RESEARCH AGENDA - Laboratorio di Pedagogia sperimentale

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RESEARCH AGENDA - Laboratorio di Pedagogia sperimentale
 RESEARCH AGENDA
INDICE
Introduzione Contesto Obiettivo Target del documento Ricerca Contesto per la definizione delle capacità di apprendimento nel XXI secolo: il MODELLO KSAVE. Quesiti di ricerca Sintesi narrativa Casi di studio Allegati Sistemi di istruzione nei Paesi partner Bibliografia RICERCA
La presente Research Agenda ha lo scopo di condividere materiale e riflessioni sui tool digitali per migliorare l’educazione al patrimonio culturale nelle scuole primarie nel contesto delle capacità di apprendimento del XXI secolo. Sei istituzioni da quattro paesi differenti hanno collaborato a stretto contatto per identificare questioni inerenti alla ricerca sulle risorse e i metodi digitali nell’ambito dell’educazione al pa-­‐
trimonio culturale che ancora non fossero stati affrontati al fine di redigere una panoramica dello stato dell’arte. La presente Research Agenda sarà costantemente aggiornata online sul sito: http://wiki.diche-­‐project.eu/ Contesto L’obiettivo del progetto DICHE è integrare risorse digitali e opportunità nell’istruzione prima-­‐
ria in generale e nell’educazione al patrimonio culturale in particolare. Il progetto ha le seguenti priorità: 1. migliorare l’integrazione digitale in apprendimento, insegnamento, formazione e im-­‐
piego giovanile a vari livelli: attraverso lo sviluppo di una Research Agenda, a docenti universitari e insegnanti viene fornito un contesto teorico per l’utilizzo di strumenti digitali nell’educazione, specialmente in quella al patrimonio culturale. Inoltre, l’agenda può fornire le basi per altre ricerche a livello accademico, fornendo nuove prospettive per quanto riguarda l’uso delle risorse digitali nel campo dell’educazione. Ugualmente importante, sviluppando e diffondendo un menu di scenari per l’insegnamento riguardanti l’educazione al patrimonio culturale che richieda l’utilizzo di risorse digitali, gli insegnanti presenti e futuri avranno accesso ad una serie di sce-­‐
nari pratici che potranno essere immediatamente impiegati in classe. In altre parole, rendendo gli scenari accessibili ai futuri insegnanti e ai docenti, il progetto favorisce l’integrazione digitale nel campo dell’apprendimento e dell’insegnamento nelle scuo-­‐
le primarie. Infine, l’obiettivo del progetto è quello di fornire una serie di raccomanda-­‐
zioni per lo sviluppo e l’integrazione di risorse digitali nel campo dell’educazione al pa-­‐
trimonio culturale sul lungo periodo per un utilizzo più immediato del menu degli sce-­‐
nari durante la lezione in classe. Tali raccomandazioni sono basate sui risultati della fase pilota del progetto stesso. 2. Sviluppare capacità di base e trasversali attraverso l’utilizzo di metodi innovativi. L’obiettivo di integrare risorse digitali e opportunità nell’educazione (in special modo nel campo dell’educazione al patrimonio culturale) deve essere preso in considerazio-­‐
ne alla luce dell’apprendimento nel XXI secolo. Nella loro opera intitolata “21st Centu-­‐
ry Skills: Learning for Life in Our Times” (2009), Trilling e Fadel hanno creato un con-­‐
testo di capacità trasversali necessario a preparare la società alla complessa realtà del XXI secolo. Le capacità di pensiero critico, creatività, comunicazione e collaborazione RICERCA
(in inglese Critical Thinking, Creativity, Communication and Collaboration, dette le 4 C) sono incorporate nel menu. Gli scenari danno la possibilità agli studenti di riflettere criticamente su temi relativi al patrimonio culturale; essi collaborano e comunicano in gruppo al fine di trovare soluzioni creative ai problemi posti loro. Oltre alle capacità trasversali, attraverso varie attività presenti negli scenari viene preso in considerazio-­‐
ne lo sviluppo di capacità di base come la scrittura e l’abilità matematica. 3. Rafforzare il profilo delle professioni relative all’insegnamento: in seno al progetto, i futuri insegnanti verranno istruiti sull’uso degli scenari. Inoltre, lo scopo è quello di in-­‐
tegrare i corsi nel curriculum regolare dei futuri professori universitari (principalmente dopo la fine del progetto). Non meno importante, attraverso la loro diffusione, gli scenari saranno disponibili ad altri insegnanti nell’UE. Il progetto è innovativo in quanto unisce tre differenti ambiti: 1. l’educazione al patrimonio culturale, per sperimentare nell’ambito dell’ 2. integrazione e innovazione digitale nell’ 3. istruzione primaria. La metodologia applicata al progetto è basata sulla logica della conversione della base teori-­‐
ca per l’innovazione digitale nell’educazione al patrimonio culturale in un menu pratico di scenari per l’insegnamento e risorse digitali, testando il menu e utilizzando i risultati del test per arricchire la base teorica. Obiettivo La Research Agenda del progetto DICHE può essere utilizzata come base per ulteriori ricerche in ambi-­‐
to accademico, fornendo nuove informazioni circa l’utilizzo delle risorse digitali nel campo dell’educazione. Tali nuove informazioni possono essere utilizzate a livello pratico. La Research Agenda del progetto DICHE deve essere presa in considerazione alla luce dell’apprendimento nel XXI secolo con l’obiettivo di fornire metodi innovativi per lo sviluppo delle capacità di base e trasversali. Ciò comprende: • Questioni di carattere accademico cui ancora non si è trovata risposta e argomenti che richiedono ulteriori ricerche; • Panoramica sullo stato dell’arte; • Una Rassegna Bibliografica circa le possibilità di miglioramento delle capacità di ap-­‐
prendimento nel XXI secolo; • I casi di studio dei partner DICHE circa l’utilizzo dei tool digitali nell’educazione al pa-­‐
trimonio culturale; • Un elenco delle risorse digitali già disponibili e collegate a ciascun caso di studio; • Una breve panoramica dei sistemi di istruzione per ciascun paese partner del progetto RICERCA
DICHE; • Un glossario audio-­‐video relativo alle 4 C: Creatività, Comunicazione, Pensiero Critico e Collaborazione. Target del dodumento I principali target group della Research Agenda del progetto DICHE sono i seguenti: • Ricercatori • Insegnanti • Educatori Le questioni di ricerca ancora in sospeso, lo stato dell’arte dell’integrazione digitale, l’innovazione nel-­‐
le classi e la rassegna bibliografica sulle competenze del XXI secolo servono da base teorica ai ricerca-­‐
tori per lo sviluppo di nuovi progetti di ricerca in ambito accademico. In effetti, questo punto della Re-­‐
search Agenda del progetto mira a presentare le ricerche già disponibili sullo sviluppo delle capacità di apprendimento nel XXI secolo, riassumendo vari e differenti studi accademici e relativi risultati. I casi di studio dei vari partner e la collezione di risorse digitali possono essere di aiuto agli insegnanti presenti e futuri nonché agli educatori nella creazione di un percorso educativo innovativo, il cui obiet-­‐
tivo principale sia lo sviluppo di comunicazione, collaborazione, pensiero critico e creatività. Agli educatori è inoltre fornita una panoramica sintetica dei sistemi di istruzione di ciascun paese partner (Italia, Regno Unito, Paesi Bassi e Belgio), grazie alla quale viene loro data la possibilità di comprendere i vari utilizzi dei tool digitali in differenti sistemi culturali ed educativi. Il glossario audio-­‐video può rivelarsi utile per chiunque voglia conoscere i vari punti di vista sullo svi-­‐
luppo delle capacità delle 4 C attraverso l’educazione al patrimonio culturale. RICERCA
Contesto per la definizione delle capacità di apprendimento nel XXI secolo: il MODELLO KSAVEL I partner del progetto DICHE si sono trovati d’accordo sull’utilizzo di un modello specifico per la classificazione delle competenze, KSAVE, grazie al quale la concezione delle capacità nel XXI se-­‐
colo è stata diffusa nella comunità scientifica. Il presente diagramma definisce le 10 competenze raggruppate in 4 categorie come segue: Modi di pensare Creatività e innovazione Pensiero critico, problem solving, capacità decisionale Imparare ad imparare, metacognizione Modi di lavorare Comunicazione Collaborazione Strumenti per lavorare Competenze informatiche (compresa la ricerca sulle fonti, prove, preconcetti, ecc.) Competenze uso TIC Vivere nel mondo Cittadinanza – locale e globale Vita e carriera Responsabilità sociale e personale (inclusa la consapevolezza e le capacità in ambito cultura-­‐
le) Il modello è stato elaborato a seguito dello sviluppo di una nuova concezione delle compe-­‐
tenze chiave, connesso ad una nuova e contemporanea idea di conoscenza e uso delle tecno-­‐
logie. L’informazione e la comunicazione hanno modificato la vita e il lavoro delle persone: nella società del XXI secolo condividere informazioni, collaborare con altri individui e utilizza-­‐
re i tool digitali è cosa di routine. D’altro canto, il mondo dell’economia e del lavoro muta co-­‐
stantemente e le persone devono risolvere problemi complessi e migliorare le proprie cono-­‐
scenze, anche tecnologiche, in modo da poter essere produttive anche in futuro. Il modello KSAVE raggruppa in modo innovativo e moderno Conoscenza, Capacità, Atteggiamenti, Va-­‐
lori. Il progetto DICHE considera il modello KSAVE un approccio teorico importante per la defini-­‐
zione delle capacità nel XXI secolo. In particolare, ogni attività del progetto sarà pianificata per migliorare le 4 C, definite da Tril-­‐
ling e Fadel (2009) come capacità trasversali, necessarie per rendere la società pronta per la RICERCA
complessa realtà del XXI secolo. La particolare prospettiva del Belgio Il modello fiammingo di definizione delle competenze chiave si abbina particolarmente bene alla definizione e se-­‐
lezione delle competenze chiave descritte dall’OCSE nell’Executive Summary del progetto DeSeCo (2005), nel quale le competenze chiave sono descritte come segue: • La capacità di utilizzare in modo interattivo conoscenze e informazioni: ciò richiede una riflessione critica sulla natura dell’informazione stessa: la sua infrastruttura critica e il suo contesto e impatto a livello sociale, cultu-­‐
rale e persino ideologico. • La capacità di relazionarsi bene con gli altri: gli individui sono capaci di rispettare ed apprezzare i valori, le credenze, le culture e le storie degli altri in modo da poter creare un ambiente nel quale sentirsi benaccetti, di cui far parte e nel quale prosperare. • La capacità di agire all’interno di un quadro più vasto: comprendere gli schemi ricorrenti e avere un’idea del sistema nel quale si trovano (ad es. comprendere la sua struttura, la sua cultura, le sue pratiche e regole formali e informali, così come le aspettative e i ruoli che si trovano di fronte). Nel concreto, ciò si traduce in consapevolezza globale, che consente di imparare da e collaborare con individui rappresentanti culture, religioni e stili di vita differenti, in uno spirito di rispetto reciproco e dialogo aperto sia in contesti personali che lavorativi. Inoltre, essa permette di comprendere la cultura di altre nazioni, compreso l’utilizzo di altre lingue. Le capacità di comprensione e innovazione riassumono e utilizzano in maniera efficace gli strumenti più appropriati, le caratteristiche e le convenzioni, le espressioni e le interpretazioni in ambienti vari e multiculturali per creare prodotti mediatici. Ci si aspetta che chi apprende sia in grado di lavorare efficacemente in gruppo, rispettando le differenze culturali ed operando con persone provenienti da una serie di ambienti sociali e culturali diversi, facendo anche leva sulle differenze sociali e culturali per avere nuove idee e incrementare sia il li-­‐
vello di innovazione che la qualità del lavoro. Educazione culturale e competenze nel XXI secolo L’11 giugno 2015, nel corso di un incontro a livello nazionale tra tutte le organizzazioni coinvolte nel campo dell’”Educazione culturale di qualità”, Hans van Dael è stato uno dei relatori. Van Dael lavora per la BMC, un’azienda privata specializzata in consulenza nel settore pubblico. Il suo principale ambito di lavoro è quello dello sviluppo delle scuole e delle organizzazioni. Nel suo discorso, van Dael ha fornito un resoconto della sua esperienza nello studio per conto del Ministero: una serie di documenti orientativi redatti dalle scuole primarie nei Paesi Bassi. Dalla sua esperienza, egli ha appreso che le competenze del XXI secolo appaiono in quasi tutti i documenti orienta-­‐
tivi: le 4C sembrano essere un “tema caldo” nel campo dell’educazione primaria. Tuttavia, con sua grande sorpre-­‐
sa, le competenze del XXI secolo non sono mai connesse all’ambito della cultura o dell’educazione culturale, per-­‐
ciò, nelle scuole, il collegamento tra cultura e competenze del XXI secolo non pare essere evidente. RICERCA
Quesiti di ricerca Per definire l’obbiettivo principale delle attività del progetto DICHE, sono stati identificati i quesiti di ricerca da analizzare durante tutta la durata del progetto: • Quali sono gli approcci digitali in grado di migliorare la connessione tra le competenze del XXI secolo e il patrimonio culturale? • Come dovrebbero essere sviluppate le competenze dei docenti (definite come un in-­‐
sieme di conoscenze, capacità e atteggiamenti) allo scopo di assicurare un uso degli approcci digitali efficace a livello pedagogico? • Quali pratiche degli insegnanti e futuri docenti possono promuovere lo sviluppo delle 4C negli studenti? Sintesi narrativa Quanto segue ha lo scopo di fornire informazioni circa lo Stato dell’arte sulle competenze del XXI secolo. Si tratta di un riassunto dei vari studi presenti a livello accademico e relativi ri-­‐
sultati, volto ad evidenziare le pubblicazioni più rilevanti sull’argomento dei tool digitali uti-­‐
lizzati per migliorare l’educazione al patrimonio culturale, specialmente nell’ambito della scuola primaria. Modi di pensare Creatività e innovazione Il ruolo della creatività e dell’innovazione è senza dubbio centrale, sebbene esso sia poco pre-­‐
so in considerazione dalle politiche di sviluppo in Occidente. Come afferma Siøvoll (Skogen – Siøvoll, 2010), l’istituzione dell’Anno Europeo della Creatività e dell’Innovazione (2009), du-­‐
rante la crisi finanziaria globale, ha rinforzato l’idea del forte legame tra la creatività e l’innovazione. Il loro uso è considerato essenziale per lo sviluppo di nuovi metodi per l’acquisizione di conoscenza, nuove opportunità e nuove idee. Siøvoll (Skogen – Siøvoll, 2010) sottolinea la necessità del ruolo dell’educazione nella promozione della creatività e dell’innovazione: il risultato di una tale inclusione potrebbe portare alla promozione della im-­‐
prenditorialità. P21 – la Partnership per l’Apprendimento del XXI Secolo propone una definizione di “creati-­‐
vità” che fa eco a Stein (1953): “un’opera unica che sia accettata come valida, utile o soddi-­‐
sfacente da un gruppo di persone in un determinato momento storico”. Si pone l’accento sull’importanza di due caratteristiche, quella della “novità” e quella dell’”utilità”, entrambe RICERCA
parte del concetto di creatività. Viene inoltre suggerita, come riferimento, una definizione fornita da altri studiosi che pongono l’enfasi sul fatto che “un prodotto creativo debba essere sorprendente e non ovvio (Amabile, 1996; Boden, 2004; Simonton, 2012). Nella descrizione teorica del suo ampio programma di ricerca “Culture in the mirror”, il prof. Barend van Heusden (Università di Groningen), definisce la creatività “la capacità di utilizzare i ricordi in un modo non scontato”. Perciò, una persona creativa sa creare un ponte tra le dif-­‐
ferenze esistenti tra memoria e realtà in una maniera particolare, ad esempio sviluppando nuove tecniche o dando nomi differenti alle cose, ragion per cui l’immaginazione è considera-­‐
ta l’ingrediente principale di un programma sull’educazione culturale di successo. Discutendo di immaginazione, varrebbe la pena ricordare le riflessioni di Van Boxtel sull’importanza di in-­‐
segnare ai ragazzi a esplorare il patrimonio culturale da prospettive differenti, operazione da lei definita “multi-­‐prospettiva”. Quando gli studenti si approcciano al patrimonio culturale e agli eventi storici, proiettano inevitabilmente la loro immaginazione nel passato. Gli studenti devono guardare al di là del loro contesto personale per poter immaginarsi indietro nel tem-­‐
po. Van Boxtel non suggerisce che siano soltanto gli studenti a trasportare se stessi al tempo e nei luoghi del periodo storico in esame, ma tutti coloro coinvolti nel processo educativo. Utilizzando la propria immaginazione in questa maniera, essi utilizzano l’approccio della mul-­‐
ti-­‐prospettiva. In un certo senso, tale approccio si lega al concetto di pensiero critico. Il rapporto di P21 sulla “creatività” si occupa inoltre dei modi in cui i docenti possono rendere i propri studenti più creativi. Fondamentalmente, la risposta è che “lo sviluppo delle compe-­‐
tenze creative è il risultato di un’interazione tra la persona e l’ambiente (Beghetto e Kauf-­‐
man, 2014; Kozbelt, Beghetto e Runco, 2010). Per quanto attiene alla persona, i ricercatori hanno evidenziato vari fattori interconnessi, tra cui l’abilità di fare nuove esperienze (Feist, 2010), la fiducia nella propria capacità creativa (Bandura, 1997; Beghetto, 2006), la motiva-­‐
zione favorita da una determinata attività (Amabile, 1996; Hong, Hartzell e Green, 2009), la conoscenza dell’argomento e la competenza (Ericsson et al., 1996), la volontà di assumersi ri-­‐
schi rilevanti (Beghetto, 2009; Sternberg, 2010), e la capacità di affrontare le critiche (Simon-­‐
ton, 2010; Sternberg e Lubart, 1995)”. “In riferimento alla classe, la ricerca suggerisce che gli ambienti di apprendimento giochino un ruolo almeno altrettanto importante, nel promuove-­‐
re la creatività degli studenti, delle loro caratteristiche personali (ad es. Niu, 2007; Runco, 2014)”. Non si può poi non sottolineare l’influenza delle pratiche di insegnamento dei docenti sulla creatività. Storytelling digitale e creatività Robin (2008) afferma che “lo storytelling digitale permette agli utenti di computer di diventare narratori crea-­‐
tivi attraverso il processo tradizionale di selezione dell’argomento, conduzione di ricerche, redazione di un te-­‐
sto scritto e sviluppo di una storia interessante”. E ancora: “forse i maggiori benefici in classe possono essere riscontrati quando agli studenti viene affidato il compito di creare le proprie storie digitali, sia individualmente che come risultato di un’attività di gruppo. RICERCA
Competenze del XXI secolo o Bildung? Recentemente, la LKCA (Landelijk Kennisinstitut Cultureducatie en Amateurkunst – National Centre of Exper-­‐
tise for Cultural Education and Amateur Arts) ha espresso opinioni interessanti circa un eccessiva concentra-­‐
zione sull’argomento delle competenze del XXI secolo. Nella pubblicazione “Culture turning over” viene pre-­‐
sentata una interessante lista di tendenze e questioni reali che potrebbero influenzare l’educazione culturale nel (prossimo) futuro. Vengono forniti 18 argomenti chiave, il numero 2 dei quali è denominato: “Competenze del XXI secolo o Bildung?”, e viene illustrato nel dettaglio come segue: Le opzioni strategiche sono: a. Investire in capacità creative e innovative per il XXI secolo. b. Investire in una più vasta educazione e consapevolezza culturale. La presente attenzione alla creatività può essere connessa all’approccio utilizzato per l’educazione avente come obiettivo la nostra economia che guarda all’innovazione come motore per sostenere la nostra prosperità. D’altro canto, si riscontra un sempre più profondo interesse per il concetto di “Bildung”, lo sviluppo e la funzione riflessiva dell’educazione. Il processo di sviluppo della personalità di un individuo può essere sostenuto dall’educazione culturale. Creatività e innovazione riguardano il modificare lo status quo, liberandosi, di tanto in tanto, del “bagaglio” culturale. La Bildung necessita della conoscenza di quanto è accaduto in precedenza e della comprensione del-­‐
la propria cultura in relazione a quelle degli altri. Alla luce di ciò, l’educazione culturale dovrebbe essere una conferma o un fattore di disturbo? Le competenze del XXI secolo sono principalmente incentrate sulle capacità cognitive. Tale persistente enfasi unilaterale sulla cognizione è responsabile per la perdita, da parte di un gran numero di persone, della loro connessione con la società. Allo stesso tempo, essa sottovaluta il valore di capacità incentrate maggiormente su aspetti di carattere fisico, mentale e sensoriale. Questo genere di capacità possono essere incrementate dalle qualità educative di sport ed educazione culturale, basate sul concetto dell’apprendimento attraverso l’azione e l’esperienza diretta. Perciò, una più equa considerazione delle capacità non strettamente cognitive nell’ambito dell’educazione può contribuire al raggiungimento di un migliore equilibrio nello sviluppo dei gio-­‐
vani, incrementare la loro fiducia in se stessi e includere coloro che altrimenti fallirebbero nella mera competi-­‐
zione cognitiva. La Bildung e una più varia educazione contribuiscono a plasmare personalità e si basano anche su capacità di apprendimento non cognitive che sono altamente necessarie nella società moderna. Bildung significa anche, inoltre, riflessione. Pensiero Critico, Problem solving e capacità decisionali Per quanto attiene agli altri Report della Research Brief Series sulle 4C, P21 parte da definizio-­‐
ni e modelli, passando per le più note pietre miliari, dai primi tentativi di Dewey nel 1910, pas-­‐
sando per la tassonomia di Bloom (Bloom, Engelhart, Furst, Hill e Krathwohl, 1956; Krathwohl, Bloom e Masia, 1964) e le sei categorie “gerarchiche” nell’ambito cognitivo: conoscenza, com-­‐
prensione, applicazione, analisi, sintesi e valutazione, fino a giungere alla più recente revisione del proprio lavoro operata da Krathwohl (2002), nella quale il processo è meno gerarchico e l’aspetto cognitivo viene diviso in due dimensioni: la dimensione della Conoscenza (con cate-­‐
gorie che rappresentano la conoscenza fattuale, concettuale, procedurale e metacogitiva) e la RICERCA
dimensione del Processo Cognitivo (ricordare, comprendere, applicare, analizzare, valutare, creare). Quanto affermato da P21 è che “le capacità e caratteristiche riflessive, analitiche, valu-­‐
tative e decisionali sono temi comuni attraverso queste definizioni, concettualizzazioni e teo-­‐
rie”. Sin dal 2010, il Laboratorio di Pedagogia Sperimentale (LPS) in seno alla facoltà di Scienze del-­‐
la Formazione dell’Università di Roma Tre svolge ricerche sulle possibilità di miglioramento delle capacità di pensiero critico degli studenti al fine di sostenere lo sviluppo e la promozione dell’utilizzo critico della tecnologia nell’educazione. Una serie di progetti del dipartimento, coordinati dai ricercatori dell’LPS, ha ricevuto sovvenzioni dal 2011 al fine di raggiungere tali obiettivi (Poce et al., 2011, 2012, 2014). Il tema del progetto Contenuti per la Definizione di una Tecnologia Critica è la verifica dell’efficacia di un modello didattico proposto online a un gruppo di laureandi di Pedagogia, Dipartimento di Scienze della Formazione, UniromaTre, con lo scopo di migliorare le loro ca-­‐
pacità di pensiero critico. L’abilità di valutare le capacità di pensiero critico è essenziale se si tiene in considerazione l’urgente necessità di rinnovamento e innovazione, specialmente nell’ambito dell’educazione, e di definire politiche in grado di incrementare il benessere socia-­‐
le. Come affermano Paul ed Elder (2002, p. 230): “ciascuno pensa, è nella natura di ciascuno di noi. Tuttavia, la maggior parte dei nostri pensieri, se lasciati a se stessi, sono deviati, distorti, parziali, mal informati o totalmente avvelenati dal pregiudizio. Eppure, la qualità della nostra vita e di quello che noi stessi produciamo, facciamo o costruiamo dipende precisamente dalla qualità dei nostri pensieri”. La ricerca Contenuti per la Definizione di una Tecnologia Critica è sta-­‐
ta portata avanti in questo contesto e, sebbene sia stata posta in essere nell’ambito dell’educazione superiore, si pone come obiettivo quello di proiettare i propri risultati in vari ambienti, in modo tale che essi possano contribuire a migliorare anche altre aree, come quella del lifelong learning, migliorando lo sviluppo di vari ambiti della conoscenza. Le analisi portate avanti all’interno del suddetto progetto sono mirate principalmente a identificare la direzione per la delineazione di strumenti didattici efficaci, questo anche attraverso l’uso di un modello di analisi dei contenuti capace di misurare il contributo del pensiero critico fornito dagli studenti nella redazione di un testo scritto, anche in un contesto informale. La questione relativa all’analisi dei testi prodotti online dagli studenti è stata già oggetto di discussione a vari livelli. Marra et al. (2004) svolgono un’analisi dei modelli disponibili e identificano quello sviluppato da Newman, Webb e Cochrane (1997), come il più efficace per valutare la qualità delle intera-­‐
zioni online, inserite in un forum di discussione attivo per gli studenti di Education Science presso la Missoury State University. Una versione adattata del modello citato è stata impiegata, inoltre, per valutare il contributo del pensiero critico da parte degli studenti nei testi forniti durante l’intervista online proposta a RICERCA
coloro che hanno usato i podcast dei modelli di Metodologia della Ricerca e Teoria e pratica della Scrittura (Dipartimento di Scienze della Formazione, Roma Tre). Perciò, l’esperienza condotta in seno al progetto induce i ricercatori a sviluppare ulteriormente il modello, esten-­‐
dendo la sua applicazione anche ad altri ambiti della conoscenza. Risulta infatti interessante essere capaci di osservare se un modello che induce gli studenti a riflettere sul testo in senso canonico, analizzato con le modalità sopra descritte, migliora il pensiero critico e la produzione scritta, anche in contesti in cui, tradizionalmente, non è pratica comune leggere lavori il cui ca-­‐
rattere sia essenzialmente umanistico. In questa sede si fa riferimento a contesti quali quelli della facoltà di medicina o quella di ingegneria, per le quali agli studenti è richiesto di mettere in pratica le proprie capacità creative, decisionali e di rapidità, oltre a quelle relative alla produ-­‐
zione di rapporti scritti sullo stato di salute dei pazienti o sull’analisi di un dato problema. Il do-­‐
cumento redatto dall’OCSE “Investing in Human and Social Capital” (2010, p. 2), afferma che a causa della crisi economica “sono stati effettuati tagli nel settore dell’istruzione e della forma-­‐
zione, della istruzione della prima infanzia e nell’assistenza”. A prescindere da questo aspetto, tuttavia, persone disoccupate e persone impiegate nei settori economici più deboli cercano opportunità di formazione per migliorare la propria posizione sul mercato del lavoro. Ciò ha provocato una situazione paradossale in cui il settore dell’istruzione superiore e quello delle istituzioni di formazione professionale si trovano a dover affrontare una più alta domanda con risorse limitate. Secondo quanto afferma l’OCSE, alcuni paesi hanno reagito introducendo mi-­‐
sure specifiche per investire nello sviluppo delle capacità, la ricerca e l’innovazione, essendo consapevoli del fatto che i tagli al budget per l’educazione danneggeranno coloro che sono al momento più vulnerabili e hanno quindi promosso politiche per migliorare l’uguaglianza delle opportunità di apprendimento. Ci si è resi conto che, per divenire più produttive e crescere, le organizzazioni dovrebbero diventare organizzazioni per l’apprendimento (Laurillard, 2008, p.35), cioè luoghi in cui si promuovano strumenti utili al miglioramento dell’individuo e, conse-­‐
guentemente, all’apprendimento in seno all’organizzazione stessa. Se ci si concentra sull’educazione al patrimonio, non ci si può esimere dal nominare van Boxtel, la quale sottolinea l’importanza dell’esperienza diretta dell’educazione al patrimonio quando si riferisce ai musei. Vedere gli oggetti di cui si parla non solo rende la storia reale e tangibile per gli studenti, ma li fa sentire coinvolti. Essi possono immaginare come si viveva all’epoca tratta-­‐
ta e sentirsi connessi alle persone del passato. Questo sentimento di “connessione” stimola la motivazione degli studenti ad apprendere. Perciò, suscitando la loro motivazione intrinseca, l’esperienza del patrimonio culturale promuove l’insegnamento della storia stessa. D’altro can-­‐
to, tuttavia, van Boxtel nota come questo stesso sentimento di connessione possa fungere da barriera per il corretto apprendimento della storia. Infatti, quando ci si identifica fortemente con un personaggio storico o si hanno vivide memorie di un luogo del passato diventa difficol-­‐
toso mantenere quella distanza analitica necessaria per lo studio della storia. Van Boxtel criti-­‐
ca, ad esempio, i musei che tentano di incrementare il numero dei visitatori attraverso esibi-­‐
RICERCA
zioni spettacolari che favoriscono l’immedesimazione nel periodo storico in esame, poiché ri-­‐
sulta difficile, per i visitatori, combinare questa esperienza di immedesimazione totale con una varietà di punti di vista. Perciò, van Boxtel propende per un più equilibrato uso del patrimonio culturale nell’educazione: l’immaginazione deve essere usata per evocare la motivazione, ma allo stesso tempo bisogna prestare attenzione alle interpretazioni che tengono conto di una sola prospettiva. La studiosa pone sempre l’accento sulla multi-­‐prospettiva: il patrimonio cul-­‐
turale contribuisce alla definizione di un’identità collettiva, ma ciò implica che esso può anche escludere. Spesso, il patrimonio culturale è stato utilizzato in maniera eccessiva per celebrare il passato in modo tale da porre l’accento sull’unità di una nazione oggi, o anche a beneficio di un certo potere politico. Per questa ragione, van Boxtel suggerisce di guardare al significato di pa-­‐
trimonio culturale da varie prospettive. La prospettiva di COOPCULTURE Uno dei contesti maggiormente efficaci in cui un educatore museale può stimolare e osservare l’uso e lo svi-­‐
luppo dei modi di pensare di uno studente proposto dal modello KSAVE è quello delle esposizioni permanenti e temporanee di arte contemporanea. Abbiamo sperimentato che l’arte contemporanea, grazie alla sua specifica tendenza a sottrarsi alle definizioni prestabilite, è contesto particolarmente fertile quando si vuole mostrare agli studenti il prodotto di qualcuno che “pensa al di fuori della scatola”. Interpretare significa anche pensare fuori dagli schemi, non ci sono rispo-­‐
ste errate. Molti tra gli operatori di COOPCULTURE hanno riportato che studenti ai vari livelli del sistema sco-­‐
lastico, provenienti da background culturali differenti, e che presentavano differenze di età e origine geografi-­‐
ca hanno spesso reazioni simili: hanno bisogno di tempo per comprendere e fidarsi circa il fatto che non si tro-­‐
vano in un contesto educativo frontale di tipo tradizionale e che hanno il permesso, anzi, sono incoraggiati a esprimersi attraverso libere associazioni mentali. Dopo aver fornito agli studenti un’introduzione circa lo sfon-­‐
do storico di una determinata opera d’arte e l’interpretazione data dai critici, essi sono invitati a esprimere un giudizio personale sull’opera. È proprio qui che la reazione più interessante viene spesso suscitata: gli studenti comprendono che il giudizio sull’arte contemporanea è totalmente personale e che questo campo in particola-­‐
re presenta questioni per rispondere alle quali non c’è una sola spiegazione. Cos’è l’arte? Cosa è la bellezza? Cosa rende una persona un artista? La comprensione che la propria risposta è tanto valida quanto quella di chiunque altro provoca negli studenti un effetto incoraggiante, che fa comprendere loro come le vie della cultura non siano tutte predefinite. Più in generale, visitare vari contesti, ad esempio vari tipi di musei e siti archeologici, all’aperto e non, moderni e an-­‐
tichi, tradizionali e innovativi, rende gli studenti consapevoli che l’ambiente dell’arte è un altro tra gli strumen-­‐
ti culturali a loro disposizione. Gli studenti imparano come funziona un sito culturale, come esso è organizzato e quali strumenti esso offra. Ma come valutare al meglio il pensiero critico nei contesti educativi? P21 riporta che “i ricer-­‐
catori sono generalmente concordi sul fatto che le valutazioni dovrebbero essere basate sulle simulazioni che approssimano problemi di vita reale e questioni che rispecchino problemi, contesti e performance “autentici” (Bonk e Smith, 1998; Halpern, 1998). Si rende cruciale una riflessione sull’assunto che “istruzioni specifiche appaiono essere una componente chiave dell’insegnamento delle capacità di pensiero critico di successo. Marin e RICERCA
Halpern (2011) hanno riscontrato prove del fatto che gli studenti cui era esplicitamente inse-­‐
gnato il pensiero critico (ad es. studenti che erano a conoscenza del fatto di stare seguendo un corso inerente al pensiero critico) riuscivano meglio di coloro che frequentavano un corso della cui struttura le capacità erano parte. Storytelling digitale e pensiero critico Riflettendo sulla struttura circolare nel processo della metodologia dello storytelling digitale, come afferma Sadik, l’interazione tra studenti, il flusso di idee e pensieri ad alta voce incoraggia gli studenti ad una forma di apprendimento attivo, in cui gli utenti scoprono e affrontano i vuoti nella loro comprensione quando si trova-­‐
no a dover spiegare un concetto agli altri (Kafai et al. 1997; Tyner, 1998). Inoltre, Sadik ricorda che “Jonassen e Carr (2000) affermano che perché gli studenti costruiscano il proprio ba-­‐
gaglio di conoscenze, essi dovrebbero essere attivamente coinvolti nell’apprendimento attraverso l’utilizzo di tecnologie digitali”. Come evidenziato da Sadik, “gli studenti erano incoraggiati a pensare in maniera più profonda al significato dell’argomento trattato o della storia raccontata e a personalizzare la loro esperienza, anche chiarificando ciò che sapevano sull’argomento prima e durante il processo di sviluppo e comunicazione delle proprie storie. Punti di vista ben selezionati, contenuti non convenzionali e la varietà delle risorse indicano che gli studenti non hanno meramente riportato fatti e concetti connessi alla materia, ma che hanno riflettuto sui propri pen-­‐
sieri e sul proprio coinvolgimento nei confronti della stessa, a livello sia visivo che uditivo”. Come suggerisce Porter, “il processo di storytelling digitale ci aiuta a trasformare fatti isolati in comprensione illuminata e duratura. ‘Vivendo nella storia’, facciamo in modo che l’informazione diventi viva a livello emo-­‐
zionale. Esplorando le ‘lezioni apprese’ andiamo al di là del mero racconto di un contenuto e troviamo il suo significato più profondo. Problem solving e storytelling digitale Sadik pone inoltre l’accento sul fatto che “Jonassen e Hernandez-­‐Serrano (2002) suggeriscono tre maniere per favorire l’apprendimento attraverso l’utilizzo di storie. La prima: esse possono essere utilizzate come esempio di concetti o principî insegnati da istruzioni dirette. La seconda: possono essere impiegate come problemi che gli studenti sono chiamati a risolvere. La terza: le storie possono essere usate come suggerimento per gli stu-­‐
denti quando essi sono chiamati a risolvere un problema”. Imparare ad imparare, meta cognizione Il concetto di metacognizione è stato introdotto da Favel (1976) come “la conoscenza che prende ad oggetto o regola ogni aspetto di ogni impegno cognitivo” (Brown e Campione, 1981, p. 521). L’utilizzo di questo termine ha posto l’accento sulla separazione tra le cono-­‐
scenze sulla cognizione e la regolazione di essa. Ogni attività nella quale il discente gestisce il comportamento del proprio pensiero (ad es. interrogando se stesso o verificando quanto egli stesso ha pensato) è una attività metacognitiva. Meichenbaum, Burland, Gruson e Cameron (1985) prendono in considerazione un approccio RICERCA
diverso allo studio e alla valutazione delle attività metacognitive dei bambini: l’uso di intervi-­‐
ste e tecniche di pensiero ad alta voce, spesso in situazioni a tu per tu. In generale, gli studen-­‐
ti imparano di più quando le proprie capacità metacognitive sono ben sviluppate. Graesser et al. (2005) affermano che ci sono varie difficoltà tra i discenti quando essi non possiedono un adeguato livello di capacità metacognitive, ad esempio quando il loro livello di comprensione è basso. Perciò, la metacognizione risulta essere la chiave del successo nell’apprendimento. Baker (2002) afferma che la metacognizione dovrebbe essere messa al centro dell’ambiente di apprendimento per sostenere il cammino del discente verso l’indipendenza e il successo. La metacognizione è strettamente connessa all’apprendere come apprendere le capacità e in generale alla cittadinanza. L’apprendere come apprendere è stato inserito fra le 8 competenze chiave dal Parlamento Europeo nel 2006. Questo concetto è stato variamente definito ed esplorato da diversi ricer-­‐
catori. Morin (1999) afferma che la conoscenza della propria conoscenza è un prerequisito per la chiarezza della mente ed un principio necessario per l’educazione; Goleman (1999) so-­‐
stiene che la conoscenza più importante sia sapere come imparare. Tuijnman e Van der Kamp (1992) definiscono l’apprendere come apprendere non solo un concetto, ma anche un obbiettivo educativo.. Storytelling digitale e apprendere ad apprendere È importante sottolineare l’influenza dello storytelling sulla motivazione degli studenti e la sua efficacia nello svelare nuovi interessi, specialmente se ci troviamo a cercare strumenti “che aiutino a migliorare l’atteggiamento verso l’apprendimento e la motivazione degli studenti con difficoltà dell’apprendimento”, come afferma Lee. In un articolo sull’insegnamento delle “storie digitali” a studenti universitari, Coleborne e Bliss (2011) si con-­‐
centrano sull’uso dello storytelling digitale nell’”insegnamento della storia basato sull’apprendimento dall’esperienza”. Pongono inoltre l’enfasi sul ruolo delle emozioni in tale processo affermando che lo storytel-­‐
ling digitale “favorisce il racconto di storie con significati emozionali”: “Scienziati sociali, tra cui geografi e sto-­‐
rici, prendono molto seriamente il ruolo giocato dall’emozione e dal concetto di ‘personificazione’ nella loro ricerca”. L’attenzione alle emozioni dirige la consapevolezza dei ricercatori verso metodi alternativi di cono-­‐
scere, essere e agire nel mondo e verso i modi in cui le relazioni emotive stanno plasmando la società e lo spa-­‐
zio”. Robin (2008) illustra un interessante passaggio dai dati alla conoscenza ispirato dalla metodologia dello sto-­‐
rytelling digitale: “quando gli studenti usano la tecnologia come nello storytelling digitale, essi imparano a ‘convertire i dati in informazioni e a trasformare l’informazione in conoscenza’” (Cradler, McNabb, Freeman e Burchett, 2002, p. 3). Inoltre, “sebbene siano state condotte poche ricerche circa l’efficacia dello storytelling digitale, sono stati riportati numerosi risultati riguardo ai benefici dei progetti multimediali grazie ai quali gli studenti hanno mostrato un miglioramento nelle loro capacità di ricerca. Lo storytelling digitale incrementa le capacità organizzative e suscita interesse nella materia oggetto di insegnamento. (Paull, 2002; Salpeter, 2005). RICERCA
Modi di lavorare Comunicazione Secondo quanto affermato nel rapporto della P21, Research Brief Series sulle 4C, la comuni-­‐
cazione non ha ancora attratto la stessa attenzione a livello scientifico delle altre competen-­‐
ze del XXI secolo. Infatti, fino ad ora, molto spesso al centro dell’attenzione è stata princi-­‐
palmente la comunicazione tra docente e studente. Il contesto P21 “pone l’enfasi sull’utilizzo efficace delle capacità di comunicazione orali, scrit-­‐
te e non verbali per vari scopi, ad es. per informare, istruire, motivare, persuadere, e condivi-­‐
dere idee; per favorire un ascolto efficace; per migliorare l’utilizzo della tecnologia per comu-­‐
nicare ed essere capaci di valutare l’efficacia degli sforzi comunicativi, il tutto all’interno di contesti diversificati. Varrebbe la pena concentrarsi specificamente sulla Computer-­‐Mediated Communication (CMC), definita la “comunicazione tra individui che utilizzano il computer essendo separati dal tempo e/o dallo spazio (Romizowski e Mason, 1996)”, specialmente sulla CMC tra studen-­‐
te e studente (Swan, 2002). La P21 propone una riflessione sull’utilizzo che gli studenti fanno degli avatar nella comunicazione on line. Partendo dall’assunto di Kritz e Shonfeld (2012), ci si domanda “se le similitudini tra gli studenti e i loro avatar faciliterebbero l’apprendimento”. “Altri ricercatori hanno esaminato la fiducia e l’apprezzamento tra i partecipanti (Lim e Ree-­‐
ves, 2007; Witmer e Singer, 1998), e il concetto di presenza (il sentimento di trovarsi in un de-­‐
terminato ambiente pur non essendo fisicamente presenti, Lombard e Ditton, 1997) (Bracken e Skalski, 2006, 2009) con l’utilizzo di avatar. Ward e Sonneborn (2009) hanno esplorato l’uso degli avatar per l’espressione creativa, un’altra delle 4 C della P21. Media e buon senso Erin Wilkey Oh – Editore Esecutivo, Education Content Common Sense Education – evidenzia “i rischi riguar-­‐
danti la privacy dei dati e la sicurezza degli studenti, che possono creare tensioni tra la necessità degli studenti di avere esperienze nel mondo reale con pratiche digitali e il desiderio di tenere i ragazzi al sicuro sotto l’occhio attento di un insegnante. “Una crescente area di interesse nel campo dell’educazione alla comunicazione è quella dell’alfabetizzazione mediatica. Essa è definita come ‘la capacità di comprendere, analizzare, valutare e creare messaggi mediatici in una vasta gamma di forme differenti’” (Aufderheide e Firestone, 1993; Thoman, 2003). Tecnologia ed educazione Poco più di un secolo è passato da quando gli studiosi hanno cominciato a parlare di tecnologia in relazione all’istruzione. Aveva avuto infatti origine quello che, più tardi, sarebbe diventato uno sviluppo impetuoso: da una parte dalla definizione di una serie di modelli formali di apprendimento e comunicazione, dall’altra dall’emergere della tendenza ad utilizzare strumenti innovativi, principalmente (agli inizi) di tipo audio-­‐video, per scopi didattici. Nel corso dei decenni che seguirono, questi due aspetti, quello formale e quello strumentale, hanno visto RICERCA
un’evoluzione scarsamente coordinata e molto impari. In particolare, l’accento era posto sul sostegno delle potenzialità educative delle proposte strumentali, troppo spesso basate su analogie e suggestioni a breve termine. L’aura di effetti positivi associata all’avanzare delle nuove tecnologie per la comunicazione (televi-­‐
sione in primis, seguita poi dalle risorse informatiche e telematiche) pareva essere stata creata per essere este-­‐
sa alle risorse strumentali. Senza dubbio, tali effetti furono ulteriormente amplificati in maniera decisiva dal crescente interesse di quelle aziende (nazionali e, specialmente multinazionali) interessate a colonizzare il mercato dell’istruzione e dell’educazione. Sarebbe troppo semplicistico redigere un catalogo delle varie pro-­‐
poste che seguirono e grazie alle quali non c’è dubbio sul momento iniziale della palingenesi che avrebbe mo-­‐
dificato il campo dell’istruzione, anche con il supporto valido e più o meno interessato dei media per la comu-­‐
nicazione (Vertecchi, in Poce, 2012). Nessuno si domandò se ci fossero connessioni tra la regressione delle competenze linguistiche e la caduta del-­‐
la comunicazione alfabetica nella vita sociale, né nessuno si interrogò sulle conseguenze che la sostituzione di esperienze reali con quelle virtuali ha sull’acquisizione di autonomia e sul miglioramento della capacità di comprensione. Il punto chiave, infatti, è che sono necessarie nuove capacità, poiché quelle tradizionali appre-­‐
se a scuola o all’università stanno scomparendo e non sono considerate utili nell’affrontare le necessità di in-­‐
novazione e crescita che la società impone: “recenti tendenze mostrano un netto aumento nella domanda di input che necessitano comunicazioni complesse (…). Analoghi incrementi si sono verificati nella domanda di capacità analitiche non di routine, il che comprende la risoluzione di problemi per la cui soluzione non ci sono regole. Si richiede perciò agli individui di sviluppare la capacità di soluzione dei problemi e l’apprendimento enquiry based nel corso della propria istruzione (OCSE, 2010, theme 2, p. 5). Storytelling digitale e comunicazione Come evidenziato da Coleborne e Bliss (2011), Patrick Lowenthal (2009) afferma che il processo di storytelling digitale “fornisce ai docenti la possibilità di ‘ampliare la voce degli studenti’, specialmente di quelli più pacati, che non si esprimono prontamente e con voce alta in classe”. Collaborazione (lavoro di squadra) In un rapporto circa “in che modo il lavoro in gruppi di varia grandezza più aiutare gli individui nel raggiungimento di certi risultati cognitivi”, P21 porta ad esempio “la Zona di Sviluppo Prossimale di Vygotsky (1978), la quale rappresenta il divario tra ciò che uno studente può imparare da solo e ciò che la stessa persona può apprendere se lavora con un adulto o un gruppo di suoi pari”. “La definizione data dal framework di collaborazione P21 […] pone l’accento su (a) la dimostrazione della capacità di lavorare efficacemente e in un contesto di rispetto con differenti gruppi; (b) la flessibilità e la volontà di essere di supporto nel fare i compromessi necessari per raggiungere un obiettivo; (c) la responsabilità condivisa per il la-­‐
voro collettivo; e (d) il valore attribuito ai contributi individuali apportati da ciascun compo-­‐
nente del gruppo”. “Con i grandi passi avanti della tecnologia moderna nel corso del decennio passato, molti studenti hanno acquisito ulteriori possibilità di accedere alle informazioni e collaborare con i prorpi pari (Bush e Hall, 2011). Sebbene la ricerca sull’efficacia di, ad esempio, una collabora-­‐
zione mediata dalla tecnologia di tipo sincrono e asincrono non sia comune agli ambienti K-­‐
RICERCA
12, ci sono prove che la base di ricerca sarà ampliata nel corso dei prossimi anni”. Per quanto attiene all’istruzione online, la strategia più utile nello stimolare la partecipazione attiva degli studenti è senza dubbio quella della collaborazione. Tale tipo di strategia com-­‐
prende due attività complementari: la comunicazione interpersonale e la co-­‐costruzione di manufatto (Trentin in Poce, 2015). Ad esempio, affidare agli studenti il compito di creare in maniera collaborativa un maunfatto che rappresenti la sintesi di un’attività di studio ha spes-­‐
so facilitato l’aggregazione dei loro gruppi; il processo di costruzione cattura l’attenzione dei componenti del gruppo e migliora la sinergia, lo scambio di opinioni e l’espressione di argo-­‐
mentazioni quando devono essere prese decisioni o è necessario sanare divergenze di opi-­‐
nione. Le attività collaborative sono utilizzate per migliorare la motivazione e l’entusiasmo. Contributi per la Definizione di una tecnologia Critica illustra risultati che dimostrano come la presenza di un tutor online, avente funzione di moderare le discussioni, incoraggi la parteci-­‐
pazione degli studenti, i quali si mostrano meno attivi nell’ambiente di discussione online (supporto sociale). Attraverso l’apprendimento collettivo sviluppato grazie a discussioni onli-­‐
ne e la conseguente redazione di gruppo di un testo scritto, è stato possibile raggiungere obiettivi complessi, quali quello del pensiero critico, o relativi all’ambito della comunicazione, cooperazione e soluzione di problemi (Poce, 2012). Circa la valutazione, P21 evidenzia la presenza di una sfida: “Una delle difficoltà presenti al momento della valutazione di un’attività di gruppo risiede nel determinare precisamente quale aspetto si sta prendendo in considerazione. Quale risultato è più importante, quello in-­‐
dividuale o quello collettivo della collaborazione? O si prende in considerazione la capacità di un individuo di lavorare con i componenti del proprio gruppo? Storytelling digitale e collaborazione Come suggerito da Pedersen (1995), “lo storytelling è la forma originale di insegnamento”, ma se lo dobbiamo paragonare alla narrazione tradizionale “il pubblico dello storytelling digitale è considerato non solo un pubbli-­‐
co di ascoltatori, ma anche di discenti che interagiscono e plasmano la propria storia (Dorner et al. 2002)”. È importante specificare che durante il processo di storytelling digitale il pubblico non è mai passivo. Chi ascol-­‐
ta è spesso coinvolto in un circolo di feedback che è parte dell’approccio stesso in quanto possibilità di appren-­‐
dimento reciproca (chi racconta e chi ascolta hanno lo stesso status nel processo). Come confermato da Cole-­‐
borne e Bliss (2011), “il cerchio della narrazione è una componente vitale del processo del workshop, in cui gli studenti lavorano insieme e condividono le proprie storie prima ancora di crearle”. È proprio questo stadio del processo che fornisce la possibilità di definire la narrazione digitale come “una maniera di costruire una rela-­‐
zione di gruppo attraverso lo scambio di emozioni e la condivisione di idee”. Vinogradova (2011), riflettendo sulla importanza della collaborazione nel processo di narrazione digitale scri-­‐
ve: “la comunità della pratica all’interno della classe inizia a svilupparsi quando gli studenti si aiutano con le loro prime bozze, per poi continuare a svilupparsi quando gli studenti producono, infine, le proprie storie uti-­‐
lizzando un software di editing”. Tuttavia “il progetto di storia digitale fa in modo che gli studenti si concentri-­‐
no su una storia personale in un contesto collaborativo, nel quale ognuno apporta, in classe, capacità collettive che sono necessarie agli altri quando tutti lavorano per la creazione di un progetto multimodale che richieda narrativa, immagini, suoni e tecnologia”. Nella fase pilota con alcune classi egiziane, Sadik ha osservato come “sebbene gli insegnanti dedicassero mol-­‐
to tempo ad attività di gruppo in maniera flessibile per trarre vantaggio dalla disponibilità di computer e rag-­‐
RICERCA
giungere gli obiettivi di integrazione della narrativa digitale, una minoranza di studenti (20%) ha lavorato in gruppo per la maggior parte del tempo”. Bisognerebbe tenere a mente questa affermazione prima di approc-­‐
ciarsi a tale metodologia. La collaborazione di Benjamin Boom In contrasto con l’importanza della collaborazione è uno scritto di Benjamin Boom nel quale, come sottolinea-­‐
to nel Nesta Report (2012), egli afferma “che l’insegnamento individuale sia il modo migliore per apprendere. Egli ha riscontrato che i ragazzi che ricevevano lezioni individuali avevano risultati decisamente migliori rispet-­‐
to a coloro che apprendevano in un contesto scolastico tradizionale. La tecnologia può fornire da supporto al dialogo tra il discente e il docente, in particolare quando essi non si trovano nello stesso luogo, oppure quando non sono in grado di comunicare tra di loro allo stesso momento”. Un focus sul dialogo e sull’interthinking Il dialogo è considerato di grande importanza nell’ambito dell’istruzione. Esso funge, prima di tutto, da stru-­‐
mento per l’apprendimento. La ricerca ha fornito supporto empirico per l’affermazione di Vygotski sulla rela-­‐
zione tra lingua pensata e attività sociale (Mercer, 2008). Inoltre, esso è considerato come capacità necessaria nel XXI secolo, mentre nella società di oggi è crescente il numero di persone che lavorano assieme. Inoltre, il dialogo è considerato un obiettivo educativo di per sé, parte importante dello sviluppo cognitivo del presente. C’è bisogno di dialogo continuo per lavorare con prospettive multiple e una incertezza di fondo. Presso la Marnix Academie si fa distinzione tra dialogo e “inter-­‐pensiero”, interthinking (Damhuis, 2015). La questione è, nello specifico, come raggiungere l’interprensiero partendo dal dialogo? Il dialogo viene considerato come un termine dal significato molto ampio e molto specifico allo stesso tempo. Le persone indicano concetti molto differenti con lo stesso termine. Si parla della conversazione tra due sole persone o di un gruppo più esteso? In alcune situazioni (come ad esempio in classe) il dialogo consiste spesso in scambi strettamente controllati che hanno come solo obiettivo la verifica delle conoscenze acquisite. Al contrario, gli scopi educativi spesso sono aperti allo scambio aperto, nel quale ha luogo la “costruzione” della conoscenza. Perciò, il dialogo può avere vari contenuti, alcuni dei quali, si tiene a specificare, sono indicati come “inter-­‐
pensiero” (Mercer, Littleton, Wegerif, Howe, Rojas-­‐Drummond et all.). Molti sono i termini e le espressioni as-­‐
sociate all’inter-­‐pensiero: • Pensiero produttivo e collettivo (Mercer e Littleton, 2007, p. 2) • Pensare collettivamente e con successo (Mercer e Littleton, 2007, p. 17) • Dialogo produttivo (Littleton e Howe, 2010, p. 6) • Pensiero collettivo (sito web dell’Università di Cambridge) • Dialogo tra voci differenti (Wegerif, 2013, p. 29) • Pensiero in collaborazione attraverso la conversazione (Littleton e Mercer, 2013) Per gli obiettivi del progetto DICHE, l’ultima definizione chiarisce i contenuti essenziali nella maniera più effi-­‐
cace: pensare in collaborazione attraverso la conversazione. Questo tipo di pensiero diventa visibile (e udibile) attraverso la conversazione. Littleton e Mercer (2013) distinguono tre generi differenti di conversazione nella classe. Nella disputa, c’è mol-­‐
to disaccordo tra i membri del gruppo. Ogni studente prende le proprie decisioni senza tentare di mettere in-­‐
sieme le risorse od offrire critiche costruttive. Ci sono spesso molte interazioni del tipo “Sì, è così! – No, non è così!”. L’atmosfera tra i partecipanti è competitiva e non cooperativa. Questo genere di conversazione non è utile all’inter-­‐pensiero (2013, p. 15-­‐16). Il secondo tipo di conversazione è quella cumulativa, nella quale gli stu-­‐
denti ripetono ed elaborano le idee di ciascun compagno in modo non critico, bensì semplicemente accettan-­‐
do e dicendosi d’accordo con quanto affermato da altri partecipanti. Anche in questo caso, gli studenti utiliz-­‐
zano la conversazione ma non in modo da valutare le idee degli altri partecipanti in maniera attenta. L’atmosfera è competitiva, non di cooperazione. Tale genere di conversazione è talvolta utile in una fase RICERCA
dell’inter-­‐pensiero (2013, p. 16). L’ultimo tipo di conversazione rilevato da Littleton e Mercer è la così detta conversazione esplorativa (o conversazione responsabile, Resnick, 1999, ragionamento in collaborazione). In questo genere di interazione i partecipanti reagiscono sì in modo critico alle idee espresse dai compagni, ma in maniera costruttiva. Perciò, le idee dei vari studenti sono trattate come degne di considerazione. Gli studenti si fanno domande e si rispondono a vicenda, chiedono ragioni e le forniscono. Inoltre, nei gruppi, il ragiona-­‐
mento è “visibile” e “udibile” durante la conversazione (2013, p. 16). C’è un’atmosfera di fiducia, nella quale il gruppo tenta di raggiungere un accordo sulle decisioni comuni. • Grazie al progetto DICHE, la Marnix Academie vuole stimolare la conversazione esplorativa quanto più possibile. • La conversazione esplorativa può essere utilizzata durante le lezioni di educazione al patrimonio cul-­‐
turale e può essere vista come uno strumento attraverso il quale gli studenti danno un significato al patrimonio culturale. • La conversazione esplorativa è specialmente importante per il pensiero critico, uno degli aspetti prin-­‐
cipali dell’apprendimento nel XXI secolo. Wedgerif (2013) descrive in maniera più filosofica il movimento dallo spazio dialogico nell’era di internet. Se-­‐
condo lui, il cambiamento avviene da uno spazio orientato verso la classe a uno più aperto e dialogico. “Le forme di dialogo che portano all’apprendimento sono contenute fisicamente tra le mura della classe, ma in realtà sono parte di un dialogo globale di cui fa parte tutta l’umanità (p. 12)”. Facendo riferimento a questa idea, le nuove innovazioni digitali sono significative nell’incorporare la più profonda realtà di questo dialogo globale e portare tale realtà nella classe e in vite apparentemente private in modo da avere le potenzialità per dissolvere l’illusione di una separazione fisica. • Dialogo/inter-­‐pensiero nel lavoro per l’”innovazione digitale”: cosa è differente (o no?) Il gruppo di ricerca Interaction and Language presso la Marnix Academie ha sviluppato un corso di formazione in cui gli studenti e i docenti apprendono come stimolare l’inter-­‐pensiero tra gli insegnanti e gli alunni e tra gli alunni stessi. La Combilist Checklist (Damhuis, De Blauw e Brandenbarg, 2004) pone l’accento sul ruolo dell’insegnante nel promuovere l’interazione tra gli alunni. Un insegnante del genere impiega strategie di inte-­‐
razione: si impegna nel creare lo spazio e la profondità adeguati all’inter-­‐pensiero nel dialogo: (1) crea spazio quando qualcuno ha la parola, ad esempio non ponendo troppe domande, e fornendo risposte che provano come stia ascoltando per incoraggiare l’alunno a continuare; (2) chiede spiegazioni e ragioni per creare discussioni ap-­‐
profondite sull’argomento scelto. Damhuis e Sytema (2011) forniscono consigli pratici per promuovere l’interazione durante le lezioni nei corsi sulle scienze umane. Prima di tutto, è importante scegliere in anticipo momenti specifici per l’interazione con gli alunni. Nel corso di questi dialoghi di inter-­‐pensiero, il docente accompagna il processo di apprendimento più che esserne l’esperto. Inoltre, il docente pone meno domande durante questo tipo di conversazioni inte-­‐
rattive e, quando ne fa, promuove l’interazione. Infine, il docente comincia una discussione con un cosiddetto problema forte, che susciti il pensiero degli alunni e crei uno squilibrio temporaneo nelle loro idee, cosa che genera il pensiero, ad es. “Non dovremmo più preservare le fortezze sulla Linea d’Acqua Olandese, costano una fortuna!” • In che modo gli insegnanti possono suscitare le opinioni degli alunni prima, durante e dopo il loro la-­‐
voro riguardo al patrimonio culturale? • In che modo tutto ciò può essere incorporato nelle linee guida per gli insegnanti sull’uso della toolbox digitale e/o negli scenari per l’insegnamento? Che genere di formazione è necessaria ai docenti per poter essere capaci di stimolare l’inter-­‐pensiero nelle proprie classi? RICERCA
Strumenti per lavorare Alfabetizzazione digitale e TIC Come affermato in uno dei rapporti di ricerca P21, “solamente perché i ragazzi sono dei nativi digitali ciò non assicura che la loro alfabetizzazione digitale sia totale e che siano perfetta-­‐
mente edotti circa la comunicazione online. Ad esempio, Schaffhauser (2015) afferma che di quegli stessi gruppi di ragazzi che trascorrono 35 ore a settimana utilizzando media digitali il 58% ha “scarse” capacità tecnologiche, capacità di cui i ragazzi hanno bisogno per essere all’altezza a scuola e nel mondo del lavoro. Secondo quanto affermato nel rapporto NESTA 2015 circa gli atteggiamenti e le opportunità per la creatività digitale nel Regno Unito, “rischiamo che cresca un’altra generazione di con-­‐
sumatori digitali passivi, invece che creatori consapevoli di contenuti digitali”. Una delle sfide evidenziate dal NESTA è che “la crescente fiducia e l’insegnamento efficace in questo campo richiederanno investimenti continui da parte degli insegnanti nello sviluppo professionale”. Un altro rapporto NESTA del 2012 circa “la prova, la promessa e le potenzialità dell’educazione digitale” evidenzia che “nessuna tecnologia ha un impatto sull’apprendimento di per sé; piuttosto, il suo impatto dipende dalla maniera in cui essa è uti-­‐
lizzata”. Tale rapporto risulta particolarmente interessante per dipingere lo scenario attuale in Gran Bretagna, in quanto è stata operata la revisione di un gran numero di documenti di letteratura informale, compresi blog personali e i network di insegnanti. L’importanza del ruolo dei docenti è stata ripetutamente enfatizzata, specialmente per quanto riguarda il “so-­‐
stegno agli studenti nella conversione delle informazioni in conoscenza” se si prende in con-­‐
siderazione il grande numero di informazioni disponibile online per gli studenti. Bernard R. Robin (2008) ricorda che “il noto neuro scienziato Michael Merzenich (2007), pro-­‐
fessore presso l’Università della California al Keck Center for Integrative Neurosciences di San Francisco afferma che la semplice aggiunta dei computer alle strategie di insegnamento tra-­‐
dizionali è un approccio non sofisticato che, non sorprende, contribuisce molto poco all’esperienza degli studenti in classe”. Sempre Robin propone una riflessione più profonda sulla relazione tra contenuti, strategie di insegnamento e tecnologie: “Abbiamo visto che i progetti multimediali in generale, e lo sto-­‐
rytelling digitale in particolare, possono essere impiegati per coinvolgere e motivare sia gli studenti che i docenti. Tale genere di tecnologia, sebbene assai potente, viene al momento utilizzata nelle classi K-­‐12 e nelle classi superiori ponendo l’accento sulle capacità tecniche, senza un maggiore livello di pensiero e considerazione circa la materia, le strategie di inse-­‐
gnamento e le necessità del mondo reale al giorno d’oggi. Hicks (2006), suggerisce che tale contesto possa essere utile nel guidare i docenti nell’applicazione delle proprie conoscenze in classe fornendo “la capacità di pensare a e uti-­‐
lizzare la tecnologia in modo critico, creativo e responsabile”. RICERCA
Un focus sull’apprendimento a distanza Nel XX secolo è stata pubblicata una serie continua di annunci, tutti incentrati sull’utilizza di nuove soluzioni per la comunicazione di messaggi educativi. La disponibilità di nuovi strumenti ha portato immediatamente a pensare ad un possibile utilizzo di questa novità per scopi educativi. Lo sviluppo dell’apprendimento a distanza è coinciso con l’abbinamento di strumenti per la comunicazione e le più recenti soluzioni fornite dalle tecnolo-­‐
gie online. Tuttavia, a seguito di una accurata riflessione, sarebbe dovuto risultare ovvio che l’educazione non è soltanto questione di comunicazione. L’analisi dei processi di apprendimento a distanza sarebbe stata es-­‐
senziale per comprendere cosa sia un elemento di continuità e quali siano le differenze, per quanto attiene alle modalità di insegnamento, che si sono sviluppate nell’evoluzione storica della pratica nel sistema di istruzione formale. La ricerca di soluzioni per la comunicazione, la eliminazione della categoria “tempo” nello scambio di messaggi, la possibilità di trasferire testi, immagini, parole e suoni, la tendenza a mostrare apertamente mes-­‐
saggi hanno costituito il punto di partenza per l’insegnamento imitativo. La didattica a distanza, che al giorno d’oggi è definita “online” per porre l’accento sulla soluzione tecnologica e la sua importanza per la comunicazione dei messaggi, è essenzialmente basata sulla ricerca di analogie tra le nuove proposte e la pratica di insegnamento tradizionale. Una serie di strumenti tradizionali è stata adattata contando sul potere di suggestione dei nuovi strumenti, senza che ci si chiedesse se le condizioni complesse che caratterizzano il processo di apprendimento a livello cognitivo, emozionale e sociale, fossero ancora attive nel nuovo contesto virtuale una volta che la spinta motivazionale iniziale fosse terminata. (Vertecchi in Poce, 2015). Oggi, con l’introduzione di nuovi strumenti per l’apprendimento a distanza, è possibile raggiungere un nuovo, più alto livello di personalizzazione sia nell’insegnamento faccia a faccia che in quello a distanza. Uno degli obiettivi principali del processo di apprendimento, anche se a distanza, dovrebbe essere quello di garantire la massima omogeneità di risultati possibile, a prescindere dal contesto e dalle condizioni curriculari (Agrusti in Poce, 2015). Il fallimento del discente è perciò interpretato non come un evento di natura generica ma come un risultato inadeguato causato dalle differenti aree della conoscenza che il discente ha esplorato prima di so-­‐
stenere il test (Vertecchi, 1993, p. 108). Per tale ragione, seguendo la logica del filosofo Clauberg, il nuovo obiettivo dell’apprendimento a distanza deve essere visto come un necessario adattamento del messaggio educativo a discenti con differenti caratteristiche (Vertecchi et al. 2010b, p. 21). L’esperienza suggerisce inoltre la possibilità di arricchire, con strumenti ulteriori, un sistema di valutazione computerizzata che utilizzi indicatori di natura sia lessicale che linguistica (in senso lato) per intervenire quan-­‐
do sussistono vari tipi di difficoltà di comprensione. Storytelling digitale e uso TIC Come sottolineato da Sadik nella sua riflessione sullo storytelling digitale (2008) e citando Harris (2005) “una significativa integrazione della tecnologia viene raggiunta quando gli studenti sono capaci di selezionare strumenti tecnologici che li aiutino nell’ottenere informazioni in maniera rapida, analizzarle e sintetizzarle per poi presentarle in maniera professionale”. Come riportato da Sadik a seguito del suo progetto pilota, “lo storytelling digitale ha fornito un’opportunità unica per gli studenti di acquisire una nuova alfabetizzazione mediatica e uso delle TIC, compresa quella di scattare e modificare foto digitali, riconoscere vari formati immagine, registrare e utilizzare clip audio, fare ricerche sul web per trovare testi e immagini per poi utilizzare Photo Story per modificare, produrre e salvare le proprie storie ed avere la possibilità di visualizzarle in futuro sui propri lettori VCD/DVD”. RICERCA
Visitare un sito culturale Attraverso la visita a un sito culturale gli studenti apprendono l’utilizzo degli strumenti che il sito stesso utiliz-­‐
za per comunicare i propri contenuti: A) Media tradizionali: • Etichette informative • Cartelloni con testi esplicativi • Tabelle e diagrammi • Cataloghi/guide B) TIC • Sito web del museo • App • Chioschi interattivi La “frenesia tecnologica” ha portato le aziende a sperimentare varie tecnologie all’interno dei musei e dei siti culturali. Un errore che spesso viene commesso è quello di concentrarsi sulle più nuove tecnologie alla moda per poi pensare a come queste possano essere utili nel museo solo in un secondo momento, invece di iniziare un progetto partendo dal punto di vista del visitatore: l’uso della tecnologia deve rispondere alle necessità dell’utente. Alcuni esempi di tecnologia rivelatesi utili nei siti culturali sono: • RA – Realtà Aumentata • Modelli 3D • Tecniche di proiezione architetturale 3D • Codici QR Ciò perché il pubblico diventa sempre più aduso a tali stili di comunicazione, attraverso vari media, ed è alta-­‐
mente concentrato sui materiali visivi. La vista è il senso principale e le immagini dominano il mondo. Nei mu-­‐
sei, spiegare la storia, l’architettura, l’arte, ecc. attraverso le immagini si rivela essere molto efficace. Vivere nel mondo Cittadinanza locale e globale Lo scopo principale è quello di educare l’individuo nella sua dimensione di cittadino attivo, capace di comprendere e difendere le proprie idee e i propri diritti. L’educazione è stretta-­‐
mente collegata alla cittadinanza, la cui definizione è l’impegno effettivo delle persone nelle proprie comunità e nella società in senso lato. Tale impegno richiede che i cittadini sviluppino una serie di conoscenze e abilità, acquisendo la capacità di investigare, comunicare, parteci-­‐
pare, negoziare e compiere azioni responsabili nel vivere civile. La cittadinanza efficace deri-­‐
va da una valida educazione alla cittadinanza. Al centro di essa sono tre temi principali: re-­‐
sponsabilità morale, coinvolgimento nella comunità e alfabetizzazione politica. In una società digitale sempre più multiculturale e digitale le competenze socio culturali di-­‐
ventano cruciali, perciò le capacità di riflessione sono più necessarie che mai. Ciò implica RICERCA
maggiore attenzione al patrimonio culturale e a un approccio storico culturale per altre mate-­‐
rie scolastiche. In conclusione, l’educazione culturale gioca un ruolo importante nell’intero curriculum scolastico nel raggiungimento dell’obiettivo più ampio della scuola attraverso la ri-­‐
flessione e gli stimoli.. Storytelling digitale e cittadinanza Un interessante fattore sottolineato da Emu et al. (2012) è che “gli studenti che hanno preso parte all’approccio dello storytelling digitale hanno raggiunto una maggiore comprensione del back-­‐
gruound etnico, razziale e socioeconomico dei compagni. La conoscenza degli altri studenti ha mi-­‐
gliorato la comprensione e il rispetto reciproco in classe”. Porter afferma che quando gli studenti si cimentano nello storytelling digitale in classe “gli autori combinano il loro messaggio personale con le lezioni apprese per fornire una convincente chiamata all’azione”. Un esempio dalla Gran Bretagna: BBC News School Report Un esempio di esperienza positiva che potrebbe essere propriamente inserito nella ‘categoria’ “Vivere nel mondo”, ma che ha inoltre dimostrato di migliorare più di una sola capacità, è il progetto nazionale BBC News School Report. Utilizzando materiali e tutorial sul sito web della BBC, studenti di circa mille scuole provenienti da tutta la Gran Bretagna hanno svolto un lavoro di gruppo [si veda Modi di lavorare: collaborazione (lavoro di squadra)], con il sostegno dei docenti e dello staff della BBC, volto allo sviluppo delle proprie capacità giornali-­‐
stiche [si veda Modi di lavorare: comunicazione]. Gli studenti hanno svolto una ricerca di informazioni su notizie di respiro internazionale, nazionale o locale [si veda Vivere nel Mondo: cittadinanza locale e globale; Strumenti per lavorare: alfabetizzazione sulle informazioni]. Hanno poi preso appunti e scritto commenti [si veda Modi di pensare: pensiero critico], preparato le interviste e imparato come modificare e creare un servizio [si veda Strumenti per lavorare: alfabetizzazione TIC]. La risposta degli studenti e dei docenti a questo progetto, attivo da molto (quest’anno si è alla decima edizione), è stata sempre molto positiva. Gli insegnanti hanno accesso a una serie di risorse online con una descrizione degli obiettivi e un’attività da svolgere in vari stadi (si veda la tavola seguente con la lista delle attività). ATTIVITÀ DURATA APPROSSIMATIVA 1. Video – cosa sono le notizie 2 min. 30 sec. con tempo per la discussione 2. Video – Come i giornalisti trovano le no-­‐ 3 min. con tempo per la discussione tizie? 3. Attività – Cosa significa ‘verifica delle 15 min. fonti e delle notizie’ 4. Video – Lezione su come trovare le noti-­‐ 3 min. 32 sec. con tempo per la discussione zie 5. Attività – Incontrare il pubblico 10 min. 6. Quiz – Trovare le notizie 10 min. Musei e cittadinanza RICERCA
Un esempio dall’Italia: “Roma Caput Mundi” Gli operatori di COOPCULTURE sono pienamente concordi sul fatto che i ragazzi a cui le famiglie e le scuole abbiano trasmesso l’abitudine di visitare musei e siti culturali siano più consapevoli dell’importanza del proprio patrimonio culturale, altrimenti non lavorerebbero in tale settore. È evidente che anche i bambini che paiono non divertirsi o essere annoiati quantomeno vedono ampliato il proprio punto di vista sul mondo, notando l’esistenza di molte culture differenti e la dignità che il loro stesso patrimonio culturale ha assieme a quella de-­‐
gli altri. L’obiettivo di COOPCULTURE è quello di evitare la noia nei ragazzi e fare in modo che essi scoprano quanto possa essere divertente esplorare un sito culturale, in quanto ciò migliora e consolida la ricaduta cogni-­‐
tiva dell’esperienza stessa. Naturalmente, per gli adulti esiste un approccio differente. Tuttavia gli obiettivi e le fasi dell’esperienza sono molto simili. Il progetto denominato “Roma Caput Mundi” si è rivelato una fantastica occasione per parlare della comunità globale e creare consapevolezza sulla nostra cultura, quella di altre popolazioni e la possibilità di condividere e arricchire entrambe. La Soprintendenza Archeologica di Roma ha organizzato una esposizio-­‐
ne volta a illustrare come gli Antichi Romani fossero capaci di integrare le varie popolazioni da loro conquista-­‐
te. I conquistatori compresero come questa loro scelta avrebbe rappresentato un punto di forza, in quanto tut-­‐
te le popolazioni si sarebbero sentite parte dell’Impero e lo avrebbero difeso come proprio. Il progetto consi-­‐
steva nell’invitare comunità di migranti al Colosseo a visitare la mostra con un educatore dello staff di COOP-­‐
CULTURE, precedentemente formato da esperti dell’Università per gli Stranieri di Siena UniStraSi in modo da essere in grado di adattare il proprio linguaggio, in quanto la visita si sarebbe svolta in Italiano. Infatti, l’obiettivo del progetto era migliorare la conoscenza della lingua italiana dei visitatori stranieri in modo da fa-­‐
vorire la comunicazione e l’interazione tra gli stranieri e i locali. Del progetto era parte anche la distribuzione di un libretto con i temi chiave della visita, anche questo al fine di consolidare l’integrazione attraverso la lingua e i contenuti. Che si prendano in considerazione i ragazzi o gli adulti, il patrimonio culturale può trasmettere un senso di appartenenza che promuove la consapevolezza, l’integrazione e, conseguentemente, la collaborazio-­‐
ne. Vita e carriera Responsabilità sociale e personale Troppe volte si è dimenticato di prendere in considerazione che le soluzioni educative hanno permesso, nei due secoli passati, una radicale trasformazione del contesto sociale, culturale ed economico delle società europee (o comunque delle culture europee) e che attraverso tali soluzioni si creò la gran parte della capacità di interpretare e praticare l’educazione in accor-­‐
do con le mutazioni del contesto. Non si dovrebbe dimenticare che il contesto educativo, as-­‐
sieme al comportamento di docenti e studenti, non è affatto immutato nelle sue caratteristi-­‐
che originali. Non è certamente una coincidenza che, già nel Diciannovesimo secolo, siano nati importanti filoni di ricerca in ambito educativo e che altri siano nati durante nel corso del secolo successivo. In breve, il sistema educativo, nel suo sviluppo, ha mostrato la sua capacità di associare la nascita di nuove necessità in differenti società nazionali alla costante revisione dei modelli interpretativi, che nel tempo hanno dimostrato di avere esaurito la capacità di orientare le scelte, tramite l’acquisizione di conoscenze nuove e specifiche sulle caratteristi-­‐
che degli studenti, le condizioni di sviluppo mentale e fisico, la variazione delle loro necessità RICERCA
in relazione a quelle della vita quotidiana. Tuttavia, un altro fattore risultava ancora più im-­‐
portante: l’istruzione non era limitata all’interpretazione della questione sociale o all’elaborazione della risposta capace di soddisfarla. Essa anticipava scenari che verosimil-­‐
mente sarebbero potuti diventare reali. In altre parole, le interpretazioni nell’ambito dell’educazione non si presentavano contingentemente alle strutture sociali, piuttosto erano frutto di pianificazione. L’istruzione non era limitata a rispondere alle questioni del momen-­‐
to, ma anticipava una trasformazione di profili individuali e strutture sociali sulla base di linee ancora lontane dalla sensibilità comune. Siano a qualche decennio fa, l’intervallo temporale richiesto per una revisione sostanziale del repertorio interpretativo e procedurale e le relative soluzioni per l’istruzione era sufficientemente ampio, in quanto i tratti di continuità nei profili delle generazioni a venire prevalevano sulle differenze intergenerazionali. Oggi la situazione è opposta. Differenze di profilo sostanziali sono state riscontrate non solo nel giro di due ge-­‐
nerazioni, bensì persino all’interno della stessa generazione. I bambini che iniziano il loro per-­‐
corso di istruzione formale si troveranno, una volta adulti, immersi in una realtà nella quale la sola cosa che si può affermare al momento con certezza è che sarà molto differente da quella che conosciamo oggi. Non solo: considerato che, nei paesi industrializzati, la aspettativa di vita delle donne ha di molto superato la soglia degli ottanta anni e che quella degli uomini è solo di poco inferiore, i cambiamenti nel ruolo dell’educazione sono ancora più chiari (Vertec-­‐
chi in Poce, 2015). Da un punto di vista sociale, esercitare un moderato ruolo sull’accesso all’educazione è stato necessario per mantenere una posizione di vantaggio per le classi agia-­‐
te e allo stesso tempo permettere una certa mobilità di tipo verticale che conferisca legittimi-­‐
tà al sistema filtro, che era opposto a una più ampia possibilità di accesso. Per varie ragioni lo scopo dell’educazione formale, nei termini descritti, ha perso una parte significativa della sua capacità di sostenere atteggiamenti positivi riguardo allo studio. D’altra parte, l’acquisizione di nuove conoscenze ha subito un’accelerazione che non era facilmente prevedibile, modifi-­‐
cando accordi professionali solitamente associati ai livelli dell’educazione formale. Accadde che non solo fu introdotta una nuova serie di conoscenze anche in sostituzione di altre già di-­‐
sponibili, considerate come oggetto di apprendimento, ma che anche l’importanza delle atti-­‐
vità socialmente rilevanti fu diminuita o completamente dissolta, e quella di altre fu confer-­‐
mata. Per acquisirle, sarebbe necessaria una sostanziale revisione dei profili culturali. Il risul-­‐
tato è stato una crescente improbabilità che il profilo culturale e professionale derivato da un’educazione formale acquisita durante l’infanzia e l’adolescenza e poi nell’età adulta, ri-­‐
manga valida per l’intera durata della vita. RICERCA
Case studies Per ogni caso di studio, il partner del progetto DICHE hanno evidenziato le sfide e le oppor-­‐
tunità nell’applicare tale approccio/metodologia come strumento di miglioramento dell’educazione al patrimonio culturale nelle scuole primarie nel contesto del XXI secolo e delle relative capacità di apprendimento. La valutazione dello strumento digitale è stata sviluppata in termini di acquisizione delle co-­‐
noscenze e di sviluppo delle capacità di apprendimento del XXI secolo. I PAESI BASSI Il ruolo dei docenti nell’apprendimento del XXI secolo A cura della Marnix Academie Per quanto attiene all’educazione al patrimonio culturale, è ovvio che il ruolo del docente sia uno dei più rilevanti per la Marnix Academie. La sua ricerca è incentrata sul ruolo del docente nell’ambito dell’educazione al patrimonio, più nello specifico su come un insegnante possa e dovrebbe interagire con i propri studenti e come egli o ella possa gestire l’interazione tra studente e studente e tra studente e materiali. La rilevanza di una tale ricerca per il progetto DICHE può essere riscontrata nelle visioni mo-­‐
derne riguardo all’insegnamento della storia. Per quanto attiene all’apprendimento del XXI secolo, imparare meri fatti storici diventa sem-­‐
pre meno rilevante in quanto le persone si muovono in un mondo dove le informazioni pos-­‐
sono essere trovate con un click sul proprio mouse. Ciò appare ancora più vero quando ci si rende conto che gli eventi storici in se stessi sono irrilevanti e non possono essere percepiti a pieno se non inseriti in un contesto generale. Ankersmit (2007), afferma in maniera convin-­‐
cente l’impossibilità di distinguere una linea netta tra la materia e l’oggetto quando si parla di relazione con il passato. Oltre ad Ankersmit, Klein, Grever e van Boxtel (2010) affermano che il modo moderno di interpretare il patrimonio culturale non è di percepirlo come un manufat-­‐
to di per sé (materiale o immateriale che sia), ma come un discorso collettivo e personale do-­‐
ve, in un mondo mutevole di individui, oggetti e luoghi, la materia prende forma. Nell’ambito del progetto DICHE, l’Università di Roma Tre sta svolgendo ricerche sull’object based learning. Tollebeek e Verschaffel (1992), affrontano tale argomento affermando che, affinché un oggetto acquisisca significato per l’osservatore (lo studente), esso necessita di conoscenze riguardo a tale oggetto e al suo significato. Tuttavia, una volta che gli studenti sono intrigati dall’oggetto, il lavoro del docente non è ancora completo: l’interesse generato dall’oggetto suscita la curiosità di saperne di più su di esso e relativo periodo storico. Con l’evoluzione dell’interesse, esso si sposta dall’oggetto (concreto) nello specifico, diventando meno sensazionale e di tipo più intellettuale (1992, p. 15), sviluppando un processo e un’interazione tra lo studente e l’evento storico/oggetto. Il processo può essere iniziato e guidato dal docente. È proprio attraverso tale processo che l’evento storico acquisisce signi-­‐
RICERCA
ficato per lo studente, ed è per questa ragione che è della più vitale importanza che l’insegnante sia consapevole del proprio ruolo. Nei Paesi Bassi si sta verificando uno sviluppo, nell’istruzione storica, che si sta diramando in due direzioni. Da un lato, ci si rende conto del fatto che la storia ha significato tramite la rela-­‐
zione che abbiamo con essa e dall’altro si attribuisce sempre più valore alle capacità accade-­‐
miche. Cosa può fare l’insegnante per impartire lezioni di storia che abbiano un valore e un significato? Klein e altri menzionano l’importanza di riflettere sulla tensione tra la distanza e la prossimità tra lo studente e l’evento o oggetto storico. Vengono da loro differenziate cin-­‐
que dimensioni: 1. Tempo 2. Personaggi 3. Rappresentazione 4. Luogo 5. Coinvolgimento Le suddette dimensioni sono teoricamente distinguibili, in pratica però sono interconnesse. La combinazione di queste dimensioni è di aiuto nella definizione della distanza o prossimità dell’evento storico e facilita la conversazione sull’argomento. Studenti diversi portano in classe differenti esperienze, perciò, quando gli insegnanti si relazionano alla storia con un punto di vista individuale devono tenere a mente che studenti differenti si relazionano allo stesso evento storico in maniera diversa, perciò l’evento storico ha un significato differente (così come una diversa rilevanza) per ciascuno studente. Van Boxtel (2009) afferma che ciò comporta la necessità di prestare attenzione a rendere queste differenze esplicite e creare una conoscenza collettiva. Nello specifico, van Boxtel menziona l’educazione dialogica come un metodo adatto a tale fine. Patrimonio e competenze del XXI secolo: il punto di vista del Landschap Erfgoed di Utre-­‐
cht Il patrimonio culturale definisce l’ambiente degli studenti in maniera differente e offre oppor-­‐
tunità di immersione nel passato. Guardando dalla prospettiva del presente (il patrimonio vi-­‐
sibile e tangibile) al passato, possono comprendere e sperimentare che il proprio ambiente ha un significato, è pieno di storie e li rende quello che sono. Venendo a conoscenza delle più piccole storie locali relative al proprio ambiente sono capaci di imparare cose riguardo al mondo circostante e connettere ciò che sanno alla storia in senso più lato. Gli studenti com-­‐
prendono chi sono, dove vivono, come le cose apparivano nei tempi passati e come sono dif-­‐
ferenti al giorno d’oggi; scoprono come essi appartengano a un processo storico più vasto di quanto immaginassero. Attraverso l’educazione al patrimonio, gli studenti imparano a: • Sviluppare una consapevolezza storica, relazionarsi ad altre persone e ad altri periodi, guardando alle cose da un’altra prostettiva/identità (immaginazione mentale) e rifletten-­‐
do su quanto scoperto dal proprio punto di vista (consapevolezza culturale e cittadinan-­‐
za); RICERCA
• Sviluppare competenze nel modo di pensare: esplorazione, soluzione di problemi, messa in discussione, percezione e creatività; • Operare in collaborazione, anche acquisendo capacità di comunicazione e presentazione; • Inserire il patrimonio locale in una più ampia prospettiva mondiale ed essere consapevoli della propria prospettiva, ascoltando le opinioni di altri, formando una propria identità; • Vedere il proprio ambiente in un contesto e in coesione, pensando a in maniera interdi-­‐
sciplinare: • Sperimentare il proprio ambiente in maniera sensoriale, affettiva e cognitiva. Creatività Il LEU è coinvolto, al presente, in un vasto progetto nella regione di Utrecht, nei Paesi Bassi, avente come oggetto l’educazione culturale nelle scuole primarie. Il progetto è parte di un programma nazionale denominato: “Educazione culturale con qualità” / “Educazione cultura-­‐
le di qualità”. Il programma promuove una migliore collaborazione tra le scuole e l’ambito culturale. La novità è che esso non ha come centro dell’attenzione il settore culturale, bensì le scuole: come possono esse integrare l’educazione culturale nei propri curricula? Assieme al Kunst Centraal, il LEU è stato incaricato di coordinare il programma “Educazione culturale di qualità” nella provincia di Utrecht. La creatività gioca il ruolo principale nel programma: co-­‐
me possono gli insegnanti migliorare il livello di creatività tra gli alunni attraverso l’educazione culturale? Si ha la consapevolezza che la creatività in senso lato sia una parola chiave delle competenze del XXI secolo. La creatività rende possibile alle persone innovare e immaginare se stesse nei panni di qualcun altro, adattarsi ed essere flessibili. Nel corso del programma abbiamo dovuto trovare una definizione adatta e soddisfacente di creatività. Con esperienze pregresse nel campo del patrimonio culturale e dell’arte è stato un processo creativo in sé quello di trovare un accordo convincente per tutti i partecipanti. Per Kunst Centraal, l’educazione al patrimonio somiglia a un modo cognitivo di imparare, non un processo creativo. Tuttavia, quando sono emersi concetti come “riscontro di problemi”, “pensiero divergente o laterale”, “pensare fuori della scatola”, ecc., si è rivelato molto più semplice effettuare il collegamento con il patrimonio culturale. Il patrimonio promuove la creatività in vari modi: stimola il pensiero divergente e gli studenti utilizzano l’immaginazione per muoversi attraverso le epoche, i luoghi e i significati, esplorando il patrimonio da tutti i punti di vista e con tutti i propri sensi. Esso promuove anche il pensiero convergente: gli alunni formano le proprie opinioni, analizzano, valutano e traggono conclusioni dalla loro ri-­‐
cerca. La definizione di creatività sviluppata per i gruppi nelle scuole è la seguente: La capacità di formulare idee, soluzioni e risultati non scontati attraverso l’esplorazione propria e personale, facendo uso del proprio ‘bagaglio’. Inoltre, è stato creato un modello per un valido processo creativo che gli insegnanti possono utilizzare nell’educazione culturale: Fase 1: Orientamento Ci Fase 2: Fase 3: Fase 4: RICERCA
Cosa fa-­‐
te? Voi… Come? Voi… Perché? Per crea-­‐
re… presentiamo! Divergendo Immergetevi Convergendo nell’investigazione! Scegliete e selezionate! Introducete un’attività ispi-­‐
rante e significativa, colle-­‐
gandola al mondo e alle esperienze dei bambini. Suscitate domande, cam-­‐
biate prospettiva, affascina-­‐
te… Esplorate, immaginate, sperimen-­‐
tate, improvvisate… Un’idea, un problema, rego-­‐
le, contesti Fate associazioni, utilizzate speci-­‐
fiche modalità di lavoro, favorite lo scambio di idee, utilizzate prin-­‐
cipi di design Possibili idee, soluzioni, possibili-­‐
tà, opportunità Pronti?! Presentate, osservate, valutate, imparate! Scegliete, selezionate, Presentate, riflettete, strutturate, combinate… valutate, criticate. Progettate, producete, Ponete domande ri-­‐
realizzate, concettualizza-­‐ guardo al processo, il te… prodotto o le soluzioni Una risposta, una soluzio-­‐
ne, un prodotto, un con-­‐
cetto o un cambiamento Opinioni, conoscenza, comprensione, signifi-­‐
cato BELGIO CONTESTO SPECIFICO DI RIFERIMENTO Le tre comunità belghe, quella fiamminga, quella francese e quella tedesca, hanno la respon-­‐
sabilità della politica culturale nelle proprie regioni linguistiche. Le comunità francese e fiamminga sono anche in parte responsabili delle politiche culturali relative alla regione bilin-­‐
gue della capitale, Bruxelles. Tale responsabilità si traduce in tre differenti tipi di politica cul-­‐
turale, nelle rispettive iniziative e politiche. Le tre comunità devono aspirare all’accordo sui temi generali e, talvolta, su questioni molto specifiche, come ad esempio è accaduto nel 2006, per l’approvazione della Convenzione dell’UNESCO Sulla Salvaguardia del Patrimonio Culturale Intangibile. Le comunità devono parlare una lingua comune durante l’Assemblea Generale della Convenzione, o durante le riunioni della Commissione Intergovernativa. Le posizioni sono verificate e un accordo viene raggiunto in precedenza. Patrimonio culturale nelle Fiandre Definizione “Patrimonio culturale” è un termine collettivo che sta a indicare tutto ciò che è stato prodot-­‐
to dalle generazioni precedenti e che esiste ancora oggi, avendo grande valore per la comuni-­‐
tà. Il patrimonio culturale è suddiviso in tangibile e intangibile. Il patrimonio culturale tangibile è preservato dai musei, dagli archivi, dalle biblioteche, dai centri di documentazione, le chiese e i monasteri con gruppi di esperti, associazioni per la tu-­‐
tela del patrimonio, scuole e teatri… Il patrimonio culturale intangibile include risorse come storie, traduzioni, festival, canzoni, dialetti, parate, processioni. Una valida panoramica di ciò che costituisce patrimonio cultura-­‐
le intangibile è presente su: http://www.immaterieelerfgoed.be. “Patrimonio” è il nome collettivo per monumenti, siti archeologici e paesaggi che sono tan-­‐
gibili ma non possono essere spostati. Parte del patrimonio architettonico è protetto. L’Inventario del patrimonio inamovibile delle Fiandre fornisce una lista di 80.000 siti circa, di-­‐
visi per municipalità. Esso comprende patrimonio architettonico, parchi e giardini storici, or-­‐
RICERCA
gani storici e patrimonio mondiale. Politiche Il documento Una Politica per il Patrimonio Culturale Intangibile nelle Fiandre crea collegamen-­‐
ti oltre l’ambito delle politiche culturali. La politica per il patrimonio culturale non è indipen-­‐
dente, bensì connessa a molti altri ambiti sociali: dal lavoro e l’educazione al benessere. Essa è connessa al patrimonio composto da manufatti e al patrimonio inamovibile. La politica per il patrimonio culturale intangibile è collegata alla relazione tra le persone e il loro comporta-­‐
mento, perciò è anche collegata al concetto di diversità e di identità. Le aree del Lavoro, dell’Educazione, delle Arti (Amatoriali) e quella Socio-­‐culturale sono quel-­‐
le in cui avviene il trasferimento di conoscenza e capacità, ragion per cui la formazione, la trasmissione di conoscenze, tecniche e capacità giocano un ruolo centrale. È dovere della comunità fiamminga richiedere che si presti attenzione al patrimonio culturale intangibile nei curricula scolastici, nella formazione, nei corsi delle associazioni culturali e delle organizza-­‐
zioni per le arti amatoriali. All’interno di questi ambiti e aree non sono sempre disponibili strumenti adeguati per la trasmissione di conoscenze, tecniche e capacità. A questo scopo sono necessarie la consultazione e lo scambio di informazioni. ITALIA ROMA TRE: Object Based Learnig ed educazione al patrimonio Il caso di studio presentato dall’Università di Roma Tre durante il primo incontro a Laoughbo-­‐
rough riguarda l’utilizzo di una metodologia educativa innovativa, l’Object Based Learning (OBL) e la stampa 3D, in un museo storico per sviluppare le capacità di pensiero critico negli studenti di scuola secondaria. Questo caso di studio è stato sviluppato dall’idea che “l’impiego delle collezioni museali come percorso per l’apprendimento […] sta velocemente diventando parte di una nuova pedagogia per l’educazione. A dispetto della tradizione nell’utilizzo delle lezioni frontali come modo di trasmettere conoscenze, vengono sempre più riconosciuti gli effetti positivi dell’”apprendimento attivo” e “sperimentale” (Hannan – Chat-­‐
terejee, 2015)”. L’OBL è collegato all’uso diretto dell’oggetto (documenti, opere d’arte, ma-­‐
teriali in genere) nell’insegnamento e nell’apprendimento (si veda: http://www.ucl.ac.uk/museums/learning-­‐resources/object-­‐based-­‐learning). A cominciare dall’oggetto, gli studenti sono coinvolti in una sorta di competizione e continua interazione con esso, la quale favorisce un approccio critico alla conoscenza. L’approccio OBL risulta più stimolante e motivante se utilizzato assieme ad altre metodologie didattiche, come ad esempio l’Inquiry based learning, l’adaptive learning e il lavoro di squadra. Nel settembre 2015, in Puglia, il Laboratorio di Pedagogia Sperimentale (LPS) dell’Università di Roma Tre ha organizzato una serie di laboratori sull’OBL per docenti di scuola secondaria e studenti grazie ad un accordo con il MUST (Museo Storico di Lecce) e il FabLab di Lecce. Sono stati organizzati numerosi seminari in cui gli studenti sono stati divisi in gruppi di quattro o cinque, hanno studiato cosa sia l’OBL e compreso come esso sia sviluppato, promosso e messo in pratica. In seguito, ai partecipanti è stato richiesto di scegliere un oggetto, del MUST e di far-­‐
RICERCA
ne una stampa 3D: in questo modo, gli studenti hanno avuto la possibilità di entrare in diretto contatto con uno degli oggetti museali a livello multi sensoriale, toccandolo ed osservandolo in modo inusuale e innovativo. A seguito della fase di stampa 3D, gli studenti hanno avuto la possibilità di riflettere sull’origine dell’oggetto, la sua destinazione d’uso e la sua funzione in un’ottica interdisciplinare. Essi hanno poi redatto un documento circa la loro attività e i risul-­‐
tati dell’analisi svolta, presentandola ai compagni in modo da favorire una valutazione dell’attività di apprendimento. In tal modo, tutti hanno potuto sviluppare le proprie capacità di pensiero critico all’interno di un contesto museale grazie ad un’attività di apprendimento ben definita e all’utilizzo critico della tecnologia nell’ambito dell’educazione al patrimonio. Il caso di studio di Uniromatre sarà valutato attraverso l’analisi dei report prodotti dagli studen-­‐
ti, con l’obiettivo di verificare l’evoluzione delle loro capacità di pensiero critico; le categorie di analisi sono già state definite sulla base di un modello di decodifica del pensiero critico elaborato da Newman, Johnson, Webb e Cochrane (1997). Sulla base di un adattamento del metodo in questione i ricercatori procederanno alla valutazione degli scritti prodotti dagli studenti con l’uso di una griglia appositamente creata. Inoltre, durante il progetto sono state effettuate interviste video con lo staff del MUST per il progetto DICHE, con lo scopo di verificare la relazione tra gli strumenti virtuali e digitali e il loro impiego nel museo, oltre che la loro efficacia e il loro impatto. COOPCULTURE: TECNOLOGIA E MUSEI Il contributo di CoopCulture alla Common Research Agenda risiede nella particolare prospet-­‐
tiva del suo operato nell’educazione museale, sviluppata in anni di esperienza sul campo os-­‐
servando e interagendo con gli studenti che visitano i siti culturali. CoopCulture opera ricevendo scolaresche nei musei e nei siti archeologici, perciò l’analisi del metodo KSAVE verrà effettuata in questo particolare contesto. Gli educatori di CoopCulture hanno tutti un background di studi universitari di archeologia e/o storia dell’arte e sono spe-­‐
cializzati nel lavorare in vari siti culturali. Solitamente, un educatore attende la scolaresca sul posto, un massimo di 35 studenti con i propri insegnanti. Le attività durano tra l’ora e l’ora e mezza. Sia in occasione dei tour guidati frontali, sia durante i workshop su un determinato argomento, gli studenti adottano un comportamento assai differente da quello che hanno in classe, a causa della differenza di ambiente e della persona che interagisce con loro. I nostri educatori sono formati nel: a) Valutare il comportamento del gruppo, le singole personalità, l’interazione con gli insegnanti e la reazione degli studenti all’ambiente che li circonda; b) Stabilire una relazione efficace per favorire una comunicazione a due vie nonché la parteci-­‐
pazione creativa degli studenti, sempre nel rispetto del ruolo dell’educatore e, cosa spesso delicata, dell’ambiente culturale in cui ci si trova; c) Adattare il metodo di comunicazione alle specifiche necessità di ciascun sito culturale. I tempi ristretti a disposizione sono ciò che fa la differenza tra l’esperienza dell’educatore e quella dell’insegnante in classe; i risultati degli studenti sono altrettanto unici. L’utilizzo della tecnologia nei musei si sta sperimentando a livello mondiale, spesse volte si tratta di strumenti che sono istallati nel museo e al visitatore è richiesto di interagire con essi RICERCA
e farne esperienza in modo del tutto autonomo. D’altro canto, esistono strumenti tecnologici progettati per essere utilizzati dall’educatore al fine di facilitare la comprensione dei concetti chiave della visita. A causa della delicata posizione di fornitori assunti da una istituzione cul-­‐
turale, gli operatori di CoopCulture devono costantemente interagire ed accordarsi con in cu-­‐
ratori del museo in questione circa qualunque esperimento si abbia in mente di tentare du-­‐
rante la visita e acconsentire ad accollarsi ogni relativo rischio economico. Ciò limita, natu-­‐
ralmente, la autonomia degli operatori nello sperimentare nuove tecnologie. Tuttavia, alcune esperienze sono state preziose: “Critic Globus”: Nell’estate del 2015, è stato delineato un progetto presso il Colosseo, basato sulla collezione di video filmati dai visitatori del sito. Una installazione a forma di uovo, fatta di legno e terra, contenente un sedile, un touch screen e una webcam è stata connessa a un centro di raccolta dati dove i video sono stati tradotti e approvati, poi inviati a un canale YouTube, un account Facebook e un maxi schermo posizionato all’interno del Colosseo. Lo schermo all’interno dell’”uovo” poneva tre domande su temi universali come la Terra e la percezione che si ha del pianeta come di Madre. Il pubblico ha preso parte al progetto dimostrando una sorprendente disponibilità e creatività, e si è dimostrato felice di aver avuto la possibilità di esprimere le proprie opinioni e diventare parte di un progetto artistico generato dalla comunità globale. Più tardi, a casa, i turisti sono stati curiosi di vedere il proprio video e il grandissimo numero di condivisione e i commenti sui social network ne è stato la prova. Il progetto è stato una pos-­‐
sibilità unica per poter collezionare una serie di commenti dalla comunità globale. In due me-­‐
si, sono stati prodotti quattromila video da utenti provenienti da ottanta diversi paesi del mondo. REGNO UNITO Storytelling digitale nell’ambito dell’educazione La School of Arts, English and Drama dell’Università di Loughborough è coinvolta in una serie di iniziative che indagano l’uso della narrazione nell’odierno mondo digitale e come essa pos-­‐
sa essere applicata all’educazione, portando nuove voci all’interno del dibattito pubblico. All’interno del progetto DICHE l’obiettivo dell’Università è quello di esplorare come lo sto-­‐
rytelling digitale possa essere applicato all’educazione al patrimonio per migliorare le compe-­‐
tenze del XXI secolo. Come suggerito da Porter (2015), “lo storytelling digitale ci aiuta a trasformare fatti isolati in comprensione illuminata e duratura”. Da qui la proposta di “narrare” il patrimonio culturale per fare in modo che le informazioni diventino vive attraverso le emozioni in un processo di apprendimento avente lo scopo di migliorare le competenze del XXI secolo. Dato che lo sto-­‐
rytelling digitale pone problematiche circa la relazione con i manufatti digitali, l’intento era quello di riconoscere i limiti e le sfide di una tale metodologia. Come punto di partenza si suggerisce di prendere visione dell’intervista circa lo storytelling digitale a Steve Bellis, docente di Media al Coleg Cambria e facilitatore della narrazione digi-­‐
RICERCA
tale. L’intervista fornisce spunti di riflessione circa questa metodologia Sfide Domanda 1 Partendo dalle 4 C, come può lo storytelling digitale rivelare e mi-­‐
gliorare queste capacità? Flessibilità della metodologia per differenti target > come utilizzar-­‐
la efficacemente per nell’istruzione primaria? Domanda 2 Parlando di storytelling digitale come processo, quale è il più im-­‐
portante passo della metodologia cui non si può rinunciare come docente e quale è quello che gli studenti apprezzano generalmen-­‐
te di più? L’accento posto sulla fase di scrittura non è mai lo stesso tra i vari target group. Domanda 3 Riflettendo sullo storytelling digitale come strumento per i docen-­‐
ti, cosa ha appreso dagli studenti grazie a questo metodo? Un insegnante deve essere consapevole delle necessità dei propri studenti. Lo storytelling digitale rompe ogni barriera tra membri dello staff professionale e studenti. Lo storytelling digitale è un processo informativo con un elemento personale. Domanda 4 Ricordando una storia digitale… Ce n’è una (tra quelle dei suoi stu-­‐
denti) che non le è possibile dimenticare? Se sì, come mai? Per l’argomento, il processo di redazione (da una prospettiva sociale o individuale), la componente digitale… Come formare gli insegnanti a diventare facilitatori della narrazio-­‐
ne digitale? Come comprendere dove sia il limite nel persuadere i propri studenti a creare le proprie storie? [Può essere complicato quando l’argomento principale è l’evento della vita privata di una persona, più semplice quando ci si concentra su materie di studio]. Il lavoro di squadra è sempre applicabile nella scuola? Opportunità Le 4 C sono parte integrante dello storytelling digi-­‐
tale. Il processo in 5 passi fornisce già una serie di stru-­‐
menti per i docenti. Un insegnante può apprendere da e riguardo ai propri studenti grazie allo storytelling digitale. Lo storytelling digitale è un processo informativo con un elemento personale. La storia dietro la storia è spesso più rivelatrice della storia stessa. Riflessioni generali / raccomandazioni circa l’uso dello storytelling digitale nell’istruzione: • Relativamente alle preoccupazioni degli insegnanti circa l’uso dello storytelling digitale, il tempo potrebbe rappresentare un problema non da poco che dovrebbe essere considera-­‐
to nei piani di integrazione tecnologica. • Progetti di storytelling digitale a lungo termine possono avere un effetto migliore nel fa-­‐
vorire la comprensione degli studenti nel contesto curriculare e migliorare le loro capaci-­‐
tà. È opportuno riflettere sulla durata dell’attività di narrazione digitale nella classe e riar-­‐
ticolare il modello “convenzionale” dello StoryCenter http://www.storycenter.org/. RICERCA
• I docenti potrebbero necessitare di maggiore assistenza tecnica e strumentazioni. • Una delle sfide evidenziate da Vinogradova (2011) in un paper nel quale è descritta la sua esperienza con lo storytelling digitale durante lezioni di lingua inglese con studenti uni-­‐
versitari, riguarda il fatto che “in un periodo di bilanci statali ristretti, gli studenti e i for-­‐
matori devono apprendere come fare un uso creativo delle risorse disponibili, sia a livello umano che tecnologico”. ALLEGATI
Sistemi di istruzione nei Paesi partner PAESI BASSI Le scuole primarie nei Paesi Bassi durano 8 anni (per studenti dai 4 agli 8 anni). Nel 2014, il numero di iscritti era di circa 1.565.500 studenti. Per quanto riguarda la Scuola Media (dai 12 ai 16/18 anni) gli studenti sono divisi per rendimento accademico. La divisione è basata sui ri-­‐
sultati degli studenti nel corso della formazione primaria, con particolare attenzione al ren-­‐
dimento dell’ultimo anno. Rappresentazione schematica del sistema di istruzione olandese. “BAO” si riferisce alla scuola primaria. Nei Paesi Bassi i posti da docente di scuola primaria sono 78.300. Nel 2014 le scuole regolari erano 6.549 mentre quelle per studenti con necessità speciali erano 288. Tali scuole sono suddivise in quattro differenti categorie dall’Istituto Nazionale di Statistica Olandese, CBS: pubbliche, cattoliche-­‐romane, cristiane protestanti e altro. Sia le scuole cattoliche-­‐romane che quelle cristiane protestanti ospitano il 30% degli studenti totali. Le scuole pubbliche sono quelle più frequentate, 32%. L’8% delle scuole sono classificate come “altro”. In media, 222 studenti frequentano un istituto. Si sottolinea che un gran numero di scuole non sono rigoro-­‐
se nella loro connotazione religiosa, quindi non è insolito, per ragazzi di fede musulmana, frequentare scuole primarie cattoliche-­‐romane. L’indagine ha reso inoltre noto che il 97,8% delle scuole rispettano gli standard di livello sta-­‐
biliti dal governo, il 2% non ha raggiunto di poco tale livello mentre lo 0.2% si trova ancora ad un livello troppo basso. La composizione degli insegnanti di scuola primaria varia di molto per quanto riguarda l’età: essa varia dai 25 ai 63 anni. ALLEGATI
BELGIO Educazione al patrimonio nelle Fiandre Con il termine Educazione al Patrimonio si intende ogni forma di istruzione basata su “tracce del passato nel presente”, integrate in un contesto basato sulla conoscenza e/o capace di narrare esperienza riferite al passa-­‐
to, in altre parole, esperienze relative al patrimonio. La base dell’educazione al patrimonio culturale nelle Fiandre, al giorno d’oggi è basata sulla pubblicazione Erfgoededucatie in het Vlaamse onderwijs, Erfgoed en onterwijs in dialoog, 2007, sul rapporto Bamford e sul rapporto sul processo di pensiero circa il patrimonio culturale Van denken naar doen, 2008 o Learning and cul-­‐
tural diversity: from cultural assimilation to cultural learning. All’interno di tali rapporti, le idee e i concetti sono definiti come: “Intelligente combinazione di molteplici materie e contenuti, competenze e atteggiamenti in una modalità di insegnamento situazionale e contestuale che, se adottata nel contesto della scuola dell’infanzia a quella supe-­‐
riore, favorisce l’apprendimento in una maniera concentrica”. Decisamente, il centro dell’attenzione non è sul patrimonio culturale e l’educazione in quanto elementi distin-­‐
ti, o sull’educazione riguardo al patrimonio culturale. “Educazione e patrimonio, assieme, devono favorire il senso della scoperta nei bambini. Le domande, i significati e la curiosità dei bambini guidano il processo e non la scuola in quanto istituzione o gli interessi della istituzione legata al patrimonio. L’educazione al patrimonio è un viaggio che si svolge assieme per scoprire ed esplorare il mondo in cui viviamo dalla prospettiva dei ra-­‐
gazzi”. Il motto è “Spazio alla creatività, alla critica costruttiva e alla cittadinanza, tre concetti chiave nella definizione del potere della buona educazione al patrimonio, all’arte o alla cultura”. L’educazione al patrimonio (e, per estensione, quella all’arte e alla cultura) nella sua forma ideale parte dalla capacità di creare del bambino e del mentore: entrambi partono dallo stesso livello dalla propria conoscenza e cultura, dai propri sentimenti e crea-­‐
tività per poi concludere il progetto alla pari allo stesso livello. Idealmente perciò, le scuole si impegnano a ri-­‐
spettare l’idea che gli ambienti, la cultura e la creatività di studenti e docenti dovrebbero essere il punto di par-­‐
tenza per l’acquisizione di conoscenze, atteggiamenti e capacità, così come per l’integrazione di esse nella vita quotidiana. Tale concetto è alla base degli obiettivi di apprendimento stabiliti per il lungo periodo per gli studenti circa il contesto della società politica, legale, socio economica e socio culturale. La società socioculturale è descritta in argomenti che fanno espressamente riferimento a ciò che consideriamo socialmente ed educativamente importante per assicurare tale contesto specifico. Il quinto tema che ricade in questo contesto è relativo alla esplorazione della cultura in relazione all’arte come parte dello sviluppo di una identità sociale, una interazio-­‐
ne culturale e la partecipazione sociale. L’interazione consapevole con l’arte è vista come parte dello sviluppo di identità, interazione e partecipazione sociale. L’interazione con l’arte, con i media e con il patrimonio cultu-­‐
rale con una sempre maggiore padronanza di processi individuali e sociali è considerata fondamentale. La prosperità o il declino di una società rispecchia l’identità dei propri cittadini. Le materie interdisciplinari e i loro contesti delineano i temi che sono considerati essenziali ai fini di una educazione di base contemporanea e orientata al futuro. “L’educazione culturale, inserita all’interno di un contesto culturale specifico e proprio grazie ad esso, costituisce il centro dell’apprendimento per tutta la durata della vita e in tutti i contesti di essa” (DeBraekeleer, J., Atelier Competentieverwerving en –waardering stimuleren, 2010, Culturforum Brussels). Per quanto concerne l’educazione primaria, gli obiettivi di apprendimento sono ancora definiti a livello vertica-­‐
le per gruppo di materie e sussistono le seguenti distinzioni: Francese, Educazione Fisica, Arte, Olandese, Stu-­‐
ALLEGATI
di di Esplorazione del Mondo e Matematica; oltre a questi temi, ne esistono altri tre che vengono considerati interdisciplinari: TIC, imparare ad apprendere e competenze sociali. L’educazione al patrimonio culturale è parte dell’”Apprendimento Verticale Olandese” e sostiene la creazione di una prospettiva (inter) culturale o direzione che parte dal contesto personale di riferimento per poi acquisire conoscenze sulla diversità di patri-­‐
monio culturale con una componente linguistica. Esempi di attività: • Conversione il proprio nome o parole usate a livello internazionale in script differenti al fine di osser-­‐
vare e discutere cosa gli studenti notano, cosa li attira, cosa trovano difficile. • Svolgimento di ricerche in famiglia: da dove proviene il proprio cognome, cosa significa il proprio nome; paragone con gli altri studenti. • Paragone di testi di canzoni che esistono sia nei Paesi Bassi che nelle Fiandre. • Lettura di poesia per bambini e storie nate in culture diverse, discussione delle somiglianze e dei loro fattori di individualità, per imparare ad apprezzare ciò che è diverso. Sia nell’ambito dell’educazione primaria e secondaria, il centro dell’attività è l’operato individuale del discente, il confronto con i propri compagni e l’inserimento di quanto appreso in un contesto immerso nella cultura, nei media e nel patrimonio culturale più che nell’apprendimento circa cultura, media e patrimonio. Il punto non è apprendere dati ma comprendere cosa chi apprende può fare con essi, come essi li possono aiutare a migliora-­‐
re come persone e come possono plasmare le loro vite. Tale approccio è stato sostenuto dalla ricerca denominata Cultuur in de Spiegel, “Cultura allo specchio”, porta-­‐
ta avanti dal CANON Cultuurcel del Ministero per l’Educazione Fiammingo. Le teorie culturali e la ricerca sulla cultura pongono un’enfasi crescente sul non vedere più la cultura come una collezione di oggetti e produzioni. La caratteristica principale della cultura è il senso che le persone trovano in essa o il significato che traggono attraverso di essa. In altre parole, “cultura” non è il dipinto alla parete o il costume dell’attore sul palco bensì il senso, il sentimento, l’impressione che essi trasmettono al visitatore del museo, al pubblico, ai critici, allo stu-­‐
dente, alla società. Al centro dell’operato del Ministero, più che il miglioramento delle strumentazioni e risorse tecnologiche, c’è l’introduzione di metodologie per migliorare l’educazione al patrimonio culturale nelle scuole e l’apprendimento attraverso di esse. Le competenze chiave in questo contesto sono le capacità sociali e/o cul-­‐
turali, la cittadinanza, la creatività e il pensiero critico, 4 competenze considerate fondamentali anche tra le competenze del XXI secolo. “Mentre l’educazione trasmette il patrimonio culturale alle generazioni successive, ha anche il compito di in-­‐
novare le culture tradizionali. Gli elementi negativi delle culture tradizionali mirano alla necessità di rinnova-­‐
mento alla luce del mutamento nei contesti socio-­‐economici; l’educazione gioca un ruolo molto importante nell’apportare cambiamenti di valore efficaci e positivi a livello culturale”. (The Treasure Within, Rapporto UNESCO della Commissione Internazionale per l’Educazione del XXI Secolo, Zhou Nanzhao, UNESCO Pu-­‐
blishing, Parigi, 1996). ALLEGATI
ITALIA La scuola primaria in Italia dura cinque anni (gli studenti la frequentano dai 6 agli 11 anni cir-­‐
ca) ed è preceduta da una formazione per l’infanzia non obbligatoria della durata di tre anni. L’ultimo rapporto ISTAT, del Novembre 2015, afferma che il numero di studenti di scuola primaria in Italia ammonta a circa 3.000.000 in 146.403 classi, con circa 19.2 studenti in cia-­‐
scuna classe. Le scuole italiane sono divise in istituti pubblici e privati: il 91% degli alunni di scuola primaria frequentano la scuola pubblica e il 45% delle scuole si trovano nel Nord Italia. Il numero totale di studenti stranieri nella scuola primaria italiana è di 276.129, il 9,7% del totale; il 66,2% di questi frequenta le lezioni nelle regioni del Nord. Come evidenzia il rapporto OCSE del 2012, circa il 7,5% degli studenti italiani ha origini straniere: tale percentuale è aumentata di 5 punti dal 2003 al 2012. Il 44,5% del totale degli alunni di scuola primaria proviene dalle regioni del Nord, il 18,9% dal Centro e il 36,6% dal Sud, comprese la Sicilia e la Sardegna. IL 48,4% degli alunni è composto da giovani studentesse. Il numero di docenti nelle scuole pubbliche è di circa 245.000, la maggioranza dei quali lavora nelle regioni settentrionali e meridionali; circa il 10% degli studenti di scuola primaria pro-­‐
vengono dalla Regione Campania. L’età media dei docenti in Italia è tendenzialmente alta se paragonata al resto dei Paesi OCSE: un insegnante su tre ha più di 50 anni, dato esattamente opposto a quello relativo agli altri Paesi. Per esempio, se i docenti di scuola secondaria con più di 50 anni nei paesi OCSE sono il 36%, in Italia la stessa categoria raggiunge il 73%. Per quanto riguarda la scuola primaria, il 57% dei docenti ha più di 50 anni. Se si considerano i do-­‐
centi universitari, la percentuale è del 51%. Gli ultimi Paesi europei entrati nella classifica dell’OCSE raggiungono percentuali molto dif-­‐
ferenti da quelle italiane: insegnanti con più di 50 anni: Bulgaria: 47,7% Estonia: 43,1% Lituania: 42,1% Svezia: 41,7% Lettonia: 41,2% Grecia: 40,1% Italia; 65% È possibile affermare che mentre nel resto d’Europa il cambiamento generazionale è orga-­‐
nizzato in maniera strutturata, in Italia esso avviene di tanto in tanto, in maniera improvvisa e incontrollata. La recente Legge sulla Buona Scuola, che facilita l’assunzione degli insegnanti, non sarà in grado di modificare una tale situazione in quanto molti degli insegnanti che, fino ad ora, hanno lavorato con un contratto non a tempo indeterminato, lo hanno fatto per molti anni, e oramai hanno più di 50 anni. ALLEGATI
Il programma Classi 2.0 è stato promosso nel 2009 per verificare se e come tecnologie di va-­‐
rio tipo siano state integrate nell’ambiente di apprendimento e se la loro presenza abbia mi-­‐
gliorato le pratiche di insegnamento e apprendimento. Il progetto è stato replicato a livello internazionale in molti Paesi europei, ad esempio con Escuela 2.0 in Spagna e Capital in Gran Bretagna. L’obiettivo di Classi 2.0 è migliorare la didattica e l’apprendimento innovativi per riorganizzare gli spazi scolastici e la gestione del tempo oltre che sostenere il processo di in-­‐
dividualizzazione della didattica e dell’apprendimento. Tre progetti nazionali sono stati promossi dal Ministero dell’Istruzione per sviluppare l’uso delle strumentazioni digitali nelle scuole: Classi 2.0, LIM ed Editoria Digitale. LIM è stato promosso per sviluppare e promuovere l’innovazione didattica utilizzando le tec-­‐
nologie ITC nella scuola; grazie a tale progetto, il Ministero dell’Istruzione ha fornito alle scuole pubbliche strumenti tecnologici come la LIM (Lavagna Interattiva Multimediale). L’obiettivo di Editoria Digitale è invece quello di diffondere l’acquisto degli e-­‐book nelle scuo-­‐
le primarie e secondarie italiane. Tali progetti permettono agli studenti di interagire efficacemente con gli strumenti digitali e ALLEGATI
prendere parte a pratiche nuove e innovative. Nel novembre 2015, è stato attivato un nuovo Piano Nazionale per la Scuola Digitale. Esso prevede una serie di azioni, dal miglioramento dell’accesso a Internet all’effettiva realizza-­‐
zione di programmi di insegnamento e apprendimento innovativi (Legge 107/2015; MIUR (2015), Piano nazionale per la scuola digitale, si veda: http://www.istruzione.it/scuola_digitale/landing/allegati/pnsd-­‐-­‐-­‐layout-­‐-­‐-­‐30.10-­‐-­‐-­‐WEB.pdf). Secondo quanto affermato nel rapporto OCSE del 2012, il 66,8% degli studenti utilizza il computer a scuola: tale percentuale è cresciuta di 3 punti dal 2009 al 1012. Oltre a ciò, il 28,8% degli studenti è abituato all’uso di Internet a scuola. Sfortunatamente, la percentuale di utilizzo delle tecnologie ITC e tool digitali nelle scuole ita-­‐
liane è al di sotto della media. In generale, gli studenti italiani hanno familiarità con gli strumenti digitali dalla scuola prima-­‐
ria, grazie ad attività e metodologie specifiche nelle quali l’uso di tecnologie ITC è necessario. Il futuro del corso di studi primario include lo studio di tali tecnologie nel processo di appren-­‐
dimento, ma, vista l’età media elevata degli insegnanti di scuola primaria, molti di loro non hanno familiarità con la tecnologia. Altri dati circa il sistema scolastico italiano e l’uso di tecnologie: • 375.000 classi • 70.000 laboratori • 72.000 lavagne interattive 750.000 docenti attivi REGNO UNITO L’istruzione primaria copre tre fasce d’età: infanzia (meno di 5 anni), primaria (dai 5 ai 7-­‐8) (Key Stage 1) e media (fino a 11-­‐12) (Key Stage 2). In Scozia e Irlanda del Nord non viene, ge-­‐
neralmente, fatta distinzione tra scuola primaria e scuola media. Nel Galles, sebbene la sud-­‐
divisione delle scuole sia sempre la stessa, la Foundation Phase ha riunito quelli che in prece-­‐
denza erano conosciuti come i Primi Anni (3-­‐5) e il Key Stage 1 (5-­‐7) del National Curriculum per creare una fase di istruzione per i bambini tra i tre e i sette anni. In Inghilterra, le scuole primarie ospitano bambini dai 4 agli 11 anni. Alcune scuole possono avere un istituto per l’infanzia o un centro per bambini per i più piccini. La maggior parte delle scuole primarie del settore pubblico hanno classi miste. È tipico trasferire i ragazzi direttamente alla scuola se-­‐
condaria a 11 anni (Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord) o 12 (Scozia), ma in Inghilterra alcuni ragazzi effettuano la transizione attraverso scuole medie per ragazzi dagli 8 ai 14 anni. A se-­‐
conda della fascia d’età di cui si occupano, le scuole medie sono classificate come primarie o ALLEGATI
secondarie. Gli obiettivi principali dell’educazione primaria sono il raggiungimento dell’alfabetizzazione di base a livello linguistico, matematico e delle altre materie. I bambini dell’Inghilterra e dell’Irlanda del Nord sono valutati al compimento di Key Stage 1 e 2. In Gal-­‐
les, ogni studente dell’ultimo anno della Foundation Phase e del Key Stage 2 deve sostenere un esame. Scuole, studenti e loro caratteristiche al gennaio 2015 8,4 milioni In Inghilterra, gli studenti sono iscritti a scuole statali e indipendenti. 1,3% di crescita nel numero di studenti dal gennaio 2014. Si tratta di un aumento maggiore rispetto a quello degli anni precedenti; il 2,1% di aumento è stato riscontrato nel numero de-­‐
gli studenti delle scuole primarie statali. Il numero di studenti nelle classi secondarie è au-­‐
mentato dello 0,1% per la prima volta dal 2010. Il 15,2% degli alunni delle scuole statali hanno i requisiti per richiedere la mensa gratuita. Questa percentuale è diminuita dal 16,3% del gennaio 2014. Il 15% degli studenti nelle scuole statali secondarie sono esposti a una lingua differente dall’Inglese all’interno dei loro contesti familiari, dato maggiore rispetto al 14,3% del gennaio 2014. Cifre relative agli insegnanti nella scuola statale al novembre 2014: Il numero degli insegnanti è in continua crescita. Nel novembre 2014, in Inghilterra, c’erano 454.900 insegnanti a tempo pieno nelle scuole statali. Ciò rappresenta un aumento del 5.200 (1,2%) dal 2013 (449.700 insegnanti full-­‐time). L’aumento del numero degli insegnanti si riscontra in special modo nelle scuole primarie. Il numero di docenti a tempo pieno che lavorano nella scuola dell’infanzia o in quella primaria è aumentato di 6.000 unità (2,9%) tra il 2013 e il 2014 mentre, per lo stesso periodo di riferi-­‐
mento, il numero degli insegnanti della scuola secondaria è diminuito di 800 unità (0,4%). Il salario medio degli insegnanti resta invariato. Per coloro in servizio al Novembre 2014 era di £37.400, lo stesso del 2013. Su cinque docenti, quattro sono donne. Nel 2014, l’80% del numero di impiegati full-­‐time nelle scuole era costituito da donne. C’è stato un minimo aumento a paragone del 79,7% del 2013. Il 79% dello staff di supporto nelle scuole e il 91% degli assistenti è costituito da donne. Circa ¾ degli insegnanti è donna. Le insegnanti ammontano al 74% del totale, sebbene ci sia una differenza tra scuola primaria (85%) e secondaria (62%). Gli insegnanti della scuola primaria sono in media leggermente più giovani dei loro colle-­‐
ghi nella scuola secondaria. Gli insegnanti di scuola primaria sotto i 30 sono il 27,6% di tutti ALLEGATI
gli insegnanti a tempo pieno a paragone del 23,1% di quelli della scuola secondaria. Gli inse-­‐
gnanti di scuola primaria dai 50 anni in su sono il 17,5% del totale, quelli della scuola seconda-­‐
ria con le stesse caratteristiche sono il 18,5%. Insegnamento a studenti con necessità speciali in Inghilterra al gennaio 2015 Il 15,4% degli studenti in Inghilterra ha esigenze educative speciali (1.301.445 studenti), dato in calo rispetto al 2010 (21,1%), diminuzione del 2,5% rispetto allo scorso anno. ALLEGATI
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