Porta a porta: nuova gestione del servizio raccolta rifiuti

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Porta a porta: nuova gestione del servizio raccolta rifiuti
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er babàn d’Apsaei
Porta a porta: nuova gestione del servizio raccolta rifiuti
di Stefania Novello
A partire dal 24 marzo 2008 anche il Comune di Pecetto di Valenza modifica il servizio di raccolta dei rifiuti sostituendo, nel
concentrico urbano, i cassonetti
per le frazioni indifferenziata ed
organica con la raccolta porta a
porta (per l’indifferenziato il ritiro avviene il venerdì entro le ore
6,00; per l’organico il mercoledì
e il sabato entro le ore 6,00) e
potenziando, al tempo stesso,
i contenitori stradali di vetro,
carta e plastica; nelle frazioni
e nelle case sparse si procede
all’allestimento di appositi ecopunti all’interno dei quali vengono posizionati tutti i suddetti
contenitori.
Il tema dei rifiuti rimane cruciale e di cogente attualità: la loro
produzione aumenta in modo
inesorabile (la media nazionale
è di 1,5 kg. di rifiuti pro capite
al giorno, a Pecetto è di 1,272
kg.) sostenuta, in questo, da una
conoscenza deficitaria del problema e da una scarsa sensibilità
che spinge alla logica dell’usa e
getta piuttosto che alla cultura
del recupero e del riutilizzo,
con enormi costi ambientali ed
economici.
L’evoluzione normativa a livello europeo e nazionale preme
per la riduzione a monte della
produzione di rifiuti, la raccolta
differenziata, il riciclo ed il recupero energetico, convogliando in
discarica solo ciò che corrisponde all’indifferenziabile.
Quest’ultima componente risulterebbe pressoché irrisoria (10%)
se i rifiuti di una famiglia media
fossero completamente differenziati: 33% scarti organici, 25%
carta e cartone, 16% plastica, 8%
vetro, 7% verde, 1% alluminio.
In particolare, il decreto legislativo 152/06 prevede che entro il
31/12/2008 ogni Comune debba
raggiungere il 45% di raccolta
differenziata (65% entro il 31/
12/2012): attualmente Pecetto
si assesta sul 20,4% (contro una
media del 35,6% di tutto il Consorzio di Bacino Alessandrino),
troppo poco non solo per evitare
le conseguenti sanzioni, ma anche in un’ottica di prevenzione
e riduzione della produzione di
rifiuti, alla quale devono fare
seguito il recupero di materia ed
energia e, solo in fase residuale,
lo smaltimento in discarica e nell’inceneritore.
Sicuramente il sistema di raccolta porta a porta avvicinerà
l’obiettivo previsto per legge,
ma molto dipende dalle singole
scelte individuali. Differenziare
costa e non costituisce un immediato risparmio economico,
come si potrebbe pensare; ma
rappresenta una questione etica,
morale, di coscienza civile ed
ambientale.
Una ricerca condotta dalla
Regione
Piemonte
(w w w.regione.piemonte.it/
ambiente/rifiuti/home.htm) sugli impianti di recupero mostra
come il rifiuto riciclato possa
diventare una materia prima “seconda”, come si può osservare
nelle schede sottostanti.
A questo fine è necessario l’impegno di tutti, non solo per prevenire la produzione dei rifiuti,
ma anche per conferirli correttamente, come previsto dalle
singole raccolte differenziate.
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Grande falò di Carnevale
di Viviana Forsinetti
L’anno vecchio è stato congedato e può cominciare un nuovo
tempo…
“…Così muore il Carnevale
e gli fanno il funerale:
dalla polvere era nato
e di polvere è tornato”.
Termina così questa celebre
poesia di G. D’Annunzio e così,
con un grande falò, si è concluso
il Carnevale pecettese che, quest’anno, ha visto sfilare, ahimé,
un solo carro allegorico dedicato
all’“albero e le sue stagioni”,
simbolo di cicli vitali che instancabilmente si ripropongono ogni
anno con colori e caratteristiche
diverse.
La coreografia, forse semplice
ed essenziale ma autentica, è
stata elaborata esclusivamente
dai bambini e sviluppata con il
totale coinvolgimento ed una
massiccia risposta da parte delle
scuole.
Inaspettato successo anche per
la gara di maschere che ha premiato la creatività e la laboriosità delle mamme e delle nonne,
impegnate nella realizzazione di
un costume “a tema” rigorosamente artigianale. Un riscontro,
quest’ultimo, che ci indurrà a riproporre questo concorso magari
con modalità diverse e tempi organizzativi più lunghi.
Novità di questa edizione è
stata senza dubbio la presenza
di un piccolo mercatino agroalimentare, che ci auguriamo di
consolidare ed incrementare
l’anno prossimo, nel tentativo di
valorizzare i prodotti locali e la
loro commercializzazione sulle
cosiddette filiere corte.
Un contributo significativo e
determinante alla realizzazione
ed alla riuscita di questa manifestazione è stato dato dall’associazione La Fenice e dalla Pro
Loco che, con frittelle, giochi,
premi e l’allestimento di una
mostra di pittura, hanno animato
e arricchito una giornata di divertimento popolare.
Negli ultimi anni il Carnevale
ha assunto sempre più la fisionomia di un vero spettacolo che
dal punto di vista organizzativo,
tecnico e finanziario richiede
l’apporto pubblico e privato.
Il Patrocinio del Comune ed
eventuali contributi economici
sono indispensabili, ma altrettanto necessari sono la collaborazione e la partecipazione dei cittadi-
Inaugurazione della Rocca Comunale
di Andrea Bortoloni
Tra le numerose manifestazioni
previste dal calendario della
grande kermesse primaverile
“Riso & Rose”, anche il comune
di Pecetto di Valenza il 10 maggio si segnala con una giornata
densa di appuntamenti.
L’evento principale sarà l’inaugurazione, alle ore 10:30 presso
il cortile del municipio, della
Rocca Comunale per la quale
l’Amministrazione invita tutta
la cittadinanza nella speranza di
poter condividere l’entusiasmo
e le aspettative per un bene comunale che finalmente viene
consegnato ai pecettesi. Nella
Rocca tufacea, antico fondale
marino poi riemerso, è situato un
orto botanico con reimpianto di
specie vegerali autoctone e piante officinali, nonché un centro
per astrofili completo di basi per
l’osservazione diurna e notturna
della volta celeste ed un percorso
astronomico con ricostruzione in
scala del sistema solare.
Seguirà alle ore 11:00 un aperitivo offerto dall’Amministrazione.
Sarà, quindi, possibile pranzare
presso i ristoratori del paese degustando i Menù di Riso & Rose
per godere appieno anche della
tradizione enogastronomica del
territorio.
Gli appuntamenti della giornata
proseguiranno alle ore 16:00
con la camminata della rosa,
escursione guidata su un sentiero collinare che percorre aree di
vegetazione spontanea interrotte
da suggestivi scorci panoramici
e macchie di rovi di rosa canina
(iscrizione gratuita da segnalare
entro l’8 maggio presso gli uffici
comunali, Tel. 0131/940121);
alle ore 17:00 proiezione, presso
il Centro Culturale Borsalino,
di documentari naturalistici realizzati dagli operatori del Parco
del Po; ed, infine, dalle ore 18:00
una serata sulla Rocca allietata
da una merenda “sinoira” con
prodotti tipici dela tradizione
locale.
Vi aspettiamo numerosi!
ni che rappresentano quel valore
aggiunto in grado di trasformare
una semplice festa in un grande
evento. Tuttavia, molte delle
feste che caratterizzavano il passato stanno diventando attrazioni
turistiche e manifestazioni folcloristiche per un pubblico che si
pone sempre più come spettatore
piuttosto che attore.
Questo aspetto rappresenta purtroppo il limite di una festa che,
molto spesso, perde sia il suo
significato etimologico (parola
di origine latina “carne/levare”,
riferito al giorno precedente la
quaresima in cui cessava l’uso
della carne), che lo stesso principio ispiratore, in altre parole una
combinazione di trasgressione,
scherzo, ebbrezza, maschere e
travestimenti, allegorie e satira.
Carnevale è diventata la festa dei
bambini ma dovrebbe tornare
a coinvolgere di più anche noi
adulti per condividere, almeno
una volta all’anno, un po’ di
baldoria e buonumore con i nostri figli. Insomma, una vera e
propria rottura del quotidiano,
una parentesi di sana follia che
rovescia le abitudini di tutti i
giorni.
Ogni anno questo giornale ripropone e fotografa il Carnevale
consumato, per testimoniare che
ancora c’è chi ama divertirsi in
modo semplice e genuino e chi,
con passione, opera concretamente per il successo di questa
festa.
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er babàn d’Apsaei
L’Ondina
di Claudia Lombardi
Per la rassegna dello sport al
femminile, dopo il judo con
Greta Pavese e la danza sportiva
con Giulia Orsini, presentiamo e
conosciamo Ilenia Capuzzo che
pratica il nuoto sincronizzato,
sport femminile nato negli USA
alla fine degli anni ’50 e disciplina olimpica dal 1984.
Ilenia ha quattordici anni e frequenta il primo anno al liceo
artistico “C. Carrà” di Valenza,
ha iniziato a familiarizzare con
la piscina sin da piccola per
imparare a nuotare; poi, a sei
anni, le sue insegnanti di sempre,
Sabrina e Lorenza, le hanno proposto di praticare il nuoto sincronizzato entrando a far parte della
società sportiva 3G. Attualmente
milita nella Swimming Club di
Alessandria.
La pratica di questo sport richiede parecchi sacrifici sia per Ilenia che per la sua famiglia: dopo
la scuola e lo studio, due ore e
mezzo di allenamento quotidiano con un notevole dispendio
di energie in un fisico apparentemente delicato ma molto
resistente allo sforzo e con una
possente capacità polmonare per
eseguire le figure in buona parte
in apnea.
Gli spostamenti, sino alla piscina di Valenza ed a volte anche
nelle trasferte sede di gara, sono
un’incombenza dei genitori.
In preparazione di una gara,
l’allenamento è ancora più intensivo, si devono provare e riprovare tante volte i diversi esercizi
alla ricerca della perfezione nei
movimenti che devono essere
precisi, controllati ed eseguiti
secondo gli standard tecnici, ma
allo stesso tempo eleganti, armonici ed in sincronia con l’accompagnamento musicale, proprio
come nella danza.
Il nuoto sincronizzato è una sport
sia individuale, sia di squadra;
nel “gruppo” non ci sono rivalità,
c’è amicizia, sostegno reciproco
e senso di appartenenza: Ilenia
è in ottimi rapporti con tutti ed
è particolarmente legata ad una
ragazza con la quale ha condiviso questa esperienza sin dall’inizio, sempre insieme. Anche
la scelta delle coreografie, delle
basi musicali e dei costumi per le
esibizioni è fatta in accordo fra le
ragazze e le insegnanti.
Il Sincro non richiede molte
attrezzature: il costume intero,
la cuffia ed il tappanaso. Per le
gare con gli esercizi obbligatori
Lei è giovane, di portamento elegante con sguardo altezzoso.
Si siedono uno accanto all’altra,
su di una panchina, sotto un platano quasi spoglio, di pomeriggio inoltrato. La gente li osserva
con curiosità compiaciuta.
Ludovico si rivolge a Maria con
occhi carichi di amore e le chiede subito: “Come stai?”.
“Bene”, risponde lei, che seduta
a gambe accavallate gli appare
ancora più bella e seducente del
solito.
Ludovico a poco a poco le si
avvicina sempre più, sino a percepire una passione sensuale che
cerca di controllare con grande
emozione.
Le accarezza i capelli, che un
momento prima una folata di
vento aveva scompigliato. Maria
con uno strattone si tira indietro,
torcendo la bocca con chiara
espressione di disgusto.
Ludovico impensierito a mezza voce le sussurra: “Cosa ti è
successo, parla, confidati”. La
ragazza freddamente gli spiega
che all’appuntamento lei si è
presentata solo per parlargli della
sua decisione.
Lui la ascolta con attenzione e
il costume è rigorosamente nero
e la cuffia bianca; per il singolo,
il doppio o la squadra, si può scegliere: entrano, quindi, in gioco
colori, lustrini e paillettes, si raccolgono i capelli in uno chinon
fermato da tante forcine e dalla
colla di pesce e infine... un bel
sorriso sulle labbra!
Le categorie sono: Propaganda,
Esordienti A e B, per tre anni
Ragazze (dove milita Ilenia) e
Junior.
Le atlete partecipano a campionati Regionali nei quali si
eseguono quattro figure obbligatorie che richiedono tecnica,
eleganza e forza d’espressione.
Il conseguimento di un determinato punteggio apre l’accesso a
due campionati Nazionali, uno
estivo ed uno invernale, tenuti
ogni anno in una diversa regione
italiana. Ai Nazionali, oltre alle
figure obbligatorie, si esegue
un esercizio individuale, uno a
coppie e uno a squadre in sincronia con la musica. Le atlete
sono giudicate da quattro giurie, ognuna composta da cinque
giudici che con un sistema di
attribuzione di voti (complicato
da spiegare) determinano le classifiche delle gare.
Nella gara di esercizi liberi le
atlete possono dare sfogo alla
fantasia usando il linguaggio del
corpo: la gestualità, il portamento, le espressioni e la disinvoltura nell’esecuzione dell’esercizio.
Nella gara ad esercizi obbligatori
vengono valutate precisione,
originalità, difficoltà, sincronizzazione ed impressione generale
dell’esercizio.
Nel corso degli anni Ilenia ha
partecipato a diversi Campionati
Regionali ed ha sempre ottenuto
punteggi che le hanno permesso
di accedere ai Nazionali dove,
negli esercizi obbligatori, nel
doppio e nella squadra, si è piazzata a metà classifica: tenendo
conto della partecipazione di
venti squadre con circa quattrocento ragazze, direi che si tratta
di un ottimo risultato che Ilenia si
augura di migliorare e superare!
A proposito di campionati Nazionali, Ilenia ricorda in particolare quello di esordio a Cosenza.
Aveva solo otto anni e insieme
all’allenatrice e due compagne è
partita per la trasferta per fare il
“trio”. Il risultato non ha importanza, è stata un’esperienza bella
e indimenticabile.
Ho assistito personalmente ad alcuni allenamenti ed è veramente
piacevole vedere Ilenia che volteggia in acqua: esprime grazia
ed eleganza, energia, forza e
vigore!!
curiosità e mentre la guarda sente di amarla; è pronto ad aiutarla
a qualsiasi condizione, a qualsiasi sacrificio.
Maria con voce fredda e determinata, che Ludovico non aveva
mai conosciuto prima, spiega:
“Da oggi tra noi è tutto finito,
non mi piaci più, credevo di
amarti, ma non è così”.
Quel verdetto sorprende Ludovico, un nodo gli serra la gola, si
allenta la cravatta per respirare
meglio, si asciuga la fronte sudata, la parola si inceppa. Si mette
a piangere, tossisce e nel tossire
spruzza un grumo di saliva che si
posa su un lembo della camicetta
di Maria…
“Scusami tanto”, le dice, con
voce ansimante.
Lei cerca di nascondere il suo
disagio e con pacato garbo gli
risponde: “Non ti preoccupare,
non è nulla, piuttosto scusami
tu del dolore che ti ho dato, non
avrei voluto…”.
Nonostante questa apparente
comprensione, Ludovico le appare ancora più stupido e goffo.
I due giovani si guardano in silenzio per alcuni lunghi minuti;
Maria vorrebbe fuggire, il suo
interesse per l’amato si è spento
ancor più rapidamente.
Ludovico tira fuori da una borsa,
che aveva posato sotto la panchina, un oggetto e lo mostra
all’amica.
Lei lo prende in mano, lo guarda
da tutte le angolazioni ed esclama: “È bellissimo”, anche la sua
espressione si è addolcita.
“Certo, è di grande valore”, le
risponde Ludovico.
“Lo tengo in tuo ricordo, sarà la
testimonianza della nostra amicizia”, replica la ragazza riaccostandosi a lui.
Ludovico tace e lascia che Maria
ammiri l’oggetto con tutta l’attenzione e il tempo necessari.
Poi con un gesto brusco, che lei
non si aspettava, glielo toglie
dalle mani, lo fa roteare più volte
sotto i suoi occhi che si erano
improvvisamente illuminati, e
precisa: “È oro 24 carati”.
Poi ripone velocissimamente il
prezioso nella borsa e le urla:
“È per la donna che mi ama
per quello che sono: per la mia
pancia, per il mio doppio mento,
per la mia faccia a luna piena,
per la mia pelle untuosa, per il
mio naso adunco. No! Non è per
te, tu sei una merda e rimarrai
sempre una merda”.
Maria non si aspettava una simile reazione. In cuor suo era convinta che tutto le fosse dovuto.
La sua bellezza aveva un prezzo
come le cose. foto Peracchio
Diventa triste e silenziosa. Un
brivido di freddo le corre lungo
il corpo, forse sente di aver perso
qualcosa.
Il vento autunnale stacca le ultime foglie del platano, che nel
volteggiare le sfiorano le gambe
ancora accavallate.
Auguri Ilenia per i futuri successi nello sport e nella vita!
Ra Vidreina
a cura di Stefania Novello
Proseguiamo la piacevole abitudine di ospitare e dare risalto ai
contributi di pecettesi che si dilettano nella produzione letteraria ed artistica presentando “Un
incontro” di Elsa Porta nel quale l’autrice considera come “ogni
storia o racconto racchiude un
mondo di emozioni, fatti che
possono essere reali o immaginari, un insieme di momenti che
fanno sognare, fantasticare e inducono alla riflessione nel cuore
di chi legge. È con piacere che
offro queste bellissime e semplici
pagine di lettura ai ragazzi del
mio paese”.
Ludovico e Maria si danno appuntamento ai giardini pubblici
di una piccola città di provincia.
Lui è un giovane di costituzione
robusta, forse più grasso che
robusto; basso di statura; le
labbra sottili, un naso adunco. I
radi capelli lasciano intravedere
la cute untuosa e rossastra che
spesso tampona per asciugarsi
il sudore. Un personaggio che a
prima vista può apparire comico,
ma anche un tipo solare e bonaccione, di grande cuore.
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Iniziative della Pro Loco “Giuseppe Borsalino”
di Maria Patrizia Peola
Il 29 febbraio ha avuto luogo
l’assemblea plenaria dei soci
della Pro Loco “G. Borsalino”
per l’approvazione del Conto
Consuntivo e del programma
annuale di previsione 2008.
L’esame dei documenti contabili
ha fornito l’occasione per ricordare tutte le manifestazioni organizzate nel corso del 2007, dalla
prima assemblea di presentazione del direttivo – allietata dalla
voce di Renato Rizza e dal buffet
offerto dai soci (in particolare da
Paola Marchelli), allo spettacolo
del Teatro del Rimbalzo – organizzato per i bambini delle scuole pecettesi, alla rappresentazione teatrale “La strana coppia”
portata in scena dalla compagnia
Teatro della nebbia, alla bella
serata dialettale che ha visto la
partecipazione dell’autore Mario
Sassi durante la quale sono state
lette molte poesie della compian-
ta Salve Orsini Canepari, alla serata in cui con parole, musiche,
ricordi, sfilata di abiti, sono stati
ricordati gli anni ‘60 e ‘70, alla
esibizione delle scuole di ballo,
alla mattinata di festa con i bambini a conclusione del percorso
didattico sul riciclaggio dei rifiuti (tema proposto e sostenuto
dalla Pro Loco per la sua valenza
civica ed etica).
Sono stati, inoltre, ricordati il
concorso di pittura estemporanea
dedicato al nostro paese e le mostre che da allora si susseguono
con cadenza mensile richiamando numerosi visitatori. Gli artisti
invitati ad esporre, inoltre, per
consuetudine regalano una loro
opera che diventa patrimonio dei
pecettesi.
Scarsa partecipazione, purtroppo,
hanno avuto le conferenze organizzate: non sono stati premiati
l’entusiasmo e la competenza
con cui gli astrofili del “Gruppo
Galileo” hanno commentato le
splendide immagini proiettate ed
hanno illustrato la loro attività e
l’impegno per la riproduzione in
scala del sistema solare nel parco
del “Castello”.
Con rammarico si è constatata,
inoltre, la scarsa affluenza alla
serata di grande interesse umano
e culturale nella quale il Prof.
Roberto Nani ha fatto conoscere
le condizioni di povertà estrema
in cui versa la popolazione dell’Africa Sub Sahariana ed, in
particolare, del Mozambico. Ha
dimostrato come sia possibile
portare un aiuto concreto ed ha
proiettato le immagini dei lavori
di ristrutturazione delle scuole
elementare e media del villaggio
di Mitava, eseguiti grazie ai contributi degli alunni delle scuole
della Provincia di Alessandria.
Da ricordare e segnalare la bella
conferenza sulla storia di Pecetto
curata da Don Luciano Orsini
alla quale ci auguriamo possano
seguire ulteriori approfondimenti nel corso di quest’anno.
Nel 2008 sono state già realizzate alcune iniziative: lo spettacolo
teatrale “Toccata e fuga” allestito
dal Teatro della nebbia, la simpatica e divertente serata in dialetto
alessandrino e la collaborazione
ai festeggiamenti per il Carnevale.
L’impegno non è finito: continuerà con cadenza mensile l’al-
lestimento delle mostre di pittura
(con prenotazioni sino al mese
di dicembre); una esposizione di
stampe di Pietrino Villa ed una
del pittore Panelli – entrambi
hanno rappresentato tanti scorci
del nostro Paese e sono ricordati
da tutti noi con grande stima.
Nell’anno goldoniano non potrà
mancare uno spettacolo teatrale
del grande autore veneziano. Potranno essere organizzate serate
musicali e di intrattenimento,
molto apprezzate nelle passate
edizioni.
In primavera inoltrata si pensa
di organizzare per i ragazzi le
mini olimpiadi: per due giorni i
giovani si sfideranno in una serie
di gare di atletica ed ai primi tre
classificati andranno le medaglie,
proprio come nelle Olimpiadi di
Pechino!
Per tutti un trekking sulle colline
di Pecetto. E ancora sono in programma due conferenze, una sulla sicurezza a cura della Polizia
Municipale di Valenza, e la seconda sul cinema; e, se ci saranno adesioni, verranno realizzati
alcuni corsi di approfondimento:
dizione e lettura animata, pittura,
percorso musicale.
Per la realizzazione delle molteplici attività proposte è stata
chiesta la disponibilità degli
iscritti alla formazione di commissioni specifiche che si occupino dell’organizzazione e della
pubblicità degli eventi, raccolga-
no pareri e collaborino a proporre occasioni di animazione nella
costituenda biblioteca civica.
Il bilancio delle attività del 2007
si può considerare dunque ampiamente positivo grazie all’impegno costante ed intelligente
dei componenti del direttivo ed
alla disponibilità dell’Amministrazione Comunale nel mettere
a disposizione i bei locali del
Centro Comunale di Cultura.
Tutti coloro che, per vari motivi,
lo visitano o ne usufruiscono
rimangono stupiti ed incantati
nel vedere una struttura che pochi Comuni possiedono e della
quale i Pecettesi devono andare
giustamente orgogliosi.
Il messaggio della Pasqua
di Don Luciano
Siamo nel periodo pasquale e
la Chiesa ci richiama il valore
fondamentale del rinnovamento
della vita che si attualizza con
la resurrezione di Cristo all’alba
della prima domenica della storia
del cristianesimo. Tutto questo
impone un radicale cambiamento delle nostre ormai scontate
abitudini per ottenere non solo la
trasformazione della quotidianità, ma anche e soprattutto l’adozione di un nuovo modello di
esistenza che prende movimento
dal grande mistero introdotto da
quel Gesù che, da crocefisso e
morto per tutta l’umanità, ci apre
la via ad una incredibile speranza
di gioia nell’eternità.
Questo è il messaggio della Pasqua che vuole raggiungere ogni
persona, ogni chiamato, per donargli gratuitamente la ricchezza
di un progetto che si completa e
definisce in Dio e nella sua bontà
misericordiosa di Padre.
Viviamo l’anno della Divina
Misericordia che ci propone un
concetto particolare dell’amore
che Cristo ha per tutti noi nella
rinnovata donazione di se stesso
per elevare la nostra condizione
e per renderci, in Lui, tutti fratelli.
Dovremmo conoscere meglio
il tesoro che Gesù trasmette al
mondo, magari accostandoci alla
testimonianza resa da suor Faustina Kowalska che della Divina
Misericordia è stata l’apostola
e la missionaria. Questa umile
donna, alla quale Cristo si è presentato, ci offre una visione non
catastrofica del nostro futuro ma
il rimedio alle frequenti debolezze, nella confidenza senza limite
verso Colui che ci ha salvato.
La nostra comunità vivrà questo
anno speciale, come ci suggerisce il Santo Padre, con la
frequente adorazione Eucaristica, con l’impegno ad essere in
qualche modo protagonisti di un
rinnovamento di fede non ridotto alle sole parole ma praticato
nel costante confronto con chi
cammina, sotto lo stesso cielo,
accanto a noi e del quale noi,
troppe volte, non ci accorgiamo.
Non esiste un traguardo che ci
veda coinvolti in questa terra,
potremo gustare i frutti della
fatica quando, un giorno, saremo
di fronte al Cuore che questa misericordia esprime e ci dona.
Siano queste proposte il migliore
augurio per vivere bene la Santa
Pasqua, nella luce di Cristo, nella sua pace e nella certezza che
anche in noi potrà essere vissuto
questo grande miracolo di resurrezione.
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er babàn d’Apsaei
Arte e storia: i monumenti a Pecetto
La Chiesa della SS. Trinità
di Federico Orsini
Usciti dalla nostra Grangia
certosina, dopo averla percorsa
in lungo ed in largo, dall’alto
al basso, e dopo aver scoperto
i segreti non solo delle antiche
mura volute niente meno che da
Gian Galeazzo Visconti sul finire
del XIV secolo ma anche della
vita dei monaci fondati da San
Bruno, ci troviamo nuovamente
sulla pubblica via per proseguire
il nostro cammino fra le bellezze
di Pecetto per conoscerne le caratteristiche non solo storiche ma
anche di curiosità e di vita.
Prima di seguire la strada che
porta verso la valle del Pozzetto,
e poi alla frazione Pellizzari, a
sinistra, i nostri occhi incontrano
la meravigliosa facciata barocca
in cotto piemontese che potremmo, a giusto titolo, chiamare
“cotto pecettese”, della chiesa
della SS. Trinità che si mostra ai
passanti fin dal non vicino 1765
cioè da quando, con il concorso
dei confratelli del pio sodalizio
aggregato all’Arciconfraternita
di Roma, si pose mano alla riedificazione di un vetusto tempio
edificato agli albori del secondo
millennio per continuare la memoria dei Santi Antonio abate,
Sebastiano, Fabiano, ed Agata
già onorati in una chiesetta sorta
su un probabile tempietto pagano nel V secolo dopo Cristo.
Di questo ne abbiamo quasi
certezza in considerazione del
rilevante materiale lapideo e laterizio del quale si parla circa il
reimpiego utilizzato ancora nel
XVIII secolo quando il mastro
chiamato ad erigere l’attuale
chiesa, in una nota di spesa,
scrive di “... tocchi di marmo e
prede de tera cotta, con il segno
a fresco della piotta de cane ...”
utilizzati per le fondazioni e derivati da impianto precedente.
Sappiamo che molti laterizi romani erano marchiati con l’impronta della zampa di cane per
essere riconosciuti in merito alla
provenienza della fornace di manifattura che era collocata nella
vallata delle attuali Redini.
Il primo edificio sacro cristiano
sorto sulla dorsale destra della
rocca tufacea del Castello nacque, dunque, agli albori del cattolicesimo e fu dedicato ai Santi
che meglio identificavano il culto popolare del tempo: Antonio,
abate protettore degli animali
e delle campagne; Sebastiano,
martire protettore dalle incursioni di altri popoli e dalle guerre;
Fabiano, protettore dei focolari;
ed Agata, protettrice delle allattanti ed in generale delle madri
di famiglia.
Si trattava di una costruzione
assai semplice, realizzata su perimetro rettangolare, più o meno
con una comune camera alla cui
Facciata della chiesa della SS. Trinità - 1765
parete di fondo era addossato un
altare molto povero di decori
e sulla cui umile mensa erano
dipinte a muro le immagini dei
Santi già citati. Non c’era porta o
pavimento, men che meno i banchi che siamo abituati a vedere
oggi nelle chiese.
Due finestre, l’una di fronte
all’altra sulle pareti laterali, davano luce all’ambiente ma non
erano riparate da vetri e da inferriate; non ce n’era bisogno poiché, come si è detto, non c’era
neppure la porta! Nella cappella
potevano entrare tutti, animali
compresi, e non ci sarebbe da
stupirsi se si dicesse che in certe
occasioni serviva anche come
ricovero delle piccole greggi in
transito nel paese.
La pratica religiosa del tempo
non prevedeva funzioni serali
o notturne per cui non si può
neppure immaginare una sorta
di apparato per l’illuminazione
tranne le candele dell’altare che
erano d’obbligo per le celebrazioni liturgiche.
L’edificio crollò sotto il peso
degli anni ed a causa delle diverse guerricciole combattute
nel nostro paese in occasione
dei passaggi di proprietà da un
signore ad un altro. Le tarlate
travi del tetto coperto di paglia
e fango essiccato non ressero all’ennesimo assalto ed implosero
miseramente all’interno delle
struttura senza più poter essere
ripristinate. I pecettesi del rione
“Borghetto”, come anticamente si chiamava quella zona del
nostro paese, decisero allora di
ricostruire una nuova chiesa con
maggior dignità ed un poco più
ampia, in grado di ospitare un
più consistente numero di devoti
ai soliti Santi che rimasero titolari del tempio sacro.
La struttura sorta all’inizio del
secondo millennio aveva forma
di edificio ad unica aula con
presbiterio terminato in abside al
cui centro era collocato l’altare
in mattoni con mensa in pietra.
Il catino dell’abside e la sottostante parete erano decorati con
le immagini dei Protettori, come
nella struttura precedente, ma
realizzati con maggior efficacia
pittorica e con l’uso più appropriato dei colori. Forse furono
dipinti da uno di quegli artisti girovaghi abituati a lasciare la loro
firma sulle pareti degli edifici
sacri e profani che incontravano
nel loro peregrinare per le strade
del mondo.
Questo tempio ancorché di ridotte dimensioni sopravvisse, pur
fra diverse vicissitudini, per molti secoli. Si impreziosì nel tempo
di nuove decorazioni, di più sicure porte e finestre, di immagini
maggiormente corrispondenti ai
desiderata dei devoti e furono
collocati alla fine del XVI secolo
anche i banchi di legno perché
le persone potessero prendervi
posto.
Il Visitatore monsignor Amico
de Fossulani che nel 1478 compì la visita pastorale in nome e
per conto del vescovo di Pavia
(non dimentichiamo che siamo
stati pavesi per diocesi fino al
periodo napoleonico) descrive
la chiesa di San Sebastiano come
accogliente e sufficientemente
grande, comoda per celebrarvi
le sacre funzioni, completa dell’indispensabile corredo liturgico e del libro per la Messa oltre
che di un antifonario con salmi
ed orazioni aggiornate. Prescrive
che si provveda ad una nuova
porta d’ingresso perché l’esistente non è dotata di serratura
robusta e consiglia una ripassata
del tetto che è stato dotato di
recente di tavole in legno con
sovracopertura di coppi in cotto
ma tutto sommato la approva, ivi
compreso il sacerdote addetto al
culto, il quale paga le decime al
parroco del paese e risulta ben
preparato in dottrina e liturgia.
Dopo il terremoto che provocò
alcuni irreparabili danni all’edificio, facendo soffrire molte
costruzioni vetuste del paese
sul finire del XVII secolo, si
profilò l’opportunità di metter
mano ad un nuovo cantiere
che provvedesse ad una fabbrica per ricostruire la chiesa. Il
parroco di Pecetto, interpellato
per autorità giuridica in quanto
l’edificio sacro cadeva sotto la
sua tutela, approvò il progetto
per il rifacimento in parte del
presbiterio che comunque risultò
ancora insufficiente alla mutata
situazione dei frequentatori che
erano aumentati col numero dei
pecettesi.
Nella prima metà del XVIII
secolo si convenne che non
era più possibile sopperire con
accorgimenti temporanei che assottiliavano solo le finanze della
confraternita, senza per altro risolvere il problema e fu deciso di
incaricare un professionista per
un progetto definitivo ex novo.
L’architetto – che al momento è
ancora ignoto – doveva comunque essere assai bravo poiché il
risultato del suo ingegno è, ancora oggi, sotto gli occhi di tutti. Si
potrebbe pensare ad un allievo di
Benedetto Alfieri, o del Castelli
perché lo stile armonioso della
facciata che appartiene al più
splendido barocco piemontese
ci richiama la linea tante volte
proposta dagli architetti di corte
dei Savoia. Il cantiere si inaugurò nella primavera del 1763
e alla posa della prima pietra ed
alla sua benedizione fu preposto
dal vescovo di Pavia il Parroco
di Pecetto che assolse all’incarico con una cerimonia liturgica
degna di un alto prelato, con
autorità presenti i due Sindaci
quello letterato e l’illetterato, i
confratelli della Congregazione
della SS. Trinità ed un concorso
pressoché unanime di popolo.
Già due anni dopo la fabbrica era
terminata e nella primavera del
1765, nel giorno della SS. Trinità
al cui culto la nuova chiesa era
dedicata, si svolgeva la funzione
di benedizione del tempio ancora
per le mani del Parroco, con il
solito festante concorso di partecipanti.
er babàn d’Apsaei
7
Il Leone e la Vergine: costellazioni primaverili
di Luigi Poli
Arrivati, finalmente, alla primavera, mentre ancora sopra le
nostre teste staziona la costellazione del Cancro, possiamo già
scorgere nel cielo primaverile
due tra le più cospicue costellazioni del periodo: il Leone e
la Vergine, meta preferita dai
cacciatori di galassie. In prima
serata, guardando verso Sud,
possiamo già intravedere ad Est
del Cancro le due caratteristiche
figure, il Leone immediatamente
dopo il Cancro e la Vergine dopo
il Leone ad Est del meridiano,
la linea immaginaria che unisce
Polo Nord Celeste e Polo Sud
Celeste e che passando per lo
Zenit divide esattamente in due
la volta celeste. Il meridiano
celeste è il punto più alto raggiunto dal Sole sopra l’orizzonte
nella parabola che descrive, con
il suo movimento apparente, da
Est ad Ovest e che determina
il mezzogiorno vero del luogo.
Si dice altresì che un astro, una
stella o una costellazione “culmina” quando raggiunge il punto
più alto sopra l’orizzonte e ciò
corrisponde alla sua migliore
visibilità. Una costellazione, infatti, si osserva al meglio quando
la sua culminazione avviene a
mezzanotte e ciò significa che
si trova dalla parte opposta del
Sole. Il Leone è visibile soprattutto in primavera e culmina a
mezzanotte ai primi di marzo. È
una delle costellazioni zodiacali
più importanti ed una delle poche in cui la disposizione delle
stelle che la compongono ricorda effettivamente la figura della
quale porta il nome, un leone
acquattato a terra, caratterizzato
dalla “falce” formata dalle stelle:
Regolo (Alfa Leonis) dal latino
“regulus”, piccolo re, distante 77
anni-luce; Eta Leonis; Algieba
(Gamma Leonis) che è una bellissima stella doppia, formata
Costellazione mitologica del Leone
cioè da due stelle osservabili
anche con un piccolo telescopio,
che mostra la tonalità arancione
della primaria; Aldhafera (Zeta
Leonis) che si trova a 130 anniluce da noi; Mi Leonis; Epsilon
Leonis, chiamata dagli arabi Ras
Elased, si trova a 340 anni-luce;
e Lambda Leonis. Il resto del
Leone è formato dal “triangolo”
composto dalle stelle: Denebola
(Beta Leonis) che dista 43 anniluce e brilla 20 volte più del
Sole; Zosma (Delta Leonis) a
80 anni-luce con una luminosità
pari a 50 volte il Sole; e Chort
(Theta Leonis) che a 90 anniluce brilla come 30 astri pari al
Sole. La costellazione del Leone
è la rappresentazione mitologica della belva uccisa da Ercole
nella prima delle dodici fatiche,
il combattimento con il leone
di Nemea. La belva terrorizzava le popolazioni del luogo ed
era considerato inattaccabile da
qualsiasi arma. Ercole, perciò, lo
uccise strozzandolo con la sola
forza delle sue braccia dopo di
ché, scuoiatolo, con la pelle fece
un mantello che indossò per tutta
la vita e che lo rese a sua volta
invincibile. Astronomicamente
è, invece, una delle costellazioni
più estese coprendo poco meno
di mille gradi quadrati sulla volta
celeste. All’epoca delle antiche
civiltà babilonesi gli antichi Caldei regolavano il loro calendario
sulla prima apparizione mattutina di Regolo prima del sorgere
del Sole (levata eliaca). Migliaia
di anni prima di Cristo, infatti,
per effetto della “precessione
degli equinozi”, il Sole attraversava la costellazione nel mese di
luglio. Da ciò si deve la parola
“solleone” (il Sole nel Leone)
che sta ad indicare il periodo più
caldo dell’anno mentre oggi, a
causa della precessione, il Sole
la attraversa dal 10 agosto al 15
Galassia M66 nel Leone
settembre. Nel Leone si trovano
numerose galassie tra le quali
M65 e M66, M95 e M96, due
coppie dall’aspetto sicuramente
suggestivo distanti da 27 a 34
milioni di anni-luce. Moltissime
di queste galassie sono osservabili con telescopi amatoriali,
però sotto cieli bui lontani dalle
luci delle città.
La Vergine è una costellazione
primaverile che culmina a mezzanotte ai primi di aprile ed è
anch’essa molto estesa, quasi
1300 gradi quadrati. Tracciando
idealmente una linea curva che
va dal timone del Grande Carro
fino a toccare Arturo, la brillante
stella del Bootes (il Pastore), e
prolungandola ancora, si arriva
direttamente a Spica, la stella Alfa, la più luminosa della
Vergine, una costellazione che
si rifà agli antichi rapporti tra
agricoltura ed astronomia. La
vergine veniva, infatti, associata
a Cerere, la dea delle messi. La
stella Spica rappresenta appunto una spiga di grano, mentre
la stella Vindemiatrix (Epsilon
Virginis) si rifà alla vendemmia.
Altre tradizioni mitologiche la
identificano con Astrea, la dea
della giustizia ed infatti nei suoi
pressi vi è la costellazione della
Bilancia emblema, appunto,
della giustizia. Spica fu chiamata
dagli arabi “la solitaria”, “l’indifesa”, “l’incustodita” a causa
della sua posizione abbastanza
isolata in cielo. Ma la caratteristica più peculiare della Vergine
è il suo ammasso di galassie. Le
foto a lunga posa fatte con i telescopi dei grandi osservatori ne
rivelano anche tremila, ma è sufficiente un buon telescopio amatoriale per poterne osservare più
di cento, sparse tra la Vergine e la
Chioma di Berenice, la costellazione situata immediatamente a
nord. Le più famose sono senza
dubbio le M49, M58, M59, M60,
M61, M84 e M86. Queste ultime
formano una coppia di galassie
ellittiche che, per un inspiegabile
motivo, si avvicinano a noi alla
velocità di 450 km al secondo
mentre il resto dell’ammasso
della Vergine si allontana quasi
uniformemente. M87 (M sta per
Messier, dal nome dell’astronomo che le scoprì) è la più famosa
tra le Messier della Vergine perché è anche una potente sorgente
di onde radio. Dal suo centro si
sprigiona un getto che può essere osservato con telescopi di
generosa apertura, da 40 cm in
su. Mentre M104, che si trova
ai confini con il Corvo, è sicuramente la più spettacolare. Il suo
nome, Galassia Sombrero, deriva
da una fascia scura che la fa assomigliare al caratteristico copricapo messicano. Sulla distanza
che ci separa da questo immenso
ammasso galattico non c’è accordo poiché alcuni studiosi la
stimano sui cinquanta milioni di
anni-luce, mentre secondo altri è
di settanta milioni. Chi possiede
un buon telescopio troverà certo
un motivo per recarsi in un posto
buio alla ricerca di queste affascinanti macchie nebbiose come
batuffoli luminosi.
Per informazioni, sito web:
www.astrogalileo.altervista.org
E-mail: [email protected]
er babàn d’Apsaei
8
In confidenza...
Il Permesso di Soggiorno
del Dott. Mario Rosario Masini - Questore della Provincia di Alessandria
Il sito internet della Questura di
Alessandria (http://questure.po
liziadistato.it/Alessandria.nsf)
contiene la rubrica “Chiedetelo
al Questore”, attraverso la quale
è possibile rivolgere quesiti o
inviare suggerimenti.
Si è constatato che buona parte
dei chiarimenti richiesti riguarda
la legislazione sugli stranieri,
spesso soggetta a modificazioni.
Nella convinzione di svolgere un
utile servizio, si riportano le più
recenti richieste in materia, con
le risposte fornite dal Questore.
1) Sono una ragazza di 18 anni
da 5 residente a Lobbi con la
mia famiglia e in possesso di un
permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare. A marzo
questo scadrà e mi chiedevo se
potevo richiedere un permesso
di soggiorno per motivi familiari
in quanto la mia famiglia lavora
e vive qui. Le volevo chiedere
se questo era possibile o quale
altra soluzione mi consigliava.
Rimango in attesa di una Vostra
gentile risposta e porgo i più distinti saluti.
Risposta:
Ai sensi dell’art. 30 comma 5 del
Decreto Legislativo 286/1998,
al compimento della maggiore
età non è possibile rinnovare il
titolo di soggiorno per motivi familiari. In questi casi il titolo di
soggiorno può essere convertito
in lavoro subordinato, autonomo
o di studio.
2) Vorrei sapere se con il permesso di soggiorno per il motivo
di “attesa cittadinanza” posso
lavorare normalmente ad Alessandria?
Risposta:
Purtroppo il permesso di soggiorno per “attesa cittadinanza”
NON consente di espletare
attività lavorativa. Le tipologie
dei titoli di soggiorno che lo
consentono sono quelle indicate
dall’art. 14 del D.P.R. 394/1999.
3) Ho letto che in Italia un visto
per turismo o studio non può
essere tramutato in un visto per
lavoro, quindi mi chiedo quali
sarebbero le procedure nel caso
un cittadino proveniente da un
paese non appartenente all’U.E.
trovasse lavoro durante un
soggiorno in Italia per turismo/
studio. Inoltre sarei interessata a
conoscere i requisiti per ottenere
un permesso di soggiorno valido
al lavoro.
Risposta:
Le informazioni di cui Lei dispone sono parzialmente esatte.
- Occorre innanzitutto distinguere tra visto di ingresso e permesfoto Peracchio
so di soggiorno.
Il visto di ingresso è l’autorizzazione necessaria per i cittadini
di molti paesi non appartenenti
all’U.E. per ENTRARE in Italia. Il permesso di soggiorno è
l’autorizzazione che li abilita a
RESTARE nel nostro Paese. È
evidente che per ottenere il permesso di soggiorno bisogna, se
richiesto, essere titolari del visto
di ingresso.
- Lo straniero titolare di permesso di soggiorno per turismo, che
adesso si chiama “dichiarazione
di presenza” proprio per evitare
equivoci con gli altri permessi di
soggiorno (e non visto di ingresso, come Lei dice), NON può
mai convertire il suo permesso
di soggiorno in uno per lavoro.
Non è autorizzato a cercare lavoro mentre soggiorna in Italia per
turismo. Se desidera soggiornare
nel nostro Paese per lavoro deve
seguire la procedura di tutti coloro che non sono in possesso di alcun visto di ingresso o permesso
di soggiorno. Troverà tutte le indicazioni sulla procedura esatta
sul sito “www.stranieriinitalia.it”
cliccando alla voce “permesso di
soggiorno per lavoro subordinato”.
- Lo straniero titolare di permesso di soggiorno per motivi di studio può convertirlo automaticamente in permesso di soggiorno
per lavoro se si laurea in Italia e
vi sia la disponibilità lavorativa.
Negli altri casi deve rivolgersi,
per la conversione, allo sportello
unico dell’immigrazione presso
la Prefettura.
Troverà anche questa procedura
con tutte le indicazioni necessarie
al sito “www.stranieriinitalia.it”
cliccando alla voce “conversione
del permesso di soggiorno”.
4) Spett.le Sig. Masini, La ringrazio della sua risposta. Ho
in effetti controllato meglio il
sito da Lei consigliato ma mi
rimangono ancora dei dubbi:
quali sono i requisiti e le procedure per ottenere un visto e,
di conseguenza, un permesso di
soggiorno per lavoro subordinato in Italia? Mi sembra che sia
necessario un contratto di lavoro
già presente in Italia ma come
sarebbe possibile trovarlo se per
ottenere un’assunzione è necessario un permesso di soggiorno
valido al lavoro? Ho sentito di
vari contratti illegali o/e ad alti
costi, cosa che vorremmo evitare. Qual è la procedura legale
e corretta per un cittadino marocchino che intenda trasferirsi
in Italia per motivi personali e
con la necessità di trovare un
lavoro?
Risposta:
Il principio fondamentale che
ispira la vigente legislazione in
materia di lavoro dei cittadini
stranieri in Italia è quello che
tale impiego non deve avvenire
a scapito dei cittadini italiani.
Parte attiva della procedura
non è il cittadino straniero ma
l’imprenditore che desidera assumere manodopera per la sua
impresa. Ogni anno il Governo
italiano emana il c.d. “decreto
flussi” il quale, tenuto conto
delle aspirazioni lavorative dei
cittadini italiani come risultanti
agli Uffici Provinciali del Lavoro, stabilisce quanti cittadini
stranieri, per ogni etnia e per
ogni incarico lavorativo, possono essere assunti in Italia. Per
quest’anno il decreto è già stato
emanato ed esaurito. Occorre attendere il prossimo anno. La data
di emanazione del decreto non è
fissa ma l’emanazione avviene
di solito entro il primo trimestre
dell’anno.
Una volta emanato tale decreto,
l’imprenditore che desideri assumere manodopera compresa nel
decreto flussi inoltra istanza allo
sportello unico per l’immigrazione, attivo presso le Prefetture,
indicando nominativamente il
soggetto da assumere e l’incarico di lavoro. Le domande possono essere inoltrate fino ad esaurimento dei posti disponibili.
Lo sportello unico attiva la Questura che svolge le informazioni
di rito su tutti i soggetti coinvolti
(imprenditore e lavoratore richiesto) e la Direzione Provinciale
del Lavoro verifica la condizione
contrattuale e anche la capacità
economica dell’imprenditore. Se
le informazioni sono favorevoli
viene rilasciato all’imprenditore il nulla osta all’assunzione
che viene anche comunicato
all’Ambasciata d’Italia che ha
sede nella nazione dell’aspirante
lavoratore.
L’Ambasciata (o in sua assenza il
Consolato) rilascia allo straniero
il visto di ingresso in Italia per
lavoro subordinato, documento
che permette allo straniero di
entrare nel nostro Paese.
Una volta entrato in Italia con
visto di ingresso per lavoro subordinato, lo straniero chiede
allo sportello unico il rilascio del
permesso di soggiorno.
5) La ringrazio molto per le informazioni chiare ed esaurienti
che mi ha gentilmente comunicato.
Ultime domande: il potenziale
lavoratore straniero deve iscriversi ad una lista presso lo sportello unico per l’immigrazione
una volta che venga emanato il
“decreto flussi” o prima? O si
tratta della lista di prenotazione
per offerte di lavoro in Italia
presente presso il Consolato
Italiano? Quale Ente deve essere
contattato per conoscere le date
dell’emanazione del “decreto
flussi”?
Risposta:
Non esiste nessuna possibilità di
prenotazione. Peraltro l’aspirante
lavoratore non dovrebbe neppure
trovarsi in Italia ma, secondo il
legislatore, essere ancora nel
proprio Paese (per venire in Italia ha bisogno del visto di ingresso che gli sarà eventualmente
rilasciato dall’Ambasciata). Non
è fissata una data certa per la
pubblicazione del “decreto flussi”; di solito essa avviene entro
il primo trimestre di ogni anno.
È una decisione che spetta al
Governo Italiano sulla base delle
necessità di lavoro che non possono essere soddisfatte dai nostri
connazionali. Occorre attendere
l’emanazione del “decreto flussi”, evento che è pubblicizzato
dai mezzi di informazione. Dopo
avere verificato che il lavoratore che l’imprenditore intende
assumere è di nazionalità per la
quale vi siano posti disponibili
nel decreto, il datore presenta
la domanda come Le ho precedentemente specificato. Vengono
prese in esame le domande fino
ad esaurimento dei posti disponibili per ogni etnia.
6) Mia suocera ha un appuntamento in Questura per rilasciare
le impronte digitali l’11 dicembre 2007 per il rilascio del permesso di soggiorno. Visto che il
permesso è legato con il numero
del passaporto e le scadrebbe a
maggio 2008, praticamente dovrebbe rifare tutto.
La mia domanda è questa: non è
possibile rifare il passaporto prima della scadenza in modo che
non debba rifare tutto il prossimo
anno?
Risposta:
Se si trattasse di un passaporto
italiano, la nostra legislazione
consente di rinnovarlo in qualsiasi momento della sua validità.
Nel suo caso, invece, se la validità del passaporto è legata al rilascio del permesso di soggiorno,
evidentemente si tratta di un documento straniero. Il suo rinnovo
è quindi legato alla legislazione
dello Stato che lo emette. Lei
potrà avere tutte le informazioni al riguardo rivolgendosi alla
Rappresentanza
Diplomatica
(Ambasciata o Consolato) del
predetto Stato.
.
er babàn d’Apsaei
9
Le sfumature del dialetto
di Paola Marchelli
Come ogni dialetto, anche il
Piemontese varia moltissimo a
seconda delle zone. Senza arrivare al confronto tra un pecettese
e un torinese o un biellese, ma
solo comparando i linguaggi dei
paesi confinanti, troviamo parole
e pronunce diverse.
Ad esempio la “fiola” pecettese
diventa “fija” (pronuncia molto
simile al francese jeune fille) a
Valenza e, se la stessa ragazza
scende verso Alessandria, si trasforma in “mata”. Naturalmente
la nostra fanciulla non impazzisce per strada, infatti matto si
dice “luc” e al femminile “luca”,
pressoché uguale a Pecetto e
ad Alessandria, mentre “loc” o
“loca” a Valenza, di chiara influenza spagnola. Nello stesso
territorio di Pecetto vi sono delle
differenze: nel raggio di pochi
chilometri la “cafitiera” cambia
in “catifiera” (Pellizzari), così
come l’espressione “anduma ad
zura” nella frazione diventa “anduma ad ciura”.
Il dialetto non cambia solo nello
spazio ma anche nel tempo, infatti non è statico ma, alla stregua
dell’italiano, si evolve e aggiorna
i propri termini in funzione della
vita moderna. Mio nonno usava
le parole “iaja” e “barba”, mia
mamma dice “zia” e “ziu” (la
zeta è pronunciata quasi come
una esse), così sono rimasti in
pochi ad adoperare “bigotta” per
indicare la bambola.
A mio nonno piaceva definire
“drolu” le persone spassose,
vocabolo derivato dal francese
“drôle”, e chiamava “chauffeur”
l’autista della corriera. I nostri
nonni andavano molto di rado
dallo “Spisiè” o dalla “Spisiera”,
noi decisamente più spesso dal
farmacista. Ormai “el prosciuto”
ha sostituito “el jambon”dei nostri avi (termine, anche in questo
caso, di chiara derivazione francese).
Se l’evolversi della lingua ha
sostituito alcune parole, altre
sono cadute in disuso perché
non si utilizzano più gli oggetti
che esse indicavano. Le nostre
nonne lavoravano anni per preparare “l’agrè”, si consumavano la vista alla luce fioca di un
lume, nelle stalle, per ricamare
le proprie iniziali su lenzuola,
federe, asciugamani, biancheria
personale. Le ragazze di oggi
prima di sposarsi acquistano
l’indispensabile per la propria
vita futura nei centri commerciali. Non esistono più i bauli pieni
di biancheria venerata come una
reliquia, ma lo stretto necessario
per gestire la casa.
Anche i gusti in cucina sono
cambiati: il “pancuciò” era il
nome di un piatto a base di pane,
acqua e fagioli, la “panada” era
il pane raffermo cotto nell’acqua,
la “furmageta” era formaggio
fresco preparato in casa facendo
colare il latte cagliato attraverso
un canovaccio (c’è da dire che,
una volta, possedere una mucca
era normale), il “carsent” era
usato come lievito per fare il
pane (si teneva da parte un pezzettino di pasta lievitata, la volta
successiva si metteva nell’acqua
tiepida per farlo rinvenire e poi
si impastava con la farina). Per
Natale si regalava ai bambini il
“crumbot”, una specie di pupazzo di pasta dolce lievitata decorata con uvetta.
La “terpoula” era l’asse che
chiudeva l’accesso al “sulè
mort” (solaio) che in passato veniva sfruttato molto di più come
ripostiglio, granaio, dispensa,
ecc. A tal proposito si usava conservare la frutta diversamente da
oggi: le mele si essiccavano e
diventavano “ciapule”, i “ros”
– tralci d’uva appesi al soffitto
– si mantenevano per tutto l’inverno ed a Pasqua diventavano
uva sultanina.
I nostri genitori con l’avvento dei
termosifoni sono stati ben contenti di abbandonare lo “scoudalec”, il “prev” e la “scaudena”.
Normalmente la stanza da letto
non era riscaldata e per avere un
po’ di tepore si passava più volte
lo scaldaletto di rame, contenente la brace, tra le lenzuola oppure
si inseriva nel letto il prete, una
sorta di intelaiatura ovale che teneva le coperte sollevate e su cui
si posava lo scaldino di terracotta
con la brace. La luce elettrica ha
mandato a riposo il “candler”,
candelabro in ottone, e la lucerna a petrolio, mentre la somma
comodità del bagno in casa ha
rimpiazzato “l’urinari”.
Con la meccanizzazione gli agricoltori hanno abbandonato molti
attrezzi. Una volta le donne
portavano a casa “el fasenii” (gli
scarti della potatura delle viti o
degli alberi che servivano per avviare il fuoco nel camino o nella
stufa) o i “cavagnò” (ceste) carichi di frutta o verdura mettendoseli in testa e proteggendosi con
uno straccio arrotolato detto “el
sburc”.
La “mena” era una misura di
piccole e medie dimensioni per
il grano, le fave, i fagioli secchi,
invece “el cautè” era una bilancia per grossi sacchi contenenti
granaglie. “El vajil”, il vaglio,
era una sorta di grossa cesta con
due manici e serviva per dividere
il grano dalle impurità.
Anche i giochi si sono evoluti:
le bambine ormai si divertono
con la Barbie e non si sognerebbero neppure di giocare con
una bambola fatta di “fojachen”,
le foglie secche che circondano
le pannocchie di granoturco. I
“fojachen” servivano anche da
imbottitura per i materassi, mentre con i “tuten” (ciò che rimane
dopo aver sgranato la pannocchia) si accendeva il fuoco.
I nostri nonni non conoscevano
la tassa sull’immondizia perché
non esistevano i rifiuti: i pochi
scarti di cucina si gettavano
“antla bogja” insieme al letame
animale e umano e con tutto si
concimavano l’orto e la vigna.
Non esisteva la plastica e le bot-
tiglie di vetro venivano usate fin
che non si rompevano, la poca
carta veniva gettata nel fuoco
mentre i giornali vecchi servivano da carta igienica.
Questi non sono che alcuni
esempi di un linguaggio scomparso assieme alla cultura contadina, frammenti di un passato
che a noi sembra così lontano
ma che è stato vissuto anche dai
nostri genitori.
Auguri a...
Invitiamo chi vive un’occasione
di festa (matrimonio, nascita,
laurea, anniversario, …) a renderne partecipe tutta la cittadinanza informando la redazione.
Sarà nostra cura pubblicare le
vostre segnalazioni nel primo
numero utile del periodico.
foto E. Olivero
I nostri auguri a Alessandro
Gandini e Rroku Marina che si
sono uniti in matrimonio il 29
ottobre 2007.
Un lieto benvenuto ad Arianna nata il 4 dicembre 2007
da mamma Valerie Eckard e
papà Agostino Lanzillotti; e ad
Emma nata il 19 febbraio 2008
da mamma Michela Silvestrin e
papà Moreno Frankovic.
Programma del Corso “Astronomia alla portata di tutti” Fai tuo il cielo!
Il Corso Base di Astronomia, aperto a tutti i cittadini, nuovi iscritti al Gruppo Astrofili
Galileo, si articolerà secondo il seguente calendario:
Data
Venerdì 28 marzo
Venerdì 04 aprile
Venerdì 11 aprile
Venerdì 18 aprile
Venerdì 16 maggio
Argomento della lezione
a cura di
Orientamento e moti celesti.
Luigi Torlai
Serata pratica di osservazione
del cielo, luna e pianeti.
Soci del Gruppo
Riconoscere le Costellazioni.
Il Sistema Solare.
Gli oggetti del cielo.
Luigi Poli
Corrado Bassanese
Giancarlo Gotta
Venerdì 23 maggio
Gli strumenti per l’osservazione
visuale e fotografica del cielo.
G. Durante
Venerdì 30 maggio
Serata pratica di osservazione Soci del Gruppo
delle costellazioni.
Tutte le lezioni teoriche si terranno presso il Teatro delle Scienze di Via 1821 n. 11 ad
Alessandria, con inizio alle ore 21.00
Saranno svolte dai Soci del Gruppo Astrofili Galileo che, unitamente alla loro esperienza
ed alla loro capacità divulgativa, potranno avvalersi di sistemi audio-video.
Ad ogni lezione saranno consegnate schede didattiche relative all’argomento trattato
nella serata.
Le serate di osservazione pratica del cielo saranno svolte sotto la guida dei Soci del
Gruppo Astrofili Galileo e con l’utilizzo dei telescopi messi a disposizione dai Soci
stessi. Il programma delle due serate di osservazione pratica potrà subire modifiche a
causa delle condizioni atmosferiche.
Al termine del Corso Base di Astronomia sarà rilasciato un attestato di frequenza e di
apprendimento.
Per ogni ulteriore chiarimento e per le iscrizioni al Corso si prega di visitare il sito:
www.astrogalileo.altervista.org e-mail: [email protected]
o di contattare i seguenti n. di telefono: 333.9824669 333.6173986
N.B. : Per ragioni di capienza della sala ove si svolgeranno le lezioni, le iscrizioni si
accetteranno fino ad un numero massimo di 40 (quaranta) partecipanti.
er babàn d’Apsaei
10
Le nostre tradizioni
Rettangoli di nostalgia
di Gianni Pasino
Dal fondo di un cassetto emergono alcune foto di famiglia che
divengono pietre miliari di un
percorso affettivo attraverso il
quale si articola il racconto.
A papà piaceva il tango. Era
solito ballarlo stringendo ardentemente la compagna. La foto, in
bianco e nero, un po’ sgualcita,
porta la data dell’agosto 1950 e
lo ritrae, appunto, impegnato ad
eseguire una “figura”: mento rivolto verso l’alto e gamba destra
che compie un arco di centottanta gradi, mentre la punta della
scarpa striscia sul pavimento.
La ripresa è in campo lungo e
il lampo del flash non basta a
illuminare a sufficienza l’inquadratura. Ma l’eleganza della posa
e dell’abito che indossa lasciano
chiaramente intendere che razza
di dongiovanni fosse. Sullo sfondo, ai bordi della pista, alcuni
amici lo guardano esibirsi sulle
note della celebre “Cumparsita”.
In quegli anni erano pochi a potersi permettere il lusso di avere
l’auto e gli spostamenti erano a
corto raggio. Per i giovani di allora l’appuntamento domenicale
era alla “Fontan’na”, ovvero alle
“Fonti di Valmadonna”: degustazione di acque sulfuree curative,
ristorante e sala da ballo interna
ed esterna, con ampio giardino.
La fauna femminile era piuttosto
numerosa perché alle ragazze del
paese si aggiungevano quelle
che arrivavano con il treno dalle
città vicine. Papà era un bel tipo,
di quelli che non passano inosservati: occhi neri penetranti,
alla Humprey Bogart, e sguardo
magnetico. Pantaloni con piega
perfetta, scarpe nere lucidissime,
brillantina e, cosa importante,
sapeva danzare splendidamente,
per cui non rimaneva mai seduto.
Nella vita faceva il macellaio, un
lavoro pesante, dove ci voleva
“il fisico” per spostare quarti di
bue e anche pericoloso, con le
lame dei coltelli sempre in agguato. Ma nel fine settimana, si
lavava, profumava e vestiva “da
la festa”, ed era uno dei primi a
fare ingresso nel locale.
Mamma era attratta dalla musica. Abitava a due passi dalle
“Fonti” e, quando sentiva l’attacco dell’orchestra, prendeva
la borsetta e usciva di casa, sempre in compagnia delle sorelle.
‘L’era ‘na brava fia”. Di quelle
“da sposé”. Questa istantanea è
del maggio 1951. È sempre in
bianco e nero, ma con il bordo
bianco ed è in primo piano. Si
capisce che è stata scattata da un
fotografo di professione perché,
sebbene appaia sbiadita a causa
del tempo trascorso, l’inquadra-
tura è nitida e perfetta. Mamma
indossa un tajeur leggero, a pois,
e sprigiona una bellezza che
sembra farla uscire dalla fotografia. Il suo sorriso è altero e gli
occhi compiaciuti. I capelli neri,
lunghi e mossi, con la riga da una
parte, riescono a far percepire il
profumo di lavanda che emanano. Lei lavorava ad Alessandria,
in una fabbrica di confezioni
per bambini. I padroni erano
molto esigenti e spronavano le
dipendenti ad essere sempre più
veloci, per aumentare la produzione. Sua madre voleva che si
sistemasse, che riuscisse a fare
un buon matrimonio. Magari con
un dottore o un bancario, per diventare una “Signora”. Quando
le disse che si era innamorata
di un macellaio, nonna assunse
un’espressione dubbiosa ma,
subito dopo, l’abbracciò benedicendo l’unione.
Questa volta la foto è del novembre 1953, dall’album di nozze,
in formato grande e colorata
successivamente. I due soggetti,
distintamente ritratti sul lungomare di Sanremo, sono i miei
genitori: Giuseppe, detto Beppe
e Luigina, detta Gina, novelli
sposi in viaggio di nozze, e sorridono felici. Il loro sguardo non
punta l’obiettivo della fotocamera ma si rivolge alla loro sinistra,
perdendosi nell’orizzonte della
“Riviera dei fiori”. L’espressione
appagata di lei fa chiaramente
intendere quanta sia la soddisfazione per aver coronato il suo
sogno d’amore. Mamma tiene
sottobraccio papà con la sinistra,
mentre nella destra stringe un
mazzo di strelitzie. È una bella
giornata di sole e alle loro spalle
c’è il Casinò dove, nei quattro
giorni di luna di miele, non
sono mai entrati. Un po’ perché
dicevano di non averne avuto il
tempo - nove mesi dopo sono
nato io - ma, più che altro, non
avevano soldi da sperperare nei
giochi d’azzardo.
Zio Fredo non è mai stato capace
a scattare fotografie. Infatti ha
sbagliato l’angolo di ripresa e
l’immagine risulta sovraesposta. Ma non importa. È l’estate
del 1963, ho appena terminato
di frequentare la terza classe
elementare. Sono nel cortile di
casa, in sella alla fiammante
“Bianchi”, regalo per la promozione. Nel ritratto di famiglia,
più bianco che nero, sono piegato sulle ginocchia a spingere
sui pedali, papà cerca di mantenermi in equilibrio afferrando il
manubrio mentre, da destra, le
braccia preoccupate di mamma
si protendono verso di me per
salvarmi dal pericolo.
Pecetto, 16 dicembre 2006.
È l’inaugurazione del nuovo
Centro Comunale di Cultura
che sorge tra le mura di quella
che fu una delle prime cantine
sociali del Piemonte. Il locale è
gremito all’inverosimile. Dopo
la cerimonia ufficiale, una parte
del pubblico abbandona la sala a
favore del buffet. Allora le luci si
abbassano e i toni si smorzano. I
miei amici Ginetto e Fabio creano intimità interpretando brani
musicali ricchi di atmosfere
felpate. Sono seduto in pedana
accanto a loro e, mentre attendo
il mio turno per declamare testi
dialettali da me composti, capto
improvvisamente note appassionate provenienti dalla fisarmonica. Vago con lo sguardo al
limitare della penombra e, con
gli occhi del cuore, intravedo,
come in una vecchia milonga,
una coppia di tanguéri. Li scorgo
volteggiare, a tempo di musica,
con la grazia più naturale del
mondo, per istanti che sembrano
infiniti. Sono mamma e papà.
Adesso tocca a me, li vorrei al
mio fianco per rincuorarmi e
sostenermi. Li chiamo, più forte
che posso, con la voce dell’anima e loro vengono. Lì, accanto
a me e mi sorridono. Qualcuno
si incarica di scattare una foto
digitale dai colori brillanti.
Purtroppo l’obiettivo immortala
solo me, perché Beppe e Gina,
ormai da alcuni anni, non ci sono
più.
Il “Rododentro”
Per dire la tua sulla gestione del Paese
Vi invitiamo a scrivere tutto
ciò che vi “rode dentro” e a
lasciare la vostra missiva nella
cassetta postale appositamente attrezzata all’ingresso del
Municipio.
Ciascun quesito, purché
espresso in modo civile, potrà
trovare una risposta su questo
giornale.
Una vostra domanda sarà,
quindi, l’occasione non solo
per ricevere un chiarimento
specifico, ma anche un momento di pubblica utilità da
condividere con gli altri.
La firma in calce a ciascuna
domanda sarà vivamente apprezzata!
La Redazione
Festeggiamo la Costituzione
di Viviana Forsinetti
Nell’anno 2008 ricorre il sessantesimo anniversario della Costituzione della Repubblica Italiana
entrata in vigore il 1 gennaio
1948, un documento frutto della
collaborazione di forze democratiche nate dalla Resistenza al
nazi-fascismo che rappresenta
un memorabile e storico esempio di collaborazione politica
tra gruppi diversi che, tuttavia,
condividevano principi e valori
di fondo.
In questi ultimi anni ma, soprattutto, nell’attuale marasma politico, ci siamo forse dimenticati
di costruire concretamente la sovranità popolare proclamata nel
primo articolo; in questo modo,
l’elenco dei diritti e dei doveri
che rappresenta la Costituzione
ha cessato di essere il nostro
abbecedario.
I più credono che, in quanto individui “moderni”, abbiamo molti
diritti sanciti da solenni dichiarazioni e nessun dovere, tranne
quello di obbedire alle leggi.
Nell’opinione comune, i diritti
sono sempre sinonimo di libertà, mentre il dovere è sinonimo
di oppressione, di limitazione o
freno alle libertà individuali. Al
contrario, il dovere è l’espressione di una libertà morale dell’individuo, la responsabilità di
ritenere giusto fare o non fare
una cosa, indipendentemente
dall’esistenza di una legge che ce
lo impone. Purtroppo, una società nella quale i cittadini non hanno senso del dovere è una società
che non è in grado di garantire i
diritti di tutti e per tutti.
Per quanto difficile, credo che
l’educazione al dovere sia la
condizione necessaria per una
società in cui i diritti valgano
davvero e che di questo compito
si debbano far carico le istituzioni, i comuni e le scuole.
L’Amministrazione Comunale,
in collaborazione con le insegnanti della Scuola Primaria,
porterà avanti un progetto dal
titolo “LA COSTITUZIONE
raccontata ai bambini”, per
divulgare e promuovere tra gli
alunni, in modo semplice ma
efficace, i fondamentali principi
ispiratori della nostra Carta Costituzionale.
Ci saranno dibattiti in classe
in collaborazione con istituti e
associazioni culturali, un possibile spettacolo teatrale (ancora
in fase di organizzazione) ed un
solenne festeggiamento del 60°
Anniversario della Costituzione,
a fine anno scolastico, presso il
Centro Culturale G. Borsalino.
L’incontro con la Costituzione
potrà essere per questi bambini
l’occasione per riflettere sul
concetto di libertà, uguaglianza,
rispetto e giustizia, nonché la
consapevolezza di una prima
coscienza del proprio ruolo di
cittadini.
er babàn d’Apsaei
11
Gli amici a 4 zampe
di Stefania Novello
A decorrere dal 1 gennaio 2008
è operativo il canile sanitario e
rifugio “Casa di Licia” sito in
Strada Molina n. 34 a Pecetto
di Valenza che al momento offre
cure ed assistenza a 4 cani in cerca di una famiglia adottiva. La
costruzione di questa struttura e,
soprattutto, l’affidamento della
sua gestione all’Associazione
Tutela Animali, presente sul territorio dal 1988 con il compito di
difendere i diritti degli animali e
divulgare una logica animalista, è
stata sempre motivata dal desiderio di avere uno spazio limitrofo
al nostro Comune all’interno del
quale provvedere alla custodia,
al mantenimento ed alle cure veterinarie necessarie per i randagi
accalappiati nel nostro territorio;
nonché dalla consapevolezza di
poter collaborare con volontari
Nome: BARP
Età: 3 anni
Sesso: maschile
Razza: incrocio Pitbull
Taglia: media
Mantello: raso
Colore: bianco/nero
Indole: esuberante
Nome: KARINA
Età: 9 anni
Sesso: femminile
Razza: meticcia
Taglia: grande
Mantello: pelo lungo
Colore: marrone
Indole: mite
Nome: DUCA
Età: 8 anni
Sesso: maschile
Razza: Spinone bianco
Taglia: grande
Mantello: duro
Colore: bianco
Indole: mite
Nome: GRIFO
Età: 10 anni
Sesso: maschile
Razza: meticcia
Taglia: grande
Mantello: pelo lungo
Colore: nero
Indole: mite
attivi ed operativi, autenticamente motivati nella ricerca continua
di famiglie affidatarie, al fine di
ridurre al minimo la permanenza
dei cani nel rifugio.
Il nostro periodico dedicherà,
in ogni numero, uno spazio per
descrivere le caratteristiche degli
amici a 4 zampe disponibili. Vi
ricordiamo che Casa di Licia osserva i seguenti orari di apertura:
sabato e domenica dalle 10:00
alle 12:00. È, inoltre, possibile
recarsi presso il canile Cascina
Rosa sulla S.S. 31 per Casale a
San Michele nei giorni martedì
e giovedì dalle 15:00 alle 17:00
e sabato e domenica dalle 10:00
alle 12:00. I volontari presenti
potranno fornire tutte le informazioni e l’aiuto necessari per
procedere alle adozioni.