Porta a porta: nuova gestione del servizio raccolta rifiuti
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Porta a porta: nuova gestione del servizio raccolta rifiuti
2 er babàn d’Apsaei Porta a porta: nuova gestione del servizio raccolta rifiuti di Stefania Novello A partire dal 24 marzo 2008 anche il Comune di Pecetto di Valenza modifica il servizio di raccolta dei rifiuti sostituendo, nel concentrico urbano, i cassonetti per le frazioni indifferenziata ed organica con la raccolta porta a porta (per l’indifferenziato il ritiro avviene il venerdì entro le ore 6,00; per l’organico il mercoledì e il sabato entro le ore 6,00) e potenziando, al tempo stesso, i contenitori stradali di vetro, carta e plastica; nelle frazioni e nelle case sparse si procede all’allestimento di appositi ecopunti all’interno dei quali vengono posizionati tutti i suddetti contenitori. Il tema dei rifiuti rimane cruciale e di cogente attualità: la loro produzione aumenta in modo inesorabile (la media nazionale è di 1,5 kg. di rifiuti pro capite al giorno, a Pecetto è di 1,272 kg.) sostenuta, in questo, da una conoscenza deficitaria del problema e da una scarsa sensibilità che spinge alla logica dell’usa e getta piuttosto che alla cultura del recupero e del riutilizzo, con enormi costi ambientali ed economici. L’evoluzione normativa a livello europeo e nazionale preme per la riduzione a monte della produzione di rifiuti, la raccolta differenziata, il riciclo ed il recupero energetico, convogliando in discarica solo ciò che corrisponde all’indifferenziabile. Quest’ultima componente risulterebbe pressoché irrisoria (10%) se i rifiuti di una famiglia media fossero completamente differenziati: 33% scarti organici, 25% carta e cartone, 16% plastica, 8% vetro, 7% verde, 1% alluminio. In particolare, il decreto legislativo 152/06 prevede che entro il 31/12/2008 ogni Comune debba raggiungere il 45% di raccolta differenziata (65% entro il 31/ 12/2012): attualmente Pecetto si assesta sul 20,4% (contro una media del 35,6% di tutto il Consorzio di Bacino Alessandrino), troppo poco non solo per evitare le conseguenti sanzioni, ma anche in un’ottica di prevenzione e riduzione della produzione di rifiuti, alla quale devono fare seguito il recupero di materia ed energia e, solo in fase residuale, lo smaltimento in discarica e nell’inceneritore. Sicuramente il sistema di raccolta porta a porta avvicinerà l’obiettivo previsto per legge, ma molto dipende dalle singole scelte individuali. Differenziare costa e non costituisce un immediato risparmio economico, come si potrebbe pensare; ma rappresenta una questione etica, morale, di coscienza civile ed ambientale. Una ricerca condotta dalla Regione Piemonte (w w w.regione.piemonte.it/ ambiente/rifiuti/home.htm) sugli impianti di recupero mostra come il rifiuto riciclato possa diventare una materia prima “seconda”, come si può osservare nelle schede sottostanti. A questo fine è necessario l’impegno di tutti, non solo per prevenire la produzione dei rifiuti, ma anche per conferirli correttamente, come previsto dalle singole raccolte differenziate. er babàn d’Apsaei 3 Grande falò di Carnevale di Viviana Forsinetti L’anno vecchio è stato congedato e può cominciare un nuovo tempo… “…Così muore il Carnevale e gli fanno il funerale: dalla polvere era nato e di polvere è tornato”. Termina così questa celebre poesia di G. D’Annunzio e così, con un grande falò, si è concluso il Carnevale pecettese che, quest’anno, ha visto sfilare, ahimé, un solo carro allegorico dedicato all’“albero e le sue stagioni”, simbolo di cicli vitali che instancabilmente si ripropongono ogni anno con colori e caratteristiche diverse. La coreografia, forse semplice ed essenziale ma autentica, è stata elaborata esclusivamente dai bambini e sviluppata con il totale coinvolgimento ed una massiccia risposta da parte delle scuole. Inaspettato successo anche per la gara di maschere che ha premiato la creatività e la laboriosità delle mamme e delle nonne, impegnate nella realizzazione di un costume “a tema” rigorosamente artigianale. Un riscontro, quest’ultimo, che ci indurrà a riproporre questo concorso magari con modalità diverse e tempi organizzativi più lunghi. Novità di questa edizione è stata senza dubbio la presenza di un piccolo mercatino agroalimentare, che ci auguriamo di consolidare ed incrementare l’anno prossimo, nel tentativo di valorizzare i prodotti locali e la loro commercializzazione sulle cosiddette filiere corte. Un contributo significativo e determinante alla realizzazione ed alla riuscita di questa manifestazione è stato dato dall’associazione La Fenice e dalla Pro Loco che, con frittelle, giochi, premi e l’allestimento di una mostra di pittura, hanno animato e arricchito una giornata di divertimento popolare. Negli ultimi anni il Carnevale ha assunto sempre più la fisionomia di un vero spettacolo che dal punto di vista organizzativo, tecnico e finanziario richiede l’apporto pubblico e privato. Il Patrocinio del Comune ed eventuali contributi economici sono indispensabili, ma altrettanto necessari sono la collaborazione e la partecipazione dei cittadi- Inaugurazione della Rocca Comunale di Andrea Bortoloni Tra le numerose manifestazioni previste dal calendario della grande kermesse primaverile “Riso & Rose”, anche il comune di Pecetto di Valenza il 10 maggio si segnala con una giornata densa di appuntamenti. L’evento principale sarà l’inaugurazione, alle ore 10:30 presso il cortile del municipio, della Rocca Comunale per la quale l’Amministrazione invita tutta la cittadinanza nella speranza di poter condividere l’entusiasmo e le aspettative per un bene comunale che finalmente viene consegnato ai pecettesi. Nella Rocca tufacea, antico fondale marino poi riemerso, è situato un orto botanico con reimpianto di specie vegerali autoctone e piante officinali, nonché un centro per astrofili completo di basi per l’osservazione diurna e notturna della volta celeste ed un percorso astronomico con ricostruzione in scala del sistema solare. Seguirà alle ore 11:00 un aperitivo offerto dall’Amministrazione. Sarà, quindi, possibile pranzare presso i ristoratori del paese degustando i Menù di Riso & Rose per godere appieno anche della tradizione enogastronomica del territorio. Gli appuntamenti della giornata proseguiranno alle ore 16:00 con la camminata della rosa, escursione guidata su un sentiero collinare che percorre aree di vegetazione spontanea interrotte da suggestivi scorci panoramici e macchie di rovi di rosa canina (iscrizione gratuita da segnalare entro l’8 maggio presso gli uffici comunali, Tel. 0131/940121); alle ore 17:00 proiezione, presso il Centro Culturale Borsalino, di documentari naturalistici realizzati dagli operatori del Parco del Po; ed, infine, dalle ore 18:00 una serata sulla Rocca allietata da una merenda “sinoira” con prodotti tipici dela tradizione locale. Vi aspettiamo numerosi! ni che rappresentano quel valore aggiunto in grado di trasformare una semplice festa in un grande evento. Tuttavia, molte delle feste che caratterizzavano il passato stanno diventando attrazioni turistiche e manifestazioni folcloristiche per un pubblico che si pone sempre più come spettatore piuttosto che attore. Questo aspetto rappresenta purtroppo il limite di una festa che, molto spesso, perde sia il suo significato etimologico (parola di origine latina “carne/levare”, riferito al giorno precedente la quaresima in cui cessava l’uso della carne), che lo stesso principio ispiratore, in altre parole una combinazione di trasgressione, scherzo, ebbrezza, maschere e travestimenti, allegorie e satira. Carnevale è diventata la festa dei bambini ma dovrebbe tornare a coinvolgere di più anche noi adulti per condividere, almeno una volta all’anno, un po’ di baldoria e buonumore con i nostri figli. Insomma, una vera e propria rottura del quotidiano, una parentesi di sana follia che rovescia le abitudini di tutti i giorni. Ogni anno questo giornale ripropone e fotografa il Carnevale consumato, per testimoniare che ancora c’è chi ama divertirsi in modo semplice e genuino e chi, con passione, opera concretamente per il successo di questa festa. 4 er babàn d’Apsaei L’Ondina di Claudia Lombardi Per la rassegna dello sport al femminile, dopo il judo con Greta Pavese e la danza sportiva con Giulia Orsini, presentiamo e conosciamo Ilenia Capuzzo che pratica il nuoto sincronizzato, sport femminile nato negli USA alla fine degli anni ’50 e disciplina olimpica dal 1984. Ilenia ha quattordici anni e frequenta il primo anno al liceo artistico “C. Carrà” di Valenza, ha iniziato a familiarizzare con la piscina sin da piccola per imparare a nuotare; poi, a sei anni, le sue insegnanti di sempre, Sabrina e Lorenza, le hanno proposto di praticare il nuoto sincronizzato entrando a far parte della società sportiva 3G. Attualmente milita nella Swimming Club di Alessandria. La pratica di questo sport richiede parecchi sacrifici sia per Ilenia che per la sua famiglia: dopo la scuola e lo studio, due ore e mezzo di allenamento quotidiano con un notevole dispendio di energie in un fisico apparentemente delicato ma molto resistente allo sforzo e con una possente capacità polmonare per eseguire le figure in buona parte in apnea. Gli spostamenti, sino alla piscina di Valenza ed a volte anche nelle trasferte sede di gara, sono un’incombenza dei genitori. In preparazione di una gara, l’allenamento è ancora più intensivo, si devono provare e riprovare tante volte i diversi esercizi alla ricerca della perfezione nei movimenti che devono essere precisi, controllati ed eseguiti secondo gli standard tecnici, ma allo stesso tempo eleganti, armonici ed in sincronia con l’accompagnamento musicale, proprio come nella danza. Il nuoto sincronizzato è una sport sia individuale, sia di squadra; nel “gruppo” non ci sono rivalità, c’è amicizia, sostegno reciproco e senso di appartenenza: Ilenia è in ottimi rapporti con tutti ed è particolarmente legata ad una ragazza con la quale ha condiviso questa esperienza sin dall’inizio, sempre insieme. Anche la scelta delle coreografie, delle basi musicali e dei costumi per le esibizioni è fatta in accordo fra le ragazze e le insegnanti. Il Sincro non richiede molte attrezzature: il costume intero, la cuffia ed il tappanaso. Per le gare con gli esercizi obbligatori Lei è giovane, di portamento elegante con sguardo altezzoso. Si siedono uno accanto all’altra, su di una panchina, sotto un platano quasi spoglio, di pomeriggio inoltrato. La gente li osserva con curiosità compiaciuta. Ludovico si rivolge a Maria con occhi carichi di amore e le chiede subito: “Come stai?”. “Bene”, risponde lei, che seduta a gambe accavallate gli appare ancora più bella e seducente del solito. Ludovico a poco a poco le si avvicina sempre più, sino a percepire una passione sensuale che cerca di controllare con grande emozione. Le accarezza i capelli, che un momento prima una folata di vento aveva scompigliato. Maria con uno strattone si tira indietro, torcendo la bocca con chiara espressione di disgusto. Ludovico impensierito a mezza voce le sussurra: “Cosa ti è successo, parla, confidati”. La ragazza freddamente gli spiega che all’appuntamento lei si è presentata solo per parlargli della sua decisione. Lui la ascolta con attenzione e il costume è rigorosamente nero e la cuffia bianca; per il singolo, il doppio o la squadra, si può scegliere: entrano, quindi, in gioco colori, lustrini e paillettes, si raccolgono i capelli in uno chinon fermato da tante forcine e dalla colla di pesce e infine... un bel sorriso sulle labbra! Le categorie sono: Propaganda, Esordienti A e B, per tre anni Ragazze (dove milita Ilenia) e Junior. Le atlete partecipano a campionati Regionali nei quali si eseguono quattro figure obbligatorie che richiedono tecnica, eleganza e forza d’espressione. Il conseguimento di un determinato punteggio apre l’accesso a due campionati Nazionali, uno estivo ed uno invernale, tenuti ogni anno in una diversa regione italiana. Ai Nazionali, oltre alle figure obbligatorie, si esegue un esercizio individuale, uno a coppie e uno a squadre in sincronia con la musica. Le atlete sono giudicate da quattro giurie, ognuna composta da cinque giudici che con un sistema di attribuzione di voti (complicato da spiegare) determinano le classifiche delle gare. Nella gara di esercizi liberi le atlete possono dare sfogo alla fantasia usando il linguaggio del corpo: la gestualità, il portamento, le espressioni e la disinvoltura nell’esecuzione dell’esercizio. Nella gara ad esercizi obbligatori vengono valutate precisione, originalità, difficoltà, sincronizzazione ed impressione generale dell’esercizio. Nel corso degli anni Ilenia ha partecipato a diversi Campionati Regionali ed ha sempre ottenuto punteggi che le hanno permesso di accedere ai Nazionali dove, negli esercizi obbligatori, nel doppio e nella squadra, si è piazzata a metà classifica: tenendo conto della partecipazione di venti squadre con circa quattrocento ragazze, direi che si tratta di un ottimo risultato che Ilenia si augura di migliorare e superare! A proposito di campionati Nazionali, Ilenia ricorda in particolare quello di esordio a Cosenza. Aveva solo otto anni e insieme all’allenatrice e due compagne è partita per la trasferta per fare il “trio”. Il risultato non ha importanza, è stata un’esperienza bella e indimenticabile. Ho assistito personalmente ad alcuni allenamenti ed è veramente piacevole vedere Ilenia che volteggia in acqua: esprime grazia ed eleganza, energia, forza e vigore!! curiosità e mentre la guarda sente di amarla; è pronto ad aiutarla a qualsiasi condizione, a qualsiasi sacrificio. Maria con voce fredda e determinata, che Ludovico non aveva mai conosciuto prima, spiega: “Da oggi tra noi è tutto finito, non mi piaci più, credevo di amarti, ma non è così”. Quel verdetto sorprende Ludovico, un nodo gli serra la gola, si allenta la cravatta per respirare meglio, si asciuga la fronte sudata, la parola si inceppa. Si mette a piangere, tossisce e nel tossire spruzza un grumo di saliva che si posa su un lembo della camicetta di Maria… “Scusami tanto”, le dice, con voce ansimante. Lei cerca di nascondere il suo disagio e con pacato garbo gli risponde: “Non ti preoccupare, non è nulla, piuttosto scusami tu del dolore che ti ho dato, non avrei voluto…”. Nonostante questa apparente comprensione, Ludovico le appare ancora più stupido e goffo. I due giovani si guardano in silenzio per alcuni lunghi minuti; Maria vorrebbe fuggire, il suo interesse per l’amato si è spento ancor più rapidamente. Ludovico tira fuori da una borsa, che aveva posato sotto la panchina, un oggetto e lo mostra all’amica. Lei lo prende in mano, lo guarda da tutte le angolazioni ed esclama: “È bellissimo”, anche la sua espressione si è addolcita. “Certo, è di grande valore”, le risponde Ludovico. “Lo tengo in tuo ricordo, sarà la testimonianza della nostra amicizia”, replica la ragazza riaccostandosi a lui. Ludovico tace e lascia che Maria ammiri l’oggetto con tutta l’attenzione e il tempo necessari. Poi con un gesto brusco, che lei non si aspettava, glielo toglie dalle mani, lo fa roteare più volte sotto i suoi occhi che si erano improvvisamente illuminati, e precisa: “È oro 24 carati”. Poi ripone velocissimamente il prezioso nella borsa e le urla: “È per la donna che mi ama per quello che sono: per la mia pancia, per il mio doppio mento, per la mia faccia a luna piena, per la mia pelle untuosa, per il mio naso adunco. No! Non è per te, tu sei una merda e rimarrai sempre una merda”. Maria non si aspettava una simile reazione. In cuor suo era convinta che tutto le fosse dovuto. La sua bellezza aveva un prezzo come le cose. foto Peracchio Diventa triste e silenziosa. Un brivido di freddo le corre lungo il corpo, forse sente di aver perso qualcosa. Il vento autunnale stacca le ultime foglie del platano, che nel volteggiare le sfiorano le gambe ancora accavallate. Auguri Ilenia per i futuri successi nello sport e nella vita! Ra Vidreina a cura di Stefania Novello Proseguiamo la piacevole abitudine di ospitare e dare risalto ai contributi di pecettesi che si dilettano nella produzione letteraria ed artistica presentando “Un incontro” di Elsa Porta nel quale l’autrice considera come “ogni storia o racconto racchiude un mondo di emozioni, fatti che possono essere reali o immaginari, un insieme di momenti che fanno sognare, fantasticare e inducono alla riflessione nel cuore di chi legge. È con piacere che offro queste bellissime e semplici pagine di lettura ai ragazzi del mio paese”. Ludovico e Maria si danno appuntamento ai giardini pubblici di una piccola città di provincia. Lui è un giovane di costituzione robusta, forse più grasso che robusto; basso di statura; le labbra sottili, un naso adunco. I radi capelli lasciano intravedere la cute untuosa e rossastra che spesso tampona per asciugarsi il sudore. Un personaggio che a prima vista può apparire comico, ma anche un tipo solare e bonaccione, di grande cuore. er babàn d’Apsaei 5 Iniziative della Pro Loco “Giuseppe Borsalino” di Maria Patrizia Peola Il 29 febbraio ha avuto luogo l’assemblea plenaria dei soci della Pro Loco “G. Borsalino” per l’approvazione del Conto Consuntivo e del programma annuale di previsione 2008. L’esame dei documenti contabili ha fornito l’occasione per ricordare tutte le manifestazioni organizzate nel corso del 2007, dalla prima assemblea di presentazione del direttivo – allietata dalla voce di Renato Rizza e dal buffet offerto dai soci (in particolare da Paola Marchelli), allo spettacolo del Teatro del Rimbalzo – organizzato per i bambini delle scuole pecettesi, alla rappresentazione teatrale “La strana coppia” portata in scena dalla compagnia Teatro della nebbia, alla bella serata dialettale che ha visto la partecipazione dell’autore Mario Sassi durante la quale sono state lette molte poesie della compian- ta Salve Orsini Canepari, alla serata in cui con parole, musiche, ricordi, sfilata di abiti, sono stati ricordati gli anni ‘60 e ‘70, alla esibizione delle scuole di ballo, alla mattinata di festa con i bambini a conclusione del percorso didattico sul riciclaggio dei rifiuti (tema proposto e sostenuto dalla Pro Loco per la sua valenza civica ed etica). Sono stati, inoltre, ricordati il concorso di pittura estemporanea dedicato al nostro paese e le mostre che da allora si susseguono con cadenza mensile richiamando numerosi visitatori. Gli artisti invitati ad esporre, inoltre, per consuetudine regalano una loro opera che diventa patrimonio dei pecettesi. Scarsa partecipazione, purtroppo, hanno avuto le conferenze organizzate: non sono stati premiati l’entusiasmo e la competenza con cui gli astrofili del “Gruppo Galileo” hanno commentato le splendide immagini proiettate ed hanno illustrato la loro attività e l’impegno per la riproduzione in scala del sistema solare nel parco del “Castello”. Con rammarico si è constatata, inoltre, la scarsa affluenza alla serata di grande interesse umano e culturale nella quale il Prof. Roberto Nani ha fatto conoscere le condizioni di povertà estrema in cui versa la popolazione dell’Africa Sub Sahariana ed, in particolare, del Mozambico. Ha dimostrato come sia possibile portare un aiuto concreto ed ha proiettato le immagini dei lavori di ristrutturazione delle scuole elementare e media del villaggio di Mitava, eseguiti grazie ai contributi degli alunni delle scuole della Provincia di Alessandria. Da ricordare e segnalare la bella conferenza sulla storia di Pecetto curata da Don Luciano Orsini alla quale ci auguriamo possano seguire ulteriori approfondimenti nel corso di quest’anno. Nel 2008 sono state già realizzate alcune iniziative: lo spettacolo teatrale “Toccata e fuga” allestito dal Teatro della nebbia, la simpatica e divertente serata in dialetto alessandrino e la collaborazione ai festeggiamenti per il Carnevale. L’impegno non è finito: continuerà con cadenza mensile l’al- lestimento delle mostre di pittura (con prenotazioni sino al mese di dicembre); una esposizione di stampe di Pietrino Villa ed una del pittore Panelli – entrambi hanno rappresentato tanti scorci del nostro Paese e sono ricordati da tutti noi con grande stima. Nell’anno goldoniano non potrà mancare uno spettacolo teatrale del grande autore veneziano. Potranno essere organizzate serate musicali e di intrattenimento, molto apprezzate nelle passate edizioni. In primavera inoltrata si pensa di organizzare per i ragazzi le mini olimpiadi: per due giorni i giovani si sfideranno in una serie di gare di atletica ed ai primi tre classificati andranno le medaglie, proprio come nelle Olimpiadi di Pechino! Per tutti un trekking sulle colline di Pecetto. E ancora sono in programma due conferenze, una sulla sicurezza a cura della Polizia Municipale di Valenza, e la seconda sul cinema; e, se ci saranno adesioni, verranno realizzati alcuni corsi di approfondimento: dizione e lettura animata, pittura, percorso musicale. Per la realizzazione delle molteplici attività proposte è stata chiesta la disponibilità degli iscritti alla formazione di commissioni specifiche che si occupino dell’organizzazione e della pubblicità degli eventi, raccolga- no pareri e collaborino a proporre occasioni di animazione nella costituenda biblioteca civica. Il bilancio delle attività del 2007 si può considerare dunque ampiamente positivo grazie all’impegno costante ed intelligente dei componenti del direttivo ed alla disponibilità dell’Amministrazione Comunale nel mettere a disposizione i bei locali del Centro Comunale di Cultura. Tutti coloro che, per vari motivi, lo visitano o ne usufruiscono rimangono stupiti ed incantati nel vedere una struttura che pochi Comuni possiedono e della quale i Pecettesi devono andare giustamente orgogliosi. Il messaggio della Pasqua di Don Luciano Siamo nel periodo pasquale e la Chiesa ci richiama il valore fondamentale del rinnovamento della vita che si attualizza con la resurrezione di Cristo all’alba della prima domenica della storia del cristianesimo. Tutto questo impone un radicale cambiamento delle nostre ormai scontate abitudini per ottenere non solo la trasformazione della quotidianità, ma anche e soprattutto l’adozione di un nuovo modello di esistenza che prende movimento dal grande mistero introdotto da quel Gesù che, da crocefisso e morto per tutta l’umanità, ci apre la via ad una incredibile speranza di gioia nell’eternità. Questo è il messaggio della Pasqua che vuole raggiungere ogni persona, ogni chiamato, per donargli gratuitamente la ricchezza di un progetto che si completa e definisce in Dio e nella sua bontà misericordiosa di Padre. Viviamo l’anno della Divina Misericordia che ci propone un concetto particolare dell’amore che Cristo ha per tutti noi nella rinnovata donazione di se stesso per elevare la nostra condizione e per renderci, in Lui, tutti fratelli. Dovremmo conoscere meglio il tesoro che Gesù trasmette al mondo, magari accostandoci alla testimonianza resa da suor Faustina Kowalska che della Divina Misericordia è stata l’apostola e la missionaria. Questa umile donna, alla quale Cristo si è presentato, ci offre una visione non catastrofica del nostro futuro ma il rimedio alle frequenti debolezze, nella confidenza senza limite verso Colui che ci ha salvato. La nostra comunità vivrà questo anno speciale, come ci suggerisce il Santo Padre, con la frequente adorazione Eucaristica, con l’impegno ad essere in qualche modo protagonisti di un rinnovamento di fede non ridotto alle sole parole ma praticato nel costante confronto con chi cammina, sotto lo stesso cielo, accanto a noi e del quale noi, troppe volte, non ci accorgiamo. Non esiste un traguardo che ci veda coinvolti in questa terra, potremo gustare i frutti della fatica quando, un giorno, saremo di fronte al Cuore che questa misericordia esprime e ci dona. Siano queste proposte il migliore augurio per vivere bene la Santa Pasqua, nella luce di Cristo, nella sua pace e nella certezza che anche in noi potrà essere vissuto questo grande miracolo di resurrezione. 6 er babàn d’Apsaei Arte e storia: i monumenti a Pecetto La Chiesa della SS. Trinità di Federico Orsini Usciti dalla nostra Grangia certosina, dopo averla percorsa in lungo ed in largo, dall’alto al basso, e dopo aver scoperto i segreti non solo delle antiche mura volute niente meno che da Gian Galeazzo Visconti sul finire del XIV secolo ma anche della vita dei monaci fondati da San Bruno, ci troviamo nuovamente sulla pubblica via per proseguire il nostro cammino fra le bellezze di Pecetto per conoscerne le caratteristiche non solo storiche ma anche di curiosità e di vita. Prima di seguire la strada che porta verso la valle del Pozzetto, e poi alla frazione Pellizzari, a sinistra, i nostri occhi incontrano la meravigliosa facciata barocca in cotto piemontese che potremmo, a giusto titolo, chiamare “cotto pecettese”, della chiesa della SS. Trinità che si mostra ai passanti fin dal non vicino 1765 cioè da quando, con il concorso dei confratelli del pio sodalizio aggregato all’Arciconfraternita di Roma, si pose mano alla riedificazione di un vetusto tempio edificato agli albori del secondo millennio per continuare la memoria dei Santi Antonio abate, Sebastiano, Fabiano, ed Agata già onorati in una chiesetta sorta su un probabile tempietto pagano nel V secolo dopo Cristo. Di questo ne abbiamo quasi certezza in considerazione del rilevante materiale lapideo e laterizio del quale si parla circa il reimpiego utilizzato ancora nel XVIII secolo quando il mastro chiamato ad erigere l’attuale chiesa, in una nota di spesa, scrive di “... tocchi di marmo e prede de tera cotta, con il segno a fresco della piotta de cane ...” utilizzati per le fondazioni e derivati da impianto precedente. Sappiamo che molti laterizi romani erano marchiati con l’impronta della zampa di cane per essere riconosciuti in merito alla provenienza della fornace di manifattura che era collocata nella vallata delle attuali Redini. Il primo edificio sacro cristiano sorto sulla dorsale destra della rocca tufacea del Castello nacque, dunque, agli albori del cattolicesimo e fu dedicato ai Santi che meglio identificavano il culto popolare del tempo: Antonio, abate protettore degli animali e delle campagne; Sebastiano, martire protettore dalle incursioni di altri popoli e dalle guerre; Fabiano, protettore dei focolari; ed Agata, protettrice delle allattanti ed in generale delle madri di famiglia. Si trattava di una costruzione assai semplice, realizzata su perimetro rettangolare, più o meno con una comune camera alla cui Facciata della chiesa della SS. Trinità - 1765 parete di fondo era addossato un altare molto povero di decori e sulla cui umile mensa erano dipinte a muro le immagini dei Santi già citati. Non c’era porta o pavimento, men che meno i banchi che siamo abituati a vedere oggi nelle chiese. Due finestre, l’una di fronte all’altra sulle pareti laterali, davano luce all’ambiente ma non erano riparate da vetri e da inferriate; non ce n’era bisogno poiché, come si è detto, non c’era neppure la porta! Nella cappella potevano entrare tutti, animali compresi, e non ci sarebbe da stupirsi se si dicesse che in certe occasioni serviva anche come ricovero delle piccole greggi in transito nel paese. La pratica religiosa del tempo non prevedeva funzioni serali o notturne per cui non si può neppure immaginare una sorta di apparato per l’illuminazione tranne le candele dell’altare che erano d’obbligo per le celebrazioni liturgiche. L’edificio crollò sotto il peso degli anni ed a causa delle diverse guerricciole combattute nel nostro paese in occasione dei passaggi di proprietà da un signore ad un altro. Le tarlate travi del tetto coperto di paglia e fango essiccato non ressero all’ennesimo assalto ed implosero miseramente all’interno delle struttura senza più poter essere ripristinate. I pecettesi del rione “Borghetto”, come anticamente si chiamava quella zona del nostro paese, decisero allora di ricostruire una nuova chiesa con maggior dignità ed un poco più ampia, in grado di ospitare un più consistente numero di devoti ai soliti Santi che rimasero titolari del tempio sacro. La struttura sorta all’inizio del secondo millennio aveva forma di edificio ad unica aula con presbiterio terminato in abside al cui centro era collocato l’altare in mattoni con mensa in pietra. Il catino dell’abside e la sottostante parete erano decorati con le immagini dei Protettori, come nella struttura precedente, ma realizzati con maggior efficacia pittorica e con l’uso più appropriato dei colori. Forse furono dipinti da uno di quegli artisti girovaghi abituati a lasciare la loro firma sulle pareti degli edifici sacri e profani che incontravano nel loro peregrinare per le strade del mondo. Questo tempio ancorché di ridotte dimensioni sopravvisse, pur fra diverse vicissitudini, per molti secoli. Si impreziosì nel tempo di nuove decorazioni, di più sicure porte e finestre, di immagini maggiormente corrispondenti ai desiderata dei devoti e furono collocati alla fine del XVI secolo anche i banchi di legno perché le persone potessero prendervi posto. Il Visitatore monsignor Amico de Fossulani che nel 1478 compì la visita pastorale in nome e per conto del vescovo di Pavia (non dimentichiamo che siamo stati pavesi per diocesi fino al periodo napoleonico) descrive la chiesa di San Sebastiano come accogliente e sufficientemente grande, comoda per celebrarvi le sacre funzioni, completa dell’indispensabile corredo liturgico e del libro per la Messa oltre che di un antifonario con salmi ed orazioni aggiornate. Prescrive che si provveda ad una nuova porta d’ingresso perché l’esistente non è dotata di serratura robusta e consiglia una ripassata del tetto che è stato dotato di recente di tavole in legno con sovracopertura di coppi in cotto ma tutto sommato la approva, ivi compreso il sacerdote addetto al culto, il quale paga le decime al parroco del paese e risulta ben preparato in dottrina e liturgia. Dopo il terremoto che provocò alcuni irreparabili danni all’edificio, facendo soffrire molte costruzioni vetuste del paese sul finire del XVII secolo, si profilò l’opportunità di metter mano ad un nuovo cantiere che provvedesse ad una fabbrica per ricostruire la chiesa. Il parroco di Pecetto, interpellato per autorità giuridica in quanto l’edificio sacro cadeva sotto la sua tutela, approvò il progetto per il rifacimento in parte del presbiterio che comunque risultò ancora insufficiente alla mutata situazione dei frequentatori che erano aumentati col numero dei pecettesi. Nella prima metà del XVIII secolo si convenne che non era più possibile sopperire con accorgimenti temporanei che assottiliavano solo le finanze della confraternita, senza per altro risolvere il problema e fu deciso di incaricare un professionista per un progetto definitivo ex novo. L’architetto – che al momento è ancora ignoto – doveva comunque essere assai bravo poiché il risultato del suo ingegno è, ancora oggi, sotto gli occhi di tutti. Si potrebbe pensare ad un allievo di Benedetto Alfieri, o del Castelli perché lo stile armonioso della facciata che appartiene al più splendido barocco piemontese ci richiama la linea tante volte proposta dagli architetti di corte dei Savoia. Il cantiere si inaugurò nella primavera del 1763 e alla posa della prima pietra ed alla sua benedizione fu preposto dal vescovo di Pavia il Parroco di Pecetto che assolse all’incarico con una cerimonia liturgica degna di un alto prelato, con autorità presenti i due Sindaci quello letterato e l’illetterato, i confratelli della Congregazione della SS. Trinità ed un concorso pressoché unanime di popolo. Già due anni dopo la fabbrica era terminata e nella primavera del 1765, nel giorno della SS. Trinità al cui culto la nuova chiesa era dedicata, si svolgeva la funzione di benedizione del tempio ancora per le mani del Parroco, con il solito festante concorso di partecipanti. er babàn d’Apsaei 7 Il Leone e la Vergine: costellazioni primaverili di Luigi Poli Arrivati, finalmente, alla primavera, mentre ancora sopra le nostre teste staziona la costellazione del Cancro, possiamo già scorgere nel cielo primaverile due tra le più cospicue costellazioni del periodo: il Leone e la Vergine, meta preferita dai cacciatori di galassie. In prima serata, guardando verso Sud, possiamo già intravedere ad Est del Cancro le due caratteristiche figure, il Leone immediatamente dopo il Cancro e la Vergine dopo il Leone ad Est del meridiano, la linea immaginaria che unisce Polo Nord Celeste e Polo Sud Celeste e che passando per lo Zenit divide esattamente in due la volta celeste. Il meridiano celeste è il punto più alto raggiunto dal Sole sopra l’orizzonte nella parabola che descrive, con il suo movimento apparente, da Est ad Ovest e che determina il mezzogiorno vero del luogo. Si dice altresì che un astro, una stella o una costellazione “culmina” quando raggiunge il punto più alto sopra l’orizzonte e ciò corrisponde alla sua migliore visibilità. Una costellazione, infatti, si osserva al meglio quando la sua culminazione avviene a mezzanotte e ciò significa che si trova dalla parte opposta del Sole. Il Leone è visibile soprattutto in primavera e culmina a mezzanotte ai primi di marzo. È una delle costellazioni zodiacali più importanti ed una delle poche in cui la disposizione delle stelle che la compongono ricorda effettivamente la figura della quale porta il nome, un leone acquattato a terra, caratterizzato dalla “falce” formata dalle stelle: Regolo (Alfa Leonis) dal latino “regulus”, piccolo re, distante 77 anni-luce; Eta Leonis; Algieba (Gamma Leonis) che è una bellissima stella doppia, formata Costellazione mitologica del Leone cioè da due stelle osservabili anche con un piccolo telescopio, che mostra la tonalità arancione della primaria; Aldhafera (Zeta Leonis) che si trova a 130 anniluce da noi; Mi Leonis; Epsilon Leonis, chiamata dagli arabi Ras Elased, si trova a 340 anni-luce; e Lambda Leonis. Il resto del Leone è formato dal “triangolo” composto dalle stelle: Denebola (Beta Leonis) che dista 43 anniluce e brilla 20 volte più del Sole; Zosma (Delta Leonis) a 80 anni-luce con una luminosità pari a 50 volte il Sole; e Chort (Theta Leonis) che a 90 anniluce brilla come 30 astri pari al Sole. La costellazione del Leone è la rappresentazione mitologica della belva uccisa da Ercole nella prima delle dodici fatiche, il combattimento con il leone di Nemea. La belva terrorizzava le popolazioni del luogo ed era considerato inattaccabile da qualsiasi arma. Ercole, perciò, lo uccise strozzandolo con la sola forza delle sue braccia dopo di ché, scuoiatolo, con la pelle fece un mantello che indossò per tutta la vita e che lo rese a sua volta invincibile. Astronomicamente è, invece, una delle costellazioni più estese coprendo poco meno di mille gradi quadrati sulla volta celeste. All’epoca delle antiche civiltà babilonesi gli antichi Caldei regolavano il loro calendario sulla prima apparizione mattutina di Regolo prima del sorgere del Sole (levata eliaca). Migliaia di anni prima di Cristo, infatti, per effetto della “precessione degli equinozi”, il Sole attraversava la costellazione nel mese di luglio. Da ciò si deve la parola “solleone” (il Sole nel Leone) che sta ad indicare il periodo più caldo dell’anno mentre oggi, a causa della precessione, il Sole la attraversa dal 10 agosto al 15 Galassia M66 nel Leone settembre. Nel Leone si trovano numerose galassie tra le quali M65 e M66, M95 e M96, due coppie dall’aspetto sicuramente suggestivo distanti da 27 a 34 milioni di anni-luce. Moltissime di queste galassie sono osservabili con telescopi amatoriali, però sotto cieli bui lontani dalle luci delle città. La Vergine è una costellazione primaverile che culmina a mezzanotte ai primi di aprile ed è anch’essa molto estesa, quasi 1300 gradi quadrati. Tracciando idealmente una linea curva che va dal timone del Grande Carro fino a toccare Arturo, la brillante stella del Bootes (il Pastore), e prolungandola ancora, si arriva direttamente a Spica, la stella Alfa, la più luminosa della Vergine, una costellazione che si rifà agli antichi rapporti tra agricoltura ed astronomia. La vergine veniva, infatti, associata a Cerere, la dea delle messi. La stella Spica rappresenta appunto una spiga di grano, mentre la stella Vindemiatrix (Epsilon Virginis) si rifà alla vendemmia. Altre tradizioni mitologiche la identificano con Astrea, la dea della giustizia ed infatti nei suoi pressi vi è la costellazione della Bilancia emblema, appunto, della giustizia. Spica fu chiamata dagli arabi “la solitaria”, “l’indifesa”, “l’incustodita” a causa della sua posizione abbastanza isolata in cielo. Ma la caratteristica più peculiare della Vergine è il suo ammasso di galassie. Le foto a lunga posa fatte con i telescopi dei grandi osservatori ne rivelano anche tremila, ma è sufficiente un buon telescopio amatoriale per poterne osservare più di cento, sparse tra la Vergine e la Chioma di Berenice, la costellazione situata immediatamente a nord. Le più famose sono senza dubbio le M49, M58, M59, M60, M61, M84 e M86. Queste ultime formano una coppia di galassie ellittiche che, per un inspiegabile motivo, si avvicinano a noi alla velocità di 450 km al secondo mentre il resto dell’ammasso della Vergine si allontana quasi uniformemente. M87 (M sta per Messier, dal nome dell’astronomo che le scoprì) è la più famosa tra le Messier della Vergine perché è anche una potente sorgente di onde radio. Dal suo centro si sprigiona un getto che può essere osservato con telescopi di generosa apertura, da 40 cm in su. Mentre M104, che si trova ai confini con il Corvo, è sicuramente la più spettacolare. Il suo nome, Galassia Sombrero, deriva da una fascia scura che la fa assomigliare al caratteristico copricapo messicano. Sulla distanza che ci separa da questo immenso ammasso galattico non c’è accordo poiché alcuni studiosi la stimano sui cinquanta milioni di anni-luce, mentre secondo altri è di settanta milioni. Chi possiede un buon telescopio troverà certo un motivo per recarsi in un posto buio alla ricerca di queste affascinanti macchie nebbiose come batuffoli luminosi. Per informazioni, sito web: www.astrogalileo.altervista.org E-mail: [email protected] er babàn d’Apsaei 8 In confidenza... Il Permesso di Soggiorno del Dott. Mario Rosario Masini - Questore della Provincia di Alessandria Il sito internet della Questura di Alessandria (http://questure.po liziadistato.it/Alessandria.nsf) contiene la rubrica “Chiedetelo al Questore”, attraverso la quale è possibile rivolgere quesiti o inviare suggerimenti. Si è constatato che buona parte dei chiarimenti richiesti riguarda la legislazione sugli stranieri, spesso soggetta a modificazioni. Nella convinzione di svolgere un utile servizio, si riportano le più recenti richieste in materia, con le risposte fornite dal Questore. 1) Sono una ragazza di 18 anni da 5 residente a Lobbi con la mia famiglia e in possesso di un permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare. A marzo questo scadrà e mi chiedevo se potevo richiedere un permesso di soggiorno per motivi familiari in quanto la mia famiglia lavora e vive qui. Le volevo chiedere se questo era possibile o quale altra soluzione mi consigliava. Rimango in attesa di una Vostra gentile risposta e porgo i più distinti saluti. Risposta: Ai sensi dell’art. 30 comma 5 del Decreto Legislativo 286/1998, al compimento della maggiore età non è possibile rinnovare il titolo di soggiorno per motivi familiari. In questi casi il titolo di soggiorno può essere convertito in lavoro subordinato, autonomo o di studio. 2) Vorrei sapere se con il permesso di soggiorno per il motivo di “attesa cittadinanza” posso lavorare normalmente ad Alessandria? Risposta: Purtroppo il permesso di soggiorno per “attesa cittadinanza” NON consente di espletare attività lavorativa. Le tipologie dei titoli di soggiorno che lo consentono sono quelle indicate dall’art. 14 del D.P.R. 394/1999. 3) Ho letto che in Italia un visto per turismo o studio non può essere tramutato in un visto per lavoro, quindi mi chiedo quali sarebbero le procedure nel caso un cittadino proveniente da un paese non appartenente all’U.E. trovasse lavoro durante un soggiorno in Italia per turismo/ studio. Inoltre sarei interessata a conoscere i requisiti per ottenere un permesso di soggiorno valido al lavoro. Risposta: Le informazioni di cui Lei dispone sono parzialmente esatte. - Occorre innanzitutto distinguere tra visto di ingresso e permesfoto Peracchio so di soggiorno. Il visto di ingresso è l’autorizzazione necessaria per i cittadini di molti paesi non appartenenti all’U.E. per ENTRARE in Italia. Il permesso di soggiorno è l’autorizzazione che li abilita a RESTARE nel nostro Paese. È evidente che per ottenere il permesso di soggiorno bisogna, se richiesto, essere titolari del visto di ingresso. - Lo straniero titolare di permesso di soggiorno per turismo, che adesso si chiama “dichiarazione di presenza” proprio per evitare equivoci con gli altri permessi di soggiorno (e non visto di ingresso, come Lei dice), NON può mai convertire il suo permesso di soggiorno in uno per lavoro. Non è autorizzato a cercare lavoro mentre soggiorna in Italia per turismo. Se desidera soggiornare nel nostro Paese per lavoro deve seguire la procedura di tutti coloro che non sono in possesso di alcun visto di ingresso o permesso di soggiorno. Troverà tutte le indicazioni sulla procedura esatta sul sito “www.stranieriinitalia.it” cliccando alla voce “permesso di soggiorno per lavoro subordinato”. - Lo straniero titolare di permesso di soggiorno per motivi di studio può convertirlo automaticamente in permesso di soggiorno per lavoro se si laurea in Italia e vi sia la disponibilità lavorativa. Negli altri casi deve rivolgersi, per la conversione, allo sportello unico dell’immigrazione presso la Prefettura. Troverà anche questa procedura con tutte le indicazioni necessarie al sito “www.stranieriinitalia.it” cliccando alla voce “conversione del permesso di soggiorno”. 4) Spett.le Sig. Masini, La ringrazio della sua risposta. Ho in effetti controllato meglio il sito da Lei consigliato ma mi rimangono ancora dei dubbi: quali sono i requisiti e le procedure per ottenere un visto e, di conseguenza, un permesso di soggiorno per lavoro subordinato in Italia? Mi sembra che sia necessario un contratto di lavoro già presente in Italia ma come sarebbe possibile trovarlo se per ottenere un’assunzione è necessario un permesso di soggiorno valido al lavoro? Ho sentito di vari contratti illegali o/e ad alti costi, cosa che vorremmo evitare. Qual è la procedura legale e corretta per un cittadino marocchino che intenda trasferirsi in Italia per motivi personali e con la necessità di trovare un lavoro? Risposta: Il principio fondamentale che ispira la vigente legislazione in materia di lavoro dei cittadini stranieri in Italia è quello che tale impiego non deve avvenire a scapito dei cittadini italiani. Parte attiva della procedura non è il cittadino straniero ma l’imprenditore che desidera assumere manodopera per la sua impresa. Ogni anno il Governo italiano emana il c.d. “decreto flussi” il quale, tenuto conto delle aspirazioni lavorative dei cittadini italiani come risultanti agli Uffici Provinciali del Lavoro, stabilisce quanti cittadini stranieri, per ogni etnia e per ogni incarico lavorativo, possono essere assunti in Italia. Per quest’anno il decreto è già stato emanato ed esaurito. Occorre attendere il prossimo anno. La data di emanazione del decreto non è fissa ma l’emanazione avviene di solito entro il primo trimestre dell’anno. Una volta emanato tale decreto, l’imprenditore che desideri assumere manodopera compresa nel decreto flussi inoltra istanza allo sportello unico per l’immigrazione, attivo presso le Prefetture, indicando nominativamente il soggetto da assumere e l’incarico di lavoro. Le domande possono essere inoltrate fino ad esaurimento dei posti disponibili. Lo sportello unico attiva la Questura che svolge le informazioni di rito su tutti i soggetti coinvolti (imprenditore e lavoratore richiesto) e la Direzione Provinciale del Lavoro verifica la condizione contrattuale e anche la capacità economica dell’imprenditore. Se le informazioni sono favorevoli viene rilasciato all’imprenditore il nulla osta all’assunzione che viene anche comunicato all’Ambasciata d’Italia che ha sede nella nazione dell’aspirante lavoratore. L’Ambasciata (o in sua assenza il Consolato) rilascia allo straniero il visto di ingresso in Italia per lavoro subordinato, documento che permette allo straniero di entrare nel nostro Paese. Una volta entrato in Italia con visto di ingresso per lavoro subordinato, lo straniero chiede allo sportello unico il rilascio del permesso di soggiorno. 5) La ringrazio molto per le informazioni chiare ed esaurienti che mi ha gentilmente comunicato. Ultime domande: il potenziale lavoratore straniero deve iscriversi ad una lista presso lo sportello unico per l’immigrazione una volta che venga emanato il “decreto flussi” o prima? O si tratta della lista di prenotazione per offerte di lavoro in Italia presente presso il Consolato Italiano? Quale Ente deve essere contattato per conoscere le date dell’emanazione del “decreto flussi”? Risposta: Non esiste nessuna possibilità di prenotazione. Peraltro l’aspirante lavoratore non dovrebbe neppure trovarsi in Italia ma, secondo il legislatore, essere ancora nel proprio Paese (per venire in Italia ha bisogno del visto di ingresso che gli sarà eventualmente rilasciato dall’Ambasciata). Non è fissata una data certa per la pubblicazione del “decreto flussi”; di solito essa avviene entro il primo trimestre di ogni anno. È una decisione che spetta al Governo Italiano sulla base delle necessità di lavoro che non possono essere soddisfatte dai nostri connazionali. Occorre attendere l’emanazione del “decreto flussi”, evento che è pubblicizzato dai mezzi di informazione. Dopo avere verificato che il lavoratore che l’imprenditore intende assumere è di nazionalità per la quale vi siano posti disponibili nel decreto, il datore presenta la domanda come Le ho precedentemente specificato. Vengono prese in esame le domande fino ad esaurimento dei posti disponibili per ogni etnia. 6) Mia suocera ha un appuntamento in Questura per rilasciare le impronte digitali l’11 dicembre 2007 per il rilascio del permesso di soggiorno. Visto che il permesso è legato con il numero del passaporto e le scadrebbe a maggio 2008, praticamente dovrebbe rifare tutto. La mia domanda è questa: non è possibile rifare il passaporto prima della scadenza in modo che non debba rifare tutto il prossimo anno? Risposta: Se si trattasse di un passaporto italiano, la nostra legislazione consente di rinnovarlo in qualsiasi momento della sua validità. Nel suo caso, invece, se la validità del passaporto è legata al rilascio del permesso di soggiorno, evidentemente si tratta di un documento straniero. Il suo rinnovo è quindi legato alla legislazione dello Stato che lo emette. Lei potrà avere tutte le informazioni al riguardo rivolgendosi alla Rappresentanza Diplomatica (Ambasciata o Consolato) del predetto Stato. . er babàn d’Apsaei 9 Le sfumature del dialetto di Paola Marchelli Come ogni dialetto, anche il Piemontese varia moltissimo a seconda delle zone. Senza arrivare al confronto tra un pecettese e un torinese o un biellese, ma solo comparando i linguaggi dei paesi confinanti, troviamo parole e pronunce diverse. Ad esempio la “fiola” pecettese diventa “fija” (pronuncia molto simile al francese jeune fille) a Valenza e, se la stessa ragazza scende verso Alessandria, si trasforma in “mata”. Naturalmente la nostra fanciulla non impazzisce per strada, infatti matto si dice “luc” e al femminile “luca”, pressoché uguale a Pecetto e ad Alessandria, mentre “loc” o “loca” a Valenza, di chiara influenza spagnola. Nello stesso territorio di Pecetto vi sono delle differenze: nel raggio di pochi chilometri la “cafitiera” cambia in “catifiera” (Pellizzari), così come l’espressione “anduma ad zura” nella frazione diventa “anduma ad ciura”. Il dialetto non cambia solo nello spazio ma anche nel tempo, infatti non è statico ma, alla stregua dell’italiano, si evolve e aggiorna i propri termini in funzione della vita moderna. Mio nonno usava le parole “iaja” e “barba”, mia mamma dice “zia” e “ziu” (la zeta è pronunciata quasi come una esse), così sono rimasti in pochi ad adoperare “bigotta” per indicare la bambola. A mio nonno piaceva definire “drolu” le persone spassose, vocabolo derivato dal francese “drôle”, e chiamava “chauffeur” l’autista della corriera. I nostri nonni andavano molto di rado dallo “Spisiè” o dalla “Spisiera”, noi decisamente più spesso dal farmacista. Ormai “el prosciuto” ha sostituito “el jambon”dei nostri avi (termine, anche in questo caso, di chiara derivazione francese). Se l’evolversi della lingua ha sostituito alcune parole, altre sono cadute in disuso perché non si utilizzano più gli oggetti che esse indicavano. Le nostre nonne lavoravano anni per preparare “l’agrè”, si consumavano la vista alla luce fioca di un lume, nelle stalle, per ricamare le proprie iniziali su lenzuola, federe, asciugamani, biancheria personale. Le ragazze di oggi prima di sposarsi acquistano l’indispensabile per la propria vita futura nei centri commerciali. Non esistono più i bauli pieni di biancheria venerata come una reliquia, ma lo stretto necessario per gestire la casa. Anche i gusti in cucina sono cambiati: il “pancuciò” era il nome di un piatto a base di pane, acqua e fagioli, la “panada” era il pane raffermo cotto nell’acqua, la “furmageta” era formaggio fresco preparato in casa facendo colare il latte cagliato attraverso un canovaccio (c’è da dire che, una volta, possedere una mucca era normale), il “carsent” era usato come lievito per fare il pane (si teneva da parte un pezzettino di pasta lievitata, la volta successiva si metteva nell’acqua tiepida per farlo rinvenire e poi si impastava con la farina). Per Natale si regalava ai bambini il “crumbot”, una specie di pupazzo di pasta dolce lievitata decorata con uvetta. La “terpoula” era l’asse che chiudeva l’accesso al “sulè mort” (solaio) che in passato veniva sfruttato molto di più come ripostiglio, granaio, dispensa, ecc. A tal proposito si usava conservare la frutta diversamente da oggi: le mele si essiccavano e diventavano “ciapule”, i “ros” – tralci d’uva appesi al soffitto – si mantenevano per tutto l’inverno ed a Pasqua diventavano uva sultanina. I nostri genitori con l’avvento dei termosifoni sono stati ben contenti di abbandonare lo “scoudalec”, il “prev” e la “scaudena”. Normalmente la stanza da letto non era riscaldata e per avere un po’ di tepore si passava più volte lo scaldaletto di rame, contenente la brace, tra le lenzuola oppure si inseriva nel letto il prete, una sorta di intelaiatura ovale che teneva le coperte sollevate e su cui si posava lo scaldino di terracotta con la brace. La luce elettrica ha mandato a riposo il “candler”, candelabro in ottone, e la lucerna a petrolio, mentre la somma comodità del bagno in casa ha rimpiazzato “l’urinari”. Con la meccanizzazione gli agricoltori hanno abbandonato molti attrezzi. Una volta le donne portavano a casa “el fasenii” (gli scarti della potatura delle viti o degli alberi che servivano per avviare il fuoco nel camino o nella stufa) o i “cavagnò” (ceste) carichi di frutta o verdura mettendoseli in testa e proteggendosi con uno straccio arrotolato detto “el sburc”. La “mena” era una misura di piccole e medie dimensioni per il grano, le fave, i fagioli secchi, invece “el cautè” era una bilancia per grossi sacchi contenenti granaglie. “El vajil”, il vaglio, era una sorta di grossa cesta con due manici e serviva per dividere il grano dalle impurità. Anche i giochi si sono evoluti: le bambine ormai si divertono con la Barbie e non si sognerebbero neppure di giocare con una bambola fatta di “fojachen”, le foglie secche che circondano le pannocchie di granoturco. I “fojachen” servivano anche da imbottitura per i materassi, mentre con i “tuten” (ciò che rimane dopo aver sgranato la pannocchia) si accendeva il fuoco. I nostri nonni non conoscevano la tassa sull’immondizia perché non esistevano i rifiuti: i pochi scarti di cucina si gettavano “antla bogja” insieme al letame animale e umano e con tutto si concimavano l’orto e la vigna. Non esisteva la plastica e le bot- tiglie di vetro venivano usate fin che non si rompevano, la poca carta veniva gettata nel fuoco mentre i giornali vecchi servivano da carta igienica. Questi non sono che alcuni esempi di un linguaggio scomparso assieme alla cultura contadina, frammenti di un passato che a noi sembra così lontano ma che è stato vissuto anche dai nostri genitori. Auguri a... Invitiamo chi vive un’occasione di festa (matrimonio, nascita, laurea, anniversario, …) a renderne partecipe tutta la cittadinanza informando la redazione. Sarà nostra cura pubblicare le vostre segnalazioni nel primo numero utile del periodico. foto E. Olivero I nostri auguri a Alessandro Gandini e Rroku Marina che si sono uniti in matrimonio il 29 ottobre 2007. Un lieto benvenuto ad Arianna nata il 4 dicembre 2007 da mamma Valerie Eckard e papà Agostino Lanzillotti; e ad Emma nata il 19 febbraio 2008 da mamma Michela Silvestrin e papà Moreno Frankovic. Programma del Corso “Astronomia alla portata di tutti” Fai tuo il cielo! Il Corso Base di Astronomia, aperto a tutti i cittadini, nuovi iscritti al Gruppo Astrofili Galileo, si articolerà secondo il seguente calendario: Data Venerdì 28 marzo Venerdì 04 aprile Venerdì 11 aprile Venerdì 18 aprile Venerdì 16 maggio Argomento della lezione a cura di Orientamento e moti celesti. Luigi Torlai Serata pratica di osservazione del cielo, luna e pianeti. Soci del Gruppo Riconoscere le Costellazioni. Il Sistema Solare. Gli oggetti del cielo. Luigi Poli Corrado Bassanese Giancarlo Gotta Venerdì 23 maggio Gli strumenti per l’osservazione visuale e fotografica del cielo. G. Durante Venerdì 30 maggio Serata pratica di osservazione Soci del Gruppo delle costellazioni. Tutte le lezioni teoriche si terranno presso il Teatro delle Scienze di Via 1821 n. 11 ad Alessandria, con inizio alle ore 21.00 Saranno svolte dai Soci del Gruppo Astrofili Galileo che, unitamente alla loro esperienza ed alla loro capacità divulgativa, potranno avvalersi di sistemi audio-video. Ad ogni lezione saranno consegnate schede didattiche relative all’argomento trattato nella serata. Le serate di osservazione pratica del cielo saranno svolte sotto la guida dei Soci del Gruppo Astrofili Galileo e con l’utilizzo dei telescopi messi a disposizione dai Soci stessi. Il programma delle due serate di osservazione pratica potrà subire modifiche a causa delle condizioni atmosferiche. Al termine del Corso Base di Astronomia sarà rilasciato un attestato di frequenza e di apprendimento. Per ogni ulteriore chiarimento e per le iscrizioni al Corso si prega di visitare il sito: www.astrogalileo.altervista.org e-mail: [email protected] o di contattare i seguenti n. di telefono: 333.9824669 333.6173986 N.B. : Per ragioni di capienza della sala ove si svolgeranno le lezioni, le iscrizioni si accetteranno fino ad un numero massimo di 40 (quaranta) partecipanti. er babàn d’Apsaei 10 Le nostre tradizioni Rettangoli di nostalgia di Gianni Pasino Dal fondo di un cassetto emergono alcune foto di famiglia che divengono pietre miliari di un percorso affettivo attraverso il quale si articola il racconto. A papà piaceva il tango. Era solito ballarlo stringendo ardentemente la compagna. La foto, in bianco e nero, un po’ sgualcita, porta la data dell’agosto 1950 e lo ritrae, appunto, impegnato ad eseguire una “figura”: mento rivolto verso l’alto e gamba destra che compie un arco di centottanta gradi, mentre la punta della scarpa striscia sul pavimento. La ripresa è in campo lungo e il lampo del flash non basta a illuminare a sufficienza l’inquadratura. Ma l’eleganza della posa e dell’abito che indossa lasciano chiaramente intendere che razza di dongiovanni fosse. Sullo sfondo, ai bordi della pista, alcuni amici lo guardano esibirsi sulle note della celebre “Cumparsita”. In quegli anni erano pochi a potersi permettere il lusso di avere l’auto e gli spostamenti erano a corto raggio. Per i giovani di allora l’appuntamento domenicale era alla “Fontan’na”, ovvero alle “Fonti di Valmadonna”: degustazione di acque sulfuree curative, ristorante e sala da ballo interna ed esterna, con ampio giardino. La fauna femminile era piuttosto numerosa perché alle ragazze del paese si aggiungevano quelle che arrivavano con il treno dalle città vicine. Papà era un bel tipo, di quelli che non passano inosservati: occhi neri penetranti, alla Humprey Bogart, e sguardo magnetico. Pantaloni con piega perfetta, scarpe nere lucidissime, brillantina e, cosa importante, sapeva danzare splendidamente, per cui non rimaneva mai seduto. Nella vita faceva il macellaio, un lavoro pesante, dove ci voleva “il fisico” per spostare quarti di bue e anche pericoloso, con le lame dei coltelli sempre in agguato. Ma nel fine settimana, si lavava, profumava e vestiva “da la festa”, ed era uno dei primi a fare ingresso nel locale. Mamma era attratta dalla musica. Abitava a due passi dalle “Fonti” e, quando sentiva l’attacco dell’orchestra, prendeva la borsetta e usciva di casa, sempre in compagnia delle sorelle. ‘L’era ‘na brava fia”. Di quelle “da sposé”. Questa istantanea è del maggio 1951. È sempre in bianco e nero, ma con il bordo bianco ed è in primo piano. Si capisce che è stata scattata da un fotografo di professione perché, sebbene appaia sbiadita a causa del tempo trascorso, l’inquadra- tura è nitida e perfetta. Mamma indossa un tajeur leggero, a pois, e sprigiona una bellezza che sembra farla uscire dalla fotografia. Il suo sorriso è altero e gli occhi compiaciuti. I capelli neri, lunghi e mossi, con la riga da una parte, riescono a far percepire il profumo di lavanda che emanano. Lei lavorava ad Alessandria, in una fabbrica di confezioni per bambini. I padroni erano molto esigenti e spronavano le dipendenti ad essere sempre più veloci, per aumentare la produzione. Sua madre voleva che si sistemasse, che riuscisse a fare un buon matrimonio. Magari con un dottore o un bancario, per diventare una “Signora”. Quando le disse che si era innamorata di un macellaio, nonna assunse un’espressione dubbiosa ma, subito dopo, l’abbracciò benedicendo l’unione. Questa volta la foto è del novembre 1953, dall’album di nozze, in formato grande e colorata successivamente. I due soggetti, distintamente ritratti sul lungomare di Sanremo, sono i miei genitori: Giuseppe, detto Beppe e Luigina, detta Gina, novelli sposi in viaggio di nozze, e sorridono felici. Il loro sguardo non punta l’obiettivo della fotocamera ma si rivolge alla loro sinistra, perdendosi nell’orizzonte della “Riviera dei fiori”. L’espressione appagata di lei fa chiaramente intendere quanta sia la soddisfazione per aver coronato il suo sogno d’amore. Mamma tiene sottobraccio papà con la sinistra, mentre nella destra stringe un mazzo di strelitzie. È una bella giornata di sole e alle loro spalle c’è il Casinò dove, nei quattro giorni di luna di miele, non sono mai entrati. Un po’ perché dicevano di non averne avuto il tempo - nove mesi dopo sono nato io - ma, più che altro, non avevano soldi da sperperare nei giochi d’azzardo. Zio Fredo non è mai stato capace a scattare fotografie. Infatti ha sbagliato l’angolo di ripresa e l’immagine risulta sovraesposta. Ma non importa. È l’estate del 1963, ho appena terminato di frequentare la terza classe elementare. Sono nel cortile di casa, in sella alla fiammante “Bianchi”, regalo per la promozione. Nel ritratto di famiglia, più bianco che nero, sono piegato sulle ginocchia a spingere sui pedali, papà cerca di mantenermi in equilibrio afferrando il manubrio mentre, da destra, le braccia preoccupate di mamma si protendono verso di me per salvarmi dal pericolo. Pecetto, 16 dicembre 2006. È l’inaugurazione del nuovo Centro Comunale di Cultura che sorge tra le mura di quella che fu una delle prime cantine sociali del Piemonte. Il locale è gremito all’inverosimile. Dopo la cerimonia ufficiale, una parte del pubblico abbandona la sala a favore del buffet. Allora le luci si abbassano e i toni si smorzano. I miei amici Ginetto e Fabio creano intimità interpretando brani musicali ricchi di atmosfere felpate. Sono seduto in pedana accanto a loro e, mentre attendo il mio turno per declamare testi dialettali da me composti, capto improvvisamente note appassionate provenienti dalla fisarmonica. Vago con lo sguardo al limitare della penombra e, con gli occhi del cuore, intravedo, come in una vecchia milonga, una coppia di tanguéri. Li scorgo volteggiare, a tempo di musica, con la grazia più naturale del mondo, per istanti che sembrano infiniti. Sono mamma e papà. Adesso tocca a me, li vorrei al mio fianco per rincuorarmi e sostenermi. Li chiamo, più forte che posso, con la voce dell’anima e loro vengono. Lì, accanto a me e mi sorridono. Qualcuno si incarica di scattare una foto digitale dai colori brillanti. Purtroppo l’obiettivo immortala solo me, perché Beppe e Gina, ormai da alcuni anni, non ci sono più. Il “Rododentro” Per dire la tua sulla gestione del Paese Vi invitiamo a scrivere tutto ciò che vi “rode dentro” e a lasciare la vostra missiva nella cassetta postale appositamente attrezzata all’ingresso del Municipio. Ciascun quesito, purché espresso in modo civile, potrà trovare una risposta su questo giornale. Una vostra domanda sarà, quindi, l’occasione non solo per ricevere un chiarimento specifico, ma anche un momento di pubblica utilità da condividere con gli altri. La firma in calce a ciascuna domanda sarà vivamente apprezzata! La Redazione Festeggiamo la Costituzione di Viviana Forsinetti Nell’anno 2008 ricorre il sessantesimo anniversario della Costituzione della Repubblica Italiana entrata in vigore il 1 gennaio 1948, un documento frutto della collaborazione di forze democratiche nate dalla Resistenza al nazi-fascismo che rappresenta un memorabile e storico esempio di collaborazione politica tra gruppi diversi che, tuttavia, condividevano principi e valori di fondo. In questi ultimi anni ma, soprattutto, nell’attuale marasma politico, ci siamo forse dimenticati di costruire concretamente la sovranità popolare proclamata nel primo articolo; in questo modo, l’elenco dei diritti e dei doveri che rappresenta la Costituzione ha cessato di essere il nostro abbecedario. I più credono che, in quanto individui “moderni”, abbiamo molti diritti sanciti da solenni dichiarazioni e nessun dovere, tranne quello di obbedire alle leggi. Nell’opinione comune, i diritti sono sempre sinonimo di libertà, mentre il dovere è sinonimo di oppressione, di limitazione o freno alle libertà individuali. Al contrario, il dovere è l’espressione di una libertà morale dell’individuo, la responsabilità di ritenere giusto fare o non fare una cosa, indipendentemente dall’esistenza di una legge che ce lo impone. Purtroppo, una società nella quale i cittadini non hanno senso del dovere è una società che non è in grado di garantire i diritti di tutti e per tutti. Per quanto difficile, credo che l’educazione al dovere sia la condizione necessaria per una società in cui i diritti valgano davvero e che di questo compito si debbano far carico le istituzioni, i comuni e le scuole. L’Amministrazione Comunale, in collaborazione con le insegnanti della Scuola Primaria, porterà avanti un progetto dal titolo “LA COSTITUZIONE raccontata ai bambini”, per divulgare e promuovere tra gli alunni, in modo semplice ma efficace, i fondamentali principi ispiratori della nostra Carta Costituzionale. Ci saranno dibattiti in classe in collaborazione con istituti e associazioni culturali, un possibile spettacolo teatrale (ancora in fase di organizzazione) ed un solenne festeggiamento del 60° Anniversario della Costituzione, a fine anno scolastico, presso il Centro Culturale G. Borsalino. L’incontro con la Costituzione potrà essere per questi bambini l’occasione per riflettere sul concetto di libertà, uguaglianza, rispetto e giustizia, nonché la consapevolezza di una prima coscienza del proprio ruolo di cittadini. er babàn d’Apsaei 11 Gli amici a 4 zampe di Stefania Novello A decorrere dal 1 gennaio 2008 è operativo il canile sanitario e rifugio “Casa di Licia” sito in Strada Molina n. 34 a Pecetto di Valenza che al momento offre cure ed assistenza a 4 cani in cerca di una famiglia adottiva. La costruzione di questa struttura e, soprattutto, l’affidamento della sua gestione all’Associazione Tutela Animali, presente sul territorio dal 1988 con il compito di difendere i diritti degli animali e divulgare una logica animalista, è stata sempre motivata dal desiderio di avere uno spazio limitrofo al nostro Comune all’interno del quale provvedere alla custodia, al mantenimento ed alle cure veterinarie necessarie per i randagi accalappiati nel nostro territorio; nonché dalla consapevolezza di poter collaborare con volontari Nome: BARP Età: 3 anni Sesso: maschile Razza: incrocio Pitbull Taglia: media Mantello: raso Colore: bianco/nero Indole: esuberante Nome: KARINA Età: 9 anni Sesso: femminile Razza: meticcia Taglia: grande Mantello: pelo lungo Colore: marrone Indole: mite Nome: DUCA Età: 8 anni Sesso: maschile Razza: Spinone bianco Taglia: grande Mantello: duro Colore: bianco Indole: mite Nome: GRIFO Età: 10 anni Sesso: maschile Razza: meticcia Taglia: grande Mantello: pelo lungo Colore: nero Indole: mite attivi ed operativi, autenticamente motivati nella ricerca continua di famiglie affidatarie, al fine di ridurre al minimo la permanenza dei cani nel rifugio. Il nostro periodico dedicherà, in ogni numero, uno spazio per descrivere le caratteristiche degli amici a 4 zampe disponibili. Vi ricordiamo che Casa di Licia osserva i seguenti orari di apertura: sabato e domenica dalle 10:00 alle 12:00. È, inoltre, possibile recarsi presso il canile Cascina Rosa sulla S.S. 31 per Casale a San Michele nei giorni martedì e giovedì dalle 15:00 alle 17:00 e sabato e domenica dalle 10:00 alle 12:00. I volontari presenti potranno fornire tutte le informazioni e l’aiuto necessari per procedere alle adozioni.