Anno XXXVIII Numero 9
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Anno XXXVIII Numero 9
- ANNO XXXVIII N. 9 SETTEMBRE 1990 MENSILE DELL'AICCRE ASSOCIAZIONE UNITARIA DI COMUNI PROVINCE REGIONI dal quartiere alla regione per una Comunità europea federale Federalismo e confederalismo di Umberto Serafini Eleonora dlArborea, che promulgò la «Carta de logu» (1395) e difese concretamente in Sardegna il principio di sussidiarietà, a dispetto degli Aragonesi Forse c'era da aspettarselo. È cominciata la disputa su «che cosa è il federalismo~al momento di stringere. Da una parte siamo pronti a fare il salto verso l'Unione politica europea (non trascurando che la democrazia si propone la sua pacifica, permanente espansione - ricordiamo il commento di Mortati all'articolo 11 della Costituzione - e quindi, senza titubare sull'Unione dei 12 o di «coloro che vorranno», nella necessità di provvedere altresì al federalismo «al di là della piccola Europa»); e dall'altra ci troviamo nell'urgenza di passare da uno Stato, sulla carta (costituzionale), regionale - la Repubblica italiana - a un autentico Stato regionale e magari federale (autentico anch'esso: vedasi la Repubblica tedesca di Bonn, che probabilmente non regredirà con l'avvento dei 5 Laendeu orientali). E via alle peggiori stranezze: non solo e non tanto di furbi mestatori, che approfittano del sacrosanto turbamento della gente per gli errori e le colpe (gravi) del Governo «nazionale» e dei partiti e vendono una merce contraffatta - questo è logico e naturale -, ma anche di federalisti doc che «ci ripensano» e dicono tutto il contrario (o quasi) di quel che hanno sostenuto da venti, trenta, quarant'anni (non cinquanta o cinquantacinque come me, perché, con travaglio, ho avuto tempo di vaccinarmi, battendomi in tempi assai piu difficili, in cui eminenti giuristi «democratici» (ora) adoravano Santi Romano, il Maestro finito coerentemente nella Repubblica di Salò, e a parlare senza vacillare di federalismo democratico eravamo pochi pazzi). I1 «federalismo» della Lega lombarda e similari farebbe ridere, se la paurosa involuzione e - diciamolo - la incredibile corruzione della politica «centrale» non inducessero a piangere, perché ormai qualsiasi cretino trova un seguito nella folla esasperata: e sono in pe- .. il federalismo è la capacità di essere diversi e vivere sotto una legge comune. Ma al signor Rossi - che, mi dicono, è senatore della Repubblica - occorrerebbe dare la punizione di mangiare (gli asini mangiano la carta) il libro «Roma capitale» di Alberto Caracciolo, per imparare quel che è successo dopo che i fanti del 40° Reggimento fanteria (non i bersaglieri di La Marmora) sono passati primi per la breccia d i Porta Pia. Lombardi - ma anche piemontesi e qualche toscano - hanno assaltato il verde di Roma e tutti i terreni disponibili (se ben ricordo, lavoravano in senso mafioso - la mafia del Nord - le 3 cooperative «Macao», «Esquilino» e «Prati») e realizzato favolose speculazioni sulla pelle dei poveri romani, ma con la connivenza di vari nobilastri (clericali in politica, amici dei massoni - caro Messeri - nella speculazione fondiaria). Poi i lombardi hanno manovrato il governo della finanza pubblica «nazionale», insieme ad altri cattivi uomini del Nord, si sono serviti di manovalanza (anche laureata) meridionale e hanno fatto la ricchezza - che non ci dispiace - del Nord, ma anche impedendo che l'economia produttiva si sviluppasse intorno a Roma, perché una forte classe operaia - dicevano spudoratamente - poteva dar fastidio al governo (e non c'era ancora formalmente il partito socialista). Sulla questione meridionale non insisto: mi limito a ricordare a Bossi «Rocco e i suoi fratelli» e invitarlo a baciare i piedi dei lavoratori meridionali, che tanto hanno aiutato il boom economico di lorsignori. Naturalmente le facezie di Bossi non meriterebbero una perdita di tempo; ma una autonomia locale - questo è vero - che non esiste (quanti sindaci sono semplici prefetti dei partiti?) e che ha una finanza quasi esclusivamente di trasferimento - e trasferimento discrezionale -, che comprende Regioni le quali si basano su una legge elettorale aberrante, non sono capaci di programmare e contendono - con la solita, indebita intrusione strumentale dei partiti - i compiti esecutivi agli Enti infraregionali, tutto questo è un bel guaio. Dirò di più, visto che sono uno se non dei padri, dei fratelli maggiori del regionalismo italiano: comincio (segue pag. 18) som ma r1o COMUNI D'EUROPA La grande Germania l'Europa dell'Est e noi federalisti I primi sei mesi del 1990 hanno prodotto un esempio classico di contrapposizione tra analisi deduttiva e realtà dei fatti. Mentre storici, politologi, studiosi delle più differenti discipline discutevano di come avrebbe dovuto realizzarsi l'unificazione tedesca (ciascuno proponendo una sua soluzione), questa di fatto si attuava nel modo più semplice: cadendo la RDT nelle buaccia protese della RFD. Certo è stata salvata la faccia (il comitato 4 + 2) e sono stati mantenuti alcuni capisaldi (soprattutto sul ruolo delle presenze delle truppe straniere in territorio tedesco); ma i fatti sono quelli che sono: oggi abbiamo una sola Germania, il regime sociale e politico della Repubblica democratica è quello in atto nella Repubblica federale, le istituzioni si unificane, e le alleanze internazionali sono quelle decise a Bonn. Anche l'appartenenza dei territori ex-RDT alla Comunità europea è definita nella sostanza. Tutti ben comprendiamo perché questo è potuto avvenire cosi facilmente e rapidamente: è la conseguenza della dissoluzione del patto di Varsavia, a sua volta provocata dai profondi cambiamenti in atto in Unione Sovietica. Ma al fondo c'è - speriamo fondatamente - la convinzione dell'opinione pubblica mondiale che la Germania di oggi - parlo della Germania di Bonn - è ben lontana dalla Germania nazista, non solo nel suo regime istituzionale (il che è ovvio) ma nel suo spirito profondo ed ha abbandonato ogni obiettivo di rivincita e ogni aspirazione ad essere nazione egemone. Ma non sempre quello che si vuole coincide con quello che avviene; talvolta il corso della storia impone - nel bene come nel male - agli individui, come ai popoli e agli stati, di giocare un ruolo diverso da quello inizialmente voluto. Questo può essere il caso della Germania nei suoi rapporti con alcuni paesi del patto di Varsavia. È impensabile che il vasto territorio ad est della linea Oder-Neisse e fino ai confini con L'Unione Sovietica (ma comprendendo in esso anche gli stati baltici?) possa rimanere a lungo un'area, per cosi dire, a se stante, con un suo equilibrio interno, sganciata da collegamenti più organici con i protagonisti della scena internazionale. Questa conclusione è improponibile secondo la logica e l'esperienza storica. Il collegamento avverrà. Ma con chi? Difficilmente proprio per ragioni storiche, passate e recenti, 01tre che per ragioni politiche attuali - con l'Unione Sovietica; molto più facilmente - ancora per ragioni storiche - con una Germania potente, unificata, economicamente florida, presente sulla scena mondiale come autentica protagonista (con gli Usa e il Giappone). Siamo, però, sicuri che questa Germania influente su gran parte dell'Europa - quella danubiana - continuerà a non sentire - nel suo spirito profondo - pericolosissimi sentimenti di rivincita e di egemonia a dimensione non più danubiana soltanto? Chi volesse rispondere oggi a questo interrogativo dovrebbe affidarsi alla sfera di cristallo, ma forse non soltanto ad essa. È compito delpolitico prevedere per guidare il corso degli avvenimenti. Ecco quindi un grande tema per l'Europa e per tutti gli europei (compresi noi del CCRE): occorre attuare o realizzare una politica comunitaria verso i paesi dell'Europa dell'Est; occorre che quei paesi europei che non potranno mai aspirare ad un molo significativo in quell'area (come l'Italia) non diano il «cattivo esempio» di muoversi secondo linee che negano il quadro comunitario creando vari accordi bilaterali o multilaterali: offuirebbero soltanto comodi alibi per chi quel ruolo egemone può effettivamente giocare. Occorre infine suscitare - nei paesi dell'Europa dellJEst - un movimento di opinione pubblica diffuso che abbia come obiettivo l'Europa e il federalismo, per coprire quel possibile «vuoto» nel modo giusto per la pace e la democrazia. Questo è un compito che può e deve assolvere il CCRE. Speriamo che sappia cogliere l'opportunità e ne sia all'altezza. I primi approcci (testimoniati anche da vari articoli di «Comuni d'Europa») sono decisamente positivi. gc. P. 1 - Federaiismo e confederaiismo, d i Umberto Serafini 2 - La grande Germania, di gc.p. 3 - Pensare globalmente, agire localmente, d i Gianfranco Martini 5 - È confederale l'approccio dei governi, di Roberto Santaniello 7 - Una analisi delle autonomie regionali e locali, di Alessandro Padrono SETTEMBRE 1990 "Pensare globalmente, agire localmente" Statuti locali: una "fase costituente" per fare emergere la valenza europea delle autonomie di Gianfranco Mattini L'entrata in vigore della Legge n. 142 del 8.6.1990 riguardante la riforma dell'ordinamento delle autonomie locali sottopone all'attenzione ed alla responsabilità degli amministratori neo-eletti un adempimento di grande rilevanza politica, quello della elaborazione degli Statuti comunali e provinciali previsti dall'art. 4 della legge citata. Detto articolo indica alcune linee generali di contenuto di tali statuti ed ogni Ente è chiamato ad uno sforzo di intelligenza politica, di percezione delle reali esigenze della Comunità locale e di rispetto e valorizzazione della sua specifica identità, per cui sarebbe illogico (e contraddittorio proprio con i valori dell'autonomia) predisporre schemi uniformi per la redazione dello statuto. Questa importante innovazione della legge di riforma riveste un positivo interesse anche per I'AICCRE e per le finalità che essa persegue per rafforzare e valorizzare le autonomie locali nel quadro e al servizio della costruzione di unlEuropa federale. Per questo motivo la redazione degli Statuti comunali o provinciali può fornire una positiva occasione per inserirvi alcuni specifici richiami alla collaborazione - ormai indispensabile - dell'ente territoriale in un contesto europeo e nella prospettiva di un'Europa politicamente ed economicamente unita. Qualche indispensabile richiamo I1 Consiglio dei Comuni e delle Regioni d'Europa (CCRE) e la sua Sezione italiana (AICCRE) sono stati certamente i primi a sottolineare il collegamento necessario tra il processo di costruzione dell'Europa in senso unitario e il rafforzamento e la valorizzazione delle autonomie territoriali. Unità europea concepita in senso federale perché solo un sistema federale con le sue indispensabili e connaturate articolazioni a diversi livelli del potere e delle istituzioni che lo esercitano riconosce, in termini di filosofia politica e di concreta operatività, il ruolo indispensabile delle varie realtà autonomistiche territoriali. Altre forme di cosiddetta «cooperazione europea», compresa quella che si concretizza in forme confederali, non lascia spazio ad una partecipazione attiva delle autonomie comunali, provinciali e regionali nell'ambito di un processo unitario dell'Europa. Infatti i soggetti d i una Confederazione rimangono esclusivamente gli Stati intesi però come Stati-persona che si esprimono all'esterno esclusivamente tramite i loro governi e poteri centrali, considerando le autonomie territoriali una realtà puramente interna allo Stato nazionale sovrano, senza alcuna rilevanza esterna. SETTEMBRE 1990 Attualmente la Comunità europea si colloca ancora in una situazione intermedia tra le aspirazioni federaliste e quelle di tradizionale cooperazione intergovernativa, ma non vi è dubbio che almeno tre elementi di rilevante novità politica sono presenti oggi nell'attuale sistema comunitario e suscettibili di importanti ed urgenti sviluppi: l'esistenza di norme comunitarie (chiamate «regolamenti») che sono direttamente ed immediatamente applicabili ai soggetti destinatari, senza passare necessariamente per il recepimento in leggi nazionali; l'esistenza di risorse proprie per cui la Comunità europea recepisce in forma diretta ed autonoma le risorse che le sono necessarie; la realtà di un Parlamento europeo la cui formazione avviene tramite una contemporanea elezione diretta a suffragio universale, anche se, purtroppo, ancora seguendo sistemi elettorali diversi secondo i vari Stati membri. Richiamiamo queste nozioni, che dovrebbero essere ormai largamente acquisite specialmente tra i soci dell'AICCRE, perché essi hanno una diretta incidenza anche sulla necessità di tenere conto, nella redazione degli Statuti comunali e provinciali previsti dall'art. 4 della legge di riforma delle autonomie n. 14211990, del dato europeo; non come sua forzata inclusione suggerita da scelte ideologiche a priori della nostra Associazione, ma come presa d'atto di una realtà obiettiva destinata ad auspicabili sviluppi. Non va dimenticato, tra l'altro (ma ci limitiamo ad un rapidissimo cenno che sarebbe tuttavia interessante sviluppare adeguatamente), che gli Stati nazionali si sono costituiti ed affermati, nella storia, anche contro le autonomie statutarie. L'esigenza di portare ad unità le diverse nazioni ha spesso inciso negativamente sulle autonomie territoriali. Ne deriva che il superamento di un concetto ,.PP(~,c, q,d-", -- -- <le " A!e %- -. C.Z. P - \-A . .--- Linc.l.b gs&r~I -- -- *l - lli *I I> FIWS ,916 @ ' A ~ ~ E T ~ -- DELLA REPUBBLICA ITALIANA - - Mn<ia(l. 12 iiuyu ll*M - PARTE P P I I I I Roma i l ~ ~ i < I w w m n i r m r F l - a x m * a ~ U i , A anriulussauaiLIririi ilBBW"db "Om , E,,,.W ,a,* I O I *M* l t l i i .!.l6 ,1184 ii"0 >liv W'L iI.2 P - I1 18111111 l i " ) 1 6W $11 115 .< Uiamii m,m 12.1 < iiw S I I - - W*urul7 ,I h Lef.r,t :(<)n 141 Ordinitmento delle a~ituriumiclocali. (i chiuso di Stato nazionale, come avviene nel processo in corso di unificazione europea e come del resto è stato intuito nelle sue grandi linee dallo stesso art. 11 della Costituzione italiana, ed ogni reale progresso verso forme di sovranazionalità e quindi di federazione ha anche ripercussioni - in senso positivo nella creazione di maggiori spazi di autonomonia all'interno dei singoli Stati. Inoltre il problema degli Statuti comunali e provinciali si ricollega direttamente all'art. 5 della nostra Costituzione, dal quale emerge chiaramente il concetto basilare che l'autonomia non deriva da un atto creativo dello Stato-persona, ma emerge dal corpo sociale e dà significato allo Stato-comunità o Stato-ordinamento, comprensivo cioè di una pluralità di istituzioni che, tutte assieme, concorrono a costituire l'ordinamento repubblicano, con pari dignità anche se con ruoli, competenze e poteri diversi. I n base al citato art. 5 la legge riconosce, ma non crea i diritti connessi all'esercizio delle autonomie. Tutto ciò significa anche che il nostro ordinamento autonomistico sta passando e deve sempre più passare da una concezione statica ad una struttura dinamica «aperta» che metta in collegamento le realtà di Comuni, Province e Regioni del nostro Paese con quelle democratiche d i altri Paesi con le quali, sul piano europeo, va ricercata e perseguita un'azione costante e coerente, fondata sulla partecipazione dei cittadini e delle varie formazioni sociali: azione volta ad accelerare il processo di integrazione federale delllEuropa, a favorire il processo d i democratizzazione apertosi nell'Europa centrale e orientale, a rafforzare, anche a livello d i base, le iniziative di cooperazione allo sviluppo delle popolazioni del «terzo mondo)), a cogliere concretamente le potenzialità positive anche per gli Enti locali e regionali del processo di integrazione. Tutto ciò non va naturalmente confuso con una rischiosa confusione di ruoli perché non si tratta di riconoscere a Comuni, Province e Regioni l'esercizio di attività di «politica internazionale. ma di trarre tutte le legittime conclusioni dallo sviluppo di un ordinamento nuovo, quello appunto europeo, che si colloca con proprie caratteristiche, ormai pacificamente riconosciute, tra l'ordinamento nazionale interno e la tradizionale visione dell'ordinamento internazionale in senso proprio. È in questo spazio che si coiloca l'impegno di Comuni e Province nel nostro Paese per dare contenuti adeguati ai propri Statuti sulla base della Legge 142 più volte citata. Ma come tradurre in indicazioni statutarie la consapevolezza crescente d i amministratori e di amministrati di vivere in un mondo aperto e di essere chiamati a partecipare seriamente al grande ruolo dell'integrazione euCOMUNI D'EUROPA ropea al servizio della pace, della solidarietà tra i popoli, nella giustizia e nella sicurezza? Non ci ripeteremo sulla esigenza di rifiutare facili schemi prestabiliti da ricalcare passivamente. Nuovi contenuti degli Statuti nella prospettiva europea Ci sembra che almeno due possono essere i filoni da esplorare, entrambi accennati nell'art. 4 della legge n. 142: - la forma della collaborazione tra comuni e province; - le forme della partecipazione popolare. La legge n. 142 prevede un apposito capo (1'VIII) dedicato appunto a «Forme associative e di cooperazione. Accordi di programma» ma il principio della cooperazione tra enti territoriali (non si parla di Regioni solo perché la legge predetta riguarda espressamente solo l'ordinamento dei Comuni e delle Province, ma per quanto riguarda la problematica qui affrontata, le Regioni sono componenti essenziali della concezione costituzionale del nostro Paese: e altrettanto potrebbe dirsi, sempre in relazione alla collaborazione e agli scambi al di là delle frontiere, per le Comunità montane non espressamente previste nella Carta costituzionale tra le tre categorie di enti territoriali autofiomi, ma alle quali la nuova legge n. 142, al capo IX, conferisce una specifica considerazione qualificandole come «enti locali»): Non crediamo sia una forzatura ingiustificata, quando si affronta la tematica della cooperazione tra enti territoriali, fare riferimento non solo alle forme tradizionali che si esauriscono nell'ambito nazionale ma includere anche quelle con le quali si creano relazioni permanenti tra detti enti appartenenti a paesi diversi. Pensiamo naturalmente, in primo h o go, ai «gemellagggi» sui quali I'AICCRE (e i1 CCRE) hanno da sempre esercitato riflessioni, sollecitazioni, approfondimenti di significato e di obiettivi, indicazioni operative. Nello Statuto di Comuni e di Province perciò dovrebbe trovare posto un esplicito richiamo al «gemellaggio» come espressione della loro autonomia nel tessere legami di collaborazione, fraternità, amicizia, solidarietà con altri soggetti analoghi appartenenti ad altri paesi: rapporti oggi imposti e reclamati sempre più dalla crescente interdipendenza dalle nostre società, da aperture culturali, dalla moltiplicazione di curiosità conoscitive, ma anche - e per la nostra Associazione con valutazione prioritaria - dalla necessità di creare sensibilità politiche nella popolazione verso l'urgenza di creare una Unione politica europea, una nuova democrazia europea in cui le autonomie, i valori propri delle varie identità delle comunità locali possano crescere in un contesto di unità, di convergenza, di coesione anche economica e sociale, in una parola, come ricordato all'inizio di questa considerazione, in un quadro federale. Del resto l'importanza dei gemellaggi e la loro consacrazione ufficiale è confermata anche dal sostegno che la stessa Commissione delle Comunità europee, su proposta del Parlamento europeo, accorda, sul piano finanzia- rio, ai gemellaggi: iniziativa che non sarebbe stata possibile, nell'attuale intreccio di poteri nazionali e comunitari, se ai gemellaggi non fosse stato attribuito un rilievo di interesse generale. I1 secondo filone, per il quale non possiamo qui andare oltre la formulazione di esigenze generali perché «le modalità» pratiche e le esperienze che ne possono derivare sono di una varietà indefinibile, è quello della partecipazione popolare. A che cosa? Certamente alla conoscenza dei problemi della comunità locale, alla ricerca delle migliori soluzioni, quindi al suo «governo», all'individuazione d i nuovi modi di convivenza democratica, non solo tramite i tradizionali canali rappresentativi ma anche in forma diretta, con tutte le conseguenze evidenti che ne derivano sul piano dell'informazione dei cittadini che deve essere sufficiente, concreta e libera, dei contatti non sporadici tra amministratori e amministrati, di un nuovo ruolo delle forze politiche, del decentramento interrio, della stessa organizzazione degli organi istituzionali e degli uffici e servizi e del loro funzionamento: tutte esemplificazioni, si noti, cui l'art. 4 della legge n. 142, tante volte citata, fa espresso riferimento come possibili contenuti dei futuri statuti, integrato dall'art. 6. Questa materia complessa, negli anni '90, non può più ormai essere confinata ad un «provincialismo» nazionale, la partecipazione popolare deve avere ad oggetto le grandi problematiche che trascendono i confini del proprio paese non solo in termini di conoscenza ma di ripercussioni culturali e di concrete risposte alle esigenze della gente: basti pensare, un solo esempio per tutti, ai problemi ecologici che tracimano per loro natura, oltre le frontiere tradizionali. Si dirà che questa tematica non è solo europea, ma internazionale. E vero, ma sarebbe un errore non comprendere che la grande spinta verso forme nuove di convivenza e di solidarietà mondiali non può assolutamente prescindere da un primo passo, quello di dare unità politica (oltre che economica) all'Europa, cominciando dal nucleo forte dei dodici paesi della Comunità che non deve essere un bastione chiuso, ma che non può neppure essere sottovalutato nel suo carattere di punto irrinunciabile di riferimento per ogni ulteriore sviluppo. Tornando specificamente ai contenuti degli Statuti comunali e provinciali, si dovrà dunque esplicitare questa nuova ottica e dimensione della partecipazione che preveda l'informazione e la sensibilizzazione dei cittadini e delle formazioni sociali ai temi europei con riferimento, naturalmente, anche ai bisogni delle comunità locali, ma tenendo sempre ben presenti che tra i grandi obiettivi di una democrazia europea vi è certamente anche quello di concorrere alla soluzione degli specifici problemi locali e regionali in termini di sviluppo, di riequilibrio territoriale, di crescita delle opportunità. Anche a tale proposito si può citare lo slogan: «Pensare globalmente, agire localmente» (anche se questo slogan, nella sua sinteticità, può prestarsi ad ambiguità). Gli estensori degli Statuti dovranno quindi fare uno sforzo particolare per individuare, specie nell'ambito dell'art. 6 della legge n. 142, le potenzialità «europee» della partecipazione popolare, nella consapevolezza che le iniziative concrete nascono tanto più correttamente ed efficacemente quanto più la cittadinanza sarà cosciente di vivere in un contesto che dall'Europa si apre al mondo. È appena il caso di dire che stimolando in tal modo e dando negli Statuti una base politica e giuridica ai Comuni e Province, al loro agire europeo, non si vogliono creare indebite confusioni, sovvertire le regole del gioco istituzionale, sostituire cioè ai compiti tradizionali dei Comuni e delle Province le nuove prospettive. Si tratta piuttosto di integrare, far crescere e adeguare un certo modo acquisito di fare amministrazione, di offrire i necessari sviluppi culturali a chi ha responsabilità elettive e ai loro collaboratori e di formare, a livello di cittadinanza, gli interlocutori più idonei e piìl ricettivi. I fondamenti politici e giuridici Deve essere chiaro che il problema degli Statuti è quello di tradurre sul piano normativo e, quindi giuridico, aspetti, esperienze e aspirazioni politiche. E questo il senso di fondo della «fase costituente» che la nuova legge ha sostanzialmente introdotto per dar corpo effettivo ai principi dell'autonomia e alla responsabilizzazione che ne deriva. A tale proposito è bene ricordare che mentre in Italia il Parlamento discuteva la riforma delle autonomie locali, il Consiglio d'Europa elaborava una Carta europea dell'autonomia locale firmata a Strasburgo il 15 ottobre 1985 e ratificata dal Parlamento italiano il 30 dicembre 1989. Essa va ad aggiungersi alla Convenzione dei diritti dell'uomo, alla Convenzione culturale europea e alla Carta sociale. Nella Carta vengono definiti i poteri delle comunità locali e le garanzie della loro autonomia nel quadro delle fondamentali libertà del cittadino e della società democratica. È interessante rilevare la sostanziale consonanza dei principi della nostra riforma con quelli della Carta, quasi a dimostrazione di una reciproca influenza per tante parti. Citiamo, dal preamlolo di detta «Carta europea delle autonomie locali» la frase seguente: «Consci che la difesa e il rinvigorimento dell'autonomia locale nei diversi paesi d'Europa costituisce un contributo importante per la costruzione di un'Europa fondata sui principi della democrazia e della decentralizzazione del potere». Importanti, tra gli altri, proprio agli effetti europei, sono particolarmente gli articoli: 3 - 1) Per autonomia locale, si intende il diritto e la capacità effettiva per le collettività locali di regolare e gestire, nell'ambito della legge, sotto la propria responsabilità e a vantaggio della popolazione, una parte importante degli affari pubblici: - 2) Tale diritto è esercitato da assemblee o consigli, composti da membri eletti per suffragio libero, segreto, egualitario, diretto e universale e che possono disporre di organi esecutivi responsabili di(segue a pag. 6) SETTEMBRE 1990 è confederale l'approccio dei governi Dalla crisi del Golfo un'indicazione per l'Europa: procedono insieme unione politica ed economica di Roberto Santaniello" Il piano Werner del '71 sull'unione economica e monetaria e la fine del sistema monetario internazionale di Bretton Woods. Gli shock petroliferi degli anni '70. Il processo di integrazione negativa ed il coordinamento delle politiche economiche e monetarie. Il ruolo della Comunità nella ricerca della pace e della distensione internazionale. Il metodo della cooperazione intergovernativa e la sua natura conservatrice. R nesso tra politica economica comune e politica della sicurezza. La necessità di unafase costituente e il ruolo del Parlamento Europeo. Le conferenze intergovernative di dicembre La crisi del Golfo Persico, provocata dall'invasione del Kuwait da parte dell'Irak di Saddam Hussein, pur nella sua estrema drammaticità, contiene paradossalmente un elemento positivo. Quello di rendere non più accademico il dibattito sulla struttura che dovrà assumere la futura Unione Europea. L'ennesima crisi mediorientale, la cui intensità sta rapidamente raggiungendo quelle vissute negli anni sessanta e settanta, indica con chiara evidenza l'indissolubile legame che esiste tra processo di integrazione economica e monetaria della Comunità Europea e la realizzazione di una comune politica estera e della sicurezza. È sufficiente volgere gli occhi alla situazione nella quale si ritrovò la CEE agli inizi degli anni settanta per trarre qualche utile insegnamento. Allora il vertice dell'Aia del 1969 rilanciò l'obiettivo dell'unione economica e monetaria dando incarico ad un gruppo di esperti, presieduto dal primo ministro lussemburghese Pierre Werner, di redigere un piano per la sua realizzazione. Questo piano, che prevedeva l'istituzione dell'Uem in tre distinte fasi, fu adottato dal Consiglio dei ministri nel 1971. Ma le buone intenzioni dei governi non furono mai tradotte in realtà. La dichiarazione di non convertibilità del dollaro (15 agosto 1971), che pose fine al sistema monetario internazionale creato a Bretton Woods, e i1 primo shoch petrolifero causato dal quarto conflitto Arabo-Israeliano paralizzarono di fatto il processo di integrazione Europea. La Comunità Europea non rispose con una sola voce all'ennesima crisi mediorientale e le reazioni alla sfavorevole congiuntura economica derivante dall'aumento del prezzo del petrolio sono state puramente nazionali. Ciò si tradusse nell'innalzamento di nuove barriere amministrative e tecniche, le stesse che la Commissione vuole eliminare mettendo in opera tutte le misure del Libro bianco per il completamento del mercato interno. La paralisi di allora fu il risultato di due fattori interagenti tra loro: da una parte la mancanza di una dimensione politica della CEE che permettesse alla Comunità di avere un'unica voce sulla scena internazionale; dall'altra la mancanza di un coordinamento delle * Assistente al Parlamento Europeo SETTEMBRE 1990 politiche economiche e monetarie in grado di ammortizzare gli effetti congiunturali dell'aumento del prezzo del petrolio e gli squilibri monetari internazionali. Di fatto però fu il primo elemento, la mancanza di solidarietà politica comunitaria, ad impedire di portare avanti il secondo. L'istituzione dell'unione economica e monetaria delineata dal rapporto Werner avrebbe certamente comportato problemi globalmente meno pesanti per l'insieme della Comunità. Non è difficile rilevare le numerose similitudini tra la situazione politica dei primi anni settanta con quella attuale. I1 processo di integrazione negativa (l'eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione dei beni e dei fattori della produzione) si è rimesso in moto dopo 15 anni di stagnazione e lo sviluppo di questo processo necessita di un correlativo approfondimento nel campo del coordinamento delle politiche economiche e monetarie. Da qui le proposte presentate dal comita- to Delors di realizzare entro tre distinte tappe l'unione economica e monetaria che si tradurrebbe nella creazione di una banca centrale europea, nell'istituzione di un sistema di cambi fissi e nel coordinamento delle politiche economiche dei Dodici. Per apportare al trattato di Roma le necessarie modifiche, il Consiglio europeo di Strasburgo ha deciso la convocazione di una Conferenza intergovernativa. Sull'onda dei cambiamenti intervenuti nei paesi dell'Europa centrale ed orientale, il cancelliere tedesco Kohl e il presidente francese Mitterrand hanno rilanciato, al Consiglio europeo di Dublino del 28 aprile, I'obiettivo dell'unione politica. Se la realizzazione di tale unione è necessaria per garantire alla CEE quella dimensione politica che ancora le manca, ora, di fronte alla gravissima crisi del Golfo, il suo conseguimento diviene urgente per non mettere a rischio il processo di integrazione economica e monetaria così faticosa- La bandiera europea sui Gran Sasso La sezione aquilana del Movimento federalista europeo ha preso parte alla manifestazione «L'Europa suUe montagne», che si è tenuta sul Gran Sasso d'Italia il 4 agosto. La cerimonia ha avuto inizio sul piazzale antistante l'albergo di Campo Imperatore con la consegna della bandiera europea da parte del segretario della sezione aquilana del Movimento federalista europeo, Marce110 Silvj, al prof. Carlo Alberto Graziani che successivamente, scortato da una rappresentanza del CAI e del Mountain Wilderness, l'ha portata sulla cima del Corno Grande mente rimesso in moto. Nei mesi scorsi il dibattito in sede di Consiglio dei ministri ha spesso assunto toni accademici piuttosto che operativi, quasi si trattasse, per usare le parole della signora Thatcher, di un ~ r o b l e m aesoterico lontano da qualsiasi realtà politica. La crisi del Golfo, la cui dimensione supera i confini territoriali del paese che l'ha provocata e di chi la sta subendo, pone problemi politici di ampia portata che investono in maniera diretta aspetti economici e finanziari. Al di là dei pur delicati problemi immediati cui sono fronteggiate le diplomazie occidentali - la situazione degli ostaggi e della popolazione del Kuwait - l'istantaneo aumento del prezzo del petrolio che ha avuto immediati riflessi sui mercati finanziari di tutto il mondo sollecita una risposta comunitaria sia dal punto di vista politico che d a quello economico. La Comunità europea deve certamente agire di concerto con gli Stati Uniti, ma non può sempre attendersi che gli Usa colmino eternamente le proprie carenze in materia di politica estera e della sicurezza. La Comunità deve essere un soggetto autonomo nell'ambito della politica internazionale e svolgere il suo ruolo per la ricerca della pace e della distensione internazionale. Dal punto di vista economico, la C E E deve rispondere con un'unica voce in modo tale da limitare le conseguenze negative derivanti dall'aumento del prezzo del petrolio e dei suoi effetti sull'economia reale e sui mercati finanziari. Queste due ultime considerazioni hanno un logico corollario: senza una risposta realmente europea e comunitaria c'è il reale rischio che la Comunità si trovi nella medesima situazione nella quale si impantanò negli anni settanta. E ancora una volta dei due elementi - quello politico e quello economico - è il primo ad assumere un ruolo prioritario. Senza un'autentica unione politica infatti, la Comunità si ritroverà nella palude dell'immobilismo e delle risposte nazionali. Quest'unione non può che assumere la struttura di una federazione europea come ha in più di un'occasione sollecitato il Parlamento europeo. Ma le prospettive di veder nascere un'unione europea che ricalchi una struttura federale sono molto difficili. L'ottica nella quale sono stati avviati i negoziati all'interno del Consiglio dei ministri e del Comitato dei rappresentanti permanenti è puramente confederale nel quale viene prigilegiato il metodo della cooperazione intergovernativa. I1 Consiglio Europeo di Dublino del 25/26 giugno scorso ha consacrato questo approccio allegando al comunicato finale un documento nel quale vengono disegnate le linee che dovrebbero ispirare l'istituzione dell'unione politica. In questo documento si legge che «L'unione politica dovrà rafforzare in modo globale ed equilibrato la capacità della Comunità e dei suoi stati membri di agire nei settori di interesse comune. Occorrerebbe garantire l'unità e la coerenza delle politiche e delle sue azioni attraverso istituzioni salde e democratiche». Se la nozione di unione politica è definita in modo preciso, il documento resta vago sulla sua struttura e sul suo funzionamento, ponendo solamente una serie di interrogativi. In materia di legittimità democratica, il documento prevede un generico aumento dei poteri del Parlamento europeo in materia legislativa attraverso una procedura di codecisione. Ma l'approccio è fin troppo timido rispetto alle richieste espresse dall'assemblea di Strasburgo. In materia di efficacia delle istituzioni il documento del Consiglio è ancora più generico e si limita a ricordare i problemi sul tappeto costituiti dall'estensione della votazione a maggioranza da parte del Consiglio e del conferimento di maggiori poteri di esecuzione da parte della Commissione. In sostanza c'è la chiara tendenza da parte dei governi europei a non modificare la struttura istituzionale della Comunità, apportando solamente alcune modifiche di facciata. Dove la natura conservatrice dell'approccio intergovernativo è ancora più chiara è in materia di politica estera e della sicurezza. In tale ambito, il documento indica nel Consiglio dei ministri «affari esteri» e nel Consiglio europeo le istituzioni-pivot cui spetterebbe il compito di elaborare e mettere in atto le scelte di politica estera. Queste istituzioni sarebbero assistite da un segretariato ad hoc che in pratica spoglierebbe le attuali competenze della Commissione. Nulla è previsto in tema di coinvolgimento democratico del Parlamento europeo che sarebbe privato di qualsiasi competenza in materia di politica estera comune e della sicurezza. In questo ambito, i1 messaggio dei governi è chiaro: priorità assoluta al metodo intergovernativo e allo schema confederale di cui le decisioni all'unanimità e la ricerca del consensus costituiscono i principi cardine. Mancano ormai poco meno di 100 giorni all'apertura delle due conferenze intergovernative. A tutt'oggi sembra esserci un consenso quasi unanime sulla necessità di approfondire gli aspetti economici e monetari dell'integrazione europea. La crisi del Golfo con la sua drammaticità e le sue più disparate implicazioni mette in evidenza l'inscindibile nesso che esiste tra politica economica comune e politica della sicurezza. Nell'attuale situazione internazionale, trascurare la seconda equivale a far fallire la prima. I1 messaggio è chiarissimo. La Comunità europea ha oggi più che mai bisogno di un disegno globale ed omogeneo e non di una struttura differenziata a geometria variabile dove coesistano tratti confederali e tratti federali. La Comunità ha bisogno di una fase costituente affinché possa agire come un soggetto politico attivo nel divenire delle relazioni internazionali e per trasformarsi in quell'unione che rappresenterebbe il primo importante passo in questa direzione. I1 Parlamento europeo, che sollecita da tempo questa fase costituente, deve battersi con rinnovato vigore affinché la lezione del Golfo venga assimilata dai governi europei ai quali si chiede di abbandonare la ristretta visione nazionale e di essere consapevoli dei vantaggi derivanti dall'istituzione di un'autentica unione europea. W Statuti locali 'segue da pag. 41 nanzi a loro. Tale diritto non pregiudica il ricorso ad assemblee di cittadini, a referendum o a qualsiasi altra forma di ~artecipazionediretta dei cittadini, là dove è permeso dalla legge. 10 - 3) Le collettività locali possono, alle condizioni eventualmente previste dalla legge, cooperare con le collettività di altri paesi. La lettura integrale della Carta del Consiglio d'Europa manifesta, accanto ad interessanti affermazioni di principio, anche esitazioni e timidità che derivano dai contrasti tra i governi dei paesi membri del Consiglio d'Europa e delle rispettive concezioni, più o meno ampie, dell'autonomia e dei rapporti tra poteri centrali e poteri locali. Politicamente più incisive le affermazioni contenute nella Carta europea delle libertà locali adottata dal Consiglio dei Comuni d'Europa (poi divenuto Consiglio dei Comuni e delle Regioni d'Europa) in occasione dei suoi primi Stati generali a Versailles nell'ottobre 1953, cioè prima che si creasse formalmente la Comunità economica europea. I1 Preambolo e l'art. 9 possono offrire spunti utili anche per gli Statuti comunali e provinciali là dove sottolineano che le comunità locali d'Europa devono essere unite al di sopra delle frontiere per creare nell'interesse dei loro cittadini, una Europa libera e pacifica e che essi (e le loro Associazioni) hanno il diritto di aderire ad organizzazioni comunitarie internazionali che riconoscano formalmente i principi fondamentali della Carta europea delle libertà locali. Sempre sul piano strettamente giuridico va considerato che lo statuto, una volta adottato con la procedura prevista dall'art. 4 della legge n. 142, fa venir meno la vigenza - transitoriamente prorogata - dei testi unici della Legge comunale e provinciale sui quali si sono appoggiati tanti comportamenti degli organi di controllo e di supervisione degli enti locali e tante province giurisdizionali di responsabilità amministrative a carico di amministratori. Numerosi esempi potrebbero essere citati, basti ricordare l'art. 312 del TU Legge C. e P. che tanti equivoci e ambiguità ha provocato col suo richiamo formale al principio dei limiti territoriali dell'azione dell'ente locale. Siamo pienamente consapevoli che le considerazioni che precedono non sono ancora una «vademecum» o un «prontuario» operativo per redigere Statuti che tengano conto anche delle dimensioni e della prospettiva europea. Non era questo il nostro intento, proprio perché gli Statuti sono - lo ripetiamo ancora una volta - espressione di autonomia e come tali frutto di libera determinazione creativa dei Consigli comunali e provinciali e dei gruppi e forze politiche che vi fanno parte. Ma le presenti riflessioni possono costituire almeno una traccia metodologica per iniziare un lavoro, difficile, complesso e originale che voglia però guardare al futuro del nostro paese e dell'Europa e prepararlo con coraggio a partire dalla fondamentale piattaforma delle ¤ autonomie territoriali. SETTEMBRE 1990 Una analisi delle autonomie regionali e locali nei dodici paesi membri della Comunità europea di Alessandro Padrono Belgio, Danimarca ............. Paga Francia, Germania Pag. Grecia ....................... pag. Irlanda ...................... pag. Italia ........................ pag. Lussemburgo ................. pag. Olanda, Portogallo ............. pag. Regno Unito pag. Spagna ...................... pag. Indicazioni bibliografiche pag. ............. .................. ........ 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 Le schede informative sulle autonomie regionali e locali nei Paesi membri della Comunità europea, che qui di seguito pubblichiamo, sono state redatte dal Prof: Alessandro Padrono, per lunghi anni investito di rilevanti responsabilità per conto del Ministero dell'lnterno nei rapporti con il Consiglio d'Europa e docente a contratto nell'Università di Genova. In una fase in cui si accentuano le relazioni politiche, culturali ed economico-sociali tra gli enti territoriali di Paesi diversi e, particolarmente, di quelli appartenenti ad un comune ordinamento qual'è quello della Comunità europea, e nel momento di avvio dell'attuazione della recente legge n. 14211 990 sulla riforma delle autonomie locali in Italia, è sembrato particolarmente &portuno offrire una panoramica di sintesi della situazione esistente in questo campo nei Paesi membri della Comunità. Le schede pongono l'accento essenzialmente sugli aspetti istituzionali, cioè sulle strutture e l'organizzazione degli enti territoriali nei vari Stati considerati. Siamo consapevoli che quello istituzionale è un aspetto indispensabile ma non sufficiente per conoscere e comprendere gli ordinamenti autonomistici degli altri Paesi. Accanto alle Istituzioni cè sempre, con essenziale rilievo, la situazione finanziaria degli enti locali, la quantità e la qualità delle risorse di cui dispongono, gli spazi di libertà e di responsabilità ad essi riconosciuti nella gestione di dette risorse, nella politica della spesa e nel decisivo campo degli investimenti: vi è anche, accanto al sistema normativo e finanziario, un complesso campo di analisi del concreto funzionamento degli ordinamenti locali perchè l'esperienza, anche del nostro Paese, ci insegna quale divario esista tra il complesso normativo e le previsioni legislative da un lato e la concreta complessità dell'attività quotidiana di Comuni, Province e Regioni. Pur consapevoli di questi limiti e di queste difficoltà conoscitive, abbiamo ritenuto di fornire ai nostri lettori e soci un primo acconto di informazioni, con risewa di allargarlo successivamente. Del resto «Comuni d'Europa» non è nuovo a queste iniziative perchè nel passato, in varie occasioni, specie in coincidenza con radiSETTEMBRE I990 cali riforme dell'ordinamento locale in alcuni Paesi europei (ad esempio nella Repubblica Federale Tedesca e nel Regno Unito), ampio spazio fu rirewato a questa materia. Non intendiamo entrare in valutazioni del materiale pubblicato: ci limitiamo a sottolineare che quello delle autonomie territoriali è, di tutta evidenza, un campo in cui si intrecciano necessariamente alcuni principi essenziali comuni, non rinunciabili, e diversità anche profonde che hanno le loro radici nella diversità delle storie e delle culture nazionali e nell'evolversi delle esperienze. Alla prima esigenza, quella di alcuni fondamentali indirizzi comuni, l'allora Consiglio dei Comuni d'Europa (le Regioni entrarono a pieno titolo solo successivamente) ad un anno appena dalla sua fondazione rispose attivamente con la redazione della «Carta europea delle libertà locali», che fu adottata a Versailles nel corso dei primi Stati generali della nostra Associazione nel 1953. Una rilettura di quel documento ne conferma tutta la validità e l'attualità. Successivamente, questa volta in sede istituzionale, quella del Consiglio d'Europa, fu approvata, nell'ottobre 1985, la «Carta europea delle autonomie locali» che, riprendendo alcuni spunti del precedente documento della nostra Associazione, dava veste ufficiale, in qualche modo giuridicamente pi.4 vincolante per gli Stati membri del Consiglio d'Europa, ad alcune formulazioni di principio. La sua elaborazione non fu esente da resistenze e contraddizioni dovute soprattutto all'atteggiumento di alcuni governi nazionali: esse dimostrano quanto spazio vi sia ancora da percorrere tra le facili e frequenti esaltazioni del principio dell'autonomia ed i nodi, le strutture e le condizioni concrete necessarie per darvi attuazione. Le schede che pubblichiamo, al di là della loro finalità politico-culturale, non saranno prive di interesse anche per coloro che, sulla base dell'articolo 4 della nuova Legge 14211990, si accingono a formulare i nuovi Statuti comunali e provinciali. Esclusa ogni meccanica trasposizione da un ordinamento nazionale all'altro per le ragioni tante volte sottolineate, resta il fatto che l'apertura ad orizzonti esterni al nostro Paese potrà quanto meno suggerire utili stimoli e provocazioni. Le schede ora pubblicate e la bibliografia che l'accompagna (purtroppo ogni indicazione bibliografica è sempre un pò soggettiva ed inuecchia rapidamente)potranno costituire quindi un valido punto di partenza per tutti coloro che ne vorranno approfondire i contenuti: I'AICCRE è naturalmente sempre a disposizione per facilitare questo approfondimento. Belgio: tre regioni e tre comunità I1 Regno del Belgio, che fa parte della C E E dal 1957, è uno Stato regionalizzato. I1 territorio è diviso in 9 Provincie (Fiandra Occ., Fiandra Or., Anversa, Brabante, Hainaut, Liegi, Limburgo, Lussemburgo, Namur) che comprendono 589 Comuni. Ogni provincia ha un Consiglio provinciale eletto a suffragio universale e composto da 50 a 90 membri, una Deputazione di 6 membri eletti dal Consiglio nel suo seno e un Governatore nominato dal Re, che la presiede. Ogni Comune ha un Consiglio comunale, composto da 7 a 55 membri eletti a suffragio universale e una Giunta composta dal Borgomastro, nominato dal Re e da 20 a 10 assessori. I1 Borgomastro presiede il Consiglio e la Giunta. Nel decennio 1970-1980 è maturato in Belgio un processo di regionalizzazione, allo scopo di eliminare i contrasti tra le diverse componenti etnico-linguistiche del Paese. Con le leggi di riforma istituzionale de11'8 e 9 agosto 1980 sono state istituite tre Comunità (fiamminga, francese e tedesca) e tre Regioni (Fiandra, al Nord; Vallonia, al Sud; Bruxelles - Capitale, al centro). I1 sistema è qualificato «asim- metrico» in quanto la Comunità fiamminga e la Regione Fiandra hanno unico Consiglio e unico Esecutivo, mentre la Comunità francese e la Regione Vallonia hanno Consigli ed Esecutivi distinti. La Comunità tedesca ha un proprio Consiglio ed una propria Giunta. (Legge 31 dic. 1983). I1 castello di Kronborg, in Danimarca, solitamente usato per le rappresentazioni dell'<dlmletop COMUNI D'EUROPA m L'assetto autonomistico della Regione di Bruxelles non è stato ancora definito. Le Comunità esercitano poteri legislativi e amministrativi nelle materie culturali (difesa della lingua; belle arti; istituzioni scientifiche; musei; biblioteche; discoteche; radiodiffusione; televisione; politica della gioventù; sport; tempo libero; turismo; insegnamento) e nelle materie cqersonalizzabili» (politica della sanità; assistenza sociale; ricerca scientifica applicata in tali materie). Le Regioni esercitano poteri legislativi e amministrativi in materie economiche (urbanistica e assetto del territorio; protezione dell'ambiente; rinnovamento rurale e protezione della natura; alloggi; politica delle acque; politica economica; politica dell'energia; controlli sui Comuni, associazioni intercomunali e Pro- Danimarca: uno stato continentale e due regioni insulari autonome I1 Regno di Danimarca, che fa parte della C E E dal 1973, è uno Stato non regionalizzato nella parte continentale. Hanno autonomia di tipo regionale la Groenlandia e l'arcipelago delle Faer-Oer. Nel 1970, a seguito del riordinamento dell'amministrazione locale, le Contee (Province) sono state ridotte da 25 a 14 e i Comuni sono stati ridotti da 1200 a 273. Vi sono, inoltre, 2 Città-Contea (Copenhagen e Friedericksborg) amministrate da un Consiglio metropo- vince; politica dell'occupazione; ricerca applicata). Organi di garanzia del sistema autonomico sono: la Corte di Arbitrato (L. 28.6.1983) per i conflitti tra le leggi statali, comunitarie e regionali; il Comitato di Concertazione (L. 9.8.1980) per i conflitti di interessi. litano di 55 membri, eletti ogni 4 anni e da un collegio esecutivo composto dal Borgomastro-capo e da 6 borgomastri designati dal Consiglio stesso per 4 anni. Ogni Contea è retta da un Consiglio composto da non meno di 13 e non più di 3 1 membri, eletti a suffragio universale e con rappresentanza proporzionale, per 4 anni. I1 Consiglio, la cui presidenza fino al 1970 era affidata ad un funzionario di rango prefettizio, elegge il Presidente tra i suoi membri per un quadriennio. I1 Consiglio costituisce 5 comitati permanenti: 1) affari economici, 2) ospedali, 3) assistenza sociale e sanità, 4) istruzione e cultura, 5) affari tecnici e ambientali. Ogni Comune ha un Consiglio composto da 5 a 25 membri ed un sindaco elettivo. L'autonomia comunale è garantita dall'art. 82 della Costituzione del 5 giugno 1953. Le competenze municipali riguardano l'educazione primaria, i servizi sociali, i lavori pubblici, la viabilità e l'urbanistica. Sono riservate allo Stato la politica estera, la difesa, la giustizia, la politica dello sviluppo industriale e dell'occupazione. Appartengono alla Danimarca due territori insulari con autonomia legislativa e amministrativa di tipo regionale (la Groenlandia e le Isole Faer-Oer), in relazione alle peculiarità etniche, linguistiche, culturali e al sentimento nazionalitico delle popolazioni. La Groenlandia («Terra verde»), in base alla legge 29 nov. 1978 n. 577, emanata a seguito di rivendicazioni locali e ad accordi col Governo danese, è stata costituita in regione au- La festa della mietitura a Furnes, in Belgio tonoma con una propria Assemblea legislativa (Landsting) di 27 membri (eletti a suffragio universale, per 4 anni) i quali eleggono il Presidente e il Governo regionale (Landsstyre) di 7 membri. Un commissario regio (Rigsombudsmand) rappresenta il Governo Nazionale; due rappresentanti della Groenlandia fanno parte del Folketing (Parlamento monocameraie danese). Sono di competenza regionale la pesca, la caccia, le industrie, l'agricoltura, la pianificazione economica, la scuola primaria, il mercato del lavoro, la sanità, gli alloggi, la protezione dell'ambiente, i trasporti interni. Ulteriori manifestazioni di autonomia sono il riconoscimento del bilinguismo, la consultazione preventiva del Governo regionale sulla legislazione statale che interessa l'Isola, il diritto di usare una bandiera e l'uscita della Groenlandia dalla CEE dal l o febbraio 1985, a seguito di referendum svoltosi nel 1982. Le Isole Faer-Oer («isole deile pecore») hanno, in base alla legge 23 marzo 1948 n. 137, un'assemblea legislativa (Lagting) di 32 membri eletti a suffragio universale con rappresentanza proporzionale, la quale elegge nel suo seno il Governo regionale (Landsstyre) composto di 4 o 6 membri. Un commissario regio rappresenta lo Stato nell'arcipelago. Due rappresentanti delle Isole siedono nel parlamento danese. I1 Governo autonomo deve essere consultato sulie leggi statali che interessano le Isole, prima della loro entrata in vigore, e sui trattati ed accordi internazionali, prima sulla ratifica parlamentare. Gli organi insulari hanno competenza legislativa e amministrativa nelle materie di specifico interesse dell' Arcipelago (pesca, agricoltura ecc.). Le Faer-Oer non fanno parte della CEE. m SETTEMBRE 1990 Regioni e poteri ammtmtivi La legge dell'82 e gli Enti locali La Repubblica francese, che fa parte della C E E dal 1957, è uno Stato regionalizzato; le Regioni francesi, però, diversamente da quelle italiane, belghe, portoghesi e spagnole, non hanno poteri legislativi, ma soltanto amministrativi. L'art. 72 della Costituzione del 4 ottobre 1958 stabilisce che gli enti teritoriali sono i Comuni, i Dipartimenti e i territori d'oltremare e soggiunge che «ogni altro ente territoriale è creato dalla legge». In base a tale previsione costituzionale, con la legge 2 marzo 1982 n. 213 le Regioni (già disciplinate come «enti pubblici» dalla legge 5 luglio 1972 n. 619) sono state qualificate «enti territoriali» e perciò allineate, come natura giuridica, ai Dipartimenti e ai Comuni. In sintesi, la legge del 1982, seguita da numerose altre, ha avviato un notevole processo di decentralizzazione, democratizzando, le istituzioni locali, ora affidate a Consigli elettivi, estendendo le loro competenze e giurisdizionalizzando i controlli, non più incentrati sulla tutela preventiva del Prefetto (ora Commissario della Repubblica) ma demandati «a posteriori» ai tribunali amministrativi e, per gli atti contabili, alle Camere regionali dei Conti. Il territorio francese comprende: 22 Regioni (Alsace; Aquitaine; Auvergne; BasseNormandie; Bourgogne; Bretagne; Centre; Champagne-Ardenne; Corse (che ha uno statuto speciale); Franche-Comte; Haute Normandie; Ile d e France; Lanpedoc-Roussillon; Limousin; Lorraine; Midi Pyrenées; Nord-Pas de Calais; Pays de La Loire; Picardie; Poitou Charentes; Provence-Alpes-C6te d'Azur; Rhone - Alpes); 96 Dipartimenti metropolitani; 4 Dipartimenti d'oltremare (Gudaloupe, Guyane, Martinique, Reunion); 36.433 Comuni, (28.000 dei quali hanno meno di 2.000 abitanti). Sono organi della Regione: il Consiglio regionale eletto a suffragio universale diretto, che è competente a promuovere lo sviluppo economico, sociale, sanitario, culturale e scientifico della regione nonché l'organizzazione e l'assetto del territorio (art. 59 L. 1982); il Presidente del Consiglio regionale, eletto dal Consiglio, che è l'organo esecutivo della Regione (prima della riforma l'organo esecutivo era il Prefetto); il Comitato economico-sociale,organo consultivo del Consiglio e del Presidente. I n ogni Regione opera un rappresentante dello Stato (Commissario della Repubblica di regione) che cura gli interessi nazionali e il rispetto delle leggi e assicura, congiuntamente al Presidente del Consiglio regionale, il coordinamento tra l'attività dei servizi regionali e quella dei servizi statali nella regione (artt. 76-79 L. 1982 e DPR 10.5.1982 n. 390). Sono organi del Dipartimento: il Consiglio generale, eletto per 6 anni e rinnovabile per metà ogni 3 anni; i1 Presidente e da 4 a 10 vicepresidenti eletti dal Consiglio stesso. Nel Dipartimento, come nella Regione, opera un SETTEMBRE ? 990 Commissario della 10.5.1982, n. 389). Repubblica (DPR Sono organi del Comune: il Consiglio comunale elettivo, composto da 9 a 69 consiglieri in relazione alla popolazione (da meno di 100 abitanti a più d i 300.000) e il Sindaco, che è anche ufficiale di Governo, cioè rappresenta lo Stato nel suo comune. Le leggi 7 gennaio 1983, n. 8 , 22 luglio 1983, n. 663 e 25 gennaio 1985 n. 85 hanno Parigi, una sala del Louvre disciplinato la ripartizione delle competenze tra Comuni, Dipartimenti, Regioni e Stato. 11 Comune è, principalmente, competente nei settori dell'urbanistica e dei porti turistici, il Dipartimento nei settori della previdenza, dei servizi sociali (per l'infanzia, la famiglia e gli anziani), della prevenzione sanitaria, dei porti marittimi per il commercio e la pesca, dei trasporti scolastici; la Regione nei settori della pianificazione economica, della formazione professionale e dell'apprendistato. Una caratteristica peculiare del decentramento francese è costituita dalla «contrattualizzazione generalizzata», potendo le Regioni e gli altri enti locali stipulare convenzioni sia con lo Stato sia tra di loro, mediante le quali si impegnano a mettere reciprocamente a disposizione i servizi e le risorse per agevolare l'esercizio delle rispettive competenze (cosiddetto «autonomismo cooperativo»). È saliente anche notare che la legge vieta che gli enti locali introducano o esercitino tutele, sotto qualsiasi forma, l'uno sull'altro (art. 2 L. 1983 n. 8) delineandosi con ciò una orizzontalità di rapporti tra le autonomie. La riforma del 1982 ha profondamente modificato il sistema dei controlli sugli atti degli enti locali, trasferendone la competenza dal Prefetto al Giudice (Tribunali amm.vi e Camere reg. dei conti) e sopprimendo la tutela prefettizia preventiva. (Legge 22.7.82 n. 623). Le delibere, gli atti e le convenzioni degli enti locali sono immediatamente esecutivi dalla loro trasmissione, entro 15 giorni, al Commissario della Repubblica, il quale può, entro 2 mesi dalla trasmissione, deferire gli atti ritenuti illegittimi alle decisioni dell'oqano giurisdizionale, potendo anche chiedere la sospensione dell'esecuzione dell'atto. 11 Governo presenta annualmente al Parlamento un rapporto sul controllo «a posteriori» promosso dai rappresentanti dello Stato. Germania: fedemlismo cooperativo Ai Comuni molte competenze generali Questa scheda non tiene conto dell'imminente riunificazione delle due Germanie. «Comrini d'Europa» tornerà sulla questione, ma sostanzialmente nulla muterà tranne il numero dei Lander (ndr) La Repubblica Federale Tedesca, che fa parte della CEE dal 1957, è un Statofederale, come attesta la sua stessa denominazione. Sono tali, nell'Europa occidentale, anche l'Austria e la Svizzera. Pur tenendo conto delle differenze rilevate in Dottrina tra «federalismo» e «regionalismo» (l), l'assetto della Germania federale, per la spiccata autonomia normativa e amministrativa degli Stati membri (Lander) è assimilabile piuttosto a quello dei Paesi che hanno regioni dotate di potestà legislativa (come l'Italia, il Belgio, la Spagna e parzialmente il Portogalloj che non a quello dei Paesi non regionalizzati. ~ ~ ~ ~federale b b ( l ~ i ~è~costituita ~ ~d ) da 11 Lander: Amburgo; Assiai Baden Wurttemberg; Baviera; Berlino (Ovest); Bassa Sas- sonia; Brema; Nord-Reno Westfalia (in cui si trova la Capitale Bonn); Renania Palatinato; Saar; Schleswig-Holstein. Ogni Land ha un Parlamento, un Governo e una propria Costituzione, che deve essere conforme ai principi dello Stato di diritto, repubblicano, democratico e sociale, ai quali è improntata la Grundgesetz (legge fondamentale della Repubblica), promulgata il 23 maggio 1949. Una delle due Camere del Parlamento, il Bundesrat (Consiglio federale) rappresenta i Lander essendo composto da 45 membri designati, in relazione alla popolazione, dai Governi degli stessi Lander; attraverso tale organo, pertanto, i Lander concorrono alla legislazione federale. Quando una legge tocca gli interessi di un Land, occorre l'esplicita approvazione del Bundesrat; se tale approvazione (1) cfr. La Pergola A., Tecniche costituzionali e problemi delle autonomie «garantite». Riflessioni comparatistiche sul federalismo e sul regionalismo. ed. CEDAF4, Padova, 1987. non è necessaria, il Bundesrat ha facoltà di opporsi, ma la Camera dei Deputati (Bundestag) può, con un voto di maggioranza, respingere l'opposizione. Quando le due Camere non riescono ad accordarsi, deve intervenire una Commissione interparlamentare, composta dai rappresentanti dei due rami del Parlamento. La legislazione dei Lander riguarda vari settori, come: l'organizzazione dei Comuni; l'ordinamento della polizia del traffico stradale, fluviale e di pronto intervento (la polizia di frontiera e la polizia criminale sono federali); le scuole d'obbligo e tecniche, i ginnasi, i licei, le scuole per handicappati; la difesa dell'ambiente; la gestione del territorio; la radiotelevisione e le telecomunicazioni. ecc. cerca scientifica d'interesse ~ o p r a r e ~ i o n a llae ; ripartizione degli oneri viene regolata nell'accordo. Nell'ambito del Land, si hanno due livelli di autonomie territoriali: il Distretto (Landkreis) e il Comune (Gemeinde). L'art. 28 della Legge Fondamentale sancisce e assicura la democraticità e l'autonomia degli enti locali: la norma stabilisce, infatti, che nei Lander, nei Distretti e nei Comuni il popolo deve avere una rappresentanza che emerga da elezioni generali, dirette, libere, uguali e segrete e che ai Comuni deve essere garantito il diritto di regolare, sotto la propria responsabilità, tutti gli affari della Comunità locale, nell'ambito delle leggi. Anche i consorzi di comuni (Gemende-Verbande) hanno, nei limiti dei loro compiti fissati dalle leggi, il diritto all'autonomia amministrativa. A seguito del riordinamento degli enti locali attuato nel decennio 1968-1978, in tutti i Lander (ad eccezione della città-Stato di Amburgo, Brema e Berlino) è stato ridotto di due terzi: il numero dei Comuni da 24.000 ad 8.500, quello dei Distretti da 425 a 233, quello delle città senza territorio distrettuale (Kreisfreie Stadte) da 139 a 92. I Distretti hanno competenza non di ordine generale, ma in settori specifici (edilizia abitativa; strade; ospedali; istruzione secondaria e professionale; pubblici servizi, come gas, acqua ed elettricità). I Comuni hanno competenza generale per tutti gli affari locali non assegnati dalla legge ad altri organismi. Essi possono perciò provvedere ai trasporti pubblici urbani e vicinali, alla costruzione di strade locali, alla costruzione e manutenzione delle scuole elementari e medie inferiori, agli impianti sportivi, ai teatri, ai musei, alle biblioteche, ai servizi sociali per i giovani, alla prevenzione degli incendi. Alcune funzioni possono anche essere delegate ai Comuni dal Governo federale in materia di sicurezza pubblica, protezione civile, regolazione del traffico e commercio. È significativo notare, infine, che il «principio collaborativo», sperimentato nei rapporti tra Bund e Lander, è stato ritenuto valido anche per i rapporti tra i Comuni: diverse leggi dei Lander, infatti, hanno valorizzato la COL Iuborazione intercomunale con diversi moduli organizzativi, come il Consorzio, il Comune associato, l'unione di Comuni, la Comunità comunale di lavoro e simili. Sono stati anche previsti e disciplinati gli accordi di cooperazione tra Comuni, configurati come veri e propri contratti di diritto pubblico, mediante i quali sono possibili il coutilizzo di strutture ed impianti, la gestione di servizi in comune ed altre forme di collaborazione atte ad assicurare l'economicità e l'efficienza dell'azione amministrativa a livello locale. Grecia: regioni come aree geogmfiche La Kaiser-Wilhelm-Gedachtniskirche a Berlino L'attuazione delle leggi federali è, di regola, demandata ai Lander, ma il Governo federale, con l'assenso del Bundesrat, può emanare prescrizioni amministrative di carattere generale per l'esecuzione delle leggi. Sul piano amministrativo e operativo, si è notevolmente sviluppato, specie con la riforma finanziaria del 1969, il cosiddetto «federalismo cooperativo», che si attua mediante accordi tra Bund e Lander, reciproche consultazioni, commissioni miste, conferenze periodiche di Ministri del Governo centrale e dei Governi dei Lander, convenzioni, creazione di istituzioni comuni e altri rapporti formali e informali in vari settori. La collaborazione tra Bund e Lander si esplica particolarmente nei cosiddetti «compiti comuni», cioè nei settori di intervento congiunto, specificati dall'art. 91 a) della Legge Fondamentale (introdotta con la riforma costituzionale-finanziaria del 1969) che sono: 1) ampliamento e nuova costruzione di Istituti di insegnamento superiore, comprese le cliniche universitarie; 2) miglioramento della struttura economica regionale; 3) miglioramento della struttura agraria e della protezione delle coste. I1 successivo art. 91 b) prevede, inoltre, che il Bund e i Lander possono cooperare, sulla base di accordi, nella programmazione dell'istruzione e nella promozione di progetti di riCOMUNI D'EUROPA La Repubblica Ellenica, che fa parte della C E E dal 1 genn. 1981, non è regionalizzata. I1 territorio comprende nove regioni (Grecia centrale ed Eubea, Peloponneso, Isole Ionie, Epiro, Tessaglia, Macedonia, Tracia, Isole Egee, Creta) che non costituiscono divisioni amministrative né entità locali, ma sono soltanto aree geografiche. La Costituzione democratica del giugno 1975 afferma il principio del decentramento nell'amministrazione dello Stato (art. 101) e garantisce l'autonomia locale (art. 102), stabilendo che la gestione degli affari locali spetta agli enti locali, il cui livello di base è costituito dalle municipalità («demoi») e dai Comuni («Koinotes»).Gli altri livelli di amministrazione locale saranno determinati dalla legge. Gli enti locali godono di autonomia amministrativa e i loro organi sono eletti a suffragio universale e segreto. La legge può prevedere la costituzione obbligatoria o facoltativa di «unioni» d i enti locali, ai fini dell'esecuzione di lavori o della prestazione di servizi. Le unioni saranno amministrate da consigli composti da rappresentanti eletti da ogni Municipalità o Comune in proporzione della loro popolazione. La legge può anche prevedere la partecipazione all'amministrazione degli enti locali di secondo livello di rappresentanti eletti da organizzazioni professionali locali, scientifiche e culturali nonché di rappresentanti statali. Lo stesso art. 102 conferisce d o Stato l'esercizio della «tutela» sugli enti locali, la quale però non può impedire l'iniziativa e la li- bertà d'azione degli enti stessi. Lo Stato, inoltre, provvede a che siano assicurate agli enti locali le risorse necessarie allo svoglimento dei loro compiti mediante il trasferimento e la ripartizione dei proventi di imposte e tasse previste in loro favore. I suddetti principi costituzionali sono stati attuati con le leggi 1065 del 1980 e 1270 del 1982, che hanno recato modifiche al codice municipale e comunale. Si contano in Grecia 276 Municipalità (capoluoghi di dipartimento o città con oltre 10.000 abitanti), 5761 Comuni (villaggi con oltre 1.000 abitanti) e 52 Dipartimenti (denominati «Nomarchie» che non sono enti locali, ma circoscrizioni di decentramento amministrativo, nelle quali un prefetto rappresenta lo Stato). I dipartimenti sono suddivisi in province («eparchie») nelle quali operano i sottoprefetti. Ogni Municipalità ha un Consiglio Municipale elettivo, composto da 11 a 41 membri a seconda della popolazione, il quale elegge nel proprio seno un Comitato composto da 3 a 7 membri e un Sindaco, che è il primo candidato della lista vittoriosa nelle elezioni ed è l'organo esecutivo della Municipalità. Nella Municipalità con popolazione superiore ai 10.000 abitanti il Sindaco è assistito da Sindaci aggiunti, designati dallo stesso Sindaco. Ogni Comune ha un Consiglio comunale elettivo, composto da 7 a 11 membri in relazione al numero degli abitanti. I1 primo candidato della lista vittoriosa è il presidente del Comune. SETTEMBRE 1990 I1 sindaco e i1 presidente del Comune, oltre ad essere autorità locali, sono anche agenti dello Stato e ufficiali di stato civile. I n base al citato art. 102 della Cost., le Municipalità e i Coniuni hanno competenza generale esclusiva per tutto ciò che concerne gli «affari locali» (acquedotti; rete fognaria; strade; piazze; ponti; giardini; luoghi ameni; trasporti urbani; nettezza urbana e trattamento dei rifiuti; mercati; istallazioni sportive di interesse locale; centri per la gioventù; giardini Uno scorcio del Partenone ad Atene d'infanzia; edifici comunali; cimiteri; parcheggi; zone di pascolo). L'azione municipale e comunale può, inoltre, svolgersi nei settori del turismo, dell'assistenza sanitaria e sociale, dei centri culturali (biblioteche, musei, teatri, orchestre), della protezione dell'ambiente naturale, della irrigazione e del miglioramento fondiario, della lotta agli incendi forestali, dell'urbanistica, dell'assetto del territorio, dell'espropriazione per pubblica utilità. Gli enti locali sono soggetti a contvolli da parte dello Stato. Gli atti dei Consigli municipali e comunali sono nulli se contrari alle leggi. La nullità è pronunciata dal Prefetto («Nomarca») con decreto motivato, sia d'ufficio sia su ricorso presentato allo stesso Prefetto, entro 5 giorni dalla pubblicazione, da un elettore o dalla persona interessata. Pochi atti sono soggetti al controllo di merito (locazioni fino a 30 anni, vendite, contratti ecc.). L'approvazione è data dal Prefetto entro 30 giorni dalla ricezione dell'atto. I1 Codice municipale e comunale prevede la possibilità della soppressione di un comune e della fusione di più comuni limitrofi. E previsto, altresì, che due o più Municipalità possano associarsi per l'esecuzione di lavori, lo svolgimento di servizi in comune e la programmazione dello sviluppo della zona. Le associazioni sono istituite con deliberazione dei Consigli municipali interessati, soggette al controllo di legittimità del Prefetto. Ogni associazione è amministrata da un Consiglio composto da rappresentanti degli enti locali interessati, da un Comitato composto d a membri dello stesso Consiglio e da un presidente. Di uno speciale statuto, che ha origini secolari, gode la Penisola del Monte Athos. L'autonomia amministrativa, già riconosciuta con le Costituzioni del 1927 e 1952. è stata confermata dall'avt. 105 della Cost. 1975. 11 territorio è amministrato da un'assemblea di 20 membri (un rappresentate per ciascuno dei 20 Monasteri ivi esistenti) e da un comitato di 4 membri. LO Stato, tramite un Governatore, assicura la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica. retribuiti dal consiglio di Contea, sono responsabili dell'adempiniento di tutte le funzioni esecutive non riservate agli organi elettivi e segnatamente della formazione dei contratti, della riscossione delle tasse e degli affitti, della gestione della proprietà degli enti locali e dell'amministrazione quotidiana degli affari locali. I1 «Manager» del consiglio di contea è anche manager degli altri organismi locali operanti nell'area della stessa Contea («borough corporations, urban distric councils, board of town commissioners» e simili). Il «manager» deve consigliare e assistere il consiglio di Contea nell'esercizio delle sue funzioni ed in ogni questione in cui sia richiesto di un parere; egli ha il diritto di presenziare alle riunioni del Consiglio e può partecipare alle discussioni senza diritto di voto. Vi sono attualmente 29 «managers» (4 per città e 25 per le contee); vi sono anche 17 Assistenti dei managers (5 a Dublino, 3 a Cork e 9 in altre città). I «Managers» non sono scelti dai Consigli che essi servono, ma vengono nominati da un organo nazionale che fa capo al Dipartimento governativo dell'Ambiente, la Commissione pev le nomine locali («Local Appointmens Commis- Irlanda: Contee, Comuni (e managers) La Repubblica d'Irlanda, che fa parte della C E E dal l o gennaio 1973, non è regionalizzata. L'apparato dell'amministrazione locale comprende 27 Contee amministrative e 4 Cittàcontea (Dublino, Cork, Limerick, Waterford). Ogni Contea è amministrata da un Consiglio (eletto ogni 5 anni) composto da 20 e 36 membri a seconda della popolazione e consta di uno o più Distretti, i quali sono complessivamente 85 (56 urbani e 29 non'urbani). Vi sono, inoltre, 28 centri (Towns) che hanno statuto municipale (sindaco, assessori e consiglieri). Le Contee e i relativi Consigli sono espressamente considerati, ai fini della procedura di elezione del Presidente della Repubblica, dall'art. 12 della vigente Costituzione democratica del 29 dicembre 1937, più volte emendata fino all'agosto del 1979; le Contee hanno, SETTEMBRE 1990 pertanto, una garanzia di ordine costituzionale. La gamma dei servizi per i quali sono responsabili le autorità locali riguarda otto settori operativi e cioè: I ) edilizia e alloggi; 2) trasporti stradali e sicurezza (sulle strade); 3) approvvigionamento idrico e fognature; 4) incentivi per lo sviluppo e relativi controlli; 5) protezione dell'ambiente; 6) divertimenti e bellezze naturali; 7) agricoltura, educazione; sanità e assistenza sociale; 8) prestazioni varie. I1 sistema del governo locale in Irlanda ha la peculiarità di comprendere sia elementi collegiali (consigli elettivi) sia elementi monocratici («managers»)con poteri e compiti distinti (cosiddetto «IrishManagement system~).Agli organi elettivi sono riservate specifiche funzioni, come quella di determinare le tasse locali, i prestiti, i piani di sviluppo, di adottare regolamenti, di nominare persone nei vari enti; i «managers», dal canto loro, come funzionari L'annuale pellegrinaggio al monte Croagh Patrick, in Irlanda sion»), agenzia centrale di selezione dei dirigenti delle istituzioni locali. Autorevoli studiosi hanno rilevato che se il Consiglio di Contea è l'unità fondamentale e preminente di governo locale in Irlanda, il «manager» è il principale propulsore e il vero centro motore della politica locale, anche per gli stretti contatti che deve avere con i Dipartimenti centrali. m COMUNI D'EUROPA Italia: vent'anni di esperiema regionale Il nuovo ordinamento delle autonomie La Repubblica italiana, che fa parte della C E E dal 1757, è uno Stato regionalizzato. L'Art. 114 della Costituzione del 1748 stabilisce che la Repubblcia si riparte in Regioni, Provincie e Comuni. Il territorio è diviso in: 15 Regioni ad autonomia nomzale (Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, EmiliaRomagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzi, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria); 5 Regioni ad atltonomia speciale (Sicilia, Sardegna, Valle D'Aosta, TrentinoAlto Adige, Friuli-Venezia Giulia); 74 Province (delle quali due, Trento e Bolzano, hanno potestà legislativa secondo i rispettivi statuti); e 8076 Comuni. L'ordinamento regionale è disciplinato, nelle sue linee essenziali, dalle norme del titolo V della parte I1 della Costituzione. Ogni Regione ha uno Statuto che stabilisce, in armonia con la Costituzione e con le leggi della Repubblica, le norme relative all'organizzazione interna della Regione e regola l'esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi delle Regioni e la pubblicazione delle leggi e regolamenti regionali (art. 123 Cost.). Lo Statuto, deliberato dal Consiglio regionale a maggioranza assoluta dei suoi componenti, è approvato dallo Stato con legge ordinaria per le Regioni ad autonomia normale o con legge costituzionale per le Regioni ad autonomia speciale e per le due Province autonome di Trento e Bolzano. Sono organi delle Regioni (art. 121 Cost.): a) il Consiglio regionale, eletto a suffragio universale diretto, per 5 anni e composto da 30 a 80 membri, a seconda della popolazione, esercita le potestà legislative e regolamentari e le altre funzioni conferitegli dalla Costituzione e dalle leggi e può fare proposte di legge alle Camere; il Consiglio elegge, nel suo seno, un Presidente e un Ufficio di presidenza; b) la Giunta regionale, organo esecutivo, eletto dal consiglio, tra i suoi componenti; C) Presidente Giunta, sigli0 tra i suoi componentij rappresenta la Regione; promulga le leggi e i regolamenti regionali; dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione, conformandosi alle istituzioni del Governo centrale. In ogni Regione (eccetto che nella Valle d'Aosta e nella Sicilia) un Commissatio del Governo sovraintende alle funzioni amministrative esercitate dallo Stato e le coordina con quelle esercitate dalla Regione (art. 124 C O S ~ . ed art. 13 della legge 23.8.1788 n. 400). La potestà legislativa delle Regioni ad autonomia ordinaria si esplica in tutte le materie indicate dall'art. 117 della Costituzione; quella delle Regioni ad autonomia speciale si estende anche ad altre materie, in base ai rispettivi Statuti. Le Regioni ordinarie esercitano tale potestà normativa «nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato» (cosiddette leggi-quadro, laddove siano state emanate). Le Regioni speciali, nella loro legiferaCOMUNI D'EUROPA zione, hanno il solo limite del rispetto delle norme costituzionali e dei principi generali dell'ordinamento giuridico. La potestà legislativa regionale si distingue tipologicamente in tre gradi: a) primaria (o esclusiva) propria soltanto delle Regioni speciali, in determinate materie in cui non può interve- Enea che sbarca sulla costa laurentina e una raffigurazione di ~ ~in due medaglioni ~ i di Antonino Pio nire il legislatore statale; b) secondaria (o concorrente O ripartita) per cui allo Stato spetta la normazione di principio e alle Regioni quella di dettaglio; teniaria (o attuativa o integratiart. 117 u,c, cost). Per il participio del «parallelismo» spettano alle Regioni le funzioni amministrative nelle stesse materie in cui hanno competenza legislativa (art. 118 Cost.). Le funzioni amministrative sono state trasférite o delegate dallo Stato alle Regioni ordinarie con il DPR 24 luglio 1977, n. 61 6; alle Regioni speciali, con apposite norme di attuazione dei rispettivi statuti. La Costituzione appresta un sistema di controllo sulle leggi regionali (art. 127). Ogni legge approvata dal consiglio reg. è comunicata, tramite il Commissario del Governo, al Governo centrale che se non si oppone all'ulteriore corso, lo rende noto allo stesso Commissario il quale appone il visto sulla legge, che viene promulgata e pubblicata. Se invece il Governo riscontra censure di legittimità, rinvia la legge a nuovo esame del Consiglio regionale che può adeguarsi ai rilievi governativi modificando la legge ovvero confermarne il testo, a maggioranza assoluta. In tal caso, il Governo può rinunciare ad ulteriori rilievi ovvero impugnare la legge, entro 15 giorni, dinanzi alla Corte Costituzionale. La «questione di merito per contrasto di interessi» davanti alle Camere (art. 127 u.c.) non è stata mai sinora sperimentata. In Sicilia, il controllo sulle leggi regionali della Sicilia è demandato al Commissario dello Stato che può direttamente impugnarle dinanzi alla Corte Costituzionale. I1 controllo sugli atti amministrativi regionali (art. 125 Cost .) è demandato, nelle Regioni ordinarie, ad una Commissione statale, presieduta dal Commissario del Governo. In Valle dlAosta opera un'apposita Commissione di Coordinamento; nelle altre Regioni speciali, un organo periferico della Corte dei Conti. Gli organi di raccordo tra lo Stato e le autonomie regionali sono: la Commissione parlamentare per le questioni regionali, composta da 20 Senatori e 20 deputati (art. 126 Cost.); la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni (art. 12 Legge 23.8.1788 n. 400); il Ministro per gli affari regionali; il Commissario del Governo nelle Regioni (art. 124 Cost. ed art. 13 legge 23.8.1988, n. 400). Tali organi, pur nella diversità dei loro ruoli, attuano, sostanzialmente, quel «principio di leale collaborazione» che la dottrina pubblicistica e la Corte Costituzionale hanno indicato come criterio fondamentale per le relazioni tra lo Stato e le autonomie regionali. La recente legge 8 giugno 1990, n. 142 (pubblicata sulla G.U. Suppl. ord. 135 del 12 giugno ed entrata in vigore il giorno successivo) ha stabilito il nuovo ordinamento delle atrtonomie locali, realizzando una riforma di grande rilievo sul piano giuridico e sociale, da tempo dibattuta ed auspicata in sede dottrinaria e parlamentare. Le autonomie territoriali sub-regionali restano articolate quello ~ isu due livelli: ~ ~ di base, costituito dal Comune e quello intermedio, costituito dalla Provincia. La nuova legge reca, peraltro, importanti innovazioni rispetto alla precedente disciplina, tra le ,quali fa spicco l'atltonomia statutaria conferita agli enti locali che varrà a rendere meno rigido e uniforme e quindi più elastico il loro assetto organizzativo e funzionale. I Comuni e le Province adotteranno, infatti, entro un anno dall'entrata in vigore della legge, il proprio statuto, che stabilirà le norme fondamentali per l'organizzazione dell'ente e determinerà le attribuzioni degli organi, l'ordinamento degli uffici e dei servizi pubblici, le forme della collaborazione tra comuni e province, della partecipazione popolare, del decentramento e dell'acccsso dei cittadini alle informazioni e ai procedimenti amministrativi. Gli statuti degli enti locali, deliberati dai rispettivi Consigli a maggioranza ,qualificata, saranno sottoposti al controllo del competente organo regionale, pubblicati nel bollettino ufficiale della Regione e inviati al Ministero dell'Interno per essere inseriti in una apposita raccolta ufficiale (art. 4). SETTEMBRE -2990 Oltre all'autonomia statutaria, il Comune e la Provincia hanno potestà regolamentare per il funzionamento degli organi e degli uffici e per l'esercizio delle funzioni (art. 5). Altra significativa innovazione è la possibilità che lo statuto preveda l'istituto del cdifensove civico» che avrà un ruolo di cgarante dell'imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione comunale e provinciale», riservandosi allo statuto la disciplina della elezione, delle prerogative e dei mezzi di tale organo nonché dei suoi rapporti con il Consiglio comunale o provinciale (art. 8). La legge prevede, altresì, che siano valorizzati e promossi organismi di partecipazione dei cittadini alla amministrazione locale e che siano stabilite nello statuto adeguate forme di consultazione della popolazione, per la migliore tutela di interessi collettivi (artt. 6 e 7). Sono organi del Comune: il Consiglio comunale, eletto a suffragio universale e composto da 15 ad 80 membri, a seconda della popolazione; la Giunta comunale, eletta dal Consiglio nel proprio seno e composta dal sindaco, che la presiede e da un numero di assessori che varia da 4 a 16, a seconda della popolazione; il Sindaco, eletto con la Giunta dal Consiglio alla prima adunanza subito dopo la convalida degli eletti. I1 Sindaco, quale ufficiale del Governo, sovraintende alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e agli adempimenti demandatigli dalle leggi in materia elettorale, di leva militare e di statistica; adotta, inoltre, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico, provvedimenti contingibili ed urgenti in materia di sanità ed igiene, edilizia e polizia locale, al fine di prevenire ed eliminare gravi periodi che minacciano l'incolumità dei cittadini (art. 38). Sono organi della Pvovincia: il Consiglio pvovinciale, eletto dalla popolazione e composto d a 24 a 45 membri a seconda della entità demografica della Provincia; la Giunta pvovinciale, composta dal presidente e da un numero pari di assessori stabilito dallo Statuto, non superiore ad un quinto dei consiglieri assegnati, con arrotondamento all'unità per eccesso al fine di ottenere un numero pari e comunque non superiore ad otto; il Pvesidente della Pvovincia, eletto dal Consiglio nel suo seno. Lo statuto può prevedere l'elezione ad assessore di cittadini non facenti parte del Consiglio, in possesso dei requisiti di compatibilità ed eleggibilità alla carica di Consigliere (art. 33). Un altro aspetto innovativo è costituito daila «mozione di sfiducia costruttiva» (nota agli ordinamenti tedesco e spagnolo), per effetto deila quale il Sindaco, il Presidente della Provincia e la Giunta cessano dalla carica in caso di approvazione di una mozione di tal genere (art. 37). Per quanto concerne le funzioni degli enti locali, è da segnalare il criterio seguito dalla nuova legge di rivitalizzare la Provincia, cui il precedente ordinamento assegnava compiti di modesta portata. L'art. 14, infatti, attribuisce all'ente intermedio funzioni amministrative in moltepli:i settori, come la difesa del suolo, la tutela dell'ambiente, la prevenzione delle calamità, la valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche e dei beni culturali, la SETTEMBRE 1990 viabilità e i trasporti, la protezione della flora e della fauna, i parchi e le riserve naturali, la caccia e la pesca nelle acque interne, l'organizzazione dello smaltimento dei rifiuti, la disciplina e il controllo degli scarichi delle acque, i servizi sanitari di igiene e profilassi pubblica, i compiti connessi alla istruzione secondaria di secondo grado ed artistica ed alla formazione professionale, la raccolta ed elaborazione dati e l'assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali. Sono, inoltre, assegnate, alla Provincia rilevanti funzioni ai fini della programmazione economica, territoriale ed ambientale (art. 15). La nuova legge reca una speciale disciplina per le aree metvopolitane (artt. 17-21),coinvolgendo le Regioni in vari adempimenti per la strutturazione territoriale e funzionale di tali zone, comprendenti i comuni di Tovino, Mila- no, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bavi, Napoli e gli altri comuni che abbiano con tali città rapporti di stretta integrazione in ordine alle attività economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonché alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali. Notevole spazio la legge dedica alle forme associative e di cooperazione tra Comuni e Province (convenzioni, consorzi, unioni di comuni contermini), disciplinando altresì i cosiddetti «accordi di programma», finalizzati all'azione integrata e coordinata degli enti locali, delle regioni, delle amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici (artt. 24-27). I n materia di contv~lli,la nuova legge riserva allo Stato quelli sugli organi, nelle essenziali forme dello «scioglimento» e della «sospensione» dei Consigli comunali e provinciali (art. 39): la legge detta, altresì, la disciplina del controllo di legittimità sugli atti e del controllo sostitutivo, demandati al «Comitato regionale di controllo» (CO.RE .CO), composto d a quattro esperti eletti dal Consiglio regionale e da un esperto designato dal Commissario del Governo (artt. 41-49). I n tema di controlli sugli enti locali, è interessante, sotto il profilo comparatistico, notare che il sistema italiano segue il criterio della loro «regionalizzazione» (art. l 3 0 della Costituzione), analogamente ai sistemi portoghese e belga, mentre l'ordinamento francese e quello spagnolo hanno preferito la via della loro «giurisdizionalizzazione», riservando, cioè, i controlli, alla competenza dei Tribunali amW ministrativi. Lussemburgo: c'è solo spazio per i Comuni I1 Gran Ducato del Lussemburgo, che fa parte della C E E del 1957, non è vegionalizzato, né diviso in pvovince. Esso conta 126 Co- muni. I1 fatto che l'organizzazione territoriale si basa soltanto sul comune è da ritenere connesso alle modeste dimensioni territoriali (2586 km quadrati) e demografiche del Paese (372.100 abitanti). La Costituzione 17 ottobre 1868, più volte modificata (1919, 1948, 1956, 1972 e 1979) prevede l'esistenza e garantisce l'autonomia dei Comuni. L'art. 107 stabilisce, infatti, che i Comuni sono «collettività autonome a base territoriale» con personalità giuridica, le quali gestiscono, a mezzo di propri organi, il loro patrimonio e i loro interessi. Ogni Comune ha un Consiglio comunale, eletto direttamente dai residenti in possesso dei requisiti prescritti dall'art. 52 della Costituzione (cittadinanza lussemburghese, godimento dei diritti civili e politici, età superiore ai 18 anni) e composto d a 7 a 29 membri, in relazione al numero degli abitanti. I1 Consiglio forma annualmente il bilancio preventivo e il conto consuntivo del Comune; emana i regolamenti, salvo i casi d'urgenza e può stabilire imposte comunali, con l'approvazione del Gran Duca. I1 Gran Duca ha il diritto di sciogliere il Consiglio. La sede lussemburghese della Corte di Giustizia della Comunità europea I1 Comune è amministrato d a un collegio composto dal Borgomastro, nominato dal Gran Duca e da 2 assessori (6 nella capitale) scelti tra i consiglieri comunali e nominati dal Gran Duca o dal Ministro dell'Interno a seconda dell'importanza del Comune. I n base allo stesso art. 107, la legge regola la composizione, l'organizzazione e le attribuzioni degli organi del Comune; disciplina lo statuto dei funzionari comunali; determina i modi con cui il Comune partecipa all'attuazione dell'insegnamento. La legge, inoltre, disciplina la vigilanza s d a gestione comunale e può assoggettare alcuni atti ad approvazione o prevederne l'annullamento o la sospensione (da parte del Gran Duca) nei casi di illegalità o di contrasto con l'interesse generale. Ai sensi dell'art. 108 della Costituzione, rientrano nella competenza esclusiva delle autorità comunali la redazione degli atti di stato civile e la tenuta dei relativi registri. COMUNI D'EUROPA Olanda: soltanto Province e Comuni (e 600 enti si occupano di acqua) I1 Regno di Olanda, che fa parte della C E E dal 1957, è uno Stato non regionalizzato. La Costituzione del 17 febbraio 1983 prevede l'esistenza e garantisce l'autonomia di Province e Comuni (cap. VII, artt. 123-136). I n base all'art. 123, la legge può sopprimere le Province e i Comuni ed istituirne dei nuovi; la legge disciplina altresì le modifiche dei loro limiti territoriali. Le Province sono 12 (01. settentr., 01. meridionale, Utrecht, Zelanda, Brabante sett., Limbourg, Gueldre, Overijssel, Flevoland, Drenthe, Groninga, Frisia). I Comuni son 714. Gli organi della Provincia sono: 1) gli «.Stati provinciali», assemblea composta da 39 ad 83 membri a seconda della popolazione, eletti per 4 anni col sistema della rappresentanza proporzionale dei partiti; 2) la Deputazione (o «Stati deputati))),organo esecutivo di almeno 6 membri, eletti per 4 anni dall'assemblea nel proprio seno; muni, il Commissario, siilla base delle informazioni del Consiglio Comunale, segnala almeno due candidati al Ministro dell'Interno che decide chi sarà proposto per la carica alla Regina. Se il Commissario ritiene che una decisione dell' Assemblea o della Deputazione sia contraria alla legge o all'interesse generale lo segnala agli organi interessati e al Ministro dell'Interno. La Corona può annullare o sospendere la decisione entro un termine fissato dalla legge. Gli organi del Comune sono: 1) il Consiglio municipale, composto d a 7 a 45 membri, in relazione alla popolazione, eletti per 4 anni dai residenti di età superiori ai 18 anni. La legge può attribuire il diritto elettorale attivo e passivo anche agli stranieri. I1 Consiglio può costituire Commissioni consultive e operative per determinati settori (sport, cultura ecc.) nonché Consigli di quartiere; 2) il Collegio del Borgomastro e degli assessori (da 2 a 6) scelti ogni 4 anni dal Consiglio tra i suoi membri. I1 Collegio deve godere della fiducia del Consiglio, di cui prepara ed esegue le decisioni; 3) il Borgomastro, nominato per 6 anni dalla Corona, su proposta del Ministro dell'Interno, sentito il Consiglio dei Ministri per i Comuni superiori a 50.000 abit. o capoluoghi di Provincia. I Comuni limitrofi che non superino nel complesso i 10.000 abitanti possono avere un solo Borgomastro. I1 Borgomastro presiede il Consiglio municipale senza diritto di voto e il Collegio degli assessori con diritto di voto. I1 Borgomastro è capo della polizia nel Comune ed è responsabile dell'ordine pubblico, della protezione civile e dei servizi antincendi. I Comuni sono soggetti al controllo della Provincia e dello Stato. La Deputazione può assumere informazioni sull'andamento del Comune e ne approva le deliberazioni. La Corona può sospendere e annullare gli atti dei Comuni quando siano contrari alle leggi e all'interesse generale. Negli ultimi tempi si sono sviluppati accordi di cooperazione intercomunale per la gestione di servizi comuni. Un ruolo importante di raccordo con lo Stato è svolto dalla «Unione dei Comuni olandesi». A livello locale operano in Olanda circa 600 enti di diritto pubblico (Watershapen), istituiti e controllati dalle Province, con propria amminstrazione e propri regolamenti, che si occupano della difesa dalle inondazioni, delle vie navigabili, delle opere idrauliche e della qualità delle acque. Fanno parte dell'Olanda, con speciale autonomia, le Antille Olandesi, che hanno un Consiglio insulare eletto a suffragio universale, un Consiglio esecutivo ed un Governatore. Anche l'Isola di Aruba (Caraibi) gode di autonomia dal 1986, con propri organi legislativi, governativi e giudiziari. Portogallo: regionalizzazione parziale Spazio agli organismi subcomunali Una donna di Spakenburg, in Olanda, rimasta fedele al costume tradizionale 3) il Commissario della Regina, nominato e revocato dalla Corona, rappresenta lo Stato e presiede l'Assemblea con voto consultivo e la Deputazione con voto deliberativo che prevale in caso di parità. I1 Commisario visita periodicamente i Comuni della Provincia e se riscontra situazioni particolari ne riferisce al Ministro dell'Interno e alla Deputazione permanente. Per la nomina del Borgomastro dei CoCOMUNI D'EUROPA La Repubblica del Portogallo, che fa parte della C E E dal 1986, è uno stato regionalizzato (per ora parzialmente). La Costituzione democratica dell'aprile 1976, riveduta nell'agosto 1982 e nel giugno 1989, prevede due tipi di entità regionali con diverso grado di autonomia: le «Regioni autonome)) delle Azzorre e di Madera, dotate di potestà legislativa; le «Regioni amministrative», considerate tra gli enti locali, con poteri solo amministrativi, che dovrebbero essere create «simultaneamente» nel territorio continentale del Paese, ma che non sono state ancora costituite. Lo speciale regime politico-amministrativo stabilito per i due Arcipelaghi delle Azzorre e di Madera è finalizzato alla tutela della «insularità)) ed è basato sulle caratteristiche geografiche, economiche, sociali e culturali nonché sulle storiche aspirazioni delle popolazioni insulari all'autonomia. Le due Regioni hanno ciascuna un proprio Statuto, elaborato dall'Assemblea regionale e approvato con legge del Parlamento (D.L. 30.4.1976 n. 318 per Madera e L. 5.8.1980 n. 39 per le Azzorre). La potestà legislativa delle due Regioni riguarda materie di «interesse specifico» degli Arcipelaghi (indicativamente: politica demografi- ca; tutela sugli enti locali; trasporti tra le isole; porti e aeroporti; pesca; agricoltura; zootecnia; assetto del territorio; tutela dell'ambiente; patrimonio culturale; musei e biblioteche; spettacoli; turismo e industria alberghiera; artigianato; urbanistica; commercio interno ed estero; controllo delle importazioni; sviluppo industriale; mantenimento dell'ordine pubblico). Le due Regioni partecipano, inoltre, alla negoziazione dei trattati internazionali che interessano gli arcipelaghi. Gli organi delle Regioni autonome sono: a) l'Assemblea legislativa, eletta per 4 anni a suffragio universale con rappresentanza proporzionale; b) il Governo regionale che deve godere della fiducia dell'assemblea, composto da un presidente e da più membri nominati dal «Ministro della ~ e ~ u b b l i c a L'assemblea n. e il Governo regionale, quando compiono atti contrari alla Costituzione, possono essere sciolti dal Presidente della Repubblica, su proposta del Governo nazionale, sentito il Parlamento e il Consiglio di Stato. I n ognuna delle due Regioni lo Stato è rappresentato da un «Ministro della Repubblica», figura singolare dell'ordinamento lusitano, che sovraintende alle funzioni statali e le coordiSETTEMBRE 1990 na con quelle della Regione, nomina e revoca il presidente e il Governo regionale ed esercita il controllo sulle leggi e sui decreti regionali, controfirmandoli ovvero esercitando il diritto di «veto» con richiesta di riesame. I1 Ministro può anche chiedere sulle norme regionali un giudizio preventivo di costituzionalità al Tribunale costituzionale. Le due Regioni autonome hanno il diritto di iniziativa legislativa, potendo presentare alla Camera proposte di legge o di emendamento. La Costituzione stabilisce che gli «organi di sovranità» (Presidente della Repubblica, Parlamento, Governo e Tribunali) devono cooperare con gli organi regionali per assicurare lo sviluppo socio-economico delle Regioni autonome e correggere la disuguaglianza derivante dalla «insularità». Le autonomie locali in Portogallo sono costituite dalle «Freguesias»,entità di tipo circondariale sub-comunale, dai «Municipi» e dalle «Regioni amministrative» (art. 238 Cost. 1989). Le «Freguesias» sono 4050; i Municipi sono 305. Fino a quando le Regioni amministrative non saranno costituite, continueranno a funzionare i 18 Distretti, organismi di antica origine, ognuno dei quali ha un'assemblea deliberativa, un consiglio distrettuale consultivo e un Governatore civile, con funzioni esecutive. Ogni Distretto comprende più Municipi. Gli organi del Municipio sono l'assemblea municipale, composta dai presidenti delle Giunte delle Freguesias e da membri elettivi e la Camera municipale, organo esecutivo, eletto dai cittadini residenti, presieduto dal primo candidato della lista più votata. Gli organi della Freguesia sono l'assemblea, eletta dai residenti e la Giunta, organo esecutivo, eletto dall'assemblea tra i suoi membri. La Costituzione (art. 253) prevede la possibilità che i Municipi costituiscano Associazioni e Federazioni per la gestione di interessi comuni. La Regione amministrativa, quando sarà operante, avrà compiti di direzione dei pubblici servizi, di coordinamento ed appoggio all'azione dei municipi, nonché di elaborazione dei piani regionali e di partecipazione alla programmazione nazionale di sviluppo economico e sociale (artt. 92 e 258 Cost. 1989). Belem (Lisbona), monumento alle scoperte Gli organi della Regione amministrativa saranno: l'assemblea regionale, composta in parte da membri eletti direttamente dai cittadini e in parte da membri eletti dalle assemblee municipali; la Giunta regionale, eletta a scrutinio segreto dall'assemblea della Regione tra i suoi membri. In ogni Regione opererà un Rappresentante del Governo, nominato dal Consiglio dei Ministri, il quale eserciterà le sue funzioni anche nei confronti degli enti locali esistenti nel territorio regionale. Nel quadro dei principi costituzionali relativi alle'autonomie locali assumono particolare significato democratico le norme in base alle quali, «allo scopo di intensificare la partecipazione delle popolazioni alla vita amministrativa locale», possono essere costituite, in un'area inferiore a quella delle Freguesia, le cosiddette Organizzazioni degli abitanti, gestite da un'assemblea composta dai residenti appartenenti per censimento alla Freguesia e da una Commissione, eletta dalla stessa assemblea a scrutinio segreto. Tali organizzazioni avranno il «diritto di petizione» verso gli enti locali per questioni amministrative di interesse degli abitanti nonché il diritto di partecipare con propri rappresentanti all'assemblea della Freguesia; svolgeranno, inoltre, i compiti ad esse assegnati dalla legge o delegati dagli organi della Freguesia (art. 263, 264 e 265 Cost. 1989). circa 1400 enti locali ed in Scozia 331. Con il nuovo ordinamento si hanno: 47 contee non metropolitane; delle quali 8 nel Galles; 6 Contee metropolitane (Greater Manchester; Merseyside; South Yorkshire; Tyne and Wear; West Yorkshire, West Midlands); 369 Distretti (36 metropolitani e 333 non metropolitani) dei quali 37 nel Galles; i Distretti hanno sostituito i «boroughs» soppressi con la riforma del 1972. Si contano, inoltre, circa 10.000 «parish» (comuni rurali) che sono le più piccole ed antiche collettività autonome locali, i cui confini generalmente coincidono con quelli delle parrocchie ecclesiastiche. Di tali entità, circa 8.000 hanno un presidente e più consiglieri elettivi («chairman» e «concillors»); nelle altre si pratica I'amministrazione diretta mediante riunioni periodiche dell'assemblea degli elettori (eparish meeting»). Nel Galles le «parish» si denominano «Comunità» e sono circa 1000, delle quali circa 800 hanno consigli elettivi. Una connotazione comune alle entità locali di ogni tipo è quella di essere amministrate da organi collegiali elettivi, rinnovabili periodicamente, in genere ogni 4 anni; il che evidentemente conferisce alle autonomie locali il crisma della democraticità, rendendole, appunto, elementi essenziali del sistema democratico del Paese. Per quanto concerne le funzioni degli enti locali si distinguono quelle dei Comuni rurali e Comunità, quelle dei Distretti e quelle delle Contee. Le funzioni comunali riguardano: la destinazione dei suoli; i cimiteri; le sale di ritrovo; i luoghi di riunione; le istallazioni ricreative; i gabinetti pubblici; l'illuminazione stradale; i parcheggi; i marciapiedi; il sostegno alle arti e ai mestieri; gli incentivi per il turismo. Le funzioni distrettuali riguardano: gli aerodromi; i ristoranti; l'edilizia; i mercati; la raccolta dei rifiuti; la formulazione dei piani locali e il controllo dello sviluppo; le fognature; i musei; la tutela dei comuni rurali e delle comunità. Le funzioni delle Contee (non metropolita- Regno Unito: non si accettano controlli I casi di Londra, Scozia, Nord-Irlanda 11 Regno Unito (Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda del Nord), che fa parte della C E E dal l o gennaio 1973, non è regionalizzato. I1 complesso sistema del governo locale inglese, che ha origini storiche remote (V secolo) e che si è sviluppato in epoca medievale, precedendo addirittura la formazione del governo centrale e del parlamento, si differenzia sostanzialmente da quello italiano e di altri Paesi europei in quanto non esistono in Gran Bretagna né rappresentanti governativi periferici di tipo prefettizio né un organismo centrale che eserciti il controllo sugli enti loSETTEMBRE 1990 cali e sui loro organi («Local authorities~).Severi controlli sono, peraltro, effettuati s d a gestione finanziaria delle «autonomie locali* da parte dei adistrict auditors~,responsabili verso il Governo centrale (Segretario di Stato per l'Ambiente) che possono, in caso d i irregolarità, rivolgersi alla Magistratura .per far ordinare ai consiglieri e funzionari locali la restituzione delle spese non autorizzate e delle perdite subite. Prima della riforma disposta con il «Local Government Act» del 1972, in Inghilterra e nel Galles, con l'esclusione di Londra, esistevano Una guardia della Regina d'Inghilterra COMUNI D'EUROPA ne) riguardano: la pianificazione urbanistica; l'istruzione; i servizi sociali; il coordinamento dei trasporti pubblici; la viabilità principale; lo smaltimento dei rifiuti (nel Galles la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti rientrano tra le funzioni del Distretto); la polizia; i servizi antincendio; i parchi nazionali; l'occupazione giovanile; le biblioteche pubbliche. Nelle Contee metropolitane non vi sono consigli di contea e tutte le funzioni sono svolte dai Distretti (in qualche caso congiuntamente). Nel quadro del «Local Government Act» del 1972, è di particolare rilievo l'«agency clause», in base alla quale un ente locale può agire come organo («agent») di un altro, cioè un ente locale può accordarsi affinché una qualsiasi delle sue funzioni venga svolta d a qualsiasi altro ente locale, in Inghilterra e nel Galles. Regime speciale di Londra Londra, capitale dell'Inghilterra e del Regno Unito, è stata amministrata, dal 1965 al 1986, dal «Greater London Council», da 32 «London Boroughs))e dalla «Colporation of the City». Con il «Local Government Act» del 1985, il Consiglio della «Greater London» è stato abolito dal l o aprile 1986 e le sue funzioni sono state trasferite, per la maggior parte, ai consigli dei «Buroughs» e alla Corporazione della City. I n via transitoria, uno speciale organismo (London Residuary Body) si occupa dei settori già di competenza del soppresso Greater London non trasferiti ai Boroughs. Ogni «London Borough))è governato da un Consiglio, composto da circa 60 consiglieri eletti, con a capo un «Major» (Sindaco), eletto annualmente dagli stessi consiglieri. I consigli dei «Boroughs», unitamente alla «City», sono responsabili, nella propria area, della pianificazione territoriale, dell'edilizia, della tutela ambientale, della sistemazione dei rifiuti, dei servizi sociali, della gestione dei parchi, del supporto alle arti e della conservazione dei 26.000 monumenti ed edifici storici di Londra. I 20 Boroughs periferici («outer London») sono anche competenti nel campo dell'educazione, mentre, all'interno di Londra, di tale settore è responsabile un apposito organo indipendente e direttamente eletto, lJ«lnner London Education Authority)). La Colporazione della City ha una posizione speciale, nel quadro delle autonomie locali, in relazione alla sua antica costituzione e al grande numero di persone (circa 300.000) che lavorano dalla sua area. La Corporazione opera tramite il «Court of Common Council» (elett i ~ ~presieduto ), dal «Lord Major of London». La City ha una propria forza di polizia, posta sotto la vigilanza del suddetto Consiglio. Un membro di ciascun Consiglio di Borough e della City fa parte della «London Fire and Civil Defence Authority», organismo responsabile dei servizi antincendi e della protezione civile. Per vari altri settori, come, ad esempio, la pianificazione dello sviluppo, la eliminazione dei rifiuti, la prevenzione delle inondazioni, sussistono accordi di cooperazione («joint arrangementw) tra i Boroughs e la City. Scozia Con il nuovo ordinamento, vigente dal 1975, la Scozia comprende 9 regioni e 3 aree insulari (Orkney, Shetland e Western Isles). Le regioni sono suddivise in Distretti, che sono complessivamente 53. Ciascuna entità regionale e distrettuale ha un Consiglio composto da consiglieri eletti ogni 4 anni e da un presidente eletto dagli stessi consiglieri, pure per 4 anni. Le funzioni delle regioni e dei distretti scozzesi corrispondono per lo più, rispettivamente, a quelle delle contee e dei distretti e comuni rurali in Inghilterra. Nelle aree insulari non esistono distretti e i consigli delle Isole adempiono le funzioni di tutti i tipi di enti locali. Anche in Scozia come in Inghilterra e nel Galles, una «Commissione permanente per il governo locale» è organo consultivo del Segretario di Stato per gli affari locali sulle questioni inerenti ai confini degli enti locali e ai problemi elettorali. In entrambi i sistemi, inglese e scozzese, i ricorsi popolari avverso la cattiva amministrazione («maladministration») sono esaminati da un Commissario per l'Amministrazione Locale, il quale può trattare soltanto le materie per le quali non sussiste altro rimedio. I1 Commis- sario segnala la questione al Consiglio interessato e può rendere pubblico il suo rapporto. Irlanda del Nord L'Irlanda del Nord ha 26 consigli di distretto, responsabili di un'ampia gamma di servizi di interesse locale, come la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, la pulizia delle strade, la prevenzione d i disordini, la protezione del consumatore, la tutela dell'ambiente, l'apprestamento e la gestione di impianti ricreativi e culturali, la promozione del turismo, i regolamenti edilizi, la fornitura del gas e varie autorizzazioni, compreso il controllo sui cani. I consigli distrettuali, inoltre, inviano propri rappresentanti presso altri organismi (Consiglio per gli alloggi dell'Irlanda del Nord; Servizio antincendi; Servizi per la sanità, per l'assistenza sociale, per l'educazione e per le biblioteche). D'altro canto, i suddetti Consigli svolgono un ruolo consultivo nei confronti degli organi dello Stato (Dipartimento Ambiente ed altri Uffici). I1 Governo inglese ha elaborato un piano di sviluppo dell'Irlanda del Nord, specie per il settore urbanistico e industriale («Regional Physical Development Strategy 1 9 7 5 - 9 5 ~ ) . m Spagna: regioni e decisione popolare Gli statuti variano tra le varie comunità I1 Regno di Spagna, che fa parte deHa C E E dal l o genn. 1986, è uno Stato regionalizzato. La Costituzione democratica del 27 dicembre 1978 riconosce e garantisce il «diritto all'autonomia» delle nazionalità e delle regioni che compongono la Nazione spagnola e consente la possibilità di istituire entità regionali («Comunidades autonornas»), senza peraltro renderle obbligatorie né predeterminarne il numero, la denominazione e i confini e seguend o perciò un criterio di volontarietà e di accesso all'autonomia regionale, come suole dirsi, «dal basso», per impulso di iniziative locali (diversamente dal sistema di regionalizzazione adottato in Italia, in Belgio, in Portogallo e in Francia). Infatti, in base all'art. 143 della Cost., le Province limitrofe con caratteristiche storiche, culturali ed economiche comuni, i territori insulari e le Province d'importanza regionale storica potranno accedere alllautogoverno e costituirsi in Comunità autonome, secondo il procedimento indicato dallo stesso art. 143 ovvero dall'art. 151 della Costituzione. Sono state, pertanto, costituite le seguenti 17 «Comunidades autonomas» Andalucia, Aragon, Canarias, Cantabria, Castilla-La Mancha, Castilla y Leon, Cataluiia, Comunidad d e Madrid, Comunidad Fora1 d e Navarra, Comunidad Valenciana, Extremadura, Galicia, Islas Baleares, La Rioja, Pais Vasco, Principado d e Asturias, Region d e Murcia. Ogni Comunidad ha un proprio Statuto di autonomia, approvato come legge dal Parlamento (Cortes), che determina la denomina- zione, la delimitazione territoriale, l'organizzazione e la sede delle istituzioni della Comunità e le competenze che essa assume. Le Comunità hanno, infatti, potestà legislativa, che è asumibile, con i rispettivi Statuti, nelle materie indicate dalla Costituzione (art. 148) e non riservate alla esclusiva competenza dello Stato (art. 149). Tra le materie nelle quali le Comunità autonome possono assumere competenze legislative figurano: le modifiche dei confini municipali, l'assetto del territorio, l'urbanistica, le ferrovie e strade della regione, l'agricoltura, la protezione dell'ambiente, le foreste e i pascoli, le risorse idrauliche, le fiere, la pesca nelle acque interne, la caccia, lo sviluppo economico della regione, l'artigianato, i musei, le biblioteche, i conservatori musicali, l'insegnamento della lingua della Comunità, la promozione del turismo e dello sport, l'assistenza sociale, l'igiene e la salute pubblica. La struttura delle Comunità autonome si basa su tre organi: 1) l'Assemblea legislativa, eletta per 4 anni a suffragio universale con un sistema proporzionale che assicuri anche la rappresentanza delle diverse zone del territorio; 2) il Consiglio di Governo, con funzioni esecutive, composto da non più d i 10 membri, secondo le norme statutarie e responsabile politicamente di fronte all'assemblea; 3) il Presidente, eletto dall'assemblea tra i suoi membri e nominato dal Re. I controlli sulle leggi delle Comunità autonome spettano al Tribunale Costituzionale SETTEMBRE 1990 (Legge n. 2 del 1979). Sono legittimati a produrre ricorso, entro tre mesi dalla pubblicazione della legge regionale, il Presidente del Governo, il Difensore del Popolo («Defensor del Pueblo»), 50 Deputati, 50 Senatori, gli organi esecutivi delle Comunità autonome e le assemblee delle stesse. I controlli sull'attività amministrativa e sui regolamenti delle Comunità Autonome spettano alla Giurisdizione contenzioso-amministrativa (~AudienciasTerritoriale~»).I controlli sull'esercizio delle funzioni delegate dallo Stato alle Comunità spettano al Governo, previo il parere obbligatorio del Consiglio di Stato. Se una Com. autonoma non adempia gli obblighi cui è tenuta, ovvero, attenti gravemente all'interesse della Spagna, il Governo, previa intimazione al Presidente regionale e, se non è ascoltato, con I'approvazione del Senato a maggioranza assoluta, può adottare le misure opportune per obbligare la Comunità all'adempimento o per tutelare l'interesse generale in pericolo (art. 155 Cost.). In ogni Comunità autonoma un Delegato del Governo dirige l'amministrazione statale nel territorio regionale, coordinandola con l'amministrazione della stessa Comunità (art. 154 Cost.). Oltre alle «Comunidades autonomas», l'organizzazione territoriale della Spagna comprende i Municipi e le Province, enti che godono di autonomia nella gestione dei propri interessi (artt. 137-142 Cost.). Nel settore delle autonomie territoriali sub-regionali è fondamentale la recente Legge 2 aprile 1985 n. 7 ( « L q basica reguladora de las bases del regimen local))).Tale legge di principi indica la tipologia degli enti locali, che sono: il Municipio (ente territoriale di base); la Provincia (raggruppamento di Municipi); l'Isola (negli arcipelaghi delle Baleari e delle Canarie); gli enti inframunicipali (istituiti o riconosciuti dalla Comunità autonoma); le Comarcas (associazioni di Municipi, create dalla Comunità autonoma); le Aree metropolitane (create dalla Com. Autonoma); le Mancamendades di Municipi (associazioni volontarie, il cui statuto è approvato dalla Com. Autonoma). Sono organi del Municipio: il Consiglio («Ajuntamiento») composto dai Consiglieri, eletti ogni 4 anni a suffragio universale e il Sindaco («Alcalde»), che è uno dei Consiglieri eletto dai medesimi. L'«Alcalde» può nominare uno o più collaboratori («Tenientes de Alcalde»). Esiste inoltre il «Pieno», costituito da tutti i consiglieri e presieduto dal Sindaco, che ha vari compiti specifici, indicati dall'art. 22 della legge (approvazione dei piani urbanistici, approvazione della pianta organica del personale, esercizio di azioni giudiziarie, ecc.). I1 Municipio può promuovere ogni attività e prestare tutti i servizi pubblici che concorrano a soddisfare le necessità e le aspirazioni della comunità locale. I n particolare il Municipio è competente in vari settori, come la sicurezza nei luoghi pubblici, il traffico interno, la protezione civile, la prevenzione degli incendi, la disciplina urbanistica, i parchi e i giardini, la tutela ambientale, i mattatoi,Je fiere e i mercati, l'illuminazione pubblica, la nettezza urbana, la somministrazione dell'acqua, i cimiteri, gli impianti culturali e sportivi, ecc. SETTEMBRE 1990 il Delegato del Governo può sospenderli, adottando le misure adeguate e poi impugnarli dinanzi alla Giurisdizione contenzioso-amministrativa (art. 67 Legge). I1 Consiglio dei Ministri, per propria iniziativa o su segnalazione o richiesta della Comunità Autonoma, può procedere, con Decreto Reale e col parere favorevole del Senato, allo scioglimento degli organi degli enti locali, nel caso di gestione gravemente dannosa per gli interessi generali e di inadempimento di obblighi costituzionali (art. 6 1 Legge). INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE A) di interesse generale Madrid: il monumento a Cervantes Le Province sono 50. In 7 Comunità autonome esiste una sola Provincia (Asturie, Cantabia, La Rioja, Navarra, Baleari, Murcia e Madrid); le altre 10 Comunità comprendono due o più Province. Sono organi della Provincia: la Deputazione provinciale (salvo che nelle Comunità Autonome composte di una sola Provincia); il Presidente; i Vice Presidenti; la Commissione di governo, che assiste il Presidente nell'esercizio delle sue funzioni; il «Pieno», costituito dal Presidente e dai deputati. Nell'ar~ipela~o delle Canarie operano, invece delle Deputazioni, i «Cabildos» insulari elettivi; nell'Arcipelago delle Baleari, i «Concejos» insulari elettivi. Competono alle Deputazioni provinciali, oltre alle funzioni che siano ad esse delegate dalla Comunità autonoma e dallo Stato, il coordinamento delle attività municipali, I'assistenza e la cooperazione giuridica, economica e tecnica verso i Municipi, la prestazione di servizi pubblici sovracomunali, lo sviluppo e la gestione degli interessi specifici della Provincia. I1 sistema dei controlli sugli enti locali è basato sul criterio della «giurisdizionalizzazione» e non della «regionalizzazione», come in Italia, in Belgio o in Portogallo. Gli atti degli enti locali sono immediatament e esecutivi e possono essere impugnati dagli interessati nonché dall'Amministrazione dello Stato o della Comunità Autonoma dinanzi alla Giurisdizione contenzioso-amministrativa (artt. 51, 52, Legge n. 7). Gli enti locali territoriali, a loro volta, possono impugnare gli atti statali e regionali e sono legittimati a ricorrere al Tribunale Costituzionale contro le leggi dello Stato o delle Comunità autonome ritenute lesive dell'autonomia garantita dalla Costituzione (art. 63 Legge n. 7). Gli enti locali devono trasmettere copia o estratto dei loro atti e deliberazioni all'Amministrazione dello Stato e alla Comunità autonoma. Quando l'amministrazione statale o della Comunità autonoma ritenga che un atto dell'ente locale violi l'ordinamento giuridico, può rinviare l'atto stesso entro 15 giorni perché sia annullato (art. 65 Legge n. 7). Se un ente locale adotta atii che attentino gravemente d'interesse generale della Spagna, AA.VV.: Le autonomie locali nei Paesi della Comunità economica europea, Ed. Scientifiche italiane, Napoli, 1981. T H E STATESMAN'S YEAR-BOOK, 126' ediz., 1989-90, ed. John Paxton, The Macmillan Press LTD, London (Voci relative ai 12 Paesi della CEE). B) di interesse specifico 1) Belgio: Seneue R., La riforma dello Stato belga, Tomo I11 (1980) e Tomo IV (1985), ed. Ministero affari esteri, Commercio con l'estero e cooperazione allo sviluppo, Bruxelles. Carrozza P., La Cour d'arbitrage belga come Corte Costituzionale, ed. CEDAM, Padova, 1987. Padrono A., Annotazioni sul regionalismo in Belgio, in Quaderni regionali, n. 1, 1987, ed. Giuffrè, Milano. Padrono A., La revisione costituzionale del luglio 1988 in Belgio, in Quaderni regionali, n. 4, 1988, ed. Giuffrè, Milano. 2) Danimarca: Strutture amministrative e sviluppo regionale nei Paesi della Comunità europea: Danimarca (rivista Comuni d'Europa, Nov. 1976). «La Danimarca in breve» (ed. del Ministero Affari Esteri, Copenaghen, 1987). 3) Francia: La riforma degli enti locali in Francia, ed. FORMEZ, vol. 1 (1983) e vol. I1 (1986). Amirante D., Decentramento e controlli in Francia: le Camere regionali dei Conti, ed. a cura Istituto Studi Regioni, Roma, 1989. Ammanati L. - Amirante D., L'Amministrazione locale in Francia, ed. CEDAM, Padova 1986. Ciriello P., Governo locale e sistema costituzionale francese, Ed. Scient. ital., Napoli, 1984. Gambino S., Decentramento e Costituzione; la riforma regionale francese, ed. CEDAM, Padova, 1986. Meny Y., Profili di amministrazione locale: la riforma francese, ed. CEDAM, Padova, 1983. Padrono A., I1 Commissario della Repubblica nell'ordinamento francese, in Quaderni regionali, n. 1, 1986, ed. Giuffrè, Milano. 4) Germania: Reissert e Schafer, Le relazioni centroperiferia nella Repubblica Federale di GermaCOMUNI D'EUROPA nia, in Le Regioni, n. 3, 1984, ed. I1 Mulino, Bologna. «La Germania si presenta», ed. Lexikothek Vedag, Bonn, 1983. 5) Grecia: Concise statistical year-book (a cura del Natioanl Statistica1 Service of Greece), Atene, 1987. A fresh look at Greece. The country and the people, Atene, 1988. 6) Irlanda: Desmond Roche, Local Government in Ireland, pubbl. dall'Institute of Public Administration, Dublino, 1982. 7) Italia: Giovenco L. - Romano A., L'ordinamento comunale ed. Giuffrè, Milano, 1987. Gizzi E., Manuale di diritto regionale, ed. Giuffrè, Milano, 1986. Martines T. - Ruggeri A., Lineamenti di diritto regionale, ed. Giuffrè, Milano, 1987. Paladin L., Diritto regionale, ed. CEDAM, Padova, 1985. Spagna Musso E., Corso di diritto regionale, ed. CEDAM, Padova, 1987. Padrono A., I1 ruolo del Ministro per gli affari regionali nell'ordinamento italiano (con spunti comparatistici), in Quaderni regionali, n. 3, 1986, ed. Giuffré, Milano. 8) Lussemburgo: Voce «Louxembourg» in The Statesman's Year-Book, op. cit. 9) Olanda: Le Royaume des Pays Bas. Faits et chiffres. L'organisation costitutionnelle, pubbl. a cura del Ministero olandese per gli affari esteri. 10) Portogallo: Miranda J., Le regioni autonome portoghesi, in le Regioni, ott. 1986, ed. I1 Mulino, Bologna. Padrono A., I1 regionalismo e le autonomie locali in Portogallo, in Quaderni regionali n. 23, sett. 1987, ed. Giuffrè, Milano. Paz Ferreira E., As Financas regionais, ed. Imprensa Nacional Casa d a Moeda, Lisbona, 1985. l l ) Regno Unito: Alexander A., L'amministrazione locale in Gran Bretagna, una riforma alla prova, ed. CEDAM, Padova, 1984. Padrono A., La «devolution» nel Regno Unito, in Azienditalia n. 6 , 1990, ed. I.P.S.O.A., Milano. De Franchis F., Law Dictionary, vol. I (Introduzione e varie voci) ed. Giuffrè, Milano, 1984. Scharpe L.J., Voce «Gran Bretagna» in La Regionalizzazione (pag. l 7 11 e segg.), ed. Giuffrè, Milano, 1983. 12) Spagna: Vandelli L., L'ordinamento regionale spagnolo, ed. Giuffrè, Milano, 1980. Califano L., Innovazione e conformità nel sistema regionale spagnolo, ed. Giuffrè, Milano, 1988. Padrono A.,Riflessioni sul «Difensore del popolo» nell'ordinamento spagnolo, in Quaderni regionali, n. 4, 1986, ed. Giuffré, Milano. COMUNI D'EUROPA e confederalismo (segue da pag 2) inche in dottrina a dubitare che lo Stato «re;ionale» del mio vecchio amico Ambrosini sia in ibrido non funzionante. O si ha uno Stato 'ederale - col suo bravo Bundesrat, che coorjina il mondo delle autonomie con la politica <nazionale»del governo e di un Bundestag J si ha lo Stato unitario a decentramento bu-0cratico flessibile - come in Francia, dove ?unziona rendendo esemplari servizi ai singoi territori assai meglio del <(pasticciofalso au:onomistico» italiano -. Ma Bossi che c'en:ra? Bossi è un separatista, anzi appartiene a ~n'epocaassai antecedente a quella del Carroccio, direi piuttosto a quella feudale (si vada a rivedere la Constitutio de beneficiis di Corrado I1 I1 Salico, che aveva anche lui da guardarsi dai suoi Bossi). In ogni modo ogni famiglia politica si trova ad annoverare figli vivi e aborti - questi ultimi spesso dovuti ai vizi dei genitori -: un figlio vivo della Lombardia si chiamava Carlo Cattaneo; poi c'è stato anche l'infortunio Bossi. Per gli scioccherelli - affinchè lo memorizzino - ribadiamo: il federalismo è autonomia a tutti i livelli in una riconosciuta interdipendenza generale. Fuori luogo sarebbe anche riandare all'apologo di Menenio Agrippa. Peraltro Bossi, che è astuto, abile e forse perfino intelligente, rende il pasticcio più allarmante travestendosi (la domenica e con qualche giornalista) proprio da Carlo Cattaneo. Si faccia dunque la debita attenzione. Ma veniamo, con perplessità se non con meraviglia, agli studiosi di federalismo e ai federalisti doc. I1 più imprevedibile è stato un articolo del mio giovane amico Antonio La Pergola, ex presidente della Corte costituzionale e ora europarlamentare, ma soprattutto allievo alla Harvard di Friedrich, curatore insieme a Bowie dei famosi «Studies in federalism» (che mi adoperai negli anni cinquanta per farli pubblicare in italiano dalle Edizioni di Comunità). Col mio caro Carl Joachim discutevamo di federalismo, poco meno di quarant'anni or sono, nel caffè all'uscita dallo yard: poi ci incontrammo più volte in Europa (Friedrich ormai alternava le lezioni alla Harvard con un ritorno periodico a Heidelberg, nella sua vecchia Europa tedesca), e ci si vide insieme ad Altiero Spinelli e ad Adriano Olivetti. Le due colonne di quotidiano vergate da La Pergola si intitolano «Dal federalismo alla confederazione». La Confederazione (mi scuso se lo sottolineo per i profani, per i gio- vani e per i politici, che di solito capiscono poco di queste cose) detto alla buona implica dei vincoli, che non limitano nettamente e permanentemente le sovranità delle parti contraenti e non prevede un governo sovranazionale comune. Ordunque La Pergola ma non è facilissimo decifrare il suo scritto afferma che il vecchio confederalismo era reazionario, perchè diretto «non tanto a governare i popoli quanto ad alleare gli Stati*. Lo stato federale, «per converso, si è rivelato il crogiolo in cui si sono formati nuovi regimi politici, il regime presidenziale negli Stati Uniti, quello direttoriale della Svizzera. Solo lo stato federale, dunque, può essere un moltiplicatore di democrazia: e in effetti lo è stato». Ma, aggiunge La Pergola, «altro è il caso ... del federalismo di facciata, dietro al quale si annida la triste realtà del partito unico come nei paesi che stavano 'oltre cortina'»: qui in realtà non si tratta di federazione, nel senso che senza democrazia o con una democrazia assai parziale il federalismo è cosa diversa da quello di cui stiamo discutendo, anche se il nome resta lo stesso. I n questi Stati totalitari, nominalmente federali, a parer mio si può anche ipotizzare - siamo sul terreno delle opinioni - che occorra reculer pour mieux sauter, cioè retrocedere ad una confederazione di parti che, sciolte da vincoli, si democratizzino più agevolmente, per poi - aggiungiamo noi - riproporsi un progresso verso un'autentica federazione, magari allargata ad altre componenti o decurtata di alcune delle vecchie. Ci sono dei vantaggi e dei rischi, ma perchè no? - è pur sempre un'opinione che risponde ad una logica. Per altro La Pergola non si ferma qui. «A parte ciò», ragiona il nostro amico, «vi sono le ragioni dell'etnos, che troviamo dappertutto. La confederazione è una forma di unità che può garantire i diritti di una comune cittadinanza, tra i quali vanno fuori di dubbio annoverati i diritti delle minoranze, etniche, linguistiche e religiose. La tutela di questi diritti è, del resto, sempre più largamente internazionalizzata e così sottratta al geloso monopolio dello Stato-nazione. La confederazione torna, quindi, di attualità quando diviene lo strumento, il livello istituzionale più appropriato sia per la promozione dei diritti umani, sia per la rifondazione dell'ordinamento democratico». Ora, si badi al «dappertutto» del testo lapergoliano: non si prendono in considerazione solo gli Stati totalitari, ma, all'inizio dell'articolo, si parla anche del Canada. E si avanza l'ipotesi che in Stati federali, ovviamente anche democratici ma con una forte autorità centrale, non sia improbabile (e, si badi, sottintendendo che non sarebbe neanche così cattiva), «una soluzione di compromesso, che lascia ferma l'unione, convertend o tuttavia lo stato federale in una semplice Confederazione, nella quale la sovranità dei singoli Stati risulta meglio garantita». Sul «piano istituzionale» questa soluzione tutt'altro che chiara La Pergola la trova «la SETTEMBRE 1990 più interessante»: «ci pone di fronte ad una nuova prospettiva concettuale». Infatti - afferma sempre La Pergola - «potremo nella maggioranza dei casi osservare una tendenza evolutiva, che gli studiosi hanno descritto, o addirittura teorizzato, come una 'legge politica' del federalismo... Una volta istituito, lo stato federale evolve ... in senso centralistico, e correlativamente si restringe la sfera riservata agli stati*. E si citano Stati Uniti (d'America), Svizzera e Germania («per tacer d'altro»). Non me ne voglia il nostro La Pergola se qui mi pare che ci sia un pò di Bossi, un sottinteso e tardivo possibile amore - se vogliamo secondarlo con consequenziario rigore concettuale - per Kropotkin e un richiamo, a mio avviso non a proposito, del confederalismo della «Pace perpetua» di Kant. Quello che è certo è che una tesi molto prossima alla sua ha ispirato la relazione di Giscard d'Estaing al Parlamento Europeo (11 luglio), che l'ha accolta molto freddamente, sul principio di sussidiarietà, inteso - per Giscard - a tutelare non tanto le autonomie regionali e locali, ma la sovranità quasi intatta degli Stati nazionali componenti la Comunità europea, che si dovrebbe trasformare (così?) in Unione politica. Tecnicamente ci domandiamo - e domandiamo al giurista La Pergola - come questa sua Confederazione di popoli possa funzionare: sarebbe invece diverso se egli proponesse soltanto di far camminare all'inverso quella benedetta 'legge politica' dei suoi simpatici «studiosi»: senza abusarne, potremmo batterci per un principio di sussidiarietà, applicato rigorosamente, come si deve, nei due sensi (e rimarremmo sempre, allora, sul terreno del federalismo, senza scivolare nel confederalismo, che non comprendiamo bene come «lasci ferma l'unione))). Di ben altro tenore è la presa di posizione, in un recente editoriale, di una rivista indubbiamente doc, «I1 federalista» d i Pavia (n. 2 del 1990): ove solo apparentemente si potrebbe scorgere una qualche analogia col pensiero lapergoliano. «I1 pluralismo dell'interno di un'area statuale», afferma «I1 federalista», «non è un requisito sufficiente per dare una definizione adeguata della società federale»: e questo ci pare ovvio. Poi si fa una curiosa e un pò scolastica mescolanza - ecco un'analogia con La Pergola - di Stati federali democratici e di stati solo nominalmente federali - cioè non democratici o, se mai, solo assai embrionalmente in via di democratizzazione (e, ancora una volta, compaiono insieme USA, Svizzera, Unione Sovietica, Jugoslavia, Canada.. .) -, per concludere che non tutti gli Stati federali sono federalisti: anche su questo possiamo concordare. Procedendo si viene alla questione fondamentale: nel più dei casi «lo Stato, anche se formalmente federale, ha sempre cercato il proprio principio di legittimazione ,nella sua coincidenza con un popolo particolare (per pluralistico che esso fosse), cioè con un gruppo chiuso e definito una volta per tutte, e per ciò stesso diverso da tutti gli altri e pronto a diventare loro nemico, qualora l'evoluzione dell'equilibrio internazionale ne creasse i presupposti»: pure qui SETTEMBRE 1990 - a parte che per i non addetti ai lavori può sembrare oscura l'espressione di «popolo pluralistico» - siamo d'accordo. E veniamo alle conseguenze che se ne tirano. Vediamo. «Se quindi oggi è soltanto l'affermazione del federalismo in una regione del mondo che può dare un contenuto concreto alla diffusa sensazione che una nuova era stia iniziando, bisogna che si tratti di un federalismo che si presenti come l'espressione istituzionale di una realtà sociale e culturale che non sia soltanto pluralistica, ma anche aperta al resto del mondo». Perchè no? ma occorre verificare come ciò si attua, osserviamo noi. E «Il federalista» continua: «La Federazione europea non deve quindi nascere come lo Sta- nascerà sulle ceneri di vecchie nazioni imperialiste. Ma veniamo al nodo. «D'altra parte», continua «I1 federalista», «la riforma statuale di questa realtà dinamica e aperta dovrebbe essere visibilmente incompiuta, cioè presentarsi come uno Stato in divenire, nel quale I'incompiutezza sarebbe insieme il simbolo di questa apertura e lo strumento del suo progressivo allargamento. La manifestazione di questa incompiutezza a sua volta non potrebbe essere che la mancanza di quell'attributo della sovranità che costituisce insieme lo strumento essenziale e il simbolo della chiusura dello Stato, cioè della competenza militare». A questo punto direi che non si possono inserzione pubblicitaria Per l'anno europeo contro il cancro U n libro temuto dall'industria farmaceutica, taciuto dalle riviste mediche più o meno tutte - o quasi - sponsorizzate dall'industria farmaceutica, ignorato dalle istituzioni sanitarie pubbliche (anche lo Stato è sponsorizzato dall'industria farmaceutica? o lo sono i suoi servitori?): Francesco Toffoli e Romano Zito, «Farmaci genotossici - quali farmaci possono essere cancerogeni e perché», Roma 1990, La Sapienza Editrice (viale Ippocrate, 158). Toffoli è stato Capo dei Laboratori di Biologia delllIstituto Superiore di Sanità e ha insegnato Chimica farmaceutica all'Università di Roma per 29 anni. Zito è primario dell'lstituto Regina Elena per lo studio e la cura dei tumori, a Roma, dove dirige un Laboratorio di ricerca sulla biochimica dei tumori. Nel libro - data l'inadeguatezza dell'elaborazione statistica nei rilevamenti epidemiologici sul tema in questione - è utiiizzato un metodo predittivo, cioè un metodo scientijko, che partendo da fatti sperimentali, consente di identificare strutture molecolari causa dei danni prodotti da farmaci considerati (patologia iatrogena) e di individuare i farmaci che posseggono tali strutture. Gli autori segnalano alcuni farmaci, dei quali non si sarebbe dovuta neppure consentire la sperimentazione sull'uomo, e molti altri variamente temibili. Una struttura che-ha appoggiato la monografia è la Fedeufarma: occorre dunque elogiare chi vende medicine e si preoccupa responsabilmente dei consumatori. Anche cosi si contribuisce a creare una onesta società europea (di cui l'Italia fa parte, a quanto sembra). to del popolo (anche se pluralistico) della Comunità, nè del popolo europeo nel suo insieme, condannandosi così a termine a divenire lo strumento della nascita di un nazionalismo europeo, ma del popolo mondiale in formazione». Aspirazione sacrosanta, ma temiamo, su questa premessa, delle cadute lapergoliane. Comunque: «per questo la sua rapida estensione a paesi non solo geograficamente, ma anche culturalmente extra-europei, come la Turchia e il Marocco, qualora ciò avvenisse nel quadro di forme inedite di collaborazione con altri gruppi di Stati, e la sua totale apertura verso una Unione Sovietica democratizzata, sarebbero di grande importanza simbolica». Che vuol dire? Nell'ultima affermazione dei nostri amici doc si parla - rispetto alla Turchia e al Marocco - di istituzioni o di politica estera o, se volete, d i amicizia sanzionata da patti? Turchia e Marocco sono paesi di assai incerta democrazia: all'unione Sovietica, nei riguardi della quale anche io ho grandi ambizioni, ci veniamo tra un momento. Ma intanto voglio sottolineare che se si tra'tta di «patti», il discorso è semplice: più l'Unione europea sarà federale e democratica, più sarà incline a questi patti in forma non strumentale, perchè non gradire le buone intenzioni, ma è d'uopo verificare come meglio si raggiunge lo scopo (che è poi in gran parte adombrato - e noi concordiamo - da quel cenno a «una Unione Sovietica democratizzata>>).I miei amici (sintetizzo o abbrevio, credo fedelmente, anche per aver con loro un frequente scambio orale di idee) mirano, oggi come oggi (cioè dopo il Referendum per il mandato costituente, dopo il lancio dell'espressione Unione-truffa, ecc.), a una struttura federale «con competenze limitate ai campi definiti dai Trattati di Roma e dall'Atto Unico - lasciando ai vecchi meccanismi intergovernativi la competenza della sicurezza e della politica estera intesa nel suo senso tradizionale, e alla Francia e alla Gran Bretagna la responsabilità della gestione dei loro assurdi minideterrenti nucleari -D; quindi «la sua forza espansiva e l'efficacia dei relativi strumenti ne sarebbero enormemente accresciuti. Essa inaugurerebbe una nuova politica estera la cui forza risiederebbe, in un modo solo apparentemente paradossale, nella rinuncia alla forza, e che tenderebbe a rendere incerti i confini che la dividono dalla politica economica, ambientale e sociale». Prospettiva generosa, ma che non è paradossale - a me i paradossi sono sempre piaciuti COMUNI D'EUROPA quanto piuttosto basata sul coraggio della timidezza o su una strana e velleitaria commistione di idealismo e realismo rinunciatario. I1 nostro testo doc ha prima ricordato l'efficacia di una «politica estera» della C E E di grande suggestione mondiale - giuocata sulla «cooperazione economica»: sulla suggestione potrei anche essere d'accordo, ma sulla efficacia, sulla razionalità e sul trend antimperialista avrei molti dubbi. Tuttavia qui gli obiettivi, che sono molto più complessi, debbono essere anche - a mio avviso - molto più ambiziosi. I1 federalismo economico accompagnato da una persistente politica estera intergovernativa, abbandonata a se stessa, e capace, quindi, di operare in contrasto con quello, mi pare un traguardo, più che astratto, del tutto velleitario. E poi il punto di partenza del federalismo economico non potrebbe non essere che la moneta unica; realizzata questa, il più - concordo - è quasi fatto: ma, appunto, quando mai si realizzerà la moneta unica, senza un periodo transitorio (la tredicesima moneta) indefinito, finchè non ci sarà l'accettazione di una politica estera comune e di un Esecutivo competente in entrambi i settori, inscindibili, politico ed economico? e senza un Parlamento Europeo capace di legiferare e a cui l'Esecutivo dovrà essere responsabile? Certo: la liquidazione degli «ormai assurdi minideterrenti nucleari» inglese e francese è un problema capitale: ma qui pare che entriamo nel cuore del problema e si spiega la mia accusa di timidezza agli amici di «I1 federalista». Qui non si tratta, col problema della sicurezza, di esaltare la competenza militare della Unione europea in fieri: qui si tratta di creare una Unione politica e democratica (dei 12 o di «coloro che vorranno»), che nell'ambito della CSCE (i 34, ma particolarmente USA, URSS e i Paesi della C E E ) negozi un nuovo, parziale piano Baruch (ricordate? quello proposto dagli USA a Stalin nel giugno 1946) per la messa in comune dell'armamentario atomico - da conservare fino al disarmo nucleare dei Paesi del Sud del Mondo, spesso i meno poveri o i più ricchi -, affiancato da un piano «rivoluzionario» per il riequilibrio della ric- Abbonatevi a I agenzia settimanale 1 chezza nel mondo (Nord e Sud). Sono i preparativi per una O N U efficace, giusta, democratica: cioè per la Federazione mondiale. Inutile, anzi pericoloso, fare le mosche cocchiere. Dobbiamo compiere ogni sforzo, è evidente, per la moneta unica europea (che fra l'altro è la pietra di paragone della buona fede tedesca di voler porre la riunificazione nel quadro dell'unione europea), ma non renderemmo un buon servizio a Gorbacev se ci presentassimo a lungo termine alle assise della CSCE in ordine sparso o con gli impegni generici e poco credibili che solo può assumersi l'Europa intergovernativa: sempre che questa, con la scusa dell'unità europea (morale?), non ci conduca in avventure che i governi improvvisano fra di loro, i parlamenti nazionali seguono male e con ritardo, il Parlamento Europeo non controlla affatto. I1 federalismo qui non c'entra per nulla: stiamo scherzando? Noi dobbiamo batterci per il razionale possibile e non pensare più di far l'Europa federata a pezzi, con le Nazioni serve di due padroni, un governo nazionale palese e un governo europeo affidato a non si sa chi. Un pericolo è poi quello di distruggere quel pò di Europa comunitaria che c'è con la scusa di trovare l'arbitro necessario. Qui il disegno è infernale. I n definitiva a partire dal Vertice straordinario di Dublino I , si pensa che tutte le decisioni ultime (tutte e su tutto, povera Commissione esecutiva della CEE) debbano toccare al Consiglio europeo (Capi di Stato e di Governo): il quale o deciderà all'unanimità - e tutto rimarrà fermo - o deciderà a maggioranza - e allora, senza il riequilibrio di un Parlamento Europeo, eletto a suffragio universale diretto e dotato di poteri reali politici, gli Stati minoritari potranno rimaner tali anche per l'eternità, non essendoci posto per le mediazioni di gruppi politici, di vario orientamento, a struttura sovranazionale -. Si ripete talvolta che anche il progetto del Parlamento Europeo del 1984 (progetto Spinelli) aveva elementi di confederalismo, ed è esatto: ma esiste un confederalismo che può evolvere verso il federalismo e uno che ne è l'alternativa. Se noi collochiamo un Segretariato politico, di chiara dipendenza intergovernativa, a fianco della Commissione esecutiva economica, e lasciamo l'ultima parola al Consiglio europeo, la frittata è fatta. Se noi rendiamo invece la Commissione esecutiva di Bruxelles responsabile al Parlamento Europeo (e da esso nominata) e le conferiamo la competenza di programmare anche nei campi della politica estera e di sicurezza, ma lasciando in mensile dell'AICCRE Direttore responsabile: Umberto Serafini Condirettore: Giancarlo Piontbino Redattore capo: Edmondo Paolini Questo numero è stato chiuso il 12/10/1990 Direzione e redazione: Piazza di Trevi 86 - 00187 Roma Indir. telegrafico: Comuneuropa - Roma te1 6840461-2-3-4-5 Abbonamento annuo: per la Comunità europea, inclusa l'Italia L. 30.000 Eskro L. 40.000; per Enti L. 150.000 Sostenitore L. 500.000 Benemerito L. 1.000.000 COMUNI D'EUROPA questi due ultimi la decisione finale - per ora - ai governi nazionali (cioè al Consiglio dei Ministri, ecc.), bocciando il Segretariato politico (la moneta cattiva - cioè il Segretariato - scaccerebbe la buona - cioè la Commissione esecutiva economica -: tanto più che in molteplici occasioni le delimitazioni sono incerte, anzi non esistono), abbiamo un confederalismo evolutivo. I n ogni caso nel 1993 dovremmo avere il mercato unico: con le elezioni del 1994 dobbiamo esigere un Parlamento Europeo dotato di poteri reali, e non solo legislativi, ma di controllo e di iniziativa politici. Espressione di questo parlamento - e sarà già tardi dovrà essere l'Autorità europea democratica, che da Vladivostock a San Francisco negozi l'impossibilità della guerra. Ecco l'apertura che dobbiamo dare subito, nel momento in cui lo costruiamo, al nucleo federato, cui deve dar luogo la Comunità economica, della quale finora abbiamo pianto il deficit democratico. Per una Unione politica e democratica, dunque, senza limitazioni (ma anche senza assumerci minimamente la responsabilità dei minideterrenti atomici inglese e francese), dobbiamo batterci nella fase seconda (trimestrale) del semestre italiano di presidenza della Comunità: e anche, dandogli tutto il valore politico, per la moneta unica. Dobbiamo batterci per il mandato costituente al Parlamento Europeo, che quanto meno dovrà dire l'ultima parola nei lavori della Conferenza intergovernativa per l'Unione politica. Dobbiamo tener presente che il federalismo è sinergico, cioè si rinforza se è autentico e globale a tutti i livelli: una lotta democratica e senza quartiere contro tutti i privilegi economici, politici, militari nella piccola Europa non può che dar forza a una lotta per l'espansione del federalismo, che mai come ora - pace, ecologia, bomba demografica - deve raggiungere i confini del Pianeta. Preoccupiamoci tutti (parlo soprattutto della «forza federalista», cioè dei movimenti a prioritario impegno federalista) di esser più lo zoccolo duro di un fronte democratico europeo, economico, sociale, culturale, morale, religioso, che non le mosche cocchiere dei governi, un pò da filosofi e un pò da mediocri diplomatici, di seconda categoria. E non facciamo, per carità!, la copertura a quei confederalisti, che in realtà vogliono perfino affossare l'Europa di Jean Monnet. Niente di peggio, amici mei, dei filosofi naifs che pretendono di cacciarsi - e vincere! - sul terribile terreno di Machiavelli. Una copia L. 3.000 (arretrata L. 5.000) I versamenti devono essere effettuati: 1) sul c/c bancario n. 300.008 intestato: AICCRE c/o Istituto bancario San Paolo dz Torino, sede a Roma, Via della Stamperia, 64 - 00187 Roma, specificando la causale del versamento; 2) sul C.C.D.n. 38276002 intestato a "Comtltrz d'Eurooa". . oiazza di Trevi. 86 00187 Roma; 3) a mezzo assegno - circolare - non trasferibile - intestato a: AICCRE. specificando la causale del versamento. Aut. Trib. di Roma n. 4696 dell'll-6.1955. Tip. Della Valle F . via Spoleto, 1 Roma Fotocomposizione: Graphic Art 6 s.r.l., Via del Caravaggio 107 - Roma Associato all'USPI - Unione Stampa periodica italiana , ' L SETTEMBRE 1990