Eccellenza e infine ha curato la preparazione estiva per il Parma
FC per il campionato di calcio di serie A 2011/2012
Giuseppe Schivardi
Il Capitano di Vascello Giuseppe Schivardi dal 7 settembre assumerà il prestigioso
incarico di Naval Attaché, rappresentante della marina militare italiana, presso l'Ambasciata Italiana di Parigi.
Dopo il diploma di maturità scientifica conseguito al Paleocapa di Rovigo, ha frequentato i Corsi Normali dell'Accademia Navale nel Corpo di Stato Maggiore. Ha
comandato varie unità, tra cui la Seconda Squadriglia Fregate. Ha partecipato a diverse missioni internazionali nel teatro Balcanico e nel Golfo Persico. Ha ricevuto
e svolto numerosi e prestigiosi incarichi in ambito NATO e UE. Ha conseguito la
laurea specialistica in Scienze Marittime e Navali presso l’Università di Pisa e la laurea
in Scienze Politiche con indirizzo internazionale presso l’università di Trieste. Ha frequentato il 21° Corso
Normale di Stato Maggiore e il 1° Corso ISSMI presso il Centro Alti Studi Difesa. Nel 1998 ha conseguito
il Master in Studi Internazionali Strategico Militari condotto dall'Università di Milano presso il Centro Alti
Studi Difesa. È inoltre autore e co-autore di importanti libri e pubblicazioni. Fino ad oggi è stato docente di
strategia globale presso l'Istituto di Studi Militari Marittimi di Venezia e ha gestito regolari attività di collaborazione e scambio con l’Università Ca’ Foscari di Venezia e con il King’s College di Londra.
Il suo lavoro lo porta in giro per il mondo, ma il cuore resta a Lendinara, ai suoi campanili, e alle esperienze
giovanili nella pallacanestro e negli scout.
Zanotto
Pasticceria e Caffetteria dal 1969
Lendinara (RO) - Via Cavour, 36 - Tel. 0425 641801
[email protected]
21
350ª
Fiera di Lendinara
Scrittori lendinaresi
Ennio Bellucco
Nel panorama culturale lendinarese ben dieci libri
hanno visto la luce da settembre dell’anno scorso:
Fava, Varliero, Marchetto, tre lendinaresi nella
resistenza, storia di tre martiri della resistenza, a
cura dell’ANPI, di Pier Luigi Bagatin, Vittorio
Tommasin e Milo Vason;
Il mio giardino fiorito, poesie della pittrice-poetesssa Annamaria Augusta Baldan;
Accadde a Lendinara, di Carlo Tintore, cronache lendinaresi dal ‘20 al ‘45;
Memorie di una centenaria, vividi ricordi di
anni lontani, a cura di Germana Bragiato;
Ginetta, di Ramis Tenan, una storia d’amore
sbocciata a Lendinara, sullo sfondo della seconda
guerra mondiale;
Gente di Scuola, di Anna Maria Pengo, un giallo
ambientato nel mondo della scuola;
Bar Stazione, di Tania Bacchiega intreccia le storie di tre personaggi che si incontrano ogni giorno
nel bar della stazione;
Voci della Cavità, di Sergio Magon, poesie, il
profumo del tempo di gioventù all’insegna del
sogno dell’arte;
Stranieri, cosa danno e cosa tolgono allo sport
22
italiano, di Enrico Turcato e Mirko Nuzzolo, analisi
degli effetti della presenza di stranieri nello sport
italiano.
Il volto della Sindone di Carmine Tisbo
Fiera di Lendinara
Una “stagione particolare”: impegno politico
come servizio alla Comunità
N
el riordinare alcune carte di famiglia, mi sono
tornati tra le mani fogli che datano oramai
parecchi anni e di cui desidero parlare, unendoli ai
miei ricordi. È trascorso un decennio da quando mio
padre ci ha lasciato e queste poche righe vogliono
ricordarne un impegno politico di cui colgo ancora
forte, a distanza di tempo, tutta la ponderazione intesa ad un «Servizio» responsabile.
Lendinara era allora reduce da una crisi politica non indifferente (vedi box). Le elezioni del 20
giugno 1976 intendevano riscattare l’Amministrazione Comunale da una gestione provvisoria durata
nove mesi. Il dr. Roncisvalle, Commissario Straordinario, portava un nome epico: magra consolazione nel generale fallimento del
governo cittadino, esauritosi
nella contrapposizione locale di
quelle stesse tensioni politiche
che altrove avevano generato
gli anni di piombo. Protagonisti
fino a quel momento erano state
persone capaci ma arroccate in
un ruolo di “professionisti della
politica”, che aveva fatto loro
spesso dimenticare motivazioni
e ricerca di nuove idee.
Mio padre Biagio (detto anche
“Bepi”) si accostò come indipendente alla Democrazia Cristiana. Eletto con il massimo delle preferenze (5007)
scriveva in un breve discorso programmatico: «Credo nel recupero di quei valori ideali che sono stati il
patrimonio della nostra tradizione civile e cristiana e
possono diventare il fermento del progetto che i tempi, con tanta drammatica urgenza, richiedono. Che
questo rinnovamento sia in atto nel nostro Comune
lo dimostra la presenza di numerosi candidati indipendenti, che non rinunciano alla loro autonomia
critica; lo conferma l’ingresso nella responsabilità
amministrativa della nuova generazione». La metà
dei 30 candidati di quella tornata elettorale presenti
nelle liste democristiane era meno che trentenne;
mio padre risultò il “decano”, a 48 anni, e alla sua
prima esperienza! Indubbiamente una scelta coraggiosa, un nuovo corso e volti nuovi che vennero premiati dall’elettorato! Oggi nominiamo con sommesso pudore i Partiti Politici della prima Repubblica;
alcuni di essi, come la Democrazia Cristiana, sono
vittima di ostracismo, e ciò impedisce di riconoscerne quelle profonde radici di generosità e impegno
350ª
Giovanni Vigna
che, come in questa occasione, hanno permesso di
dare linfa al loro sviluppo.
Volle comunque mantenere una propria indipendenza di pensiero e di azione. Nominato assessore
alla Sanità e ai Servizi Sociali, fu scrupoloso ed innovatore in questa funzione pubblica. Ricordo succintamente l’impegno nell’organizzare l’assistenza domiciliare ai malati e agli anziani, novità assoluta per
Lendinara, coinvolgendo alcune infermiere professionali, e non solo, in un’azione di volontariato tesa
a fornire concreto aiuto alle persone sole ed impossibilitate a svolgere le normali attività quotidiane.
Permise il recupero di ‘villa Boggian’ che, destinata
ai bambini disabili, trovò finalmente quell’assegnazione cui il lascito del noto pediatra e concittadino l’aveva legata fin dal 1959. Fece acquisire
al Comune, destinandolo ad uso
di uffici sanitari, Palazzo Petrobelli, una residenza che nel mio
immaginario d’infanzia è legata
indissolubilmente a due burberi
vecchi che amavano la solitudine e foravano lo sfortunato
pallone terminato nel loro giardino, quando si giocava a calcio
nel piazzale antistante, e si scavalcava il muro per recuperarlo.
Sarebbe scorretto trascurare alcuni amici con cui questo approccio politico potè
concretizzarsi: Ramis Tenan, che accettò con sincera
riluttanza la poltrona di Sindaco e che con generosità mise a disposizione della Giunta il simbolico gettone di presenza che costituiva l’unico provento riconosciuto dallo Stato ai suoi amministratori; Mario
Nervanti, divenuto assessore all’Urbanistica, e che
a titolo gratuito progettò di fatto interventi socialmente rilevanti, come la Scuola Materna di via Don
Minzoni.
Un episodio ancora resta scolpito nella mia mente. Riguarda la visita che nel settembre 1977 fece a
Lendinara il Patriarca di Venezia, Cardinale Albino
Luciani. Dopo la celebrazione liturgica al Santuario
del Pilastrello, incontrò le autorità cittadine in Piazza Risorgimento, su di un palco eretto a fianco del
Palazzo Comunale. In quell’occasione, poco prima
dei discorsi ufficiali, ebbi modo brevemente di “baciare” l’anello episcopale mentre mio padre gli diceva, fuori di cerimoniale, che era il secondo Patriarca
di Venezia giunto in visita a Lendinara: il primo era
23
350ª
Fiera di Lendinara
stato Angelo Roncalli,
divenuto in seguito Papa.
“Chissà …” terminò, lasciando la frase inconclusa. Rammento ancora
lo sguardo serio e carico
di disapprovazione con
cui il Cardinal Luciani
si schernì, rimproverandolo per quel paragone
appena abbozzato. Fu poi eletto al soglio pontificio
undici mesi dopo, il Papa di settembre: Giovanni
Paolo I.
Di queste brevi note, che riacquistano vigore nel
ricordo, desidero sottolineare l’aspetto etico forse
principale: gratuità di Servizio e nessun profitto personale, amministratori della Cosa Pubblica nell’interesse comune. E non è necessario, né possibile,
alcun raffronto con i fatti che riempiono l’odierna
cronaca quotidiana.
Tessuto sociale ed opere pubbliche a Lendinara negli anni 1976-1981
Lendinara all’epoca era, dopo Rovigo ed Adria, il terzo centro più popoloso del Polesine; contava 13.500
abitanti, in calo rispetto al passato.
Una forte disoccupazione opprimeva la collettività, conseguenza soprattutto della crisi dell’industria
della juta e della canapa degli anni ’60 e ’70, che aveva provocato nel 1975 il fallimento dello Jutificio
e Canapificio lendinarese, che dava lavoro a ben 417 dipendenti. Anche per altre aziende del ramo
tessile, da poco presenti sul territorio comunale, iniziavano difficoltà gestionali che portarono in
pochi anni alla chiusura degli stabilimenti (R.R. Confezioni, già Agodas, con 300 dipendenti; Nuova
Generale Confezioni, con 150 dipendenti). Una parziale soluzione alla mancanza di lavoro fu possibile
grazie all’impegno congiunto dell’amministrazione comunale e dell’On. Antonio Bisaglia, ministro
delle partecipazioni Statali, che riuscirono ad assicurare un piano di ristrutturazione aziendale con un
investimento di 5 miliardi di Lire per la costruzione di 3 nuovi stabilimenti capaci di 364 unità dipendenti.
Queste furono, tra le altre, ulteriori realizzazioni capaci di incidere nell’ambito sociale e urbanistico
della città: l’approvazione di un nuovo Piano Regolatore, con importanti ricadute soprattutto nel settore
artigianale e commerciale; l’edificazione di nuove Case Popolari; la costruzione e attivazione del primo
Asilo Nido comunale e di una nuova Scuola Materna in via Don Minzoni, con le conseguenti ricadute
occupazionali; la costituzione di 5 Consigli di Circoscrizione quali strumenti di partecipazione alla vita
pubblica di Centro e Frazioni; l’attivazione dell’assistenza domiciliare agli anziani.
Ringrazio Ramis Tenan per i suoi appunti circostanziati da cui ho attinto a piene mani.
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24
Fiera di Lendinara
Pietro Pruneddu vince la 2ª edizione
del Premio Giornalistico
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on un’inchiesta sull’eutanasia, il giovane
giornalista Pietro Pruneddu ha vinto la seconda
edizione del Premio giornalistico intitolato ad
Alberto Mario, Jessie White e Adolfo Rossi per una
inchiesta sociale.
La premiazione, accolta in sala consiliare, si è
svolta il 2 giugno, data nella quale Lendinara ha
festeggiato la Repubblica ed il Tricolore, e con essi le
figure di Alberto Mario e Giuseppe Garibaldi, che in
quel giorno si spensero a distanza di un anno l’uno
dall’altro.
Gli scritti opera di Alberto Mario, Jessie White e
Adolfo Rossi sono rimasti nella storia. Al loro nome
si è, quindi, legato il Premio giornalistico lendinarese
proposto dalla Biblioteca civica Baccari insieme
al Comune di Lendinara, all’Università popolareAuser di Lendinara, con il patrocinio dell’Ordine
dei giornalisti del Veneto.
“L’intendimento è quello di incoraggiare la
realizzazione di inchieste sociali nel territorio
italiano da parte di giovani giornalisti, allo scopo
di ricordare le figure di insigni giornalisti come
Alberto Mario, Adolfo Rossi e Jessie White, che
illustrarono il giornalismo italiano occupandosi –
in particolare White e Rossi – di inchieste sociali
sui temi del lavoro, della condizione femminile,
dell’emigrazione e della promozione dei diritti civili
e politici” ha spiegato la presidente della Biblioteca
Vanna Boraso, alla guida anche della giuria del
Premio composta dai membri Ivo Biagianti docente
di Storia moderna e di storia della Toscana in età
moderna e contemporanea all’Università degli studi
di Siena, Paolo Ciampi presidente dell’Associazione
stampa toscana, Giovanni D’Alessio consigliere
dell’Ordine dei giornalisti del Veneto, la scrittrice e
consigliere parlamentare Emilia Sarogni.
Gli articoli presentati al Concorso sono stati dieci,
tra questi la giuria ha premiato Inchiesta sull’eutanasia,
in Italia si fa ma non si dice di Pietro Pruneddu e
pubblicato su pagina99 col titolo Lasciare la vita
dalla porta sul retro. Originario di Oristano, classe
1985, giornalista professionista e collaboratore di
varie testate, Pruneddu ha conquistato la giuria con
il suo articolo sull’eutanasia per le sue caratteristiche
di interesse, leggibilità e ricchezza di informazioni.
Questa la motivazione della giuria con cui è stato
assegnato il premio
“Il tema, di scottante attualità, che tocca varie
350ª
Samantha Martello
sensibilità, è trattato con leggerezza di scrittura ma
con ricchezza di dati; pur fornendo a tutti, qualsiasi
sia l’opinione individuale sull’argomento, profondi
spunti di riflessione, l’autore evita di prendere
marcatamente posizione, definendo però un quadro
preciso sulla situazione italiana. Il linguaggio è
immediato e l’articolazione del testo chiara, cosicché
la lettura risulta particolarmente interessante”.
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Fiera di Lendinara
Morte del generale Farfogna
I
l sei marzo 1707 moriva a Lendinara il conte generale Simeone Fanfogna.. Era un nobile istriano,
generale della Repubblica veneta, che era al comando delle truppe veneziane incaricate di difendere i
confini della Repubblica Veneta durante la guerra di
successione spagnola.
La Francia e la Germania avevano portato i loro
combattimenti in Italia e nel gennaio 1706 i francesi
s’appressarono a questa parte, ma gli abitanti di Lendinara seppero impedire l’invasione straniera fino a
che giunse in aiuto il Fanfogna con truppe regolari. Respinti i francesi, il Fanfogna si acquartierò in
Lendinara colle sue truppe per impedire un nuovo
tentativo, e qui il 22 maggio di quello stesso anno
1706 venne nominato generalissimo. Colpito in seguito da grave malattia morì a Lendinara il 6 marzo
1707, ed il suo cadavere venne sepolto nella chiesa
di S. Francesco, ora soppressa e demolita.
350ª
Tratta da Astronomo Lendinarese 1871
Le solenni sue esequie furono illustrate dagli accademici di Lendinara con epigrafi, poesie e con elogio
funebre scritto dal padre Taddeo Cattaneo, monaco
Olivetano, col titolo - Il guerriero encomiato – che
fu stampato nel 1707 in Lendinara coi tipi del Balena. Successivamente il figlio del generale, Giuseppe, che era con lui al momento della morte, tornò a
prelevare la salma del padre per portarla a Zara sua
patria, ove fu collocata nella chiesa del Monastero
delle Benedettine di S. Maria erigendovi un grandioso monumento.
Lendinara però non restò priva di un ricordo di
quell’illustre guerriero, poiché le reliquie de suoi precordi conservati nell’atrio a tramontana del duomo
di Santa Sofia ne attestano la sussistenza e questa lapide marmorea ne avvalora la preziosità del deposito.
A Simeone conte di Fanfogna
comandante generale delle milizie venete
al nobile di Zara della Dalmazia
morto qui nella sventura italica
alle idi di marzo del'anno 1507
le spoglie già riportate in patria
qui è conservato il cuore
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MARTEDÌ 8 settembre
VENERDÌ 4 settembre
ore 19.00 Palazzetto dello Sport
inaugurazione Mostra Mercato in Fiera
ore 20.15 Piazza Risorgimento
inaugurazione 350ª Fiera del Settembre Lendinarese e
presentazione del Numero Unico, della nuova Cartina Geografica del Paniere di Lendinara con il saluto alla Città delle autorità.
Piazza Risorgimento
ore 21.30 - Piazza Risorgimento
“Lendinara Voce & Musica”
concorso canoro con Stefano Rizzi
SABATO 5 settembre
ore 15.30 - Piazza Risorgimento
“Associazioni di Volontariato in Piazza
a Lendinara”- Centro Servizio Volontariato Rovigo
ore 16.30 - Piazza Vittorio Veneto
Esibizioni Associazioni Sportive
ore 21.00- Piazza S. Marco
“1990 momenti-emozioni-risate 2015”
rassegna cabarettistica itinerante degl
Amici del Cabaret
DOMENICA 6 settembre:
ore 15.30 “Barcolando” con Avis Comunale Lendinara e i
Comuni di San Bellino, Sant’Urbano, Villanova del Ghebbo e Lendinara lungo Riviera Mazzini, Riv. del Popolo e
Riv. San Biagio
ore 20.00 “Compleanno al Dolcevita con Rita Vox
Live” Bar Caffè la Dolcevita - Via S. Sofia
ore 21.15 “Sfilata di Moda autunno inverno
2015” - P.zzo Malmignatti in Riviera S. Biagio
LUNEDÌ 7 settembre
ore 18.30 “A so in te na bota de fero”
libro di Paolo Siro Rossi - Caffè Grande
ore 21.00 “S. Messa per tutti i Lendinaresi” Santuario B.V. del Pilastrello
ore 22.00 “Concerto della Banda
Città di Lendinara” sagrato del Santuario B.V. del
Pilastrello
Programma 350ª Fiera
dalle ore 8.30 alle ore 12.30 “Annullo Filatelico Lendinara Città Ospitale” sagrato del Santuario della B.V. del
Pilastrello
ore 18.30 “Teatro Ballarin: la nuova Stagione di Prosa
2015-2016” con Arteven, Biblioteca Comunale
G. Baccari
ore 21.15 “Va in scena il Musical...” i più famosi musical
danzanti e cantati dal vivo da Grease a Cenerella, Bolliwood, Cantando sotto la Pioggia, tributo a Freddy Mercury,
saggio finale di danza del Centro Teatro Danza Corrente
di Simonetta Rovere, Piazza Risorgimento
MERCOLEDÌ 9 settembre
ore 18.30 “Racconti di confine” di Nicholas Naliato con
Federico Felloni, Biblioteca Comunale G. Baccari
dalle ore 18.00 alle ore 22.00 “Paolo Zanarella, il pianista fuori posto”, Piazzale Kennedy
ore 21.30 “Serata Rock” Black Rain, Kismet organizzata dai No More Wars, con punto ristoro Lay-Out-CucinaCamion, Piazza Risorgimento
GIOVEDÌ 10 settembre
ore 21.00 “E xe robe ca capita” commedia brillante in due
atti in dialetto veneto di Gianni Sparapan, compagnia teatrale “Mas-ci e Femene” di Rovigo, Piazza Risorgimento
VENERDÌ 11 settembre
ore 21.30 “Pink Sonic - The Diamond Inside Tour” Music
by Pink Floyd con punto ristoro Lay-Out-Cucina-Camion,
Piazza Risorgimento
Mostra amatoriale Pink Floyd presso Caffè Grande
dalle ore 19.30 alle ore 03.00 “Oktoberfest con birra cruda Lowenbrawn”, Bar Pioppa e Dolcelato
SABATO 12 settembre
ore 21.30 “OI&B OroIncenso&Birra” concerto con le canzoni di Zucchero, Piazza Risorgimento con punto ristoro a
cura di Absolute Cafè
dalle ore 19.30 alle ore 03.00 “Oktoberfest con birra cruda Lowenbrawn”, Bar Pioppa e Dolcelato
DOMENICA 13 settembre
ore 8.30 “Anniversario della Guerra 1915-1918” raduno
e ammassamento dei Bersaglieri presso Monumento di
Via dei Bersaglieri
ore 16.00 Concerto delle Fanfare di Padova e Roccafranca
ore 9.00 “Mostra delle auto nuove” concessionarie locali
Piazza Risorgimento
ore 9-13 e 14-19 “Navigando per l’Adigetto” con la Protezione Civile di Lendinara
ore 21.00 “Gruppo spettacolo Peligro” balli latino americani e musical, Piazza Risorgimento
ore 23.00 “FUOCHI D’ARTIFICIO
PIROMUSICALI”
zona Luna Park
DOMENICA 20 settembre
ore 8.30 “16° Raduno Auto d’epoca”
Piazz.le Martiri di Marcinelle, Palazz. dello Sport
ore 9.00 “Pellegrinaggio Regionale 2015 - CTG Veneto”
Piazzale Martiri di Marcinelle, Palazzetto dello Sport
ore 10.30 S. Messa con benedizione degli Autoveicoli e
Conducenti Santuario della B.V. del Pilastrello
Pro Loco
di Lendinara
MERCATO FIERISTICO
Domenica 6 e 13 - martedì 8 settembre
Pro Loco
e Sapori
del Polesine
Lendinara
Città
di Lendinara
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dal 5 all
settembre
Zona
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Piazza
Veneto
Saranno presenti con i loro piatti tipici:
MERCATINO HOBBISMO E ANTIQUARIATO
Lendinara - Arquà Pol. - Canaro - Canda - Castelguglielmo Frassinelle - Fratta Pol. - Lusia
Domenica 6 e 13 - martedì 8 settembre
dal 4 al 13 settembre Mostra Mercato in Fiera
Palazzetto dello Sport
LUNA PARK
Dal 4 al 13 settembre zona Palazzetto dello Sport
PUNTI RISTORO
MOSTRE ITINERANTI
“Le cartoline raccontano: 1900-1950 itinerario storico”
di Erio Magon con ANPI Lendinara Ex ufficio IAT Piazza Risorgimento
“Bonizza Modolo, opere recenti” mostra di pittura Studio d’arte GS
Galleria Signorini
“Acqua e luce” del pittore Alberto Cristini - Palazzo Pretorio
“Ritrova le tracce antiche” gli esseri umani, le piante e gli animali
o la polvere cosmica, tutti danziamo su una melodia misteriosa intonata da un musicista invisibile
Centro Studi Professionale per la Danza di Simonetta Rovere, Piazza
Risorgimento
“Toponomastica: Tracce Femminili in Polesine” promossa dalla
Commissione Pari Opportunità di Lendinara, Casa Albergo per Anziani
“Modellismo agricolo” del Gruppo Modellisti per Passione
Androne di Palazzo Perolari
“Mostra Mercato in Fiera” mostra dell’artigianato e del commercio
locale - Palazzetto dello Sport
Dal 5 al 8 settembre ore 19.30 - Ex Pescheria
“Pro Loco e Sapori del Polesine” con le Pro Loco di
Lendinara patatine e fritto misto
Lusia risotto con la zucca e con le verdure di Lusia
Canda gnocchi dolci e al ragù
Fratta Polesine risotto e panino con salsiccia
Canaro bigoli al torchio e fagioli con salsiccia
Frassinelle pepata di cozze
Arquà Polesine pinzin, spaghetti e bruschette all’aglio
Castelguglielmo linguine ai frutti di mare
Salara somarino e crostata di fragole
I giorni 6 e 8 settembre anche pranzo dalle ore 12.00
LUNEDÌ 7 settembre
ore 20.30 Piazzale Ex Pescheria
“Elena Berto in Music” spettacolo musicale
Dal 9 al 13 settembre
ore 19.30 Piazzale Ex Pescheria
“Sagra del Pesce ditta Delfino Bianco di Chioggia
VISITE GUIDATE
DOMENICA 6 settembre e Domenica 4 ottobre
ore 10.30 “Il patrimonio librario ed archivistico della Cittadella della Cultura”
DOMENICA 13 settembre
ore 16.00 “Lendinara e il giardino di Ca’ Dolfin”, spazio romantico e luogo dell’anima Giuseppe Marchiori e i suoi illustri
ospiti: Saba, Wolf Ferrari, Minassian, Birolli, Manzù, e Licini
DOMENICA 4 ottobre
ore 16.00 “Lendinara disegnata e dipinta”
dalle vedute settecentesche di Palazzo Cattaneo agli scorci naturalistici del giardino di Ca’ Dolfin ritratti da celebri artisti appuntamento inserito nel programma regionale del Festival delle Ville Venete
350ª
Fiera di Lendinara
Feste Patronali
AVVISO SACRO
Basilica Abbaziale
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2015
29 Agosto - 6 Setttembree
Novena di preparazione
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Domenica 20 Settembre
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Ore 18:0
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Domenica 27 Settembre
Ore 1100:330 S
Or
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Giornata degli automobilisti
30
Fiera di Lendinara
350ª
Lendinara tra arte, storia e devozione
PROGRAMMA DI ITINERARI GUIDATI - SETTEMBRE E OTTOBRE 2015
Domenica 6 SETTEMBRE, ore 10.30
Il patrimonio librario ed archivistico della Cittadella
della Cultura
/HUDIÀQDWHHGL]LRQLGHO6HWWHFHQWR Un viaggio
nella Lendinara “Atene del Polesine”.
Domenica 13 SETTEMBRE, ore 16.00
/HQGLQDUDHLO*LDUGLQRGL&D·'ROÀQVSD]LR
romantico e luogo dell’anima
Giuseppe Marchiori e i suoi illustri ospiti: Saba, Wolf
Ferrari, Minassian, Birolli, Manzù, e Licini *
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espositiva delle foto d’epoca, seguita dall’ingresso a
Palazzo Boldrin per scoprire artisti e letterati legati al
critico d’arte lendinarese. Appuntamento inserito nel
programma regionale del “Festival delle Ville Venete”.
Domenica 20 SETTEMBRE, intera giornata
Lendinara delle Sette Chiese - Pellegrinaggio
regionale del CTG Veneto
Mattino: 6HWWHULÁHVVLRQLSHU6HWWH&KLHVH
Dal Santuario del Pilastrello alla Chiesa di San Biagio.
Appuntamento ore 9.30, Palazzetto dello Sport
Pomeriggio: Lendinara ti ospita. I diversi secoli della
storia cittadina attraverso visite e animazioni culturali
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Palazzo Cattaneo e Palazzo Boldrin.
Animazione estiva
A
nimazione, cosa significa animare? Riporto le
parole del Presidente Nazionale CTG ( Centro
Turistico Giovanile) Giuseppe Marangoni: “ Difficile far passare un’idea positiva di animazione, come
di un’attività che è contro la superficialità con cui
è identificata ed anzi serve proprio a far emergere
le potenzialità ( molto spesso nascoste), cognitive,
espressive, relazionali di una persona e anche di un
territorio”.
Da qui vorrei partire, dalla parola Animare: ridare anima ad un luogo, ad un territorio, oltre che a
persone. E’ quello che l’amministrazione comunale
di Lendinara ha permesso affidando anche quest’anno l’animazione a CEDI Turismo & Cultura, dimostrando fiducia e continuità negli anni. Prezioso e
Appuntamento ore 15.00, loggia del Caffè Grande
Prenotazione obbligatoria: 0425 605667
Domenica 4 OTTOBRE, ore 10.30
Il patrimonio librario ed archivistico
della Cittadella della Cultura
L’archivio storico comunale. L’immagine della città
attraverso antiche mappe e catastici.
L’incontro introduce alla visita pomeridiana.
Domenica 4 OTTOBRE, ore 16.00
Lendinara disegnata e dipinta**
Dalle vedute settecentesche di Palazzo Cattaneo agli
VFRUFLQDWXUDOLVWLFLGHO*LDUGLQRGL&D·'ROÀQ
ritratti da celebri artisti.
Appuntamento inserito nel programma regionale del
“Festival delle Ville Venete”.
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mail - [email protected]
Laura Busson
fondamentale è stato inoltre il contributo del gruppo giovani animatori CTG di Lendinara l’Atene del
Polesine che non solo d’estate ma anche durante
l’anno organizza eventi ed iniziative per i più piccoli
conciliando divertimento e valorizzazione del territorio. Un esempio la visita presso il Palazzo Boldrin/
Malmignati , sede degli istituti Culturali di Lendinara ( Biblioteca e Archivi Storici Comunali) e il
Mulino al Pizzon di Fratta Polesine con annesso laboratorio del pane.
Più di cento iscritti dai tre ai quattordici anni si
sono alternati da Giugno ad Agosto: un sicuro segno di freschezza e vitalità, auspicio e garanzia per la
prossima edizione.
31
350ª
Fiera di Lendinara
NOTIZIE IN BREVE
Da Lendinara a Rovigo
La via attuale per portarsi a Rovigo è la Strada Regionale 88, già
statale 499, ed è una via diretta,
realizzata negli anni 30, utilizzando un tratto della vecchia via
Bragolara.
Ma non è stato sempre così comodo raggiungere il capoluogo
del Polesine. Racconta L'Astronomo Lendinarese del 1877 che
“il comune di Lendinara si trovava circondato da strade pressoché impraticabili. Dopo la chiesa
della Madonna e fino al ponte di
Santa Lucia sul Ceresolo era difficile impresa transitare coi veicoli
a quattro ruote, e indispensabile
il così detto sediolo a due ruote
e a due cavalli col pericolo continuo di capovolgersi. Nel dicembre 1813 le truppe che qui
di frequente erano di passaggio
dovettero stendere a tutta strada uno strato di tronchi d’albero
per camminare con minor disagio. Terminato questo tratto di
strada, se d’estate, si prendeva la
via più corta, passando per Bornio, Grompo e Nogarazze, con
l’avvertenza di non accellerare
di troppo il passo del cavallo per
non cadere in qualche pericolo;
se d’inverno, si doveva percorrere la via più lunga per Lusia
e Concadirame sempre sopra il
pericoloso argine dell’Adige. La
necessità suggerì di ciottolare nel
1818 il tronco dalla chiesa della
madonna al ponte di S.Lucia non
potendo provvedere al rimanente
perché apparteneva ad altri comuni”.
Solo “nel 1851 venne costruita
l’attuale provinciale da Badia per
Lendinara, Villanova, Costa a
Rovigo”.
(Astronomo Lendinarese 1877).
CNA E LE IMPRESE
Il Polesine che sostiene il Polesine
Fare impresa, oggi, comporta responsabilità, impegno, tenacia e per questo CNA
Rovigo è al fianco delle imprese polesane con l’obiettivo di contribuire alla ripresa
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Pro Loco
di Lendinara
Città di
Lendinara
Regione
del Veneto
Mostra Mercato in Fiera -
Provincia
di Rovigo
Lendinara-Città-Ospitale
4 - 13 settembre 2015
La tradizionale fiera della Madonna Nera di Lendinara è giunta alla 350ª edizione, mentre la Mostra Mercato, inserita nell'ambito
della medesima manifestazione fieristica, è giunta al suo 25° appuntamento.Tra le novità si segnala l'innovativa intitolazione di “Mostra Mercato” affiancata al nuovo logo che identifica il progetto di “Lendinara-Città-Ospitale” che sarà presentato alla cittadinanza il
giorno 8 settembre. Nella circostanza si procederà all' “annullo postale” con la vendita delle cartoline di Lendinara riportanti il timbro
del logo stesso e realizzato in collaborazione con le Poste Italiane, con presidio davanti al Santuario di Santa Maria del Pilastrello (cartoline già annullate saranno comunque presenti presso il palazzetto dello sport e lo sportello polifunzionale di piazza Risorgimento).
Ulteriore elemento di novità è costituito dall'allestimento delle strutture della mostra sia all'interno che all'esterno del palazzetto
dello sport, per complessivi 35 espositori di prodotti artigianali, e vari altri. Come l'anno scorso, la parte espositiva sarà accompagnata
da un nutrito calendario di incontri serali aperti a tutta la cittadinanza, organizzati allo scopo di approfondire temi molto attuali e
particolari riguardanti il mondo del lavoro. Va altresì segnalata la partecipazione delle associazioni di volontariato della città che presentano e promuovono la propria attività. All'interno è poi funzionante un luogo di ristoro costituito da un comodo ed accogliente
punto bar-pizzeria. Infine, un servizio inedito offerto da quest'anno è la “Ludoteca” gestita dal CEDI Turismo e Cultura di Rovigo,
che come sempre fornisce anche il servizio di segreteria per l'accoglienza. La ludoteca è aperta nei giorni 6-7-8-12-13 settembre, in
orari pomeridiani (16.00/19,30) e serali (20.30/23.00).
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IL MERCANTE INCONTRA:
SABATO 5 al pomeriggio spazio dedicato al Forum Giovani
DOMENICA 6 - Premio passaggio generazionale ore 10,00
sala consiliare - al mattino spazio dedicato al Forum Giovani
LUNEDÌ 7 Fai più Bella La Tua Casa in collaborazione con
Rovigo Banca e Confesercenti:
MARTEDÌ 8 al mattino spazio dedicato al Forum Giovani
Ore 21 “Alto Polesine Nuovi Orizzonti” con Terenzio Zanini,
Gabriele Marchiori - Marco Lazzarato
MERCOLEDÌ 9 - Layonees: comunità d’acquisto
Relatori Sofia Segantini e Nicola Mandruzzato
GIOVEDÌ 10 dott.ssa Princivalli Maria Antonietta
general manager Travelling Trader Import\Export:
“Piattaforma web per le eccellenze italiane all’estero”
con premio a neo laureati
VENERDÌ 11 Commissione Pari Opportunità di Lendinara
presenta Majulero Soc Coop-Interpreti di conferenza:
un progetto di Imprenditoria Femminile “Rosa è Meglio”
SABATO 12 ASM –SET servizi energetici
orari del Mercante in Fiera
Venerdì 4 sett. (inaugurazione) ore 19,00 - 24,00
Sabato 5 settembre
ore 16.00 - 24.00
Domenica 6 settembre ore 10.00 - 12.30 / 15.00 - 24.00
Lunedì 7 settembre
ore 20,30 - 24.00
Martedì 8 settembre
ore 10.00 - 12.30 / 15.00 - 24.00
Mercoledì 9 settembre
Giovedì 10 settembre
Venerdì 11 settembre
Sabato 12 settembre
Domenica 13 settembre
ore 20.30 - 24.00
ore 20.30 - 24.00
ore 20.30 - 24.00
16.00 - 24.00
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Fiera di Lendinara
350ª
Un garibaldino in America
L’avventurosa storia di Andrea “Andrew” Fontana, soldato di Garibaldi e di Lincoln
Giorgio Baccaglini
I
l 9 dicembre 1834 nella chiesa di S. Biagio a Lendinara fu battezzato un bambino, cui furono imposti i
nomi di Andrea Antonio Fortunato. Il piccolo, figlio
primogenito del commerciante di origine padovana
Giacomo Fontana e della lendinarese -di BarbuglioMaria Cristina Manfrin era nato due giorni prima
nella casa di famiglia, posta in Contrada Ospitale
al numero 287. Il nome Andrea, non molto comune
all’epoca, era probabilmente un omaggio al fratello
di Giacomo, don Andrea, per 21 anni parroco di S.
Sofia, morto nel 1831.
Alla fine del 1859 Andrea è allievo ufficiale alla
Scuola Militare dell’Italia Centrale, appena costituita a Modena dal generale Manfredo Fanti. In una
lettera1 del 28 dicembre indirizzata a Lendinara a
Pietro Miotto, il cadetto Fontana, oltre a descrivere con entusiasmo la sua durissima vita in Accademia, racconta all’amico, che è un reduce dell’assedio
di Venezia del’49, di una breve licenza trascorsa a
Lugano a casa di Alberto Mario (che di Miotto è
cugino) durante la quale ha conosciuto il teorico
del federalismo Carlo Cattaneo, i patrioti Rosolino
Pilo e Francesco Montanari e altre persone “che non
è lecito nominare”: Andrea, esule e renitente alla
leva è, infatti, consapevole che la sua corrispondenza
facilmente sarà oggetto di attenzione da parte della
sempre vigile polizia asburgica. La lettera si conclude
con una serie di saluti ad amici comuni di Lendinara
(tutti, agli occhi degli Austriaci, dei “sovversivi”) e
ad una ragazza di Badia, di cui conosciamo solo il
cognome, Baviera.
Nella tarda primavera del 1860, dopo l’annessione
dell’Italia Centrale al Regno Sardo, Andrea uscì dalla Scuola Militare con i galloni di sottotenente, ma,
evidentemente, una carriera tranquilla nel Regio
Esercito non era nel suo destino. Le notizie delle
imprese di Garibaldi nel Regno delle Due Sicilie
dovettero aver entusiasmato il giovane ufficiale al
punto da indurlo da partire per al Sud per unirsi
alle camicie rosse. Forse sulla sua decisione influì
anche la notizia della morte in combattimento dei
suoi amici Pilo e Montanari. Alla battaglia decisiva, quella del Volturno (1 ottobre 1860) Fontana
prese parte con il grado di capitano nel 1° reggimento della divisione Bixio, reparto comandato, e
forse non è un caso, da un altro polesano, il tenente colonnello Domenico Piva. Dopo l’incontro di
Teano e il conseguente scioglimento del Corpo
Volontari Italiani, la maggior parte degli ufficiali garibaldini passò nell’esercito sabaudo: tra essi vi
erano anche i superiori diretti del capitano Fontana,
cioè Bixio e Piva. Andrea, invece, prese una strada
diversa, che lo porterà, letteralmente, dall’altra parte del mondo.
Nel 1861 gli Stati Uniti stavano vivendo il periodo più difficile della loro giovane esistenza: 11 stati
del Sud, agricoli e favorevoli alla schiavitù, si erano
staccati dal governo centrale, di cui non condividevano le scelte economico-sociali. Il neo-eletto presidente Abraham Lincoln tentò in tutti i modi di
riallacciare i rapporti con gli stati secessionisti ma
quando, il 14 aprile 1861, forte Sumter, un’installazione militare federale posta su un’isola davanti a
Charleston nello stato ribelle della South Carolina,
fu presa a cannonate dai “sudisti”, la situazione precipitò. Iniziava così, in modo quasi incruento (ci
furono solo 5 feriti tra i marines del forte) la guerra
di Secessione, il conflitto che con i suoi seicentomila morti risulterà essere il più sanguinoso del XIX
secolo.
Tanto negli Stati del Nord quanto in quelli del Sud,
a fianco delle esigue forze militari regolari, vennero formate in un tempo brevissimo numerose unità
di volontari. Nel multietnico stato di New York, il
più popoloso tra i 25 rimasti fedeli all’Unione, due
esuli mazziniani, il genovese Alessandro Repetti e il
lombardo Luigi Tinelli, progettarono di costituire un
reggimento formato solo di emigrati italiani: l’unità
sarebbe stata intitolata all’Italiano più amato dagli
Americani, Garibaldi. Il progetto, però, non andò
in porto: i volontari italiani, provenienti in gran
parte dal quartiere povero di Brooklyn (o “Broccoli35
350ª
Fiera di Lendinara
no”, come lo chiamavano loro), furono sufficienti a
formare una sola compagnia. L’idea di un reparto di
immigrati, una sorta di “legione straniera”, piacque
però alle autorità militari newyorkesi e quindi, unendo alla compagnia italiana tre compagnie ungheresi,
tre tedesche, una francese, una ispano-portoghese e
una svizzera, agli inizi di maggio del 1861 crearono
le “Garibaldi Guards”. L’unità, il
cui nome ufficiale era 39th New
York Volunteers Infantry Regiment, fu posto agli ordini di un
esule della Rivoluzione ungherese
del 1848, il colonnello Frederick
D’Utassy. Repetti, che pur non
aveva alcuna esperienza militare,
divenne vicecomandante, col grado di tenente colonnello.
La divisa di tutto il reggimento
rimase quella ideata dal patriota
genovese per i suoi volontari italiani: sia i distintivi della giubba
che la banda dei pantaloni sarebbero stati di un acceso rosso garibaldino, e in testa, al posto del
classico berrettino a visiera che
abbiamo visto in tanti film western, i soldati avrebbero portato
un “moretto” da bersagliere con le
immancabili penne di gallo cedrone.
Il 29 maggio 1861 le “Garibaldi Guards”, sfilarono
in parata per le vie di New York e, alla presenza del
presidente Lincoln in persona, il reggimento ricevette la bandiera di guerra. Anch’essa era un evidente omaggio al nostro Risorgimento: si trattava di
un Tricolore con il motto mazziniano (in italiano!)
“Dio e Popolo”, ovvero la bandiera della Repubblica
Romana del ’49. Tra i soldati passati in rassegna quel
giorno dal presidente degli Stati Uniti, c’era anche
il nostro Andrea Fontana: l’ex cadetto di Modena,
l’ex ufficiale del Volturno era ora tenente della “A
company”, la compagnia italiana del reggimento
comandata dal capitano Cesare Osnaghi. Non sappiamo né quando né, soprattutto, perché il giovane
lendinarese avesse affrontato
il viaggio dall’Italia agli Stati
Uniti, ma sappiamo che egli fu
uno dei pochissimi ufficiali italiani, qualche decina in tutto,
ad aver combattuto la guerra di
Secessione nelle file unioniste.
Il 39° New York si rivelò da subito un reggimento “difficile”: i
soldati avevano delle difficoltà
a capirsi tra loro e molti ufficiali furono indotti alle dimissioni per contasti col colonnello
D’Utassy. Per questi motivi i
“Garibaldini”
presero parte
solo ad un scontro importante,
quello sul fiume Bull Run il 21
luglio 1861, restando perlopiù
impiegati nella sorveglianza di
località strategiche . Nel settembre del 1862, il reggimento
fu sorpreso dal nemico nel campo trincerato di Harper’s Ferry in Virginia, e catturato quasi per intero.
È curioso notare che tra i reparti sudisti che più si
distinsero in questa circostanza ci fosse il 10° reggimento della Louisiana nelle cui file militavano molti
ex soldati borbonici: negli Stati Uniti essi si presero
così la rivincita sull’odiato avversario del Volturno.
La prigionia, per le “Garibaldi Guards” , tra cui il
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36
Fiera di Lendinara
nostro Andrea, durò poco: dopo alcune settimane,
in seguito ad uno scambio di prigionieri, furono tutti
rilasciati ma dovettero impegnarsi a non combattere
più per almeno tre mesi. L’accordo fu rispettato e nel
periodo in cui il reggimento era a riposo forzato, il
tenente Fontana abbandonò l’esercito. Essendo cittadino italiano e quindi non soggetto ad obblighi di
leva, poteva dimettersi infatti quando voleva. Anche in questo caso, non sappiamo quali siano state le
sue motivazioni: forse era malato, o semplicemente
amareggiato oppure, come era successo ad altri prima di lui, dei contrasti col suo comandante l’avevano spinto a questa decisione.
A metà novembre del 1863 Andrea, tornato in Italia, si presentò al posto di confine di Pontelagoscuro
chiedendo un breve permesso per rientrare a Lendinara dove vivevano ancora l’anziana madre e le
sorelle. Le autorità di polizia del Lombardo-Veneto
respinsero la domanda di quello che ai loro occhi era
un pericoloso sovversivo, ma Andrea non era certo
tipo da scoraggiarsi per così poco: entrato clandestinamente in Polesine, raggiunse Lendinara dove
ritrovò i familiari e gli amici di un tempo. Qualcuno, però, informò le autorità della sua presenza in
paese, ma quando i gendarmi si precipitarono a casa
Fontana, Andrea era già ripartito per gli Stati Uniti.
All’Archivio di Stato di Rovigo (fondo Del. Prov.
Austriaca, anno 1863, busta 1055) sono ancora conservati i verbali degli interrogatori cui il commissario
distrettuale Talamini sottopose i familiari di Andrea
in quella circostanza.
Nel frattempo in America la commissione d’inchiesta che era stata costituita per indagare sulle responsabilità del disastro di Harper’s Ferry concluse
non solo che le colpe più gravi erano da addebitare
proprio al ruvido colonnello D’Utassy ma scoprì an-
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350ª
che che egli non era affatto un nobile esule per motivi patriottici ma un acrobata di circo scappato dai
creditori arruolatosi con un nome falso. Ovviamente l’impostore fu posto in congedo immediato, ma
quando in seguito si accerterà che l’ufficiale, approfittando della sua posizione, si era anche appropriato
di forniture militari per rivenderle, per lui si apriranno le porte del penitenziario di Sing Sing. Intanto,
sotto un nuovo comandante, i “Garibaldini” erano
diventati uno dei migliori reparti dell’esercito unionista, distinguendosi anche nella decisiva battaglia
di Gettysburg, dove un monumento ricorda ancora
oggi i caduti del reggimento.
A guerra finita Andrea, ritornato alla vita civile,
trovò impiego come commesso in un’importante
ditta di ombrelli di New York, la Gans Brothers Umbrella Ltd, dove rimase fino all’età della pensione.
Il 31 dicembre 1910 Andrea Fontana morì d’infarto
nella sede della Gans Brothers dove si era recato per
fare gli auguri per l’anno nuovo ai suoi ex colleghi.
Della sua morte diede notizia, in un breve articolo
del 2 gennaio 1911, anche il prestigioso New York
Times.
Rimane ancora molto da scoprire della vita, degna
di un romanzo, di questo personaggio completamente dimenticato, anche nel suo paese di origine. Di lui
a Lendinara restano tuttavia poche ma significative
tracce: nell’archivio parrocchiale di S. Biagio c’è il
suo atto di nascita, mentre quello di morte, trasmesso dal consolato italiano di New York è trascritto nei
registri anagrafici comunali a riprova che, nonostante tutti gli anni trascorsi, Andrea Fontana aveva voluto conservare la cittadinanza italiana.
Anche la sua casa natale esiste ancora: si trova
sempre nella vecchia Contrada Ospitale che ormai
da quasi un secolo si chiama via Monte Grappa.
Un sentito ringraziamento all’Ufficio Anagrafe del
Comune di Lendinara e a don Massimo Guerra, parroco di S. Biagio, per la cortese collaborazione dimostratami.
1) La lettera manoscritta fu esposta alla mostra sul Risorgimento allestita in Municipio in occasione del Settembre
Lendinarese del 1960. La sua collocazione attuale è ignota.
[email protected]
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350ª
Fiera di Lendinara
La dinastia estinta
Franco Fioravanti
U
n calda giornata estiva con la mia Panasonic a
tracolla. Mi metto in testa di fare alcune foto a
villa Marchiori, l’ex sede della ragioneria tanto per
intenderci. Mi vien voglia anche di visitare gli scantinati della villa stessa. E cosa ho trovato lì sotto?
Un marmo con la seguente dicitura:
GINO PANTALEONE
nato a Roma il 18 febbraio 1875
morto a Badia Polesine l’11 ottobre 1883
Otto anni l’età della morte, pochi. E chi potrà essere costui?
Poco tempo dopo altra visita particolare. Questa volta la curiosità si
rivolge alle vecchie tombe di nobili
lendinaresi e in quella dei Perolari
mi imbatto nuovamente in questo
nome, Gino Pantaleone, e scopro
che è l’ultimo erede del casato, figlio di Angelo ed Elena nob. Perolari.
E allora ripercorriamo i tempi, nonostante le poche notizie disponibili al riguardo. La famiglia trae origine da Modena, passa per Ferrara
e arriva alla nostra Lendinara. Ciò
è confermato in un atto autografo,
celebrato a Ferrara il 30 gennaio
1396, sottoscritto da un certo Jacopo de Perolariis, cittadino di Ferrara, figlio di Facio
da Modena, e da una sentenza autografa del 14 dicembre 1478, data in Lendinara, data da Alberto de
Perolariis quale luogotenente di Lodovico de Rangoni podestà di Lendinara per Ercole duca di Ferrara.
Nel 1623 certamente era aggregata al Consiglio Nobile, risultando dagli Atti Consigliari che Antonio
Perolari sedeva fra i consiglieri nel dì 27 dicembre di
quell’anno. Pietro Antonio, discendente, per le ragioni di Cornelia Malmignati sua moglie, riportò dal
Senato Veneto decreto in data del 9 settembre 1754
l’investitura del Feudo Nobile Estense in Saguedo di
quella famiglia; e con decreto 3 marzo 1774 fu rinnovata l’investitura a Ottaviano e Bartolommeo, figli
di essa Cornelia, e ai loro successori; di qui derivò
alla famiglia Perolari l’aggiunta del cognome Malmignati e l’inquadramento dell’arma.
Bartolommeo fu Regolatore della
città nel 1778 e dal suo matrimonio
con Faustina Baccaglini nasce Pietro Antonio che sarà vice prefetto
napoleonico a Rovereto dal 1810
al 1813, dove ristabilisce Ginnasio
e sarà rifondatore dell’Accademia
degli Agiati. Nel 1814 è podestà
di Lendinara. Pietro è anche poeta
di ispirazione classicistica e i suoi
sonetti saranno raccolti nel 1836
dalla tipografia Merlo di Venezia
in un volumetto dal titolo Poesie. Trattano di amore erotico, di
guerra, di sentimenti, quale il caro
ricordo della madre Faustina, di
Lendinara e in particolar modo della Madonna del
Pilastrello. Un variegato insieme di rime. Le sorelle
Cornelia e Maria Adriana sposano rispettivamente
il nobile Lodovico Brillo e un membro della nobile
famiglia Leopardi.
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FERRARI ALDO
di Ferrari Franco e Luca snc
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Fiera di Lendinara
Dal matrimonio del poeta Pietro Antonio e dalla
marchesa Elena Carlotti nascono Pulcheria Faustina, Eugenia Maria, Paride e Ottaviano. Paride, il primo erede maschio, sposa Marianna Cogorani Picinalli (data di morte e stemma della famiglia Picinalli
si leggono sulla parete esterna verso sud del Palazzo
Perolari), e dal matrimonio nascono Alessandro, colui che nel 1915 dona palazzo Perolari alla cittadinanza, Pietro, Elena ed Ugo. L’unico che fa parlare
di sé è Pietro che, a spasso per il mondo, scrive libri;
il primo a soli 19 anni ha per titolo Alcune occhiate a
Malta (uscito nel 1870), poi nel 1878 Su e giù per la
Siria, nel 1882 pubblicò sotto gli auspici dell’editore
Treves Il Perù e i suoi tremendi giorni, libro attraente,
scritto con brio di forma, e con acume e potenza d’osservanza, giudicato dalla critica nostrana e straniera
con una benevolenza più che meritata. Trasportato
350ª
dalle vicende della carriera consolare da una terra
all’altra, Perolari non ne lascia alcuna senza portarne
via l’impronta, come per la sua permanenza in Egitto
che ispira L’Egitto senza Egiziani.
È vice-console a Tolone quando si suicida il 16 luglio 1886.
Potremmo finire qui la storia dato che Alessandro,
Pietro e Ugo non si sposano, lasciando svanire nel
mondo dei ricordi il nobile casato dei Perolari; terminiamo invece con Elena, colei che fece costruire “ea pontesèa de l’ospedae”; Elena sposa Angelo
Pantaleone e dal loro amore nasce Gino...proprio il
Gino che ha dato avvio alla nostra storia. Potrebbe
portare avanti il nome del casato anche solo da parte
di madre, ma un destino crudele lo porta in cielo a
soli 8 anni.
CURIOSITÀ
Rettilineo Ca’ Morosini
Per accorrere ad impedire lo
straripamento pur troppo spesso minacciato dell’Adige, si
doveva valersi della strada ora
chiamata delle Carrette Vecchie,
bassa di suolo, surtumosa di fondo, ed ombreggiata dalle piante
delle fiancheggianti possessioni,
quindi penosa nell’estate e quasi impraticabile nell’inverno. La
costruzione di una nuova strada
era conosciuta indispensabile epperò vari progetti furono intavolati senza mai adottarne alcuno;
quando certo Giov. Battista Pighi
sortì colla bella proposta di un
rettilineo che dalla piazza conducesse all’argine dell’Adige. (sarebbe stato giusto intitolare quella strada Rettilineo Pighi anzché
coll’inconcludente nome Rettilineo Carrette) Fu dapprima credu-
ta strana e ridicola, ma consideratone in seguito la convenienza,
venne accettata, ed incominciati
gli studi peritali per l’attuazione
nel 1831, a causa degl’insistenti
reclami di opposizione avanzati dai proprietari dei fondi che
si dovevano tagliare, non ebbe
principio il lavoro che nel 1839 e
fu terminato nel 1841.
(Astronomo Lendinarese 1877)
S.R.L.
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Sede: Via S. Maria Nuova, 65 - LENDINARA
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39
350ª
Fiera di Lendinara
La nascita della Casa Albergo: la storia e i suoi fondatori
Casa Albergo per Anziani di Lendinara
L
e origini della Casa
Albergo per Anziani di Lendinara risalgono ad oltre 160 anni fa,
esattamente al 29 agosto 1852, giorno in cui
veniva avviata l’attività
della “Pia Casa di Ricovero e di Industria della
Città di Lendinara”.
La sua storia, tuttavia,
ha radici ancora più
Ritratto del Sign. Paolo Fasiol profonde e lontane nel
tempo, che meglio possono essere comprese attraverso la grande generosità del suo primo donatore:
il ricco industriale e commerciante Paolo Fasiol.
È utile comunque ricordare che già nel 1614,
presso la Parrocchia di S.Biagio, fu istituito l’Ospitale delle Orsoline, una struttura riservata alle
consorelle vedove, anche con eventuali figli, “che
si trovassero in istato miserabile” dell’omonima Confraternita istituita sul finire del ‘500.
È nel proseguo rilevante ricordare che la nascita
della Casa Albergo si deve per l’appunto innanzitutto, alle opere di beneficenza di alcuni privati
cittadini che, attraverso i propri lasciti testamentari, hanno reso possibile la creazione di tale struttura residenziale.
Il 2 novembre 1842 Paolo Fasiol, già sopra richiamato, nel suo testamento lascia in eredità un quarto
del suo cospicuo patrimonio alle Parrocchie S. Biagio e S. Sofia in Lendinara affinché lo amministrassero a favore dei poveri, in particolare impegnandosi nella creazione di un “asilo di ricovero”.
Venne così creato un fondo con “somma capitale
di austriache lire 75.645,33 costituita parte in diretti
domini e parte in capitali fruttanti l’anno 5%” e venne costituita con l’occasione una Commissione di
Beneficenza della Città di Lendinara, che pensò
subito di indirizzare la cospicua somma verso la realizzazione di una Casa di Ricovero e d’Industria, per
anziani, vedove e orfani. Così si legge da un estratto
del testamento di Paolo Fasiol del 5 novembre 1842
rogato dal notaio Stefano Leopardi di Lendinara:
“(…) della quarta parte di tutta la facoltà che lascerò
al momento della mia morte instituisco li Poveri delle
due Parrocchie di Santa Sofia e di S. Biagio di Lendinara; ordinando che questa facoltà per la detta quarta
40
parte debba essere cautamente investita, e sempre conservata, onde degli interessi e rendite che si ritraranno si
abbia un annuo fondo perpetuo da distribuirli alli detti
Poveri, e ciò in proporzione del numero dei Poveri di
dette due Parrocchie. All’Amministrazione e distribuzione delle dette rendite incarico li Rev.di Parrochi Anton’ Angelo e Marc’Antonio De’ Cavanis Capi delle
Scuole di Carità istituite in questa Città, e loro successori in munere. Mancando questi Parrochi pro tempore
(…) in ogni caso sotto la sorve glianza delle rispettive
Fabbricerie, alle quali do il diritto di far eseguire esattamente questa mia disposizione. (…) “
Tra il 1843 e il 1846 fu però difficoltosa la ricerca
di un luogo veramente adatto all’edificazione della “Casa di Ricovero”, che venne poi individuato,
come ideale, nell’antico ex monastero degli Olivetani della città, risalente al XVI secolo.
Ma il monastero non risultò, all’epoca, facile da
acquisire, poiché era diventato nel tempo proprietà del Demanio dello Stato Asburgico in seguito
al fallimento dell’ultimo suo proprietario privato,
il Sig. Mischiati.
Un ruolo altrettanto importante ebbe nel 1847, a
garanzia e continuità di quanto disposto dal marito
Paolo Fasiol, la donazione della vedova, la signora
Milani Maria che, con un testamento rinvenibile
presso l’archivio storico della casa Albergo, firmò
un legato per 18.000 lire.
La svolta, finalizzata all’effettivo della Casa, fu
data nel settembre del 1850, quando Silvestro Camerini, di Ferrara, dopo aver acquistato dal Demanio dello Stato l’antico monastero degli Olivetani
lo donò alla Commissione di Beneficenza del Comune di Lendinara al fine di favorire l’istituzione
di una Pia Casa di Ricovero secondo i voleri del
defunto Paolo Fasiol, specificando che se non fosse
stata fondata o avesse cessato di funzionare, i suoi
diretti eredi sarebbero entrati immediatamente in
possesso dell’immobile. Importante, per questo,
soffermarsi su un estratto del titolo di trasferimento, ove si può leggere quanto segue:
“Atto di donazione 10 Settembre 1850 con cui Camerini Silvestro ha trasferito nella Commissione di
pubblica Beneficienza di Lendinara l’usufrutto a titolo
gratuito di uno Stabile della rendita di £. 193.28 del
calcolato valo re di £. 8464.80 sulla cui metà che è di
£. 4232.40 si è commisurata l’imposta.”
L’IMPIEGATO COMMISURATORE
Fiera di Lendinara
Con il Decreto della Deputazione Provinciale n.
1609 del 3 marzo 1852 viene ufficialmente autorizzata l’apertura della Pia Casa di Ricovero e d’Industria di Lendinara.
In seguito poi all’autorizzazione concessa dal Comune di Lendinara, viene inaugurata l’apertura della
Pia Casa di Ricovero il giorno 29 agosto del 1852,
con l’iniziale presenza di 24 ricoverati tra maschi e
femmine, tutti del Comune di Lendinara. Dopo dieci anni dall’apertura del testamento di Paolo Fasiol,
di cui otto spesi nella ricerca e nello sgombero dello
stabile e due nei lavori indispensabili a permetterne
l’apertura, il personale della Pia Casa risultava così
composto: un direttore, un amministratore e un cassiere; un economo con funzioni di segretario; una
maestra per la custodia e l’istruzione delle orfane.
Questo è in sintesi l’intenso excursus di carattere
storico inerente alla nascita della “Casa”, con quanto nel tempo seguito e che, grazie all’intelligenza e
generosità di grandi benefattori, hanno reso possibile dar vita a questo importante servizio residenziale,
nodo essenziale della rete sociale lendinarese. Una
serie di passaggi che hanno portato all’oggi.
Un oggi solido, che si specchia nel suo illustre passato, e che da questo trae lo slancio per proseguire
il suo impegno di sostegno a favore di chi versa in
condizioni di fragilità, per così offrire al territorio
servizi sempre più innovativi e all’avanguardia.
E, questo, in un’ottica del lavoro per progetti, che,
nel porre al centro la persona e i suoi bisogni assistenziali, sanitari e sociali, intende pienamente
farsene carico con una visione di tipo olistico onde
in tal modo conseguire l’autentico benessere delle
persone affidate.
350ª
PROGRAMMA EVENTI
SETTIMANA DELL’ANZIANO
2015
SABATO 05 SETTEMBRE ORE 10.30
INAUGURAZIONE DELLE MOSTRE
Presso Sala la sala Polivalente
BUFFET ALL’APERTO ALLE ORE 11.30
Presso il patio esterno
LUNEDI’ 07 SETTEMBRE ORE 15.00
Incontro con lo scrittore e giornalista
GIOVANNI LUGARESI
per una conversazione sul tema
“Cent’anni fa la nascita del mito delle Penne Nere”
ALPINI: una storia infinita.
Presso Sala la Sala Polivalente
MARTEDI’ 08 SETTEMBRE ORE 15.00
TOMBOLISSIMA con ricchi premi
Presso Sala Maria Milani Fasiol
MERCOLEDI’ 09 SETTEMBRE ORE 15.30
SPETTACOLO MUSICALE
CON IL “CORO DELA ZUCA”
Presso Sala Maria Milani Fasiol
VENERDI’ 11 SETTEMBRE ORE 15.30
INCONTRO INTERGENERAZIONALE
(con i ragazzi dell’animazione estiva di Lendinara)
Presso Sala Maria Milani Fasiol
DOMENICA 13 SETTEMBRE ORE 12.00
PRANZO DELL’ANZIANO
Presso la Sala Maria Milani Fasiol
ROBERTO BISI
Partner Azimut
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Foto 2 - Lendinara, anni ‘50 - Il Cortiletto
41
350ª
Fiera di Lendinara
Gio Battista Malmignati e il suo diario inedito
Giovanni Ferracin
F
iglio di Lorenzo, il quale nel 1509 fece costruire
il primo capitello per l’immagine della Madonna. Fratello di Bartolomeo, giureconsulto molto in
vista della Repubblica Veneta, cugino del Kavalier
Vincenzo, negli ultimi dieci anni di vita, dal 1585
al 1595, annotò giornalmente su un diario le condizioni meteorologiche, i lavori agricoli legati alle
stagioni ma soprattutto piccoli avvenimenti locali.
Non abbiamo precedenti, per quanto riguarda la nostra zona, di simili cronache che anche se descritte
brevemente ci trasportano nella quotidianità di fine
500. Nella scrittura usa termini anche dialettali che
si potevano ritrovare nella nostra parlata locale, in
particolare nelle nostre campagne, fino a qualche
decennio fa.
In un manoscritto del 1686 Gio Battista Malmignati è descritto, ormai maturo, come uomo saggio. Ma
da giovane, dominato dalla collera uccise un figliolo di Carlo Borromeo, nobile padovano, e perciò fu
bandito dall’impero veneziano. Grazie all’intervento
del fratello Bartolomeo, giureconsulto molto gradito
alla Serenissima Repubblica, dopo quattro anni gli
fu tolto il bando. Si dilettò nel piacere dell’agricoltura “e si risolse di vivere una vita quieta e di lasciar
queste cose dal mondo”. Abitava in un palazzo dalla
parte di San Biagio (attuale Palazzo Perolari) “vastissimo, sarato di muro dove giornalmente si raduna molte
recreationj, giuoco di ballare zucchetti et altri giuochi et
trattenimenti di ogni conditione e genio di persone in detto cortivo. Vi è poi campi settanta di recinto uniti a detta
corte di detto palazzo divisi in giardini, orti, sparesare e
bruoli... ripieno detto luogo d’ogni conditione di animali,
volattili et anco parte de quadrupedi. E di tutte le qualità
di frutti che si possono nominare e ritrovare in quantità fertilissima et abbondante, come pure la sparesara
tenuta con grandissima stima per la conditione di quelli
e quantità vastissima, basta il dire che nella sua stagione
due barchette alla settimana continuamente partono per
Venetia cariche di detti sparesi.
J. e D. Tintoretto: San Bartolomeo, San Benedetto e il Beato Bernardo Tolomei. Particolare
con i committenti Bartolomeo e Gio Battista
Malmignati (Santuario B.V. del Pilastrello)
1 zugno 1590
Cavalcai a Roma di palo sopra li Arzeri come cavarzerano
per far far alcuni manchi che non sono stati fati et erano
meco Federico mio servitore et Ercole Ruffinello batifango,
et avendo veduto li manchi di Roma di palo, et volendo passare per andare alla Rasa mi risolsi di non voler montar su il
passo su il quale era montato Ercole parendomi cosa pericolosa et tornando in drieto per quella strada medesima ch’io
era andato che è una giara quale era coperta dal fiume per
un piede di aqua, mancò la terra sotto li piedi del mio cavallo
et andassimo tutti dui nel fiume nel magior fondo che li sia
e per gratia del Sig.or Dio il cavallo mi condusse apresso un pennello quale era sotto l’aqua e non si vedeva il quale
sentito me li atacai et cavati li piedi fuor delle staffe lassai andar il cavallo. Federico mio servitore quale mi era drieto
vedendo il pericolo nel qual mi trovava saltò da cavallo per aiutarmi et il cavallo, su il quale era, li andò drieto et mancandoli anco a lui la terra sotto li piedi urtò nella schiena a Federico et lo caciò nel fiume, il quale andò subito a fondo
et Ercole per volerlo aiutare andò anco lui a fondo ove si ritrovarno et si abraciarono insieme et se non si lasciavano
si anegavano, ma lasciatisi, sorsero et si attacarono anco loro a un penello, et così per grazia et aiuto del Sig.or Dio
fossimo liberati da così gran pericolo, del che sempre laudato et ringratiato sia il sig.or Dio, crescete il Fiume.
42
Fiera di Lendinara
350ª
13 agosto 1586
Mercori fu la note sereno il giorno fu vario pioviginò la note et il giorno, ma poi
fu caldo. Venero in questa Terra Sigismondo Cattaneo et li Belagini con molti altri il
numero non so, per amazar il conte Silvio
(Conti ndr) et il sig.or Petrobello, et ghe
andorno alla casa di tutti dui, il Conte Silvio si salvò su per li copi, et caciorno fuoco in casa del sig.or Petrobello il
quale si salvò anco lui ma tutta la roba di casa se li brusò. Si dete campana a martello ma non si mosse alcuno, venero da Rovigo li Capeleti et con loro andorno il Conte Silvio et molti altri ma li banditi si salvorno con aver menato
via le cavalle del sig.or Petrobello.
6 giugno 1593
Domenica fu la note nuvoloso con schiantisi et un poco di piogia et il giorno fu tutto
pioviginoso. Vene Podestà novo qual fu il
clarissimo sig.or Augustin Cornero et si
andò a incontrar la sua mag.ca Clarissima
per sino al Barbuglio con sette caroze nelle quali erano molti cittadini et in una parte molte cittadine quale erano
andate ad incontrar la clar.ma Podestaressa. Li furono anco molti cittadini quali vennero a cavallo, et li fu fatto dalli
soldati a piedi delle salve guarde in più lochi, venero dui nepoti et una neza della sig,ra Jsabetta da Venetia da casa
Cortivo.
28 dicembre 1586
Domenica fu la note nuvolo et vento et piogia et il giorno pioviginò quasi sempre, non
fu fredo.Andai a S. Agata a veder le mie
figliole et portar la buona mano, le quali
trovai per grazie del Sig.or Dio sane. Lodato et ringratiato sia la Sua Divina Maestà,
li feci bona mano et similmente a Madonna Suor Justina Petrobella et a Madonna Suor Ottavia Malmignata, mia
nezza. A queste due monache deti una da quatro lire per una, alle mie figliole deti cinquanta soldi per una. Sia lodato
et ringratiato ul Sig.or Dio che mi concede il modo di poter far di queste et altre elemosine.
4 febraro 1587
Mercori fu la note sereno et fredo, il gorno
fu buon tempo.Il Clarissimo di Rovigo da
Ca’ Zane vene alla Madonna Miracolosa
dal Pilastrello, al quale li Magnifici Regulatori con molto altri cittadini andorno a farli
Riverentia, er invitarlo alle case loro ma la
sua M.C. Volsse desinar dalli Fratti havendosi portato seco buona et onorata provvigione. Si corse alla Quintana
molti giovani della Terra, il Clar.mo di Rovigo vene in carozza a veder, ma li stette poco. Corsero assai bene tutti,
guadagnò il precio il sig.or Patricio Petrobello con nove botte. Corsero tre lance per uno, et chi rompeva in testa havea
tre bote, furno li judici il sig,or cavalier Catti et jo, il precio era una colanina con un pendente.
43
350ª
Fiera di Lendinara
50 anni fa Gino Favaro fondava l’Avis
Ilaria Bellucco
C
ompie 50 anni la sezione dell’Avis di Lendinara
fondata nel 1965 da Gino Favaro, uomo che in
tanti anni di fortissimo impegno ha salvato la vita a
centinaia di persone ricoverate nell’ospedale lendinarese. Favaro, che lavorava per l’Enel, si mise a disposizione della comunità totalmente per assicurare
donazioni di sangue al nosocomio locale in un’epoca
in cui era tutto più difficile. Il dottor Emilio Ferroni, che in quegli anni operava come medico chirurgo e anestesista all’ospedale di Lendinara, ne ricorda
l’abnegazione. “Agli inizi l’Avis era solo lui, anima
e motore di tutto - racconta - Quando c'era bisogno
di sangue per un paziente dell’ospedale, l’anestesista
contattava Favaro, che a qualsiasi ora del giorno e
della notte rispondeva prontamente e procurava il
sangue”. All’epoca le donazioni non avvenivano
tramite sacche, ma direttamente dal donatore al ricevente, con la presenza contemporanea di entram-
bi. “Favaro inforcava la Vespa e andava a
prendere il donatore a casa - prosegue il
medico - Benvoluto da tutti, aveva un forte ascendente sulle persone: arrivava alle 2
di notte a casa di uno che stava dormendo
dopo aver lavorato tutto il giorno, e questo
andava in ospedale senza battere ciglio”.
Favaro portava moltissimi donatori, che
cercava di tutelare al meglio lottando per
ottenere per loro agevolazioni e benefici.
All’epoca, infatti, il permesso dal lavoro
per poter donare e il riposo post-donazione
dovevano essere chiesti come favore al datore di lavoro. Con lui c’era Ermes Zanini,
che per molti anni è stato l’unico autista di
ambulanza dell’ospedale di Lendinara. “Anche Zanini come Favaro era sempre disponibile a qualsiasi ora,
365 giorni all’anno, nonostante avesse moglie e tre
figli – dice Ferroni – Erano una coppia eccezionale,
Zanini si muoveva con l’ambulanza per soccorrere un
ferito, Favaro con la Vespa per prendere donatori”.
Favaro organizzava anche gite e picnic coinvolgendo
anche i medici, spesso lo stesso Ferroni, e lotterie che
servivano a raccogliere soldi per sostenere il costo
delle sacche di sangue, talvolta destinato a rimborsare il datore di lavoro del donatore. “Gino Favaro con
la sua attività ha salvato probabilmente centinaia di
malati, perché all'ospedale di Lendinara confluivano anche molti pazienti del circondario, anche della
bassa padovana – conclude il suo racconto Ferroni –
Grazie a lui non abbiamo mai perso un paziente per
mancanza di sangue. È un uomo che ha regalato un
pezzo della sua vita a Lendinara e all’ospedale”.
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Fiera di Lendinara
350ª
Piazza Sant’Anna
Ennio Bellucco
C
ostruita nel 1433 per volontà della contessa Anna Bollato Falconetti, la chiesetta di
sant'Anna era inizialmente intitolata a Santa Maria e Sant’Anna. Vi si accedeva però di lato, dove è
tuttora un piccolo porticato con alcune date scritte
sopra, e ci si arrivava attraverso un vicolo che era
a destra del palazzo che insisteva su tutto il resto
dell'attuale piazza, fino ad occupare anche una parte
del marciapiede. Il palazzo, pure di proprietà della
Bollato, era praticamente appoggiato all’attuale facciata della chiesa, c’era solo lo spazio necessario per
far passare un carretto per adire l’orto delle adiacenze. Con il tempo il palazzo diventò di proprietà di
Ercole Ottoboni, e alla sua morte passò in proprietà
della nipote Elsa Ottoboni Toso. Nei primi anni '30
era stato approvato un piano regolatore in base al
quale fu deciso l’abbattimento del palazzo, perché
occupava spazio del marciapiede e restringeva la visuale di via Garibaldi. I lavori furono presto realizzati, ma la proprietaria ottenne di potersi costruire
una casa nell’area delle adiacenze e dell’orto, che
fu realizzata su progetto dell’ing. Arturo Baccaglini.
Elsa Ottoboni, ultima rappresentante di una famiglia storica del paese, donò il portale d’ingresso del
palazzo demolito ai frati cappuccini in ricordo di Ercole Ottoboni. Il restauro del convento con l’utilizzo
del portale di marmo del palazzo Ottoboni fu realizzato nel 1967 su progetto a cura dell’Arch. Mario
Nervanti.
(Fonte: lettera di Maria Teresa Toso Marcello, figlia di Elsa
Ottoboni)
Portale del convento
dei Frati Cappuccini
ricavato dalla
demolizione
del Palazzo Ottoboni
Piazza Sant’Anna (1600) foto inizio dei lavori
D
l
I
olce Forn
o
di Sonia e Gianluca
Piazza S. Marco, 29 - Lendinara (Ro) - Tel. 0425.641640
Via Cirillo Maliani, 34 - Badia Pol. (Ro) - Tel. 0425.53587
45
350ª
Fiera di Lendinara
Regolamento della Società Comica
Giovanni Ferracin
N
ei primi anni dell’ottocento a Lendinara non
esisteva ancora un teatro stabile, si sarebbe dovuto attendere fino al 1814 perché venisse inaugurato il teatro Ballarin da tutti invocato. Nel frattempo
i nostri teatranti locali erano costretti a recitare in
teatri ‘artificiali’ allestiti di volta in volta. Ne parla
Francesco Nobile nell’introduzione all’opuscolo “Descrizione del nuovo Teatro di Lendinara”, che ricorda
che in tempi lontani ne erano stati costruiti nel Palazzo Dolfin, nel Palazzo Pretorio, nel palazzo PerolariMalmignati, nel palazzo Conti e “finalmente, dopo
riedificato il palazzo del Comune, detto la Loggia, vi
si costruiva quasi ogni anno il nostro teatro artificiale
con molto decoro, formando una ringhiera all’intorno
della Sala, e ornandola di decenti senarj”. E’ certamente in questa sede che nel 1804 avvengono le rappresentazioni organizzate dalla Società Comica, con un
proprio ordinamento che viene inviato ai soci, e che
viene qui sotto trascritto. Da notare che viene citato
il Bertazzi, che poi sarà socio del Ballarin per la realizzazione del teatro, mentre i Ballarin non sono ancora
a Lendinara, vi arriveranno solamente due anni dopo,
nel 1806.
Il Direttore della Società Comica
Al Citt.° Socio Malmignati Giorgio
Onde con ogni buon ordine proceda tutto ciò che riguarda le prossime Comiche Rappresentazioni, credo bene avvertirvi Cittadino Socio delle seguenti discipline che voi sarete compiacente di osservare come inerenti anco al già prestabilito nelle due ultime
Sessioni da noi tenute.
Pmo. Quel socio che per il giorno 29 corr. non avrà mandato nella Sala le 10 Careghe che gli spetta di dare non avrà diritto
alcuno a viglietti di Careghe. Lo stesso non potrà pretendere posto alcuno nel Palco degli Associati se non vi avrà per il giorno
stesso mandato due Careghe.
Sdo. A evitare ogni confusione, ogni Socio dovrà contrassegnare col proprio nome le sue Careghe
Tzo. Ogni Socio avrà le proprie Careghe una dietro all’altra in una sola fila per lungo della Sala: in tal modo ogni socio ne avrà
una in cadauna fila.
4° Li numeri spettanti ad ogni Socio saranno estratti a sorte Sabato mattina 29 corr. Il primo nome estratto avrà la prima fila in
lungo entrando nella Sala, il secondo avrà la seconda, ecc.
5to. Ogni Socio sarà responsabile della persona che avrà fatto entrare col suo viglietto, e dovrà indispensabilmente sopra di questo
registrare il nome della persona a cui servirà.
6to. Ogni socio avrà due viglietti a stampa che gli servirà per li suoi posti in Palco. Potrà prestare simili viglietti a persona di sua
condizione per farla entrare in sua vece nel Palco. Nessuno però senza la scorta del viglietto che sarà presentato al Custode potrà
entrare nel detto Palco.
7°. Ogni socio proibirà ai propri domestici di occupare la sala se prima non sia cominciata la Rappresentazione, e allora non
potranno prender posto se non negli andj sotto la Ringhiera.
8°. Il Cittadino Bertazzi Socio farà consegnare a cadaun socio i proprj viglietti il giorno antecedente la Recita.
9°. I Cittadini Gherardini e Bertazzi rimangono depositarj di n. 16 Careghe nella ringhiera superiore. Queste saranno a disposizione dei Soci per servire ai forastieri. Ogni Socio che le ricerca dovrà significare il nome dei forastieri a quali vorrà far servire
le Careghe.
Sicuro che troverete necessarie, e utili queste discipline, sarete compiacente di uniformarvi con precisione. Ho il piacere di
salutarvi con amicizia.
Il Direttore
Il Seg. Gherardini
46
Fiera di Lendinara
350ª
Simonetta Rovere e il Teatro Danza Corrente
Marco Scarazzati
U
na vita spesa nella danza quella di Simonetta
Rovere, coregografa e ballerina di Lendinara tra le più
apprezzate a livello nazionale . E la consacrazione è arrivata verso la fine dell’anno
scorso con l’invito a salire,
assieme ad una parte della
sua compagnia Teatro Danza
Corrente, sul celebre e prestigioso palco del teatro
Ariston di Sanremo. Figlia d’arte, fin da piccola le
giornate di Simonetta Rovere sono accompagnate
dal suono del clarinetto del padre insegnante di musica, e dal ritmo della batteria del fratello, un connubio perfetto tra armonia e ritmo. Inizia quindi fin da
giovane lo studio del pianoforte e della danza e
si perfeziona con maestri
di fama internazionale.
Si dedica presto all’insegnamento della danza e
della coreografia, fonda a
Lendinara il Centro Studi Professionali per la
Danza e si specializza in
Counselor di Psicoterapia Palcoscenico dell’Ariston
iniziando nel contempo
importanti collaborazioni con artisti italiani e internazionali della danza, del teatro e del cinema, tra cui
Giorgio Albertazzi e Giorgio Celli. Entra a far parte
della compagnia del teatro del Lemming, danzando
con Thierry Parmentier, mentre continua a studiare
le discipline dello spettacolo che lei considera stret-
tamente interconnesse, danza, musica, canto, recitazione. Alterna l’attività di insegnante danzando con
il Balletto di Roma con la partecipazione a tournée,
grazie anche all’incontro con il famoso danzatore
André De la Roche, calcando i più importanti teatri
italiani, e portando con sé alcune delle sue migliori
allieve. Ha partecipato con un lavoro recitato e danzato al festival del cinema di Trieste, alla presenza di
Luis Sepulveda e Gianni Minà, che hanno mostrato
di apprezzare il suo spettacolo. Con la sua compagnia
ha creato importanti musical di successo, da La Favola Mia, tributo musicale alla vita di Renato Zero, a
un Fremito d’Ali sulla vita di Padre Pio, a Opera Palladio, ispirato alla vita di Andrea Palladio. Con questo ultimo lavoro ha ideato, prima al mondo, il Cinemusical, una nuova forma di spettacolo, in cui si
fondono danza, cinema
e teatro. Lo spettacolo
Opera Palladio le è valso
l’invito a Sanremo, cui
ha partecipato assieme
ai suoi allievi migliori:
Greta Borella, Daniela
Meneghesso, Serena Cavalletto, Sara Chinaglia,
Alice Pistolin, Giulia
Menardo, Irene Rovere,
Cristina Timaco, Samantha Zerbinato, Serena Previati, Irene Segantin,
Giulia Ciclamini, Giorgia Borella e Alex Galvan.
Una bella soddisfazione per Simonetta Rovere, per i
suoi allievi e per le sue allieve aver danzato ed essersi
fatti apprezzare in un teatro così famoso davanti ad
una platea che ospitava più di mille spettatori.
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Fiera di Lendinara
Valle della Buora
Claudio Vallerini
T
ra le frazioni di Ramodipalo e di Salvaterra sorge
l’Oasi faunistica Valle della Buora, una singolare area umida di circa 5 ettari di superficie costituita
da due grandi corpi idrici artificiali realizzati verso il
2005 dal Consorzio di Bonifica Polesine Adige Canalbianco con finalità di irrigazione e raccolta delle
acque di piena.
Il terreno agrario sul quale oggi sorge l’Oasi, fino al
2003 uno degli ultimi ambienti naturali dell’altopolesine, transitava su un paleoalveo in fase terminale,
ed era costituito da due estesi avvallamenti disposti
su entrambi i lati del Canale Valdentro; presumibilmente a causa della mancanza di valore commerciale, in quell’anno fu oggetto di un intervento di
bonifica non autorizzato che mirava a trasformarlo
in area produttiva.
La vigilanza degli ambientalisti, che da tempo
monitoravano il pregevole sito naturale anche
per via aerea, ha portato
all’attuale utilizzo da parte del Consorzio di Bonifica, che lo ha concesso in
gestione al WWF Rovigo,
autorizzandone un intervento di riforestazione.
Dalle antiche carte topografiche esistenti, ma anche dalla ricognizione aerea,
si può evincere che tutta l’area dove oggi sorge fu
oggetto di importanti opere di bonifica alla fine del
1600, e ancora fino a pochi decenni fa la Buora, localmente denominata La ponta o Val de Brocco, ove
stagionalmente vi lavoravano decine di addetti alla
raccolta e macerazione della canapa, era considerata
un luogo insalubre. Inospitale per abitarvi, indubbiamente, ma privilegiato da pescatori e cacciatori,
che là vi trovavano abbondante presenza di tinche,
carpe, pescigatto e rane e avifauna migratrice che,
a differenza di altrove, trovava un ambiente ricco
di incolti, fossi, filari con piante da fusto e arbusti,
piante palustri, prati e terreni allagati, un ambiente ideale per l’upupa, il torcicollo, l’usignolo, il rigogolo, ma anche per specie ben più rare quali la
schiribilla, il re di quaglie e il tarabuso. Offriva inoltre riparo a mammiferi quali la donnola, la faina, il
pipistrello di Dowbenton (pipistrello acquatico) e
il il mustiolo (il più piccolo mammifero europeo),
mentre tra i rettili era possibile trovare la testuggine palustre europea, il ramarro e la natrice, tutte e
48
tre ancora presenti, seppur con popolazione molto
ridotte. Il WWF, nel tentativo di ricostruire quanto
esistente in precedenza, ha messo in campo un notevole ed impegnativo Progetto Pilota che, alla fine
dei lavori, costituirà per tutto il suo gruppo di tecnici
e volontari una preziosa scuola di ricostruzione degli
habitat.
Dopo una lunga indagine ornitologica effettuata da
chi scrive (2006-2008), che ha permesso di identificare oltre 80 specie nidificanti o di passo nell’area,
il progetto di ripristino ambientale (curato da Eddy
Boschetti, Presidente del WWF Rovigo, dal dott.
Gianni Benetti e dal dott. Francesco Crestani) ha
visto finalmente la riforestazione delle rive dei due
invasi attraverso la messa a dimora di essenze arboree caratteristiche della
vegetazione
planiziaria
locale, ancora sporadicamente presenti ai margini
dei coltivi, ma tenendo in
particolare considerazione
le caratteristiche del paesaggio agrario tradizionale. Gli alberi e gli arbusti
sono stati quindi piantati
alternandoli in maniera
irregolare in modo tale da
riprodurre una condizione
di effettiva spontaneità, e le varie piante sono state
disposte in modo da creare un profilo leggermente
sinuoso. Le piantumazioni, alle quali hanno contribuito il WWF realizzando un proprio vivaio in sede
(denominato Arca di Noè vegetale), il Consorzio di
Bonifica, il Corpo Forestale dello Stato e il Comune
di Badia Polesine, sono state effettuate da decine di
volontari e hanno comportato la posa di alcune migliaia di piante. Nel tentativo di ricreare i filari esistenti in loco sono state posizionate piante da fusto
(quercia, acero campestre, frassino e olmo) nel mezzo delle quali sono stati posizionati arbusti (fusaggine, sambuco, melo, prugnolo selvatico e rosa canina) idonei alla nidificazione e alimentazione della
fauna selvatica. Per alcune aree era stata prevista
invece la posa di specie vegetali più legate all’acqua
quali l’ontano nero, il salice rosso, il salice grigio, il
salice da ceste, la tifa e il carice, nella speranza che
alcuni uccelli individuati nell’indagine ornitologica
potessero finalmente ritornare (attualmente, infatti,
nell’invaso maggiore, è presente un discreto canneto
dove nidificherebbero il cannareccione, la cannaio-
Fiera di Lendinara
la, l’usignolo di fiume e il tarabusino).
Un progetto affine alla riforestazione ha visto invece la posa di alcuni nidi artificiali per uccelli acquatici, abbastanza numerosi soprattutto nel periodo
migratorio, che breve tempo dopo la competente e
minuziosa realizzazione da parte di Corrado Carone
e la posa da parte del dott. Stefano Ferrari con la sua
canoa, ha portato alla presenza, senza però nidificazione, di un esemplare di mignattino (ved. immagine allegata), una visita che ha suscitato una notevole soddisfazione tra i promotori del progetto, anche
perché la suddetta specie non era mai stata osservata
in precedenza. Le zattere nido artificiali, presenti in
tre esemplari, vengono attualmente utilizzate da vari
uccelli acquatici (tra i quali il martin pescatore) che
le utilizzano come base di osservazione dalle quali
lanciarsi in cerca di pesciolini, e sono prese a modello per analoghi progetti di colonizzazione faunistica. È stata inoltre realizzata una pozza per anfibi,
in modo da agevolarne lo sviluppo preservandoli dai
350ª
predatori, mentre un gruppo di pescasportivi di Trecenta e Ceneselli (Associazione Carpisti Polesani)
ha effettuato un monitoraggio accertando la presenza di una decina di specie ittiche, di grandi dimensioni seppur prevalentemente autoctone.
In varie occasioni, soprattutto il 25 aprile di ogni
anno, giornata delle Oasi WWF, i cancelli vengono
aperti e il pubblico accede liberamente, trovando i
volontari che li accompagnano, con binocoli e cannocchiali, a osservare gli animali nel loro ambiente. In queste occasioni vengono anche liberati degli
animali precedentemente curati al Centro Recupero Animali Selvatici di Canaro, clinica veterinaria
diretta dal dott. Luciano Tarricone, convenzionata
con l’Amministrazione provinciale di Rovigo. Tra
le specie liberate vi sono ricci, poiane, civette, gallinelle d’acqua. Quanto pianificato dalla sinergia di
numerose figure che hanno a cuore la salvaguardia
dell’ambiente, è dunque visibile oggi in un luogo
che si avvicina il più possibile a quello che esisteva
fino ad un decennio fa, anche se quello che è andato
distrutto non sarà più riproponibile; ma l’esperienza
proposta, grazie al Progetto Pilota, rimane un modello per attività simili, che vengono studiate da altre associazioni naturalistiche e presentate in tesi di
laurea.
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350ª
Fiera di Lendinara
Vita musicale a Lendinara primi anni 60 - I Fantasmi
Ramis Tenan
C
orreva l’anno 1965. In quel periodo imperversavano le canzoni italiane dei vari Festival di
Sanremo e quelle inglesi dei Beatles, e nei giovani
di allora amanti della musica leggera e con attitudine a suonare qualche strumento musicale pulsava
il desiderio di costituire un gruppo musicale; e sulla
scia di quelli in voga in quegli anni, su iniziativa del
sottoscritto, nel maggio del 1965, nacque il primo
complesso totalmente lendinarese, che in un primo
momento si chiamò I Fredar. Ne facevano parte,
con me alla tastiera, gli amici Carlo Cibotto al basso, Germano Mandruzzato, detto Pua, alla chitarra,
Roberto Prearo detto Fischio alla batteria e Franco
Gasparetto detto El Biso come cantante. Il repertorio della formazione andava dal genere melodico
al rock. Si imparava e si imitava ascoltando i dischi
allora in voga e seguendo le partiture musicali che
ci facevamo mandare dalla case editrici musicali. Si
provava in una saletta del Cinema Teatro Famiglia
(ora Mignon) utilizzando un modestissimo impianto
di amplificazione e un microfono messi a disposizione dall’amico Torquato Tasso. Poche le attrezzature,
poche risorse economiche, ma tanta allegria e tante
soddisfazioni. La presentazione ufficiale al pubblico avvenne il 4 giugno
1965 presso il Cinema Famiglia. In
quella occasione si esibirono anche
il fisarmonicista Franco Mancuso e
la cantante Carla Brombin che riscossero moltissimi applausi. Pochi
giorni dopo, il 10 giugno, i Fredar organizzarono assieme alle Acli di Lendinara la “Prima rassegna di piccoli
cantanti”, che vide la partecipazione
di oltre 50 bambini tra i 6 e i 12 anni.
Il marengo d’oro messo in palio dal
Comune di Lendinara, ad imitazione dello Zecchino d’oro, fu conquistato dalla piccola lendinarese
Alessandra Tomanin di sette anni con la canzone
“Ogni Volta, ogni volta”. L’anno dopo il complesso
prese il nome de I Fantasmi, entrarono e si alternarono nel gruppo altri amici, come Adriano Cibotto e
Paolo Ballarin. Contemporaneamente il complesso
accompagnava i piccoli cantanti che parteciparono
alla seconda e terza edizione del Marengo d’oro. Il
gruppo si esibì anche in diversi teatri e centri polesani, Fratta Polesine, Crespino, Rovigo presentando
alche altri cantanti apprezzati, come il bravo Sergio
Zevio con i brani “Amici miei” e “Granada” e la giovane Carla Brombin con la canzone “Mi sono innamorata”.
Nell’ultimo periodo il complesso fu ospite fisso al
castello di Valbona e cambiò il nome in The wise
men; gli strumenti restavano fissi là per cui non fu
più la possibilità di effettuare prove. Quest’ultimo
periodo, il migliore, durò circa un anno, e poi, per
motivi diversi, lavoro, servizio militare ed altro si
sciolse.
NOTIZIE IN BREVE
Tradizioni scomparse
Tutti alla Rotta a mangiare uova
Fra le tradizioni dei lendinaresi
ormai dimenticate, ricordiamo
quella del giorno delle ceneri.
Fino a metà degli anni 50, nel
mercoledì delle ceneri, che un
tempo spesso era anche vacanza, i
50
giovani si recavano a piedi o in bicicletta fino alla Rotta Sabadina,
sulla sponda nord dall'Adige, e
presso l'osteria del posto andavano a mangiare uova. Non è chiaro il motivo di questa usanza, di
cui non resta più alcuna traccia,
forse era una specie di trasgressione per la quaresima incipiente, o
forse era un'ultima occasione di
fare festa in qualche modo prima
del periodo quaresimale.
Fiera di Lendinara
350ª
Vita musicale a Lendinara anni 60 - The Mister Sound
Ennio Bellucco
D
ue giovani appassionati di musica andavano
spesso ad ascoltare le prove de I Fantasmi: erano
Francesco Marchina e Luigino Rigato, che poi sarebbero stati l’ossatura portante del futuro gruppo The
Mister Sound. Dapprima i due, insieme a Germano
Mandruzzato (detto Pua) e Gianni Paiola, diedero
vita a un complesso che chiamarono The Black Panthers. Abbandonato presto questo nome, a Marchina
(voce e chitarra) e Rigato (voce e basso) si unirono
Bruno Ravazzolo (batteria) e Paolo Ballarin (tastiera), dando origine al nucleo storico del gruppo The
Mister Sound. Attorno a questa formazione base ruotarono nel tempo,
via via, Mario Bertoncello, cantante,
Maurizio Raimondi
alla batteria, Germano Mandruzzato alla chitarra e
Franco Berlin alla
tastiera. Dopo qualche anno Ballarin Foto di Alvise Bassi
e Ravazzolo lasciarono il gruppo e così restarono i
due componenti storici, Marchina e Rigato, a cui si
aggregarono gli altri citati; ci fu anche la collaborazione saltuaria di Massimo Mandruzzato alla chitarra e di Franco Gasparetto come voce. Gli inizi,
come sempre accade, furono difficili, fatti di tanta
buona volontà. A eccezione di Ballarin, che aveva
fatto studi musicali, tutti i membri della band erano
autodidatti. Le prove si tenevano in un capannone
di via XXV aprile, ma poi la sede cambiò spesso, con
strumenti acquistati a rate firmando tante cambiali. Il genere musicale era il rock melodico anni ’60,
canzoni di Gianni Morandi, Equipe 84, Rocks e altri. Ma i The Mister Sound eseguivano anche canzoni
composte di proprio pugno, e tra queste il cavallo di
battaglia era “Amore sincero” di Marchina e Mandruzzato. Gli anni ’67-’70 sono stati il periodo d’oro, in cui i The Mister Sound suonavano tra l’altro a
tutte le feste dell’Unità, dell’Avanti e dell’Amicizia
della zona. La loro musica animava anche le serate al
Sandalo d’Argento,
la sala da ballo di via
Perolari in cui erano
una presenza fissa.
Dopo il 1970 la band
si è presa una pausa di
qualche anno per impegni vari e ha ripreso l’attività con buon
ritmo negli anni ’80.
La band si è esibita
al teatro Ballarin nel
1985, poco prima che il teatro chiudesse i battenti, poi nel 2008, nell’anno successivo alla riapertura
del teatro, tenendo un concerto che ha riscosso un
successo strepitoso. Oggi il gruppo è praticamente
sciolto, ma i due fondatori Rigato e Marchina sono
ancora spesso invitati a esibirsi in feste private, per
far rivivere le atmosfere musicali dei mitici anni ’60
in cui i The Mister Sound hanno lasciato il segno nella scena musicale locale.
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350ª
Fiera di Lendinara
50 anni di pallavolo con la Polisportiva Città di Lendinara
Ennio Bellucco
I
l 2015 è un anno speciale anche per la pallavolo
lendinarese, poiché la Polisportiva Città di Lendinara compie 50 anni. Fu un gruppo di ragazzi che
frequentava la parrocchia di San Biagio a dar vita
nel 1965 a una società sportiva per poter praticare in
particolare lo sport della pallavolo, partecipando in
modo continuativo a tornei e ai campionati ufficiali
della federazione.
Prima di allora il
volley a Lendinara era praticato
solo a scuola e nel
periodo
estivo
nelle parrocchie,
grazie ai seminaristi in vacanza
e alla loro esperienza in collegio. Non è quindi
un caso che tra i
protagonisti della
costituzione della
Polisportiva Città di Lendinara
all’ombra del campanile di San Biagio ci fossero tre
ex seminaristi, Noris (Luciano) Fioravanti detto Fiorin, Osvaldo Cavetti e Franco Marchesin. Assieme a
loro, tra gli altri, c'erano Maurizio Ferracin, Romano
Tognolo, Gianni Bertazzo, Angelo Busollo, Sergio
Manfrinato, Giacomo Mazzali e Graziano Fini che,
sotto la guida del cappellano parrocchiale don Licio
52
Boldrin (divenuto famoso qualche anno dopo come
protagonista della trasmissione televisiva Rischiatutto), si attivarono per la costituzione della società. La Federazione italiana pallavolo non era ancora
presente a Rovigo, e fu necessario andare fino a Trieste per le pratiche necessarie. Due o tre anni dopo si
formò il settore femminile con atlete che in precedenza giocavano
presso l’Istituto Immacolata
come Laura Trevisan, le sorelle
Annalisa e Daniela Zorzan, le
gemelle Marta
e Tosca Malagugini, Renata
Mazzucco, Rosa
Baccaglini, Carla Viaro, Lidia
Santato e altre.
In questo periodo factotum
della società era
Luigi Zorzan, ma in quegli anni iniziali ebbe grande importanza anche la passione e la dedizione del
parroco monsignor Giuseppe Casazza, che a volte
saltava la messa per accompagnare le squadre nelle
trasferte. La società, battezzata come polisportiva,
per alcuni anni diede spazio anche a pallacanestro e
judo; la pratica del primo sport prese poi altre strade
nella realtà locale e l’arte marziale fu abbandonata, mentre il volley restò come sport principe per la
polisportiva, praticato ininterrottamente dalla fondazione. L’attività era resa difficile dalla mancanza
di impianti idonei: nella bella stagione i ragazzi si
allenavano all’aperto, dietro la chiesa, mentre col
cattivo tempo e per gli incontri ufficiali usavano la
palestra della scuola media “Mario”, in cui lo spazio
era a malapena sufficiente. L’ impianto all’aperto fu
ricavato usando la terra rossa scartata dal circolo del
tennis, che all’avvio di ogni stagione sistemava l’unico campo allora esistente, setacciandola e distendendola sul campo con tanta buona volontà fino a
ottenere un risultato dignitoso. Con la società collaborava anche la scuola media, e a prestare il suo
operato come medico c’era Saverio D’Amico, allora
ancora studente di medicina e insegnante di educazione fisica. Nel 1970, cinque anni dopo la fondazione, fu un evento negativo a condurre a una svolta in
Fiera di Lendinara
fatto di impianti: un incendio distrusse il cinemateatro parrocchiale, probabile cornice degli esordi
teatrali di Carlo Bagno, e su accorata richiesta dei
giovani pallavolisti, sostenuti anche da alcuni adulti
come Renzo Ghinato, al suo posto venne costruita
una piccola palestra che consentì alla polisportiva di
350ª
avere a disposizione l’impianto all'aperto e
indoor. Ghinato resterà poi da protagonista nella società fino al 1999, occupando
nel tempo i vari ruoli di presidente, segretario o semplice consigliere, ma sempre
punto di riferimento fondamentale.
Nel frattempo, per un fenomeno che interessa tutta la provincia di Rovigo, anche
a Lendinara la pallavolo maschile è praticamente sparita e oggi si coniuga quasi
solo al femminile. Durante questi 50 anni
la società ha avuto alti e bassi, ma ha comunque sempre svolto un ruolo importante nell'educazione di tanti giovani e tante
giovani. Sotto il profilo agonistico ha raggiunto sotto la presidenza di Angelo Busollo la serie
D sia nel settore maschile che femminile, con atleti
esclusivamente lendinaresi, e in anni recenti l'arrivo
di un importante sponsor ha consentito di approdare
alla serie C.
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Fiera di Lendinara
Fiera di Lendinara
NOTIZIE IN BREVE
350ª
Fuga in acqua
Un tempo era pericoloso “andare
a morose” in certe piccole frazioni. Ecco il racconto di un “cittadino” (che chiameremo Antonio) che ha avuto una brutta
esperienza in questo senso. Siamo
alla fine degli anni ’50 Antonio
viene invitato ad una festa da ballo in una casa privata a Sabbioni.
Ci va, naturalmente col vestito
“da festa”, e balla tutta la sera
con una delle più belle ragazze
del luogo. La faccenda non passa
inosservata e i giovani del posto
non gradiscono; per fortuna la
ragazza a un certo punto si accorge di strani movimenti e quando
la festa finisce ed è il momento di
tornare a casa, avverte: “Attento,
probabilmente ti aspettano sulla
via del ritorno”. Antonio si avvia
guardingo verso casa e, arrivato
in vista della strada arginale, la
via obbligata per il ritorno, vede
che c’è del movimento, sei o sette persone lo stanno aspettando.
È un giovane piuttosto aitante e
pensa: “Se fossero un paio, non
avrei timore, me la caverei, ma
sei o sette sono troppi”. E allora
prende una drastica decisione:
piano piano, senza farsi scorgere
sale sulla strada arginale, la attraversa e scende in acqua, vestito
di tutto punto e con la bicicletta, (per fortuna il livello dell’acqua consentiva di camminare) e
si avvia, sempre in acqua, verso
Lendinara; piano piano, supera
con la massima circospezione il
punto in cui lo stanno aspettando, e finché non è a una distanza
di sicurezza non risale sulla riva,
tutto bagnato fradicio, quasi a
Ramodipalo.
È lecito chiamarsi Denis
Il tribunale di Rovigo presieduto
dal dott. Domenico Raspini, si
è trovato ancora una volta alle
prese con la vecchia legislazione
fascista in materia di stato civile, particolarmente con l'art. 72
che vieta l'imposizione di nomi
stranieri.Al bando era questa
volta il nome Denis. La sentenza
(omissis) è scaturita da un ricorso
presentato da Sante Tomasin da
Lendinara, per la rettificazione
dell'atto di nascita del figlio natogli il 14 maggio scorso, in quanto l'ufficiale di stato civile aveva
rifiutato di imporre al neonato il
nome Denis, ritenuto straniero.
Il p.m. aveva chiesto che il tribunale respingesse il ricorso del Tomasin “rilevando come il nome
Denis sia inglese, in contrasto
appunto con l'art. 72 dell'ordinamento dello stato civile”. Il
tribunale è stato di diverso avviso e ha emesso in proposito una
interessante sentenza, nella quale
si precisa che “per nome straniero non debba intendersi qualsiasi
nome che tragga origine da una
lingua straniera dal momento che
sono tanti i nomi ritenuti italiani
e in effetti non lo sono per origi-
ne e neppure per fonetica. Infatti
– prosegue la sentenza – a giudizio del tribunale non debbono
considerarsi stranieri: i nomi italianizzati; i nomi che non hanno
avuto bisogno di italianizzazione
in quanto il loro è già un suono
'italiano'; i nomi stranieri usati
in Italia e che non hanno avuto
bisogno di italianizzazione perché
il loro suono non è ostico alle
orecchie italiane. Il nome Denis
– conclude la sentenza – appartiene certamente alla terza categoria”.
(La Stampa del 22.7.1964)
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350ª
Fiera di Lendinara
Facciata interna del vecchio ospedale
Umberto I, demolita a metà degli anni '70
Per gentile concessione di Bertilla Targa
La luna gioca a rimpiattino col campanile - Foto di Alvise Bassi
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