Capitolo 2 - Redditi da lavoro dipendente e retribuzioni

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Capitolo 2 - Redditi da lavoro dipendente e retribuzioni
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Redditi da lavoro
dipendente e retribuzioni
2. Redditi da lavoro dipendente
e retribuzioni
2.1 L’EVOLUZIONE RECENTE DELLE RETRIBUZIONI
E DEI REDDITI DA LAVORO DIPENDENTE
A partire dal 2006 si è verificato nella maggior parte delle regioni italiane, e di conseguenza nella media nazionale, un progressivo rallentamento della crescita dei redditi da
lavoro (che, oltre alle retribuzioni, includono anche i contributi sociali versati da imprese
e lavoratori) e delle retribuzioni lorde (che li escludono) per unità di lavoro dipendente1.
Nel 2008 si è arrivati, in Italia, alla crescita zero: le medie nazionali dei redditi da lavoro
dipendente e delle retribuzioni unitarie sono cresciute esattamente allo stesso ritmo della
crescita dei prezzi al consumo. In Emilia-Romagna il rallentamento è cominciato prima
ed è sfociato in una vera e propria caduta dei redditi da lavoro dipendente già nel biennio
2006-2007. I dati sulle retribuzioni regionali, disponibili soltanto sino al 2006, vanno un
po’ meglio: la loro crescita, già nettamente inferiore a quella nazionale negli anni precedenti, quasi si arresta nel 2006, attestandosi su un’infima crescita, dello 0,1%, ma, per lo
meno, non si riduce come i redditi da lavoro dipendente. Il dato 2008 dei redditi e i dati
2007 e 2008 delle retribuzioni non sono ancora disponibili al livello regionale2.
Nella tavola 1 sono riportati i redditi medi per unità di lavoro in Emilia-Romagna
e nelle regioni del Nord-Est nel periodo che va dal 2000 al 2007 e, limitatamente ai soli
dati nazionali, tra il 2000 e il 2008, espressi in euro a prezzi correnti. Nella tavola 2 sono
riportate le variazioni percentuali “reali”, deflazionate con il tasso di crescita dei prezzi al
consumo, dei medesimi redditi da lavoro dipendente unitari.
L’indicazione che emerge con forza da questi dati è che i redditi da lavoro dipendente dell’Emilia-Romagna erano nel 2000 superiori a quelli medi dell’Italia e della
circoscrizione delle regioni del Nord-Est: 29.363 euro contro, rispettivamente, 28.711 e
28.693 euro; il vantaggio retributivo regionale era quindi del 2,3% rispetto sia al dato nazionale sia al dato circoscrizionale. Nel 2007 la situazione si è completamente rovesciata:
i redditi del lavoratore dipendente medio dell’Emilia-Romagna sono ora più bassi di quelli
della circoscrizione Nord-Est e dell’Italia: 34.727 euro contro, rispettivamente 35.094 e
35.131; la differenza è ora dell’1,1% a vantaggio della media nazionale e dell’1% a vantaggio della media circoscrizionale3.
1 Si noti che le elaborazioni sui dati di contabilità nazionale dell’ISTAT che sono svolte in questo paragrafo non fanno riferimento al singolo lavoratore; i lavoratori possono infatti essere impiegati con regimi di orario differenti e, di conseguenza, la
struttura dell’occupazione distinta secondo gli orari di lavoro applicati può variare nel tempo. Per questo motivo tali elaborazioni si riferiscono a retribuzioni e a redditi da lavoro relativi alla singola unità di lavoro. (L’unità di lavoro è una costruzione
statistica che riconduce tutte le posizioni lavorative allo standard di un lavoratore a tempo pieno). In questa prospettiva,
un lavoratore impiegato a tempo pieno corrisponde a una unità di lavoro mentre un lavoratore impiegato a mezzo tempo
corrisponde a mezza unità di lavoro ed un lavoratore che fosse impiegato per un tempo di lavoro pari ad una volta e mezza
il tempo di lavoro standard corrisponderebbe a 1,5 unità di lavoro.
2 I dati regionali sono di solito disponibili con due anni di ritardo rispetto ai dati nazionali per quanto riguarda le retribuzioni
e con un anno di ritardo per i redditi da lavoro dipendente.
3 Ciò equivale a dire che i redditi da lavoro delle altre regioni del Nord-Est sono cresciuti in misura nettamente superiore non solo
rispetto alle retribuzioni medie dell’Emilia-Romagna ma anche rispetto alle medie nazionali.
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Redditi da lavoro dipendente e retribuzioni
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Rimane invece vero, come è stato più volte sottolineato nelle precedenti edizioni di
questo Rapporto, che i dati medi nascondono profonde differenze che emergono quando
si disaggregano i dati relativi ai tre macrosettori. Nell’industria i lavoratori della regione
continuano a godere di redditi di lavoro nettamente superiori a quelli medi nazionali: il
reddito medio del lavoratore dipendente dell’industria dell’Emilia-Romagna nel 2007 è
stato pari a 36.821 euro annui, contro i 34.787 della media nazionale (+5,8%) e i 35.604
euro della media circoscrizionale (+3,4%). Nel 2000 il vantaggio del reddito da lavoro dipendente medio industriale dell’Emilia-Romagna sulle medie nazionale e circoscrizionale
era stato solo lievemente superiore: 6,8% e 5,0%, rispettivamente.
Per converso, i redditi ottenuti dai lavoratori dipendenti dell’Emilia-Romagna nei
servizi sono risultati nettamente inferiori alla media nazionale sia all’inizio sia alla fine
del periodo considerato; inoltre, il gap va crescendo in misura non irrilevante: era pari
all’1% nel 2000 e ha raggiunto il 5,6% nel 2007 (anno in cui il lavoratore medio del
settore servizi dell’Emilia-Romagna ha ottenuto 33.968 euro all’anno, contro i 35.094
del lavoratore medio nazionale). Il reddito da lavoro dipendente medio regionale perde
nettamente terreno anche rispetto alla media del Nord-Est: nel 2000 le due retribuzioni
medie erano quasi uguali (anzi, quella dell’Emilia-Romagna era lievemente più elevata di
quella del Nord-Est), mentre nel 2007 le retribuzioni medie del Nord-Est (35.256 euro
all’anno) sopravanzano quelle dell’Emilia-Romagna del 3,8%. In breve, mentre i redditi medi annui dell’industria dell’Emilia-Romagna superano di circa 2.000 euro i redditi
annui del lavoratore medio italiano, nel settore dei servizi sono i lavoratori nazionali ad
ottenere retribuzioni più elevate (mediamente di circa 1.200 euro all’anno) rispetto ai
lavoratori dell’Emilia-Romagna.
Per completezza, va rilevato che i redditi ottenuti dai lavoratori agricoli dell’EmiliaRomagna (21.096 euro all’anno nel 2007) sono nettamente più elevati di quelli del NordEst (19.825 euro) e, in misura ancora più rilevante, di quelli medi nazionali (18.854 euro)
e che questi gap si sono accresciuti tra il 2000 e il 2007.
La tavola 2 riporta le variazioni percentuali annue dei redditi da lavoro dipendente
per unità di lavoro in termini reali (depurati degli effetti dell’inflazione) tra il 2000 e il
2008. È utile considerare i dati indicati in questa tavola insieme a quelli delle retribuzioni
unitarie, riportati in termini nominali, a prezzi correnti, nella tavola 3 e sotto forma di variazioni in termini reali nella tavola 4. La differenza tra i redditi da lavoro e le retribuzioni è,
come si è già detto, pari ai contributi sociali versati dalle imprese al sistema previdenziale.
Poiché in alcuni degli anni considerati sono state attuate politiche di riduzione degli oneri
contributivi aventi l’obiettivo di fornire ai lavoratori dipendenti aumenti salariali superiori
alla crescita del costo del lavoro sostenuto dalle imprese, considerarli congiuntamente
consente di valutare gli effetti che la dinamica dei redditi da lavoro dipendente e degli
oneri contributivi ha esercitato, da un lato sul monte salari pagato dalle imprese e dall’altro lato sul potere di acquisto percepito dai lavoratori dipendenti.
Una prima osservazione che emerge dal confronto tra l’evoluzione dei redditi da lavoro dipendente e quella delle retribuzioni è costituita dalla divaricazione tra l’andamento
delle due serie provocata dalle politiche di riduzione del cuneo fiscale (attuata riducendo
gli oneri sociali) svolte soprattutto tra il 1997 e il 2001 e riavviate nel 2006. Tali politiche,
che mirano a favorire l’aumento delle retribuzioni senza appesantire i conti aziendali, furono perseguite con decisione nell’ambito delle politiche di aumento della flessibilità del
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mercato del lavoro4 (soprattutto attraverso il cosiddetto “pacchetto Treu”, introdotto con
la legge 196/1997). Grazie alla riduzione dei contributi sociali fu possibile tra il 1997 e il
2001 contenere la crescita del costo del lavoro, pur in un periodo di inflazione lievemente
crescente, senza che ciò producesse, come era accaduto in precedenza - tra il 1992 e il
1995 - un‘ulteriore caduta del potere d’acquisto delle retribuzioni. In effetti, tra il 1997 e
il 2001 il costo del lavoro crebbe a ritmi piuttosto blandi, permettendo così di non deteriorare la competitività di prezzo delle imprese italiane e regionali sui mercati esteri, mentre
le retribuzioni dei lavoratori crescevano a ritmi ben più elevati. Prendendo a riferimento i
sei anni che vanno dal 1995 al 2001 la crescita percentuale annua dei redditi da lavoro
unitari pagati dalle imprese è stata pari allo 0,3% nella media nazionale e allo 0,2% per
quanto riguarda la media regionale laddove, nello stesso periodo, la crescita annua delle
retribuzioni è stata dell’1,1% a livello nazionale e dello 0,8% a livello regionale. Dopo un
rallentamento, nel biennio 2001-2003, nei due anni successivi tanto i redditi da lavoro
dipendenti quanto le retribuzioni medie nazionali hanno ripreso a crescere a ritmi consistenti, pari, rispettivamente, all’1,2% in termini reali nel 2004 e all’1,5% nel 2005. In
Emilia-Romagna, al contrario, dopo una crescita dell’1,4% nel 2004 le retribuzioni medie
espresse in termini reali sono aumentate di appena lo 0,7% nel 2005.
Come è già stato sottolineato, le cose sono cambiate in peggio a partire dal 2006,
soprattutto nel mercato del lavoro dell’Emilia-Romagna. Il rallentamento dei ritmi di crescita della produttività, purtroppo in atto già da alcuni anni, ha sortito l’effetto di rallentare
la dinamica dei redditi da lavoro pagati dalle imprese (cresciuti soltanto dello 0,6% al
livello nazionale e addirittura diminuiti dello 0,8% in regione); una ulteriore fiscalizzazione degli oneri sociali è riuscita a mantenere il tasso di crescita delle retribuzioni medie
nazionali all’1,1% ma, al livello regionale non è riuscita altro che a compensare la caduta
dei redditi pagati delle imprese e le retribuzioni sono aumentate soltanto dello 0,1%. Per
il 2007 si hanno a disposizione soltanto i dati regionali dei redditi complessivi e non quelli
delle retribuzioni percepite dai lavoratori ma sono continuate sia la tendenza alla riduzione del ritmo di crescita dei primi (i redditi da lavoro dipendente sono infatti aumentati
al livello nazionale soltanto dello 0,4%) sia la tendenza alla caduta dei redditi da lavoro
dipendente in regione (-0,7%).
Nel 2008, infine, i dati nazionali, che sono gli unici dei quali si possa disporre, indicano un assoluto ristagno tanto dei redditi da lavoro dipendente quanto delle retribuzioni.
Nel complesso, nel periodo 2000-2007 i redditi da lavoro dipendente unitari sono
cresciuti in regione al quasi insignificante ritmo dello 0,1% medio annuo a fronte di una
crescita media nazionale dello 0,7% medio annuo. Il tasso di crescita delle retribuzioni
regionali (calcolabile soltanto per il periodo 2000-2006) è stato pari alla metà del tasso di
crescita medio nazionale: 0,4% contro 0,8%.
4 In questo caso si trattava di “flessibilità salariale”, attraverso la quale si cercava di correggere l’accrescimento del divario
tra costo del lavoro sostenuto dalle imprese e retribuzioni nette percepite dai lavoratori. Va ricordato che in precedenza
l’aumento di tale divario (tecnicamente definito “cuneo fiscale”) aveva sistematicamente aggravato, a partire dalla fine
degli anni settanta, i conflitti distributivi tra imprese e lavoratori.
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Redditi da lavoro dipendente e retribuzioni
2.2 DIMENSIONI E DINAMICA DELLE RETRIBUZIONI
NELLE PROVINCE DELL’EMILIA-ROMAGNA
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Da alcuni anni i dati retributivi provenienti dalle dichiarazioni dei redditi presentate ogni anno dai lavoratori dipendenti agli uffici delle imposte attraverso il modello
CUD e i dati sulle retribuzioni sottoposte al pagamento dei contributi sociali presentati
dalle imprese all’INPS sono raccolti e vengono resi disponibili sul sito dell’INPS. L’INPS
raccoglie questi dati in due osservatori: il primo – denominato “osservatorio sui lavoratori dipendenti” – è costruito a partire dalle dichiarazioni fiscali dei lavoratori dipendenti
e permette di disaggregare i dati secondo le caratteristiche personali dei lavoratori (genere, tempo di lavoro, qualificazione professionale, età e tipo di contratto). Il secondo
– denominato “osservatorio sulle imprese” – permette di disaggregare le retribuzioni
secondo le caratteristiche delle aziende (settore merceologico nel quale operano e dimensioni di impresa). Queste banche dati coprono una porzione molto ampia dell’intero universo dei lavoratori dipendenti italiani, in quanto prendono in considerazione
le dichiarazioni fiscali di oltre 12 milioni di lavoratori, con l’eccezione di quelli che
lavorano nell’agricoltura, nel settore pubblico dell’economia e, ovviamente, di quelli che
fanno parte dell’economia “sommersa”. Provenendo da differenti rilevazioni, i dati dei
due osservatori non possono essere confrontati né tra loro né con i dati ISTAT illustrati
nel paragrafo precedente. Essi presentano, tuttavia, due caratteristiche estremamente
rilevanti: (a) un livello di copertura amplissimo dell’universo statistico di riferimento
(soprattutto il primo); (b) la possibilità di disaggregare i dati salariali in maniera molto
dettagliata, in particolare secondo la provincia di residenza, informazione che non è
disponibile in nessun’altra fonte statistica.
Nelle precedenti edizioni di questo Rapporto sono state elaborate, utilizzando i
dati del primo dei due osservatori descritti, informazioni sui differenziali retributivi - provinciali, regionali e nazionali, riferiti sia alle retribuzioni annuali sia alle retribuzioni orarie
- disaggregati secondo il genere, il tempo di lavoro, la qualificazione professionale e il
tipo di contratto svolto dai lavoratori nel periodo 1997-2004. L’osservatorio sui lavoratori
dipendenti in questi primi mesi dell’anno non è stato ancora aggiornato; le elaborazioni che potrebbero esserne tratte sono analoghe a quelle già presentate e discusse nei
Rapporti precedenti. Ci si è quindi rivolti all’analisi dell’osservatorio sulle imprese, che è
stato aggiornato con i dati del 2005, per confrontare i dati retributivi provinciali, regionali
e nazionali e per approfondire l’analisi dei differenziali retributivi secondo il settore produttivo dell’impresa nella quale i lavoratori sono impiegati5 nel periodo per il quale i dati
sono disponibili: 2001-2005. Si tratta, come è evidente, di dati vecchi, inadatti a qualsiasi
analisi congiunturale ma che possono fornire utili indicazioni sulla struttura delle differenze retributive, fenomeno che si modifica assai lentamente nel tempo e per il quale
le caratteristiche del passato tendono a permanere anche a lungo. Nelle tavole da 5 a
7 sono state sintetizzate le principali informazioni sui differenziali salariali calcolati sulla
base di questi dati nel quinquennio 2001-2005.
Nella tavola 5 sono riportate le retribuzioni medie annuali (in euro al valore cor5 Va sottolineato che l’osservatorio sulle imprese presenta un grado di copertura dell’universo statistico inferiore a quello dell’osservatorio sui lavoratori dipendenti, in quanto, oltre ai dipendenti pubblici e ai dipendenti agricoli non include
nell’analisi i lavoratori impiegati in imprese artigiane.
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rente) registrate nelle singole province e nell’intera regione nel 2001 e nel 2005, nonché
gli omologhi dati medi nazionali. Tali medie sono state ottenute dividendo il totale delle
retribuzioni lorde pagate nell’anno dalle imprese per il numero medio di lavoratori in attività nell’anno. Sono riportati, oltre ai valori medi complessivi anche la disaggregazione
tra le medie degli operai e quelle degli impiegati. Sono anche indicati, con i medesimi
livelli di disaggregazione, i numeri indice delle retribuzioni (costruiti ponendo uguale a
100 il valore medio nazionale) e la variazione percentuale annua delle retribuzioni “reali”
(calcolate deflazionando i dati retributivi con la variazione dei prezzi al consumo) che si è
verificata nel quadriennio 2001-20056.
Nel complesso, i livelli medi delle retribuzioni regionali si situano, nel 2005, su livelli lievemente inferiori rispetto alle medie nazionali: 24.138 euro contro 24.2977. Per questo aggregato di lavoratori la variazione percentuale media nel periodo considerato è risultata più elevata
in Emilia-Romagna di quanto sia stata in Italia: 2,9% (corrispondente allo 0,7% medio annuo)
in regione contro 1,8% (corrispondente allo 0,45% medio annuo) nell’intero Paese. Questo
risultato potrebbe sembrare in contrasto con l’indicazione emersa dai dati ISTAT esaminati nel
precedente paragrafo che la crescita dei redditi da lavoro dipendente medi in Emilia-Romagna
è stata inferiore rispetto alla media nazionale. Va però sottolineato che le analisi svolte nel precedente paragrafo differiscono da quelle qui presentate riguardo ad almeno due aspetti: (a) gli
anni considerati sono differenti: la banca dati dell’INPS non include i valori degli anni 2006 e
2007 che, come si è detto nel paragrafo 2.1, sono stati quelli nei quali la dinamica retributiva
regionale è risultata decisamente più contenuta della dinamica nazionale; (b) da questa banca
dati sono esclusi i dipendenti pubblici, le cui retribuzioni sono cresciute al livello nazionale in
misura superiore al livello regionale, e i dipendenti delle imprese artigiane, che solitamente percepiscono retribuzioni inferiori alla media e che costituiscono in Emilia-Romagna un aggregato
di dimensioni percentualmente più elevate di quelle medie nazionali.
Da queste elaborazioni risulta confermata una caratteristica peculiare della struttura delle retribuzioni che differenzia la Regione Emilia-Romagna rispetto alla media
nazionale: le retribuzioni degli operai sono mediamente superiori alle retribuzioni operaie medie nazionali (nel 2005 del 2,2%) mentre le retribuzioni medie degli impiegati
dell’Emilia-Romagna si situano al di sotto della media nazionale (nel 2005 del 2,4%).
A livello provinciale le differenze retributive tra le 9 province dell’Emilia-Romagna sono
tutt’altro che indifferenti: tra la retribuzione media più elevata (quella della provincia di Parma,
superiore alla media nazionale del 5,1%) e la retribuzione media più bassa (quella della provincia di Forlì-Cesena, pari soltanto al 90% della media nazionale) la differenza percentuale
è pari al 16,7%. Si situano al di sopra della media nazionale, oltre a Parma, soltanto le retribuzioni delle province di Modena e di Bologna. Le retribuzioni medie più basse si registrano,
oltre che nella provincia di Forlì-Cesena, in quelle di Ferrara, Rimini, Ravenna e, in misura minore, Piacenza. Reggio-Emilia è l’unica provincia le cui retribuzioni medie sono quasi uguali
alla media nazionale (anche se il risultato aggregato proviene dall’aggregazione di retribuzioni
operaie superiori alla media nazionale e di retribuzioni impiegatizie ad essa inferiori).
Passando ad esaminare le variazioni retributive che si sono verificate nel periodo,
6 Trattandosi di valori sufficientemente piccoli, è facile calcolare la variazione media annua semplicemente dividendo la
variazione quadriennale per quattro.
7 La retribuzione del lavoratore medio dell’Emilia-Romagna è quindi inferiore dello 0,7% rispetto alla media nazionale.
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i tassi di crescita maggiori si riscontrano nelle due province a più bassi livelli retributivi:
Ravenna (dove tra il 2001 e il 2005 le retribuzioni, espresse in termini “reali” (al netto
dell’aumento dei prezzi) sono aumentate del 3,6%, pari allo 0,9% medio annuo) e Forlì
(3,3%, pari allo 0,8%); subito dopo si colloca la provincia di Modena, dove le retribuzioni
medie reali sono aumentate del 3,2% in quattro anni, cioè dello 0,8% medio annuo.
Soltanto nella provincia di Reggio Emilia si sono avuti nel quadriennio aumenti salariali
minori della media nazionale (1,5% in quattro anni, corrispondente allo 0,4% medio annuo). Le altre province nelle quali l’aumento delle retribuzioni è stato inferiore alla media
regionale sono state Parma (dove la crescita retributiva è stata esattamente in linea con
l’aumento medio nazionale: 1,8% in quattro anni) e Ferrara (che ha superato la dinamica
nazionale di pochissimo, facendo segnare un aumento del 2,1% in quattro anni).
2.3 I DIFFERENZIALI PRODUTTIVI PER SETTORE
E PER DIMENSIONE DI IMPRESA
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Le ultime due elaborazioni che presentiamo, tratte dai dati dell’”osservatorio sulle
imprese” dell’INPS, ci permettono di esaminare i differenziali secondo il settore produttivo e secondo le dimensioni di impresa dell‘Emilia-Romagna e di porli a confronto con gli
analoghi differenziali che si verificano al livello nazionale.
Nella tavola 6 sono riportate le retribuzioni medie annuali (in euro al valore corrente) registrate nei nove settori produttivi della classificazione Ateco a 1 cifra nel 2001
e nel 2005 in Emilia-Romagna e in Italia. La struttura della tavola è assai simile a quella
della precedente. Anche in questo caso le medie sono state ottenute dividendo il totale
delle retribuzioni lorde pagate nell’anno dalle imprese per il numero medio di lavoratori
in attività nell’anno e sono riportati sia i valori medi complessivi sia i valori disaggregati
delle medie degli operai e degli impiegati. Sono anche riportati, con i medesimi livelli di
disaggregazione, i numeri indice delle retribuzioni (costruiti ponendo uguale a 100 il valore medio nazionale) e la variazione percentuale annua delle retribuzioni “reali” (calcolate
deflazionando i dati retributivi con la variazione dei prezzi al consumo) che si è verificata
nel quadriennio 2001-2005.
Una prima indicazione che emerge da queste elaborazioni è che le retribuzioni
medie dell’Emilia-Romagna sono più elevate di quelle nazionali nelle attività industriali
(settori 2-5) - in particolare tra gli operai - e meno elevate delle medie nazionali nella
produzione di “Energia, gas e acqua” e in tre dei quattro settori tra i quali sono ripartite
le attività terziarie. Fa eccezione a questa netta dicotomia il settore del “Commercio,
pubblici esercizi e alberghi, riparazione di beni di consumo e di veicoli”, nel quale la
retribuzione media regionale è quasi uguale rispetto alla media nazionale (la supera,
infatti, soltanto dello 0,4%). Questa indicazione emergeva già dai dati sulla contabilità
nazionale dell’ISTAT esaminati nel paragrafo 2.1. Qui la si approfondisce ad un livello di disaggregazione più ampio. I settori nei quali le retribuzioni del lavoratore medio
dell’Emilia-Romagna eccedono la media nazionale in misura maggiore sono quelli delle
“Costruzioni” (dove il rapporto tra retribuzioni regionali e retribuzioni nazionali tocca il
106,8% per il lavoratore medio e il 108,5% tra gli impiegati) le “Industrie manifatturiere
non metalmeccaniche” (105,2) e le “Industrie metalmeccaniche” (103,4% ma con una
punta del 105,3% tra gli operai); nelle “Industrie estrattive e chimiche” la media retribu-
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tiva regionale è superiore alla media nazionale di appena l’1,9% ma questo risultato è il
risultato di una media delle retribuzioni operaie che eccede quella nazionale del 7,4% e
di una media delle retribuzioni impiegatizie inferiore, sia pure di poco, 0,8%, alla media
nazionale. Rimangono ben al di sotto della media nazionale le retribuzioni dei lavoratori
dell’Emilia-Romagna occupati nell’energia, gas e acqua (dove il rapporto tra retribuzione
media regionale e retribuzione media nazionale è di appena l’84,3%) nei “Trasporti e
comunicazioni” (86,6%) nei “Servizi pubblici e privati” (87,7%) e, in misura minore, nel
“Credito e assicurazione, servizi prestati alle imprese, noleggio” (92,8%).
Una seconda indicazione fornita da questi dati è che i settori nei quali le retribuzioni crescono in misura maggiore sono, tanto in Italia quanto in Emilia-Romagna, quelli
dell’industria. In Emilia-Romagna i tassi di crescita sono più elevati delle medie nazionali
e toccano il 4,7% nel quadriennio (pari all’1,2% annuo) nelle industrie estrattive e chimiche (contro il 3,5% medio nazionale) il 4,7% (percentuale di crescita uguale a quella
fatta registrare dalla media nazionale) nelle industrie alimentari, il 4,2% (pari all’1,05%
annuo) nelle costruzioni e il 4,0% (1,0%) nelle industrie metalmeccaniche. Sono addirittura diminuite (anche se solo dello 0,1%) le retribuzioni reali dei lavoratori occupati
negli altri servizi. Sono, infine, aumentate in misura molto ridotta, anche se superiore alle
medie nazionali, le retribuzioni dei lavoratori dei trasporti e di quelli del credito, servizi
alle imprese e noleggio: in entrambi i casi l’aumento quadriennale è stato dello 0,6%, pari
allo 0,15% medio annuo.
Nella tavola 7, infine, viene esaminata la struttura dei differenziali retributivi per dimensione di impresa in Emilia-Romagna e in Italia nel 2005 e sono calcolati i rapporti tra
le retribuzioni medie dei lavoratori dell’Emilia-Romagna e le retribuzioni medie nazionali
per ognuna delle nove classi dimensionali individuate. Tali medie sono calcolate separatamente per gli operai, gli impiegati e l’insieme dei lavoratori.
Le indicazioni che si possono trarre da queste elaborazioni sono due: (a) le differenze tra le retribuzioni delle imprese di differenti dimensioni sono molto minori in
Emilia-Romagna di quanto siano nella media nazionale; (b) in Emilia-Romagna le retribuzioni più elevate si riscontrano tra i lavoratori che sono occupati in imprese di medie
dimensioni (tra i 200 e i 499 addetti) laddove al livello nazionale le retribuzioni più elevate
si registrano nelle imprese di maggiori dimensioni (al di sopra dei 1.000 addetti).
Il “campo di variazione” (differenza percentuale tra il valore massimo e il valore
minimo delle retribuzioni medie delle varie classi dimensionali) è più elevato nella media
nazionale che nella regione Emilia-Romagna sia tra gli operai sia tra gli impiegati sia
con riferimento all’insieme dei lavoratori. Con riferimento a questi ultimi, le retribuzioni
mediamente più elevate si riscontrano nella classe dimensionale “200-499”, dove sono
pari al 110% della media totale, mentre quelle più basse si riscontrano nelle imprese con
un numero di addetti compreso tra 1 e 5, dove sono pari all’84% della media totale. Le
medie nazionali presentano invece un valore massimo più elevato di quelle regionali, pari
al 125,8% della media totale (nelle imprese con più di 999 addetti) e un valore minimo
più basso di quello regionale, 80,4% nelle imprese con numero di addetti inferiore a 6.
Va, infine, sottolineato che i rapporti tra le retribuzioni medie regionali e le retribuzioni medie nazionali sono superiori al 100% nelle classi dimensionali più piccole - sia tra
gli operai sia tra gli impiegati sia, ovviamente, per l’insieme dei lavoratori – e inferiori al
100% nelle classi di dimensioni più elevate. Per l’insieme dei lavoratori il maggior divario
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a favore dei lavoratori della regione si riscontra nelle imprese con addetti compresi tra 20
e 49 unità (in questa classe dimensionale la retribuzione del lavoratore medio dell’EmiliaRomagna supera del 15,3% la retribuzione del lavoratore medio italiano) mentre la maggiore differenza a sfavore dei lavoratori della regione si registra nella classe dimensionale
di 1.000 addetti ed oltre, dove i lavoratori dell’Emilia-Romagna sono pagati mediamente
l’85,8% di quanto sono pagati in media i lavoratori italiani.
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