Paul B. Preciado Testo tossico. Sesso, Droghe e Biopolitiche nell

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Paul B. Preciado Testo tossico. Sesso, Droghe e Biopolitiche nell
S&F_n. 14_2015 Paul B. Preciado Testo tossico. Sesso, Droghe e Biopolitiche nell’Era farmacopornografica tr. it. Elena Rafanelli, Fandango Libri, Roma 2015 pp. 430, € 22,00 Il percorso che il Testo tossico compie per arrivare tra le mani del lettore italiano non è lineare. Il Testo Yonqui, pubblicato in Spagna nel 2008, Testo Junkie per la Francia dello stesso anno e per il mondo anglofono dal 2013 in poi, è tradotto dallo spagnolo da Elena Rafanelli, subendo una riconfigurazione inquinante che lo arricchisce con le modifiche presenti nella versione francese e con le aggiunte anglofone. Il décalage cronologico che il testo subisce ha già fatto sì che i contenuti ne ricevessero una convalida anticipata su un’attualità italiana ed europea che mostra sempre più le spire di quel serpente deleuziano‐guattariano che ha ormai prepotentemente sostituito la vecchia talpa monetaria. Se il passaggio dalla società disciplinare alla società di controllo, da presagio distopico quale sembrava ancora potesse essere a quotidianità infestante è già avvenuto, Preciado identifica nell’era farmacopornografica un’ulteriore trasformazione del biopotere foucaultiano, volta all’elaborazione e all’immediata codificazione in regime di verità di una matrice suprema, unica e univoca, di quella teoria degli affetti che, se non opportunamente imbrigliata, agisce come fonte di moltiplicazione di saperi e di pratiche. Allo scopo di controllare 311
RECENSIONI&REPORTS recensione e sfruttare la pulsione desiderante della collettività, il capitalismo farmacopornografico non si limita alla depredazione del general intellect, ossia di quell’insieme di conoscenze prodotto in orario extralavorativo e individuato da Gorz come immateriale; se nella knowledge society il soggetto veniva incitato alla partecipazione cognitiva della produzione di sé, nel nuovo regime lo sguardo si sposta dalle esternalizzazioni del lavoratore salariato (intelligenza, cultura, immaginazione) a quella consistenza biologica e numerica che Preciado chiama über‐
Materialität. L’occhio del controllo si rivolge verso l’interno, utilizzando nuove tecnologie volte all’elaborazione e alla gestione di un circuito eccitazione‐frustrazione che coinvolge i corpi delle soggettività politiche; il processo di soggettivazione non passa più attraverso la porta dell’economia classica, ma per un’economia libidinale nella quale la forza lavoro è sostituita dalla potentia gaudendi, da mettere docilmente al servizio del capitalismo. La prima, fondamentale conseguenza di questa alterazione epistemologica è la scissione tra le caratteristiche anatomiche dell’attore politico e la propria capacità di azione sulla rappresentazione del sé: il corpo non deve produrre nulla, la biotecnologia e la pornocomunicazione si preoccuperanno di inventarlo come l’eterosessualità soggetto come desiderante, “nuova insegnandogli epistemologia visuale sessopolitica”. L’imperativo normalizzante non si applica più sui corpi a partire dall’occhio benthamiano, ma entra nella stessa struttura biomolecolare per correggere l’anormale o il deviante rispetto alla costruzione tecnologica del maschile e del femminile, sulla base di un’“ontologia visiva” volta a preservare quella coppia oppositiva che ne è, in realtà, il fondamento. Ecco come il panottico entra nella farmacopornopolis sotto forma di packing della pillola anticoncezionale, di catalizzatore del desiderio sessuale (Viagra o cocktail di estrogeni), di inibitore 312 S&F_n. 14_2015 della serotonina (Prozac), di antidepressivo (Seroxat), di droghe legali mirate a sopperire ai deficit degli affetti da ADHD (Ritalin), di rigidi protocolli di medicalizzazione che garantiscano il successo del passaggio da un sesso all’altro, in un processo pseudo‐omeopatico che trasforma il corpo in un tecnocorpo, ossia in un corpo politicamente già morto, suggerendo al contempo che, fuori da quella strada, non si sopravvivrebbe, data l’alta concentrazione di tossicità della quotidianità post‐
fordista. Preciado dedica il proprio esperimento di autointossicazione a base di testosterone in gel “ai nostri morti”, ossia a chi, seguendo il principio di autocavia, ha fatto di sé stesso il proprio laboratorio, unica possibilità di affermazione come soggetto politico. Seguendo il loro esempio, non diverso da quello offerto da Freud o da Benjamin, Beatriz Preciado si lancia in quell’esercizio performativo che la porterà a intavolare un dialogo immaginario con l’amico e alter ego appena scomparso Guillaume Destan, in un processo di sostituzione, imitazione, sovrapposizione che rifiuta totalmente la logica identitaria dello stadio dello specchio, di lacaniana memoria. Sebbene nel corso dei sette anni che ci separano dalla pubblicazione del volume Beatriz abbia lasciato il posto a Paul, non è con l’intenzione di un cambio di sesso che Preciado inizia l’autosomministrazione di ormoni maschili: il suo obiettivo principale è la delegittimazione dello statuto originale del corpo come sesso incarnato sulla base di tratti somatici ben precisi (presenza di peluria sul viso, il timbro della voce, ecc.) per mezzo di una trasformazione endocrina autoindotta fuori da ogni protocollo di medicalizzazione, l’affermazione di un corpo in divenire che rifiuta di recidere la propria molteplicità. La narrazione dell’esperienza accompagna il lettore lungo un circolo libidinale che coinvolge soddisfazione immediata, desiderio, frustrazione e dipendenza; questi punti notevoli delineano al contempo 313
una seconda cartografia, RECENSIONI&REPORTS recensione fondamentale nella narrazione preciadiana, ossia quella dell’evoluzione del rapporto d’amore intessuto con Virginies Despentes, l’anarco‐femminista autrice e co‐regista di Baise‐moi. Contro l’occhio unico della contemporanea politica snuff, che permette al pubblico mondiale di assistere inerme alla propria autodistruzione per avvelenamento, non senza un inconfessabile compiacimento, l’intreccio stabilito da Preciado soddisfa la struttura plurale e differenziale incoraggiata dal maestro Derrida, senza per questo abbandonare il ruolo, fondamentale, dell’autosperimentazione sul corpo: il corpo tossico permette infatti di stabilire microcooperazioni fondate sulla condivisione di uno spazio pubblico (come nel caso, dettagliatamente analizzato, del laboratorio drag king), base fondamentale per stabilire “un’ermeneutica del sospetto di genere” che permetterà una riconfigurazione delle pratiche collettive. Questa micropolitica della disidentificazione passa in Preciado tanto attraverso la somministrazione di testosterone quando nella pratica di scrittura, impedendo così di ridurre il senso dell’operazione a un mémoire. Il Testo tossico è un invito alla cooperazione contro quell’ottundimento generalizzato che l’era farmacopornografica ci suggerisce essere il modo migliore per affrontare la nostra quotidianità, da compiere per appropriazione del soma huxleyano – e non per rifiuto ‐ al fine di creare sacche di resistenza politica che i macrodiscorsi sul genere non riescono a intercettare. EMILIA MARRA [email protected] 314