Politica di prodotto nel settore moda
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Politica di prodotto nel settore moda
LA POLITICA DEL PRODOTTO I TEMI ANALIZZATI 1) LA POLITICA INTERNAZIONALE DI PRODOTTO – Strategie di prodotto e processo di innovazione – Il prodotto e “l’effetto prisma” 2) LA GESTIONE DELL’EFFETTO “MADE IN” E L’ALTERNATIVA TRA STANDARDIZZAZIONE E ADATTAMENTO – La gestione dell’effetto “Made in” – L’alternativa tra standardizzazione e adattamento del prodotto 3) LA POLITICA DI MARCA 4) POLITICHE DI PRODOTTO E GESTIONE DELLA GAMMA TRA LOCALE E GLOBALE: RIFLESSIONI SUL SETTORE MODA E SUL RUOLO DEL MADE IN ITALY – Il ruolo del “Made in” nel settore moda – Come coniugare un “prodotto globale” con un sistema di produzione locale: l’esperienza del Gruppo Gucci Locale vs. globale: un dibattito ancora aperto 1. The competitive advantage of the Nation (Porter, 1990): “Competitive advantage is created and sustained through a highly localized process. Differences in national economic structures, values, cultures, institutions and histories contribute profoundly to competitive success. The role of the home nation seems to be as strong as or stronger than ever. While globalization of competition might appear to make the nation less important, instead it seems to make it more so”. 2. I vantaggi di liberarsi della geografia (Doz-SantosWilliamson 2004, p.56): “Liberarsi della geografia per sfruttare il mondo della conoscenza riuscendo a differenziarsi dai concorrenti è un passo iniziale importante per la costruzione di un nuovo livello di vantaggio competitivo. Ma è solo un primo passo. In ultima istanza, ciò che ha importanza è il modo in cui viene usata questa conoscenza: come effettivamente è applicata per favorire l’innovazione che può essere sfruttata in tutti i mercati mondiali. E’ questa la sfida metanazionale”. 4) POLITICHE DI PRODOTTO E GESTIONE DELLA GAMMA TRA LOCALE E GLOBALE: IL CASO DELLA MODA “MADE IN ITALY” 1. 2. Alcune considerazioni inerenti il ruolo del “Made in” nel settore moda Come coniugare un “prodotto globale” con un sistema di produzione locale: l’esperienza del Gruppo Gucci 3.1) Il ruolo del “Made in” nel settore moda (Corbellini-Saviolo 2004) • Cosa significa “Made in” nel settore moda? • Quali valori evoca? • Qual è il reale significato delle espressioni “Made in USA”, “Made in France” e “Made in Italy”? • Quanto è importante la denominazione di origine e quanto sono rilevanti gli immaginari ad essa associati? ⇓ La nazione vista come esperienza di vita (eredità di simboli, valori, tradizioni) Dietro gli stereotipi: il significato di moda Made in France, Made in USA, Made in Italy Made in USA Made in FRANCE Made in ITALY Valori sociali (riguardano la società) Melting pot Desiderio di realizzarsi Democrazia Tradizione Vistoso Lusso Passione Artigianalità Funzionalità Identità stilistica (riguardano il prodotto moda) Casual Pratico Leggero Prezioso Dettaglio Stravagante Design Eleganza Linearità Identità d’immagine (riguardano la comunicazione moda) Fresco Accessibile Semplice Provocazione Sofisticato Arrogante Bellezza Sensualità Romanticismo Alcuni caratteri della moda su scala nazionale: Made in USA • Produzione di massa portata avanti su scala internazionale • Distribuzione di massa (department e specialty stores) • Work wear (jeans) e Casual wear (moda comfort oriented) • Street wear and sportswear (Nike) • Enfasi su buon rapporto qualità-prezzo • Il luogo di fabbricazione è meno importante dell’immagine del marchio: da “l’origine del prodotto” a “l’origine di marchio” (Gap, Tommy Hilfinger, Calvin Klein, Ralph Lauren, Marlboro) Made in France • La haute couture: tradizione; relazione tra arte e moda; il ruolo del governo; glamour ed eccentricità • Dagli stilisti storici ai gruppi del lusso internazionali diversificati (LVMH, PPR) • L’importanza della comunicazione e della distribuzione, perdita di una forte produzione nazionale IL VANTAGGIO COMPETITIVO DELLA MODA ITALIANA • L’importanza di distretti industriali di PMI: un sistema nazionale di produzione che permette di controllare differenti stadi della filiera di produzione • Creatività unita alla funzionalità (prét a porter) • Alta qualità in sistemi di produzione su piccoli lotti (artigianalità) • Flessibilità (divisione del lavoro e specializzazione) • Innovazioni trainate dalla domanda (clientela italiana molto selettiva ed esigente) ⇓ L’emergere di un nuovo scenario per la moda italiana: – Cambiamenti e nuovi fattori che incidono sulla competitività della moda “Made in Italy” – Difficoltà nelle capacità esportative dell’industria moda Il vantaggio competitivo di una nazione (Porter 1990) Caso Strategia, struttura e rivalità delle imprese Condizioni della domanda Condizioni dei fattori Settori correlati e di supporto Governo Il “diamante italiano”: vecchio e nuovo scenario Fattori del diamante naz.le Strategia, struttura e rivalità delle imprese Il vecchio scenario (’80-’90) PMI autonome Innovazione “diffusa” Network locali Artigianato (produzione) Edonismo Condizioni della domanda Fashion victims (passività) Le nuove sfide Grandi global player Nuovi concorrenti (imitazione) Delocalizzazione Marchio e distribuzione Alta domanda in pochi paesi Nuove abitudini di consumo No logo; meno fedeltà al brand Globalizzazione della domanda Industrie collegate e di supporto Meccanica Infrastrutture “Hard” Piccolo dettaglio Servizi specializzati Infrastrutture “Soft” Grande distribuzione Condizione dei fattori Svalutazioni competitive Mercati del lavoro locali Imprese familiari Introduzione dell’Euro Gap cognitivo Successioni familiari Come coniugare un prodotto globale con un sistema di produzione locale: l’emergere di imprese leader (Bacci 2004) L’impatto della globalizzazione sulle imprese di moda italiane: alcune caratteristiche delle medie-grandi imprese global player (come Gucci, Prada, Ferragamo) ⇓ • • • • Nuovi modelli di corporate governance: il ruolo della finanza internazionale; nascita di grandi gruppi del lusso; Nuove strategie: imprese multi-business (strategie di brand extension in settori correlati come cosmetici, occhiali, scarpe, orologi, etc.); gruppi multi-brand; Nuove formule organizzative: decentralizzazione della produzione; piattaforme produttive nazionali; reti cognitive transnazionali Nuove fonti di vantaggio competitivo: avere una produzione artigiana ma organizzata secondo un schema industriale; il ruolo del marchio; l’importanza della comunicazione; ricerca del diretto controllo dei canali di distribuzione (flagship stores; negozi monomarca; reti di franchising) Il caso Gucci: breve storia dell’impresa 1921 Fondata a Firenze da Guccio Gucci, figlio di un artigiano pelletterie con una marcata cultura cosmopolita. Era un piccolo laboratorio di valige e “selleria” dove erano venduti articoli esclusivi in pelle realizzati dai migliori artigiani della zona. 1938 In pochi anni, il piccolo negozio fiorentino cresce e attrae un’ampia clientela straniera. Una filiale viene aperta a Roma 19471952 Creazione della “borsa con il manico di bambù", che più tardi diventerà il prodotto icona dell’azienda. Introduzione dei figli degli imprenditoria nell’azienda (seconda generazione dell’impresa familiare) 19531969 Morte del fondatore. I due figli acquisiscono il controllo dell’impresa. L’azienda cresce e si assiste a un’internazionalizzazione commerciale (apertura di negozi a Londra, Parigi, New York, Palm Beach, Hong Kong). Forti legami con le attrici di Hollywood (Grace Kelly) e altri importanti testimonials (la borsa “Jackie O”) 19821993 Nel 1982 Gucci diventa una s.p.a.: la terza generazione acquista il controllo dell’impresa; prime difficoltà nelle strategie di sviluppo (standardizzazione). Nel 1989 l’Anglo-Araba Investorcorp acquista il 50% delle azioni. Nel 1993 tutte le azioni sono acquisite da Investorcorp Inizia una strategia di turnaround guidata da Domenico De Sole (CEO Gucci Group) e da Tom Ford (manager dello stile): riposizionamento del brand nel mercato del lusso; focalizzazione nel business della pelletteria, accessori e abbigliamento 19941995 Nel 1995 Gucci Group viene quotata alla borsa di New York e Amsterdam. Vengono emesse nuove azioni nel 1996. Decentramento della produzione nel sistema locale (Toscana): attività interne specializzate nel design, marketing and logistica. Alti investimenti in comunicazione. Diretto controllo della distribuzione e nuove aperture (174 negozi mono-marchio alla fine dell’anno 2002). 1999 Lancio di una alleanza "strategica" con il gruppo francese Pinault-PrintempRedoute (PPR). All’inizio il gruppo PPR deteneva il 68% del capitale del gruppo Gucci 2000- Strategia di crescita (brand extension e acquisizioni su scala internazionale). 2003 Attualmente il gruppo Gucci ha interessi in 3 principali aree di affari suddivise nelle seguenti aziende e marchi: Fashion: Gucci (100% delle azioni, anche orologi 100%); Yves Saint Laurent (100%, anche profumi 100% e orologi 100%); Sergio Rossi (70%); Bottega Veneta (78.5%); Alexander McQueen (51%, anche profumi 100%); Stella McCartney (50%, anche profumi 100%); Balenciaga (91%) Profumi: Roger & Gallet; Boucheron (anche gioielleria e orologi); Ermenegildo Zegna; Oscar del la Renta; Van Cleef & Arpels; Fendi Orologi: Bedat & Co (85%) Dalla strategia di turnaround di metà degli anni ‘90 Gucci ha continuato a creare occupazione (4.000 addetti) e profitti. Il marchio Gucci è considerato uno dei marchi più frequentemente noti (nel 2003 n.53 nella classifica mondiale Interbrand). L’azienda è stata indicata "European Company of the Year 1998" dalla Federazione Europea della Stampa per le sue performance economiche e finanziarie, visione strategica e qualità del management 2004 PPR acquista il controllo totale di Gucci: un nuovo CEO e 4 nuovi giovani stilisti nominati al posto di Tom Ford Nuova alleanza con sindacati e dettaglianti per raggiungere la Social L’impatto delle imprese leader sui sistemi locali di PMI (la rete) • Crescita del network locale (tabella 1): piccole e qualificati laboratori artigiani specializzati nella fornitura di prodotti di alta qualità; le PMI specializzate nei mercati di massa nelle fasce medio-basse si riducono drasticamente • Spinta selezione dei fornitori locali: acquisizioni of fornitori “critici” (tabella 2) e apertura di relazioni esterne al sistema locale • Differenziazione dei fornitori e della rete locale (v. figura): nel caso di Gucci si ritrovano 9 fornitori partner (co-progettazione del prodotto); 13 fornitori “integrati”; 30 fornitori semplici (relazioni di marcato) • Strategie non meramente “predatorie”: in alcuni casi la relazione implica un trasferimento di conoscenze soprattutto nel caso di fornitori partner (tabella 3). • Indebolimento dell’autonomia delle PMI: gerarchizzazione della rete locale (minori conoscenze mercatistiche, inferiore ruolo progettuale) (tabella 4). Le reti di relazioni fra PMI e fra PMI e leader Figura 1:Struttura delle reti IRPET Istituto Regionale Programmazione Economica Toscana Tabella 1: Variazioni del numero di addetti nelle unità locali nel periodo 1991-2001 (in %) (Fonte: elab. Irpet su dati Istat) Industries Textile - Clothing textile clothing Leather and shoes leather shoes Other industries gold Fashion Industry TOTAL Tuscany Italy Prov. Arezzo -21,8 -26,1 -40,3 -17,3 -23,4 -34,8 -29,1 -28,8 -42,4 -2,1 -15,4 25,1 22,2 -22,3 146,0 -13,4 -17,5 -4,8 -4,1 0,2 18,5 16,4 5,6 25,6 -15,1 -23,7 -24,9 4,7 8,0 7,4 Tabella 2: Acquisizioni di PMI nell’industria moda nell’area fiorentina da parte di aziende leader Azienda acquirente Azienda acquisita (comune) Anno di acquisizione 1994 Celine (LVMH) Marcus (Impruneta – FI) Dior Mardi (Scandicci) Gruppo Dolci Gherardini (Scandicci) Mariella Burani Braccialini (Pontassieve) LVMH, Pucci (Firenze) LVMH Fendi (Bagno a Ripoli - FI) Gucci Conceria Caravel (Fucecchio) Gucci Calzaturificio Tiger (Monsummano Terme-PT) Gucci Calzaturificio Creazioni Bartoli (Monsummano T.-PT) Gucci Calzaturificio Paoletti (Pistoia) Gruppo Dolci Pelletteria Only Leather (Scandicci) Gruppo Dolci Nuova FGF- minuterie metalliche (S: Piero a Sieve) Trussardi Pelletteria Zetati (Bagno a Ripoli) 2003 Gucci Conceria Blutonic (S. Miniato) (51%) 2004 Nd 2000 2000 2000 2001 2001 2002 2002 2002 2003 2003 Tabella3: imprese della pelletteria-calzature in Firenze e Arezzo che nel triennio 1999-2002 hanno aumentato i seguenti fattori (%) a) Portafoglio prodotto b) Dimensione dell’impianto c) Numero di addetti d) Competenze degli addetti e) Fatturato f) Margini di guadagno g) Numero di fornitori h) Numero di clienti Totale 58 51 46 76 71 53 32 19 Tabella 4: cambiamenti nelle imprese di pelletteria-calzature legate al rapporto di collaborazione con le imprese leader (%) Tipo di cambiamento Totale (%) a) Ho cambiato prodotto 13 b) Non uso più il mio marchio 24 c) Non faccio più design 17 d) Ho introdotto nuove tecnologie 50 e) Ho utilizzato nuovi materiali 36 f) Ho esternalizzato delle fasi di lavorazione 52 BIBLIOGRAFIA • Bacci L., a cura di, (2004), Distretti e imprese leader nei sistemi moda della Toscana, F. Angeli, Milano. • Corbellini E., Saviolo S., (2004), La scommessa del Made in Italy e il futuro della moda italiana, Etas, Milano. • Doz Y., Santos J., Williamson P., (2004) Da locale a metanazionale. Le strategie di successo nell’economia della conoscenza, Il mulino, Bologna. • Porter M. (1990) The Competitive Advantage of Nation, New York, Free Press. • Porter M. (1998) , On Competition, Boston, Harvard Business School Press. • Valdani E., Bertoli G., (2010) Mercati internazionali e marketing, Egea, Milano.