Articolo - Andrea Manzoni

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Articolo - Andrea Manzoni
La Rivista
Intervista con
Andrea Manzoni:
pianista
Un lavoro in divenire
di Luca D’Alessandro
Andrea Manzoni è un giovane
pianista piemontese con un’attività concertistica molto viva. Le
sue collaborazioni con Aldo Romano, Irene Grandi ed Elio E Le
Storie Tese sono tre esempi di
una vita ricca di momenti musicali preziosi, che partono dal jazz
per arrivare alle colonne sonore di
film di produzione elvetica e radio
drammi per la Radio della Svizzera Italiana RSI.
A due anni dalla pubblicazione di
Quantum Discord, Manzoni lancia
il suo secondo album intitolato
Destination Under Construction.
Un’opera che, stando alle parole
dell’artista, “rappresenta quello
che sto vivendo in questo momento della mia vita. Un nuovo punto
di partenza, una visione più concreta del mio percorso musicale.”
Insieme con il suo trio, composto
del bassista Luca Curcio e il batterista Andrea Beccaro, Manzoni il
29 novembre scorso ha terminato le registrazioni presso gli studi
della RSI/Rete Due.
Il 13 febbraio presenterà il suo lavoro all’A-Train di Berlino e il 15
al Volkshaus di Zurigo.
La Rivista ha avuto l’occasione di
incontrare il pianista non solo per
parlare dell’album, ma anche delle sue diverse attività mediatiche
attraverso i canali di comunicazione digitali che, secondo Manzoni,
sono indispensabili per avere delle
prospettive reali di successo.
Sta per uscire il tuo secondo album Destination Under Construction. Un titolo
che dà l’impressione di un cantiere. È
così?
Assolutamente sì. Lo sento come un lavoro in divenire. Sono sempre alla ricerca di
nuove direzioni sonore e penso che il trio
60 - La Rivista febbraio 2014
sia un’ottima situazione per sperimentare
i limiti e le possibilità dei tre strumenti, pianoforte, basso e batteria. Il titolo
dell’album è legato alla musica, ma anche
alla mia situazione attuale, alla mia vita
in continua evoluzione. Mi sento davvero
come un cantiere sempre aperto.
Mentre in Quantum Discord eri molto
legato alla scuola del jazz, adesso si ha
l’impressione che tu stessi superando i
limiti di questo genere, collegandoti alla
musica pop e rock. Come mai hai preso
questa decisione?
Non è stata una vera e propria decisione.
Un compositore classico decide la direzione che vuole prendere a tavolino; per
me non è così. Quello che scrivo è sempre legato alle esperienze che vivo in un
determinato momento. Posso definirla
una scrittura emotiva, istintiva. L’essere
individuo irrequieto mi porta a non fossilizzarmi sulle stesse cose. Cerco sempre
di non ripercorrere un terreno che ho già
calpestato.
Il tuo è dunque un suono che pone in
secondo piano le tipiche convenzioni
del jazz, la sua “purezza” e le tradizioni
basate sull’improvvisazione.
Sicuramente gli studi classici hanno influenzato il modo di approcciarmi alla
scrittura musicale molto di più che il jazz.
Hai utilizzato la parola “purezza”. Credo
che la “purezza” si trovi sia nelle performance in piano solo di Cecil Taylor che
nella Verklärte Nacht di Arnold Schönberg, per fare qualche esempio. Immagino
la scrittura musicale come più rette che
si intersecano in punti diversi, dando origine a melodie minimali su beat rock and
roll o impeti pianistici presi in prestito dal
Concerto per pianoforte e orchestra N°3
in Re minore di Rachmaninow accostato
a pulsazioni pop anni 80.
Il tuo suono ha qualcosa di fresco e
vigoroso. È potente con un tocco di
rock’n’roll. Mi ricorda The Face Of
Mount Molehill, l’ultimo disco del pianista inglese Neil Cowley, uscito due
anni fa. Insomma, hai un modello a cui
ti riferisci?
Sicuramente sono stato influenzato da
molti musicisti contemporanei e non.
Stimo The Bad Plus, Vijay Iyer, Svenson
e Thelonious Monk. Interessante l’osservazione riguardo a Neil Cowley, che
purtroppo non conosco. Andrò subito ad
ascoltarmi dei suoi lavori. In quanto alla
potenza del suono posso affermare che
è una caratteristica del modo di approcciarmi al pianoforte; potenza non intesa
come forza fisica o spinta, ma come brillantezza sonora. Un suono che raggiunge
le persone in modo molto diretto, senza
mezze misure. Il drumming è sempre
molto definito, rock!
Dove collocheresti l’innovazione principale del tuo disco?
Più che una vera innovazione sento che il
disco propone una musica molto attuale,
che cerca di proiettarsi verso il futuro rifacendosi, inevitabilmente, a ciò che c’è
stato.
Qual è il brano del disco che raffigura in
modo più preciso il tuo stato d’animo?
Destination Under Construction è la traccia che sento di più mia in questo momento. Un brano senza improvvisazione,
scritto per intero. Potente e dinamico
come vorrei che fosse la mia vita. O forse
come sta diventando.
Gli altri brani invece?
Il disco si apre con Always Stay Alive.
Un’apertura molto cinematografica.
Sembra un brano scritto per orchestra
e riadattato per pianoforte. Fuorviante.
Nella sua delicatezza ti dice: “ehi! La via
d’uscita è dentro di te.” La chiusura dell’album è lasciata a Schicksal in Arbeit …
… un titolo tedesco …
… sì, è un omaggio agli Area, il gruppo
prog-rock italiano. Schicksal in Arbeit è
prog a tutti gli effetti diviso in tre parti.
Credo che l’inizio e la fine siano i punti
salienti, il resto lo scoprirà l’ascoltatore.
La produzione è avvenuta in Valle d’Aosta, presso la Meat Beat Records. Come
mai questa scelta?
La scelta della produzione con Meat Beat
La Rivista
Records è avvenuta quasi per caso. Raffaele Neda D’Anello, il direttore di Meat
Beat, si è interessato al mio lavoro e da
subito c’è stato un grande feeling. È stato
facile costruire il disco assieme. Neda è
una persona molto aperta con una visione della musica a trecentosessanta grandi, senza vincoli di genere o stile. Quello di
cui avevo bisogno.
trance a tutto volume. Il messaggio del
compositore purtroppo va in secondo piano. A meno che la musica non sia strettamente legata alle immagini. Come la
musica per il cinema. Molte volte, in quel
caso il messaggio trasmesso dalle immagini è enfatizzato dalla musica. Immagina
un film horror con sotto la colonna sonora
dei Looney Tunes ...
D’altro canto Quantum Discord – il tuo
disco precedente – è uscito presso la Altrisuoni, un’etichetta ticinese.
Si è stato il primo lavoro discografico.
Altrisuoni ha deciso di pubblicare il mio
debutto e per questo gliene sono grato.
È stato fatto un ottimo lavoro sul disco.
Dimitri Loringett, ex manager di Atrisuoni,
mi ha seguito in tutte le fasi promozionali.
L’ho accennato nella domanda precedente: sei un musicista molto attivo
sui vari canali, servendoti dei moderni
mezzi di marketing e del social network.
Queste azioni sono redditizie?
Essere online oggi è fondamentale per
costruirsi una carriera, tanto quanto saper suonare il proprio strumento. Oggi
un musicista che non è 2.0 è inesistente. Le persone vengono ai concerti, perché hanno iniziato a seguirti attraverso il
social network. Sono interessati alla tua
carriera, alla tua musica, ma anche alla
tua vita. Sono curiosi, si appassionano di
quello che fai nelle ore in cui non lavori.
Si crea una sorta di legame e di affezione.
Io stesso sono legato a tantissime persone
che mi seguono su Facebook o Twitter.
Nel tuo comunicato stampa pubblicato
ultimamente compare Rete Due. Che
ruolo ha la Radio svizzera?
Rete Due ha deciso di collaborare alla
co-produzione di Destination Under Construction. È stato fondamentale, perché
non sempre si ha l’opportunità di poter
registrare allo Studio Due a Lugano. Un
gioiello per ciò che riguarda la tecnica a
disposizione: dal pianoforte, ai microfoni,
ai tecnici. È stata un’esperienza bellissima
e intensa. Abbiamo registrato il disco in
un giorno e mezzo.
Tu sei un comunicatore molto attivo, soprattutto sul piano multimediale. Oltre
a ciò, hai a disposizione uno strumento
che può essere visto altrettanto come
mezzo di comunicazione. Una comunicazione non ben definita, se vogliamo
chiamarla così, che dà all’ascoltatore
una certa libertà d’interpretazione del
messaggio trasmesso. È una libertà vantaggiosa o pericolosa per un musicista?
È molto vantaggiosa, soprattutto se si
tratta di musica strumentale. In questo
caso solo l’esperienza dell’ascoltatore sarà
l’elemento chiave di ciò che vivrà il pubblico. Il suono è soggettivo. Alcune persone si commuovono sentendo le onde di
un Theremin, altre ascoltando la potenza
dei Berliner Philharmoniker, altre ancora stando ad un Rave Party con musica
Immagino che ogni tanto queste persone ti mandino qualche suggerimento o consiglio. Secondo te, un musicista chi deve ascoltare: se stesso o il
pubblico?
In assoluto se stesso. Non il pubblico,
che sarà una conseguenza della tua
credibilità e sincerità musicale, non il
mercato, oramai inesistente. Siamo in
una giungla senza regole. Riuscire ad
emergere è difficilissimo oggi.
Infatti, la vita da musicista non sembra essere confortevole, poiché consiste di molto lavoro mal retribuito.
Quali sono le misure indispensabili per
favorire la propria carriera?
In primis su tutte, quella di lavorare
sodo e duramente. Avere un focus ben
definito. Non avere distrazioni. Impegnarsi al cento per cento. Essere musicisti versatili. Sapersi adattare alle
situazioni ed ai musicisti con i quali si
collabora. Creare rete, relazioni e collaborazioni. Questi sono gli aspetti essenziali per una carriera sana. Per una
carriera remunerativa bisogna chiedere
a Michael Jackson.
Destination Under Construction Tour di Andrea Manzoni:
13.02.2014, ore 20.00, A-Train, Berlino
15.02.2014, ore 20.30, Blauer Saal, Volkshaus, Zurigo
23.02.2014, ore 18.00, Accademia della Voce, Milano
01.03.2014, ore 21.00, Teatro Sociale Villani, Biella
07.03.2014, ore 21.00, Teatro “G. Giacosa”, Aosta
Gadamer Project:
22.05.2014, ore 21.00, Gadamer Project con Zeno Gabaglio al violoncello e
Anahì Traversi (cantante), Teatro Sociale, Bellinzona
Il disco:
Andrea Manzoni – Destination Under Construction (MeatBeat / Rete Due)
Andrea Manzoni (p), Luca Curcio (db), Andrea Beccaro (dr)
Il disco è stato registrato il 28 e 29 novembre 2013 a Lugano presso la RSI /
Rete Due sotto la direzione di Lara Persia (RSI) e Raffaele D’Anello (MeatBeat)
Mix e Mastering: Meat Beat Studio&Label, Aosta
Per info: www.manzoniandrea.com
febbraio 2014 La Rivista - 61