Procol Harum - Rotters` Club

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Procol Harum - Rotters` Club
Procol Harum
Scritto da Mastro Gobbetto
Lunedì 26 Ottobre 2009 13:54 -
L'eterno dibattito sulla genesi del rock progressivo probabilmente non troverà mai una vera
soluzione. Tali e tante difatti sono le influenze che hanno portato alla nascita e allo sviluppo del
genere musicale che tanto amiamo. Tradizionalmente, il primo vero disco di rock progressivo è
considerato In The Court Of The Crimson King, uscito nel 1969, ma è innegabile che anche in
precedenza vi fossero stati dischi e gruppi che già presentavano le caratteristiche tipiche del
prog. Tralasciando di scomodare i
Beatles, si
possono citare almeno tre gruppi che, verso la fine degli anni Sessanta, hanno pubblicato dischi
che, a parere di chi scrive, possono già essere considerati progressive tout court. Le tre band
sono, in ordine alfabetico:
Moody Blues
,
Nice
e
Procol Harum
che, in modi differenti, hanno dato l'avvio alla meravigliosa stagione musicale progressiva. Fra
questi, i meno progressivi di tutti sono considerati i Procol Harum (per via della loro influenza in
altri ambiti musicali, in particolare quello del pop). Un'analisi dettagliata della loro discografia,
tuttavia, può mostrare dei lati assolutamente insospettati e insospettabili.
Siamo nel 1967 e il mercato discografico è letteralmente squassato da un 45 giri firmato da un
gruppo chiamato Procol Harum. La canzone, che ebbe un successo a dir poco clamoroso era A
Whiter Shade of Pale
. Non ho bisogno certo qui di ricordare quanto questo brano sia entrato nell'immaginario
collettivo di milioni di persone, tanto che ancora oggi la melodia è straconosciuta anche da chi
non abbia la più pallida idea di chi siano e cosa abbiano rappresentato i Procol Harum. Questo
anche per via del fatto che la canzone è stata riproposta in più di una versione alternativa. In
Italia, ad esempio, molti la conosceranno con il titolo
Senza luce
, interpretata dai
Dik Dik
. Il pezzo oltre a definire l'essenza del suono Procol Harum ha in sé degli elementi di novità
assolutamente epocali (anche in un'ottica progressive). Anzitutto, la doppia tastiera, con il piano
suonato dal leader del gruppo
Gary Brooker
(autore anche di quasi tutte le musiche e strepitoso cantante) e l'organo hammond suonato da
Gary Fisher
; un paroliere,
Keith Reid
, che si occupa unicamente della stesura di testi originalissimi (un precursore di
Pete Sinfield
?); l'utilizzo di melodie classiche riarrangiate in contesto rock (la linea melodica principale del
pezzo deriva nientemeno che da
Bach
). Insomma, una canzone che rappresenta un perfetto apripista per una sfolgorante carriera.
Quella del leader della band, Gary Brooker, era iniziata nel 1962 con una band chiamata
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Paramounts
. Con lui c'erano il chitarrista
Robin Trower
, il bassista
Chris Copping
e il batterista
B.J. Wilson
. I Paramounts erano, sostanzialmente, una cover band R&B/soul. La vita di Brooker cambiò
proprio con l'incontro con il paroliere Keith Reid. Un incontro che portò alla nascita dei Procol
Harum, cui si unirono l'organista
Mathhew Fisher
e, in un primo momento, il bassista
David Knights
, il chitarrista
Roy Royer
e il batterista
Bill Eyden
. Il clamoroso successo di
A Whiter Shade of Pale
, fu doppiato, qualche mese dopo, da quello di un altro singolo dal grande impatto, intitolato
Homburg
e anch'esso coverizzato in Italia (ne esistono addirittura due versioni con testi differenti, la prima
intitolata
L'ora dell'amore
e portata al successo dai
Camaleonti
, la seconda intitolata
C'era una strada
e interpretata dai
Diabolici
). Per registrare questo secondo singolo singolo, Royer e Eyden furono sostituiti rispettivamente
con gli ex Paramounts Trower e Wilson. E' con questa formazione che la band, alla fine del
1967, entra in studio per realizzare il primo album. DISCOGRAFIA
PROCOL HARUM(1968)
Il disco di debutto della band fu registrato “live in studio” e, nella sua
prima edizione, non conteneva A Whiter Shade Of Pale, che vi
comparve solamente in una ripubblicazione di qualche anno dopo. Si
tratta di un disco privo di punti deboli, che però non ottenne il successo
spropositato dei due singoli che lo precedettero. La canzone più famosa
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è senz'altro lo strumentale conclusivo
Repent Walpurgis
unico brano uscito dalla penna di Matthew Fisher (gli altri sono della
coppia Brooker/Reid). Si tratta di un brano talmente bello ed evocativo
da lasciare senza parole. L'anima classicheggiante di Fisher ci
accompagna in un crescendo dominato dall'hammond, in cui il piano di
Brooker si occupa essenzialmente delle rifiniture e Trower si produce in
sommessi ma deliziosi interventi alla sei corde. Dopo un intermezzo
pianistico, riprende la lenta cavalcata di hammond fino alla conclusione.
Ancora oggi è uno dei cavalli di battaglia della band e uno dei brani più
conosciuti. Anch'esso è stato coverizzato in Italia. La storia della cover
italiana di
Repent Walpurgis
è davvero particolare. Il brano, cui venne attribuito il titolo
Fortuna
, venne pubblicato e trasmesso alle radio nella sua versione originale
strumentale. L'unica cosa che cambiò fu proprio il titolo. Il fortunato (è
proprio il caso di dirlo) inventore del titolo percepì a lungo parte delle
royalties del pezzo! In ogni caso solo per la presenza di questo brano il
disco varrebbe l'acquisto, ma non è il solo valido dell'intero LP. Il disco
si apre con la veloce
Conquistador
, un brano ideale per aprire dischi e concerti e prosegue con la
bellissima
She Wandered Through The Garden Fence
, che introduce uno schema classico per i brani dei Procol Harum: tema
iniziale cantato da Brooker, fase centrale con assolo di hammond (e
che assolo!) e ripresa del tema iniziale. Il tutto in poco più di tre minuti
di intensa bellezza. Brani più lunghi e complessi sono invece
Cerdes (Outside The Gates Of)
, che si apre con il basso protagonista e prosegue su alti livelli ma in
maniera abbastanza inconsueta rispetto allo standard delle altre
canzoni del disco; e infine
A Christmas Camel
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che, ad orecchie “sintonizzate” su sonorità progressive, potrebbe
apparire il brano più gradito. In sostanza, un grande disco d'esordio che
contiene in sé i semi di un'esplosione che arriverà con il successivo
lavoro.
SHINE ON BRIGHTLY (1968)
La partenza di questo disco pare in tutto e per tutto simile, nella
struttura, a quella del precedente. L'opener Quite Rightly So, uscita
anche come singolo, può essere tranquillamente assimilata a
Conquistador
; mentre la
title track
(conosciuta in Italia con il titolo
Il tuo diamante
) riprende, con risultati ancora superiori, lo schema compositivo di
She Wandered Through The Garden Fence
. Vi sono poi tre brani interlocutori che preludono alla breve, ma
splendida
Magdalene (My Regal Zonophone)
. Ciò che rende questo disco immortale e rivoluzionario, tuttavia, è la
sua seconda facciata, occupata interamente da una suite suddivisa in 5
movimenti!
In Held Twas In I
incomincia con
Glimpses Of Nirvana
, movimento caratterizzato da toni drammatici e con il testo recitato da
Brooker, su sonorità che richiamano direttamente la musica indiana.
Dopo un'esplosione strumentale si ritorna su toni più pacati ed evocativi
che preludono, a seguito di un suono di campane, alla divertente follia
di
Twas Teatime At The Circus
. Riguardo a questa parte della suite, nulla mi toglierà mai dalla testa
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che i
Genesis
l'avessero ben presente nel momento in cui composero
Willow Farm
, all'interno di
Supper's Ready
. Il terzo movimento della suite,
In the Autumn Of My Madness
, ci riporta a melodie più consuete per i Procol Harum, con l'organo di
Fisher protagonista. Si passa poi a
Look To Your Soul
, che si apre con una parte strumentale, puramente “progressiva” per
arrivare poi al
Gran Finale
strumentale, con un bellissimo assolo di Trower. La suite è accreditata
a Brooker/Fisher/Reid, ma è probabile che Fisher sia responsabile
solamente dell'ultimo movimento. Insomma, oltre diciassette minuti di
pura magia per quella che, probabilmente può essere considerata la
capostipite di molte altre suite rock. In base alla descrizione, chiunque
potrà rendersi conto di quanto questo pezzo sia importante e quanto
abbia influenzato generazioni di musicisti. Tanto per fare un esempio:
Pete Townshend
ha più volte affermato come
In Held Twas In I
abbia rappresentato una delle maggiori ispirazioni per l'opera rock
Tommy
. La suite ha avuto, recentemente, anche una cover da parte del
supergruppo
Transatlantic
che ne ha realizzato una versione abbastanza fedele (guarda caso si
tratta del brano senz'altro migliore del primo disco dei Transatlantic, che
spicca decisamente all'interno della precotta e poco originale proposta
del gruppo formato da
Morse
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,
Stolt
,
Portnoy
e
Trewavas
). I Procol Harum, comunque, sono ormai all'apice del successo, e di lì
a poco, si avviano a registrare il loro terzo disco.
A SALTY DOG (1969)
Si tratta di un disco che presenta numerose novità rispetto ai
predecessori. Il brano di maggiore successo è stato senz'altro la title
track
che altro non è se non la più classica delle song a firma Brooker/Reid,
nobilitata da una delle prestazioni vocali più strepitose ed emozionanti
di sempre. Una canzone famosissima, che si apre con un canto di
gabbiani e prosegue per circa 4 minuti da brividi. Manco a dirlo anche
A Salty Dog
fu ampiamente coverizzata in Italia, dove ne furono realizzate due
versioni:
Il marinaio
, interpretata da i
Fratelli
, dai
The Beans
e da
Massimo Ranieri
;
I giorni sono lunghi
interpretata dai
Beati
. Il disco vede crescere l'importanza, a livello compositivo, degli altri
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membri, oltre all'introduzione di strumentazione maggiore rispetto a
quella spartana dei precedenti lavori. Matthew Fisher compone e canta
due brani (che probabilmente sono anche i migliori del disco dopo la
title track
):
Wreck Of the Hesperus
e
Pilgrims Progress
(anch'esso coverizzata in Italia dai Dik Dik, con il titolo
Confessioni
) e compone insieme a Brooker anche un altro pezzo. Anche Robin
Trower, con la sua anima più rock-blues, fa il suo esordio come
compositore con ben tre canzoni (molto distanti, come stile e sonorità,
dai canoni finora utilizzati dalla band). Il disco però segna un piccolo
passo indietro rispetto al suo scintillante predecessore. Forse questo è
anche il segnale che i primi contrasti interni stanno nascendo all'interno
della band. Il quarto album fu dunque un disco di grandi cambiamenti.
HOME (1970)
I Procol Harum perdono Matthew Fisher (e certo non fu perdita da
poco), oltre al bassista David Knights. Quest'ultimo fu rimpiazzato da
Chris Copping mentre, per quel che riguarda Fisher, non vi fu rimpiazzo
(salvo un tentativo, però fallito, di far diventare organista il paroliere
Keith Reid). Le parti di organo, peraltro ridottissime, vennero dunque
prese in carico dallo stesso Copping. La formazione che registrò Home
era, in tutto e per tutto, quella dei vecchi Paramounts (ma con l'aggiunta
dei meravigliosi testi di Reid) e naturalmente lo stile del disco si spostò
verso territori assai più rock perdendo, in parte, la vecchia magia. Ma
chi pensa che
Home
sia un disco deludente si sbaglia. Certo, la direzione è cambiata e
potrebbe non piacere a molti fans più progressivi, ma il disco ha almeno
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due gioielli (che poi sono le canzoni che maggiormente richiamano le
passate sonorità). Si tratta della drammatica
The Dead Man's Dream
e della meravigliosa
Whaling Stories
. Quest'ultima è senz'altro una delle canzoni più progressive della band,
sia per le atmosfere, che variano durante il pezzo, che per la lunghezza
(oltre sette minuti). Il brano è nobilitato da un devastante e tagliente
intervento della chitarra di Trower. In sostanza,
Home
è un disco interlocutorio e di passaggio, ma che merita qualche ascolto
per via dei brani citati. La nuova formazione si è comunque ormai
assestata e il nuovo disco porterà a compimento le novità che qui si
intravedono soltanto.
BROKEN BARRICADES (1971)
Broken Barricades è senz'altro un buon disco, ma è anche quello in cui
il tipico Procol Harum-sound è meno presente. In tutto il disco la
chitarra di Robin Trower assume un ruolo preminente, anche nelle
canzoni composte da Brooker (l'iniziale stupenda
Si
mple Sister
, ad esempio). Da parte sua, Trower regala un'ottima composizione,
come
Song For A Dreamer
e una prestazione coi controfiocchi. Un disco quindi che mostra un
diverso lato dei Procol Harum e che merita di essere ascoltato anche se
è in assoluto uno dei meno rappresentativi della loro discografia.
Tuttavia, come era prevedibile, la crescente importanza di Trower
provocò probabilmente dei dissidi che indussero il chitarrista ad
abbandonare il gruppo per dedicarsi a una carriera solista che sarà
caratterizzata da un grandissimo successo, soprattutto sul suolo
americano, grazie a un rock-blues di
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hendrixiana
memoria condito da quella vena malinconica che aveva caratterizzato
anche tutte le sue prestazioni sui dischi dei Procol Harum. In seguito
all'abbandono del chitarrista Brooker poté riprendere legittimamente il
suo ruolo di leader. Anzitutto, Trower fu sostituito con
Dave Ball
(e la chitarra tornò ad occupare un ruolo di secondo piano nella musica
dei Procol Harum). Il ritorno all'antico fu sancito anche dal fatto che
Chris Copping iniziò ad occuparsi esclusivamente delle parti di organo,
abbandonando il basso, per il quale fu ingaggiato
Alan Cartwright
. Il successivo disco fu un live registrato in Canada
IN CONCERT WITH THE EDMONTON SYMPHONY ORCHESTRA (19
72)
La musica dei Procol Harum sembrava fatta apposta per essere
riarrangiata con un'orchestra. Il pericolo, in operazioni come queste, è
che l'orchestra sia di mero complemento oppure che il tutto acquisti una
dimensione eccessivamente pesante e pomposa. Fortunatamente,
questo live è immune da entrambi i difetti, forse anche per l'elevato
livello qualitativo dei brani proposti. Fra questi: Conquistador, Whaling
Stories
(anche se Dave Ball fa un po' rimpiangere Robin Trower),
A Salty Dog
e l'intera
In Held Twas In I
(che pur non raggiungendo le vette qualitative della versione originale è
sempre un bel sentire). L'esperienza di questo live con orchestra fu
trasferita nelle sonorità del successivo disco in cui, alla chitarra, Dave
Ball fu sostituito da
Mick Grabham
.
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GRAND HOTEL (1973)
Questo disco è considerato da molti, compreso il sottoscritto, quello
complessivamente migliore dell'intera produzione. Grand Hotel è un
ritorno al passato, ma ad un passato quasi precedente a quello dei
primi dischi. Le nove canzoni che lo compongono (salvo rare eccezioni)
suonano superbamente demodé e rimandano all'atmosfera evocata
dalla copertina (i sei Procol Harum con frac e tuba di fronte alla facciata
bianca di uno di quei vecchi Grand Hotel di lusso). I testi sono, come al
solito, incisivi (vedasi, in particolare,
TV Ceasar
) e gli arrangiamenti con gli archi protagonisti sono presenti quasi
ovunque. Il brano migliore è la
title track
che ha una sezione centrale strumentale assolutamente grandiosa (e
molto “progressiva”), col piano di Brooker in evidenza. Altri brani da
segnalare sono:
A Rum Tale
(anche di questo brano fu realizzata una cover in Italia,
Storia di una bottiglia
di
Mimmo Locasciulli
),
Bringing Home The Bacon
e la grandissima, progressiva,
Fires (Which Burnt Brightly)
. Un disco, insomma, abbastanza fuori moda, ma assolutamente da
avere. La formazione ormai si è assestata e il disco successivo,
sebbene non geniale come
Grand Hotel
, riportò in auge il gruppo anche nelle classifiche.
EXOTIC BIRDS AND FRUIT (1974)
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Lunedì 26 Ottobre 2009 13:54 -
Il grande successo di questo disco fu dovuto, in gran parte, a quello del
singolo Beyond The Pale. In verità si tratta di un brano non troppo
ispirato, ma molto orecchiabile e che evidentemente piacque molto. Le
perle del disco vanno dunque ricercate altrove. Il capolavoro è
rappresentato, soprattutto, da
As Strong As
Samson
,
caratterizzato da una melodia e da un ritornello che entrano subito in
testa e da una prestazione strumentale degna di nota. Molto buone
anche la lunga T
he Idol
(anche se il brano non decolla del tutto) e la conclusiva
New Lamps For Old
, un brano in puro stile Procol Harum. La ricetta sembra funzionare e
dunque il gruppo entra in studio per il terzo disco consecutivo con la
stessa formazione.
PROCOL'S NINTH (1975)
Il disco si avvale del successo del singolo Pandora's Box (invero un
brano che dice abbastanza poco), ma delude in ogni sua parte. Si tratta
senza dubbio del disco più brutto dell'intera carriera della band e
probabilmente l'unico di cui mi sento di sconsigliare l'acquisto. Il
tentativo di svecchiare il sound non ha né capo né coda, la cover della
beatlesiana
Eight Days a Week
ha francamente poco senso e l'unico brano degno di nota è
The Piper's Tune
, certamente una canzone ottima, ma che non basta a salvare il disco.
L'avventura dei Procol Harum sembra dunque giunta al capolinea ma,
prima di scrivere la parola fine (peraltro momentanea) sul gruppo,
Brooker ci regala uno strepitoso colpo di coda.
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SOMETHING MAGIC (1977)
Un titolo che è tutto un programma, dal momento che, effettivamente,
qualcosa di magico è successo davvero. Anzitutto, lascia il gruppo il
bassista Cartwright e, per sostituirlo, Chris Copping ritorna al suo
strumento originario. All'organo viene dunque chiamato Pete Solley,
che si occuperà anche dei synths (che dunque per la prima volta
entreranno nei solchi di un disco dei Procol Harum).
Something Magic
è senz'altro il disco più progressivo della band (arrivato purtroppo fuori
tempo massimo rispetto al boom del progressive, ma anche in questo,
forse, sta il coraggio di Gary Brooker). Sin dalle brevi, ma intense,
Something Magic
e
Skating On Thin Ice
si capisce che siamo di fronte a un lavoro davvero superbo. L'unico
brano deludente è il terzo,
The Mark Of The Claw
(composto dal chitarrista Mick Grabham) ma già con i 6 minuti di
Strangers in Space
si ritorna su livelli stellari. La seconda facciata, per la seconda volta
nella storia del gruppo, è occupata da una suite (questa volta suddivisa
in 8 movimenti). Si tratta di una composizione davvero strepitosa,
intitolata
The Worm & The Tree
, in cui non si può che osannare Gary Brooker, sia per l'enfasi con cui
recita (non ci sono parti cantate) il mini-racconto allegorico scritto da
Reid, sia per quella che, probabilmente, è una delle sue migliori
prestazioni di sempre al pianoforte. Un disco meraviglioso che piacerà
sicuramente al fan progressivo e che, purtroppo, non ha avuto la
considerazione che avrebbe meritato.
Something Magic
, infatti, era, come detto, del tutto fuori tempo e il suo insuccesso fu
probabilmente una delle cause dello scioglimento del gruppo. Dei
Procol Harum si tornerà a parlare solo dopo molti anni.
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THE PRODIGAL STRANGER (1991)
La gloriosa sigla Procol Harum viene rispolverata solo agli inizi degli
anni Novanta. Brooker e Reid si ritrovano assieme a Matthew Fisher e
Robin Trower, per ricreare, quasi per intero, la line-up migliore e più
amata della band. Il disco è dedicato allo scomparso batterista B.J.
Wilson, e si tratta davvero di un buon prodotto, per quanto non un
capolavoro. Per la sezione ritmica, i quattro si affidano ad abilissimi
session-men come il batterista Mark Brzezicki (che i più attenti
ricorderanno ai tamburi ad accompagnare gli inizi della carriera solista
dell'ex cantante dei
Mar
illion
,
Fish
) e il bassista
Dave Bronze
. Da questa reunion escono fuori una dozzina di ottime canzoni in cui
anche Fisher (oltre al produttore del disco
Matt Noble
) si ritaglia un consistente spazio compositivo accanto, ovviamente, a
Brooker e Reid. Sebbene non vi siano le clamorose impennate dei primi
dischi, non vi sono neanche cadute di tono clamorose e il disco si
dispiega piacevolmente per tutta la sua durata, con Brooker che
dimostra di aver mantenuta intatta la sua bravura come vocalist, Fisher
che non fa mancare il suo strepitoso tocco all'hammond e Trower che,
come sempre, trova la giusta misura degli interventi. Come detto non vi
sono pezzi che spiccano particolarmente, anche se forse è il caso di
citare la bella
Holding On
, caratterizzata da un inusuale (per i Procol Harum) coro gospel e da un
ritornello davvero azzeccato;
The Hand That Rock The Cradle
e
The King Of Hearts
si avvalgono di un'ottima prestazione di Fisher; mentre
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The Pursuit Of Happiness
rappresenta il finale carico del giusto pathos ed epicità. In sostanza, un
buon disco che segna il ritorno sulle scene di questa leggendaria band.
Purtroppo, il ritorno di Trower sarà limitato solo a questo disco e il tour
successivo vedrà impegnato, alle chitarre, un altro session man di
prestigio:
Geoff Whitehorn
. Con questa nuova formazione i Procol Harum registreranno un nuovo
album live.
ONE MORE TIME (1992)
One More Time è un buon live che è nobilitato da una scaletta davvero
d'eccezione. Brani come
Shine On Brightly, Homburg,
Grand Hotel
,
A Salty Dog
,
Whaling Stories
e
Repent Walpurgis
non possono che consigliare l'acquisto immediato del disco. Del
vecchio repertorio vengono anche rispolverate, a sorpresa, canzoni
come
The Devil Came From Kansas
, da
A Salty Dog
,e
Whisky Train
(da
Home
), due brani comunque non memorabili e anche dell'ultimo disco la
scelta non pare felicissima, con l'esclusione di alcuni brani fra i migliori.
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Un altro difetto deriva dalla prestazione del chitarrista Whitehorn. Niente
da dire sulla perizia esecutiva di questo musicista, tuttavia il suo stile
(troppo spesso alla guitar-hero) appare, almeno alle mie orecchie,
quanto di più distante possibile dalle atmosfere della musica dei Procol
Harum. Emblematica, in questo senso,
Whaling Stories
in cui il confronto tra la prestazione di Whitehorn e quella originale di
Trower è imbarazzante non tanto, come detto, a livello tecnico, quanto
a livello di gusto ed emozioni. Nonostante questi difetti, il disco è
senz'altro consigliato per la presenza di alcuni grandi classici. Fra
questi, particolarmente riuscita è
Grand Hotel
con uno strepitoso Brooker al piano nella sezione strumentale
intermedia. La macchina Procol Harum si è dunque rimessa in moto e,
negli anni successivi, ha continuato a proporre una serie di apparizioni
concertistiche con alcuni cambi di line-up, che però non hanno lasciato
tracce discografiche. Fra i nomi che hanno calcato il palco assieme a
Gary Brooker & C. figurano il drummer
Ian Wallace
(ex
King Crimson
) e l'organista
Josh Phillips
che, per un breve periodo, ha sostituito Fisher. Il cambio definitivo di
line-up, che porterà poi alle successive pubblicazioni, è però quello che
vede il ritorno di Fisher e Brzezicki, nonché l'arrivo, al basso, di
Matt Pegg
, il figlio del leggendario Dave, bassista di
Fairport Convention
e
Jethro Tull
. La successiva prova discografica, comunque, non giungerà prima del
2003.
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THE WELL'S ON FIRE (2003)
L'ultimo disco (almeno finora) dei Procol Harum è esattamente quanto
un estimatore e conoscitore della band può aspettarsi da Brooker e
compagni. Una serie di belle canzoni con grandi prove vocali e
all'hammond, e anche con una serie di melodie forse prevedibili e già
sentite, ma di sicuro fascino e di innegabile qualità. Come non
commuoversi di fronte a brani come The Blink Of An Eye, con un
ritornello che arriva dritto al cuore, oppure come
Fellow Travellers
? Quest'ultima, composta da Fisher, è basata su una rielaborazione del
Lascia ch'io pianga
di
Handel
(nella rielaborazione dei pezzi classici, del resto, la band, sin dai tempi
di
A Whiter Shade of Pale
, si è sempre dimostrata maestra). Fra i brani da segnalare anche
The Emperor's New Clothes
, grazie a un andamento molto simile a
A Salty Dog
. La conclusione è invece affidata allo strumentale
Weisselklenzenacht (The Signature)
. Anche in questo caso, si può tacciare il tutto di “già sentito” (
Repent Walpurgis
aveva un andamento e un pathos analoghi a questo brano), ma il brano
è talmente bello e coinvolgente che è difficile criticare la scelta. Tra
l'altro, questo brano si avvale di un intervento chitarristico di Whitehorn
che, una volta tanto, riesce a calarsi perfettamente nell'atmosfera del
pezzo, nobilitandolo con un commovente assolo. Di conseguenza, se vi
piacciono i Procol Harum, questo disco non dovrebbe mancare nella
vostra collezione. Qualche caduta di tono, ovviamente, è presente, ma
la qualità complessiva del resto la fa dimenticare in fretta e permette di
dare un giudizio moderatamente positivo su questo prodotto.
Per la promozione del disco la band si è lanciata, ancora una volta, in
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tour. Purtroppo, durante lo scorso 2004, si è dovuta registrare la
defezione, ancora una volta, di Matthew Fisher. Il suo posto è stato
preso da Josh Phillips (uno con un curriculum di tutto rispetto, avendo
suonato con grandi nomi quali Eric Clapton, Midge Ure, Paul
McCartney
,
Phil Collins
,
Sting
,
Elton John
,
Lisa Stanfield
, Pete Townshend). Personalmente non ho ancora avuto modo di
sentire all'opera il nuovo tastierista e quindi non sono in grado di darne
un giudizio. E' certo però che il compito che gli spetta (sostituire Fisher
e il suo tocco sopraffino) non è certo facile. L'importante, comunque, è
che il nome Procol Harum possa ancora calcare i palchi di tutto il
mondo distillando quelle emozioni che, in quasi 40 anni di carriera,
hanno attraversato le generazioni.
APPENDICE: VIDEO, LIVE E TRIBUTI
Sono due, attualmente, i DVD sul mercato, entrambi consigliati, seppur
con qualche distinguo. Il primo, registrato nel 2001, è intitolato
semplicemente Procol Harum Live e vede impegnata la line-up
Brooker-Reid-Whitehorn-Pegg-Brzezicki. La scaletta è davvero ottima
(assai migliore, ad esempio, del CD live
One More Time
) e rispolvera anche classici della seconda fase della carriera della band
(quella successiva all'abbandono di Fisher): oltre a
Grand Hotel
si segnalano, infatti, ottime versioni di
Fires (Which Burnt Brightly)
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e
As Strong As Samson
. Suggestivo anche il ripescaggio della vecchissima
A Christmas Camel
. Brooker e Fisher sono davvero in serata di grazia, soprattutto
l'organista, e Whitehorn riesce a farsi notare il meno possibile
(purtroppo non senza rovinare ugualmente
Repent Walpurgis
con un assolo totalmente fuori posto). Un concerto comunque da da
avere assolutamente nella propria videoteca personale. Il secondo
DVD, uscito nel 2004, si intitola
Live At Union Chapel
ed è sicuramente meno interessante. Il difetto maggiore sta in una
serata non proprio di grazia di Gary Brooker, che inizia malissimo (con
una stentata
Shine On Brightly
) riprendendosi solo verso la fine con la solita, impeccabile,
A Salty Dog
. Altri difetti risiedono nel troppo invadente Whitehorn e in una scelta
quanto meno discutibile di brani dall'ultimo disco. I Procol Harum, pur
eseguendo ben 8 brani da
Well's On Fire
, hanno inspiegabilmente deciso di escludere dalla scaletta i tre brani
migliori di quel disco. In compenso il DVD si chiude alla grande con una
versione alternativa, e più lunga rispetto al consueto, di
A Whiter Shade Of Pale
.
Per quel che riguarda i live usciti postumi occorre segnalare quello
relativo alle BBC sessions del 1974, con i brani da Grand Hotel a far la
parte del leone. Infine, nella prima metà degli anni Novanta segnalo una
sorta di tributo, intitolato
Long Goodbye
con delle esecuzioni orchestrali di alcuni fra i migliori brani della band,
cui partecipò la line-up di quel periodo.
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Procol Harum
Scritto da Mastro Gobbetto
Lunedì 26 Ottobre 2009 13:54 -
Qualche parola merita di essere spesa anche per la carriera solistica
del chitarrista Robin Trower. Come già accennato la proposta (che gli
regalò un grande successo negli States) è un rock-blues eseguito quasi
esclusivamente in trio (chitarra-basso-batteria). Per quanto il tutto non
sia proprio il massimo dell'originalità, la classe e il gusto del chitarrista
ci hanno consegnato almeno tre dischi che vale la pena di avere: si
tratta di Twice Removed From Yesterday, di Bridge Of Sighs
(quest'ultimo un vero e proprio capolavoro che non dovrebbe mancare
nella collezione di qualsiasi appassionato di rock) e di
For Earth Below
. Curiosamente, e forse non a caso, i tre dischi suddetti sono prodotti
nientemeno che da Matthew Fisher! Un altro incrocio fra la carriera
solistica di Trower e la sua band di origine avverrà nel 1981 nel
momento in cui il chitarrista avvierà una collaborazione con il grande
bassista
Jack Bruce
, ex
Cream
. Nella coppia di dischi che realizzeranno assieme (e che purtroppo non
sono sugli stessi livelli di quanto questi due musicisti avevano realizzato
nel loro passato) responsabile della stesura dei testi sarà il paroliere dei
Procol Harum, Keith Reid. Mastro Gobbetto
Dicembre 2007
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